N. 27 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 dicembre 2017

Ordinanza  del  21  dicembre  2017  della  Corte  di  cassazione  nel
procedimento civile promosso da Corsi Luigi Antonio contro  Ministero
dell'economia e delle finanze. 
 
Giustizia amministrativa - Domanda di equa riparazione per violazione
  della   ragionevole   durata   del   processo   -   Condizione   di
  proponibilita' della previa presentazione dell'istanza di prelievo. 
- Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo
  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
  stabilizzazione  della   finanza   pubblica   e   la   perequazione
  tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  6  agosto
  2008, n. 133, art. 54, comma 2. 
(GU n.7 del 14-2-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda sezione civile 
 
    composta da: 
    Stefano Petitti - Presidente; 
    Felice Manna - consigliere; 
    Vincenzo Correnti - consigliere; 
    Ubaldo Bellini - consigliere relatore; 
    Alberto Giusti - consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
21384 del  2016  proposto  da:  Corsi  Luigi  Antonio,  elettivamente
domiciliato in Roma,  piazza  del  Fante  n.  10,  presso  lo  studio
dell'avvocato  Filippo  De  Jorio,  che  lo  rappresenta  e  difende;
ricorrente; 
    Contro il Ministero dell'economia e delle finanze in persona  del
Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi
n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e
difende ope legis; controricorrente; 
    Avverso il decreto n. 1747/2016 della Corte d'appello di Perugia,
depositata il 28 luglio 2016; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
13 ottobre 2017 dal consigliere Ubaldo Bellini; 
    Udito il pubblico ministero in persona del sostituto  procuratore
generale dott. Corrado Mistri, che  ha  concluso  per  la  rimessione
degli atti alla Corte costituzionale; 
    Udito l'avvocato Filippo De Jorio, difensore del ricorrente,  che
ha chiesto raccoglimento del ricorso; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    La Corte d'appello di Perugia - adita in riassunzione  a  seguito
della  dichiarazione  di  incompetenza   territoriale   dalla   Corte
d'appello di Roma sull'originario ricorso del  febbraio  2009  -  con
decreto pronunciato il 21 marzo 2016  (depositato  il  successivo  28
luglio 2016) dichiarava inammissibile il ricorso proposto, in data  2
agosto 2011, da Luigi Antonio Corsi contro il Ministero dell'economia
e delle finanze, per ottenere, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n.
89, l'equa riparazione del danno sofferto a cagione della durata  non
ragionevole di un giudizio avanti al TAR del Lazio (promosso in  data
11 aprile 2000 e dichiarato perento in data 29 aprile 2014). 
    La Corte affermava  che,  nonostante  l'effettivo  ritardo  nella
definizione del giudizio presupposto, l'omessa presentazione da parte
del ricorrente dell'istanza di prelievo ai  sensi  dell'art.  54  del
decreto-legge 23 giugno  2008,  n.  112,  nel  testo  modificato  dal
decreto legislativo 2 luglio 2010, n.  104,  applicabile  ai  giudizi
pendenti alla data del 16 settembre 2010 (quale asseritamente  quello
in oggetto), comportava  l'improponibilita'  della  domanda  di  equa
riparazione, con riguardo alla intera durata del giudizio. 
    Per la cassazione dell'impugnato decreto della Corte d'appello di
Perugia il Corsi ha proposto  ricorso,  con  atto  notificato  il  29
settembre 2016, sulla base di due  motivi,  ulteriormente  illustrati
con memoria. 
    Il Ministero dell'economia  e  delle  finanze  ha  resistito  con
controricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con il primo motivo, il ricorrente,  in  relazione  all'art.
360, primo comma, n. 3, del codice di  procedura  civile,  deduce  la
violazione e  comunque  la  falsa  applicazione  dell'art.  11  delle
preleggi  al  codice  civile;  la  violazione  e  comunque  la  falsa
applicazione degli articoli  3,  24  e  111  della  Costituzione;  la
violazione e comunque la falsa applicazione  del  combinato  disposto
dell'art. 117  della  Costituzione  e  degli  articoli  1,  13  e  6,
paragrafo  1,  della  CEDU,  giacche'  l'art.  54,   comma   2,   del
decreto-legge n. 112 del 2008, come applicato dal decreto della Corte
d'appello di  Perugia  non  appare  conforme  alla  citata  normativa
costituzionale ed europea. 
