N. 69 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 settembre 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'8 settembre 2017 (della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia). 
 
Ambiente  -  Disposizioni  concernenti  la  valutazione  di   impatto
  ambientale di determinati progetti pubblici e privati -  Competenze
  in materia di VIA e  di  verifica  di  assoggettabilita'  a  VIA  -
  Disciplina delle fasi di iniziativa, istruttoria  e  decisoria  del
  procedimento di VIA - Modifiche agli Allegati  alla  Parte  seconda
  del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  -  Abrogazioni  e
  modifiche. 
- Decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104  (Attuazione  della
  direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
  aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE,  concernente  la
  valutazione  dell'impatto  ambientale   di   determinati   progetti
  pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14  della  legge  9
  luglio 2015, n. 114), artt. 5, 12, 13, 14, 22 e 26. 
(GU n.44 del 2-11-2017 )
     Ricorso nell'interesse  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia (cod. fisc. 80014930327), Trieste, Piazza Unita'  d'Italia  1,
in persona della presidente della Regione, avv. Debora  Serracchiani,
(c.f. SRRDBR70S50H501I9),  rappresentata  e  difesa,  giusta  procura
speciale a margine del presente atto  rappresentata  e  difesa  dagli
avv.ti prof.  Massimo  Luciani  (cod.  fisc.  LCNMSM52L23H501G;  fax:
06.90236029;         posta          elettronica          certificata:
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org) ed Ettore  Volpe  (cod.  fisc.
VLPTTR57E11L050S; fax  040.3772929;  posta  elettronica  certificata:
ettore.volpe@certregione.fvg.it) ed elettivamente domiciliata  presso
lo Studio del primo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello  Sanzio,  n.
9; 
    Contro il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  (cod.  fisc.
80188230587), in persona del Presidente del  Consiglio  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la cui sede in 00186 Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, e'  domiciliato
ex lege; 
    Per la dichiarazione d'illegittimita'  costituzionale,  in  parte
qua, del decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,  avente  ad
oggetto «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del  16  aprile  2014,  che  modifica  la  direttiva
2011/92/UE, concernente la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1  e
14 della legge 9 luglio 2015, n. 114. (17G00117)»,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 156 del 6 luglio  2017,  con
particolare riferimento agli articoli 5, 12, 13, 14, 22 e 26. 
 
                                Fatto 
 
    1. - L'impugnato decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2017, n. 156,  e'  stato
adottato nell'esercizio della delega di cui alla legge 9 luglio 2015,
n. 114, recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive
europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea -  legge  di
delegazione europea 2014». 
    1.1. - L'art. 1 di tale legge dispone quanto segue:  «Il  Governo
e' delegato ad adottare secondo le procedure, i principi e i  criteri
direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre  2012,
n. 234,  i  decreti  legislativi  per  l'attuazione  delle  direttive
elencate negli allegati A e B alla presente legge. 
    I termini per l'esercizio delle deleghe di cui al  comma  1  sono
individuali ai sensi dell'art. 31, comma 1, della legge  24  dicembre
2012, n. 234. 
    Gli schemi  dei  decreti  legislativi  recanti  attuazione  delle
direttive elencate nell'allegato B, nonche', qualora sia previsto  il
ricorso a  sanzioni  penali,  quelli  relativi  all'attuazione  delle
direttive   elencate   nell'allegato   A,   sono   trasmessi,    dopo
l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge,  alla  Camera
dei deputati e al Senato della Repubblica affinche' su  di  essi  sia
espresso il parere dei competenti organi parlamentari. 
    Eventuali spese non  contemplate  da  leggi  vigenti  e  che  non
riguardano l'attivita'  ordinaria  delle  amministrazioni  statali  o
regionali possono essere previste  nei  decreti  legislativi  recanti
attuazione delle direttive elencate negli allegati A  e  B  nei  soli
limiti occorrenti per  l'adempimento  degli  obblighi  di  attuazione
delle  direttive  stesse;  alla  relativa  copertura,  nonche'   alla
copertura    delle    minori    entrate    eventualmente    derivanti
dall'attuazione delle direttive, in quanto non  sia  possibile  farvi
fronte con i fondi gia' assegnati alle competenti amministrazioni, si
provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5  della
legge 16 aprile 1987, n. 183. Qualora la dotazione del predetto fondo
si rivelasse insufficiente, i decreti legislativi dai quali  derivino
nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente  all'entrata
in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano  le  occorrenti
risorse finanziarie, in conformita' all'art. 17, comma 2, della legge
31 dicembre 2009, n. 196. Gli schemi dei predetti decreti legislativi
sono,  in  ogni  caso,  sottoposti  al   parere   delle   Commissioni
parlamentari competenti anche per  i  profili  finanziari,  ai  sensi
dell'art. 31, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234». 
    Tra le direttive elencate nell'Allegato B alla legge di delega  -
richiamato dall'art. 1, comma 1, teste' citato - figura, al punto 28,
la direttiva «2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del
16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE  concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati» con termine di recepimento fissato al 16 maggio 2017. 
    1.2. - Per l'attuazione della  menzionata  direttiva  2014/52/UE,
l'art. 14 della legge delega prevede dei principi e criteri direttivi
specifici, ulteriori (aggiuntivi, dunque) rispetto a quelli  indicati
agli articoli  31  e  32  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  234,
richiamati dall'art. 1, comma 1. 
    L'art.  14  rubricato   «Principi   e   criteri   direttivi   per
l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e  del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la  direttiva  2011/92/UE
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e  privati»  dispone  infatti  che  «nell'esercizio
della  delega  per  l'attuazione  della  direttiva   2014/52/UE   del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che  modifica
la  direttiva  2011/92/UE  concernente  la  valutazione  dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, il Governo  e'
tenuto a seguire, oltre  ai  principi  e  criteri  direttivi  di  cui
all'art. 1, comma 1, anche i seguenti principi  e  criteri  direttivi
specifici: 
    a)  semplificazione,  armonizzazione  e  razionalizzazione  delle
procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione  al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale; 
    b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di
impatto ambientale,  allineando  tale  procedura  ai  principi  della
regolamentazione intelligente (smart regulation) e della  coerenza  e
delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali; 
    c) revisione e razionalizzazione  del  sistema  sanzionatorio  da
adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE,  al  fine  di  definire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive  e  di  consentire  una
maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni; 
    d)   destinazione   dei   proventi   derivanti   dalle   sanzioni
amministrative  per  finalita'  connesse   al   potenziamento   delle
attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio  ambientale,  alla
verifica del rispetto delle condizioni previste nel  procedimento  di
valutazione  ambientale,  nonche'  alla  protezione  sanitaria  della
popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    1.3. - Il Governo e' poi tenuto - come gia' segnalato sopra -  al
rispetto dei principi e criteri direttivi fissati agli articoli 31  e
32 della legge n. 234 del 2012 («Norme generali sulla  partecipazione
dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e  delle
politiche dell'Unione europea»). 
    L'art. 31 stabilisce che: 
        i) «In relazione alle deleghe legislative  conferite  con  la
legge di delegazione europea per il recepimento delle  direttive,  il
Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi
antecedenti a  quello  di  recepimento  indicato  in  ciascuna  delle
direttive; per le direttive il cui termine cosi' determinato sia gia'
scaduto alla data di entrata in vigore  della  legge  di  delegazione
europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il  Governo  adotta  i
decreti legislativi di recepimento  entro  tre  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della medesima legge;  per  le  direttive  che  non
prevedono un termine di recepimento, il  Governo  adotta  i  relativi
decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della legge di delegazione europea» (comma 1); 
        ii)  «I  decreti  legislativi  sono  adottati,  nel  rispetto
dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988,  n.  400,  su  proposta  del
Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per  gli  affari
europei e del Ministro con competenza prevalente  nella  materia,  di
concerto  con  i  Ministri  degli  affari  esteri,  della  giustizia,
dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in
relazione all'oggetto della direttiva.  I  decreti  legislativi  sono
accompagnati da una tabella di concordanza  tra  le  disposizioni  in
essi previste e  quelle  della  direttiva  da  recepire,  predisposta
dall'amministrazione con competenza  istituzionale  prevalente  nella
materia» (comma 2); 
    iii) «La legge di delegazione europea  incirca  le  direttive  in
relazione  alle  quali  sugli  schemi  dei  decreti  legislativi   di
recepimento e'  acquisito  il  parere  delle  competenti  Commissioni
parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
In tal caso gli schemi dei decreti legislativi sono  trasmessi,  dopo
l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge,  alla  Camera
dei deputati e al Senato della Repubblica affinche' su  di  essi  sia
espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi
quaranta giorni dalla data di trasmissione, i  decreti  sono  emanati
anche in mancanza del parere. Qualora il  termine  per  l'espressione
del parere parlamentare di cui al presente  comma  ovvero  i  diversi
termini previsti dai commi 4  e  9  scadano  nei  trenta  giorni  che
precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o
successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi» (comma 3); 
    iv) «Gli schemi dei decreti legislativi recanti recepimento delle
direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della
relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma  3,  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196 Su di essi e' richiesto anche il  parere  delle
Commissioni parlamentari competenti  per  i  profili  finanziari.  Il
Governo, ove non intenda conformarsi alle  condizioni  formulate  con
riferimento all'esigenza  di  garantire  il  rispetto  dell'art.  81,
quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle  Camere  i  testi,
corredati dei necessari elementi integrativi  d'informazione,  per  i
pareri definitivi delle Commissioni  parlamentari  competenti  per  i
profili finanziari, che devono essere espressi  entro  venti  giorni»
(comma 4); 
    v) «Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata  in  vigore  di
ciascuna dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto  dei
principi e criteri  direttivi  fissati  dalla  legge  di  delegazione
europea, il Governo puo' adottare,  con  la  procedura  indicata  nei
commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative  e  correttive  dei  decreti
legislativi emanati ai sensi del  citato  comma  1,  fatto  salvo  il
diverso termine previsto dal comma 6» (comma 5); 
    vi) «Con la procedura di cui ai commi 2, 3 e 4 il.  Governo  puo'
adottare disposizioni integrative e correttive di decreti legislativi
emanati ai sensi del comma 1,  al  fine  di  recepire  atti  delegati
dell'Unione  europea  di  cui   all'art.   290   del   Trattato   sul
funzionamento  dell'Unione  europea,  che  modificano   o   integrano
direttive recepite con  tali  decreti  legislativi.  Le  disposizioni
integrative e correttive di cui al primo periodo  sono  adottate  nel
termine di cui al comma 5 o nel diverso termine fissato  dalla  legge
di delegazione europea» (comma 6); 
    vii)  «I  decreti  legislativi  di  recepimento  delle  direttive
previste dalla legge  di  delegazione  europea,  adottati,  ai  sensi
dell'art. 117, quinto comma, della  Costituzione,  nelle  materie  di
competenza legislativa delle regioni e delle  province  autonome,  si
applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all'art.  41,
comma 1» (comma 7); 
    viii) «I decreti legislativi adottati ai  sensi  dell'art.  33  e
attinenti a materie di competenza legislativa delle regioni  e  delle
province autonome sono emanati alle condizioni e secondo le procedure
di cui all'art. 41, comma 1» (comma 8); 
    ix)  «Il  Governo,  quando  non  intende  conformarsi  ai  pareri
parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali  contenute
negli  schemi  di  decreti  legislativi  recanti   attuazione   delle
direttive, ritrasmette  i  testi,  con  le  sue  osservazioni  e  con
eventuali modificazioni, alla Camera dei deputati e al  Senato  della
Repubblica. Decorsi venti giorni  dalla  data  di  ritrasmissione,  i
decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere» (comma 9). 
    Il successivo art. 32 della legge n. 234 del 2012  specifica  poi
che «salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti dalla
legge di delegazione europea e in aggiunta a quelli  contenuti  nelle
direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'art.  31  sono
informati ai seguenti principi e criteri direttivi  generali:  a)  le
amministrazioni direttamente  interessate  provvedono  all'attuazione
dei decreti legislativi con le  ordinarie  strutture  amministrative,
secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e
delle modalita' di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei
servizi; b) ai fini di un migliore coordinamento  con  le  discipline
vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare,
sono introdotte le occorrenti modificazioni alle  discipline  stesse,
anche attraverso il riassetto  e  la  semplificazione  normativi  con
l'indicazione  esplicita  delle  norme  abrogate,   fatti   salvi   i
procedimenti oggetto  di  semplificazione  amministrativa  ovvero  le
materie oggetto di delegificazione; c) gli  atti  di  recepimento  di
direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione  o
il mantenimento di livelli di regolazione superiori a  quelli  minimi
richiesti dalle  direttive  stesse,  ai  sensi  dell'art.  14,  commi
24-bis, 24-ter e 24-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246;  d)
al di fuori  dei  casi  previsti  dalle  norme  penali  vigenti,  ove
necessario per assicurare l'osservanza delle  disposizioni  contenute
nei decreti legislativi,  sono  previste  sanzioni  amministrative  e
penali per le infrazioni alle disposizioni  dei  decreti  stessi.  Le
sanzioni penali, nei  limiti  rispettivamente,  dell'ammenda  fino  a
150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono  previste,  in  via
alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano  o
espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti.  In  tali
casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto  per
le infrazioni che  espongano  a  pericolo  o  danneggino  l'interesse
protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le
infrazioni che  rechino  un  danno  di  particolare  gravita'.  Nelle
predette ipotesi,  in  luogo  dell'arresto  e  dell'ammenda,  possono
essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53
e seguenti del decreto legislativo 28  agosto  2000,  n.  274,  e  la
relativa competenza del giudice di pace. La  sanzione  amministrativa
del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a
150.000 euro e' prevista per le infrazioni che ledono o  espongono  a
pericolo interessi diversi da quelli indicati dalla presente lettera.
Nell'ambito  dei  limiti  minimi  e  massimi  previsti,  le  sanzioni
indicate dalla presente lettera sono determinate nella loro  entita',
tenendo  conto  della  diversa  potenzialita'  lesiva  dell'interesse
protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di  specifiche
qualita' personali  del  colpevole,  comprese  quelle  che  impongono
particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del
vantaggio patrimoniale che  l'infrazione  puo'  recare  al  colpevole
ovvero alla persona o all'ente nel cui  interesse  egli  agisce.  Ove
necessario per assicurare l'osservanza delle  disposizioni  contenute
nei  decreti  legislativi,  sono   previste   inoltre   le   sanzioni
amministrative accessorie della sospensione fino a sei  mesi  e,  nei
casi piu' gravi, della privazione definitiva di  facolta'  e  diritti
derivanti da  provvedimenti  dell'amministrazione,  nonche'  sanzioni
penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo
fine e' prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono  o
furono destinate a commettere l'illecito amministrativo  o  il  reato
previsti dai medesimi decreti legislativi, nel  rispetto  dei  limiti
stabiliti dall'art. 240, terzo e quarto comma, del  codice  penale  e
dall'art. 20 della legge 24  novembre  1981,  n.  689,  e  successive
modificazioni. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera
sono  previste  sanzioni  anche   accessorie   identiche   a   quelle
eventualmente gia'  comminate  dalle  leggi  vigenti  per  violazioni
omogenee  e  di  pari  offensivita'  rispetto  alle  infrazioni  alle
disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di  cui  all'art.
117, quarto comma, della  Costituzione,  le  sanzioni  amministrative
sono determinate dalle regioni; e)  al  recepimento  di  direttive  o
all'attuazione di  altri  atti  dell'Unione  europea  che  modificano
precedenti direttive o atti gia' attuati  con  legge  o  con  decreto
legislativo si procede, se la modificazione non comporta  ampliamento
della materia regolata, apportando  le  corrispondenti  modificazioni
alla legge o al decreto legislativo di attuazione della  direttiva  o
di altro atto modificato; f) nella redazione dei decreti  legislativi
di' cui all'art. 31 si  tiene  conto  delle  eventuali  modificazioni
delle direttive dell'Unione  europea  comunque  intervenute  fino  al
momento  dell'esercizio  della  delega;  g)  quando  si   verifichino
sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o  comunque
siano coinvolte le competenze  di  piu'  amministrazioni  statali,  i
decreti legislativi individuano, attraverso le piu'  opportune  forme
di  coordinamento,  rispettando   i   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le  competenze
delle regioni e degli  altri  enti  territoriali,  le  procedure  per
salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza,
la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa
e la chiara individuazione dei soggetti responsabili; h) qualora  non
siano di ostacolo i diversi termini di recepimento,  vengono  attuate
con un unico decreto  legislativo  le  direttive  che  riguardano  le
stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi  atti
normativi; i) e' assicurata la parita' di trattamento  dei  cittadini
italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati  membri  dell'Unione
europea e non puo'  essere  previsto  in  ogni  caso  un  trattamento
sfavorevole dei cittadini italiani». 
    1.4. - Da ultimo, per quanto qui interessa, si segnala che l'art.
2, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281,  dispone
che «La Conferenza Stato-regioni obbligatoriamente sentita in  ordine
agli schemi di disegni  di  legge  e  di  decreto  legislativo  o  di
regolamento del Governo nelle materie di competenza delle  regioni  o
delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro
venti  giorni;  decorso  tale  termine,   i   provvedimenti   recanti
attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di
detto parere. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di
approvazione delle norme di attuazione degli statuti delle regioni  a
statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    2. - L'impugnato decreto legislativo n. 104  del  2017  e'  stato
emanato in data 16 giugno 2017, previa acquisizione dei pareri  delle
competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati  e  del
Senato della Repubblica, nonche' della Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
Bolzano. 
    Quest'ultima, nella seduta del 4 maggio 2017, ha infatti espresso
sullo schema di  decreto  legislativo  approvato  dal  Consiglio  dei
ministri il 10  marzo  2017  parere  favorevole,  condizionato  pero'
all'accoglimento di una serie di proposte emendative elaborate  dalla
Conferenza medesima. 
    Alcune  di  tali  proposte  emendative  riguardavano  proprio  le
disposizioni  qui  impugnate  e,  in  particolare,  concernevano   il
coinvolgimento delle Regioni nel procedimento di VIA in sede  statale
e la  modificazione  delle  competenze  amministrative  tra  Stato  e
Regioni. 
    A tal proposito, interessano qui le, seguenti disposizioni. 
    2.1. - L'art. 5  del  decreto  legislativo  impugnato  -  che  ha
introdotto nel decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  l'art.
7-bis - disciplina le competenze statali e regionali  in  materia  di
VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    Al comma 2, infatti, stabilisce che «sono  sottoposti  a  VIA  in
sede statale i progetti di cui all'allegato II alla parte seconda del
presente decreto. Sono sottoposti a verifica di  assoggettabilita'  a
VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II-bis alla  parte
seconda del presente decreto». 
    In sede statale, si legge al comma 4, «l'autorita' competente  e'
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero
dei beni e delle attivita' culturali e del turismo per  le  attivita'
istruttorie relative al procedimento  di  VIA.  Il  provvedimento  di
verifica  di  assoggettabilita'  a  VIA  e'  adottato  dal  Ministero
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del   mare.   Il
provvedimento di VIA e' adottato nelle forme e con  le  modalita'  di
cui all'art. 25, comma 2, e all'art. 27, comma 8». 
    Al comma 3, invece, l'art. 5 del  decreto  legislativo  impugnato
dispone che «sono sottoposti a VIA in sede regionale, i  progetti  di
cui all'allegato III alla parte seconda del  presente  decreto.  Sono
sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede regionale  i
progetti di cui all'allegato  IV  alla  parte  seconda  del  presente
decreto». 
    In sede regionale - si legge al comma 4 - «l'autorita' competente
e' la pubblica amministrazione con compiti di  tutela,  protezione  e
valorizzazione ambientale individuata secondo le  disposizioni  delle
leggi regionali o delle Province autonome». 
    L'art. 22 del decreto legislativo n. 104 del 2017 interviene  poi
sugli Allegati alla parte seconda del decreto legislativo n. 152  del
2006, modificando  gli  elenchi  dei  progetti  sottoposti  a  VIA  e
verifica di assoggettabilita'  a  VIA  in  sede  statale  e  in  sede
regionale. 
    Tale modificazione e  completata  attraverso  le  abrogazioni  di
alcune voci negli elenchi, ai sensi del successivo art. 26, comma  1,
lettera a). 
    12. - Il procedimento di VIA e' disciplinato dagli  articoli  12,
13  e  14  del   decreto   legislativo   impugnato,   rispettivamente
modificativi degli articoli 23, 24 e 25 del  decreto  legislativo  n.
152 del 2006. 
    L'art. 12 disciplina la fase di avvio del procedimento, a seguito
di  apposita  istanza  trasmessa  all'autorita'   competente   e   di
pubblicazione sul sito web di quest'ultima di tutta la documentazione
fornita dal proponente. 
    Al comma 4 la norma dispone che «l'autorita' competente  comunica
contestualmente per via telematica a tutte  le  Amministrazioni  e  a
tutti gli enti territoriali  potenzialmente  interessati  e  comunque
competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l'avvenuta
pubblicazione della documentazione nel proprio sito web». 
    Il successivo art. 13 concerne poi la  fase  della  consultazione
del pubblico e dell'acquisizione dei pareri delle  Amministrazioni  e
degli enti pubblici competenti a esprimersi sulla  realizzazione  del
progetto. Al comma 3 si  legge  infatti  che  «Entro  il  termine  di
sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico di cui al
comma 2 [...] sono  acquisiti  per  via  telematica  i  pareri  delle
Amministrazioni  e  degli  enti  pubblici  che  hanno   ricevuto   la
comunicazione di cui all'art. 23, comma 4». 
    L'art.  14,  infine,  nel  novellare  l'art.   25   del   decreto
legislativo n. 152 del 2006 dispone, per quanto qui interessa, che: 
        «L'autorita' competente valuta  la  documentazione  acquisita
tenendo debitamente conto dello studio di impatto  ambientale,  delle
eventuali informazioni .supplementari fornite dal proponente, nonche'
dai risultati delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte
e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli  24
e 32. Qualora tali pareri non siano resi  nei  termini  ivi  previsti
ovvero esprimano valutazioni negative  o  elementi  di  dissenso  sul
progetto, l'autorita' competente procede comunque alla valutazione  a
norma del presente articolo» (comma 1); 
        «Nel caso  di  progetti  di  competenza  statale  l'autorita'
competente, entro il termine di  sessanta  giorni  dalla  conclusione
della fase di consultazione di cui all'art. 24, propone  al  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione del
provvedimento  di  VIA.   Qualora   sia   necessario   procedere   ad
accertamenti e  indagini  di  particolare  complessita',  l'autorita'
competente, con atto motivato, dispone il prolungamento della fase di
valutazione sino a un  massimo  di  ulteriori  trenta  giorni,  dando
tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente  delle
ragioni che giustificano la proroga e del  termine  entro  cui  sara'
emanato il provvedimento. Nel caso di consultazioni  transfrontaliere
il provvedimento di VIA e' proposto all'adozione del  Ministro  entro
il termine di cui all'art. 32, comma 5-bis. Il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare provvede entro il termine di
sessanta  giorni  all'adozione  del  provvedimento  di  VIA,   previa
acquisizione del concerto del Ministro dei  beni  e  delle  attivita'
culturali  e  del  turismo  da  rendere  entro  trenta  giorni  dalla
richiesta. In caso di inutile decorso del termine per l'adozione  del
provvedimento di VIA da parte  del  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del  territorio  e  del  mare  ovvero  per  l'espressione  del
concerto da parte del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e
del turismo, su istanza del proponente o  dei  Ministri  interessati,
l'adozione  del  provvedimento  e'  rimessa  alla  deliberazione  del
Consiglio dei ministri che  si  esprime  entro  i  successivi  trenta
giorni» (comma 2), 
    A differenza di quanto previsto dall'abrogato art. 25 del decreto
legislativo n. 152 del 2006, che contemplava espressamente al comma 2
«il parere delle regioni interessate» per i  progetti  di  competenza
statale, la  novella  apportata  dal  decreto  legislativo  impugnato
prevede dunque la  semplice  consultazione  delle  amministrazioni  o
degli enti territoriali «potenzialmente interessati». 
    Il decreto legislativo n. 104 del 2017 e' illegittimo e violativo
delle   attribuzioni   costituzionali    della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia, che ne chiede l'annullamento in parte qua  per
i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. - Illegittimita' costituzionale degli articoli 12,  13  e  14  del
decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione dell'art. 117,  comma
1, Cost., per violazione dell'art. 1, comma 6, lettera a), della dir.
16 aprile 2014, n. 2014/52/UE. Violazione  dell'art.  76  Cost.,  per
violazione degli articoli 1, comma 1, e 14 della  legge  n.  114  del
2015, in riferimento all'art. 1, par. 6, della dir. 16  aprile  2014,
n. 2014/52/UE, nonche' all'art. 32, comma 1, lettera g), della  legge
n. 234 del 2012. Violazione dei principi di leale collaborazione,  di
ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione  di
cui agli articoli 3, 5, 97, 117 e 118 Cost. Violazione degli articoli
4 e 5 della legge cost. n. 1  del  1963,  recante  «Statuto  speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia» e dell'art. 117, commi  2  e  3,
Cost. 
    Gli articoli 12, 13 e 14 del decreto legislativo n. 104 del  2017
hanno integralmente riscritto gli articoli 23, 24 e  25  del  decreto
legislativo n. 152 del  2006,  riformando  l'intero  procedimento  di
adozione del provvedimento di valutazione di impatto  ambientale.  In
particolare; 
    l'art. 12 ha  integralmente  sostituito  l'art.  23  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006, disciplinando  la  fase  dell'iniziativa
del procedimento (presentazione dell'istanza di  VIA,  formale  avvio
del procedimento e regime di pubblicita' degli atti); 
    l'art. 13 ha riscritto l'art. 24 del decreto legislativo  n.  152
del 2006, regolando la fase istruttoria e, in particolare,  le  forme
di consultazione dei soggetti privati, l'acquisizione dei  pareri  di
altri  organi  e  plessi  amministrativi  nonche'  la   consultazione
«transfrontaliera». Lo stesso art. 13 ha introdotto l'art. 24-bis del
codice dell'ambiente, nel quale e' regolato il nuovo  istituto  della
c.d. «inchiesta pubblica», modalita' istruttoria intesa ad  allargare
lo spettro della partecipazione dei soggetti privati al procedimento; 
    infine, l'art.  14  ha  integralmente  novellato  l'art.  25  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, riformando la fase decisoria del
procedimento, ovverosia la valutazione  degli  impatti  ambientali  e
l'adozione del provvedimento conseguente. 
    Di questo  insieme  di  disposizioni  interessano  qui  le  parti
concernenti la partecipazione delle  regioni  o  dell'amministrazione
delegata dalla regione al procedimento, che si elencano di seguito: 
    art. 12, nella parte in cui ha introdotto il novellato  art.  23,
comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo n.  152  del  2006,
ove si prevede che, a  seguito  della  presentazione  dell'istanza  e
della sua eventuale integrazione,  «l'autorita'  competente  comunica
contestualmente per via telematica a tutte  le  Amministrazioni  e  a
tutti gli enti territoriali  potenzialmente  interessati  e  comunque
competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l'avvenuta
pubblicazione della documentazione nel proprio sito web»; 
    art. 13, comma 1, nella parte in cui ha introdotto  il  novellato
art. 24, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 152 del
2006, ove si prevede  che  «Entro  il  medesimo  termine  [60  giorni
dall'avviso pubblico di presentazione dell'istanza di VIA,  ai  sensi
del novellato art. 24, comma 1, del decreto legislativo  n.  152  del
2006]  sono   acquisiti   per   via   telematica   i   pareri   delle
Amministrazioni  e  degli  enti  pubblici  che  hanno   ricevuto   la
comunicazione di cui all'art. 23, comma 4»; 
    art. 13, comma 1, nella parte in cui ha introdotto  il  novellato
art. 24, comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo n. 152 del
2006, ove si prevede  che,  in  caso  di  richiesta  di  modifiche  o
integrazioni  della  documentazione  da   parte   dell'istante,   «in
relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate agli elaborati
progettuali e alla documentazione si applica  il  termine  di  trenta
giorni per la presentazione delle osservazioni e la trasmissione  dei
pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto
la comunicazione di cui all'art. 23, comma 4»; 
    art. 14, nella parte in cui ha introdotto il novellato  art.  25,
comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 152  del  2006,  a
tenor del quale  «l'autorita'  competente  valuta  la  documentazione
acquisita  tenendo  debitamente  conto  dello   studio   di   impatto
ambientale, delle eventuali informazioni  supplementari  fornite  dal
proponente, nonche', dei risultati delle consultazioni svolte,  delle
informazioni raccolte e delle osservazioni e dei  pareri  ricevuti  a
norma degli articoli 24 e 32». 
    Il segnalato profilo d'interesse  emerge  nel  raffronto  con  la
precedente formulazione del secondo comma dell'art.  25  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006:  «l'autorita'  competente  acquisisce  e
valuta tutta la documentazione presentata, le osservazioni, obiezioni
e suggerimenti inoltrati ai sensi dell'art. 24, nonche', nel caso dei
progetti  di  competenza  dello  Stato,  il  parere   delle   regioni
interessate  che  dovra'  essere  reso  entro  novanta  giorni  dalla
presentazione di cui all'art. 23, comma l». 
    Come si vede, nella precedente formulazione della legge il  ruolo
regionale nella «VIA statale» era  stabilito  in  maniera  esplicita,
tanto da precludere ogni  possibile  dubbio  sulla  necessita'  della
consultazione  delle  regioni  nel   relativo   procedimento.   Nella
formulazione  riformata,  invece,  tale  garanzia  di  partecipazione
procedimentale e' assente, atteso che le menzionate  disposizioni  si
limitano a fare  riferimento  alle  «Amministrazioni»  e  agli  «enti
territoriali potenzialmente  interessati  e  comunque  competenti  ad
esprimersi sulla realizzazione del progetto». Ne consegue che non  si
puo' escludere che l'Amministrazione statale competente  (alla  quale
viene  affidato,  senza  la  determinazione  di  criteri  valutativi,
l'apprezzamento di quali  siano  tali  «Amministrazioni»  ed  «enti»)
possa opinare che un intervento non interessi la regione o che questa
non abbia competenza in proposito, ad  esempio  perche'  ritiene  che
l'interesse della popolazione  possa  emergere  tramite  la  semplice
consultazione  di  uno  o  piu'  enti  locali  o  perche'  la  natura
ultraregionale dell'ambito  d'intervento  renderebbe  irrilevante  il
coinvolgimento dell'amministrazione  regionale.  Con  la  conseguenza
che, in mancanza di comunicazione, la regione e' messa di  fronte  al
fatto compiuto, del quale  potrebbe  avere  contezza  anche  dopo  la
scadenza dei termini utili per far valere le proprie ragioni in  sede
giurisdizionale. 
    Tutto  cio'  considerato,  le  disposizioni  impugnate  risultano
illegittime per una pluralita' di profili. 
    1.1. - Come illustrato in narrativa, il  decreto  legislativo  n.
104 del 2017 e' stato adottato nell'esercizio della delega  conferita
ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n.  114.  I
principi e criteri direttivi di esercizio della  delega  sono  dunque
quelli espressi dagli articoli 1 e 14 della legge n.  114  del  2015,
dagli articoli 31 e 32  della  legge  n.  234  del  2012  (richiamati
dall'art. 1 della legge n. 114 del 2015), nonche' dalla direttiva  da
recepire, atteso che,  per  costante  giurisprudenza  costituzionale,
«nel caso di delega per l'attuazione di una direttiva comunitaria,  i
principi che quest'ultima esprime si aggiungono a quelli dettati  dal
legislatore nazionale e assumono valore di parametro  interposto»  in
riferimento all'art. 76 Cost. (cosi', tra le piu'  recenti,  sentenze
numeri 250 del 2016 e 210 del 2015). 
    Ebbene: nel caso di specie il  vizio  di  eccesso  di  delega  si
riscontra per piu' aspetti. 
    Si deve anzitutto fare  riferimento  all'art.  1  della  dir.  16
aprile 2014, n. 2014/52/UE, recepita con il  decreto  legislativo  n.
104 del 2017, che reca le modificazioni alla precedente dir.  n.  201
1/92/UE. Il comma 6 riporta le novellazioni dell'art. 6 della dir. n.
2011/92/UE. La lettera a) sostituisce il primo par. del predetto art.
6, nei termini che seguono: «a) il  paragrafo  1  e'  sostituito  dal
seguente..  "l.  Gli  Stati  membri  adottano  le  misure  necessarie
affinche' le autorita' che possono essere  interessate  al  progetto,
per la loro specifica responsabilita' in materia  di  ambiente  o  in
virtu'  delle  loro  competenze  locali  o  regionali,   abbiano   la
possibilita' di esprimere il loro parere sulle  informazioni  fornite
dal committente e sulla domanda di autorizzazione, tenendo conto, ove
opportuno, dei casi di cui all'art. 8-bis, paragrafo 3. A  tal  fine,
gli Stati membri designano le autorita' da consultare, in generale  o
caso per caso. Queste autorita' ricevono le informazioni  raccolte  a
norma dell'art. 5. Le  modalita'  della  consultazione  sono  fissate
dagli Stati membri"». 
    Il nuovo paragrafo ora riportato impone  la  consultazione  delle
Amministrazioni  regionali  e  locali  che   hanno   competenza   sul
territorio  sul  quale  si   riverberano   gli   effetti   ambientali
dell'intervento sottoposto a VIA. Si badi: l'impiego della particella
disgiuntiva  «o»  nella  menzionata  disposizione   della   direttiva
richiede che sia consultata  ogni  amministrazione  che  risponda  al
criterio di competenza «funzionale» (responsabilita'  in  materia  di
ambiente)  o  territoriale  («competenze  locali  o  regionali»).  E'
sufficiente  che  un'Amministrazione  abbia  una   sola   di   queste
caratteristiche per entrare nell'ambito d'applicazione  della  norma,
sicche' l'istruttoria non puo' considerarsi completa  se  l'autorita'
statale   ha   consultato   solamente   un'Amministrazione   che   ha
responsabilita' ambientali «o» una che ne  ha  di  territoriali.  Non
solo: gli Stati sono tenuti a «designare» le autorita' da consultare,
il che significa che sono tenuti a farlo in via preventiva,  generale
e astratta, non potendo affidare una cosi' delicata determinazioni ai
contingenti e discrezionali -  anzi:  arbitrari  -  apprezzamenti  di
un'amministrazione operativa dello Stato. 
    Lo stesso dicasi per la seconda particella  disgiuntiva,  che  si
rinviene nella formula «competenze locali o regionali»: affinche' sia
adeguatamente recepita la direttiva, infatti, lo Stato deve garantire
la  partecipazione  al  procedimento  di  tutte  le   amministrazioni
territoriali, tanto di quelle di ambito regionale, quanto  di  quelle
ambito piu' limitato. Ove cosi' non fosse, sarebbe  pregiudicato  uno
degli elementi  essenziali  del  procedimento  di  valutazione  degli
impatti ambientali, ovverosia il principio di informazione preventiva
e di partecipazione in materia ambientale  (principio  sancito  anche
dagli articoli 7 sgg. della  Convenzione  di  Aahrus,  ratificata  in
forza della legge n. 108  del  2001  e  non  a  caso  richiamata  nel
Considerando n. 18 della dir. n. 2011/92/UE, nel testo vigente). 
    Tutto cio' considerato,  e'  evidente  che  le  sopra  menzionate
disposizioni del decreto  legislativo  n.  104  del  2017  non  hanno
adeguatamente recepito la dir. n.  2014/52/UE  e,  al  contrario,  ne
hanno violato il predetto art. 6, par. 1, lettera a). 
    Come si e gia' illustrato, infatti, il legislatore statale si  e'
limitato a prevedere genericamente la  consultazione  di  «tutti  gli
enti territoriali potenzialmente interessati». Tale  formula,  pero',
per le ragioni gia' indicate, non assicura affatto  la  consultazione
dell'ente regionale. Il legislatore statale,  infatti:  a)  ha  fatto
impiego del criterio  dell'«interesse  potenziale»,  invece  di  fare
riferimento  ai  due   criteri   prescritti   nella   direttiva   (la
«responsabilita' in materia ambientale» e la «competenza regionale  o
locale»); b) non ha «designato» gli enti  da  consultare,  ma  ne  ha
affidato la determinazione, di volta  in  volta,  all'amministrazione
procedente,  in   carenza   di   criteri   delimitativi   della   sua
discrezionalita'. 
    1.2. - Dalla segnalata antinomia con  il  testo  della  direttiva
deriva anzitutto il vizio  di  indiretta  violazione  dell'art.  117,
comma 1, Cost., atteso che il legislatore  statale  ha  disatteso  un
obbligo sancito dal diritto  europeo,  al  quale  e  vincolato  dalla
predetta disposizione costituzionale. 
    Risulta  poi  evidente  il  vizio  di  eccesso  di  delega,   per
violazione degli articoli 1 e 14 della legge n.  114  del  2015,  con
conseguente violazione dell'art. 76 Cost. 
    Palese, infine, la violazione dei principi di ragionevolezza e di
buon andamento della pubblica amministrazione  ex  articoli  3  e  97
Cost., atteso che il legislatore statale, lungi  dal  «designare»  in
astratto gli enti da  consultare  o,  quanto  meno,  dall'indicare  i
criteri  per   la   loro   concreta   determinazione.   ha   lasciato
l'amministrazione statale procedente domina dell'intero  procedimento
e arbitra del  coinvolgimento  o  meno  degli  enti  da  informare  e
consultare,   con    conseguente    irragionevole    malfunzionamento
dell'intero  procedimento,  la  cui  disciplina:  a)  non  garantisce
l'acquisizione al procedimento di tutti gli interessi  rilevanti;  b)
non tutela adeguatamente detti interessi; c) espone  il  procedimento
al rischio della contestazione, per l'ipotesi  che  l'amministrazione
statale procedente abbia  illegittimamente  escluso,  per  arbitraria
determinazione, uno degli enti da coinvolgere. 
    Per mero tuziorismo si  deve  osservare  che  tutti  questi  vizi
ridondano - ovviamente -  in  lesione  dell'autonomia  della  Regione
ricorrente.  La  partecipazione  al  procedimento  di  VIA  per   gli
interventi di competenza statale e' gia' di per  se'  un  momento  di
necessario coinvolgimento dell'autonomia regionale, perche'  consente
alla Regione di incidere nell'adozione di provvedimenti che hanno  un
elevato impatto  sulle  comunita'  territoriali  di  riferimento.  Si
aggiunga che, come indica la  giurisprudenza  costituzionale  e  come
piu' diffusamente si illustrera' al paragrafo seguente, la  procedura
di valutazione d'impatto ambientale interseca anche  numerosi  ambiti
competenziali della Regione ricorrente, elencati negli articoli 4 (n.
6, «industria e commercio»; n. 9  «viabilita',  acquedotti  e  lavori
pubblici di interesse locale e regionale»; n. 10 «turismo e industria
alberghiera»; n. 11 «trasporti su funivie e  linee  automobilistiche,
tranviarie   e   filoviarie,   di   interesse   regionale»;   n.   12
«urbanistica»; n. 13 «acque minerali e termali») e  5  dello  Statuto
(n. 7 «disciplina dei servizi  pubblici  di  interesse  regionale  ed
assunzione di tali servizi»; n. 10 «miniere, cave e torbiere»;  n  12
«linee marittime di cabotaggio tra gli scali della  Regione»;  n.  14
«utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi  derivazioni;
opere idrauliche di 4ª e 5ª categoria»; n. 16 «igiene e sanita'»;  n.
20 «servizi antincendi»; n. 22 «opere di prevenzione e  soccorso  per
calamita' naturali», nonche' nell'art. 117, comma 3,  Cost.  («tutela
della  salute»;  «ricerca  scientifica  e  tecnologica   e   sostegno
all'innovazione  per  i  settori  produttivi»;  «protezione  civile»;
«porti  e  aeroporti  civili»;  «grandi  reti  di  trasporto   e   di
navigazione»;  «produzione,  trasporto  e   distribuzione   nazionale
dell'energia», etc.), applicabile alle regioni a statuto speciale  ai
sensi dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    La ricorrente ha interesse all'accoglimento del  presente  motivo
di ricorso, dunque,  perche',  a  causa  della  segnalata  violazione
dell'art. 117, comma 1, Cost., dell'eccesso di delega per  violazione
dell'art. 1, par. 6, della dir.  n.  2014/52/UE  e  della  violazione
degli altri parametri costituzionali sopra indicati,  il  legislatore
statale ha determinato un'illegittima  e  irragionevole  compressione
delle elencate attribuzioni costituzionali e statutarie della Regione
Friuli-Venezia Giulia,  sicche'  alla  rimozione  della  disposizione
illegittima  conseguirebbe   l'estensione   dell'ambito   d'autonomia
regionale. 
    1.3. - Il  vizio  di  eccesso  di  delega  emerge  anche  per  un
ulteriore profilo. Come gia' osservato, l'art. 1 della legge  n.  114
del 2015 impone che i decreti legislativi di recepimento del  diritto
europeo rilevante rispettino anche i principi e i  criteri  direttivi
di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre  2012,  n.  234.
Ebbene: ai sensi dell'art. 32, comma 1, lettera g),  della  legge  n.
234 del 2012, «quando si verifichino  sovrapposizioni  di  competenze
tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le  competenze
di piu' amministrazioni statali, i decreti  legislativi  individuano,
attraverso le piu' opportune forme di  coordinamento,  rispettando  i
principi di sussidiarieta',  differenziazione,  adeguatezza  e  leale
collaborazione e le competenze  delle  regioni  e  degli  altri  enti
territoriali,  le  procedure  per  salvaguardare  l'unitarieta'   dei
processi decisionali, la trasparenza,  la  celerita',  l'efficacia  e
l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara  individuazione
dei soggetti responsabili». 
    Nel caso di specie,  non  si  puo'  dubitare  del  fatto  che  la
valutazione    d'impatto    ambientale    determini    la    predetta
«sovrapposizione  di  competenze»  tra  Amministrazione   statale   e
regionale. 
    La ricorrente non nega che la  valutazione  d'impatto  ambientale
sia un procedimento di tutela ambientale e che, di conseguenza,  essa
coinvolga  anzitutto  l'ambito  materiale  di  competenza   esclusiva
statale della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». Pur tuttavia,
non  puo'  essere  contestato  che   tale   procedimento   intersechi
direttamente  o  indirettamente  (e  interferisca  con)   ambiti   di
competenza concorrente o esclusiva regionale. Con la conseguenza  che
la mancata considerazione di  tali  ambiti  comporta  la  violazione,
anzitutto,  dello  stesso  art.  117,  comma  2,  Cost.,  atteso  che
l'esclusivita' della competenza statale e' interpretata  in  modo  da
negare  l'evidenza,  e   cioe'   l'imprescindibile   necessita'   del
coinvolgimento  regionale,  imposto  dall'intreccio  fra  gli  ambiti
competenziali. 
    Il procedimento di valutazione d'impatto ambientale,  invero,  ha
ad oggetto  la  localizzazione,  la  realizzazione  e  la  successiva
gestione di interventi di  particolare  rilievo  per  l'ambiente,  le
comunita' locali, il loro sviluppo e la salute pubblica. Si tratta di
procedimenti complessi che concernono  la  gestione  tanto  dei  beni
ambientali  quanto  delle  altre  risorse  socio-economiche   di   un
territorio. 
    Tale gestione rileva sia per il profilo della «tutela»,  sia  per
quello  della   «valorizzazione»,   che   appaiono   inscindibilmente
collegati. Parimenti, le conseguenze dell'intervento non si  misurano
solamente sui beni ambientali, ma anche sulle risorse economiche  del
territorio e sulle relazioni sociali delle comunita' ivi insediate. 
    Tutto cio' considerato, e' evidente che il  procedimento  di  VIA
incide su numerose competenze che lo Statuto di  autonomia  e  l'art.
117,  comma  3,  Cost.,  attribuiscono  alla  Regione  Friuli-Venezia
Giulia. 
    Si possono menzionare: 
    le materie di competenza  primaria  regionale  ex  art.  4  dello
Statuto «industria e commercio»;  «viabilita',  acquedotti  e  lavori
pubblici di interesse  locale  e  regionale»;  «turismo  e  industria
alberghiera»;  «trasporti  su  funivie  e   linee   automobilistiche,
tranviarie e  filoviarie,  di  interesse  regionale»;  «urbanistica»;
«acque minerali e termali»; 
    le materie di competenza concorrente  ex  art.  5  dello  Statuto
«disciplina dei servizi pubblici di interesse regionale ed assunzione
di tali servizi»; «miniere, cave e  torbiere»;  «linee  marittime  di
cabotaggio tra gli scali della Regione»; «utilizzazione  delle  acque
pubbliche, escluse le grandi derivazioni: opere idrauliche di 4ª e 5ª
categoria»; «igiene  e  sanita'»;  «servizi  antincendi»;  «opere  di
prevenzione e soccorso per calamita' naturali»; 
    le materie di competenza concorrente ex art. 117, comma 3,  Cost.
(applicabile alle Regioni speciali ex art. 10 della legge cost. n.  3
del 2001) «tutela e sicurezza del  lavoro»;  «ricerca  scientifica  e
tecnologica e sostegno all'innovazione  per  i  settori  produttivi»;
«tutela  della  salute»;  «protezione  civile»;  «porti  e  aeroporti
civili»; «grandi reti di trasporto e  di  navigazione»;  «produzione,
trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»;  «valorizzazione
dei beni culturali e ambientali. 
    Si deve poi aggiungere che la  valutazione  d'impatto  ambientale
non   e'   costituita   solamente   da   apprezzamenti   di    ordine
tecnico-scientifico, ma anche di ordine socio-economico, nei quali le
considerazioni  relative  alla  trasformazione   ambientale   vengono
ponderate   con   le   generali   esigenze   socio-economiche   delle
collettivita'  territoriali.  Anche  per  questo  profilo  emerge  la
competenza della regione, quale  ente  esponenziale  della  comunita'
territoriale e  garante  dell'ambito  d'autonomia  e  di  autogoverno
costituzionalmente garantito. 
    Che vi sia tale inestricabile interferenza e  sovrapposizione  di
competenze e' stato riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale. 
    Proprio  pronunciandosi   sulle   procedure   di   adozione   del
provvedimento di VIA nei casi in cui l'autorita'  competente  e'  una
regione  autonoma,  codesta   ecc.ma   Corte   ha   sottolineato   la
«particolare complessita' della VIA», atto nel quale «a verifiche  di
natura tecnica circa la compatibilita' ambientale del  progetto,  che
rientrano nell'attivita' di gestione in senso stretto e  che  vengono
realizzate nell'ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi  e
intrecciarsi complesse valutazioni che - nel bilanciare fra loro  una
pluralita' di interessi pubblici quali la  tutela  dell'ambiente,  il
Governo  del  territorio  e  lo   sviluppo   economico   -   assumono
indubbiamente un particolare rilievo politico», tanto da  determinare
«un intreccio di attivita' a carattere gestionale e di valutazioni di
tipo politico» (sent. n. 81 del 2013). 
    Tale pronuncia si pone in piena  continuita'  con  la  precedente
giurisprudenza costituzionale  in  cui  si  e'  riconosciuto  che  la
valutazione   d'impatto   ambientale   e'   «interferente   con   una
molteplicita' di attribuzioni regionali»  (sentenze  numeri  303  del
2003, 407 e 536 del 2002). 
    Negli  stessi  termini  e'  orientata  anche  la   giurisprudenza
amministrativa, che a piu'  riprese  ha  sottolineato  il  «carattere
ampiamente  discrezionale  che  connota  la  valutazione  di  impatto
ambientale per la pluralita', ampiezza  e  varieta'  degli  interessi
pubblici coinvolti, in parte tra di loro confliggenti» (Cons.  Stato,
Sez. V, sentenza 23 marzo 2015, n. 1564). Tale connotazione e' dovuta
al fatto che «alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre
che delle sue stesse peculiari finalita', la valutazione  di  impatto
ambientale non si sostanzia in una mera verifica  di  natura  tecnica
circa la astratta compatibilita' ambientale  dell'opera,  ma  implica
una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a  valutare  il
sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilita'  socio-economica,
tenuto conto anche delle alternative possibili e dei  riflessi  sulla
stessa c.d. opzione-zero» (Cons. Stato, Sez. V, 31  maggio  2012,  n.
3254; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246; Sez. V,  22  giugno  2009,  n.
4206; Sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2851). 
    Del resto, anche il Governo ha ammesso che  il  decreto  delegato
qui impugnato reca disposizioni che rientrano anche nelle materie  di
competenza delle regioni e  nell'ambito  piu'  esteso  di  competenza
della ricorrente regione autonoma, atteso che ha richiesto il  parere
della Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'art.  2,  comma  3,  del
decreto legislativo n. 281 del 1997, a tenor del quale «la Conferenza
Stato-regioni e' obbligatoriamente sentita in ordine agli  schemi  di
disegni di legge e  di  decreto  legislativo  o  di  regolamento  del
Governo nelle materie di competenza delle regioni  o  delle  province
autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti  giorni;
decorso tale termine, i provvedimenti recanti attuazione di direttive
comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere». 
    Infine, si deve osservare  che  nel  parere  del  Comitato  delle
Regioni dell'Unione europea sullo schema della dir. n. 2014/52/UE, n.
2013/C 2018/07, menzionato nelle premesse della  stessa  direttiva  e
pubbl. in GUUE C 218 del 30 luglio 2013, si ricorda che «la  modifica
della direttiva VIA attualmente all'esame avra' un  notevole  impatto
sugli enti locali e regionali, che svolgono un ruolo di  primo  piano
nell'attuazione delle azioni proposte». 
    Ebbene:  tutto  cio'  considerato,  risulta   evidente   che   il
legislatore delegato era vincolato ai principi  e  criteri  direttivi
imposti dall'art. 32, comma 1, lettera g), della  legge  n.  234  del
2012. Conseguentemente, nel disciplinare il procedimento di  adozione
della VIA statale, il decreto legislativo n.  104  del  2017  avrebbe
dovuto espressamente  prevedere  la  partecipazione  al  procedimento
della ricorrente per gli interventi che ricadono o che impattano  nel
territorio  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia.  Avendo,  invece,
genericamente  previsto  la   consultazione   delle   amministrazioni
«potenzialmente interessate», senza garantire la richiesta del parere
dell'Amministrazione regionale, il legislatore delegato ha violato  i
principi e  criteri  direttivi  fissati  dalla  legge  delega  e,  di
conseguenza, ha violato l'art. 76 Cost. 
    Anche per questo profilo, ovviamente, la violazione dell'art.  76
Cost. e dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., in una con  quella
degli  altri  parametri  costituzionali  sopra  indicati,   determina
un'irragionevole compressione delle sopra elencate  competenze  della
Regione ricorrente ex art. 4 e 5  dello  Statuto  d'autonomia  e  117
Cost. 
    1.4. - Non basta. La previsione dell'art. 32,  comma  1,  lettera
g), della legge n. 234 del 2012, sopra illustrata,  non  aveva  fatto
altro che recepire le indicazioni della giurisprudenza costituzionale
in tema  di  declinazione  del  principio  di  leale  collaborazione,
espressione  degli  articoli  5,  117  e  118  Cost.,  ora,   invece,
disattese. Per costante  giurisprudenza,  infatti,  il  principio  di
leale collaborazione impone al  legislatore  statale  di  regolare  i
procedimenti amministrativi ricadenti in  una  pluralita'  di  ambiti
materiali di competenza sia statale che  regionale  e  di  attribuire
tali procedimenti all'Amministrazione  statale  (eventualmente  anche
tramite  «chiamata  in  sussidiarieta'»),  purche'   siano   previsti
«adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio  concreto  delle
funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» (sent.
n. 7 del 2016, che di recente ha ulteriormente  consolidato  il  noto
orientamento maturato con la sentenza n. 303 del 2003). 
    La mancata previsione  espressa  dell'obbligo  di  richiedere  il
parere regionale nel procedimento di VIA statale e' dunque  violativa
anche del principio di leale collaborazione. 
    A  tal  proposito  si  deve  ricordare  che   la   giurisprudenza
costituzionale  impone   l'adozione   di   adeguati   meccanismi   di
partecipazione procedimentale delle regioni sia  quando  la  funzione
pubblica regolata si pone «all'incrocio di varie materie,  alcune  di
spettanza delle regioni, altre dello Stato [...] legate  in  un  nodo
inestricabile che non consente di identificare la prevalenza  di  una
sulle altre, dal punto di vista sia  qualitativo,  sia  quantitativo»
(sent. n. 21 del 2016), sia  quando  un  giudizio  di  prevalenza  e'
possibile e si conclude nel senso di ascrivere  la  disciplina  a  un
ambito materiale di competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    In questo senso si puo' menzionare la sentenza n. 230  del  2013,
in tema di determinazione delle modalita' di svolgimento del servizio
di trasporto per la c.d. continuita' territoriale. 
    Pur riconoscendo che, secondo il criterio della prevalenza,  tale
disciplina ricade nell'ambito della «tutela  della  concorrenza»,  di
esclusiva competenza statale, in quella pronuncia l'ecc.ma  Corte  ha
rilevato che «la determinazione delle modalita' e delle condizioni di
svolgimento del servizio di collegamento marittimo avente ad  oggetto
in particolare la Regione autonoma  Sardegna  e'  espressione  di  un
potere, si', statale, in quanto pertinente alla concorrenza,  ma  che
tocca direttamente un interesse differenziato  della  Regione  e  che
interferisce  in  misura  rilevante  sulle  scelte  rientranti  nelle
competenze  della  medesima,   quali   il   turismo   e   l'industria
alberghiera». 
    Ancorche' riferita  alla  Regione  Sardegna,  l'illustrata  ratio
decidendi e' di ordine generale e puo' applicarsi anche  al  caso  di
specie. 
    Anche  in  questo  caso,  infatti,  si  e'  in  presenza  di  una
«sovrapposizione di competenze» che impone al legislatore statale  di
«attribuire adeguato rilievo al principio di leale collaborazione, le
cui  potenzialita'  precettive  si  manifestano  compiutamente  negli
ambiti di intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di
diversa matrice» (cosi' ancora la sentenza n. 230  del  2013,  ma  v.
anche sentenza n. 33 del 2011). 
    Anche in questo caso, dunque, ancorche' la disciplina  della  VIA
sia  riconducibile  alla  materia   della   «tutela   dell'ambiente»,
l'incidenza negli ambiti competenziali regionali (compresi quelli  di
particolare  autonomia  della  ricorrente)  impone   «una   reale   e
significativa partecipazione della Regione» al procedimento, che puo'
essere assicurata solo attraverso  la  garanzia  della  consultazione
regionale. 
    Anche per questo profilo, dunque, la violazione del principio  di
leale  collaborazione  determina   un'irragionevole   e   illegittima
compressione dell'autonomia della ricorrente negli  ambiti  materiali
sopra elencati, ai sensi degli articoli 4 e 5 dello  Statuto  e  117,
comma 3. Cost. 
    1.5. - Non basta ancora. Specificamente illegittimo e l'art.  13,
comma 1, del decreto legislativo n. 104 del 2017, nella parte in  cui
ha introdotto il novellato art. 24, comma 5, del decreto  legislativo
n. 152 del 2006. 
    Come in parte gia' osservato, detto comma 5  si  compone  di  tre
periodi.  Il  primo  prevede   che   «l'autorita'   competente,   ove
motivatamente ritenga  che  le  modifiche  o  le  integrazioni  siano
sostanziali e rilevanti per  il  pubblico,  dispone,  entro  quindici
giorni dalla ricezione della documentazione  integrativa  di  cui  al
comma 4, che il proponente trasmetta,  entro  i  successivi  quindici
giorni, un nuovo avviso  al  pubblico  [...]  da  pubblicare  a  cura
dell'autorita' competente sul proprio sito web». Il  secondo  periodo
aggiunge  che  «in  relazione  alle  sole  modifiche  o  integrazioni
apportate agli elaborati progettuali e alla documentazione si applica
il termine di trenta giorni per la presentazione delle osservazioni e
la  trasmissione  dei  pareri  delle  Amministrazioni  e  degli  enti
pubblici che hanno ricevuto la  comunicazione  di  cui  all'art.  23,
comma  4».  Infine,  il  terzo   periodo   consente   al   proponente
l'intervento  di  presentare  all'autorita'  competente  le   proprie
controdeduzioni alle osservazioni  e  ai  pareri  pervenuti  rispetto
all'integrazione e modificazione documentale. 
    Le disposizioni ora riportate sono  illegittime  nella  parte  in
cui,  in  caso  di  VIA  statale,  rimettono  alla   discrezionalita'
dell'Amministrazione dello Stato la richiesta di  un  supplemento  di
parere da parte delle altre Amministrazioni consultate (tra le quali,
per  le  ragioni  sopra  illustrate,  deve   necessariamente   essere
contemplata  anche  la  regione  ricorrente,   per   i   procedimenti
concernenti gli interventi situati nel  territorio  regionale  o  che
producono effetti ambientali su di esso). 
    Al  contrario,  la  valutazione  della  natura   «sostanziale   e
rilevante» delle modifiche e/o delle integrazioni  e  la  conseguente
necessita' di un supplemento di parere  deve  necessariamente  essere
rimessa  alle  Amministrazioni  che  sono   consultate.   Lo   schema
procedimentale fissato dall'art. 13 del decreto  legislativo  n.  104
del 2017, consente l'aggiramento e la svalutazione delle garanzie  di
partecipazione  procedimentale  e  dei   principi   di   informazione
preventiva  e  partecipazione   delle   comunita'   territoriali   al
procedimento, che, come si confida di aver illustrato  nei  paragrafi
precedenti, si impongono al legislatore statale in forza dell'art. 6,
par. 1, della dir. n. 2014/52/UE, degli articoli 1 e 14  della  legge
n. 114 del 2015, dell'art. 32, comma 1, lettera g),  della  legge  n.
234 del 2015, del principio  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e
regioni. 
    Solamente    l'Amministrazione    consultata,    infatti,    puo'
adeguatamente considerare se, per i profili di proprio interesse,  le
modifiche e integrazioni documentali e progettuali hanno  un  rilievo
tale da richiedere un supplemento di parere. Tale decisione,  dunque,
non e' di natura meramente formale e procedimentale, ma  coinvolge  i
profili  sostanziali  della  VIA.  Rimettere   la   decisione   sulla
necessita' di un supplemento di consultazione  alla  discrezionalita'
(se non all'arbitrio, dato che l'onere motivazionale e' previsto solo
per la decisione di richiedere il supplemento d'istruttoria e non per
la  decisione  opposta)  dell'Amministrazione   statale   procedente,
dunque,  equivale  a  svuotare  il  senso   stesso   della   garanzia
procedimentale apprestata dal diritto europeo. 
    Per tale ragione,  e  in  forza  della  violazione  dei  medesimi
parametri gia' sopra  indicati,  l'art.  24,  comma  5,  del  decreto
legislativo n. 104 del 2017, come novellato dall'art.  13,  comma  1,
del decreto  legislativo  n.  104  del  2017;  e'  costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui non prevede che, in caso di  modifiche
o integrazioni della documentazione da parte  del  proponente  di  un
intervento  sottoposto  a  VIA  in  sede  statale  (che  ricade   nel
territorio regionale o che produce impatti ambientali  su  di  esso),
alla regione ricorrente sia sempre consentito di formulare  ulteriori
osservazioni e pareri. 
    In  particolare,  il  mancato  riconoscimento  di  tale  garanzia
procedimentale determina: 
    la violazione dell'art. 76 Cost.,  per  violazione  dei  principi
direttivi espressi dall'art. 1, par. 6,  della  dir.  n.  2014/52/UE,
nonche' dall'art. 32, comma 1, lettera g), della  legge  n.  234  del
2012, richiamato dall'art. 1 della legge n. 114 del 2015; 
    l'illegittimo esercizio della competenza legislativa  statale  in
materia di «tutela dell'ambiente», ex art. 117, comma 2, lettera  s).
Cost.; 
    la violazione dei  principi  di  ragionevolezza,  buon  andamento
della p.A. e leale collaborazione tra Stato e Regione, ex articoli 3,
5, 97, 117 e 118 Cost. 
    Tali  vizi,  si   ribadisce,   determinano   un'irragionevole   e
illegittima  compressione  dell'autonomia  regionale,  negli   ambiti
materiali di competenza legislativa primaria e  concorrente  elencati
sopra, sub par. 1.3., ai sensi degli articoli 4  e  5  dello  Statuto
d'autonomia e 117, comma 3, Cost. 
2. - Illegittimita' costituzionale degli articoli  5,  22  e  26  del
decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione dell'art.  76  Cost.,
in riferimento agli articoli 1 e 14 della legge n.  114  del  2015  e
agli articoli 117, commi 2 e 3, Cost. e 4 e 5 della legge cost. n.  1
del 1963, recante  «Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia». 
    Come illustrato in narrativa, gli articoli 5  e  22  del  decreto
legislativo n. 104 del 2017 regolano la ripartizione delle competenze
per lo svolgimento della valutazione dell'impatto ambientale e per la
verifica di assoggettabilita' alla VIA. 
    2.1. - In particolare, l'art. 5 del decreto  legislativo  n.  104
del 2017 ha introdotto nel decreto legislativo n. 152 del 2006 l'art.
7-bis, rubricato «Competenze in materia  di  VIA  e  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA». L'art. 5 e' oggetto d'impugnazione  laddove
introduce i commi 2 e 3 dell'art. 7-bis, i quali, ai fini del riparto
di competenze, rinviano agli elenchi di cui agli allegati alla  parte
seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006  e,  in  particolare,
all'all. II per l'elenco dei progetti  sottoposti  a  VIA  statale  e
all'all. II-bis per l'elenco  di  quelli  sottoposti  a  verifica  di
assoggettabilita' a VIA in sede statale (comma 2); all'all.  III  per
l'elenco dei progetti sottoposti a VIA in sede regionale  e  all'all.
IV per l'elenco di quelli sottoposti a verifica di  assoggettabilita'
a VIA in sede regionale (comma 3). 
    L'art. 22 del decreto legislativo n. 104 del 2017, poi,  reca  le
modifiche  agli  allegati  alla  parte  seconda.  Rilevano   qui   in
particolare il comma 1, che ha modificato l'all. II; il comma 2,  che
ha introdotto l'all. II-bis; il comma 3,  che  ha  modificato  l'all.
III; il comma 4, che ha modificato l'all. IV. 
    Come accennato in narrativa, si deve osservare che, salve  alcune
riformulazioni di precedenti voci degli elenchi (cfr. art. 22,  comma
1, lettera g) e h)) le modifiche introdotte agli elenchi  sono  tutte
in  senso  «unidirezionale»:  il  ruolo  delle   Regioni   e'   stato
depotenziato,    con    contestuale    aumento    delle    competenze
dell'Amministrazione   statale.   Significativo   e'    l'inserimento
dell'all. Il-bis (interventi soggetti a verifica di assoggettabilita'
in sede  statale),  le  cui  voci  erano  pressoche'  tutte  inserite
nell'all. IV, recante l'elenco degli interventi soggetti  a  verifica
di assoggettabilita' in sede regionale. 
    Nel  dettaglio  (e  anche   onde   escludere   in   radice   ogni
contestazione sull'interesse alla censura e, in ogni caso, sulla  sua
ammissibilita'), si deve osservare quanto segue. 
    Quanto all'art. 22, comma l, del decreto legislativo n.  104  del
2017, determinano lo  spostamento  dalla  competenza  regionale  alla
competenza statale le seguenti voci: 
    lettera a)  («impianti  termici  per  la  produzione  di  energia
elettrica, vapore e  acqua  calda  con  potenza  termica  complessiva
superiore a 150 MW; impianti eolici  per  la  produzione  di  energia
elettrica sulla terraferma con potenza  complessiva  superiore  a  30
MW»); 
    lettera h) (soppressione delle parole «facenti parte  della  rete
elettrica di trasmissione nazionale»  dopo  le  parole  «elettrodotti
aerei  per  il  trasporto  di  energia  elettrica»,  con  conseguente
estensione dell'ambito di competenza statale); 
    lettera e) («7-quinquies) attivita'  di  ricerca  e  coltivazione
delle  seguenti  sostanze   minerali:   minerali   utilizzabili   per
l'estrazione  di  metalli,  metalloidi  e  loro  composti;   grafite;
combustibili  solidi,  rocce  asfaltiche   e   bituminose;   sostanze
radioattive»); 
    lettera f), limitatamente al terzo sottopunto «stoccaggio:  [...]
sotterraneo artificiale di  gas  combustibili  in  serbatoi  con  una
capacita' complessiva superiore a 80.000 m3»; 
    lettera i) («porti con funzione turistica e da diporto quando  lo
specchio  d'acqua  e  superiore  a  10  ettari  o  le  aree   esterne
interessate superano i 5 ettari  oppure  i  moli  sono  di  lunghezza
superiore ai 500 metri»); 
    lettera l) (inserimento delle  parole  «e  nell'allegato  III  al
presente decreto» dopo le parole «impianti per la cattura  di  flussi
di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente  allegato»,
con conseguente aumento della competenza statale, comprendente  anche
gli impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da  impianti
soggetti a VIA in sede regionale, prima menzionati nell'all. III). 
    Quanto all'art. 22, comma 2, recante  l'elenco  degli  interventi
sottoposti a verifica di assoggettabilita' a  VIA  in  sede  statale,
determinano lo spostamento dalla competenza regionale alla competenza
statale tutte le voci in elenco, salvo quella sub  2g  («coltivazione
di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per  un
quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio
e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale»). 
    Quanto all'art. 22, comma 3, rileva la lettera b), nella parte in
cui, riformulando la lettera  af-bis)  dell'art.  III,  determina  la
soppressione della voce «impianti per la cattura  di  flussi  di  CO2
provenienti da impianti che rientrano nel  presente  allegato»  (voce
che, come gia' segnalato, e' stata rimessa alla competenza statale). 
    Quanto all'art. 22, comma 4, rileva la lettera b), nella parte in
cui, riformulando il punto 2 dell'elenco, determina  la  soppressione
delle voci «impianti termici per la produzione di energia  elettrica,
vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore  a  50
MW»; «impianti industriali per il trasporto del gas,  che  alimentano
condotte  con  una  lunghezza  complessiva  superiore  ai   20   km»;
«installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il  trasporto
di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico  superiori  a  20
km» (voci anche queste trasferite alla competenza  statale),  nonche'
la lettera c), che definisce la competenza regionale  sulla  verifica
di assoggettabilita' a VIA delle strade extraurbane secondarie in via
residuale, escludendo  quelle  «comprese  nell'allegato  II-bis»,  di
competenza statale. 
    Gli spostamenti all'ambito rimesso  all'attivita'  amministrativa
statale sono  completati  con  la  corrispondente  abrogazione  delle
lettere c), h), h-bis), l), z) ed ab) dell'all. III e dei punti 7.e),
7.f), 7.g), 7.m), 7.p), 7.q) e 7.z) dell'all. IV alla  parte  seconda
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, abrogazione  qui  pure
censurata. 
    Questa riduzione delle competenze dell'Amministrazione  regionale
determina  un'ulteriore  compressione  delle  attribuzioni  regionali
definite dagli articoli 4 e 5 dello Statuto e dall'art. 117, comma 3,
Cost., gia' elencate al precedente par. 1.3 (cui si rinvia per dovere
di sintesi) che vengono in rilievo nei procedimenti  complessi  quale
quello di valutazione d'impatto ambientale. E' per tale  ragione  che
la Regione ha interesse a censurare, le disposizioni ora  menzionate,
atteso  che  l'accoglimento  del  presente   ricorso   determinerebbe
un'estensione dell'ambito di autonomia regionale, facendo  valere  il
corretto assetto delle competenze, per come regolato  dagli  articoli
117, commi 2 e 3 Cost. e 4 e 5 dello Statuto d'autonomia regionale. 
    2.2. - Tutto cio' premesso, si deve osservare che il  legislatore
statale  delegato  non  aveva  alcun  titolo  per  determinare   tale
spostamento di competenze  dall'Amministrazione  regionale  a  quella
statale. 
    Nei principi e  criteri  direttivi  manca  qualsiasi  riferimento
all'ipotesi di modificazione del riparto di  competenze  tra  le  due
Amministrazioni. Tale modificazione non e' prevista dall'art. 1 della
legge n. 114 del 2015 ne' dal successivo art. 14, in cui sono dettati
i principi e criteri direttivi specifici  per  il  recepimento  della
dir. n. 2014/52/UE. 
    Come gia' indicato in  narrativa,  la  lettera  a)  dell'art.  14
contempla la  «semplificazione,  armonizzazione  e  razionalizzazione
delle  procedure  di  valutazione  di  impatto  ambientale  anche  in
relazione al coordinamento e  all'integrazione  con  altre  procedure
volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale».
A tal proposito e' del tutto  evidente  che  la  modificazione  delle
competenze  non  e'  di  per   se'   elemento   di   semplificazione,
armonizzazione e razionalizzazione delle  procedure  di  VIA.  Ne'  -
ovviamente - lo e', di per se' l'accentramento, ne', ancora,  l'esame
dei progetti in sede regionale osta all'integrazione dei procedimenti
al fine del rilascio dei pareri e delle autorizzazioni ambientali. 
    Lo stesso dicasi per quanto concerne la  successiva  lettera  b),
nella quale e' menzionato  il  «rafforzamento  della  qualita'  della
procedura di  valutazione  di  impatto  ambientale,  allineando  tale
procedura ai  principi  della  regolamentazione  intelligente  (smart
regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre  normative  e
politiche europee e nazionali». La qualita' delle procedure, infatti,
non e'  incisa  dal  fatto  che  l'Autorita'  competente  sia  quella
regionale e prova ne e' proprio la  circostanza  che  il  legislatore
statale si e' ben guardato dal sopprimere tutte le funzioni regionali
in tema di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    Infine, del tutto estranei allo spostamento delle competenze sono
i successivi principi  e  criteri  direttivi  sub  lettere  c)  e  d)
dell'art. 14, che hanno  ad  oggetto  esclusivamente  il  tema  delle
procedure sanzionatorie. 
    Parimenti, il tema della competenza accentrata  o  decentrata  e'
estraneo alle disposizioni  della  direttiva  recepita,  che  non  fa
alcuna distinzione ne' fornisce alcuna  indicazione  in  merito.  Del
resto, e' noto l'orientamento della Corte  di  giustizia  dell'unione
europea  che,  anche  pronunciandosi  sulle  procedure  di  VIA,   ha
ricordato che ogni Stato membro e' «libero di  ripartire  come  crede
opportuno le competenze normative sul piano interno», purche' non sia
pregiudicato «l'obiettivo perseguito dalla direttiva, con la quale si
vuole fare in modo che non sfugga alla valutazione  d'impatto  nessun
progetto idoneo ad avere un notevole impatto sull'ambiente  ai  sensi
della direttiva» (CGUE, sentenza 10 giugno 2004, C-87/02, Commissione
c./ Italia, EU:C:2004:363, parr. 38 e 44). 
    Tutto cio' considerato, e' evidente che al caso  di  specie  puo'
applicarsi il consolidato orientamento giurisprudenziale in  tema  di
«delega al riassetto o riordino» di plessi normativi, che consente la
modifica del riparto delle competenze tra Stato e  regioni  solo  nel
caso  in  cui  la  legge  di  delegazione  lo  abbia   esplicitamente
consentito. 
    A  tal  proposito  si   puo'   menzionare   la   sentenza   Corte
costituzionale, n. 80 del 2012, in cui l'ecc.ma  Corte  ha  censurato
l'adozione, tramite decreto delegato, di norme concernenti i rapporti
Stato-regioni, atteso che per tale  campo  di  interventi  «non  puo'
valere una generica delegazione al Governo ad operare un riassetto di
norme  statali,  ma  sono  necessari  principi  e  criteri  direttivi
appositi, mirati alla regolamentazione interordinamentale di  singole
materie, ognuna delle  quali  presenta  specificita'  da  considerare
partitamente, non compatibili con principi  e  criteri  direttivi  di
natura formale e metodologica». 
    Degna di nota e' anche la sentenza n. 50 del 2014, in cui codesta
ecc.ma Corte ha ricordato che «nei casi in cui  il  Parlamento  abbia
ritenuto di delegare al Governo il compito di procedere al  riassetto
di  determinati  settori  normativi,  l'esercizio,   da   parte   del
legislatore delegato, di «poteri innovativi della normazione vigente,
non  strettamente   necessari   in   rapporto   alla   finalita'   di
ricomposizione sistematica perseguita», deve  ritenersi  circoscritto
entro limiti rigorosi», con la  conseguenza  che  «l'introduzione  di
soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema  legislativo
previgente puo' ritenersi ammissibile soltanto nel caso in cui  siano
stabiliti principi e criteri  direttivi  idonei  a  circoscrivere  la
discrezionalita' del legislatore delegato». 
    Nel caso di specie, invece, come si  e'  detto,  dato  che  nella
legge di delegazione difettava qualsiasi riferimento al riassetto dei
rapporti Stato-regioni, il legislatore delegato non aveva un'adeguata
base normativa per disporre la sottrazione di  ambiti  di  competenza
all'Amministrazione regionale. Risulta evidente, dunque, l'eccesso di
delega  e  la  conseguente  incostituzionalita'  delle   disposizioni
impugnate. 
    Anche per questo profilo, come gia' si  e  detto,  la  violazione
dell'art.  76  Cost.  e  l'illegittimo  esercizio  della   competenza
legislativa in materia di «tutela dell'ambiente» ex art.  117,  comma
2, lettera s),  Cost.,  determinano  un'illegittima  e  irragionevole
compressione delle competenze della ricorrente  elencate  supra,  sub
par. 1.3., garantite dagli articoli 4 e 5 dello Statuto e 117,  comma
3, Cost. 
3.- Illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 12, 13, 14, 22  e
26 del decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione del  principio
di leale collaborazione ex articoli  5,  117  e  118  Cost.,  per  un
ulteriore profilo. Violazione degli articoli 4 e 5 della legge  cost.
n. 1 del 1963, recante «Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia» e 117 Cost. 
    Come si confida di aver adeguatamente illustrato nelle pagine che
precedono, la ricorrente non ha inteso contestare la  competenza  del
legislatore statale nel regolare il procedimento  di  valutazione  di
impatto ambientale e di verifica di assoggettabilita' alla  VIA.  Ha,
pero', lamentato che, per  una  pluralita'  di  profili,  e'  mancata
l'adeguata  considerazione  delle  competenze  e  delle  attribuzioni
regionali,  che  si  sarebbero  potute  correttamente   salvaguardare
attraverso  i  consueti  strumenti  di  coordinamento,  ispirati   al
principio  di  leale  collaborazione  tra  lo  Stato  e  la   Regione
Friuli-Venezia  Giulia.  In  una  prospettiva  analoga  si  deve  qui
lamentare la violazione del principio di leale collaborazione per  un
ulteriore profilo, concernente lo stesso procedimento di adozione del
decreto delegato impugnato. 
    3.1. - A tal proposito, valgono qui le indicazioni della sent. n.
251 del 2016, con la quale codesta ecc.ma Corte ha precisato l'ambito
di applicazione del principio di leale collaborazione  nell'esercizio
della  delega  legislativa,  affermando  che,  «la'  dove  [...]   il
legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono  su
competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge  la
necessita' del ricorso all'intesa»,  che  si  impone  «quale  cardine
della  leale   collaborazione   anche   quando   l'attuazione   delle
disposizioni dettate dal legislatore statale  e'  rimessa  a  decreti
legislativi delegati, adottati dal Governo sulla  base  dell'art.  76
Cost.». 
    Piu'  in  particolare,  nella  medesima  sentenza  la  Corte   ha
affermato che il ricorso all'intesa  (oppure  agli  altri  «strumenti
[...] idonei» ad assicurare «la coerenza dell'intero procedimento  di
attuazione della delega, senza sottrarlo alla collaborazione  con  le
regioni») non e'  necessario  nel  caso  di  disposizioni  «che  pure
intersecano sfere di attribuzione regionale»,  ma  costituiscono  «in
via prevalente espressione di una competenza statale» esclusiva (par.
4.1.1.), mentre e' doveroso ove risulti un «concorso  di  competenze,
inestricabilmente connesse, nessuna delle quali si rivela prevalente,
ma  ciascuna  delle  quali  concorre  alla  realizzazione  dell'ampio
disegno di riforma della dirigenza pubblica» (par. 4.2.1.). 
    Ebbene: come gia' si e' osservato nel precedente par. 1.2., nella
valutazione d'impatto  ambientale  si  determina  quell'inestricabile
sovrapposizione di competenze che, secondo i principi della  sentenza
n. 251 del 2016, impongono di fare capo all'intesa  nel  procedimento
di attuazione della delega legislativa (cfr. ancora la sentenza n. 81
del 2013, in cui l'ecc.ma Corte  ha  ricordato  che,  nella  VIA,  «a
verifiche di natura tecnica circa la  compatibilita'  ambientale  del
progetto, che rientrano nell'attivita' di gestione in senso stretto e
che vengono realizzate nell'ambito della  fase  istruttoria,  possono
affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che - nel bilanciare
fra loro  una  pluralita'  di  interessi  pubblici  quali  la  tutela
dell'ambiente, il Governo del territorio e lo  sviluppo  economico  -
assumono indubbiamente un particolare rilievo politico»). 
    3.2. - In ogni caso, quand'anche si ritenesse che,  nel  caso  di
specie, dalla sovrapposizione di competenze possa  comunque  emergere
un «giudizio di prevalenza»  in  favore  della  competenza  esclusiva
statale in materia di «tutela dell'ambiente», ex art. 117,  comma  2,
lettera s), Cost., il ricorso all'intesa tra lo Stato  e  la  Regione
ricorrente  per  l'adozione  del  decreto  delegato   qui   impugnato
rimarrebbe comunque necessaria. 
    Come e' stato gia' segnalato supra, infatti, codesta ecc.ma Corte
costituzionale, nella sentenza  n.  230  del  2013,  ha  riconosciuto
l'obbligo  per  lo  Stato  di  rispettare  il  principio   di   leale
collaborazione, nella declinazione dell'intesa c.d. «forte», in  caso
di  discipline  che  coinvolgono  gli  interessi  e   le   competenze
regionali, ancorche' si possano ascrivere, in virtu' del giudizio  di
prevalenza, a una materia di competenza legislativa esclusiva statale
(era il caso della «determinazione delle modalita' e delle condizioni
di svolgimento  del  servizio  di  collegamento  marittimo»,  che  e'
«espressione di un potere [...] statale, in  quanto  pertinente  alla
concorrenza, ma che tocca  direttamente  un  interesse  differenziato
della Regione [Sardegna, allora ricorrente,] e  che  interferisce  in
misura rilevante  sulle  scelte  rientranti  nelle  competenze  della
medesima, quali il turismo e l'industria alberghiera»). 
    Anche  in  questo  caso,  dunque,  si  richiede  una   «reale   e
significativa partecipazione della Regione», che  «non  e'  garantita
dalla formula "sentite le regioni interessate" della norma censurata,
che si limita ad imporre la mera acquisizione del parere, risultando,
invece,  necessario  un  procedimento  che   assicuri   un   efficace
coinvolgimento  della  Regione  e  che  evoca,  quindi,   la   figura
dell'intesa fra i due enti» (cosi' ancora  la  sentenza  n.  230  del
2013). 
    3.3. - Nel caso di specie, come gia' accennato in narrativa,  non
solo non si e' proceduto all'intesa tra le parti, ma lo  Stato,  dopo
aver acquisito il «parere favorevole condizionato»  della  Conferenza
Stato-regioni (atto rep.  n.  61/ESR  del  4  maggio  2017),  non  ha
ritenuto  di   attivare   le   doverose   ulteriori   «procedure   di
consultazione» intese al «superamento delle divergenze, basate  sulla
reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazione»
(sentenze numeri 1 e 251 del 2016 e 121 del 2010). Al  contrario,  il
Governo ha  sostanzialmente  confermato  il  testo  dello  schema  di
decreto  legislativo  gia'  sottoposto  all'esame  della   Conferenza
Stato-regioni, senza recepire alcuna delle indicazioni formulate  nel
suo parere. 
    In particolare, non sono state recepite  le  proposte  emendative
relative: 
    al ruolo delle regioni nel procedimento di VIA  in  sede  statale
(articoli 12, 13 e 14 del decreto legislativo n. 104 del  2017;  cfr.
p. 5, 12, 17 del parere della Conferenza Stato-regioni); 
    alla  riduzione  delle  competenze  regionali  sugli   interventi
sottoposti alla valutazione d'impatto ambientale e alla  verifica  di
assoggettabilita' alla VIA (articoli 5 e 22 del  decreto  legislativo
n. 104 del 2017; cfr. p. 5. 6, 7,  12,  22  e  27  del  parere  della
Conferenza Stato-regioni). 
    Si  e'  determinata  cosi'  una  condotta   c.d.   «di   blocco»,
manifestamente estranea al principio di leale  collaborazione  e,  di
conseguenza, palesemente illegittima. 
    Ne  consegue,  anche   per   questo   profilo,   l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 5, 12, 13, 14,  22  e  26  del  decreto
legislativo  n.  104  del   2017,   nelle   specifiche   parti   gia'
dettagliatamente individuate  nei  precedenti  motivi  d'impugnazione
(parr. 1.1. e 2.1.), cui  si  rinvia  in  ossequio  al  principio  di
sinteticita' degli atti processuali. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  come  in  epigrafe
rappresentata   e   difesa,   chiede   che   codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale voglia: 
        accogliere il presente ricorso; 
        per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale  in
parte qua del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104,  avente  ad
oggetto «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del  16  aprile  2014,  che  modifica  la  direttiva
2011/92/UE, concernente la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1  e
14 della legge 9 luglio 2015,  n.  114»,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 156 del 6 luglio 2017, con particolare riferimento  agli
articoli 5, 12, 13, 14, 22 e 26, per violazione dell'art. 117,  comma
1, Cost., in riferimento all'art. 1, comma 6, lettera a), della  dir.
16 aprile 2014, n. 2014/52/UE; dell'art.  76  Cost.,  per  violazione
degli articoli 1, comma 1, e 14 della  legge  n.  114  del  2015,  in
riferimento all'art. 1,  par.  6,  della  dir.  16  aprile  2014,  n.
2014/52/UE, nonche' all'art. 32, comma 1, lettera g), della legge  n.
234 del 2012; dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza
e di buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  di  cui  agli
articoli 3, 5, 97, 117 e 118 Cost.; degli articoli 4 e 5 della  legge
cost.  n.  1  del  1963,  recante  «Statuto  speciale  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia», dell'art. 117, commi 2 e 3, Cost. 
    Si deposita copia conforme  all'originale  della  delibera  della
giunta regionale della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  1°
settembre 2017, n. 1650. 
        Trieste-Roma, 4 settembre 2017 
 
                   Avv. prof. Luciani - Avv. Volpe