N. 2 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 agosto 2017

Ordinanza  del  2  agosto  2017  della  Corte   di   cassazione   nel
procedimento penale a carico di M. L. F.. 
 
Misure  di  prevenzione  patrimoniali  -  Confisca   di   beni   alla
  criminalita' organizzata - Tutela dei terzi creditori -  Disciplina
  transitoria per i procedimenti di prevenzione pendenti alla data di
  entrata in vigore  del  decreto  legislativo  n.  159  del  2011  -
  Soggetti legittimati a proporre domanda di ammissione del credito. 
- Legge 24 dicembre 2012, n. 228 ("Disposizioni per la formazione del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
  2013)"), art. 1, comma 198. 
(GU n.4 del 24-1-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        prima sezione penale 
 
    Composta dagli ill.mi sigg.ri Magistrati: 
    dott. Enrico Giuseppe Sandrini, rel. Presidente; 
    dott. Luigi Fabrizio Mancuso, consigliere; 
    dott. Aldo Esposito, consigliere; 
    dott. Gaetano Di Giuro, consigliere; 
    dott. Raffaello Magi, consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da M  L
F nato il 1° aprile 1978, avverso il decreto n. 56/2015 Tribunale  di
Agrigento del 2 dicembre 2015; 
    Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Enrico  Giuseppe
Sandrini; 
    Lette le conclusioni del PG dott. Delia Cardia  che  ha  concluso
per il rigetto del ricorso; 
    Uditi i difensori avv.; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. Con decreto in data 2 dicembre 2015 il Tribunale di Agrigento,
in funzione di giudice dell'esecuzione, ha  dichiarato  inammissibile
l'incidente di esecuzione promosso da M L F , in qualita' di titolare
della ditta omonima, avente per oggetto la richiesta di  accertamento
della buona fede nella contrattazione e nella stipula  della  vendita
di due autocarri, avvenuta il 29 settembre  2009,  e  nell'insorgenza
del conseguente diritto  di  credito  corrispondente  al  prezzo  del
veicoli, nei confronti della s.n.c. di C G & F , oggetto  di  decreti
di sequestro emessi il 16 dicembre 2009  e  di  decreti  di  confisca
emessi il 17 maggio 2011 nell'ambito del procedimenti di  prevenzione
ex lege n. 575 del 1965 a  carico  di  C  F  e  C  G  ,  che  avevano
riguardato le quote del capitate sociale  e  il  complesso  del  beni
aziendali della societa' debitrice. 
    Il Tribunale dava atto  che  la  fattispecie  era  soggetta  alla
disciplina prevista dall'art. 1, commi 194 e seguenti, della legge n.
228 del 2012, recante disposizioni a tutela dei terzi  creditori  con
riferimento al procedimenti di prevenzione non  soggetti  al  decreto
legislativo  n.  159  del  2011;  ritenuta  la  tempestivita'   della
richiesta di accertamento del credito, proposta nei 180 giorni  dalla
definitivita', in data 10 marzo 2015, dei provvedimenti di  confisca,
il Tribunale rilevava che il credito non rientrava nella tipologia di
quelli di cui la legge prevede e tutela la soddisfazione, che  l'art.
1 comma 198 limita ai creditori muniti di ipoteca iscritta  sui  beni
confiscati  anteriormente  alla   trascrizione   del   sequestro   di
prevenzione  e  ai  creditori  che,  prima  della  trascrizione   del
sequestro di prevenzione, abbiano trascritto un pignoramento sui beni
o che alla data di entrata in vigore della legge (n.  228  del  2012)
fossero  (gia')  intervenuti  nella  relativa  procedura   esecutiva,
nonche' - a seguito  della  sentenza  n.  94  del  2015  della  Corte
costituzionale  ai  titolari  di  crediti  di   lavoro   subordinato,
categorie nelle quali non rientrava il M . 
    2. Avverso il suddetto decreto di  inammissibilita'  ricorre  per
cassazione M , a mezzo del difensore avv.  Salvatore  A.  Bevilacqua,
deducendo due motivi di doglianza. 
    2.1. Col primo motivo,  il  ricorrente  lamenta  inosservanza  ed
errata applicazione delle norme che disciplinano la tutela dei  terzi
creditori in caso di provvedimenti di confisca  emessi  all'esito  di
procedimenti di prevenzione per i quali non si applica la  discipline
dettata dal libro primo del decreto legislativo n. 159 del 2011. 
    Il   ricorrente   sollecita   un'interpretazione   estensiva    e
costituzionalmente orientata della norma di  cui  all'art.  1,  comma
198, della legge n. 228 del 2012, che tuteli  i  creditori  di  buona
fede il cui credito sia sorto  anteriormente  alla  trascrizione  del
sequestro di prevenzione, anche se chirografari e non pignoranti  ne'
intervenuti     nell'esecuzione,     superando     un'interpretazione
strettamente letterale del testo normativo che finirebbe  per  negare
tutela al Credito sulla base di criteri arbitrari  e  contingenti,  e
per ragioni estranee alla ratio della confisca  di  prevenzione,  che
quella di recidere i legami tra l'impresa  e  l'associazione  mafiosa
mediante  la  sottrazione  al   titolare   dei   beni   illecitamente
acquistati;  un'interpretazione  diversa  da  quella  sollecitata  si
risolverebbe nell'ingiustificata appropriazione da parte dello  Stato
delle somme costituenti il corrispettivo dei beni  confiscati  dovute
al creditore di buona fede, il quale verrebbe a subire  a  sua  volta
l'ablazione  del  proprio  diritto;  il  ricorrente  rileva  di  aver
stipulato la vendita degli autocarri in buona  fede,  contrattando  a
prezzi di mercato con un acquirente operante in altra provincia e  in
una realta' economica distante e diverse  dalla  propria;  deduce  di
aver agito in qualita' di titolare di una piccola impresa  esercente,
insieme all'attivita' di compravendita di veicoli usati, anche quella
di officina meccanica di riparazione e manutenzione degli stessi  con
l'ausilio dei propri  familiari,  qualificabile  in  virtu'  di  tali
caratteristiche come impresa artigiana, implicante il  riconoscimento
della natura privilegiata del credito ai sensi dell'art. 2751-bis  n.