    In particolare, il ricorrente osserva che la Corte  territoriale,
in coerenza con detti principi costituzionali e convenzionali (questi
ultimi nell'interpretazione datane dalla Corte EDU, 25 febbraio 2016,
Olivieri  e  altri  contro  Italia),  avrebbe  dovuto  esaminare   ed
accogliere la domanda di equa riparazione in toto, o  quantomeno  per
il periodo che va dalla proposizione della domanda davanti al giudice
adito al 16 settembre 2010, data di entrata in vigore del codice  del
processo amministrativo, escludendone una valenza retroattiva, lesiva
della  regola  del  tempus  regit  actum.   Laddove,   non   ritenuta
praticabile tale  soluzione  ermeneutica,  la  Corte  stessa  avrebbe
dovuto rimettere la questione alla Corte costituzionale. 
    2. - Con il secondo motivo, il ricorrente, in relazione  all'art.
360, primo comma,  n.  3,  codice  di  procedura  civile,  deduce  la
violazione e comunque la falsa applicazione  del  combinato  disposto
dell'art. 117 della Costituzione e degli articoli 6, comma  1,  e  13
della CEDU; la violazione e comunque la falsa applicazione  dell'art.
54, comma 2, del decreto-legge n.  112  del  2008;  la  violazione  e
comunque la falsa applicazione dell'art. 1, comma 1, dell'Allegato  3
al decreto legislativo n. 104 del 2010. Ed aggiunge che la  decisione
della Corte di appello di Perugia va anche  censurata  ex  art.  360,
primo comma, n. 5, codice di procedura civile, per omesso esame di un
fatto decisivo per il giudizio, in quanto il giudice  di  prime  cure
non ha considerato che il presupposto dell'istanza di prelievo di cui
all'art. 71, comma 2, codice processo amministrativo e' rappresentato
dall'urgenza e non costituisce un obbligo della parte (come viceversa
per l'istanza di fissazione dell'udienza, presentata  due  volte  nel
corso dell'iter processuale davanti al  TAR)  ma  solo  una  facolta'
sussistendone le condizioni.  Pertanto,  il  ricorrente  ritiene  che
l'omissione o il ritardo nella presentazione dell'istanza di prelievo
(cosi' come  quella  di  fissazione  di  udienza)  non  sospendono  o
differiscono il dovere dello Stato di pronunciarsi sulla domanda, ne'
implicano  il   trasferimento   sulle   parti   in   giudizio   della
responsabilita' per il superamento del termine ragionevole di  durata
del processo. 
    3. - Preliminarmente  va  evidenziato  che,  per  non  contestata
affermazione del ricorrente, la domanda di equa  riparazione  risulta
esser stata originariamente depositata presso la Corte  d'appello  di
Roma  nel  febbraio  del  2009,  e  poi  riassunta  (a   seguito   di
declaratoria di incompetenza per territorio di questa)  davanti  alla
Corte d'appello di' Perugia, con ricorso depositato il 2 agosto 2011.
Invero, la proposizione della domanda indennitaria per  irragionevole
durata del processo, ancorche' davanti ad  un  giudice  incompetente,
costituisce evento idoneo ad introdurre un valido  giudizio  di  equa
riparazione, purche' (come nella specie) la riassunzione della  causa
innanzi al giudice dichiarato  competente  avvenga  in  presenza  dei
presupposti  e  delle  condizioni  che  permettono  di  ritenere  che
processo sia continuato,  ai  sensi  dell'art.  50  cod.  proc.  civ.
davanti al  nuovo  giudice,  mantenendo  una  struttura  unitaria  e,
percio', conservando tutti gli effetti sostanziali e processuali  del
giudizio svoltosi dinanzi  al  giudice  incompetente  (Cassazione  n.
148419 del 2017). 
    4.  -  Cio'  premesso,  il  collegio  ritiene  rilevante  e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 54, comma 2, decreto-legge  n.  112/2008,  convertito,  con
modificazioni, in legge n. 133/2008, in relazione all'art. 117, comma
1, della Costituzione e ai parametri  interposti  degli  articoli  6,
par. 1, 13 e 46, par. 1, CEDU. 
    4.1. - In base alla giurisprudenza ormai del  tutto  costante  di
questa Corte  suprema,  l'art.  54,  decreto-legge  n.  112/08,  come
modificato dalla legge n. 133 del 2008, va interpretato nel senso che
«in tema  di  equa  riparazione  per  l'irragionevole  durata  di  un
processo amministrativo (nella specie iniziato nel 2000), la  mancata
proposizione dell'istanza di prelievo rende improponibile la  domanda
di equa riparazione (nella specie del  febbraio  2009),  nella  parte
concernente la durata del giudizio presupposto successiva  alla  data
(del 25 giugno 2008) di entrata in vigore del decreto-legge 25 giugno
2008 n. 112, art. 54, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, che,
avendo configurato la suddetta istanza di prelievo come  "presupposto
processuale" della domanda di equa riparazione,  deve  sussistere  al
momento  del  deposito  della  stessa,  ai   fini   della   sollecita
definizione del processo amministrativo in tempi piu' brevi  rispetto
al tempo gia' trascorso, fermo restando  che  l'omessa  presentazione
dell'istanza di prelievo non determina la vanificazione  del  diritto
all'equa riparazione per  l'irragionevole  durata  del  processo  con
riferimento al periodo precedente al 25 giugno 2008»  (Cassazione  n.
719 del 2015, n. 5914 del 2012). 
    Infatti, «(l)'art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008  (art.  85)  -,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto
2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008  -,  nella  sua  versione
originaria,  disponeva:  «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1,  non
e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.
51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate
all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole  "art.
2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della legge 24 marzo 2001, n.
89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza  dei  termini
di  durata  di  cui  all'art.  4,  comma  1-ter,  lettera  b)"   sono
soppresse»; c) conseguentemente, il testo  definitivo  dell'art.  54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge
dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa
riparazione non e' proponibile se nel  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art.  3,
comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito  che,  all'art.
54,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  «le   parole
"un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642" sono sostituite  dalle  seguenti:  "l'istanza
di' prelievo di cui all'art. 81, comma 1,  del  codice  del  processo
amministrativo, ne'  con  riguardo  al  periodo  anteriore  alla  sua
presentazione"»;  e)  ancora  successivamente,  l'art.  1,  comma  3,
lettera a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre  2011,  n.
195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice del  processo  amministrativo,  a
norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) -  in
vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto  che:  «al  comma  23,  le
parole "81, comma 1" sono sostituite dalle seguenti "71,  comma  2"»;
f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  n.  112
del 2008 - in vigore dal 16 settembre 2010  -  risulta  del  seguente
testuale tenore: "La domanda di equa riparazione non  e'  proponibile
se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui  si  assume
essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24
marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di  prelievo  di
cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne'
con riguardo al periodo anteriore alla sua  presentazione"»;  g)  per
effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n.  208  del  2015
nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto
dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio  2016),  «il  comma  2
dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato
dall'art. 3, comma 23,  dell'allegato  4  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi  amministrativi  la
cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini  di  cui  all'art.  2,
comma 2-bis». 
    Questo essendo il quadro normativo di riferimento, e'  del  tutto
evidente che in base al principio tempus regit actum: 
    1) ai procedimenti per equa  riparazione,  promossi  (come  nella
specie) a far data dal 25 giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2,
del decreto-legge n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda  di
equa riparazione non e proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; 
    2) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data  dal
16 settembre 2010, si applica - invece - l'art. 54,  comma  2,  dello
stesso decreto-legge n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La  domanda
di equa riparazione non e' proponibile se  nel  giudizio  dinanzi  al
giudice  amministrativo  in  cui  si  assume  essersi  verificata  la
violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo  2001,  n.  89,
non e' stata presentata l'istanza di prelievo  di  cui  all'art.  71,
comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo  al
periodo anteriore alla sua presentazione»; 
    3) non rileva (...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter,
della legge n.  89  del  2001,  applicandosi  essa  ai  soli  giudizi
amministrativi per i quali  il  termine  di  ragionevole  durata  sia
violato alla data del 31 ottobre 2016» (cosi' si  esprime  Cassazione
n. 16404/16; conformi, Cassazione n. 5914-5915/12 e n. 3740/13). 
