N. 45 SENTENZA 7 febbraio - 2 marzo 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento civile - Instaurazione con rito ordinario di  una  causa
  soggetta a rito speciale  (opposizione  a  decreto  ingiuntivo  per
  credito inerente a rapporto di locazione) -  Conseguente  mutamento
  del rito - Effetti sostanziali e processuali. 
- Codice di procedura civile, art. 426. 
-   
(GU n.10 del 7-3-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  426  del
codice di procedura  civile,  promosso  dal  Tribunale  ordinario  di
Verona, nel  procedimento  civile  vertente  tra  Morris  Bragato  in
proprio e nella qualita' di legale rappresentante della Agrojepistema
Bragato Luciano di Bragato Morris & C. snc  e  Diego  Carpenedo,  con
ordinanza del 16  gennaio  2017,  iscritta  al  n.  90  del  registro
ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Udito nella camera di consiglio del 7 febbraio  2018  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un giudizio di opposizione a decreto  ingiuntivo
- proposto «nelle forme ordinarie», con atto di citazione  notificato
alla controparte, in relazione al quale era stato pero'  disposto  il
mutamento del rito, per inerenza del credito azionato a  rapporto  di
locazione ricadente (ex art. 447-bis del codice di procedura  civile)
nell'ambito delle controversie per le quali  e'  prescritto  il  rito
speciale del lavoro  (da  introdursi  con  deposito  del  ricorso  in
cancelleria ai sensi degli  articoli  409  e  seguenti  dello  stesso
codice) - l'adito Tribunale  ordinario  di  Verona,  in  composizione
monocratica, chiamato a  pronunciarsi  sull'eccezione  avversaria  di
tardivita'  dell'opposizione,  risultandone  il  deposito  effettuato
oltre il termine perentorio (di 40  giorni  dalla  notificazione  del
decreto ingiuntivo) di cui all'art. 641 cod. proc. civ., ha  ritenuto
di  conseguenza  rilevante,  e  non   manifestamente   infondata   in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, ed ha  percio'
sollevato, con l'ordinanza  in  epigrafe,  questione  incidentale  di
legittimita' costituzionale dell'art.  426  cod.  proc.  civ.,  nella
parte, appunto, in cui, secondo  l'interpretazione  giurisprudenziale
consolidatasi in termini di diritto vivente,  «non  prevede  che,  in
caso di introduzione con rito ordinario di una causa soggetta al rito
previsto dagli art. 409 e ss. c. p. c. e di conseguente mutamento del
rito,  gli  effetti  sostanziali  e  processuali  della  domanda   si
producano secondo le  norme  del  rito  ordinario,  seguito  fino  al
mutamento». 
    Ad  avviso  del  rimettente,  la  disposizione  censurata,  cosi'
interpretata, violerebbe l'art. 3 Cost., per irragionevolezza, e  gli
artt. 24 e 111 Cost., per il vulnus, che ne conseguirebbe, al diritto
all'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale  e  ad   un   giusto
processo. 
    In relazione al primo profilo, verrebbero, infatti,  in  rilievo,
sia la sopravvenuta previsione normativa di cui all'art. 4, comma  5,
del decreto legislativo  1°  settembre  2011,  n.  150  (Disposizioni
complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e
semplificazione dei  procedimenti  civili  di  cognizione,  ai  sensi
dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), sia  i  principi
rinvenibili  nella   giurisprudenza   costituzionale   in   tema   di
«translatio iudicii» (sentenze n. 77 del 2007 e  n.  223  del  2013),
alla cui stregua gli effetti processuali dell'originaria  domanda  si
conservano, rispettivamente, anche nell'ipotesi di erronea scelta del
rito o di proposizione ab origine  della  domanda  stessa  dinanzi  a
giudice incompetente o sprovvisto di giurisdizione. 
    Quanto  al  secondo  profilo,   «l'applicazione   riduttiva   del
principio di strumentalita' della forma [...] ed  in  particolare  il
condizionamento dell'operativita' del principio della  sanatoria  per
raggiungimento  dello  scopo  alla  tempestiva  realizzazione   degli
effetti tipici dell'atto introduttivo del  rito  corretto»  -  quali,
appunto,  si  rifletterebbero  nella  disposizione  denunciata  -  la
renderebbero, appunto,  ingiustificata  e  lesiva  del  diritto  alla
effettivita' della tutela giurisdizionale dell'attore. 
    2.- Nessuna delle parti del giudizio a quo si e'  costituita  nel
giudizio di legittimita' costituzionale in  via  incidentale  ne'  e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- L'art. 426 del codice di procedura civile, sotto  la  rubrica
«Passaggio  dal  rito  ordinario  al  rito  speciale»,   testualmente
dispone, al primo comma, che «[i]l giudice,  quando  rileva  che  una
causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno  dei  rapporti  [di
lavoro] previsti dall'articolo 409, fissa con ordinanza l'udienza  di
cui all'articolo 420 e il termine perentorio entro il quale le  parti
dovranno   provvedere   all'eventuale   integrazione    degli    atti
introduttivi  mediante   deposito   di   memorie   e   documenti   di
cancelleria». 
    2.- Con riferimento, in particolare, all'ipotesi in cui una causa
di opposizione a decreto ingiuntivo concesso per crediti  relativi  a
un rapporto di locazione - e per  cio',  soggetta  al  rito  speciale
previsto per i rapporti di lavoro (in  virtu'  del  rinvio  a  questo
operato dall'art. 447-bis cod. proc. civ.) - sia stata  erroneamente,
invece, promossa con atto di citazione, «nelle forme  ordinarie»,  la
Corte di cassazione, in sede di esegesi del predetto art. 426, e', da
data risalente, ferma nel ritenere che la citazione puo' produrre gli
effetti del ricorso solo se sia depositata in  cancelleria  entro  il
termine di cui all'art. 641 cod. proc. civ., non essendo  sufficiente
che, entro tale data,  sia  stata  notificata  alla  controparte  (da
ultimo, sezione sesta civile, ordinanze 19 settembre 2017, n. 21671 e
29 dicembre  2016,  n.  27343;  sezioni  unite  civili,  sentenza  23
settembre 2013, n. 21675; in precedenza, ex plurimis,  terza  sezione
civile, sentenza 2 aprile 2009, n. 8014; e sezione  lavoro,  sentenza
26 marzo 1991, n. 3258). 
    In tal senso l'esegesi dell'art. 426 cod. proc. civ. si e'  ormai
consolidata come "diritto vivente". 
    3.- Il Tribunale ordinario di Verona - nel corso, appunto, di  un
giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo  a  crediti  in
materia di locazione, irritualmente introdotto con atto di  citazione
poi tardivamente depositato in  cancelleria  di  cui  la  controparte
aveva per  tal  profilo,  pero',  eccepito  l'inammissibilita'  -  ha
ritenuto, di conseguenza, rilevante, e non manifestamente  infondata,
in riferimento agli artt. 3, 24  e  111  della  Costituzione,  ed  ha
quindi sollevato questione incidentale di legittimita' costituzionale
dell'art.  426  c.  p.  c.  come  interpretato  dal   giudice   della
nomofilachia, «nella parte  in  cui  non  prevede  che,  in  caso  di
introduzione con  rito  ordinario  di  una  causa  soggetta  al  rito
previsto dagli artt. 409 e ss. c. p. c. e  di  conseguente  mutamento
del rito, gli effetti sostanziali e processuali si producano  secondo
le norme del rito ordinario, seguito fino al mutamento». 
    4.- L'irrilevanza della data  di  non  rituale  introduzione  del
giudizio, ai fini del rispetto  del  termine  di  decadenza  cui  sia
sottoposta   la   causa,   corollario   pacifico    della    riferita
giurisprudenza, sarebbe  conseguente,  secondo  il  rimettente,  alla
«mancanza, nella disciplina del processo in caso  di  erronea  scelta
del rito [...], di una previsione che ricolleghi  tutti  gli  effetti
processuali della domanda (e quindi anche quello della litispendenza)
all'atto introduttivo del rito erroneamente scelto, secondo le  forme
proprie di quest'ultimo». 
    Ma, proprio in ragione di tale "vuoto normativo" (che il  giudice
a quo sostanzialmente chiede  a  questa  Corte  di  colmare  con  una
pronunzia  additiva),  il  censurato  art.  426  cod.   proc.   civ.,
violerebbe, a suo avviso, l'art. 3 Cost., per irragionevolezza, e gli
artt. 24 e 111 Cost., per il vulnus, che ne conseguirebbe, al diritto
dell'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale  e  ad  un   giusto
processo. 
    La sanatoria dimidiata, e non piena,  dell'atto  non  ritualmente
introdotto «nelle forme ordinarie»  (in  luogo  di  quelle  del  rito
speciale per esso  previste)  -  quale  unicamente  consentita  dalla
disposizione impugnata - non sarebbe,  infatti,  piu'  coerente  alla
sopravvenuta previsione normativa di cui all'art.  4,  comma  5,  del
decreto  legislativo  1°  settembre  2011,   n.   150   (Disposizioni
complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e
semplificazione dei  procedimenti  civili  di  cognizione,  ai  sensi
dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), a  tenore  della
quale gli effetti della domanda si producono facendo riferimento alla
forma e quindi alla data dell'atto (sia pur erroneamente) in concreto
prescelto e non a quella che  l'atto  avrebbe  dovuto  avere,  e  che
assuma a seguito della conversione del rito. 
    E cio'  in  linea  con  una  "inversione  di  tendenza"  (cui  fa
riferimento il legislatore del 2011,  e  che  rimanda,  peraltro,  al
principio generale di sanatoria dell'atto  per  raggiungimento  dello
scopo, di cui all'art. 156 cod. proc. civ.), nel solco della quale si
inserisce anche la cosiddetta translatio iudicii ex art. 59, comma 2,
della legge 18 giugno 2009,  n.  69  (Disposizioni  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia
di processo civile), in termini di salvezza degli effetti sostanziali
e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui e'
stata  dichiarata  la  giurisdizione  fosse  stato  adito  fin  dalla
instaurazione del primo giudizio, oltre ad una, sia  pur  eccentrica,
pronuncia delle  stesse  sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione
(sentenza 14  aprile  2011,  n.  8491),  sulla  ritenuta  sostanziale
equipollenza delle forme del ricorso e della citazione ai fini  dalla
introduzione della impugnazione delle delibere condominiali. 
    5.- Le argomentazioni e i rilievi spesi  dal  giudice  rimettente
(anche  in  sintonia  con  la  posizione  di  parte  della   dottrina
processualcivilistica) muovono nella direzione di  una  ridefinizione
del «passaggio dal rito ordinario  al  rito  speciale»  -  quale  ora
recata dall'art. 426 cod. proc. civ., in termini di "diritto vivente"
- su una linea di maggior coerenza con la disciplina dei  nuovi  riti
speciali, nel senso che il mutamento  del  rito  (rispondente  ad  un
principio di  conservazione  dell'atto  proposto  in  forma  erronea)
operi, in ogni caso, solo pro futuro,  ossia  ai  fini  del  rito  da
seguire  all'esito  della  conversione,  senza  penalizzanti  effetti
retroattivi, restando - in altri termini - fermi quelli,  sostanziali
e processuali,  riconducibili  all'atto  introduttivo,  sulla  scorta
della forma da questo in concreto assunta  (e,  cioe',  nel  caso  in
esame, sulla base di un atto di  citazione  tempestivamente  comunque
notificato alla controparte). 
    6.-  Una  tale  auspicata  riformulazione   del   meccanismo   di
conversione del rito sub art. 426 cod. proc. civ. riflette,  appunto,
una valutazione di opportunita', e di maggior coerenza di sistema, di
una sanatoria  piena,  e  non  dimidiata,  dell'atto  irrituale,  per
raggiungimento dello  scopo.  Ma  non  per  questo  risponde  ad  una
esigenza di reductio ad legitimitatem della disciplina attuale, posto
che tale  disciplina  (a  sua  volta  coerente  ad  un  principio  di
tipicita' e non fungibilita' delle forme degli  atti)  non  raggiunge
quella soglia di manifesta irragionevolezza che consente il sindacato
di legittimita' costituzionale sulle norme processuali. 
    Con riguardo alla fattispecie in  esame,  questa  Corte  ha  gia'
avuto,  peraltro,  anche  occasione  di  affermare  che  la   diversa
disciplina dell'opposizione a decreto ingiuntivo nel rito ordinario e
in quello del lavoro (applicabile anche alle controversie in  materia
di  locazione)  «e'  giustificata  [...],  essendo  finalizzata  alla
concentrazione  della  trattazione   ed   alla   immediatezza   della
pronuncia» (ordinanza n. 152 del 2000,  che  richiama  la  precedente
ordinanza  n.  936  del  1988)  e  che  «il  principio  della  legale
conoscenza delle norme [...] non puo' non valere quando la  parte  si
avvalga, come nel caso  di  opposizione  a  decreto  ingiuntivo,  del
necessario patrocinio del difensore, ben  in  grado  di  desumere  la
causa petendi dagli atti notificati alla parte» (ordinanza n. 152 del
2000, che richiama le sentenze n. 347 del 1987 e n. 61 del 1980). 
    7.- A fronte, dunque, di un petitum implicante l'opzione  per  la
modifica di una regola processuale - opzione di per se' meritevole di
considerazione,  ma  comunque  rientrante  nell'ambito  delle  scelte
riservate alla discrezionalita' del legislatore  -  la  questione  in
esame va, pertanto, dichiarata inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale  dell'art.  426  del  codice  di   procedura   civile,
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della  Costituzione,
dal Tribunale ordinario di Verona, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA