N. 162 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 maggio 2017
Ordinanza del 3 maggio 2017 del G.I.P. del Tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di G. C. A.. Parlamento - Intercettazioni occasionali di conversazioni o comunicazioni di membri del Parlamento - Utilizzazione nel procedimento penale subordinata all'autorizzazione della Camera di appartenenza del parlamentare anche nel caso in cui sia necessario utilizzare i tabulati di comunicazioni relativi ad utenze intestate a terzi venuti in contatto con il parlamentare. - Legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), art. 6, comma 2.(GU n.46 del 15-11-2017 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLOGNA Sezione dei giudici per le indagini preliminari e l'udienza preliminare 1. - Nel corso del procedimento nei confronti, tra gli altri, del sen. C. A. G. il Procuratore della Repubblica ha formulato richiesta di fissazione dell'udienza prevista dall'art. 6, legge 20 giugno 2003, n. 140, affinche' questo giudice, valutata la necessita', richieda l'autorizzazione al Senato della Repubblica di quattro conversazioni telefoniche intercettate sull'utenza in uso a soggetto terzo non indagato e dei tabulati del traffico telefonico delle utenze in uso ad alcuni indagati, nei quali compaiono contatti con il sen. G. Va premesso, in particolare, che il locale ufficio del pubblico ministero distrettuale ipotizza a carico del sen. G. i reati di cui agli artt. 338, 336, 326, c.p., aggravati dall'art. 7, d.l. n. 152/1992, convertito nella legge n. 203/1991 che si assumono commessi in concorso, a vario titolo, di funzionari della Prefettura di Modena e di altre pubbliche amministrazioni, di diversi soggetti privati e di A. B., imputato del reato di cui agli artt. 110, 416-bis c.p. in altro procedimento. Lo scenario e' costituito dal complesso quadro di disposizioni di fonte primaria e regolamentare introdotte al fine di disciplinare l'attivita' di ricostruzione nelle zone colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio nelle Provincie di Modena, Mantova, Ferrara, Rovigo e Bologna ed in particolare il d.l. n. 74/2012, convertito nella legge n. 122/2012 e nella normativa di esecuzione, nonche' dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, che ha previsto l'istituzione presso ogni Prefettura dell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di in infiltrazione mafiosa, operanti nei settori esposti maggiormente a rischio (c.d. white list). In questo contesto - stando alla tesi d'accusa - il sen. G., avvalendosi tanto della sua notoria influenza politica, quanto delle aderenze all'interno della Prefettura di Modena, avrebbe in piu' occasioni tentato di condizionare l'attivita' dell'organo collegiale incaricato dell'istruttoria (il Gruppo Interforze - G.I.R.E.R. - istituito presso la Prefettura di Modena e lo stesso Prefetto), facendo illecite pressioni per ottenere la modifica degli orientamenti gia' espressi nel'ambito delle riunioni del Gruppo stesso e quindi per ottenere una rivalutazione dei provvedimenti adottati nei confronti sia della B.C. S.r.l. sia della Ditta Individuale di B. A. favorevole a questi ultimi, nella prospettiva dell'ammissione nella White List - cosi' come accaduto in precedenza con altro imprenditore edile locale, B. C. - anch'egli risultato in stretto rapporto col sen. G.: cio' nella consapevolezza dell'assenza delle condizioni, avuto riguardo ai rapporti del B. con M. B. esponente di spicco del clan Grande Aracri, rapporti all'origine del rigetto della domanda di iscrizione alla White List - necessaria poter essere annoverati negli elenchi degli appaltatori per le opere di ricostruzione - adottata con provvedimento del Prefetto di Modena del 18 giugno 2013. L'attivita' di indagine, muovendo dagli spunti investigativi offerti dal proc. 20604/10 RNR, c.d. indagine Aemilia, inerenti il rigetto della domanda di ammissione dell'impresa B.C. s.r.l. dalla c.d. White List, e' stata condotta, tra l'altro, attraverso operazioni