    4.1.1. - Nel  caso  di  specie  -  quanto  alla  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta  la
domanda di equa riparazione nel 2009, relativamente  ad  un  processo
amministrativo pendente prima del 16 settembre  2010,  la  disciplina
applicabile  e'  quella  dell'art.  54,  comma  2,  decreto-legge  n.
112/2008 nel testo in vigore alla data della domanda stessa  (ratione
temporis non trova applicazione il comma 2-ter dell'art. 6  legge  n.
89/2001, introdotto dalla  legge  n.  208/2015  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, per essere stato definito il processo  presupposto  nel
2014). Conseguentemente detta domanda e' soggetta alla condizione  di
proponibilita' dell'istanza di prelievo per il periodo successivo  al
25 giugno 2008. 
    In generale,  infatti,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte l'istanza di  prelievo  disciplinata  dall'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907,  n.  642,  e  l'istanza  di  fissazione
d'udienza, regolata dall'art. 23 della  legge  6  dicembre  1971,  n.
1034, assolvono funzioni distinte, avendo la prima  la  finalita'  di
accelerare  il  processo  mediante  il  riscontro   del   persistente
interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il
perfezionamento della costituzione del  ricorrente  e  la  fissazione
dell'udienza,  la  perenzione   del   giudizio.   Ne   consegue   che
dall'entrata in vigore dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le  domande
di equa riparazione relative a procedimenti che si  svolgono  davanti
alle  giurisdizioni  amministrative,   la   preventiva   formulazione
dell'istanza   di   prelievo,   costituisce   una    condizione    di
proponibilita' non fungibile con l'istanza  di  fissazione  d'udienza
(cosi', Cassazione n. 16404/16, n. 780/15, n. 25572/10, nonche',  tra
le non massimate, n. 18546/14 e n. 785/15). 
    In particolare, poi, l'insostenibile  equipollenza  tra  l'una  e
l'altra ipotesi non e' esclusa ove una nuova istanza  di  discussione
sia stata presentata dopo la  scadenza  del  termine  di  centottanta
giorni previsto dall'art. 1, primo comma, dell'allegato 3  al  c.p.a.
per verificare il persistente interesse alla decisione  del  ricorso.
Cio' non solo e non tanto perche' una  nuova  istanza  di  fissazione
d'udienza presentata dopo centottanta giorni dall'entrata  in  vigore
del c.p.a. va equiparata ad altro, vale  a  dire  ad  una  tempestiva
dichiarazione, ai sensi del secondo comma del medesimo  articolo,  di
persistenza dell'interesse a  che  la  causa  sia  trattata,  purche'
proposta nei centottanta giorni dalla comunicazione  del  decreto  di
perenzione (e in mancanza di comunicazione senza neppure tale  limite
temporale);  ma  anche  ed  essenzialmente  in  quanto  il   prelievo
presuppone un processo amministrativo in cui  la  costituzione  della
parte  ricorrente  si  sia  perfezionata,  rendendo   cosi'   attuale
l'obbligo del giudice di pronunciarsi. Pendenti i termini di  cui  al
primo e al secondo comma del ridetto articolo, tale  perfezione,  non
piu' assicurata dalla prima istanza ex art.  23  legge  TAR  a  causa
dell'onere iterativo imposto dalla  medesima  norma  transitoria  del
c.p.a., non puo' farsi dipendere da un atto cui s'intenda  attribuire
il diverso effetto del prelievo, che a sua volta quella  costituzione
perfetta presuppone. 
    Ne consegue che nel caso di specie, essendo mancata l'istanza  di
prelievo, la domanda  di'  equa  riparazione  sarebbe  improponibile,
secondo il diritto vigente e la richiamata applicazione  costante  di
questa  Corte,  nella  parte  concernente  la  durata  del   giudizio
presupposto successiva alla data (del 25 giugno 2008) di  entrata  in
vigore del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, art.  54,  convertito
in legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    4.2. - Della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi
prospettati, si deve dubitare a  stregua  dei  piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte EDU. 
    Con la sentenza nel caso Daddi contro Italia (n. 15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa  dell'art.
54, secondo comma, decreto-legge n. 112/2008  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che  la  norma,
interpretata dai giudici  nazionali  nel  senso  di  escludere  dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori
al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune  categorie
di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata
e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri  contro
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi n.  17708/12,  n.  17717/12,  n.
