N. 130 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2017

Ordinanza del 12 aprile 2017 del Tribunale di Torino - Sezione Lavoro
nel procedimento  civile  promosso da  Favale  Emanuela  Teresa  Rosa
contro Inps. 
 
Maternita' e  infanzia  -  Indennita'  giornaliera  di  maternita'  -
  Condizioni - Previsione che tra  la  sospensione  del  rapporto  di
  lavoro e l'inizio del periodo di congedo di  maternita'  non  siano
  decorsi piu' di  sessanta  giorni  -  Mancata  previsione,  tra  le
  ipotesi di deroga al computo dei sessanta giorni, dell'assenza  per
  congedo  straordinario  per  l'assistenza  al  coniuge  con   grave
  disabilita'. 
- Decreto legislativo 26  marzo  2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
  disposizioni legislative in materia  di  tutela  e  sostegno  della
  maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge
  8 marzo 2000, n. 53), art. 24, comma 2 e seguenti. 
(GU n.40 del 4-10-2017 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
                          (Sezione Lavoro) 
 
    Nella causa iscritta al  R.G.L.  4245/2015  promossa  da:  Favale
Emanuela Teresa Rosa elettivamente domiciliata presso lo  studio  del
difensore avv. Mariani - parte ricorrente; 
    Contro I.N.P.S. ass. avv. Borla e Cataldi - parte convenuta. 
    Oggetto:  ricorso  ex  art.  700  cpc,  sentite   le   parti,   a
scioglimento della riserva assunta all'udienza del 21 febbraio 2017 
 
                               Osserva 
 
    1 - Con ricorso depositato il  28  maggio  2015  Favale  Emanuela
Teresa Rosa ha chiesto al Tribunale di accertare e dichiarare il  suo
diritto di percepire  il  trattamento  economico  di  maternita'  per
l'intera durata del congedo di maternita',  compreso  il  periodo  di
interdizione anticipata, dal 1° luglio 2014 al 6 aprile  2015  e  per
l'effetto di condannare l'I.N.P.S. al  pagamento  della  somma  di  €
19.292,61, oltre accessori e spese. 
    Costituendosi in giudizio, l'I.N.P.S. ha affermato  di  non  aver
potuto accogliere in sede amministrativa la domanda della  ricorrente
in quanto «allo stato della normativa» il  pagamento  dell'indennita'
di maternita' e' precluso dall'art. 24, comma 2, decreto  legislativo
n. 151/2001. 
    Dai documenti versati in atti risulta che: 
      all'inizio della  gravidanza,  nel  mese  di  maggio  2014,  la
ricorrente,  all'epoca  dipendente  della  Arrow  Electronics   Itali
S.r.l., stava fruendo  continuativamente  e  da  oltre  un  anno  del
congedo straordinario retribuito di cui all'art. 42, commi 5  e  ss.,
decreto legislativo n. 151/2001, richiesto per assistere  il  coniuge
gravemente disabile per il periodo 18 marzo 2013  -  31  luglio  2014
(doc. 3-5 ric); 
      a seguito della richiesta della ricorrente, che aveva  accusato
gravi  complicanze  nella  gestazione,  in  data  8  luglio  2014  la
competente Asl ha disposto l'interdizione anticipata dal  lavoro  per
gravidanza a  rischio,  ex  art.  17,  comma  2,  lett.  a),  decreto
legislativo n. 151/2001 con decorrenza 1° luglio 2014 (doc. 6 ric) ed
il datore di lavoro ha da subito mutato il titolo dell'assenza  (cfr.
buste paga sub doc. 1 ric). 
    Dagli atti risulta altresi' che l'I.N.P.S. ha preso atto di  tali
circostanze, retrodatando la data di  cessazione  dell'autorizzazione
al congedo straordinario al 30 giugno 2014 con provvedimento  del  13
novembre (doc. 10 bis ric), ha tuttavia omesso di pagare l'indennita'
per congedo straordinario per la sua residua,  originaria  durata  (e
cioe' per il mese di luglio 2014) (1) ed ha contestualmente  respinto
la richiesta di pagamento dell'indennita' di maternita' in quanto  la
collocazione in interdizione anticipata dal lavoro per  gravidanza  a
rischio  era  avvenuta   senza   effettiva   ripresa   dell'attivita'
lavorativa da parte della ricorrente (doc. 8 e 9 ric). 
