N. 36 SENTENZA 9 gennaio - 23 febbraio 2018

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Amministrazione  pubblica  -   Norme   per   la   semplificazione   e
  l'accelerazione   di   determinati   procedimenti    amministrativi
  riguardanti insediamenti produttivi,  opere  o  attivita'  ritenute
  strategiche  per  i   loro   positivi   effetti   sull'economia   o
  sull'occupazione - Modalita' di esercizio  del  potere  sostitutivo
  nei casi di inerzia regionale e locale, determinate  previa  intesa
  in Conferenza unificata. 
- Decreto del Presidente della Repubblica del 12 settembre  2016,  n.
  194  (Regolamento  recante   norme   per   la   semplificazione   e
  l'accelerazione   dei   procedimenti   amministrativi,   a    norma
  dell'articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124), art. 5, commi 1
  e 2. 
-   
(GU n.9 del 28-2-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito dell'art. 5, commi 1 e 2, del decreto  del  Presidente  della
Repubblica del 12 settembre 2016, n. 194 (Regolamento  recante  norme
per   la   semplificazione   e   l'accelerazione   dei   procedimenti
amministrativi, a norma dell'articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n.
124), promosso dalla Regione Veneto  con  ricorso  notificato  il  23
dicembre 2016 - 10 gennaio 2017,  depositato  in  cancelleria  il  30
dicembre 2016 e iscritto al n. 8  del  registro  conflitti  tra  enti
2016. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  9  gennaio  2018  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi l'avvocato Andrea Manzi per la Regione Veneto e  l'avvocato
dello Stato  Andrea  Fedeli  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione Veneto, con ricorso spedito per  la  notificazione
il 23 dicembre 2016, depositato il  successivo  30  dicembre  2016  e
iscritto al n. 8 del reg. confl. enti del 2016, ha promosso conflitto
di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione  all'art.  5,
commi 1 e 2, del  d.P.R.  12  settembre  2016,  n.  194  (Regolamento
recante  norme  per  la   semplificazione   e   l'accelerazione   dei
procedimenti amministrativi, a norma dell'articolo 4  della  legge  7
agosto 2015, n. 124), che ha definito le modalita' di  esercizio  del
potere sostitutivo, nei casi  di  inerzia  regionale  e  locale,  «in
assenza  di  adeguati  meccanismi  di   raccordo   con   la   Regione
interessata», nell'ambito di un regolamento di delegificazione  volto
alla semplificazione e all'accelerazione di determinati  procedimenti
amministrativi. 
    Secondo la ricorrente,  l'impugnato  regolamento  sarebbe  lesivo
degli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, in relazione alle materie
«governo del  territorio»,  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia», «ordinamento e organizzazione amministrativa
regionale», «turismo» e «commercio», 118 e 119, nonche' del principio
di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione. 
    1.1.- La ricorrente premette che l'art. 4 della  legge  7  agosto
2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche), rubricato «Norme per la semplificazione e
l'accelerazione dei procedimenti amministrativi»,  prevede  che,  con
regolamento da emanare «ai sensi dell'art. 17, comma 2,  della  legge
23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, previa intesa  in
sede di Conferenza unificata,  di  cui  all'articolo  8  del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro  centottanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate norme di
semplificazione  e  accelerazione  dei  procedimenti   amministrativi
[...]». 
    1.2.- La Regione afferma che, in attuazione di tale disposizione,
e' stato adottato il richiamato d.P.R. n.  194  del  2016,  il  quale
contiene  norme  per  la   semplificazione   e   l'accelerazione   di
procedimenti  amministrativi  riguardanti   «rilevanti   insediamenti
produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio  o  l'avvio  di
attivita' imprenditoriali  suscettibili  di  avere  positivi  effetti
sull'economia o sull'occupazione». 
    Tali procedimenti, prosegue la Regione Veneto,  sono  individuati
tra quelli aventi ad oggetto autorizzazioni, licenze, concessioni non
costitutive, permessi o nulla osta comunque denominati, ivi  compresi
quelli di  competenza  delle  amministrazioni  preposte  alla  tutela
ambientale,      paesaggistico-territoriale,      del      patrimonio
storico-artistico,  alla  tutela  della  salute  e   della   pubblica
incolumita', necessari per la localizzazione, la progettazione  e  la
realizzazione delle opere, lo stabilimento degli impianti  produttivi
e l'avvio delle attivita'. Sarebbero altresi' compresi i procedimenti
amministrativi previsti dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50
(Codice  dei  contratti  pubblici),   nonche'   quelli   relativi   a
infrastrutture e insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese. 
    La ricorrente richiama l'iter, previsto dall'art. 2 del d.P.R. n.
194  del  2016,  che  conduce  alla  definizione   degli   interventi
strategici da sottoporre a regime acceleratorio  per  la  conclusione
dei relativi procedimenti. Detto iter  trae  origine  dall'iniziativa
degli enti territoriali interessati o della Presidenza del  Consiglio
dei ministri e culmina in un decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, il quale, sulla base dei criteri di selezione  definiti  in
sede di Conferenza unificata e in relazione alla rilevanza strategica
degli interventi pubblici e privati, individua gli specifici progetti
e le concrete modalita' di accelerazione  dei  relativi  procedimenti
autorizzatori, sentiti i Presidenti  delle  Regioni  interessate  che
partecipano alla riunione del Consiglio dei ministri. 
