N. 47 SENTENZA 7 febbraio - 2 marzo 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Trasporto - Contratto di autotrasporto di merci su strada  per  conto
  terzi  non  stipulato  in  forma  scritta  -   Determinazione   del
  corrispettivo - Regime transitorio. 
- Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo
  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
  stabilizzazione  della   finanza   pubblica   e   la   perequazione
  tributaria) - convertito, con  modificazioni,  in  legge  6  agosto
  2008, n. 133 - art. 83-bis, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10 e  11,  «nel
  testo temporale vigente». 
-   
(GU n.10 del 7-3-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  83-bis,
commi 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10 e 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112   (Disposizioni   urgenti   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, promosso dal Tribunale
ordinario di Lucca, nel procedimento vertente tra Ondulati Giusti spa
e il Fallimento G. F. M. Trasporti srl, con ordinanza del 22 febbraio
2017, iscritta al n. 102 del registro  ordinanze  2017  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  33,  prima   serie
speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 7 febbraio  2018  il  Giudice
relatore Giuliano Amato. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il  Tribunale  ordinario  di  Lucca,  con  ordinanza  del  22
febbraio 2017, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  41  della
Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
83-bis, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10 e 11, del decreto-legge 25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, «nel  testo  temporale
vigente», nella parte in cui  introduce  una  tariffa  minima  per  i
trasporti nazionali per conto terzi. 
    1.1.- L'art. 83-bis, commi 1, 2, 6 e 7, nel testo in vigore  alla
data dell'esecuzione delle prestazioni oggetto  del  giudizio  a  quo
(2010 - 2011), prevedeva che, qualora il contratto  di  trasporto  di
merci su strada non fosse stipulato in forma scritta (come  nel  caso
di specie), il corrispettivo minimo dovuto al vettore dovesse  essere
pari alla somma di due parametri. 
    Un primo parametro era dato dal prodotto del  costo  chilometrico
medio del carburante per il numero dei chilometri percorsi. Il  costo
medio del carburante era calcolato sulla base di  quanto  determinato
dall'Osservatorio   sulle   attivita'   di   trasporto    (da    ora:
Osservatorio), di cui all'art. 9 del decreto legislativo 21  novembre
2005, n. 286 (Disposizioni per il riassetto normativo in  materia  di
liberalizzazione   regolata    dell'esercizio    dell'attivita'    di
autotrasportatore),  tenuto  conto   delle   rilevazioni   effettuate
mensilmente dal Ministero dello sviluppo economico. 
    Un secondo parametro era pari alla quota dei costi di  esercizio,
diversi dal costo del carburante. Tale quota  era  calcolata  tenendo
conto sempre di quanto determinato dall'Osservatorio, a cui spettava,
due volte l'anno  (entro  il  quindicesimo  giorno  di  giugno  e  di
dicembre), stabilire la quota percentuale d'incidenza del  costo  del
carburante sul totale dei costi di esercizio. 
    Il successivo  comma  8  stabiliva  che,  qualora  la  parte  del
corrispettivo dovuto al vettore, diversa da quella diretta a  coprire
i costi di carburante, risultasse indicata in un importo inferiore  a
quello dei costi minimi di esercizio, il vettore poteva  chiedere  al
committente il pagamento della differenza. L'azione, per i  contratti
conclusi in forma verbale, si prescriveva in cinque anni  dal  giorno
del completamento della prestazione di trasporto. 
    Fino all'adozione delle determinazioni  fatte  dall'Osservatorio,
inoltre, il  comma  10  dell'art.  83-bis  prevedeva  una  disciplina
transitoria. In particolare, nel testo introdotto  dal  decreto-legge
10 febbraio 2009,  n.  5  (Misure  urgenti  a  sostegno  dei  settori
industriali in crisi, nonche' disposizioni in materia  di  produzione
lattiera e rateizzazione del debito nel  settore  lattiero-caseario),
convertito, con  modificazioni,  in  legge  9  aprile  2009,  n.  33,
spettavano al Ministero delle infrastrutture  e  dei  trasporti,  con
riferimento alle diverse tipologie  di  veicoli  e  alla  percorrenza
chilometrica, l'elaborazione  e  la  successiva  pubblicazione  delle
tabelle recanti gli indici sul costo del carburante per chilometro  e
le relative quote d'incidenza, sulla base dei dati in suo possesso  e
delle rilevazioni mensili del Ministero dello sviluppo economico  sul
prezzo medio del gasolio per autotrazione, sentite le associazioni di
categoria  piu'  rappresentative   dei   vettori   e   quelle   della
committenza. 
    Il comma 3, infine, stabiliva che le disposizioni di cui all'art.
83-bis,  volte  a  disciplinare  i  meccanismi  di  adeguamento   dei
corrispettivi  dovuti  dal  mittente  per  i  costi  del   carburante
sostenuti dal vettore, dovevano  essere  sottoposte  a  verifica  con
riferimento all'impatto sul mercato, dopo un anno  dalla  data  della
loro entrata in vigore (le disposizioni qui interessate, ai sensi del
comma 11, trovavano applicazione con  riferimento  agli  aumenti  nel
costo del gasolio a decorrere  dal  1°  gennaio  2009  o  dall'ultimo
adeguamento effettuato). 