    Come osservato dall'I.N.P.S. in sede di discussione, alla  sig.ra
Favale sarebbe bastato riprendere servizio anche per un  solo  giorno
per ottenere l'erogazione della prestazione, non operando in tal caso
il divieto di cui al comma 2, dell'art. 24,  decreto  legislativo  n.
151/2001. Tale possibilita' le era pero' preclusa -  e'  pacifico  in
causa - dal  provvedimento  di  interdizione  anticipata  dal  lavoro
emesso dalla Asl. 
    2 - La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  24,
decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151 e' rilevante in quanta nella
perdurante vigenza di tale norma, come interpretata  sulla  base  del
suo  chiaro  tenore  letterale,  alla  ricorrente  non  puo'   essere
riconosciuta  l'indennita'  di  maternita'  in  ragione   della   sua
pregressa assenza dal lavoro per piu' di sessanta giorni. 
    Questo  il  testo  dell'art.  24,  rubricato  «Prolungamento  del
diritto alla corresponsione del trattamento economico»): 
      - «1. L'indennita' di maternita' e' corrisposta anche nei  casi
di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'art. 54, comma 3,
lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi di  congedo
di maternita' previsti dagli articoli 16 e 17; 
      - 2. Le lavoratrici gestanti che  si  trovino,  all'inizio  del
periodo di congedo di maternita', sospese, assenti dal  lavoro  senza
retribuzione,  ovvero,  disoccupate,  sono   ammesse   al   godimento
dell'indennita' giornaliera di maternita' purche' tra l'inizio  della
sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e  quello  di  detto
periodo non siano decorsi piu' di sessanta giorni; 
      - 3. Ai fini del computo dei predetti sessanta giorni,  non  si
tiene conto delle assenze dovute  a  malattia  o  ad  infortunio  sul
lavoro, accertate e riconosciute dagli enti  gestori  delle  relative
assicurazioni sociali, ne' del periodo  di  congedo  parentale  o  di
congedo  per  la  malattia  del  figlio  fruito  per  una  precedente
maternita', ne' del periodo di assenza fruito per accudire minori  in
affidamento,  ne'  del  periodo  di  mancata  prestazione  lavorativa
prevista dal contralto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale. 
      - 4. Qualora il congedo di maternita'  abbia  inizio  trascorsi
sessanta giorni  dalla  risoluzione  del  rapporto  di  lavoro  e  la
lavoratrice si trovi,  all'inizio  del  periodo  di  congedo  stesso,
disoccupata e in  godimento  dell'indennita'  di  disoccupazione,  ha
diritto   all'indennita'   giornaliera   di    maternita'    anziche'
all'indennita' ordinaria di disoccupazione; 
      - 5. La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel
comma  4,  ma  che  non  e'  in   godimento   della   indennita'   di
disoccupazione perche' nell'ultimo biennio ha effettuato  lavorazioni
alle dipendenze di terzi non soggette all'obbligo  dell'assicurazione
contro la disoccupazione, ha diritto  all'indennita'  giornaliera  di
maternita', purche' al momento dell'inizio del congedo di  maternita'
non  siano  trascorsi  piu'  di  centottanta  giorni  dalla  data  di
risoluzione del  rapporto  e,  nell'ultimo  biennio  che  precede  il
suddetto  periodo,  risultino  a   suo   favore,   nell'assicurazione
obbligatoria per le indennita'  di  maternita',  ventisei  contributi
settimanali; 
      - 6. La lavoratrice che, nel  caso  di  congedo  di  maternita'
iniziato dopo sessanta giorni dalla data di sospensione  dal  lavoro,
si trovi, all'inizio del congedo stesso, sospesa e in  godimento  del
trattamento  di  integrazione  salariale   a   carico   della   Cassa
integrazione guadagni, ha diritto,  in  luogo  di  tale  trattamento,
all'indennita' giornaliera di maternita'; 
      - 7. Le disposizioni di cui al presente articolo  si  applicano
anche ai casi  di  fruizione  dell'indennita'  di  mobilita'  di  cui
all'art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223». 