17729/12  e  n.  22994),  in  una  fattispecie  relativa  a   giudizi
amministrativi iniziati nel 1990 e per i quali era  stata  presentata
la nuova istanza di fissazione dell'udienza  ai  sensi  dell'art.  9,
comma 2, legge n. 205/2000, ma non anche l'istanza  di  prelievo,  il
che  aveva  determinato  l'inammissibilita'  del  ricorso  per   equa
riparazione, la  Corte  EDU  ha  affrontato  in  maniera  diretta  il
problema dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege n.  89/2001
soggetta alla condizione di proponibilita'  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge  n.  112/2008.  Ed  esaminando   diacronicamente   tale
disposizione, fino al suo  ultimo  testo  scaturito  dalle  modifiche
apportate dal decreto  legislativo  n.  104/2010,  ha  convertito  in
critica espressa e consapevole la riserva formulata con  la  sentenza
resa nel caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi' affermato: 
    a) che ne' dal contenuto della norma ne'  dalla  relativa  prassi
giudiziaria si evince che l'istanza di prelievo  possa  efficacemente
accelerare la decisione in merito alla causa sottoposta all'esame del
tribunale; 
    b) che la condizione di  ammissibilita'  di  un  ricorso  «Pinto»
previsto dall'art. 54, comma 2 della legge n. 112/2008 risulta essere
una condizione formale che produce l'effetto di ostacolare  l'accesso
alla procedura interna; 
    c)  che  l'inammissibilita'  automatica  dei  ricorsi  per   equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E  richiamata  la  propria  giurisprudenza   sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54,  comma  2  del
decreto-legge n. 112 del 2008 in  combinato  disposto  con  la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'art. 13 della Convenzione». 
    4.3. - Benche'  occasionato  da  fattispecie  aventi  ad  oggetto
l'equa  riparazione   per   l'irragionevole   durata   del   processo
verificatasi anteriormente al 25 giugno 2008 (iniziati  nel  1990,  i
giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra  il  mese
di novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande  ex  lege
n. 89/2001  presentate  vigente  il  testo  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/2008 ante decreto legislativo n. 104/2010,  tale
precedente appare idoneo a incidere anche sulla decisione delle altre
fattispecie (per non dire dell'ipoteca che esso  iscrive  sull'intero
sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli articoli 1-bis e 1-ter
della legge n. 89/2001, ivi premessi dall'art. 1, comma 777,  lettera
a), della legge n. 208/2015 e basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione  della  sentenza
Olivieri contro Italia  (v.  par.  65),  il  riferimento  al  ridetto
decreto legislativo non puo'  liquidarsi  quale  mero  obiter  dictum
(peraltro di dubbia configurabilita'  in  un  contesto  motivazionale
esclusivamente argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di
raffronto tra norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo
tramite, la Corte di Strasburgo ha confermato e viepiu'  chiarito  il
senso del giudizio espresso sul pratico operare congiunto della legge
n. 89/2001 e della previsione dell'istanza di prelievo quale  rimedio
preventivo. E dunque pare sovrabbondante pretendere ed attendere che,
adita in relazione ad un caso perfettamente sovrapponibile  a  quello
ora in esame, la Corte EDU reiteri le medesime considerazioni operate
su di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il collegio rileva che pur non avendo
ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso  dalla
Corte EDU con la decisione sul caso Olivieri e'  da  ritenersi  ormai
adeguatamente consolidato. Esso costituisce il logico e preannunciato
sviluppo del principio gia' espresso nella sentenza sul  caso  Daddi;
e' stato adottato  all'unanimita';  non  presenta  alcuna  attitudine
innovativa rispetto alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale
fin qui seguita, concerne una fattispecie tutt'altro  che  isolata  o
peculiare, ma anzi connotata  da  ovvi  elementi  di  serialita';  si
colloca, coerente, nel solco  della  giurisprudenza  di  detta  Corte
europea sul principio di effettivita' per come esso vive in  concreto
negli  ordinamenti  nazionali;  ed  e  stato  espresso  nella   piena
consapevolezza del modus operandi dei giudici nazionali. 
    4.4. - Cosi' restituito a questa Corte di cassazione  il  compito
suo proprio d'interpretare  l'art.  54,  comma  2,  decreto-legge  n.
112/2008 e successive modificazioni, alla luce della Costituzione, si
rileva che  la  legittimita'  costituzionale  della  norma  e'  stata
ritenuta in relazione specifica ai referenti degli articoli 24 e  111
della Costituzione. Una volta  esclusane  l'applicazione  retroattiva
(id est, del testo attuale ai processi  amministrativi  non  pendenti
alla data del 16 settembre 2010 di entrata  in  vigore  del  c.p.a.),
essa non determina ne' irragionevoli disparita' di  trattamento,  ne'
lesione alcuna dei principi del giusto  processo  e  del  diritto  di
difesa, dal momento che l'istanza di prelievo  manifesta  l'interesse
della parte ad una rapida  definizione  della  domanda  di  giustizia
(cfr. Cassazione n. 26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della
legge n. 89/2001 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento
per sollecitare la trattazione urgente dei  ricorso.  Abrogato  detto
regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto  legislativo  n.
104/2010, e sostituita la disposizione  sul  prelievo  con  l'affatto
omologa norma dell'art. 71, comma  2,  c.p.a.,  permane  la  medesima
funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art. 71-bis, aggiunto  al  decreto  legislativo  n.  104/2010
dall'art. 1, comma 781, lettera b) della legge n. 208/2015,  in  base
al quale a seguito dell'istanza di cui al comma 2  dell'art.  71,  il
giudice,   accertata   la   completezza   del    contraddittorio    e
dell'istruttoria,  sentite  sul  punto  le  parti  costituite,   puo'
definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza  in  forma
semplificata. In disparte la sua applicabilita' a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una
tecnica decisoria piu'  agevole  e  veloce,  senza  tuttavia  imporla
nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul  complessivo
giudizio  di  (in)effettivita'  del  rimedio   interno   secondo   la
concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come  elaborata
dalla Corte di Strasburgo. Il che ripropone intatta la  questione  in
esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa Corte suprema ha avuto modo  di  affermare,  essa  ha  da
tempo assunto la funzione  di  segnalare  al  giudice  il  permanente
interesse della parte alla definizione del giudizio,  sovente  venuto
meno per circostanze sopravvenute alla sua proposizione  (quali  atti
di autotutela  o  sanatorie),  con  la  conseguenza  che  la  mancata
presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla
proposizione della domanda, costituisce indice  di  scarso  interesse
alla lite (cosi' Cassazione n. 3271/11, che da  cio'  ha  desunto  la
legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura  inferiore
rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come e' si detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di  trattazione  del  ricorso.  Tant'e'  che  prima  del
decreto-legge n. 112/2008 questa Corte aveva sempre affermato,  anche
a S.U., che la lesione del diritto alla definizione del  processo  in
un termine ragionevole, va riscontrata, anche per le cause davanti al
giudice  amministrativo,  con  riferimento  al   periodo   intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non  sospende  ne'  differisce  il  dovere
dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio
degli stessi, ne'  implica  il  trasferimento  sul  ricorrente  della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008-2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella  legge  n.  89/2001  dall'art.  1,
comma 777, lettera a),  della  legge  n.  208/2015,  consiste  dunque
nell'imporre al ricorrente di prenotare gli effetti della riparazione
per l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto, per  i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/2001  operino  a  regime,  sia  o   non   idonea   ad   assicurare
l'effettivita' dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del
fatto che i rimedi ivi contemplati devono essere azionati  prima  che
la violazione dell'art. 6, par. 1 CEDU sia consumata (salvo  rilevare
sin da ora che nessuna disposizione  imporrebbe  di  adottare  corsie
decisorie preferenziali). Per contro, nel caso dei processi  pendenti
alla data del 16 settembre 2010, l'art. 54, comma 2, decreto-legge n.
112/2008 impone tale prenotazione indipendentemente dalla circostanza
che la violazione si sia gia' realizzata o meno. Prova ne sia che  la
proponibilita' della domanda di equa riparazione non e'  esclusa  ove
l'istanza di prelievo sia stata presentata una sola volta e in  epoca
risalente rispetto alla conclusione del giudizio, atteso che  nessuna
norma e nessun principio processuale ne impongono la reiterazione  ad
intervalli piu' o meno regolari (v. Cassazione n.  14386/15);  e  che
l'istanza di prelievo, anche quando condiziona  ratione  temporis  la
proponibilita' della domanda di indennizzo, non  incide  sul  computo
della durata del processo, che  va  riferita  all'intero  svolgimento
processuale e  non  alla  sola  fase  seguente  detta  istanza  (cfr.