    2.- Riferisce il giudice rimettente di essere chiamato a decidere
sull'opposizione  a  decreto  ingiuntivo  presentata  dalla  Ondulati
Giusti spa, con cui, su ricorso della G. F. M. Trasporti srl,  le  e'
stato ordinato di pagare, per i trasporti eseguiti negli anni 2010  -
2011, la somma  di  euro  261.906,70,  oltre  accessori  e  spese  di
procedura, a titolo di differenze tra i corrispettivi concordati  tra
le parti al momento della conclusione dei contratti  di  trasporto  e
quanto previsto come dovuto ai sensi del comma 7 dell'art. 83-bis del
d.l. n. 112 del 2008. Le parti avrebbero concluso, infatti, contratti
in forma orale,  concordando  corrispettivi  inferiori  alla  tariffa
minima fissata dalla disposizione richiamata. 
    Riguardo a tale giudizio, il Tribunale ordinario di  Lucca  aveva
gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale dello  stesso
art. 83-bis, commi 1, 2, 6, 7 e 8, del  d.l.  n.  112  del  2008,  in
riferimento ai medesimi parametri  qui  invocati.  Questione  su  cui
questa Corte, con l'ordinanza n.  80  del  2015,  si  e'  pronunciata
restituendo gli atti al giudice a quo. 
    In pendenza del giudizio di legittimita' costituzionale, infatti,
da un lato era intervenuta  la  sentenza  della  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea del 4 settembre 2014, API, nelle cause riunite da
C-184/3  a  C-187/13,  C-194/13,  C-195/13  e  C-208/13,  ove  si  e'
affermato che l'art. 101 del Trattato sul  funzionamento  dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato  di  Lisbona
del 13 dicembre 2007, ratificato dalla legge 2 agosto 2008,  n.  130,
in combinato  disposto  con  l'art.  4,  paragrafo  3,  del  Trattato
sull'Unione europea (TUE), firmato a Maastricht il 7  febbraio  1992,
entrato in  vigore  il  1°  novembre  1993,  osta  ad  una  normativa
nazionale in forza della quale il prezzo dei servizi di autotrasporto
non puo' essere inferiore a costi minimi di esercizio, determinati da
un  organismo  composto  principalmente   da   rappresentanti   degli
operatori economici interessati.  Dall'altro  lato,  la  sopravvenuta
legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2015)», all'art. 1, comma 248, aveva abrogato i  commi  1,
2, 3 e da 6 a 11, integralmente sostituendo i commi da 4 a  4-sexies,
dell'art. 83-bis del d.l. n. 112 del 2008 e facendo venir  meno  ogni
disciplina legale del corrispettivo del contratto di trasporto. 
    2.1.- Il Tribunale di Lucca, pertanto, ai  fini  di  un  corretto
inquadramento  della  questione,  richiama  integralmente  il   testo
dell'ordinanza di rimessione oggetto dell'ordinanza n. 80 del 2015. 
    2.1.1.- La ratio della disciplina  censurata  andrebbe  ravvisata
nella volonta' del legislatore di garantire  agli  autotrasportatori,
attraverso l'imposizione di un corrispettivo minimo, il recupero  dei
costi minimi determinati in via amministrativa, inclusi  i  costi  di
gestione riferibili alla sicurezza. In tal modo, sarebbero  garantite
l'efficienza dei mezzi, la capacita' psico-fisica  degli  autisti  e,
dunque, la sicurezza stradale. 
    Piu' volte la giurisprudenza comunitaria avrebbe  avuto  modo  di
affermare che sono compatibili con le norme comunitarie in materia di
liberta' di stabilimento e di liberta' di prestazioni dei servizi, di
liberta' di concorrenza e di trasporti, i provvedimenti legislativi e
amministrativi, direttamente riferibili allo Stato membro,  che,  per
ragioni di interesse generale, introducono tariffe minime e/o massime
(si richiamano, in particolare, la sentenza della Corte di  giustizia
dell'Unione europea, seconda sezione, del 1° ottobre 1998,  Librandi,
in causa C-38/97, e la  sentenza  della  Corte  di  giustizia,  sesta
sezione, del 5 ottobre 1995, Spediporto, in causa C-96/94). 
    Non potrebbe ritenersi, quindi, che un sistema  quale  quello  in
esame,  introdotto  nell'interesse  generale  alla  sicurezza   della
circolazione stradale, recante una tariffa minima non stabilita dalle
organizzazioni di categoria, si ponga in  contrasto  con  il  diritto
comunitario. 
    2.1.2.- Le disposizioni censurate, tuttavia, violerebbero  l'art.
41 Cost. e cio' sotto due profili. 
    Da un lato, non si giustificherebbe l'introduzione di un  sistema
tariffario che limiti la concorrenza,  prevedendo  una  significativa
barriera all'iniziativa economica  privata.  La  sicurezza  stradale,
infatti,  non  sarebbe  garantita  dall'esistenza  di   corrispettivi
minimi, ma dal rispetto delle disposizioni del codice della strada  e
di  quelle  concernenti  la  sicurezza  sul  lavoro,   rispetto   che
concorrerebbe  a  determinare,   secondo   leggi   di   mercato,   il
corrispettivo del servizio  di  autotrasporti  su  strada  per  conto
terzi. Un'impresa che non copra i  costi  di  esercizio,  cosi'  come
determinati  anche  dall'osservanza  delle  norme   sulla   sicurezza
stradale, sarebbe un'impresa fuori mercato, destinata al  fallimento.
L'esistenza  di  tariffe  minime,  invece,  non  offrirebbe   nessuna
garanzia di rispetto delle disposizioni in questione. 
    Dall'altro lato, il bilanciamento tra la liberta'  di  iniziativa
economica  e  la  sicurezza  stradale,  operato  dalle   disposizioni
censurate, sarebbe irragionevole, perche', a  fronte  di  una  sicura
limitazione della  liberta'  prevista  dall'art.  41  Cost.  e  della
liberta' di  concorrenza,  non  vi  sarebbe  certezza  in  ordine  al
risultato in termini di sicurezza stradale. 
    2.1.3.- Sarebbe altresi' violato l'art 3 Cost.,  «sub  specie  di
discriminazione a rovescio derivante  dall'applicazione  del  diritto
comunitario». 
    L'art. 83-bis del d.l. n. 112 del 2008, infatti,  non  troverebbe
applicazione riguardo ai trasporti internazionali e ai  trasporti  di
cabotaggio, cioe' ai trasporti nazionali eseguiti in occasione di  un
trasporto internazionale, ai sensi dell'art. 8  del  regolamento  del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  21  ottobre   2009,   n.
1072/2009/CE  «che  fissa  norme  comuni  per  l'accesso  al  mercato
internazionale del trasporto di merci su strada». In tal modo, mentre
gli  autotrasportatori  stabiliti  in  Italia  sarebbero   tenuti   a
rispettare il prezzo minimo,  quest'ultimo,  invece,  non  troverebbe
applicazione ai trasporti eseguiti in regime di cabotaggio. 
    Vero e'  che  il  regolamento  n.  1072/2009/CE  introduce  delle
limitazioni a tale tipologia  di  trasporti,  ma  si  tratterebbe  di
limiti poco significativi dal punto  di  vista  quantitativo.  Non  a
caso, lo stesso Governo italiano si sarebbe avvalso  della  facolta',
prevista dalle norme comunitarie, di vietare per due anni (sino al 31
dicembre 2011), i trasporti in regime di  cabotaggio  per  i  vettori
stabiliti in Bulgaria e Romania, Stati  entrati  nell'Unione  europea
nel 2009. 
    2.2.- Riguardo alla questione ora all'esame di questa  Corte,  il
giudice rimettente, in  via  preliminare,  si  sofferma  sui  profili
attinenti alla rilevanza della stessa questione. 
    2.2.1.- L'ordinanza n. 80  del  2015  e'  stata  trasmessa  dalla
cancelleria della Corte nel mese di maggio 2015, ma la  comunicazione
della cancelleria del Tribunale alle parti  del  giudizio  a  quo  e'
avvenuta  nel  corso  dell'anno  successivo.  Nell'ambito   di   tale
procedimento di comunicazione e' emerso che la G. F. M. Trasporti srl
era stata dichiarata fallita, sicche', difettando  una  parte  a  cui
comunicare l'ordinanza ai fini della riattivazione  del  procedimento
sospeso, con ordinanza  del  25  ottobre  2016  e'  stata  dichiarata
l'interruzione del processo.  Quest'ultimo  e'  stato  poi  riassunto
tempestivamente dalla  Ondulati  Giusti  spa.  Si  e'  costituita  la
curatela  del  fallimento,  eccependo  l'estinzione   del   giudizio,
sull'assunto che il termine per la riattivazione del processo sospeso
decorrerebbe   dalla   pubblicazione   dell'ordinanza   della   Corte
costituzionale (20 maggio 2015). All'udienza  di  comparizione  delle
parti del 17 febbraio 2017, il giudice istruttore  si  e'  riservato,
anticipando  che  avrebbe  rimesso  di  nuovo  gli  atti  alla  Corte
costituzionale. 
    Cio' premesso, secondo pacifica  giurisprudenza  della  Corte  di
cassazione, nel  caso  di  sospensione  del  processo  a  seguito  di
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, il dies a quo  del
termine  perentorio  per  la  riassunzione   del   giudizio   sarebbe
rappresentato dal giorno in cui avviene la comunicazione alla parte -
ad opera della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione
- della pronuncia  della  Corte  che  ha  definito  la  questione  di
costituzionalita' ad essa rimessa, poiche' solo questa  comunicazione
determinerebbe la conoscenza concreta della pronunzia medesima  (sono
richiamate: Cassazione civile, sezione  prima,  sentenza  2  dicembre
2010, n. 24533; Cassazione civile, sezione prima, sentenza 7 febbraio
2006, n. 2616; Cassazione civile, sezioni unite, sentenza  10  maggio
1996, n. 4394). Sotto  tale  profilo,  pertanto,  non  si  porrebbero
problemi in punto di rilevanza. 
    2.2.2.- Nessuna incidenza avrebbero  le  modifiche  di  cui  alla
legge n. 190 del 2014. La stessa ordinanza n. 80 del  2015,  infatti,
precisa  che  tali  modifiche  hanno  effetto  soltanto  a  decorrere
dall'entrata in vigore della stessa  legge  abrogativa.  Poiche'  nel
caso di specie verrebbero in rilievo contratti di trasporto  conclusi
negli anni 2010 e 2011, risulterebbe evidente che le disposizioni  da
applicare sono proprio quelle abrogate e sospettate  d'illegittimita'
costituzionale. 
    2.2.3.- Neppure inciderebbe sulla questione sottoposta  all'esame
di questa Corte quanto statuito  dalla  Corte  di  giustizia  con  la
sentenza  del  4  settembre  2014,  concernendo  la  stessa  solo  la
determinazione    dei    costi    minimi    d'esercizio     demandata
all'Osservatorio sulle attivita' di  autotrasporto.  Solo  in  quanto
rimessa a tale organo, espressione delle associazioni  di  categoria,
infatti, la fissazione dei costi minimi contrasterebbe con l'art. 101
TFUE, in combinato disposto con l'art. 4, comma 3, TUE. Nel  caso  di
specie,  invece,  verrebbero  in  rilievo  in  prevalenza   contratti
conclusi tra il 2010 e ottobre 2011, quando  l'Osservatorio  non  era
ancora operativo (la prima deliberazione dei costi minimi  effettuata
dall'Osservatorio e'  del  2  novembre  2011)  e,  pertanto,  trovava
applicazione la disciplina transitoria prevista dall'art. 83-bis  del
d.l. n. 112 del 2008. Disciplina che la  successiva  ordinanza  della
Corte di giustizia del 21 giugno 2016, Salumificio  Murru,  in  causa
C-121/16,  avrebbe  esplicitamente  dichiarato  compatibile   con   i
Trattati europei. 
    2.2.4.- Dunque, rispetto alla questione decisa con l'ordinanza n.
80 del 2015, i termini resterebbero i  medesimi.  Infatti,  dovendosi
fare applicazione delle disposizioni abrogate,  conformi  al  diritto
comunitario,  rimarrebbe  attuale  la   questione   di   legittimita'
costituzionale  gia'  prospettata,  sia  pure  riferita   al   regime
transitorio. 
    2.3.- Nel merito, ad integrazione delle predette  considerazioni,
il giudice rimettente aggiunge che,  come  rilevato  dalla  Corte  di
giustizia nella sentenza del 4 settembre 2014, la  normativa  de  qua
prenderebbe in considerazione in maniera del tutto generica la tutela
della sicurezza stradale, senza  stabilirne  il  nesso  con  i  costi
minimi d'esercizio. Si tratterebbe, pertanto, di un  mero  escamotage
linguistico per mascherare  una  chiara  limitazione  della  liberta'
d'iniziativa economica e, quindi, della liberta' di concorrenza. 
    3.- Con atto depositato il 5 settembre 2017,  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata infondata. 
    3.1.- Per quanto concerne l'art.  41  Cost.,  viene  sottolineato
che, per costante  giurisprudenza  costituzionale,  il  principio  di
liberta' di iniziativa economica privata deve  essere  bilanciato  da
contrapposti interessi di utilita' sociale, purche'  l'individuazione
degli stessi non appaia arbitraria e gli interventi  del  legislatore
non  prevedano  misure   palesemente   incongrue.   In   ogni   caso,
l'intervento  legislativo  non  deve  comportare  sostanzialmente  la
funzionalizzazione  dell'attivita'  economica  di  cui   si   tratta,
sacrificandone le opzioni di fondo o restringendone in rigidi confini
lo spazio e l'oggetto delle stesse scelte organizzative (si  richiama
la sentenza n. 548 del 1990). 
    Nella  fattispecie,   ai   fini   del   suddetto   bilanciamento,
assumerebbe  rilevanza  l'interesse  pubblico  alla  sicurezza  della
circolazione stradale,  che  giustificherebbe  la  limitazione  della
liberta' negoziale delle  parti,  allo  scopo  di  garantire  che  il
corrispettivo del vettore sia tale da consentire almeno la  copertura
dei costi minimi di esercizio. 
    I costi determinati dal  Ministero  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti non costituirebbero  un  irragionevole  regime  tariffario,
bensi' rappresenterebbero il limite minimo al di sotto del  quale  il
corrispettivo  non  puo'  scendere,  perche'  altrimenti   verrebbero
compromessi i  livelli  di  sicurezza  nella  circolazione  stradale,
stante la tendenza delle imprese, sotto la spinta  concorrenziale,  a
sfruttare le risorse oltre i limiti compatibili con  le  esigenze  di
sicurezza. 
    Il fatto che tali limiti siano  fissati  e  sanzionati  da  altre
disposizioni  legislative  non  renderebbe  inefficaci  -  e   quindi
irragionevoli - le disposizioni in esame, perche' esse, agendo  sulla
leva  economica  del  corrispettivo,   avrebbero   la   funzione   di
disincentivare le imprese dal violare le norme sulla sicurezza  della
circolazione stradale.  Si  tratterebbe,  quindi,  di  un  intervento
regolatorio  ex   ante,   perfettamente   compatibile   -   ed   anzi
complementare  -  rispetto  alle  altre   disposizioni   legislative,
richiamate   nell'ordinanza   di   rimessione,    che    disciplinano
l'intervento ex post, finalizzato a  reprimere  la  violazione  delle
regole di sicurezza. L'affermazione del giudice a quo secondo cui  la
sicurezza stradale sarebbe garantita unicamente dal rispetto di altre
disposizioni, dunque, non terrebbe conto del fatto  che  l'osservanza
di una regola  puo'  essere  assicurata  non  solo  attraverso  norme
repressivo-sanzionatorie, ma anche mediante norme dirette a prevenire
la violazione, rimuovendo  o  quanto  meno  riducendo  l'interesse  a
commetterla. 
    Peraltro, la fissazione in via amministrativa di costi minimi, la
cui  copertura  deve  essere   garantita   dal   corrispettivo,   non
invaderebbe tutto lo spazio negoziale  a  disposizione  delle  parti,
riguardando  solo  i  costi  incomprimibili  ed  essenziali  per   la
sicurezza della circolazione  stradale.  Rimarrebbero,  invece,  alla
libera contrattazione, e quindi alla concorrenza, tutte le altre voci
che incidono sulla determinazione del corrispettivo, ivi compreso  il
margine di profitto. Si tratterebbe di un regime non assimilabile  ad
una vera e propria regolazione tariffaria (di cui, anzi costituirebbe
il superamento), la cui  incidenza  sulla  liberta'  negoziale  delle
parti sarebbe  alquanto  ridotta  ed  ampiamente  giustificata  dalle
descritte esigenze di sicurezza, nel pieno rispetto del principio  di
proporzionalita'. 
    D'altronde, gia' con la sentenza n. 386 del 1996, con riferimento
al previgente e ben piu' incisivo sistema della "tariffa a forcella",
questa Corte aveva sottolineato che un  sistema  pubblicistico  delle
tariffe, oltre a realizzare la trasparenza del  mercato,  e'  teso  a
garantire alle imprese un margine di utile,  evitando  situazioni  di
concorrenza  sleale  che  costringano  le  imprese  ad   operare   in
condizioni  di  difficolta',  tali  da  non  procedere  ai  necessari
ammortamenti e  a  garantire  ai  lavoratori  il  dovuto  trattamento
giuridico-economico.  Pertanto,  si   rientrerebbe   nell'ambito   di
quell'utilita'  sociale   che,   ai   sensi   dell'art.   41   Cost.,
consentirebbe bilanciamenti alla  liberta'  di  iniziativa  economica
privata. 
    La  stessa  Corte  di  giustizia  ha  piu'  volte  affermato   la
compatibilita' del sistema tariffario dell'autotrasporto di merci con
l'ordinamento comunitario. Anzi, con l'ordinanza del 21 giugno  2016,
proprio in riferimento alle disposizioni censurate, si  e'  precisato
che la determinazione da parte  di  un'amministrazione  pubblica  del
prezzo dei servizi di autotrasporto, in misura non inferiore ai costi
minimi di esercizio, non incide sulla  liberta'  di  concorrenza.  Il
giudice a quo, nel dare atto di tale pronuncia, non  indicherebbe  le
specifiche ragioni per cui il  regime  transitorio  sarebbe  comunque
contrario all'art. 41 Cost. 
    3.2.- Riguardo alla violazione dell'art.  3  Cost.,  l'Avvocatura
generale dello Stato ribadisce che la stessa sarebbe prospettata  con
riguardo a situazioni differenti, rispetto a cui si  giustificherebbe
una diversa disciplina. 
    Il trasporto di cabotaggio, infatti, costituisce una  prestazione
occasionale e  limitata,  svolta  da  un'impresa  non  stabilita  sul
territorio nazionale nell'ambito di un trasporto  internazionale.  In
pratica, si tratterebbe di una  prestazione  svolta  da  vettori  non
residenti in Italia che, in occasione di un  viaggio  internazionale,
piuttosto che rientrare a vuoto, effettuano un  altro  trasporto  nel
nostro Paese prima di raggiungere la frontiera. Sarebbe, quindi,  una
fattispecie del tutto peculiare e differente sul piano  soggettivo  e
oggettivo rispetto a quella disciplinata dalle disposizioni in esame,
che  trova  la  sua   disciplina   specifica   nel   regolamento   n.
1072/2009/CE. 
    Dunque, altro sarebbe  regolamentare  un'attivita'  di  trasporto
svolta integralmente sul territorio  nazionale,  altro  regolamentare
un'attivita' di trasporto occasionale ed accessoria  rispetto  ad  un
trasporto transfrontaliero disciplinato da norme sovranazionali,  non
integrandosi  i  profili  in  base  ai  quali  puo'  censurarsi   una
disposizione nel giudizio di eguaglianza (sono richiamate le sentenze
n. 386, n. 193 e n. 89 del 1996). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  Tribunale  ordinario  di  Lucca,  con  ordinanza  del  22
febbraio 2017, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  41  della
Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
83-bis, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10 e 11, del decreto-legge 25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, «nel  testo  temporale
vigente», nella parte in cui  introduce  una  tariffa  minima  per  i
trasporti nazionali per conto terzi. 
    Le  disposizioni  censurate  prevedono  che,  nei  contratti   di
trasporto stipulati  in  forma  orale,  il  corrispettivo  dovuto  al
vettore non possa essere  inferiore  alla  sommatoria  dei  costi  di
esercizio, sia di quelli generali,  sia  di  quelli  per  carburante.
Qualora la parte del corrispettivo  dovuto  al  vettore,  diversa  da
quella diretta a coprire i costi  di  carburante,  sia  inferiore  ai
costi minimi di esercizio, il vettore puo' chiedere al committente il
pagamento  della  differenza,  entro  cinque  anni  dal  giorno   del
completamento della prestazione di trasporto. La  determinazione  del
costo chilometrico del carburante, nonche' dell'incidenza  dei  costi
di carburante sui costi d'esercizio,  spetta  all'Osservatorio  sulle
attivita' di trasporto di cui all'art. 9 del decreto  legislativo  21
novembre 2005, n. 286 (Disposizioni per  il  riassetto  normativo  in
materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attivita' di
autotrasportatore), ma,  in  via  transitoria  viene  effettuata  dal
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base  dei  dati
in suo possesso e  delle  rilevazioni  mensili  del  Ministero  dello
sviluppo economico sul prezzo medio  del  gasolio  per  autotrazione,
sentite le associazioni di categoria piu' rappresentative dei vettori
e quelle della committenza. 
    1.1.-  Il  Tribunale  di  Lucca  ripropone,  limitatamente   alla
disciplina transitoria dei corrispettivi  minimi,  le  questioni  che
gia' aveva sollevato nel corso del medesimo giudizio e  in  relazione
alle quali l'ordinanza di questa Corte  n.  80  del  2015  gli  aveva
restituito gli atti. Cio',  in  virtu'  della  sopravvenuta  sentenza
della Corte di giustizia dell'Unione europea del  4  settembre  2014,
API, nelle cause riunite da C-184/3 a C-187/13, C-194/13, C-195/13  e
C-208/13, nonche' dell'abrogazione delle  disposizioni  censurate  ad
opera dell'art. 1, comma 248 della legge 23 dicembre  2014,  n.  190,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)». 
    2.- Secondo il giudice rimettente sarebbero irrilevanti,  sia  la
sentenza della Corte europea, poiche' la questione  e'  sollevata  su
parametri solo interni, sia l'intervento del legislatore,  in  quanto
la questione riguarda fatti accaduti in precedenza. 
    Nel merito,  verrebbe  leso  l'art.  41  Cost.,  poiche'  sarebbe
ingiustificata l'introduzione di un sistema tariffario che limita  la
concorrenza  e  prevede  una   significativa   barriera   all'accesso
all'attivita' di trasporto per conto terzi. Ne'  varrebbe  richiamare
la sicurezza  stradale,  che  e'  garantita  dal  rispetto  di  altre
disposizioni legislative, mentre non vi sarebbe alcuna  certezza  che
il sistema tariffario minimo concorra al medesimo fine. 
    Sarebbe  violato,  inoltre,  l'art.   3   Cost.,   perche',   non
applicandosi  ai  trasporti  internazionali   e   ai   trasporti   di
cabotaggio,   le   disposizioni   censurate   determinerebbero    una
"discriminazione a rovescio"  degli  autotrasportatori  stabiliti  in
Italia, per i quali vale il rispetto di un prezzo minimo che  non  si
applica, invece, ai trasporti eseguiti in regime di cabotaggio. 
    3.- Le questioni sollevate dal Tribunale di Lucca  si  presentano
rilevanti, limitatamente al regime transitorio di cui all'art. 83-bis
del d.l. n. 112 del 2008, anche  in  seguito  allo  jus  superveniens
sopra ricordato. 
    3.1.- In primo luogo, la sentenza della Corte di giustizia del  4
settembre 2014, API, concerne solo la determinazione dei costi minimi
demandata  all'Osservatorio  sulle  attivita'  di  autotrasporto,  in
quanto  organo  composto  principalmente   da   rappresentati   delle
associazioni di categoria di vettori e committenti. Il che  configura
una determinazione orizzontale di tariffe minime  imposte,  idonea  a
restringere il  gioco  della  concorrenza,  «delegando  ad  operatori
privati la responsabilita' di adottare  decisioni  di  intervento  in
materia economica». 
    Nel  caso  di  specie,  invece,  tenuto  conto   che   la   prima
deliberazione dell'Osservatorio e' avvenuta il 2  novembre  2011,  le
questioni riguardano, per la parte maggiore, contratti  stipulati  ed
eseguiti  nel  periodo  2010-2011,  in  vigenza  quindi  del   regime
transitorio di cui all'art. 83-bis del d.l.  n.  112  del  2008,  che
rimetteva la determinazione  dei  costi  minimi  al  Ministero  delle
infrastrutture e trasporti. 
    Proprio su tale disciplina, anzi, la Corte di giustizia ha  avuto
modo di pronunciarsi successivamente, con l'ordinanza del  21  giugno
2016, Salumificio Murru, in causa  C-121/16,  non  rilevando  profili
d'incompatibilita' con il diritto comunitario. 
    3.2.- In secondo luogo, nessuna incidenza ha la legge n. 190  del
2014, che ha abrogato il regime dei corrispettivi minimi, poiche' nel
caso di specie vengono in rilievo contratti di trasporto a cui devono
comunque applicarsi le disposizioni abrogate. 
    4.- Non e' fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 83-bis, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10 e 11, del  d.l.  n.  112
del 2008, sollevata dal Tribunale di Lucca in riferimento all'art. 41
Cost. 
    4.1.-  La  disciplina  della  determinazione  del   corrispettivo
spettante al vettore nel contratto di trasporto di  merci  su  strada
per conto terzi, di cui all'art. 83-bis del d.l. n. 112 del 2008,  ha
sostituito il sistema delle "tariffe a forcella" previsto dalla legge
6  giugno  1974,  n.  298  (Istituzione  dell'albo  nazionale   degli
autotrasportatori di  cose  per  conto  di  terzi,  disciplina  degli
autotrasporti di cose e  istituzione  di  un  sistema  di  tariffe  a
forcella per i trasporti di merci su strada). Tali  tariffe  venivano
fissate tra un limite massimo e uno minimo, calcolato su un prezzo di
base, secondo criteri determinati dal  Ministro  per  i  trasporti  e
l'aviazione civile con una complessa procedura, che  prevedeva  anche
il coinvolgimento delle Regioni  e  delle  associazioni  di  settore.
All'interno dei predetti limiti, i prezzi potevano essere liberamente
fissati dalle parti. 
    Il d.lgs. n. 286 del 2005  aveva  abrogato  la  disciplina  delle
tariffe a forcella, prevedendo che i corrispettivi per i  servizi  di
trasporto  di  merci  su   strada   fossero   rimessi   alla   libera
contrattazione delle  parti.  Il  d.l.  n.  112  del  2008,  poi,  ha
introdotto una nuova regolazione delle tariffe di trasporto,  secondo
il sistema dei corrispettivi minimi, da ultimo abrogato  dalla  legge
n. 190 del 2014. 
    Proprio in riferimento al regime di cui alla  legge  n.  298  del
1974, sicuramente piu' incisivo sulla liberta' negoziale delle  parti
del sistema dei corrispettivi minimi, questa Corte si e'  pronunciata
con la sentenza n. 386 del 1996,  ritenendo  che  una  determinazione
pubblicistica delle tariffe rientrasse  tra  i  legittimi  limiti  al
principio di liberta' di  iniziativa  economica  privata.  Il  regime
pubblicistico,   infatti,   era   teso   ad   assicurare   condizioni
remunerative minime a  tutti  gli  operatori  del  settore,  evitando
situazioni di concorrenza sleale che potessero portare le imprese  ad
operare in condizioni  di  difficolta',  penalizzando  l'ammortamento
degli investimenti  e  il  trattamento  giuridico  ed  economico  dei
dipendenti dell'impresa. A tali finalita'  si  aggiungeva  quella  di
realizzare la trasparenza del mercato, attraverso la  conoscenza  dei
prezzi da parte delle imprese e dell'utenza.  Le  limitazioni  recate
dal sistema tariffario,  pertanto,  non  comprimevano  eccessivamente
l'autonomia negoziale, lasciando un ragionevole  spazio  alla  libera
contrattazione delle parti. Infatti,  «la  presenza  di  elementi  di
differenziazione tra le varie situazioni, consente di configurare  il
sistema delle tariffe a forcella  come  un  sistema  sufficientemente
elastico nell'ambito di un mercato amministrativamente regolato, come
dimostra la prevista facolta' delle parti  di  fissare  non  solo  il
corrispettivo tra il limite massimo e il limite minimo della  tariffa
a forcella corrispondente (art. 51, terzo comma, della legge  n.  298
del 1974), ma anche condizioni e prezzi particolari (art.  52,  terzo
comma, della  medesima  legge);  e  cosi'  pure  la  possibilita'  di
applicare tariffe speciali per  particolari  esigenze  del  trasporto
(art. 12 del d.P.R. n. 56 del 1978) nonche' di remunerare  i  servizi
accessori (artt. 14 e 16 del medesimo d.P.R.)». 
    Anche la Corte di giustizia ha avuto modo di pronunciarsi su tale
disciplina, ritenendola compatibile con i  principi  e  le  norme  di
diritto comunitario (cosi' la sentenza della seconda sezione  del  1°
ottobre 1998, Librandi, in causa C-38/97, e la sentenza  della  sesta
sezione del  5  ottobre  1995,  Spediporto,  in  causa  C-96/94).  Si
trattava, in tali casi, non di accordi tra imprese tesi a restringere
la concorrenza, sulla base di disposizioni nazionali che tali accordi
favorissero,  bensi'  di  determinazioni  adottate   dalla   pubblica
autorita' al fine di tutelare rilevanti interessi pubblici, senza che
il  potere  decisionale  potesse  ritenersi  delegato  alle   imprese
private, sebbene fosse previsto un loro coinvolgimento. 
    4.2.-  Tale  ricostruzione  fa  si'  che,   giocoforza,   debbano
ritenersi conformi a Costituzione i limiti piu' lievi previsti  dalle
disposizioni censurate. 
    Come e' noto, «non e' configurabile una  lesione  della  liberta'
d'iniziativa economica allorche' l'apposizione di  limiti  di  ordine
generale al suo  esercizio  corrisponda  all'utilita'  sociale,  come
sancito dall'art. 41, secondo comma, Cost., purche',  per  un  verso,
l'individuazione di quest'ultima non appaia arbitraria e,  per  altro
verso, gli interventi del  legislatore  non  la  perseguano  mediante
misure palesemente incongrue (ex plurimis, sentenze n. 203 del  2016,
n. 56 del 2015, n. 247, n. 152 del 2010 e n. 167 del 2009)» (sentenza
n. 16 del 2017). 
    I costi minimi determinati dal Ministero delle  infrastrutture  e
dei trasporti costituiscono, nel disegno del legislatore,  un  limite
al di sotto del quale potrebbero  venire  compromessi  i  livelli  di
sicurezza nella circolazione stradale, in virtu' di uno  sfruttamento
eccessivo delle risorse umane e materiali da parte delle  imprese  di
trasporto. Sebbene sia evidente che la sicurezza stradale trovi  piu'
diretta tutela nelle disposizioni in materia di circolazione e  nelle
relative sanzioni, non appare irragionevole  ne'  arbitrario  che  il
legislatore persegua tale obiettivo anche con strumenti  "indiretti",
attraverso un sistema tariffario che eviti un'attivita' d'impresa che
potrebbe portare all'adozione di comportamenti poco  compatibili  con
la sicurezza stradale. 
    La disciplina introdotta dall'art. 83-bis del  d.l.  n.  112  del
2008, inoltre, prevedendo solo corrispettivi minimi basati  su  costi
incomprimibili  ed  essenziali,  lascia  alle  parti   una   maggiore
autonomia negoziale rispetto alle tariffe a forcella, con limitazioni
all'iniziativa  economica  privata   che   appaiono   ragionevoli   e
proporzionate e compatibili con i principi costituzionali. 
    5.- Non  e'  fondata,  altresi',  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 83-bis, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10 e 11, del
d.l. n. 112 del 2008, sollevata dal Tribunale di Lucca in riferimento
all'art. 3 Cost. 
    5.1.- Le disposizioni impugnate non trovano applicazione riguardo
ai trasporti di cabotaggio, ossia quelli nazionali svolti nell'ambito
di un trasporto internazionale, di cui al regolamento del  Parlamento
europeo e del Consiglio del 21 ottobre  2009,  n.  1072/2009/CE  «che
fissa norme  comuni  per  l'accesso  al  mercato  internazionale  del
trasporto di merci su strada». 
    Il trasporto di cabotaggio costituisce una prestazione svolta  da
vettori non residenti in Italia  che,  in  occasione  di  un  viaggio
internazionale, effettuano un altro  trasporto  nel  paese  ospitante
prima di raggiungere la frontiera. 
    L'art. 8 del  regolamento  n.  1072/2009/CE  pone  una  serie  di
limitazioni in materia, prevedendo che, una volta consegnate le merci
nel corso di un trasporto internazionale in entrata, i  vettori  sono
autorizzati  ad  effettuare  fino  a  tre  trasporti  di   cabotaggio
successivi. Tuttavia, tali trasporti devono avere luogo  entro  sette
giorni dall'ultimo scarico nello Stato membro ospitante nel corso del
trasporto internazionale in  entrata.  Inoltre,  qualora  il  vettore
straniero intenda eseguire le operazioni in uno o piu'  Stati  membri
diversi da  quello  di  arrivo  del  trasporto  internazionale,  puo'
effettuare una sola operazione di cabotaggio in un dato Stato  membro
e tale operazione deve essere eseguita entro tre giorni dall'ingresso
a vuoto in quello Stato. In tale ultimo caso, sempre nel rispetto del
termine di sette giorni,  il  trasportatore  potrebbe  effettuare  in
Italia una sola  operazione  di  cabotaggio,  nell'ambito  delle  tre
massime consentite, entro tre giorni dall'ingresso del veicolo  vuoto
nel territorio italiano. Il trasportatore, oltre a dover rispettare i
requisiti previsti dalle disposizioni comunitarie in materia, in ogni
caso, deve produrre le prove che attestino chiaramente  il  trasporto
internazionale in entrata, nonche' ogni trasporto di  cabotaggio  che
abbia effettuato consecutivamente. 
    5.2.-  Il  cabotaggio,  dunque,   costituisce   una   prestazione
occasionale,  soggetta  a  precisi  limiti  quantitativi,  svolta  da
un'impresa non stabilita sul territorio nazionale, nell'ambito di  un
trasporto internazionale. 
    La  disciplina  nazionale,  invece,  rivolgendosi   all'attivita'
d'impresa svolta in Italia (anche da imprese straniere  con  sede  in
Italia),  non  puo'  trovare  applicazione  per  tali  categorie   di
trasporti. D'altronde,  gli  stessi  parametri  che  concorrono  alla
formazione del costo minimo sono tipici dell'autotrasporto  nazionale
e tengono conto delle riduzioni del costo  del  carburante  derivanti
dalle norme sul parziale rimborso delle accise. 
    Il concorso della disciplina nazionale e di  quella  comunitaria,
dunque, non genera irragionevoli disparita' di  trattamento  a  danno
degli  operatori  nel  mercato  nazionale,  determinando  cosi'   una
«discriminazione  a  rovescio»  (sentenza  n.  443  del  1997),   ne'
costituisce una «irragionevole scelta di un regime  che  finisce  per
omologare  fra  loro  situazioni  diverse  o,   al   contrario,   per
differenziare il trattamento di situazioni analoghe (sent. n. 89  del
1996 e sent. n. 193 del 1996)» (sentenza n. 386 del 1996). 
    L'eventualita' di effetti  negativi  sulle  imprese  nazionali  -
dovuti  a  specifiche  situazioni,  evocate  dal  rimettente,   quali
l'esercizio da parte  di  talune  imprese  di  ripetuti  e  frequenti
trasporti di cabotaggio, in virtu' dello  svolgimento  della  propria
attivita' in prossimita' dei confini nazionali  -  attiene  semmai  a
profili di mero fatto e, dunque, non rileva in questa sede. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 83-bis, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8, 10 e 11, del  decreto-legge
25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la  stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, «nel  testo  temporale
vigente»,  sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  41   della
Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario  di  Lucca  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA