N. 9 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 maggio 2017

Ordinanza  del  3  maggio  2017  della  Corte  dei  conti  -  Sezione
giurisdizionale per il Lazio sul ricorso proposto da Fugazzola  Mario
contro Inps - Istituto nazionale previdenza sociale e Ministero degli
affari esteri e della cooperazione internazionale.. 
 
Impiego pubblico - Personale dell'Amministrazione degli affari esteri
  in  servizio  all'estero  -  Attribuzione  della  retribuzione   di
  posizione  nella  misura   minima   prevista   dalle   disposizioni
  applicabili. 
- Decreto del Presidente della  Repubblica  5  gennaio  1967,  n.  18
  (Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri),  art.  170,
  primo comma. 
(GU n.5 del 31-1-2018 )
 
                           CORTE DEI CONTI 
           Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio 
 
    nella  persona  del  giudice  monocratico  Eugenio  Musumeci,  ha
pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio pensionistico iscritto
al n. 73627 del registro di segreteria della  Sezione,  riassunto  da
Fugazzola Mario, nato a Roma il 26 gennaio 1940 ed ivi  residente  in
via  Pieve  di  Cadore  n.  30,  codice   fiscale   FGZMRA40A26H501F,
rappresentato e difeso dagli avvocati  Maria  Vittoria  Ferroni  (del
foro di Roma)  e  Laura  Casella  (del  foro  di  Velletri),  nonche'
elettivamente domiciliato a Roma in via di San Basilio n.  61  presso
lo studio dell'avv. Eugenio Picozza (del foro di Roma); 
    Contro Istituto nazionale della  previdenza  sociale  (INPS),  in
persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso  dall'avv.
Massimo Boccia Neri (iscritto nell'elenco speciale  annesso  all'albo
degli avvocati presso il tribunale di  Roma),  nonche'  elettivamente
domiciliato a Roma in via Cesare Beccaria n. 29  presso  l'Avvocatura
centrale INPS; 
    E contro Ministero  degli  affari  esteri  e  della  cooperazione
internazionale  (MAECI),  in  persona  del  ministro   pro   tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  nonche'
domiciliato presso la sede dell'Avvocatura stessa a Roma in  via  dei
Portoghesi n. 12. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    l . Con ricorso notificato al Ministero  degli  affari  esteri  e
della cooperazione internazionale (in sigla: MAECI)  e  aii'INPS  tra
l'11 e il 14 aprile 2014, nonche' depositato presso questa Sezione il
29 di quello stesso  mese,  Mario  Fugazzola,  cessato  dal  servizio
presso il  MAECI  il  31  gennaio  2007  con  il  grado  di  ministro
plenipotenziario, ha contestato la misura della pensione di vecchiaia
attribuitagli. In particolare l'odierno ricorrente,  evidenziando  di
esser stato assegnato fino al 3 agosto 2004 alle  dirette  dipendenze
del direttore generale per la cooperazione  economica  e  finanziaria
multilaterale  e  di  aver  successivamente  svolto  le  funzioni  di
ambasciatore a Tegucigalpa (Honduras)  fino  alla  suddetta  data  di
collocamento a riposo, ha sostenuto che l'indennita' di  posizione  a
cui egli avrebbe avuto diritto sarebbe stata ben piu' elevata  (ossia
oscillante fra i 30.850 e gli 80.000 euro, in paragone  a  quella  di
12.256,20 euro percepita nelle su descritte funzioni di ambasciatore)
qualora a quella medesima data di collocamento a riposo  egli  avesse
invece prestato servizio a Roma in un ufficio centrale del MAECI. 
