N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 dicembre 2016
Ordinanza del 13 dicembre 2016 del Tribunale di Torino nel procedimento civile promosso da E. A. S. contro Inps e Comune di Torino. Straniero - Assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori - Condizioni - Titolarita' del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo. - Legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), art. 65, comma 1, come modificato dall'art. 13, comma 1, della legge 6 agosto 2013, n. 97 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013). Straniero - Assegno di maternita' - Condizioni - Titolarita' del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo. - Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), art. 74, comma 1.(GU n.50 del 13-12-2017 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Sezione lavoro La ricorrente e' cittadina marocchina, legalmente soggiornante nel territorio italiano in via continuativa quantomeno dal 27 settembre 2010 (secondo quanto risulta dalla carta di identita' prodotta), con permesso di soggiorno rilasciato per motivi familiari (attualmente con scadenza 3 luglio 2017), ossia per coesione con il marito, E. M. A.; questi e' soggiornante in Italia dal 2003 ed e' munito di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, scadente il 18 agosto 2017. La coppia ha tre figli, nati a Torino e tutti muniti di regolare permesso di soggiorno: S. nata ..., H. nata ..., e M. nato... La ricorrente il 28 luglio 2014 proponeva una duplice domanda al Comune di Torino. una relativa all'assegno di maternita' ai sensi art. 66 della legge n. 448/1998 (poi sostituto dall'art. 74 decreto legislativo n. 151/2001) e l'altra in merito all'assegno per i nuclei familiari con almeno tre figli minori ai sensi dell'art. 65 della stessa legge: le domande erano corredate dal calcolo della situazione economica (ISE) che certificava l'idoneita' reddituale della signora di percepire le prestazioni richieste. Tutti i fatti sinora richiamati non sono contestati e per gli stessi vi e' prova documentale. La domanda veniva rigettata in quanto la richiedente non era in possesso del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti. Implicitamente veniva quindi riconosciuto che la ricorrente era in possesso dei requisiti familiari e reddituali per ottenere il beneficio richiesto; cio' e' ammesso anche nella memoria di costituzione del Comune. L'unico motivo di diniego delle due previdenze e' costituito dalla mancanza del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, del quale la ricorrente pacificamente non e' in possesso. Proponeva quindi azione giudiziaria per ottenere l'accertamento del proprio diritto a godere dell'assegno di maternita' e per nuclei familiari con almeno tre figli minori e la condanna del comune e dell'I.N.P.S. al pagamento delle medesime provvidenze. Si costituiva il comune il quale chiedeva il rigetto della domanda in quanto la ricorrente non e' munita ne' della carta di soggiorno ne' del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo: l'istituto si qualificava come mero ente pagatore e si rimetteva alle difese svolte dal Comune di Torino. Il giudice, dopo aver concesso alle parti il termine per note e fissata udienza di discussione sul punto, ritiene necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale in merito all'art. 65, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, come modificato dall'art. 13, comma 1, legge n. 97/2013, nella parte in cui prevede che gli assegni di cui all'art. 65 della legge n. 448/1998 sia riservato ai «cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, nonche' dai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente» e in merito all'art. 74, comma 1, decreto legislativo n. 151/2001, laddove prevede che «Per ogni figlio nato dal 1° gennaio 2001, o per ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dalla stessa data, alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che non beneficiano dell'indennita' di cui agli articoli 22, 66 e 70 del presente lesto unico, e' concesso un assegno di maternita' pari a complessive L. 2.500.000». in quanto limitano l'accesso alla previdenza ai cittadini non comunitari in possesso della carta di soggiorno (attualmente permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti). 1) Rilevanza. La rilevanza delle norme indicate e' evidente in quanto e' l'unica ostativa al diritto della ricorrente. La medesima ha infatti dimostrato di possedere i requisiti familiari per ottenere il pagamento dell'assegno sociale: prova ne sia che il Comune. in sede amministrativa, ha respinto la domanda proprio sulla base della mancanza di titolarita' di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. La ricorrente ha inoltre dimostrato di essere soggiornante in Italia da piu' di 5 anni, legalmente e in modo continuativo. Si osserva quindi che, a mente degli articoli 65 legge n. 448/1998 e 74 decreto legislativo n. 151/2001 (norme su cui si chiede lo scrutinio di costituzionalita'), la domanda giudiziale non potrebbe che essere rigettata, visto il chiaro tenore di tale disposizione. Di converso, qualora la norma fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, il ricorso della signora E. A. sarebbe accolto, avendo costei dimostrato di possedere i requisiti fondanti il diritto al percepimento di entrambi gli assegni. Non si ritiene possibile procedere alla disapplicazione della normativa in questione, in quanto il contrasto che parte ricorrente rileva con la normativa comunitaria riguarda norme di principio, espresse in direttive, e alle quali l'Italia ha comunque dato attuazione (proprio con la legge n. 97/2013), anche se, secondo l'interpretazione attrice, in modo non completo ed insufficiente. Neppure vi e' spazio per un'interpretazione costituzionalmente adeguata della normativa di cui si richiede il vaglio di costituzionalita', la quale richiama espressamente un requisito, il possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo: non si vede come il giudice possa trovare un equivalente allo stesso agendo in via interpretativa. Ancora, non e' possibile ritenere che la normativa italiana sia superata dall'accordo Euro-Mediterraneo con il Regno del Marocco il quale prevede, come si rileva dallo stesso art. 65 di tale accordo, citato nel corpo del ricorso, l'estensione ai lavoratori marocchini e ai loro familiari conviventi degli istituti di previdenza sociale, mentre gli assegni oggi richiesti appartengono all'area dell'assistenza sociale, essendo totalmente scollegati dall'esistenza di un rapporto di lavoro e dal versamento di contribuzione. In altre parole, non puo' trovare applicazione l'art. 65 dell'accordo con il Regno del Marocco perche' la ricorrente non agisce esercitando un diritto in quanto familiare convivente di un lavoratore marocchino, ma come titolare di un autonomo diritto a godere di una prestazione assistenzialistica. 2) Non manifesta infondatezza. La non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' sollevata trova riscontro nella stessa giurisprudenza della Corte costituzionale. la quale si e' pronunciata piu' volte in merito al diritto dei cittadini stranieri a godere di previdenze il cui riconoscimento e' stato limitato, dalla legge dello Stato, al possesso dell'allora carta di soggiorno. In particolare: Sentenza n. 306/2008: dove afferma che «sia manifestamente irragionevole subordinare l'attribuzione di una prestazione assistenziale, quale l'indennita' di accompagnamento... al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l'altro, la titolarita' di un reddito. Tale irragionevolezza incide sul diritto alla salute, inteso anche come diritto ai rimedi possibili e, come nel caso, parziali, alle menomazioni prodotte da patologie di non lieve importanza. Ne consegue il contrasto delle disposizioni sopra censurare non soltanto con l'art. 3 Cost., ma anche con gli articoli 32 e 38 Cost., nonche' - tenuto conto che quello alla salute e' diritto fondamentale della persona - con l'art. 2 della Costituzione». Ivi si e' precisato che e' possibile subordinare l'erogazione di determinate prestazioni alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata: ma «una volta, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini»; Sentenza n. 11/2009: con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, e poi sostituito dall'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, nella parte in cui escludono che la pensione di inabilita', di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perche' essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito gia' stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del decreto legislativo n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo; Sentenza n. 187/2010: in tale sentenza e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, legge n. 388/2000. nella parte in cui subordinava al requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell'assegno mensile di invalidita', di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118. La Corte ha precisato che «ove si versi in tema di provvidenza destinata a far fronte al "sostentamento" della persona, qualsiasi discrimina tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato. fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con il principio sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo»: tale affermazione appare conferente con la previdenza oggi considerata (assegno sociale), la quale e' per l'appunto destinata a far fronte alle esigenze di sostentamento di chi possiede un reddito particolarmente basso; Sentenza n. 40/2013: collocandosi nel medesimo solco, la Corte costituzionale ha affermato che «ove si tratti, come nei casi allora delibati, di provvidenze destinate al sostentamento della persona nonche' alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui il disabile si trova inserito - qualsiasi discrimine fra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi da quelli previsti per la generalita' dei soggetti, finisce per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione di cui all'art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, avuto riguardo alla interpretazione rigorosa che di tale norma e' stata offerta dalla giurisprudenza della Corte europea»; Sentenza n. 22/2015: in tale pronuncia la Corte costituzionale. nel dichiarare l'illegittimita' dell'art. 80, comma 19, nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione e dell'indennita' per ciechi civili, afferma «ove cosi' non fisse. d'altra parte, specifiche provvidenze di carattere assistenziale - inerenti alla sfera di protezione di situazioni di inabilita' gravi e insuscettibili di efficace salvaguardia al di fuori degli interventi che la Repubblica prevede in adempimento degli inderogabili doveri di solidarieta' (art. 2 Cost.) - verrebbero fatte dipendere. nel caso degli stranieri extracomunitari, da requisiti di carattere meramente "temporale", del tutto incompatibili con l'indifferibilita' e la pregnanza dei relativi bisogni: i quali requisiti ineluttabilmente finirebbero per innestare nel tessuto normativa condizioni incoerenti e incompatibili con la natura stessa delle provvidenze, generando effetti irragionevolmente pregiudizievoli rispetto al valore fondamentale di ciascuna persona»; Sentenza n. 230/2015: con riferimento alla pensione di invalidita' civile per sordi e all'indennita' di comunicazione, e' stata ribadita l'illegittimita' della disposizione censurata trattandosi «di prestazioni economiche peculiari, che si fondano sull'esigenza di assicurare - in una dimensione costituzionale orientata verso la solidarieta' come dovere inderogabile (art. 2 Cost.), verso la tutela del diritto alla salute anche nel senso dell'accessibilita' ai mezzi piu' appropriati per garantirla (art. 32 Cost.), nonche' verso la proiezione sociale piu' ampia e sostenibile (art. 38 Cost.) - un ausilio in favore di persone svantaggiate, in quanto affette da patologie o menomazioni fortemente invalidanti per l'ordinaria vita di relazione e, di conseguenza, per le capacita' di lavoro e di sostentamento: benefici erogabili, quanto alla pensione, in presenza di condizioni reddituali limitate, tali, percio', da configurare la medesima come misura di sostegno per le indispensabili necessita' di una vita dignitosa. La discriminazione che la disposizione de qua irragionevolmente opera nei confronti dei cittadini extracomunitari legalmente soggiornanti, con l'attribuzione di un non proporzionato rilievo alla circostanza della durata della permanenza legale nel territorio dello Stato, risulta, d'altra parte, in contrasto con il principio costituzionale - oltre che convenzionale - di eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.)». La normativa oggi in esame, infatti, subordina per i soli stranieri il diritto al godimento dell'assegno sociale alla titolarita' della carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo). I precetti costituzionali che si assumono poter essere violati sono, in particolare: l'art. 3, in quanto si introduce una ingiustificata disparita' di trattamento tra cittadini italiani e cittadini stranieri. entrambi legalmente soggiornanti nel territorio nazionale, laddove soltanto per i secondi e' previsto l'ulteriore requisito di essere in possesso della carta o del permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo. Sempre il medesimo articolo sarebbe violato, sotto il profilo della ragionevolezza. in quanto non appare ragionevole subordinare il diritto al sostentamento non (solo) al requisito del legale soggiorno in Italia, ma alla titolarita' della carta o del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Appare infatti un'ulteriore ingiustificata discriminazione quella che si verrebbe a creare tra cittadini stranieri legalmente soggiornanti in Italia e titolari di carta o permesso di soggiorno CE di lungo periodo, e cittadini stranieri in ipotesi legalmente soggiornanti per il medesimo periodo ma privi di tale certificazione, in particolare, appare irragionevole sottoporre il diritto alla ricezione di tali assegni al possesso del permesso di soggiorno CE di lungo periodo, per ottenere il quale. come emerge dalla normativa, e' necessario il possesso di un certo reddito minimo (1) . Infatti, da un lato la legge prevede che gli assegni di maternita' e per nucleo familiare numeroso siano concessi solo alle madri dotate di un reddito inferiore ad una certa soglia: dall'altro, esclude dalla percezione di tali assegni le cittadine straniere che non abbiano un reddito sufficientemente alto da permettere loro di ottenere il permesso di soggiorno CE di lungo periodo; art. 10, comma 2, in combinato disposto con l'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, che vieta ogni discriminazione in merito all'origine nazionale: la norma introduce, al contrario, un trattamento diversificato tra cittadini italiani e stranieri in ordine al godimento del diritto degli assegni richiesti, subordinandolo solo per questi ultimi al possesso della carta o del permesso di soggiorno CE di lungo periodo; l'art. 38, in quanto il diritto al mantenimento e all'assistenza sociale del cittadino straniero, legalmente soggiornante in Italia da piu' di 5 anni (parametro che appare ragionevole anche alla luce della citata giurisprudenza costituzionale), viene limitato dal possesso di una certificazione di tipo amministrativo. Per quanto finora esposto, le critiche in merito all'incostituzionalita' della norma non appaiono manifestamente infondate e quindi e' necessario che la questione sia rimessa alla Corte costituzionale. (1) Art. 9. comma 1. legge n. 286/1998: «Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validita', che dimostra la disponibilita' di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'art. 29, comma 3 (...)».
P.Q.M. Il giudice, visto l'art. 23, legge n. 53/1987; accertata la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata, sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte costituzionale affinche' la stessa si pronunci, adottando i provvedimenti di competenza, in merito alla costituzionalita' dell'art. 65, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, come modificato dall'art. 13, comma 1, legge n. 97/2013 e dell'art. 74, comma 1, decreto legislativo n. 151/2001 per contrasto con gli articoli 3, 10 comma 2 (con riferimento all'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo) e 38 della Costituzione; manda alla cancelleria di notificare il presente provvedimento alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' di comunicarlo ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Torino, 13 dicembre 2016 Il Giudice: Mollo