di intercettazione telefonica e di acquisizione dei dati del traffico telefonico di diversi soggetti, alcuni dei quali in servizio presso la Prefettura di Modena, che si aveva ragione di ritenere operassero come trait d'union tra i B. e il Gruppo Interforze, per tentare di condizionarne l'azione. Alcuni di questi sono risultati in contatto con il sen. G. Ritenendo poter acquisire da tali riscontri documentali elementi di prova a sostegno dell'accusa, il pubblico ministero ha chiesto di valutarne la necessita' ai fini della richiesta di autorizzazione all'utilizzo secondo quando disposto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2013. 2. - Nei termini dianzi esposti la questione di legittimita' costituzionale che si intende sollevare e' rilevante. In forza della previsione richiamata infatti, il giudice per le indagini preliminari chiede l'autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni o tabulati nei confronti del parlamentare qualora lo «ritenga necessario». Il criterio della «necessita'», secondo l'interpretazione del giudice delle leggi, impone di indicare «da un lato, le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili e, dall'altro, di evidenziare la loro attitudine a fare sorgere la «necessita'», di quanto si chiede di autorizzare», necessita' «motivata in termini di non implausibilita'» (sent. n. 188/2010), vale a dire di coerenza con l'impianto probatorio acquisito nel corso delle indagini (sent. n. 74/2013). Non v'e' dubbio che le informazioni acquisite dall'esame dei dati dei tabulati dispieghino una incontestabile coerenza funzionale rispetto all'ipotesi di accusa, che contesta al sen. G. di avere indebitamente speso, con modalita' costituenti di per se' reato, la propria influenza per ottenere provvedimenti favorevoli all'impresa B. e all'I. che di questa era una mera replica con cio' turbando la regolare attivita' dell'organo collegiale. Difatti, sviluppando il tema di indagine relativo alla identificazione della rete di soggetti interposti tra la famiglia B., la Prefettura di Modena e il Gruppo Interforze, si sono accertati plurimi rapporti tra B., il Viceprefetto M. V. e il sen. C. A. G. Dunque, sulla scorta delle considerazioni che precedono, questo giudice si trova nelle condizioni di dover dar corso alla richiesta di autorizzazione al Senato della Repubblica all'utilizzo dei dati dei tabulati, sussistendone le condizioni. 3. - Tuttavia, reputa chi scrive che la disposizione in esame riveli profili irresolubili di contrasto con l'art. 68, comma 3 della Costituzione. E' ampiamente noto, ed e' stato piu' volte puntualmente ribadito dalla Corte che si adisce, che l'art. 68, comma 3, Cost., nella formulazione scaturente dalla legge Cost. 29 ottobre 1993, n. 3, ha sostituito al regime fondato sulla generale autorizzazione a procedere una disciplina selettiva, fondata sulla richiesta di autorizzazioni «ad actum», relative cioe' a specifici atti del procedimento (art. 68, comma 2 e 3). Pur oggettivamente limitata nei termini sopra indicati, la disciplina costituzionale continua ad assolvere la funzione di assicurare la protezione del parlamentare «da illegittime interferenze giudiziarie sull'esercizio del suo mandato rappresentativo: a proteggerlo, cioe' dal rischio che strumenti investigativi di particolare invasivita' o atti coercitivi delle sue liberta' fondamentali possano essere impiegati con scopi persecutori, di condizionamento, o comunque estranei alle effettive esigenze della giurisdizione» (sent. 390/2007). Proprio perche' il bene protetto si identifica nel libero svolgimento dell'attivita' istituzionale, scevro da ogni condizionamento derivante da interferenze dell'ordine giudiziario che possano assumersi indebite, oggetto della tutela e' la piena autonomia decisionale dell'assemblea legislativa e non l'interesse del singolo parlamentare in ipotesi pregiudicato dal compimento dell'atto, interesse che potra' trovare tutela in altre disposizioni di rango costituzionale (sentt. n. 390/2007, n. 74/2013). Di contro, pero', la disciplina richiamata introduce un regime differenziato di acquisizione della prova in ragione dello status di parlamentare, derogando percio' al principio di parita' di trattamento rispetto alla giurisdizione, principio che sta «alle origini della formazione dello Stato di diritto» (sent. n. 24/2004) in quanto costituisce espressione del principio di uguaglianza formale davanti alla legge. Cio' implica come logico corollario che nella disciplina delle prerogative, in questo caso di natura processuale, afferenti il mandato parlamentare, il legislatore ordinario sia a vincolato ad attuare il dettato costituzionale «essendogli preclusa ogni eventuale integrazione o estensione» (sent. n. 262/2009), dal momento che l'art. 68 va interpretato «nel senso piu' aderente al testo normativo» (sent. n. 390/2007, n. 74/2013), fondato sul principio di tipicita' degli atti ritenuti maggiormente lesivi della liberta' del parlamentare (sent. n. 46/2008). Tale affermazione scaturisce infatti dal rilievo per cui «la disciplina delle prerogative contenuta nel testo della Costituzione de(ve) essere intesa come uno specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali; sistema che non e' consentito al legislatore ordinario alterare ne' in peius ne' in melius» (sent. n. 262/2009). Difatti, il loro regime giuridico non e' caratterizzato dal principio della riserva di legge - da cio' scaturendo la liberta' del legislatore di estenderne l'applicabilita' anche a situazioni valutate in termini di analogia - ma da quello della espressa previsione da parte di norme di rango costituzionale. 4. - L'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2003, di cui viene chiesta dal pubblico ministero l'applicazione, assoggetta invece al medesimo regime autorizzatorio l'utilizzabilita' tanto dei verbali e delle registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate in qualsiasi forma nel corso di procedimenti riguardanti terzi, alle quali hanno preso parte membri del Parlamento, quanto i tabulati di comunicazioni acquisite nel corso del procedimento. Analoga considerazione vale per l'art. 4 della medesima legge, che detta il regime autorizzativo per l'acquisizione dei tabulati direttamente riferibili ad utenze del parlamentare (e, volendo trasferire a questo contesto la dicotomia, elaborata per le intercettazioni, tra tabulati «indiretti» e tabulati «casuali», anche per i primi). Tuttavia, nel testo dell'art. 68, comma 3 Cost. non compare alcun riferimento ai tabulati. 5. - E' stata a piu' riprese evidenziata la differenza, ontologica e normativa, che intercorre tra la nozione di intercettazioni telefoniche e quella dei dati esterni delle stesse: le prime costituiscono «tecniche che consentono di apprendere, nel momento stesso in cui viene espresso, il contenuto di una conversazione o di una comunicazione, contenuto che, per le modalita' con le quali si svolge, sarebbe altrimenti inaccessibile a quanti non siano parti della comunicazione medesima» (sent. n. 81/1993), i secondi invece forniscono la documentazione del dato per l'appunto «estrinseco» della conversazione, di cui riscontrano la durata, le utenze coinvolte, i ponti-radio collegati. Di conseguenza, del tutto legittima e' stata ritenuta la diversita' di disciplina, che solo per le intercettazioni e' rappresentata da un corpus normativo unitario, ritenuto non estensibile ai tabulati (sentt. n. 81/1993, n. 281/1998), in ragione dell'indefettibile conformazione della stessa all'apprensione e registrazione del contenuto di conversazioni in fieri, laddove invece i tabulati forniscono retrospettivamente la traccia di comunicazioni gia' avvenute e del cui contenuto si e' irrimediabilmente perduta la possibilita' di documentazione. Peraltro, tale irriducibile diversita' non ha significato la rinuncia ad assicurare livelli minimi di garanzia in ordine alla loro acquisizione, trattandosi pur sempre di attivita' investigative afferenti dati di non trascurabile capacita' intrusiva. Tali livelli sono stati da tempo individuati nella necessita' che la loro acquisizione sia preceduta da un atto motivato dell'autorita' giudiziaria nel rispetto delle garanzie di legge, cosi' come prescritto dall'art. 15 Cost., trattandosi pur sempre di attivita' incidenti sulla liberta' e segretezza delle conversazioni. Cio' tuttavia costituisce il limite di identita' di disciplina e dell'estensione della garanzia predisposta dall'ordinamento. 6. - Poste queste premesse, si deve ritenere che l'art. 6, comma 2, legge n. 140/2003 estende la disciplina dell'autorizzazione all'utilizzo (e analoghe considerazioni possono estendersi all'autorizzazione preventiva prevista dall'art. 4) ad un mezzo di ricerca della prova diverso ed ulteriore rispetto a quelli indicati, con elencazione da ritenersi tassativa, dall'art. 68, comma 3 Cost. Ne' sembra a questo giudice che l'estensione ai tabulati delle guarentigie previste per il diverso mezzo costituito dalle intercettazioni possa trovare altrove il proprio fondamento costituzionale. L'inclusione non potrebbe innanzitutto essere ricavata dall'inciso, contenuto nella norma costituzionale, secondo cui l'autorizzazione e' richiesta per l'intercettazione «in qualsiasi forma» delle conversazioni o comunicazioni. Come infatti ha gia' avuto modo di chiarire la stessa Corte sulla scorta dei lavori preparatori (sent. n. 390/2007) tale espressione, deliberatamente omnicomprensiva, e' stata utilizzata per scongiurare la possibilita' che nuove forme di captazione del contenuto delle conversazioni diverse dalle quelle telefoniche ed ambientali potessero essere sottratte al regime autorizzativo, ma tanto non consente di estenderne la portata a mezzi di ricerca della prova privi di tale capacita' intrusiva. Del resto, e' appena il caso di osservare che, sotto il profilo storico-sistematico, il legislatore costituzionale avesse ben presente la distinzione ontologica tra intercettazioni e tabulati scolpita dalla Corte gia' nel 1991, per modo che il silenzio serbato sul punto non pare interpretabile come mera omissione ininfluente, ma al contrario sembra assumere ulteriore valenza corroboratrice di una intenzione selettiva dell'ambito di operativita' delle guarentigie. Sotto altro profilo, l'inserimento nel testo dell'art. 68, comma 3 Cost. dei tabulati telefonici - e quindi la loro sottoposizione al regime autorizzativo previsto dagli artt. 4 e 6, comma 2, legge n. 140/2003 - non appare poi poter essere recuperata per altra via, attraverso la loro inclusione nella nozione di «sequestro di corrispondenza», espressamente contenuta nella norma costituzionale. Difatti, come non ha mancato di sottolineare la piu' attenta dottrina, lo sdoppiamento delle due nozioni da parte del legislatore ordinario - posto che tanto l'art. 4 quanto l'art. 6 li richiamano entrambi - imporrebbe di individuare tra le stesse un rapporto di species a genus di cui, al contrario, non v'e' traccia. Cio' senza tener conto della circostanza per cui il sequestro di corrispondenza ha ad oggetto, diversamente da quanto accade per i tabulati del traffico telefonico, non solo il dato esteriore (mittente, destinatario, data), ma anche il contenuto della comunicazione, il che pare giustificare la scelta del legislatore costituzionale di optare per una disciplina differenziata. Nessun rilievo in senso contrario puo' assumere infine, ad avviso di chi scrive, il richiamo alle sentenze n. 57/2000 e n. 188/2010 e ad un recente arresto del giudice di legittimita'. Nel primo caso, infatti, la Corte, investita del conflitto di attribuzioni a seguito della mancata autorizzazione all'utilizzo di tabulati, ebbe a dichiarare inammissibile il conflitto dal momento che l'Autorita' giudiziaria, pur avendo argomentato sull'esclusione dei tabulati dal regime autorizzativo, aveva denunciato non gia' il cattivo esercizio del potere da parte del Parlamento, ma l'esistenza stessa di detto potere. Nel secondo caso, parimenti relativo ad un conflitto di attribuzioni, la Corte ha effetti rimarcato la «notevole capacita' intrusiva» dei tabulati, attratti nell'ambito di tutela offerto dall'art. 15, in ragione della possibilita' sia di ricostruzione dei contatti telefonici, sia di localizzazione del detentore dell'apparecchio «il che, in caso di utenze nella disponibilita' di un parlamentare, puo' aprire squarci di conoscenza sui suoi rapporti, specialmente istituzionali, di ampiezza ben maggiore rispetto alle esigenze di una specifica indagine e riguardanti altri soggetti (in specie, altri parlamentari) per i quali opera e deve operare la medesima tutela dell'indipendenza e della liberta' della funzione». Non pare tuttavia a chi scrive che tali conclusioni siano dirimenti nel caso di specie. Ferme restando le considerazioni dianzi svolte sulla tassivita' dell'elencazione riportata nel testo costituzione, va rilevato che le osservazioni contenute nella richiamata sentenza attengono semmai a profili incidenti sul diritto alla riservatezza del singolo parlamentare, che rinvengono la propria protezione esclusivamente nell'art. 15 Cost. D'altra parte, a risultati non dissimili, sotto il profilo della violazione del medesimo profilo, potrebbe giungersi nell'ipotesi in cui il singolo parlamentare fosse fatto oggetto di attivita' di osservazione, controllo e pedinamento e successiva documentazione, attivita' che non risulta soggetta ad autorizzazione ne' preventiva, ne' successiva. Infine, approdi diversi non sembrano consentiti nemmeno dalla lettura del recente arresto del giudice di legittimita' (Cass. Sez. VI 22 settembre 2016, Genchi) che, nel riconoscere la materialita' del reato di cui all'art. 323 c.p. nella condotta di acquisizione di tabulati di parlamentari in assenza di autorizzazione, avrebbe per cio' stesso implicitamente confermato che il regime autorizzatorio rinviene il proprio fondamento nell'art. 68, comma 3 Cost. Difatti, e' agevole osservare come nel caso di specie il tema devoluto allo scrutinio del giudice della nomofilachia fosse eccentrico rispetto al profilo che qui rileva, vertendo in particolare sulla formula assolutoria adottata da giudice di secondo grado, di talche' la circostanza che la questione della compatibilita' della norma ordinaria con il testo costituzionale non sia stata posta in alcun modo all'attenzione del giudice di legittimita' ne' che la stessa abbia formato oggetto di rilievo officioso della quaestio de legimititate trattata non appaiono elementi risolutivi nell'economia della presente questione. 7. - In conclusione, si ritiene che l'art. 6, comma 2, legge n. 140/2003 non sia conforme a Costituzione. Esso viola infatti l'art. 68, comma 3 Cost. nella parte in cui prevede che il giudice richieda autorizzazione alla camera di appartenenza del parlamentare anche per l'utilizzazione dei tabulati acquisiti a carico di terzi in contatto col primo, dal momento che estende tale guarentigia ad atti di indagine non previsti dalla norma costituzionale, da ritenersi conformata al principio di tipicita' degli atti soggetti ad autorizzazione.
P. Q. M. Visti gli artt. 136 Cost., 1, legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1, 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, d'ufficio dichiara rilevante e non manifestamente infondata per violazione dell'art. 68, comma 3 Cost. la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n. 140, nella parte in cui prevede che il giudice per le indagini preliminari richieda l'autorizzazione alla Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva, anche nel caso in cui sia necessario utilizzare i tabulati di comunicazioni relative ad utenze intestate a terzi venute in contatto col primo. Sospende il presente processo nei confronti di C. A. G. per pregiudizialita' costituzionale e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia comunicata al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti di Camera dei deputati e Senato della Repubblica. Manda la cancelleria per quanto di competenza. Bologna, li' 3 maggio 2017 Il Giudice: Ziroldi