    Tale disposizione trova applicazione nei caso di  specie  perche'
la ricorrente  al  momento  dell'inizio  del  congedo  anticipato  di
maternita' si trovava in congedo straordinario ex art. 42,  comma  5,
decreto legislativo n. 151/2001 da piu' di sessanta giorni e si versa
dunque nell'ipotesi di cui al comma 2, dell'art. 24.  il  congedo  di
cui  ha  fruito  la  sig.ra  Favale  integra  infatti  un'ipotesi  di
sospensione del rapporto di  lavoro  e  non  e'  contemplato  tra  le
espresse,  tassative  eccezioni  per  le  quali  i  successivi  commi
dell'art. 24 prevedono, in deroga al regime generale, che possa esser
comunque corrisposto dall'I.N.P.S. il trattamento di maternita'  (nel
corso del congedo restano sospese sia l'obbligazione  di  rendere  la
prestazione  lavorativa,  sia  quella  del  datore   di   lavoro   di
corrispondere la retribuzione, il pagamento dell'indennita' dovuta al
lavoratore e' posto a carico dell'I.N.P.S.  e  l'intero  periodo  non
rileva, ai sensi del comma 5-ter, dell'art. 42,  decreto  legislativo
n. 151/2001, ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima
mensilita' e del trattamento di  fine  rapporto,  seppur  coperto  da
contribuzione figurativa). 
    3 - Puo' ad avviso di questa giudice dubitarsi della  conformita'
alla Costituzione della disciplina sopra delineata nella parte in cui
esclude che la lavoratrice, assente dal lavoro perche' in congedo per
assistere il marito portatore di grave handicap ed impossibilitata  a
riprendere  servizio  per  gravi  complicanze  nella  gestazione,  al
termine del congedo straordinario  possa  fruire  dell'indennita'  di
maternita', potendosi ravvisare un contrasto con  gli  artt.  3;  31,
comma 2; 37, comma 1 e 117, comma 1, Cost. 
    Il beneficio dell'indennita' di maternita' costituisce attuazione
del dettato costituzionale, che esige per la madre e per  il  bambino
«una speciale adeguata protezione» (art. 37, primo comma, Cost.). 
    Nelle numerose pronunce in tema di tutela delle lavoratrici madri
(si vedano, tra le tante, le sentenze n. 361 del  2000,  n.  310  del
1999, n. 423 del 1995, n. 132 del 1991, 405/2001, 205/2015), la Corte
costituzionale ha sempre posto in rilievo la  duplice  finalita'  del
sostegno  economico  alle  lavoratrici  nei  periodi  di   astensione
obbligatoria, consistente nella  necessita'  di  tutelare  la  salute
della donna e del  nascituro  (soprattutto  attraverso  lo  strumento
dell'astensione dal lavoro) e di evitare che durante  il  periodo  di
assenza  la  lavoratrice  possa  versare  in  condizioni  di  disagio
economico. 
    La Corte ha inoltre affermato che la tutela della maternita' puo'
essere attuata con interventi legislativi di  contenuto  e  modalita'
anche diversi in relazione alle  caratteristiche  di  ciascuna  delle
situazioni in concreto considerate, purche'  la  diversa  modulazione
della disciplina non si risolva in una ingiustificata  esclusione  di
ogni forma di protezione. 
    L'istituto del trattamento economico di maternita', unitamente al
congedo di maternita' e al divieto  di  licenziamento,  costituiscono
puntuale attuazione, oltre che dell'art. 37, comma  2,  Cost.,  anche
del principio di uguaglianza sostanziale previsto dall'art. 3,  comma
2, Cost., essendo diretti ad «impedire  che  possano  derivare  dalla
maternita'  o  dagli  impegni  connessi  alla   cura   del   bambino,
conseguenze  negative  e  discriminatorie»  (cosi'  la  sentenza   n.
423/1995: si vedano anche le sentenze n. 61/1991 e n. 27/1996) e sono
volti a mettere la lavoratrice nella condizione di  poter  «scegliere
liberamente di essere madre, senza che tale  liberta'  sia  di  fatto
limitata o condizionata dalla prospettiva di una perdita del  proprio
reddito lavorativo quale conseguenza della maternita'»  (cosi'  Corte
cost. n. 132/91). 
    Nella sentenza n. 145/2001 (con  la  quale  e'  stata  dichiarata
l'incostituzionalita' del primo comma dell'art. 24, comma 1,  decreto
legislativo n. 151/2001, nella parte in  cui  escludeva  l'erogazione
dell'indennita' di maternita' in caso  di  licenziamento  per  giusta
causa e dunque per un fatto imputabile alla stessa  lavoratrice),  la
Corte costituzionale ha  osservato  che  i  piu'  recenti  interventi
legislativi «dimostrano  come  il  fondamento  della  protezione  sia
sempre  piu'  spesso  e  sempre  piu'  nitidamente  ricondotto   alla
maternita' in quanto tale e non piu', come in passato, solo in quanto
collegata allo svolgimento di un'attivita'  lavorativa  subordinata».