    La Regione ricorda che, quanto al regime  acceleratorio,  possono
essere ridotti i termini di conclusione  dei  procedimenti  necessari
per la localizzazione, la  progettazione  e  la  realizzazione  delle
opere o degli insediamenti produttivi e l'avvio dell'attivita'.  Tale
riduzione e' consentita, tenendo conto della sostenibilita' dei tempi
sotto il profilo  dell'organizzazione  amministrativa,  della  natura
degli interessi pubblici tutelati e  della  particolare  complessita'
del procedimento, «in misura non superiore al 50 per  cento  rispetto
ai termini di cui all'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e
puo' essere prevista in riferimento ai singoli  procedimenti,  ovvero
rispetto a  tutti  i  procedimenti  necessari  per  la  realizzazione
dell'intervento, anche  successivi  all'eventuale  svolgimento  della
conferenza di servizi» (art. 3 del d.P.R. n. 194 del 2016). 
    A questa concentrazione temporale e' collegata la  previsione  di
un potere sostitutivo, previsto dagli artt.  4  e  5  del  richiamato
d.P.R., in caso di inutile decorso del  termine  di  conclusione  del
procedimento,   nell'ipotesi   cioe'   di    mancato    completamento
dell'intervento in precedenza individuato. 
    A tale riguardo, l'art. 4 attribuisce al Presidente del Consiglio
dei ministri la  competenza  ad  adottare  gli  atti  necessari  alla
conclusione del procedimento, previa deliberazione del Consiglio  dei
ministri.  Il  Presidente  del  Consiglio  ha  facolta'  di  delegare
l'esercizio del  potere  amministrativo  «a  un  soggetto  dotato  di
comprovata  competenza  ed  esperienza  in  relazione   all'attivita'
oggetto di sostituzione, fissando un nuovo termine per la conclusione
del  procedimento,  comunque  di  durata  non  superiore   a   quello
originariamente previsto». 
    Il successivo art. 5 disciplina, invece, l'esercizio  dei  poteri
sostitutivi nel caso in cui siano coinvolte «competenze delle regioni
e degli enti locali». La disposizione statuisce al comma 1, che: «Nei
casi in  cui  l'intervento  coinvolga  esclusivamente,  o  in  misura
prevalente, il territorio di una regione o  di  un  comune  o  citta'
metropolitana, e non sussista un preminente interesse nazionale  alla
realizzazione dell'opera,  il  Presidente  del  Consiglio  delega  di
regola all'esercizio  del  potere  sostitutivo  il  presidente  della
regione o il sindaco». 
    Al comma 2, la disposizione specifica che: «Fuori dei casi di cui
al comma 1, quando l'intervento coinvolga le competenze delle regioni
e degli enti locali, le modalita' di esercizio del potere sostitutivo
sono determinate previa  intesa  in  Conferenza  unificata  ai  sensi
dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». 
    2.- Secondo la ricorrente, l'art. 5, comma 1, che si  riferirebbe
a procedimenti afferenti a competenze  delle  Regioni  e  degli  enti
locali,   prevede   un   parametro   «geografico»   ove    realizzare
l'intervento, in assenza «di un preminente interesse  nazionale  alla
realizzazione dell'opera». In  tal  caso,  prosegue  la  Regione,  il
potere sostitutivo e' attribuito  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, con «mera facolta' di delega» al Presidente della Regione o
al sindaco. 
    Nel successivo comma  2,  invece,  si  enuncia  espressamente  il
parametro funzionale delle competenze  delle  Regioni  e  degli  enti
locali,  rimettendo,  fuori  dai  casi  di  cui  al   comma   1,   la
determinazione delle modalita' di esercizio del potere sostitutivo ad
un'intesa da raggiungere in sede di Conferenza unificata. 
    2.1.- Il  combinato  disposto  dei  commi  1  e  2  dell'art.  5,
creerebbe  «un  sistema   scoordinato   di   esercizio   del   potere
sostitutivo»,   invasivo   delle   attribuzioni    costituzionalmente
riservate alle Regioni. 
    Laddove,  infatti,  non  sussista  un  interesse  nazionale  alla
realizzazione dell'opera  e  questa  coinvolga  esclusivamente  o  in
misura prevalente il territorio di una Regione o di  un  ente  locale
(comma 1), il potere sostitutivo, pur in presenza  di  un  prevalente
interesse «locale», viene attribuito al Presidente del Consiglio  dei
ministri, il quale con valutazione «ampiamente  discrezionale»  avra'
la facolta' di delegarlo al Presidente della  Regione  o  al  sindaco
interessati «territorialmente». 
    In tale modo si assiste, secondo la ricorrente, all'avocazione di
un potere amministrativo «locale» da parte di un organo statale,  che
mancherebbe di ogni giustificazione.  Non  vi  sarebbe,  infatti,  un
interesse «centrale» a giustificare l'accentramento di  potere,  come
risulta dal tenore della norma; mancherebbe, inoltre, ogni  forma  di
«coordinamento  interistituzionale»,  tale  da   legittimare   simile
previsione, contravvenendo a quanto disposto dall'art. 4 della  legge
n. 124 del  2015,  che  prevede  idonee  forme  di  raccordo  per  la
definizione dei poteri sostitutivi, per i procedimenti in  cui  siano
coinvolte amministrazioni delle Regioni e degli enti locali. 