5 del codice civile, cosi' da  non  giustificare  una  disparita'  di
trattamento  rispetto   al   credito   dei   lavoratori   subordinati
dell'impresa confiscata, ricorrendo nei  propri  riguardi  un'analoga
situazione di debolezza  contrattuale,  cosi'  da  legittimare  anche
sotto tale profilo un'interpretazione estensiva della norma. 
    Il  ricorrente  deduce  che  la  natura  artigiana   dell'impresa
confiscata ne esclude la soggezione a fallimento, cosi' da precludere
anche  tale  possibile  strumento  di  tutela  del  proprio  credito,
destinato a rimanere insoluto, invocando le  medesime  ragioni  sulla
natura ingiustificata del sacrificio imposto al creditore  richiamate
dalla Consulta nella motivazione della sentenza n. 94 del  2015,  che
dovevano trovare applicazione anche al caso  di  specie;  censura  la
mancata applicazione da parte del provvedimento impugnato degli artt.
2-ter, comma 5, e 2-septies della legge n. 575 del  1965,  che  erano
stati  interpretati  dalla  costante  giurisprudenza  nel  senso   di
ammettere il pagamento dei crediti, privilegiati e  chirografari,  di
buona fede vantati nei confronti di un'azienda confiscata,  rilevando
che tali norme non erano state abrogate dalla disciplina  successiva,
con la quale non risultano incompatibili. 
    2.2.  Col  secondo  motivo,  il  ricorrente  deduce  e  prospetta
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 198,  della  legge
n. 228 del 2012 nella parte in cui non include  tra  i  creditori  da
soddisfare nei limiti  e  con  le  modalita'  ivi  indicate  anche  i
titolari di crediti chirografari vantati nei confronti di  un'impresa
artigiana la cui azienda sia stata sottoposta a confisca,  nonche'  i
titolari di crediti privilegiati ai sensi dell'art. 2751-bis n. 5 del
codice civile. 
    Deduce  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione, alla stregua delle  ragioni  spese  nel  primo  motivo  di
ricorso, e indica i parametri costituzionali violati in quelli di cui
agli articoli  1,  3,  4,  24,  27,  35,  41,  42,  47  e  111  della
Costituzione, alla Convenzione di Vienna del 1988 (art. 5  comma  8),
alla Convenzione di Strasburgo  del  1990  (art.  5  comma  7),  alla
Decisione quadro del Consiglio UE del 2005 (artt.  4  e  5),  per  il
tramite della norma interposta di cui all'art. 117 primo comma Cost.,
illustrando specificamente le singole censure. 
    3. Il Procuratore generale  presso  questa  Corte  ha  rassegnato
conclusioni scritte, con le quali  chiede  il  rigetto  del  ricorso;
deduce la ragionevolezza della scelta operata dal legislatore con  la
legge n. 228 del 2012 di estendere alle sole categorie  di  creditori
indicate nell'art. 1 comma 198 il diritto di far accertare il credito
al fine del relativo soddisfacimento sul ricavato della  liquidazione
dei beni sottoposti a confisca di prevenzione  nei  procedimenti  non
soggetti alla disciplina generale prevista dal decreto legislativo n.
159 del 2011, e  rileva  l'assenza  dei  presupposti  per  equiparare
crediti di lavoro subordinato, ai quali la sentenza n.  94  del  2015
della Corte  costituzionale  aveva  esteso  la  medesima  tutela,  ai
crediti privilegiati dell'imprenditore artigiano. 
    4.  Con  memoria  successiva  il  difensore  del  ricorrente   ha
replicato alle conclusioni del Procuratore generale,  ribadendo,  con
ampie argomentazioni, le ragioni  a  sostegno  di  un'interpretazione
adeguatrice dell'art. 1 comma 198 legge n. 228 del 2012 e sviluppando
ulteriormente le ragioni a supporto della questione  di  legittimita'
costituzionale della norma, sollevata in via subordinata, anche sotto
il profilo della irragionevolezza di una soluzione interpretativa che
privasse il creditore di ogni forma di tutela  anche  in  assenza  di
un'inerzia  rimproverabile  nell'esercizio  delle   azioni   previste
dall'ordinamento. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. Il primo motivo di ricorso non puo' trovare accoglimento. 
    1.1. E' noto che il decreto legislativo n.  159  del  2011  (c.d.
codice antimafia) ha  innovato  profondamente  il  regime  precedente
nella  materia  della  tutela  dei  diritti  dei  terzi  estranei  al
procedimento di prevenzione titolari di legittime pretese  creditorie
nei confronti  dei  soggetti  il  cui  patrimonio  -  costituente  la
garanzia (generale e  speciale,  ex  artt.  2740-2741  cod.civ.)  dei
creditori - sia assoggettato a confisca, in tutto  o  in  parte  (con
riguardo a singoli beni), nella ricorrenza del  presupposti  indicati
dall'art. 24 comma 1 del medesimo decreto legislativo. 