    Su tale presupposto logico il Fugazzola, rilevando  altresi'  che
la carriera diplomatica implica necessariamente che il servizio venga
svolto per tal uni periodi all'estero e per talaltri  in  Italia,  ha
lamentato (anche sulla scorta di  due  tabelle  di  comparazione  sia
della pensione sia  della  retribuzione  spettanti  per  il  caso  di
servizio a Roma o, altrimenti,  all'estero:  all.  3  e  4  di  parte
ricorrente) che il trattamento pensionistico  attribuitogli,  venendo
collocato a  riposo  allorquando  risultava  assegnato  ad  una  sede
estera, era stato notevolmente inferiore rispetto a quello  che  egli
avrebbe invece conseguito: 
        qualora, al pari di altri ex colleghi,  nonche'  secondo  una
prassi adottata dal MAECI «... negli ultimi anni ...»  (pag.  16  del
ricorso), fosse stato chiamato a prestare servizio in  sede  centrale
finanche poco tempo prima della suddetta data di pensionamento; 
        ovvero nel caso in cui fosse stato  collocato  a  riposo  nel
luglio 2004 allorche', essendo  appunto  in  servizio  a  Roma,  egli
percepiva un'indennita' di posizione largamente  superiore  a  quella
poi goduta nel gennaio 2007. 
    Conclusivamente il Fugazzola ha  domandato  che  l'indennita'  di
posizione da computarsi ai fini pensionistici gli venga riconosciuta,
in via principale, «... in misura pari a quella del personale di pari
grado e funzioni in servizio in Italia»: ossia avendo  riguardo  alla
posizione funzionale di rango piu' elevato o, in subordine, a  quella
di rango meno elevato  che  presso  l'Amministrazione  centrale  puo'
venir attribuita  «...  ad  un  funzionario  del  grado  di  ministro
plenipotenziario ...»;  ovvero,  in  via  ulteriormente  subordinata,
nella medesima misura «... che [egli] percepiva prima della  partenza
per l'estero ...» (pag. 21 del ricorso, passim). L'odierno ricorrente
ha altresi' prospettato un'eccezione di illegittimita' costituzionale
del primo comma  dell'art.  170  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 18/1967: qualora interpretato nel  senso  che  la  «...
misura minima ...» dell'indennita' di posizione, ivi sancita  per  il
periodo  in  cui  il  rapporto  d'impiego  venga  svolto  all'estero,
permanesse tale anche ai fini pensionistici. 
    2. Con comparsa depositata il 22 dicembre 2014 si  e'  costituito
il MAECI, contestando la giurisdizione di questa Corte in  favore  di
quella del giudice amministrativo;  nonche'  eccependo  l'estinzione,
per prescrizione, della pretesa del Fugazzola. 
    Nel merito quella pubblica amministrazione ha evidenziato che per
il personale diplomatico  all'estero  l'indennita'  di  posizione  e'
dovuta nella misura minima, corrispondente alla c.d. parte fissa,  in
virtu' di un'espressa previsione di cui  al  decreto  legislativo  n.
62/1998 (che ha novellato il primo comma dell'art.  170  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 18/1967).  Il  MAECI  ha  altresi'
sottolineato che l'eventuale computo dell'indennita' di posizione  in
misura eccedente quella minima risulterebbe sfornito di contribuzione
previdenziale; e ha rilevato che comunque «... ai fini  previdenziali
...» (pag. 8 della memoria) verrebbe computata anche una quota  della
c.d. indennita' di servizio all'estero (in sigla: ISE),  della  quale
invece non fruirebbe il lavoratore che anteriormente al  collocamento
a riposo fosse stato assegnato alla sede centrale. 
    3. Con comparsa depositata l'8  gennaio  2015  si  e'  costituito
anche I'INPS: eccependo a sua volta il difetto di giurisdizione della
Corte dei conti, vista l'assenza di una previa pronuncia del  giudice
amministrativo  sulla  spettanza  (quand'anche  per   un   brevissimo
periodo) dell'indennita' di posizione in misura  superiore  a  quella
minima;  nonche'  contestando,  in  via   subordinata,   la   propria
legittimazione passiva. 
    Nel merito l'ente previdenziale ha sottolineato l'inefficacia  di
eventuali statuizioni a valenza pensionistica, se non precedute dalla
condanna datoriale al pagamento dei previ importi retributivi; ed  ha
eccepito la prescrizione del diritto vantato dal Fugazzola. 
    4.  Questi,  con  memoria  depositata  il  15  gennaio  2015,  ha
insistito per l'accoglimento delle proprie domande: allegando  a  tal
fine una certificazione rilasciatagli  dal  MAECI  il  12  di  quello
stesso  mese,  nella  quale  viene  enunciata  la  (diversa)   misura
dell'indennita'   di   posizione    spettante    ad    un    ministro
plenipotenziario, a seconda della circostanza  di  prestare  servizio
presso un ufficio consolare all'estero o invece nella  sede  di  Roma
(all. 3 alla suddetta memoria). Inoltre il ricorrente ha  evidenziato
di aver proposto, dinanzi alla Corte  di  cassazione,  un'istanza  di
regolamento di giurisdizione (all. 1  alla  memoria  stessa);  ed  ha
percio' invocato la  sospensione  dell'odierno  giudizio,  in  attesa
della decisione della Suprema Corte. 
    Con ordinanza n. 25/2015,  resa  all'esito  dell'udienza  del  26
gennaio 2015, questa Sezione ha disposto la sospensione del  presente
giudizio. 
    5. Con ordinanza n. 14796/2016 la Corte di cassazione ha  accolto
l'istanza di regolamento proposta dal Fugazzola e  ha  dichiarato  la
giurisdizione di questa Corte sull'odierna controversia. 
    Con istanza depositata  il  14  ottobre  2016  il  pensionato  ha
riassunto  il  giudizio:  insistendo,  anche  mediante   un'ulteriore
memoria depositata il  16  marzo  scorso,  per  l'accoglimento  delle
proprie domande originarie. 
    Con memoria depositata il 15 marzo 2017 il  MAECI  ha  contestato
nuovamente l'eccezione di illegittimita' costituzionale avanzata  dal
Fugazzola. 
    All'udienza del 27 di  quello  stesso  mese  la  causa  e'  stata
discussa dalle parti e, infine, questo  giudice  l'ha  trattenuta  in
decisione. 
    6.  L'odierno  giudizio   e'   stato   originariamente   proposto
posteriormente all'entrata in vigore della legge n. 69/2009, la quale
ha tra l'altro novellato il quarto comma dell'art. 307 del codice  di
procedura civile nel senso di legittimare il giudice a dichiarare  ex
officio l'estinzione di un giudizio. Tale possibilita' impone  dunque
di verificare, pur in assenza di qualsiasi eccezione in tal senso, se
il giudizio stesso sia stato tempestivamente riassunto (o meno). 
    Concretamente l'ordinanza della Corte di cassazione  in  tema  di
giurisdizione risulta depositata il 19 luglio 2016, mentre l'atto  di
riassunzione e' stato notificato alle parti resistenti il  7  ottobre
di quel medesimo anno e depositato presso questa  Sezione  il  14  di
quello stesso mese: talche', quand'anche rilevasse la  piu'  avanzata
di tali date, e' comunque indubbio il rispetto  del  termine  di  tre
mesi sancito dal primo comma dell'art. 50  del  codice  di  procedura
civile, pure novellato dalla legge n. 69/2009. 
    7. Acclarata ormai la giurisdizione di questa Corte  sull'odierna
domanda  attorea,  l'eccezione  di   prescrizione   sollevata   dalle
resistenti puo' semmai circoscrivere, sul piano temporale, il diritto
del Fugazzola a differenze pensionistiche; ma non gia'  elidere  tout
court  il  diritto  da  lui  rivendicato.  Mentre  l'assenza  di   un
provvedimento amministrativo da impugnare dimostra  l'irrilevanza  di
una pronuncia giudiziale sul  rapporto  d'impiego  e  la  conseguente
inesistenza  di  una  pregiudizialita'  amministrativa  nel  caso  di
specie. 
    8.  Nel  merito  l'indennita'   di   posizione   e'   determinata
contrattualmente con riguardo alla posizione funzionale rivestita  da
ciascun appartenente alla carriera diplomatica. 
    Nel caso di specie  dal  curriculum  del  Fugazzola  (all.  8  al
ricorso), le cui risultanze non sono state contestate dal  MAECI,  si
evince che gia' dal 2000 l'odierno ricorrente rivestiva il  grado  di
ministro plenipotenziario; e che l'anno successivo, al rientro a Roma
dopo esser stato ambasciatore a Vilnius (Lituania), egli venne  posto
alle dirette dipendenze di un direttore generale: dapprima di  quello
per gli italiani all'estero e le  politiche  migratorie  e,  poi,  di
quello per la cooperazione  economica  e  finanziaria  multilaterale.
Orbene, in virtu' dell'art. 2 del decreto n. 2069/2000  del  Ministro
per gli affari esteri (all. 7 al ricorso), quella diretta  dipendenza
risultava equiparata alla posizione di un funzionario vicario, di cui
alla lettera c) del comma 1 di quel medesimo decreto: ossia, in buona
sostanza, di un vice direttore generale. E tale posizione funzionale,
che ex  art.  16  quinto  comma  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 18/1967 corrispondeva a quella minima conferibile ad un
funzionario avente il grado di ministro  plenipotenziario,  ai  sensi
dell'art. 7 comma 2 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
94/2008 (all. D del MAECI) avrebbe attribuito al  Fugazzola,  qualora
questi l'avesse rivestita alla data del 1° gennaio 2007,  il  diritto
ad una retribuzione di posizione pari a 50.000 euro annui. 
    Invece la circostanza che, nell'agosto 2004, l'odierno ricorrente
fosse  stato  nominato  ambasciatore  in  Honduras  aveva  comportato
l'applicazione del primo comma  dell'art.  170  del  gia'  menzionato
decreto del Presidente della Repubblica n.  18/1967:  il  quale,  nel
testo  risultante  dalla  novella  di  cui  all'art.  4  del  decreto
legislativo  n.  62/1988,  attribuisce  al  personale   in   servizio
all'estero «... l'eventuale indennita' o  retribuzione  di  posizione
nella misura  minima  prevista  dalle  disposizioni  applicabili  ...
quando e' in servizio presso  le  rappresentanze  diplomatiche  ...».
Talche', a quella medesima  data  del  1°  gennaio  2007  in  cui  il
Fugazzola svolgeva  ancora  funzioni  diplomatiche  in  Honduras,  la
retribuzione di posizione gli veniva erogata nell'assai piu'  modesta
misura annua di 13.277,56 euro  sancita  dall'art.  20  comma  3  del
decreto del Presidente della  Repubblica  n.  107/2006  (all.  D  del
MAECI). 
    9. Le predette cifre concordano concettualmente con quelle  della
tabella che costituisce l'allegato 4 di parte ricorrente:  salvo  che
per l'erroneo richiamo, nella sezione Roma di quella  tabella  (ossia
nella colonna di destra), dei maggiori importi  sanciti  dal  decreto
del Presidente della Repubblica n. 206/2010 a far data dal 1° gennaio
2009 (all.  D  del  MAECI).  E  collimano  perfettamente,  una  volta
ragguagliati alle tredici mensilita'  annue,  con  la  certificazione
rilasciata il 12 gennaio  2015  dal  Ministero  stesso  al  Fugazzola
(acclusa alla memoria da questi depositata il  15  di  quello  stesso
mese). 
    La reiterazione di tale  squilibrio  sul  versante  pensionistico
risulta altresi' confermata dalla tabella comparativa che costituisce
l'allegato 3 di parte ricorrente, anch'essa incontestata ex  adverso:
nella  quale  e'  indicata  la  pensione  annua  lorda  spettante  al
pensionato Italia (123.000 euro) e a quello estero (93.000 euro).  Da
quella medesima tabella  si  appalesa,  inoltre,  come  la  discrasia
quantitativa  sia  altrettanto  grave  pure   per   l'indennita'   di
buonuscita: talche' non puo' nemmeno sostenersi che quest'ultima vada
minimamente a bilanciare la sperequazione sul piano pensionistico. 
    Neppure e' stata avversata dal Ministero la postulazione  attorea
secondo cui, in facto, rientrare in Italia finanche  poche  settimane
prima del collocamento a riposo avrebbe consentito al Fugazzola  «...
di fruire di un  completo  trattamento  pensionistico  ...  computato
sull'indennita' di posizione  nella  misura  massima»  (pag.  16  del
ricorso). 
    10.  Reputa  questo  giudice  che  tale  rilevante  sperequazione
(concettuale e quantitativa) tra un funzionario diplomatico che abbia
svolto a Roma l'ultima tranche del servizio presso il  MAECI  ed  uno
che invece abbia lavorato in una sede estera  quell'estremo  segmento
temporale, seppur legittima in costanza del rapporto  d'impiego,  non
sia  ammissibile  che  permanga  oltre  la  data  di   pensionamento:
allorquando ovviamente vengono a cessare  le  funzioni  sino  a  quel
momento esercitate, in Italia o all'estero, da  ciascun  appartenente
alla carriera  diplomatica.  Mentre  quel  che  viene  conservato  e'
soltanto il grado rivestito: tanto che il settimo comma dell'art. 101
del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967  consente  che
«... all'atto del collocamento a  riposo  puo'  essere  conferito  al
funzionario diplomatico, a titolo onorifico, il grado  immediatamente
superiore» a quello raggiunto in costanza di servizio. 
    Gia'  il  principio  di  unitarieta'  del  ruolo  della  carriera
diplomatica enunciato dal primo comma di quel medesimo art. 101 rende
evidente la totale  irragionevolezza  insita  nell'attribuire  a  due
appartenenti  alla  carriera  diplomatica  trattamenti  pensionistici
quantitativamente assai diversi semplicemente  in  relazione  ad  una
circostanza di fatto non piu' in  essere.  Analogamente  contrastante
con il fondamentale parametro di cui al  secondo  comma  dell'art.  3
della Costituzione sarebbe anche la sperequazione tra due diplomatici
gia' in servizio all'estero, qualora uno di essi  venisse  richiamato
presso l'Amministrazione centrale poco tempo prima del collocamento a
riposo,  in   prossimita'   della   conclusione   di   una   carriera
quarantennale (qual e' solitamente quella dei funzionari diplomatici,
come nel caso concreto del Fugazzola: all. 8 al ricorso),  e  l'altro
invece rimanesse a lavorare all'estero. 
    11. Sul piano  letterale  appare  poi  evidente  come  la  misura
normale della retribuzione di posizione coincida  con  quella  goduta
dal funzionario diplomatico che presti servizio in Italia:  deponendo
in tal senso sia il primo comma del gia' richiamato art. 170, laddove
considera la retribuzione di posizione spettante nel caso di servizio
all'estero come la «... misura minima ...», anziche' quella base; sia
la normativa contrattuale: tra cui p.es. l'art. 7 comma  1  del  gia'
menzionato decreto del Presidente della  Repubblica  n.  94/2008  che
richiama, per il  funzionario  diplomatico  che  presti  servizio  in
Italia, «... le misure della retribuzione  di  posizione  ...»  senza
aggettivazione di sorta. Talche' logica vuole che, nel momento in cui
le funzioni  all'estero  cessano  in  virtu'  del  pensionamento,  la
retribuzione di posizione venga automaticamente ripristinata (sia pur
ai soli fini del trattamento di quiescenza)  nella  misura  integrale
attribuita a quel dato  funzionario  diplomatico  avuto  riguardo  al
grado da lui posseduto; nonche' alle funzioni che in  base  al  grado
stesso  e  alla  normativa  richiamata  al  precedente  paragrafo   8
sarebbero state a lui conferibili presso  l'Amministrazione  centrale
(permanendo in servizio). 
    12. Inoltre la tesi secondo cui il piu' volte menzionato art. 170
vada  interpretato  nel  senso  di  veder   ripristinata,   ai   fini
pensionistici, la misura «italiana» della retribuzione  di  posizione
appare significativamente confortata dalla lettera  a)  del  comma  1
dell'art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2011 (convertito dalla legge
n. 148/2011): norma che interpreta in via autentica l'art. 170 stesso
nel senso di escludere che l'indennita' integrativa  speciale  spetti
al dipendente del MAECI che presti servizio all'estero. 
    Nondimeno  quest'ultima  indennita'   risulta   computata   nella
pensione del Fugazzola: come dimostrato dal modello  P.L.  2  del  18
giugno 2008 (all. 5 del Ministero), nel quale  il  suo  stipendio  su
dodici mensilita'  viene  indicato  in  84.553,80  euro.  Cifra  che,
ragguagliata a tredici mensilita',  equivale  ai  91.600  euro  annui
attribuiti dall'art. 4 comma  2  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 94/2008 ad  un  ministro  plenipotenziario  quale  «...
stipendio tabellare, comprensivo dell'indennita' integrativa speciale
...». E che va oltretutto a concordare con il riepilogo degli importi
di diritto per il mese  di  gennaio  2007  (allegato  4  del  MAECI):
75.516,84 euro a titolo di stipendio e 9.036,96 euro  per  indennita'
integrativa speciale. 
    Se dunque, a  dispetto  di  quanto  sancito  dall'interpretazione
autentica data  all'art.  170  in  costanza  di  rapporto  di  lavoro
(all'estero),  l'indennita'  integrativa  speciale   viene   comunque
considerata nel trattamento di quiescenza,  risulta  inconferente  al
caso di specie la previsione generale di cui all'art. 43 del  decreto
del  Presidente  della  Repubblica  n.  1092/1973.  Ma  allora,  alla
medesima stregua, appare ovvio che debba tornare ad  espandersi  alla
misura normale anche la  retribuzione  di  posizione:  rispetto  alla
misura minima prevista durante il servizio all'estero. 
    13. Invece, ad avviso del MAECI, il primo comma  del  piu'  volte
richiamato art. 170 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
18/1967 legittimerebbe il computo, nel trattamento pensionistico, del
medesimo importo di  retribuzione  di  posizione  fruito  da  ciascun
funzionario diplomatico anteriormente al  rispettivo  collocamento  a
riposo. Ma in realta', sul piano squisitamente testuale, quella norma
ha soltanto l'effetto di limitare alla misura minima il quantum della
retribuzione di posizione  fintantoche'  il  funzionario  diplomatico
presti servizio all'estero. 
    Priva  di  pregio  e'  anche  l'argomentazione  secondo  cui   la
sperequazione pensionistica  in  commento  risulterebbe  giustificata
dalla percezione dell'indennita' di servizio  all'estero:  la  quale,
invece,  e'  circoscritta  esclusivamente  al  periodo  in   cui   il
funzionario diplomatico  presti  servizio  presso  una  sede  estera.
Ovviamente, quindi, tale indennita' non viene minimamente  conservata
nel  trattamento  di  quiescenza;  mentre   e'   rimasta   totalmente
indimostrata  la  contraria  allegazione  del  MAECI.  Il  quale   ha
oltretutto  operato   un'evidente   commistione   fra   la   parziale
imponibilita' fiscale dell'indennita' de qua, ex art. 51 comma 8  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  917/1986,  ed  il  suo
inesistente computo ai fini pensionistici. D'altronde a  questi  fini
appare inevitabile escludere tale indennita': perche' essa  «...  non
ha natura  retributiva  essendo  destinata  a  sopperire  agli  oneri
derivanti dal servizio all'estero  ...»;  e  perche',  inoltre,  «...
tiene  conto  della   peculiarita'   della   prestazione   lavorativa
all'estero ...» (art. 171 del decreto del Presidente della Repubblica
n.  18/1967).  Infine   una   diversa   eventualita'   implicherebbe,
assurdamente, che le funzioni materialmente svolte da un  diplomatico
come  il  Fugazzola  si  considerino  protratte  oltre  la  data   di
collocamento a riposo. 
    Palesemente fallace e' anche l'obiezione del MAECI  secondo  cui,
nel caso di specie, l'eventuale computo dell'indennita' di  posizione
in misura eccedente  quella  minima  non  risulterebbe  preceduto  da
alcuna contribuzione previdenziale: in contrario bastando considerare
l'eventualita' in cui il Fugazzola, al pari di  qualsiasi  altro  suo
collega, fosse rientrato a prestare servizio a  Roma  p.es.  un  mese
prima del proprio collocamento a riposo. 
    14. In virtu' delle  molteplici  considerazioni  fin  qui  svolte
questo giudice, in una precedente pronuncia su  identica  fattispecie
(sez. Lombardia sentenza  n.  53/2016,  invocata  anche  dall'odierno
ricorrente), era pervenuto ad  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata del primo comma dell'art. 170 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 18/1967:  reputando  che  la  misura  minima  ivi
sancita per  la  retribuzione  di  posizione  valesse  esclusivamente
durante il periodo di servizio all'estero del personale  diplomatico.
E che, invece, il trattamento pensionistico andasse determinato sulla
base  della  fictio  iuris  costituita  da  un  rientro  a  Roma  del
diplomatico stesso in coincidenza con la data di suo  collocamento  a
riposo: con conseguente attribuzione, ai soli fini pensionistici, del
complessivo trattamento economico a cui egli  avrebbe  avuto  diritto
prestando servizio a quella medesima data presso la sede centrale. 
    Tuttavia tale linea interpretativa appare  oggi  frustrata  dagli
unici due precedenti giurisprudenziali che, a causa del dubbio  sulla
giurisdizione che la Suprema Corte ha dipanato nell'odierno  giudizio
(e che invece, prima dell'ordinanza n. 14796/2016, aveva quasi sempre
indotto il giudice contabile a declinare la propria giurisdizione  in
casi analoghi), appaiono rinvenibili in punto  di  merito:  ossia  la
sentenza n. 244/2015  di  questa  Sezione,  nonche'  la  recentissima
sentenza n. 112/2017 della Seconda sezione  giurisdizionale  centrale
d'appello (con la quale, anzi, e' stata  annullata  la  pronuncia  n.
53/2016 poc'anzi richiamata). In ambedue tali decisioni il rigetto di
domande analoghe a quella odierna e' stato motivato con  un  laconico
richiamo alla normativa  generale,  a  cominciare  dall'art.  43  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  1092/1973:  norma  che
pero', se non osta al computo  dell'indennita'  integrativa  speciale
(benche' non percepita durante il servizio all'estero), del pari  non
puo' precludere al funzionario diplomatico  che  fino  alla  data  di
collocamento a riposo avesse lavorato  all'estero  il  computo  della
retribuzione di posizione nella medesima misura prevista per  il  suo
collega che a quella stessa data prestasse servizio  presso  la  sede
del MAECI a Roma. 
    Nondimeno  deve  qui  prendersi   atto   di   tale   orientamento
giurisprudenziale, enunciato oltretutto in grado  d'appello.  Talche'
risulta inevitabile sollevare dinanzi alla Consulta la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 170 del decreto del  Presidente
della Repubblica n. 18/1967,  per  contrasto  con  il  secondo  comma
dell'art.  3   della   Costituzione:   siccome   interpretato   dalla
giurisprudenza prevalente nel senso di prevedere che,  nei  confronti
del soggetto appartenente alla carriera  diplomatica  il  quale  alla
data di collocamento a  riposo  risulti  assegnato  ad  una  sede  di
servizio  all'estero,  ai  fini  pensionistici  la  retribuzione   di
posizione venga computata soltanto nella «... misura minima  prevista
dalle disposizioni applicabili ...», anziche' in misura correlata  al
grado rivestito da quel medesimo  soggetto  e  alle  funzioni  a  lui
conferibili avuto riguardo al grado stesso. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte dei conti,  Sezione  giurisdizionale  regionale  per  il
Lazio, non definitivamente pronunciando in relazione al  giudizio  n.
73627, dichiara rilevante  in  tale  giudizio  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale del primo comma
dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18/1967
in riferimento all'art. 3 della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
prevede che, nei confronti del soggetto  appartenente  alla  carriera
diplomatica il quale alla  data  di  collocamento  a  riposo  risulti
assegnato ad una sede di servizio all'estero, ai  fini  pensionistici
la retribuzione di posizione  venga  computata  soltanto  nella  «...
misura minima prevista dalle disposizioni applicabili...» anziche' in
misura correlata al grado rivestito da quel medesimo soggetto e  alle
funzioni a lui conferibili avuto riguardo  al  grado  stesso,  e  per
l'effetto: 
        1) solleva la questione di  legittimita'  costituzionale  del
primo comma dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 18/1967, in riferimento all'art. 3 della Costituzione; 
        2) sospende il  presente  giudizio  sino  alla  comunicazione
della decisione che la Corte costituzionale adottera' sulla  predetta
questione di legittimita' costituzionale; 
        3)  dispone  che  gli  atti  del  presente  giudizio  vengano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale; 
        4) dispone che la  presente  ordinanza  sia  notificata  alle
parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri; 
        5) dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  comunicata  al
Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della
Repubblica. 
          Cosi' deciso a Roma nella Camera di consiglio del 27  marzo
2017. 
 
                        Il Giudice: Musumeci