    2.2.- Neppure sarebbe immune da censura il comma 2  dell'art.  5,
secondo cui, nel caso in cui non sia coinvolto  esclusivamente  o  in
misura prevalente il territorio di una Regione  o  di  un  Comune  e,
«presumibilmente», sussista un  preminente  interesse  nazionale,  le
competenze regionali  e  locali  vengono  salvaguardate  mediante  la
determinazione delle modalita' di esercizio del potere sostitutivo in
sede di Conferenza unificata. 
    Tale disposizione, ad avviso della  ricorrente,  presenta  «delle
incongruenze  sistematiche,  laddove  attribuisce   alla   Conferenza
unificata una competenza anche  ove  siano  coinvolte  esclusivamente
competenze regionali». In tal  caso  la  sede  di  definizione  delle
modalita'  di  sostituzione  avrebbe  dovuto  essere  la   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano e non la Conferenza unificata. 
    In conclusione, secondo la Regione, i commi 1 e 2 dell'art. 5 del
d.P.R. n. 194 del 2016, risultano lesivi delle  competenze  regionali
riconosciute dagli artt. 117, terzo e  quarto  comma,  e  118  Cost.,
nonche' del principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.  120
Cost. (sono richiamate le sentenze n. 72, n. 73, n. 177, n.  324  del
2005; n. 31 del 2006; n. 264 del 2011). 
    3.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato  improcedibile  o
inammissibile per difetto di interesse e, in subordine, infondato. 
    3.1.- In via preliminare, viene eccepita  l'inammissibilita'  del
ricorso per  carenza  di  interesse  della  Regione  a  sollevare  il
conflitto, dal momento che il  12  maggio  2016  e'  stata  raggiunta
l'intesa in Conferenza unificata sul decreto in questione, a  seguito
dell'accoglimento di alcune proposte emendative da parte  di  Regioni
ed enti locali. La difesa erariale ricorda che questa Corte,  «in  un
caso analogo», riscontrato il raggiungimento dell'intesa, ha rilevato
il difetto di interesse  delle  Regioni  ricorrenti  a  promuovere  i
conflitti (e' riportata la sentenza n. 235 del 2006). 
    3.2.- Il difetto di  interesse  sussisterebbe  anche  perche'  le
disposizioni impugnate non producono effetti attuali e  lesivi  nella
sfera di attribuzione della Regione, come e' richiesto, invece, per i
conflitti di attribuzione fra enti. 
    Esse,  infatti,  stabiliscono,  conformemente  alla  delega,   un
diverso sistema  di  esercizio  del  potere  sostitutivo,  che  viene
attivato solo eventualmente e nel pieno rispetto  delle  attribuzioni
regionali, distinguendosi nettamente da  quello  disciplinato  per  i
procedimenti che incidono su esclusive competenze statali.  Per  tali
ragioni,  non  sarebbero  rilevabili   l'attualita'   e   l'effettiva
lesivita' delle disposizioni impugnate, in relazione  alla  sfera  di
attribuzioni della ricorrente. 
    3.3.- L'Avvocatura generale dello Stato sottolinea, inoltre,  che
l'art. 5 del d.P.R. n. 194 del  2016  ricalca  quanto  delineato,  in
generale, dalla  legge  5  giugno  2003,  n.  131  (Disposizioni  per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale   18   ottobre   2001,   n.   3),   con    riferimento
all'attribuzione del potere sostitutivo al Presidente  del  Consiglio
dei ministri per le finalita' previste dall'art. 120, secondo  comma,
Cost. 
    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, le  modalita'
di esercizio  del  potere  sostitutivo  non  sarebbero  rimesse  alla
discrezionalita' del Presidente del Consiglio dei  ministri,  ma,  di
norma, in via delegata, al Presidente della Regione o al sindaco. 
    Il Presidente del Consiglio dovrebbe,  semmai,  «con  motivazione
rafforzata», giustificare la delega ad un soggetto diverso e cio' non
appare al resistente  irragionevole  ne'  lesivo  delle  attribuzioni
delle autonomie territoriali. 
    3.4.-  L'Avvocatura  generale  dello  Stato  eccepisce   altresi'
l'inammissibilita' per assenza di lesivita'  dell'impugnato  art.  5,
comma 2. La Conferenza unificata sarebbe la sede piu'  idonea  a  far
emergere  le  esigenze  di  tutte  le  rappresentanze   territoriali.
Inoltre, l'intesa in Conferenza unificata,  sede  privilegiata  della
negoziazione politica tra lo Stato  e  il  sistema  delle  autonomie,
avrebbe  lo  scopo  di  «potenziare   le   prerogative   degli   enti
territoriali». 
    3.5.- Nel merito l'Avvocatura rileva l'infondatezza delle censure
prospettate  dalla  ricorrente,  in  quanto  basate  su   presupposti
normativi non corretti. 