    In particolare, e' stato introdotto,  mediante  gli  artt.  52  e
seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011, un sistema organico
di tutela esteso alla generalita' dei creditori, sia privilegiati che
chirografari, imperniato su un procedimento incidentale  di  verifica
del credito in  contraddittorio  e  sulla  formazione  di  uno  stato
passivo, da  parte  del  giudice  appositamente  delegate,  e  di  un
successivo piano di pagamento dei crediti ammessi da  realizzare  con
le disponibilita' ricavate dalla liquidazione  dei  beni  confiscati,
disciplinato secondo modalita' e  cadenze  in  larga  misura  mutuate
dagli analoghi istituti della legge fallimentare. 
    Premesso il divieto, stabilito dall'art. 55 (D.Lgs.  n.  159  del
2011) a carico di tutti i creditori, di iniziare o proseguire  azioni
esecutive sui beni sequestrati (che, se iniziate prima del  sequestro
di prevenzione, sono destinate a estinguersi nel momento  in  cui  la
confisca diviene definitiva),  l'art.  52  comma  1  prevede  in  via
generale che il provvedimento di confisca non pregiudica i diritti di
credito dei terzi che risultino da atti aventi data  certa  anteriore
al sequestro ne' i diritti reali  di  garanzia  costituiti  in  epoca
anteriore allo stesso, a  condizione  che  l'escussione  del  residuo
patrimonio (non soggetto a confisca) del proposto risulti  incapiente
a soddisfare il credito (salvo che questo sia assistito da una  causa
legittima di prelazione sui beni sequestrati), che il credito non sia
strumentale all'attivita' illecita o a quella che ne  costituisce  il
frutto o il reimpiego (salvo  che  il  creditore  dimostri  di  avere
ignorato in buona fede il relativo nesso di strumentalita'),  e  che,
nel caso in cui il titolo - genetico  o  ricognitivo  -  del  credito
abbia natura  astratta,  creditore  provi  il  rapporto  fondamentale
(nonche', nel caso del portatore  di  titolo  di  credito,  anche  di
quello che ne legittima il possesso). 
    La nuova disciplina di carattere generale ha determinato, con  la
sua  entrata  in  vigore,  l'abrogazione   delle   precedenti   norme
settoriali in materia, in particolare di quelle contenute nella legge
n. 575 del 1965, di  cui  l'art.  120  comma  1  lettera  b)  decreto
legislativo n. 159 del 2011 ha disposto espressamente la  (integrale)
abrogazione; essa si applica - in conformita' al disposto della norma
transitoria  di  cui  all'art.  117  comma  1  del  medesimo  decreto
legislativo - ai procedimenti nei quali alla data del 13 ottobre 2011
non fosse gia' stata formulata  la  proposta  di  applicazione  della
misura di prevenzione. 
    1.2. Nel caso in esame i decreti di sequestro e  di  applicazione
della confisca, che hanno riguardato tutti  i  beni  aziendali  della
societa' di C G &  F  ,  costituenti  la  garanzia  patrimoniale  del
credito del ricorrente di residui 10.000 euro derivante dalla vendita
di due autocarri,  sono  stati  emessi,  secondo  quanto  emerge  dal
provvedimento impugnato, nelle date rispettive del 16 dicembre 2009 e
del 17 maggio 2011, e dunque  prima  del  13  ottobre  2011,  con  la
conseguenza   che   la   disciplina   generale    di    accertamento,
riconoscimento e ammissione al pagamento del  credito,  di  cui  agli
artt. 52 e seguenti decreto legislativo n. 159 del 2011, non  puo'  -
pacificamente - trovare applicazione. 
    La materia riguardante la tutela dei terzi titolari di diritti di
credito o di prelazione aventi la loro garanzia patrimoniale nei beni
assoggettati a sequestro e confisca nell'ambito  di  procedimenti  di
prevenzione gia' pendenti al momento dell'entrata in vigore del Libro
I  del  decreto   legislativo   n.   159   del   2011   ha   trovato,
successivamente, specifica regolazione nell'art. 1, commi  da  194  a
206, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilita' 2013),  che  ha
previsto, a decorrere della sua entrata in vigore (1° gennaio  2013),
un analogo divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive sui beni
confiscati e un regime  semplificato  di  verifica  e  pagamento  dei
crediti  ammessi  a   soddisfarsi   sul   ricavato   della   relativa
liquidazione  (la  cui  applicazione   e'   demandata,   su   istanza
dell'interessato, al giudice dell'esecuzione) per i quali  sussistano
le  condizioni  generali  stabilite  dall'art.  52  comma  1  decreto
legislativo n. 159 del 2011, circoscrivendo tuttavia la  possibilita'
di tutela al soli creditori indicati nel comma 198, che  sono  quelli
titolari di ipoteca iscritta sui beni confiscati  anteriormente  alla
trascrizione del sequestro di prevenzione e quelli che,  prima  della
trascrizione del sequestro, abbiano trascritto  un  pignoramento  sul
bene o siano intervenuti nell'esecuzione, iniziata in virtu' di  tale
pignoramento, prima dell'entrata in vigore della legge  (n.  228  del
2012). 