L'indennita' e' infatti ora corrisposta anche  alle  lavoratrici  che
fruiscono dell'indennita'  di  disoccupazione  e  dell'indennita'  di
mobilita' (e dunque in assenza di un rapporto di  lavoro  subordinato
in atto, come previsto dall'art. 24, commi 4 e 7, decreto legislativo
n. 151/2001), alle lavoratrici autonome e alle libere  professioniste
(art. 66 e ss. decreto legislativo n. 151/2001). 
    La  speciale  protezione  della  maternita',   assicurata   dagli
articoli 31 e 37 della Costituzione, non puo' ritenersi attuata dalla
norma in esame, la quale esclude il diritto all'indennita'  nel  caso
di un rapporto di lavoro  in  atto  e  solo  temporaneamente  sospeso
perche' la lavoratrice e' stata costretta ad assentarsi per assistere
il coniuge disabile. 
    Non appare neppure rispettato il principio di  ragionevolezza  di
cui all'art. 3  Cost.,  non  essendo  giustificabile  il  pregiudizio
derivante dalla negazione nel caso di specie di qualunque trattamento
di maternita', in presenza di una serie di situazioni  per  le  quali
invece il legislatore  ha  espressamente  previsto  che  possa  esser
corrisposta l'indennita' alla lavoratrice non in  servizio  da  oltre
sessanta  giorni:  si  tratta  delle  assenze  dovute   a   malattia,
infortunio sul lavoro, congedo parentale o congedo  per  la  malattia
del figlio fruito per una precedente maternita' o per accudire minori
in affidamento, della  mancata  prestazione  lavorativa  in  caso  di
contratto di  lavoro  a  tempo  parziale  di  tipo  verticale,  della
collocazione in cassa integrazione (art. 24 cit., commi 3, 6, 7). 
    La situazione qui in esame non e' infatti meritevole di una minor
tutela rispetto a  quelle  dianzi  elencate,  considerata  la  natura
dell'interesse in funzione del quale e' stata prevista la sospensione
del rapporto di lavoro della ricorrente: la Corte  costituzionale  ha
chiarito il senso e la  portata  del  congedo  straordinario  di  cui
all'art. 42 nella sentenza n. 203/2013, affermando che si  tratta  di
un istituto con cui il legislatore, in attuazione degli artt.  2,  3,
29, 32 e 118, quarto comma, Cost.,  «ha  inteso  farsi  carico  della
situazione della persona in stato di bisogno, predisponendo  anche  i
necessari mezzi economici, attraverso il riconoscimento di un diritto
al congedo in capo ad  un  suo  congiunto,  il  quale  ne  fruira'  a
beneficio dell'assistito e nell'interesse generale». 
    La singolarita' del trattamento riservato alla lavoratrice che si
assenta per assistere il coniuge portatore di handicap appare  quindi
carente di ogni giustificazione razionale. 
    Infine, la previsione in  esame  non  appare  rispettosa  neppure
dell'art. 117, comma 1 Cost., letto in relazione  agli  articoli  20,
21, 23, 33 e 34 della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea (che, come previsto dall'art. 6 n. 1 TUE, ha lo stesso valore
giuridico  dei  Trattati),  i  quali  enunciano   il   principio   di
uguaglianza ed il divieto di discriminazioni e riconoscono il diritto
ad un congedo di maternita' retribuito ed il diritto di accesso  alle
prestazioni di sicurezza sociale in  caso  di  maternita'.  La  parte
attrice ha da subito ravvisato il contrasto con i suddetti  principi,
poiche' la mancata ripresa dell'attivita' lavorativa al  termine  del
congedo  straordinario  e'  stata  determinata  esclusivamente  dalle
complicanze della gravidanza che hanno comportato l'anticipazione del
periodo di astensione obbligatoria dal lavoro,  ed  ha  correttamente
osservato come il diniego  della  prestazione,  dovuto  alla  duplice
condizione della ricorrente, gestante  con  gravidanza  a  rischio  e
parente di un disabile bisognoso di cure, risulti posto in essere  in
violazione dei principi comunitari di non discriminazione. 
    Il primo fattore di discriminazione e' il sesso, nella  specifica
declinazione della gravidanza/maternita' come espressamente enunciato
all'art. 2, comma 2, lett. c, della  direttiva  2006/54  e  trasposto
nell'ordinamento all'art. 2-bis del  decreto  legislativo  n.  198/06
(introdotto dal decreto legislativo n. 5/2010), ai  sensi  del  quale
costituisce discriminazione fondata sul sesso «ogni trattamento  meno
favorevole in ragione  della  gravidanza,  nonche'  di  maternita'  o
paternita', ancorche' adottive, ovvero in ragione della titolarita' e
dell'esercizio dei relativi diritti». 