    Ad  avviso  del  resistente,  la  Regione  Veneto   si   sofferma
fondamentalmente sul principio della chiamata in  sussidiarieta',  di
cui agli artt. 117 e 118 Cost., strumentale all'effettiva  avocazione
di funzioni  al  livello  statale,  al  fine  di  rendere  flessibile
l'ordine delle competenze. Fa presente  l'Avvocatura  generale  dello
Stato che questa Corte, con la sentenza n. 303 del 2003 - al fine  di
giustificare il ruolo dello Stato in un settore ritenuto di interesse
nevralgico per il Paese, come nel  caso  di  specie,  trattandosi  di
«rilevanti insediamenti produttivi, opere di  rilevante  impatto  sul
territorio o avvio di attivita' imprenditoriali suscettibili di avere
positivi effetti sull'economia o sull'occupazione» -  ha  valorizzato
il  principio  di  sussidiarieta'  nell'ottica  di  limitare   l'ente
sussidiato in favore del sussidiante. 
    Viene richiamata, poi, la sentenza  n.  165  del  2007,  con  cui
questa Corte avrebbe  affermato  che,  se  la  normativa  considerata
rivela la finalita' di realizzare un'incisiva azione a sostegno dello
sviluppo del  sistema  produttivo,  nel  quadro  di  una  manovra  di
politica  economica  nazionale,  esigenze   di   carattere   unitario
legittimano  l'avocazione  in  sussidiarieta'  sia   delle   funzioni
amministrative,  che  non  possono  essere  adeguatamente  svolte  ai
livelli  inferiori,  sia  della  relativa  potesta'   normativa   per
l'organizzazione  e  la  disciplina  di  tali  funzioni,   ferma   la
necessita'  che  l'intervento  legislativo  preveda  forme  di  leale
collaborazione con le Regioni. Inoltre, nella  sentenza  n.  112  del
2004, questa Corte  avrebbe  precisato  che  l'art.  120  Cost.,  nel
prevedere l'intervento sostitutivo del Governo, non  esaurisce  tutte
le possibili ipotesi  di  esercizio  del  potere  sostitutivo  e,  in
particolare, non  preclude  la  previsione  di  tale  potere  per  il
compimento di atti la cui  obbligatorieta'  derivi  da  interessi  di
livello superiore, pur nel  rispetto  delle  garanzie  procedimentali
ispirate ai principi di sussidiarieta' e di leale  collaborazione,  a
tutela  dell'autonomia  costituzionalmente  riconosciuta  agli   enti
territoriali. 
    4.- In prossimita' dell'udienza pubblica  sono  state  depositate
alcune memorie illustrative. 
    4.1.- La Regione Veneto ha evidenziato che l'intesa raggiunta  il
12 maggio 2016, sul procedimento di formazione  dell'atto  impugnato,
non fa venir meno l'interesse a ricorrere. Ritiene utile  richiamare,
nella   specie,   la   giurisprudenza   di   questa    Corte    sulla
inapplicabilita'   dell'istituto   dell'acquiescenza   nel   processo
costituzionale (e' citata la sentenza n. 77 del 2015). 
    Nel merito, la ricorrente ribadisce che  la  lesione  deriverebbe
dall'aver attribuito la titolarita' del potere sostitutivo in capo ad
un organo statale laddove non siano coinvolti  interessi  di  livello
nazionale. 
    4.2.- L'Avvocatura generale dello Stato  insiste  invece  per  la
dichiarazione di inammissibilita' e di improcedibilita', per  carenza
di interesse, ovvero di infondatezza  del  conflitto,  reiterando  le
eccezioni espresse nell'atto di costituzione in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Veneto ha promosso conflitto di  attribuzione  nei
confronti dello Stato,  lamentando  che  non  sarebbe  spettato  allo
stesso adottare le norme di cui agli artt. 5, commi 1 e 2, del d.P.R.
12  settembre  2016,  n.  194  (Regolamento  recante  norme  per   la
semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi,  a
norma dell'articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124), perche'  in
violazione degli  articoli  114,  117,  terzo  e  quarto  comma,  con
riferimento  alle  materie  «governo  del  territorio»,  «produzione,
trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»,  «ordinamento  e
organizzazione amministrativa regionale»,  «turismo»  e  «commercio»,
nonche' degli artt. 118, 119, e del principio di leale collaborazione
di cui all'art. 120 della Costituzione. 
    L'art. 5, comma 1, del d.P.R. n.  194  del  2016  stabilisce  che
«[n]ei casi in cui l'intervento coinvolga esclusivamente, o in misura
prevalente, il territorio di una regione o  di  un  comune  o  citta'
metropolitana, e non sussista un preminente interesse nazionale  alla
realizzazione dell'opera,  il  Presidente  del  Consiglio  delega  di
regola all'esercizio  del  potere  sostitutivo  il  presidente  della
regione o il sindaco»; il comma 2 del medesimo articolo  afferma  che
«[f]uori dei casi di cui al comma 1, quando l'intervento coinvolga le
competenze delle  regioni  e  degli  enti  locali,  le  modalita'  di
esercizio del potere sostitutivo sono determinate  previa  intesa  in
Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281». 