Cassazione n. 13554/16 e n. 2172/17). 
    4.4.1. - Resta -  difficilmente  eludibile  -  una  significativa
diversita' di accenti. Mentre per la giurisprudenza della  Corte  EDU
il rimedio  interno  deve  garantire  o  la  durata  ragionevole  del
giudizio o  l'adeguata  riparazione  della  violazione  del  precetto
convenzionale, sicche' ogni, ostacolo che vi si frapponga  rende  non
effettivo il rimedio stesso, l'art. 54,  comma  2,  decreto-legge  n.
112/2008  interpone  proprio  questo  ostacolo.  La   sua   finalita'
selettiva, volta a impedire riparazioni indiscriminate nell'ambito di
un processo peculiare come quello amministrativo, in cui piu' che  in
altri il rapporto sostanziale tra le parti e' soggetto alla  temperie
di fattori  esterni  e  mutevoli  destinati  ad  incidere  su  quello
processuale, se da un lato illumina la ratio della  norma  dall'altro
ne denuncia il contrasto irredimibile con la Convenzione. Secondo  la
Corte EDU, infatti, un processo finche' pende e' per  cio'  stesso  e
per cio' solo soggetto  al  termine  di  durata  ragionevole  e  alle
conseguenze della relativa violazione. 
    Non a caso la sentenza Olivieri contro Italia, nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria  del  TAR  per  chiedere  la  fissazione
d'urgenza della data dell'udienza».  Il  che  fa  risaltare  l'aporia
intrinseca dell'art. 54, comma  2,  decreto-legge  citato,  il  quale
subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non  solo  non  e'
funzionale alla progressione del giudizio piu' di quanto non  lo  sia
la  semplice  istanza  di  fissazione  dell'udienza,  essendo  dovuta
nell'un caso come nell'altro  la  risposta  giurisdizionale  fino  al
limite della perenzione; ma che altresi' si  trasfigura  rispetto  al
proprio originale, divenendo da strumento sollecitatorio per  ragioni
d'urgenza a mezzo di pura prenotazione dell'indennizzo,  tramite  una
surrettizia  e  sovrabbondante  dichiarazione   di   interesse   alla
decisione. 
    5. - Dunque e  riassumendo,  mentre  nella  giurisprudenza  della
Corte  EDU  il  rimedio   preventivo   e'   tale   se   efficacemente
sollecitatorio, l'interesse alla risposta  giurisdizionale  derivando
dalla stessa pendenza del processo, nel sistema integrato della legge
n. 89/2001 e del piu' volte citato  art.  54,  comma  2,  il  rimedio
preventivo non e' sollecitatorio, ma  puramente  dichiarativo  di  un
interesse altrimenti gia' incardinato nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di  qui  la  non  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma 2, del  decreto-legge
n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133  del
2008, per contrasto con l'art. 117, primo comma, della  Costituzione,
in relazione agli articoli  6,  par.  1,  13  e  46,  par.  1,  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, la' dove  subordina  la  proponibilita'  della
domanda di equa riparazione per l'irragionevole  durata  dei  giudizi
amministrativi alla previa presentazione  dell'istanza  di  prelievo,
nella parte concernente la durata del giudizio presupposto successiva
alla data (del 25 giugno 2008)  di  entrata  in  vigore  della  norma
impugnata. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e  23  della  legge  n.
87/1953,  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  in
riferimento all'art.  117,  primo  comma  della  Costituzione,  e  ai
parametri interposti degli articoli 6, par. 1, 13 e 46, par. 1  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955,  n.  848,  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/2008, convertito, con modificazioni, in legge n.
133/2008; dispone la sospensione del presente giudizio e ordina  che,
a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia  notificata  alle
parti del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa
Corte e al Presidente del Consiglio dei ministri;  ordina,  altresi',
che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai presidenti  delle
due Camere del Parlamento;  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti, comprensivi della documentazione attestante il  perfezionamento
delle  prescritte   notificazioni   e   comunicazioni,   alla   Corte
costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella camera  di  consiglio  della  seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2017. 
 
                       Il Presidente: Petitti