    Ulteriore fattore di discriminazione  attiene  all'assistenza  al
familiare disabile, posto che le previsioni della direttiva  2000/78,
attuata col decreto legislativo  n.  216/03,  ed  in  particolare  il
divieto di discriminazione fondato sull'handicap, si applicano non al
solo disabile, ma anche a coloro i quali prestano in  suo  favore  la
necessaria assistenza (cosi' la Corte di Giustizia  17/7/2008,  causa
C-303/06, ric. Coleman). 
    Il diniego  del  trattamento  economico  in  caso  di  astensione
anticipata per maternita', motivato dalla continuativa fruizione  del
diritto al congedo  straordinario  retribuito  di  cui  all'art.  42,
decreto legislativo n. 151  cit.,  non  risulta  dunque  conforme  ai
principi dell'ordinamento dell'Unione europea, oltre che ai  precetti
costituzionali sopra indicati, in quanto pregiudica  il  diritto  del
disabile  di  ricevere  assistenza  all'interno  del  proprio  nucleo
familiare ed il diritto della lavoratrice di prestare  assistenza  al
proprio coniuge disabile  (laddove  impone  a  quest'ultima,  qualora
insorga uno  stato  di  gravidanza,  di  sacrificare  anzitempo  tale
assistenza per riprendere il rapporto di lavoro prima dell'astensione
obbligatoria); al contempo, comprime la liberta' della lavoratrice di
scegliere   quando   diventare   madre   (in   considerazione   della
possibilita' di perdere il diritto all'indennita' di  maternita'  nel
caso in cui complicanze della gestazione non  consentano  la  ripresa
del servizio al termine del congedo straordinario). 
    4 -  Per  le  ragioni  dianzi  indicate,  non  essendo  possibile
pervenire ad un'interpretazione conforme alla Costituzione,  data  la
tassativita' delle ipotesi per le quali l'art. 24  cit.  prevede  che
possa esser erogata la prestazione pur in presenza di una sospensione
del rapporto superiore a sessanta giorni, la  questione  deve  essere
rimessa alla Corte costituzionale. Diversamente da  quanto  sostenuto
dalla parte attrice, infatti, se il conflitto  fra  norme  interne  e
norme dell'Unione europea di diretta applicazione puo' essere risolto
applicando  la   norma   dell'Unione   e   conseguentemente   negando
applicazione alla norma interna  incompatibile,  il  conflitto  della
norma interna con i principi della  Costituzione  riconosciuti  anche
dal diritto euro unitario puo'  essere  risolto  solo  attraverso  un
espresso sindacato di legittimita' sull'atto legislativo ordinario da
parte dell'organo competente,  essendo  precluso  al  giudice  comune
disapplicare direttamente le norme legislative  riguardo  alle  quali
sorga il dubbio di compatibilita' con i precetti costituzionali. 

(1) Nelle note depositate il 10 febbraio 2017 l'I.N.P.S. ha  riferito
    di aver medio tempore  «ripristinato  il  pagamento  por  congedo
    straordinario per il mese di luglio 2014» ma nulla ha prodotto al
    riguardo, tale circostanza e'  stata  comunque  contestata  dalla
    parte ricorrente, la quale ha negato di aver percepito  alcunche'
    dall'ente nelle more del giudizio. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953, 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 24,  comma  2  e  ss.,  decreto
legislativo n. 151/2001  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il
trattamento di maternita' sia  erogato  anche  alla  lavoratrice  che
abbia fruito di congedo ex art. 42, comma 5, decreto  legislativo  n.
151/2001 e che  al  momento  della  richiesta  non  abbia  ripreso  a
lavorare da piu' di sessanta giorni; 
    dispone la notificazione del  presente  provvedimento,  in  copia
conforme integrale, al Presidente del Consiglio dei ministri  e  alle
parti in causa; 
    dispone la  comunicazione  della  presente  ordinanza,  in  copia
conforme integrale, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    dispone all'esito  l'immediata  trasmissione  degli  atti  -  ivi
comprese le prove delle anzidette  notificazioni  e  comunicazioni  -
alla Corte costituzionale; 
    sospende il giudizio in corso; 
    manda alla Cancelleria per gli adempimenti di sopra. 
      Torino, 12 aprile 2017 
 
                         La Giudice: Pastore