    2.- Secondo la Regione, il richiamato art. 5, comma 1, del d.P.R.
n. 194 del 2016, affida al Presidente del Consiglio dei  Ministri  il
potere sostitutivo, nel  caso  in  cui  non  sussista  un  preminente
interesse nazionale alla realizzazione dell'opera e questa  coinvolga
esclusivamente o in misura prevalente il territorio di  una  Regione.
Il   Presidente   del   Consiglio,   con   valutazione    «ampiamente
discrezionale», ha la facolta' di delegare tale potere al  Presidente
della Regione o al sindaco interessati «territorialmente». 
    Pur in presenza di  competenze  regionali,  si  assisterebbe,  ad
avviso   della   ricorrente,   all'avocazione,   priva    di    «ogni
giustificazione», di un potere amministrativo «locale» da parte di un
organo statale. Mancherebbe, inoltre, ogni  forma  di  «coordinamento
interistituzionale», in contrasto con la legge di delegificazione, in
particolare con l'art. 4 della legge 7 agosto 2015, n.  124  (Deleghe
al Governo  in  materia  di  riorganizzazione  delle  amministrazioni
pubbliche), il  quale  richiede  idonee  forme  di  raccordo  per  la
definizione dei poteri sostitutivi, per i procedimenti in  cui  siano
coinvolte amministrazioni delle Regioni e degli enti locali. 
    3.- L'impugnato art. 5, comma 2,  presenterebbe,  invece,  «delle
incongruenze  sistematiche,  laddove  attribuisce   alla   Conferenza
unificata una competenza anche  ove  siano  coinvolte  esclusivamente
competenze regionali». La sede  di  definizione  delle  modalita'  di
sostituzione  avrebbe  dovuto  essere,  secondo  la  ricorrente,   la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e  Bolzano,  in  luogo  della  Conferenza
unificata. 
    4.- Preliminarmente, va osservato che l'Avvocatura generale dello
Stato ha eccepito  l'inammissibilita'  del  ricorso  per  carenza  di
interesse. 
    Ad  avviso  della  difesa  erariale,  sull'impugnato  decreto  si
sarebbe  raggiunta  l'intesa  in  Conferenza  unificata,  a   seguito
dell'accoglimento  di  alcune  proposte  emendative  avanzate   dalle
Regioni e dagli enti  locali.  Da  cio'  deriverebbe  la  carenza  di
interesse   da   parte   della   ricorrente.   Inoltre,   mancherebbe
l'attualita'  e  la  concretezza  della  lesione   nella   sfera   di
attribuzione della ricorrente: le  disposizioni  impugnate,  infatti,
stabilirebbero  «un  diverso  sistema   di   esercizio   del   potere
sostitutivo», da attivarsi «solo eventualmente», «nel pieno  rispetto
delle attribuzioni regionali». 
    4.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    E' ben vero, come risulta dagli atti, che la  Regione  ricorrente
non si e' opposta alla  intesa  intervenuta  nella  riunione  del  12
maggio 2016 in sede di Conferenza unificata; va ritenuto  pero'  che,
nei  giudizi  per  conflitto  di   attribuzione,   l'adesione   della
ricorrente  all'intesa  non  pregiudica,  di  regola,  l'interesse  a
ricorrere,    stante    l'indisponibilita'     delle     attribuzioni
costituzionali di cui si controverte in tali giudizi (sentenze n. 130
del 2014, n. 275 del 2011, n. 95 del 2003). 
    Inoltre, non puo' essere  condivisa  l'obiezione  dell'Avvocatura
generale  dello  Stato,  secondo  la   quale   il   ricorso   sarebbe
inammissibile per carenza di attualita' della lesione. 
    La disciplina, generale e  astratta,  del  potere  sostitutivo  e
delle sue modalita' di esercizio puo' essere  di  per  se'  idonea  a
invadere le competenze costituzionali della Regione o a comprimere il
principio di  leale  collaborazione,  laddove  non  preveda  adeguati
meccanismi di raccordo con  gli  enti  territoriali  interessati.  La
denunciata lesione, paventata dalla ricorrente, non risulta meramente
ipotetica ma, al contrario, suscettibile di produrre «effetti  lesivi
attuali» della sua sfera di attribuzione, dai quali scaturirebbe  una
menomazione  tangibile  delle  prerogative  regionali  (ex  plurimis,
sentenze n. 66 del 2007, n. 72 del 2005, n. 137 del 1998, n. 211  del
1994, n. 153 del 1986). 
    4.2.- Va  rilevata,  ancora  preliminarmente,  l'inammissibilita'
delle censure avanzate dalla ricorrente in riferimento agli artt. 114
e  119  Cost.  Tali   disposizioni   sono   indicate   esclusivamente
nell'epigrafe e nelle  conclusioni  del  ricorso,  senza  essere  mai
richiamate o sviluppate nel corpo dell'atto. 
    5.- Il conflitto promosso con riferimento all'art.  5,  comma  1,
del d.P.R. n. 194 del 2016, e' inammissibile. 
    5.1.-  La  Regione   ricorrente   afferma   che   la   menzionata
disposizione regolamentare attribuirebbe ad  un  organo  statale  una
funzione  amministrativa  «locale»,  in  assenza  di   un   interesse
«centrale» che ne giustifichi l'avocazione. 
    Viene cosi' contestata, in  radice,  la  titolarita'  del  potere
sostitutivo, assegnato al Presidente del Consiglio dei ministri. 