    Consegue che tutti  i  crediti,  anche  di  natura  privilegiata,
diversi da quell'espressamente  contemplati  dall'art.  1  comma  198
della legge n. 228 del 2012, nel testo  risultante  dalla  successiva
interpolazione operata dalla sentenza n.  94  del  2015  della  Corte
costituzionale che - con pronuncia additiva - ha esteso  la  medesima
tutela ai titolari di credito del  lavoro  subordinato  (fruenti  del
privilegio riconosciuto  dall'art.  2751-bis  n.  1  cod.civ.),  sono
esclusi dalla legittima possibilita' di essere ammessi a  soddisfarsi
sul ricavato del beni confiscati; in particolare, per quanto riguarda
i crediti diversi da quelli muniti di garanzia ipotecaria  opponibile
al sequestro di prevenzione,  il  discrimen  della  tutela  e'  stato
individuato dal legislatore non tanto nella natura o nella causa  del
credito, quanto nel dato temporale rappresentato dal  suo  tempestivo
azionamento ad iniziative del creditore mediante  l'instaurazione  di
una procedura esecutiva che fosse gia' pendente e opponibile, dovendo
il relativo pignoramento risultare gia' trascritto - al momento della
trascrizione  del  sequestro  di  prevenzione,  ovvero  mediante   il
tempestivo inserimento della pretesa creditoria  (nel  termine  sopra
indicato) in detta procedura espropriativa, a prescindere  dal  rango
del credito che puo' anche essere rappresentato da un chirografo. 
    Poiche' il credito del ricorrente non rientra, pacificamente,  in
una delle categorie appena indicate, previste dal comma 198 dell'art.
1 della  legge  n.  228  del  2012,  correttamente  il  provvedimento
impugnato  ha  dichiarato  inammissibile  la  relativa   domanda   di
accertamento e ammissione al pagamento sui beni confiscati, pur dando
atto  della  tempestivita'  delle  domande  rispetto  al  termine  di
presentazione stabilito della legge, e  pur  non  avendo  il  giudice
dell'esecuzione sollevato  questioni  sulla  ricorrenza  degli  altri
requisiti previsti dall'art. 52 comma 1 decreto  legislativo  n.  159
del 2011 (in quanto richiamati dall'art. 1 comma 200 della  legge  di
stabilita'),  trovando  causa  il  credito  del  M  in   un   negozio
commerciale di vendita risalente al 29  settembre  2009,  documentato
dalle relative fatture  e  registrazioni  contabili,  ed  antecedente
l'emissione  del  decreti  di  sequestro  che   hanno   colpito   (il
16.12.2009) tutti i beni aziendali della societa' debitrice. 
    1.3.  La  riformulazione  complessiva,  ad  opera   del   decreto
legislativo n. 159 del 2011 e  della  legge  n.  228  del  2012,  del
sistema normativo che regolamenta nei  modi  sopra  indicati,  sia  a
regime che in via transitoria,  la  sorte  dei  crediti  vantati  nei
riguardi  dei  soggetti  i  cui   beni   patrimoniali   siano   stati
assoggettati a  confisca  di  prevenzione,  non  lascia  spazio  alla
sopravvivenza di norme e prassi previgenti, invocate dal ricorrente e
gia' individuate dalla giurisprudenza nel vigore della legge  n.  575
del 1965, che possano legittimare altrimenti il  soddisfacimento  del
credito del M sui beni confiscati, sotto il profilo argomentativo, di
natura sistematica, che valorizzava la  soggezione  al  provvedimento
ablativo dell'intero compendia del beni  aziendali  del  debitore  al
fine di giustificare la liquidazione del debiti aziendali correnti in
quanta  ricompresi  nei  rapporti  giuridici,   attivi   e   passivi,
inscrivibili nel  complesso  dei  beni  organizzati  per  l'esercizio
dell'impresa (secondo la nozione di azienda recepita  nell'art.  2555
del codice civile), nei quali l'amministratore giudiziario  dei  beni
sequestrati era destinato a subentrare. 
    La sopravvenienza, in  particolare,  della  specifica  disciplina
contenuta nella legge di stabilita' 2013 impone  dunque  di  ritenere
superato, nella materia in esame, il riferimento  alla  sopravvivenza
delle norme previgenti contenuto nell'art. 117 comma  1  del  decreto
legislativo n. 159 del 2011 con riguardo ai «vecchi» procedimenti  di
prevenzione non soggetti alla normativa del codice antimafia. 
    L'indicazione selettiva delle categorie di creditori  legittimati
a soddisfarsi sul ricavato dei beni  confiscati  nelle  procedure  di
prevenzione alle quali non si applica il decreto legislativo  n.  159
del 2011, contenuta nell'art. 1 comma 198  della  legge  n.  228  del
2012,  deve  ritenersi  percio'   tassativa   e   insuscettibile   di
interpretazioni estensive:  una  sicura  conferma  della  conclusione
appena raggiunta  e  ricavabile,  del  resto,  dalla  necessita'  del
ricorso alla pronuncia additiva di cui alla sentenza n. 94  del  2015
della  Corte  costituzionale,  che  ha  dichiarato   l'illegittimita'
parziale della norma, per estendere l'area  dei  crediti  tutelati  a
quelli trovanti causa in un rapporto di lavoro subordinato. 
    Non   vi    e'    spazio,    dunque,    per    un'interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 1 comma 198 della legge n. 228
del 2012 nel senso - invocato dal ricorrente - di ricomprendere nella
tutela  i  crediti  derivanti  da  forniture  commerciali  effettuate
nell'esercizio  di  attivita'  d'impresa;   ne'   le   argomentazioni
sviluppate dalla Consulta a fondamento  della  natura  ingiustificata
dell'esclusione dei crediti di lavoro subordinato dal  meccanismo  di
salvaguardia previsto dalla norma citata, che e' stata censurata  con
riferimento allo  specifico  parametro  costituzionale  rappresentato
dall'art. 36 Cost.,  appaiono  mutuabili  a  sostegno  di  un'analoga
soluzione, in via interpretativa, in favore del credito  del  piccolo
imprenditore,  anche  nell'ipotesi  in   cui   dovesse   riconoscersi
all'impresa  del  M   natura   artigiana,   stante   la   persistente
disomogeneita' delle rispettive cause creditorie, che  ne  giustifica
una diversa tutela e  che  trova  puntuale  riconoscimento  normativo
nella previsione di una differente graduazione del rango privilegiato
del credito nella sistematica del codice civile (art. 2751-bis,  n.ri
1 e 5, cod. civ.). 
    Il motivo di doglianza e pertanto, alla stregua  della  normative
vigente, infondato. 
    2. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1  comma
198 della legge n. 228 del 2012, prospettata della difesa del  M  nel
secondo motivo di ricorso, e ulteriormente illustrate  nella  memoria
di replica  alle  conclusioni  del  Procuratore  generale,  e  invece
rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  con   riferimento   ai
parametri rappresentati dagli articoli 3 e 41 della Costituzione, per
le ragioni che seguono e che  rivestono  natura  assorbente  di  ogni
altro - dedotto - profilo di censurabilita' della norma. 
    2.1. La rilevanza  della  questione,  nel  presente  giudizio  di
legittimita', discende de plano dalle  ragioni,  sopra  esposte,  che
ostano a un'interpretazione adeguatrice della norma  contenuta  nella
legge di stabilita' tale da consentire di estendere alla  generalita'
dei crediti, destinati a trovare la loro  garanzia  patrimoniale  nei
beni  confiscati  al  debitore  nell'ambito   del   procedimenti   di
prevenzione  ai  quali  non  si  applica  -  ratione  temporis  -  la
disciplina del decreto legislativo n. 159  del  2011,  il  regime  di
riconoscimento e tutela accordato alle sole  categorie  di  creditori
individuate  dall'art.  1  comma  198,  nonostante  il  credito   del
ricorrente appaia possedere,  per  il  resto,  i  requisiti  previsti
dall'art. 52 decreto legislativo n. 159 del 2011 (che non sono  stati
messi in discussione dal giudice  dell'esecuzione  nel  provvedimento
impugnato) richiamati dall'art. 1 comma 200 della legge  n.  228  del
2012. 
    E' invero, evidente che il testo attuale della  norma,  censurato
di (sospetta) incostituzionalita', impone  di  ritenere  corretto  il
provvedimento   del   giudice   dell'esecuzione   e   di    rigettare
conseguentemente il ricorso  per  cassazione  del  M  ,  che  sarebbe
suscettibile invece di accoglimento, mediante  pronuncia  rescindente
di annullamento con rinvio al giudice di merito perche' proceda  agli
adempimenti previsti dall'art. 1 comma 200 della legge, nel  caso  di
pronuncia adeguatrice della Consulta che riconoscesse  la  fondatezza
della questione proposta. 
    In particolare, con riferimento al requisito, la cui  sussistenza
deve essere verificata ai sensi  dell'art.  52  comma  1  lettera  a)
decreto legislativo n. 159 del 2011, dell'insufficienza del rimanente
patrimonio, non confiscato, dei soggetti sottoposti  alla  misura  di
prevenzione reale  a  garantire  la  soddisfazione  del  credito  del
ricorrente (ove ritenuto di rango chirografario, come appare nel caso
di  specie,  trattandosi  di  credito   derivante   da   un'ordinaria
operazione commerciale di vendita), deve  osservarsi  che  la  natura
artigiana dell'impresa  del  debitore,  con  conseguente  sottrazione
della stessa - in via di principio - alla dichiarazione di fallimento
(artt. 2221 cod. civ. e 1 legge fall.), rende impraticabile, nel caso
di  specie,  la  residua  forma   di   tutela   rappresentata   dalla
possibilita' del creditore, inibito a soddisfarsi sul  complesso  del
beni aziendali assoggettati a confisca,  di  chiedere  il  fallimento
dell'imprenditore/debitore divenuto insolvente e  di  insinuarsi  nel
passivo della conseguente procedura concorsuale, secondo una facolta'
che non e' preclusa dalla coesistenza della procedura di  prevenzione
patrimoniale, ne della natura  «mafiosa»  dell'impresa  (della  quale
ricorrano  i  presupposti  generali  di  fallibilita'),  cosi'   come
riconosciuto con orientamento consolidato dalla giurisprudenza, anche
di questa Corte Suprema,  che  ha  trovato  definitiva  conferma  nel
disposto degli articoli 63 e segg. decreto  legislativo  n.  159  del
2011. 
    Sotto tale profilo, deve ritenersi percio' superato, nel caso  in
esame, l'argomento speso nella precedente pronuncia di  questa  Corte
(Sez. 6 n. 49821 del 17 ottobre 2013, Rv.  258579)  che  ha  ritenuto
manifestamente infondata la questione, analogamente  prospettata,  di
legittimita' costituzionale della  disciplina  prevista  dall'art.  1
comma 198 della legge n. 228 del 2012, nella parte in cui non ammette
a  soddisfarsi  sul  ricavato  del  beni  confiscati   il   creditore
chirografario  che  non  abbia  tempestivamente   radicato   l'azione
esecutiva  (trascrivendo  il  pignoramento  prima  del  sequestro  di
prevenzione), sul  presupposto  della  possibilita'  riconosciuta  al
creditore medesimo di  chiedere  il  fallimento  del  debitore  e  di
insinuare il proprio credito nel passivo dell'impresa fallita il  cui
patrimonio aziendale sia stato interamente confiscato. 
    2.2. Quanto alla non manifesta infondatezza della  questione,  e'
opportuno muovere nuovamente dal precedente appena citato  di  questa
Corte (Sez. 6 n. 49821 del 2013) per verificare - anche  ponendone  a
confronto le affermazioni coi contenuti della pronuncia  sopravvenuta
della Consulta n. 94 del 2015, che ha esteso il regime di  tutela  ai
titolari di crediti da lavoro subordinato  -  la  persistente  tenuta
logico-giuridica delle ulteriori argomentazioni che erano state spese
a supporto della ritenuta legittimita' della disciplina in esame. 
    Il dubbio  di  irragionevolezza,  e  di  incoerenza  rispetto  ai
principi di rango costituzionale e sovranazionale in  materia,  della
differente tutela accordata alle diverse categorie di creditori dello
stesso soggetto sottoposto a misura  di  prevenzione  patrimoniale  -
ancorata a  criteri  che  prescindono  della  natura  e  dalla  causa
intrinseca del credito per privilegiare l'esistenza  di  un  vincolo,
opponibile, di interrelazione reale col bene soggetto a confisca,  la
cui insorgenza e rimessa all'iniziativa (e alla  forza  contrattuale)
del singolo creditore, munitosi  di  garanzia  reale  sul  cespite  o
tempestivamente attivatosi in executivis mediante la trascrizione  di
un pignoramento sul bene  o  l'intervento  nella  relativa  procedura
espropriativa - era stato allora superato da questa  Corte  ritenendo
razionalmente giustificata  una  disciplina  intesa  a  garantire  la
preminenza dell'interesse collettivo,  di  rilievo  pubblicistico,  a
privare il soggetto socialmente pericoloso dei beni patrimoniali  che
costituiscono  il  prodotto  o  comunque  l'espressione   della   sua
pericolosita', senza sacrificare nel  contempo  le  ragioni  di  quei
creditori  che  vantino  una  relazione  diretta  (assistita  da   un
sostanziale diritto di seguito) col bene  oggetto  del  provvedimento
ablativo, limitando l'effetto recessivo e  soccombente,  destinato  a
prodursi nei confronti della restante massa dei  creditori  portatori
di un interesse  di  rango  (meramente)  privatistico  a  soddisfarsi
sull'intero patrimonio del debitore, ai titolari di quelle  posizioni
creditorie, per quanto di buona fede,  che  risultino  prive  di  uno
specifico e diretto collegamento col bene confiscato,  fruenti  della
sola garanzia patrimoniale generica, di  natura  tanto  chirografaria
quanto  privilegiata,  che   trova   titolo   indifferenziato   nella
previsione dell'art. 2740 cod. civ.. 
    Un rilievo preminente, agli effetti di respingere  il  dubbio  di
costituzionalita' della  normativa  in  oggetto,  era  stato  percio'
attribuito dalla citata decisione di legittimita'  alla  inerzia  del
creditore, che non si fosse tempestivamente attivato per la tutela  e
la soddisfazione del proprio credito (anche  chirografario)  mediante
la  creazione  di  un  vincolo  diretto  e  riconoscibile  sul   bene
suscettibile di confisca, opponibile alla procedura  di  prevenzione,
cosi' da ricondurre - in definitiva -  a  una  condotta,  in  qualche
misura rimproverabile, dell'interessato  il  conseguente  deficit  di
tutela. 
    2.3. La validita' generale  della  giustificazione  rappresentata
dalla preminenza dell'interesse pubblico ad assicurare l'effettivita'
della misura di prevenzione patrimoniale e  il  raggiungimento  della
sua finalita' di privare  il  destinatario  dei  risultati  economici
dell'attivita' illecita, e' stata  messa  in  crisi  dalla  decisione
(sopravvenuta) della Corte costituzionale di cui alla citata sentenza
n. 94 del 2015,  che  ha  evidenziato  come  il  bilanciamento  delle
contrapposte esigenze,  realizzato  dalla  disciplina  intertemporale
dettata dalla legge di stabilita' 2013 a scapito  dell'interesse  del
creditore del soggetto sottoposto alla misura di  prevenzione  a  non
vedere  vanificata  la  garanzia  patrimoniale  sulla   quale   aveva
confidato nel concedere il credito ovvero (come nel caso del  credito
di lavoro subordinato) nell'effettuare  la  propria  prestazione,  si
risolva in realta' in un sacrificio puro e semplice delle  ragioni  e
delle aspettative del creditore di buona fede,  che  produce  il  suo
massimo effetto  nel  caso  (come  e'  quello  oggetto  del  presente
giudizio)  di  confisca   «totalizzante»,   che   colpisca   l'intero
patrimonio del debitore costituente la garanzia del ceto  creditorio,
privato cosi' di ogni prospettiva di soddisfazione tanto nei riguardi
del proposto (divenuto d'imperio insolvente e, nel  caso  di  specie,
neppure  suscettibile  di  essere  dichiarato  fallito),  quanto  nei
riguardi  dello  Stato,  beneficiario  della  devoluzione  a   titolo
originario dei beni confiscati. 
    Il sacrificio totale e indifferenziato delle ragione della  massa
creditoria, con la sola eccezione dei creditori  premunitisi  di  uno
specifico diritto di seguito sui  singoli  beni  del  debitore  nelle
forme tutelate dall'art. 1  comma  198  legge  n.  228  del  2012, e'
destinato a rivelarsi tanto piu' incongruo - nel solco  della  citata
pronuncia  della  Consulta  -  alla  stregua   dell'attuale   assetto
normativo, in quanto si inserisce in un sistema che, a differenza del
passato, prevede ora a regime,  per  i  procedimenti  di  prevenzione
radicati dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 159  del
2011, un meccanismo generale di  salvaguardia,  esteso  (come  si  e'
visto) a tutti i crediti  suscettibili  di  essere  pregiudicate  dal
provvedimento di confisca e di cui sia accertata, nei modi  stabiliti
dall'art. 52 decreto legislativo n. 159 del 2011, l'opponibilita'  al
beneficiario - lo Stato - del provvedimento ablativo  della  garanzia
patrimoniale, in assenza di interessenze illecite col debitore. 
    La  permanente  compatibilita',  dopo  la  sopravvenienza   della
sentenza additiva n. 94  del  2015,  della  deroga  significativa  al
regime ordinano - previsto dal decreto legislativo n. 159 del 2011  -
dettata dalla norma di diritto intertemporale contenuta  nella  legge
di stabilita' 2013, deputata a  regolare,  fino  all'esaurimento  del
loro effetti, le (sole) procedure di prevenzione patrimoniale la  cui
proposta di applicazione ricade nel regime  antecedente  la  novella,
deve dunque essere vagliata  alla  stregua  del  canone  fondamentale
della  ragionevolezza,  cui   deve   necessariamente   ispirarsi   il
sacrificio imposto ai titolari delle posizioni  creditorie  di  buona
fede che abbiano acquisito una legittima  aspettativa  a  soddisfarsi
sul patrimonio del debitore,  confiscato  per  motivi  estranei  alla
causa del credito: ragionevolezza alla quale, in  quanto  espressione
del  principio   di   eguaglianza,   deve   uniformarsi   l'esercizio
dell'attivita' legislativa. 
    In caso contrario, la radicale preclusione normativa,  fuori  dai
casi  tassativamente  indicati,  di  ogni  azione  a   tutela   della
soddisfazione di un credito legittimamente  insorto  e'  destinata  a
risultare priva di giustificazione razionale,  cosi'  da  determinare
un'obiettiva  questione  di  compatibilita'  del   disposto   attuale
dell'art. 1 comma 198 legge n. 228 del 2012 con l'art.  3  Cost.;  il
dubbio  sulla  tenuta  costituzionale  della  relativa  disciplina  e
accentuato,  altresi',  dall'evoluzione  della  giurisprudenza  della
Corte europea dei diritti dell'uomo  in  materia  di  interpretazione
della norma contenuta nell'art. 1  del  protocollo  addizionale  alla
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta'  fondamentali,  che  in   alcune   sue   recente   decisioni
(riguardanti, in particolare, i noti casi  Mottola  contro  Italia  e
Staibano contro Italia  del  2014)  ha  esteso  la  nozione  di  bene
protetto della persona  fisica  o  giuridica,  tutelato  dalla  norma
sovranazionale, ai «valori patrimoniali» muniti di una base giuridica
consolidata, ritenuti comprensivi delle  legittime  aspettative  alle
prestazioni patrimoniali in cui si sostanziano i diritti  di  credito
nascente dalla libera contrattazione tra  privati,  che  non  possono
percio'  essere  ingiustificatamente   sacrificati   nell'ordinamento
interno senza apprestare gli opportuni mezzi (anche  processuali)  di
tutela, la cui assenza potrebbe risultare censurabile a sua  volta  a
titolo  di  violazione  dei  principi  affermati  dall'art.  6  della
Convenzione europea. 
    2.4. Il fondamentale  elemento  di  irragionevolezza  ravvisabile
nella previsione normativa di cui all'art. 1 comma 198 legge  n.  228
del 2012 (sul quale ha particolarmente insistito il ricorrente  nella
memoria di replica), che legittima la proposizione della questione di
legittimita'  costituzionale  sotto  il  profilo   della   violazione
dell'art. 3 Cost., e' costituito dall'esclusione  di  ogni  forma  di
tutela per i creditori che, come l'odierno  ricorrente,  non  abbiano
avuto a disposizione, in  relazione  al  momento  di  insorgenza  del
credito, il tempo e la possibilita' materiale di munirsi  del  titolo
preferenziale  -  individuato  dalla  norma  -  rappresentato   dalla
precostituzione  del  diritto  di  seguito  sul  bene  del   debitore
suscettibile di confisca, mediante la tempestiva trascrizione  di  un
atto di pignoramento: rispetto al mancato esercizio, in  tali  forme,
dell'azione esecutiva non e  configurabile,  invero,  alcuna  inerzia
ascrivibile a una scelta comportamentale del creditore,  nei  termini
che sono stati valorizzati dal precedente di cui alla citata sentenza
n. 49821 del 2013 di questa Corte (Sez. 6), con la conseguenza che la
disparita' di  trattamento  che  si  realizza,  sotto  tale  profilo,
rispetto alla situazione del creditore, di pari grado chirografario o
privilegiato, che abbia avuto la possibilita'  temporale  di  munirsi
del titolo pignoratizio  appare  effettivamente  priva  di  qualunque
giustificazione. 
    La vendita degli autocarri da cui ha tratto  origine  il  credito
del ricorrente e documentata da fatture commerciali  emesse  poco  di
due mesi prima del decreti di sequestro  del  beni  (successivamente)
confiscati; essa si e' dunque perfezionata nell'immediata prossimita'
della sopravvenienza del vincolo reale che ha  privato  il  creditore
della possibilita' di soddisfarsi, agendo in executivis, sui beni del
debitore costituenti la garanzia patrimoniale; si tratta di un  lasso
temporale   talmente   ristretto    da    risultare    oggettivamente
incompatibile coi tempi processuali minimi ragionevolmente  necessari
a consentire al creditore di munirsi (anche  in  ipotesi  di  ricorso
alle forme semplificate della procedura monitoria  e  alla  correlata
abbreviazione dei termini previsti dal codice di procedura civile per
la  richiesta,  l'emissione  e  la  notificazione   di   un   decreto
ingiuntivo) di un titolo giudiziale munito  di  efficacia  esecutiva,
idoneo a legittimare  -  previa  intimazione  dell'atto  di  precetto
nell'osservanza  del  termini  di  legge  -  la  notificazione  e  la
trascrizione  di  un  atto  di  pignoramento  in  data  anteriore  al
sequestro di prevenzione. 
    I  caratteri  di   specialita'   e   di   intertemporalita'   che
contraddistinguono la discipline  contenuta  nell'art.  1  comma  198
della legge n. 228 del 2012, rispetto al regime ordinario  di  tutela
assicurato a tutti i creditori del proposto dal  decreto  legislativo
n. 159 del 2011, non  appaiono  percio'  idonei  a  giustificare,  in
questo caso, il sacrificio completo delle regioni del  creditore  che
sia privo in nuce - senza che cio' risulti  in  qualche  modo  a  lui
imputabile - della possibilita' di munirsi tempestivamente del titolo
(pignoratizio)  che  realizza  la  condizione  prevista   della   lex
specialis per consentirgli di essere ammesso a soddisfarsi  sui  beni
del debitore suscettibili di confisca; la  radicale  assenza  di  una
possibilita' di tutela, rispetto alla  situazione  del  creditore  di
pari rango che abbia avuto  a  disposizione  il  tempo  materiale  di
cautelarsi nelle forme  stabilite  della  legge,  produce  dunque  un
vulnus  che  appare   privo   di   giustificazione   razionale,   non
riconducibile   all'esplicazione   di   legittima    discrezionalita'
legislative, tale da risolversi cosi' in un'irragionevole  disparita'
di  trattamento  censurabile  sotto  il  profilo   della   violazione
dell'art. 3 Cost. nella misura in cui la norma impugnata individua il
discrimen  della  tutela  del  credito  in  un  elemento  del   tutto
accidentale come quello appena indicato. 
    2.5. La  qualita'  imprenditoriale  del  ricorrente  e  la  causa
commerciale del  credito  vantato  legittimano  la  proposizione  del
dubbio di legittimita' costituzionale della norma anche alla  stregua
dell'art. 41, primo comma, Cost., sotto il profilo  della  violazione
del principio della liberta'  di  iniziativa  economica,  che  appare
ingiustificatamente pregiudicata - nei  termini  di  irragionevolezza
appena  precisati  -  della  completa  vanificazione  della  garanzia
patrimoniale  sui  beni  del  debitore  (soggetti  al   provvedimento
ablativo) che costituiscono oggetto dell'aspettativa di soddisfazione
delle   legittime    pretese    creditorie    sorte    nell'esercizio
dell'attivita'  d'impresa,  in  cui  confida  l'imprenditore  e   che
rappresentano  garanzia  di  effettivita'   del   libero   esplicarsi
dell'attivita' stessa. 
    I  naturali  caratteri  di  continuativita'  e  rotativita'   che
connotano, ordinariamente, i rapporti di  fornitura  commerciale  tra
imprese,  tipicamente  basati  su  un  atteggiamento  di  affidamento
reciproco,  individuano,  del  resto,  nelle  situazioni   creditorie
conseguentemente  originatesi  il  terreno  d'elezione  in   cui   e'
destinato  a  manifestarsi  il  dato  rappresentato  dall'esposizione
dell'imprenditore, creditore del corrispettivo delle cessioni di beni
e  delle  prestazioni  di  servizi  da  lui  effettuate,  a  un  piu'
accentuato rischio di  perdita  -  ingiustificata  -  della  relativa
garanzia   patrimoniale   per   effetto   della   sopravvenienza   di
provvedimenti di confisca, in ragione della  mancata  predisposizione
di cautele preventive di tipo giudiziale/esecutivo che costituisce il
normale portato della specificita'  del  rapporto  intercorrente  col
debitore. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953 dichiara la  rilevanza
e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  relativa  alla
legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 198 della legge n.  228
del 2012 per contrasto con gli artt. 3  e  41  della  Costituzione  e
dispone   la   immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale.  Sospende  il  giudizio  e  ordina  la  notifica   al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la   comunicazione   ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Roma, 19 gennaio 2017 
 
         Il Presidente estensore: Enrico Giuiseppe Sandrini