    L'attribuzione di detto potere si deve,  tuttavia,  non  gia'  al
censurato art. 5, comma 1, ma all'art. 4 dell'impugnato  regolamento,
che, sul punto, riproduce la norma legislativa di delegificazione. 
    L'art. 4 della legge 7  agosto  del  2015,  n.  124  (Deleghe  al
Governo  in  materia  di   riorganizzazione   delle   amministrazioni
pubbliche), infatti, ha affidato al regolamento di delegificazione il
compito di dettare «norme  di  semplificazione  e  accelerazione»  di
taluni   procedimenti   amministrativi    riguardanti    insediamenti
produttivi,  opere  o  attivita'  ritenute  strategiche  per  i  loro
«positivi effetti sull'economia o sull'occupazione» (art. 4,  lettere
a e b, della legge n. 124 del 2015). 
    A tal fine, la legge di delegificazione ha indicato una serie  di
«norme generali regolatrici della materia», sulla base delle quali il
regolamento  avrebbe  dovuto  individuare  i  «tipi  di  procedimento
amministrativo, relativi a rilevanti insediamenti produttivi, a opere
di interesse generale o all'avvio di attivita'  imprenditoriali»,  ai
quali applicare una riduzione dei termini «in misura non superiore al
50 per cento rispetto a quelli applicabili ai sensi  dell'articolo  2
della legge 7 agosto 1990, n.  241»  (rispettivamente,  lettera  a  e
lettera c dell'art. 4  della  legge  n.  124  del  2015).  Sempre  ai
medesimi  fini,  la  norma  di  delegificazione  stabilisce  che   il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  previa  deliberazione  del
Consiglio,  individui  in   concreto,   nell'ambito   dei   tipi   di
procedimento, i singoli interventi ai quali puo' essere applicata  la
riduzione dei termini (art. 4, lettera b,  della  legge  n.  124  del
2015). 
    5.2.- Con riferimento ai procedimenti  relativi  agli  interventi
cosi' individuati, la lettera d) dell'art. 4 della legge n.  124  del
2015 ha attribuito  allo  stesso  Presidente  del  Consiglio,  previa
delibera del Consiglio dei Ministri  (cui,  secondo  il  regolamento,
sono chiamati a partecipare i Presidenti delle Regioni  interessate),
un  potere  sostituivo,  lasciando  al  regolamento  il  compito   di
prevedere, «per i procedimenti in cui siano coinvolte amministrazioni
delle regioni e degli enti locali», «idonee forme  di  raccordo»  per
l'esercizio dei menzionati poteri sostitutivi (art. 4, lettera e). 
    E' evidente, dunque,  che  le  censure  della  Regione  avrebbero
dovuto essere rivolte alla norma legislativa - la quale  ha  affidato
il potere sostituivo allo  Stato,  e  per  esso,  al  Presidente  del
Consiglio  -  posto  che  l'impugnato  regolamento  e',  sul   punto,
meramente   riproduttivo   della   legge   di   delegificazione.   La
giurisprudenza di questa Corte e'  costante,  infatti,  nel  ritenere
inammissibili ricorsi  per  conflitto  intersoggettivo  avverso  atti
meramente  consequenziali  (esecutivi,   confermativi   o   meramente
riproduttivi)  di  altri  atti  precedentemente  non  impugnati   (ex
plurimis, sentenze n. 260, n. 103 e n. 104 del  2016  e  n.  144  del
2013).  Cio'  vale,  a  maggior  ragione,  nei  confronti   di   atti
riproduttivi di precedenti norme legislative: in  tali  casi  «viene,
infatti, a determinarsi la decadenza dall'esercizio dell'azione,  dal
momento che non puo'  essere  consentita,  attraverso  l'impugnazione
dell'atto meramente consequenziale  della  norma  non  impugnata,  la
contestazione  di  quest'ultima,  in  ordine  alla  quale   e'   gia'
inutilmente spirato il termine fissato dalla legge» (sentenze  n.  77
del 2016 e n. 144 del 2013). 
    5.3.- Alla radicale contestazione  dell'attribuzione  del  potere
sostitutivo al Presidente del  Consiglio,  la  Regione  aggiunge  che
detta funzione sarebbe stata assegnata allo Stato in assenza «di ogni
forma di coordinamento interistituzionale»  e  «di  idonee  forme  di
raccordo per la definizione dei poteri sostitutivi». 
    La censura e' meramente  assertiva,  poiche'  non  viene  fornita
alcuna  descrizione  dei  denunciati   profili   di   lesione   delle
attribuzioni assegnate  dalla  Costituzione  alla  ricorrente.  Anche
sotto tale profilo, dunque, il conflitto promosso sull'art. 5,  comma
1, e' inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 62 del 2011  e  n.  105
del 2009). 
    6.- Il conflitto promosso con riferimento all'art.  5,  comma  2,
del d.P.R. n. 194 del 2016, non e' fondato. 
    6.1.- La Regione ricorrente  concentra  le  proprie  censure  sul
principio  di  leale  collaborazione,  che  avrebbe   dovuto   essere
declinato tramite il coinvolgimento della  Conferenza  Stato-Regioni,
non della Conferenza unificata. Al fine di  inquadrare  correttamente
la censura avanzata dalla ricorrente,  e'  necessario  illustrare  il
contesto normativo entro cui si colloca l'impugnata disposizione, che
costituisce un segmento  procedurale  di  un  piu'  ampio  intervento
regolatore. 
    6.2.- Sulla scorta della menzionata norma di delegificazione,  e'
stato  emanato  il  censurato  regolamento,  il  quale  ha  elencato,
all'art. 1 e in via  esemplificativa,  i  procedimenti  ai  quali  si
applica  la  riduzione  dei  termini,  relativi  ad  «autorizzazioni,
licenze, concessioni non costitutive, permessi o nulla osta  comunque
denominati, ivi compresi quelli di competenza  delle  amministrazioni
preposte  alla  tutela  ambientale,  paesaggistico-territoriale,  del
patrimonio  storico-artistico,  alla  tutela  della  salute  e  della
pubblica   incolumita',   necessari   per   la   localizzazione,   la
progettazione e la realizzazione delle opere, lo  stabilimento  degli
impianti produttivi e l'avvio delle attivita'». Oltre agli interventi
«suscettibili   di   avere   positivi   effetti    sull'economia    e
l'occupazione», secondo una formula gia'  contenuta  nella  legge  di
delegificazione, il regolamento dispone  l'applicabilita'  delle  sue
previsioni ai «procedimenti amministrativi relativi a  infrastrutture
e insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese». 
    6.3.- Indicati i tipi di procedimento oggetto di  semplificazione
e  accelerazione,   il   citato   regolamento   governativo   delinea
un'articolata procedura, concertata con gli  enti  territoriali,  che
include i diversi interessi  coinvolti  nella  fase  dell'iniziativa,
della progettazione e della concreta individuazione dell'intervento. 
    Sono infatti Regioni ed enti locali che propongono «entro  il  31
gennaio di ogni anno», un elenco  di  progetti  su  cui  intervenire;
elenco che, successivamente,  puo'  essere  integrato  da  parte  del
Presidente del consiglio (art. 2 del d.P.R. n. 194 del 2016). 
    Previa intesa  in  Conferenza  unificata,  sono  poi  definiti  i
criteri di selezione di detti progetti; sulla base di tali criteri il
Presidente del Consiglio, con  suo  decreto  e  previa  delibera  del
Consiglio dei Ministri, individua i singoli interventi, in  relazione
ai  quali,   «in   ragione   della   loro   rilevanza   economica   o
occupazionale», possono  essere  ridotti  i  termini  dei  rispettivi
procedimenti amministrativi (art. 2, comma 4, del d.P.R. n.  194  del
2016). Peraltro, in coerenza con lo spirito collaborativo che connota
l'intera procedura,  i  Presidenti  delle  Regioni  partecipano,  con
formula organizzativa non comune, al Consiglio dei Ministri, portando
cosi' il loro punto di vista  in  seno  all'organo  incaricato  della
decisione conclusiva dell'intero procedimento. 
    In particolare, la riduzione, disposta in misura non superiore al
50 per cento dei termini generali previsti dall'art. 2 della legge  7
agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di   procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi),
secondo una disposizione che richiama quanto previsto dalla legge  di
delegificazione, opera nei confronti dei «procedimenti necessari  per
la localizzazione, la progettazione e la realizzazione delle opere  o
degli insediamenti  produttivi  e  l'avvio  dell'attivita'»  e  «puo'
essere  prevista  in  riferimento  ai  singoli  procedimenti,  ovvero
rispetto a  tutti  i  procedimenti  necessari  per  la  realizzazione
dell'intervento». Nel caso in cui il termine  sia  gia'  parzialmente
decorso, il regolamento non manca di specificare  che  «la  riduzione
opera con riferimento al periodo residuo». 
    6.4.-  Ove  i  termini,  pur  cosi'  ridotti,  non  siano   stati
rispettati dall'amministrazione procedente  e  l'intervento  non  sia
stato realizzato, e' previsto  il  potere  sostitutivo,  affidato  al
Presidente del  Consiglio,  il  quale,  previa  formale  diffida,  su
deliberazione del Consiglio dei Ministri, interviene in sostituzione,
eventualmente delegando «un soggetto dotato di comprovata  competenza
ed esperienza» (art.  4,  comma  2,  del  d.P.R.  n.  194  del  2016,
riproduttivo, come gia' evidenziato, dell'art. 4,  lettera  d,  della
legge di delegificazione). 
    7.- E' di tutta evidenza che il regolamento  censurato,  e  prima
ancora la legge di delegificazione,  sono  ispirati  dall'intento  di
velocizzare l'azione amministrativa e di promuovere l'efficienza, nel
suo complesso, del sistema Paese, cosi'  coordinando  e  indirizzando
«l'attivita' economica pubblica e privata [...] a fini sociali» (art.
41, terzo comma, Cost.). La normativa ha  ad  oggetto,  infatti,  una
pluralita' di interventi collocati sull'intero territorio  nazionale,
non predeterminati ma da individuare e monitorare con il concorso  di
tutti i livelli di governo. 
    Per tale ragione, la disciplina de qua insiste su una  pluralita'
di aree procedurali e  segmenti  funzionali  riconducibili  sia  allo
Stato, sia a  Regioni,  Comuni  o  altri  enti  pubblici.  L'ampiezza
dell'intervento  normativo,  volto  a  semplificare   ed   accelerare
attivita'  destinate  a  produrre  i  menzionati  «positivi   effetti
sull'economia o sull'occupazione» (art. 4, lettera b, della legge  n.
124 del 2015 e art.  1,  comma  1,  del  d.P.R.  n.  194  del  2016),
normalmente  richiede  interventi  sinergici  di  piu'  attori,   non
consentendo cosi' di individuare,  in  via  preventiva,  il  titolare
delle funzioni  amministrative  e,  prima  ancora,  delle  competenze
legislative coinvolte. 
    7.1.-  L'intento  di  semplificazione  e  accelerazione   incide,
infatti, su dinamiche procedimentali complesse, rispetto  alle  quali
non e' sempre possibile isolare, a  priori,  il  livello  di  governo
coinvolto. In tal senso, nell'affidare ad un regolamento  governativo
la definizione dei procedimenti  da  abbreviare  e  le  modalita'  di
individuazione dei concreti interventi da compiere,  l'art.  4  della
legge n. 124 del 2015 ha richiesto, in coerenza con gli  orientamenti
di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 251 e n. 1 del 2016, n.  88
del 2014), che l'emanazione del regolamento di delegificazione  fosse
preceduto dall'intesa in Conferenza unificata;  intesa  sottoscritta,
il 12 maggio 2016, dallo Stato e -  senza  dissenso  alcuno  -  dalle
Regioni e dagli  altri  enti  territoriali.  Come  si  e'  visto,  il
regolamento, dal canto suo, ha delineato un  articolato  procedimento
che, proprio per  le  sue  finalita'  complessive  e  il  contestuale
intreccio di funzioni, vede la partecipazione attiva,  nelle  diverse
fasi, di Regioni ed enti locali. 
    8.- E' dunque  nel  contesto  normativo  e  procedimentale  sopra
descritto che va valutato l'impugnato comma 2 dell'art. 5,  censurato
dalla Regione. Esso disciplina le modalita' di  coinvolgimento  degli
enti  territoriali  in  relazione  al  potere  sostitutivo,  segmento
suppletivo (e  terminale)  dell'articolata  attivita'  disegnata  dal
regolamento: nel caso in cui l'intervento sia tale da coinvolgere  le
competenze (recte: le funzioni) delle Regioni e degli enti locali, le
modalita' di esercizio del potere sostitutivo sono determinate previa
intesa in Conferenza unificata (art. 5, comma 2). 
    8.1.- Non e' inappropriata la scelta, operata dalla  disposizione
censurata, di coinvolgere, in tali ipotesi, la  Conferenza  unificata
anziche' la Conferenza Stato-Regioni. 
    In proposito, deve essere ricordato come questa  Corte  abbia  in
piu' occasioni  affermato  che,  ove  gli  interessi  implicati  «non
riguard[i]no una singola Regione o Provincia autonoma» (sentenza n. 1
del 2016), ma tematiche comuni a tutto il  sistema  delle  autonomie,
inclusi gli enti locali (sentenza n. 383 del 2005),  appare  adeguata
la scelta legislativa di coinvolgere Regioni,  Province  autonome  ed
autonomie locali nel loro insieme attraverso la Conferenza unificata,
cosi' come disciplinata dal decreto legislativo 28  agosto  1997,  n.
281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni  della  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per  le  materie  ed  i
compiti di interesse comune  delle  regioni,  delle  province  e  dei
comuni, con la Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie  locali)  che,
all'art. 8, ne prevede la competenza per le materie ed i  compiti  di
interesse comune delle Regioni, delle Province, dei  Comuni  e  delle
comunita' montane. 
    Questa Corte ha ravvisato, nell'unione delle due  Conferenze,  un
istituto «utile non  solo  alla  semplificazione  procedimentale,  ma
anche a facilitare l'integrazione dei diversi punti di vista e  delle
diverse  esigenze  degli  enti  regionali,   provinciali   e   locali
coinvolti» (sentenza n. 1 del 2016; nello stesso senso,  sentenze  n.
88 del 2014, n. 297 e n. 163 del 2012, n. 408 del 1998). 
    L'intervento  in  Conferenza   unificata   e'   stato   preferito
soprattutto quando, come nel caso di specie, si e' trattato di misure
strategiche per lo sviluppo del Paese, coinvolgenti una pluralita' di
interessi afferenti ai diversi livelli di governo  (sentenza  n.  163
del 2012). 
    Di qui la non fondatezza del  conflitto  promosso  dalla  Regione
Veneto in relazione all'art. 5, comma 2, del d.P.R. n. 194 del 2016. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  inammissibile   il   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione promosso  dalla  Regione  Veneto,  nei  confronti  dello
Stato, in relazione all'art. 5, comma  1,  del  d.P.R.  12  settembre
2016, n. 194 (Regolamento recante  norme  per  la  semplificazione  e
l'accelerazione   dei   procedimenti    amministrativi,    a    norma
dell'articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124); 
    2) dichiara che spettava allo Stato adottare l'art. 5,  comma  2,
del d.P.R. n. 194 del 2016. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2018. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE