N. 42 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 2017

Ordinanza del 4 dicembre 2017 del Tribunale  di  Trento  sul  ricorso
proposto da Mohamed  Ibrahim  Siman  contro  Ministero  degli  affari
esteri e della cooperazione internazionale.. 
 
Procedimento civile - Spese processuali - Compensazione  delle  spese
  tra le parti. 
- Codice di procedura civile, art. 92, comma secondo, come modificato
  dall'art. 13, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n.  132
  (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione  ed  altri  interventi
  per la definizione dell'arretrato in materia di  processo  civile),
  convertito, con modificazioni, nella legge  10  novembre  2014,  n.
  162. 
(GU n.11 del 14-3-2018 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO 
                           Sezione civile 
 
    Il giudice unico: 
        letti gli atti del proc.  n.  2512/2017  RG,  a  scioglimento
della riserva assunta all'udienza del 28 novembre 2017; 
        visti l'art. 30, sesto  comma,  del  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286, l'art. 20 del decreto legislativo  1°  settembre
2011, n. 150, nonche'  gli  articoli  702-bis  e  702-ter  codice  di
procedura civile, pronunzia la presente ordinanza di rimessione degli
atti alla eccellentissima  Corte  costituzionale  in  relazione  alla
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 92, secondo comma,
codice di procedura civile, nel  testo  risultante  a  seguito  della
modifica introdotta dall'art. 13, primo comma, del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10  novembre  2014  n.
162. 
1. La rilevanza della questione. 
    La rilevanza della questione  risiede  nel  fatto  che,  in  data
odierna,  questo  Tribunale  ordinario  ha  rigettato   l'opposizione
proposta  da  Mohamed   Ibrahim   Siman   avverso   il   diniego   al
ricongiungimento familiare della  madre  Nuur  Salad  Haawo,  opposto
dall'Ambasciata d'Italia a Nairobi  con  il  provvedimento  prot.  n.
103/2017 del 23 gennaio 2017, emesso sull'unico  presupposto  che  la
domanda non era conforme ai requisiti (testualmente, «Your  Affidavit
(Dichiarazione) is not compliant with the requirements»),  nonostante
il Commissariato del Governo per la Provincia  di  Trento  avesse  in
precedenza rilasciato il nulla osta al ricongiungimento. 
    L'opposizione  proposta  da  Mohamed  Ibrahim  Siman  avverso  il
diniego al ricongiungimento familiare, e' stata da  questo  Tribunale
respinta in data odierna con separata ordinanza, in quanto nonostante
il cit. provvedimento prot. n. 103/2017 emesso  il  23  gennaio  2017
dall'Ambasciata d'Italia a Nairobi,  sia  effettivamente  carente  di
motivazione,  posto  che  non  puo'  ritenersi  tale  la  sola   cit.
espressione «Your Affidavit (Dichiarazione) is not compliant with the
requiremets»; cio' nondimeno, nel corso del procedimento sommario, la
ricorrente Mohamed Ibrahim Siman non ha  dimostrato  l'esistenza  dei
due requisiti che devono concorrere per ottenere il  ricongiungimento
del genitore, vale a dire il  requisito  della  vivenza  a  carico  e
quello della mancanza di altri figli nel Paese di  origine  (v.  art.
29, primo comma, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio  1998,
n. 286, come modificato dall'art. 1, comma,  lett.  a),  del  decreto
legislativo 3 ottobre 2008, n. 160). Ebbene, poiche' - come noto - in
procedimenti del  genere  la  cognizione  e'  piena  sul  merito  del
rapporto giuridico controverso, precisamente  sull'esistenza  o  meno
del diritto al  ricongiungimento  familiare,  il  predetto  acclarato
difetto assoluto di motivazione  del  provvedimento  di  diniego,  e'
rimasto privo di rilevanza giuridica e non ha impedito  la  reiezione
del ricorso nel merito. 
    Rigettato dunque il ricorso con ordinanza pronunziata  sempre  in
data odierna, questo Tribunale deve ora provvedere  sulle  spese  del
procedimento, come  imposto  dall'art.  702-ter,  ultimo  comma,  del
codice di procedura civile. 
    Come noto, l'art. 92, secondo  comma,  del  codice  di  procedura
civile, nel  testo  attualmente  vigente  a  seguito  della  modifica
introdotta dall'art. 13, primo comma, del decreto-legge 12  settembre
2014, n. 132,  convertito  dalla  legge  10  novembre  2014  n.  162,
(applicabile in quanto il procedimento e' iniziato dopo l'11 dicembre
2014, precisamente il 28 giugno 2017), e'  il  seguente:  «Se  vi  e'
soccombenza reciproca ovvero  nel  caso  di  assoluta  novita'  della
questione trattata o mutamento  della  giurisprudenza  rispetto  alle
questioni dirimenti, il giudice  puo'  compensare  le  spese  tra  le
parti, parzialmente o per intero». 
    Nella fattispecie concreta, le ragioni  che  indurrebbero  questo
Tribunale a compensare le spese giudiziali, consistono nel fatto che,
pur   integralmente   soccombente   (atteso   che   il   diritto   al
ricongiungimento e' risultato insussistente), la ricorrente ha potuto
materialmente  avere  conoscenza  delle  ragioni  che   ostavano   al
riconoscimento del diritto, solo ed  esclusivamente  nell'ambito  del
presente  procedimento,   in   quanto   in   precedenza   l'autorita'
amministrativa, come visto, si era limitata ad esprimere una  formula
di mero stile, non  idonea  a  far  comprendere  alla  ricorrente  le
ragioni del mancato riconoscimento del  diritto  al  ricongiungimento
familiare  (testualmente,  «Your  Affidavit  (Dichiarazione)  is  not
compliant with the requirements»). Del tutto ragionevolmente, allora,
la ricorrente si e' indotta ad instaurare il  presente  procedimento,
venendo a conoscenza - per la prima volta solo in questa sede - delle
ragioni che avevano indotto  l'autorita'  amministrativa  al  rigetto
della  sua  domanda  di  ricongiungimento.  Dopo  esserne  venuta   a
conoscenza, ella si troverebbe ora,  all'esito  del  procedimento,  a
vedersi condannata alla refusione delle spese giudiziali, atteso  che
la fattispecie non rientra in alcuna delle tassative ipotesi  per  le
quali il nuovo testo del cit. art. 92, secondo comma, del  codice  di
procedura civile, ammette al compensazione.  Non  vi  e'  infatti  e'
soccombenza  reciproca,   poiche'   l'unica   domanda   oggetto   del
procedimento, vale a dire quella proposta dalla ricorrente, e'  stata
respinta; non e' ipotizzabile alcun caso di  assoluta  novita'  della
questione trattata; ne' viene in rilievo il caso del mutamento  della
giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti; ne', infine, appare
possibile un'interpretazione  costituzionalmente  orientata  di  tali
tassative ipotesi previste dalla norma, in modo da far  rientrare  la
fattispecie concreta in una di loro. 
    Di qui la rilevanza della questione, perche' se il cit. art.  92,
secondo comma, del codice di procedura civile, nel suo testo attuale,
e' conforme alla Carta fondamentale, al Tribunale non restera'  altro
che condannare la ricorrente a rifondere le spese del procedimento al
Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; se
invece la norma,  nella  sua  attuale  formulazione,  che  limita  la
compensazione a sole tre ipotesi tassative, non fosse  conforme  alla
Costituzione, questo Tribunale potrebbe invece disporla. 
2. La non manifesta infondatezza. 
    Ad avviso  di  questo  il  Tribunale,  sussiste  il  dubbio,  non
manifestamente  infondato,  della  contrarieta'  del  cit.  art.  92,
secondo comma, del codice di procedura civile sia  all'art.  3  della
Costituzione  (violazione  del  criterio  di   ragionevolezza),   sia
all'art.  24,  secondo  comma,  della  Costituzione  (che   definisce
inviolabile  il  diritto  di  difesa  in  ogni  stato  e  grado   del
procedimento), sia all'art.  111,  primo  comma,  della  Costituzione
(secondo il quale il processo - compreso quello civile - deve  essere
giusto), sia all'art. 6, primo comma, della Convenzione  europea  dei
diritti dell'uomo (in base ogni persona ha diritto a che la sua causa
sia esaminata equamente), norma interposta ex art. 117, primo  comma,
della Costituzione. 
    Come noto, infatti, in  ogni  controversia  civile  la  decisione
sulle spese giudiziali da' luogo ad una statuizione giudiziale vera e
propria  che,  seppure  accessoria   a   quella   principale,   viene
necessariamente emessa  al  termine  di  ogni  giudizio  contenzioso,
assumendo in tal modo una rilevanza non indifferente sulla  posizione
delle parti in causa, con la conseguenza  che  non  pare  dubbio  che
anche il processo decisionale  che  attiene  alle  spese  giudiziali,
oltre che garantire il diritto di difesa  della  parti,  debba  anche
essere sottoposto al principio del processo giusto  ed  equo,  atteso
che detto principio trova applicazione generale a  tutte  le  vicende
che attengono ad ogni processo civile, qualunque  sia  la  situazione
soggettiva dedotta in giudizio, vale a dire anche quando  il  diritto
azionato non abbia la propria fonte diretta e neppure un addentellato
nella Costituzione o nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo,
poiche' il cit. art. 6  di  quest'ultima  menziona  genericamente  le
controversie su diritti e sui doveri  di  carattere  civile  di  ogni
persona. 
    Premesso che e' evidente l'intento deflattivo che ha  indotto  il
legislatore del 2014 ad introdurre le predette tassative  ipotesi  di
compensazione delle spese giudiziali, e'  tuttavia  da  chiedersi  se
tale rigidita', escludendo la compensazione in tutti gli altri  casi,
non dia luogo ad un processo iniquo, ingiusto, irragionevole e talora
anche lesivo del diritto di difesa. 
    Il caso della signora  Mohamed  Ibrahim  Siman,  e'  emblematico:
ella, dopo aver ottenuto il nulla osta  al  ricongiungimento  con  la
madre  dal  Commissariato  del  Commissariato  del  Governo  per   la
Provincia di Trento, ha  impugnato  innanzi  a  questo  Tribunale  il
diniego immotivatamente opposto dall'Ambasciata d'Italia a Nairobi  e
solo nell'ambito del presente procedimento  ha  potuto  materialmente
venire a conoscenza delle effettive ragioni poste  a  fondamento  del
diniego, risultando tuttavia alla fine soccombente per  mancanza  dei
requisiti della vivenza della madre a carico e dell'assenza di  altri
figli nel Paese di origine. Un procedimento che  si  concludesse  ora
con  la  condanna  della  ricorrente  alla  refusione   delle   spese
giudiziali a favore della parte (il Ministero degli affari  esteri  e
della cooperazione internazionale), che,  con  il  suo  comportamento
illegittimo   (consistito   nella   mancanza   di   motivazione   nel
provvedimento di diniego), ha  dato  causa  al  procedimento  stesso,
risulterebbe - ad avviso di  questo  Tribunale  -  iniquo,  ingiusto,
irragionevole ed anche lesivo del diritto di difesa della ricorrente,
perche'  finirebbe  col  premiare  la  parte  il  cui   comportamento
illegittimo ha costretto la ricorrente a promuovere il giudizio anche
al fine di conoscere  le  ragioni  del  diniego  al  ricongiungimento
familiare. 
    Ad avviso di questo Tribunale, il cit. art.  92,  secondo  comma,
del codice di procedura civile, laddove prevede  solo  tre  tassative
ipotesi di compensazione, sembra peccare  anche  di  irragionevolezza
sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione, poiche'  non  prende
nella minima considerazione tutte le altre numerose ipotesi in cui la
compensazione stessa appare il corollario necessario di  un  processo
che deve concludersi in modo  conforme  alla  giustizia  sostanziale,
come richiedono sia il cit. art. all'art.  111,  primo  comma,  della
Costituzione (secondo il quale il processo - compreso quello civile -
deve essere giusto), sia all'art. 6, primo comma,  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo (in base ogni persona ha diritto a  che
la sua causa sia esaminata equamente): la fattispecie concreta ne  e'
solo uno dei molti casi che si possono presentare. Si pensi anche  al
caso in cui, in una controversia avente ad  oggetto  il  risarcimento
del danno da fatto illecito ex articoli 2043 del  codice  civile,  la
domanda attorea venga respinta in quanto l'unico testimone oculare al
fatto, muore improvvisamente prima di essere sentito. In un caso  del
genere, la condanna dell'attore alla refusione delle spese giudiziali
a favore del convenuto, imposta dall'attuale cit.  art.  92,  secondo
comma,  del  codice  di  procedura  civile,  appare   intrinsecamente
ingiusta ed iniqua, poiche' il processo si  e'  concluso  in  assenza
dell'accertamento della verita' fattuale, senza che alcun  rimprovero
mossa essere mosso all'attore. Ad avviso di questo Tribunale,  iniqua
ed ingiusta si rivela dunque la previsione - da parte del  cit.  art.
92, secondo comma, codice di procedura civile - delle  predette  sole
tre tassative  ipotesi  nelle  quali  al  giudice  e'  consentita  la
compensazione  delle  spese  giudiziali.  Un'intuitiva  esigenza   di
giustizia sostanziale, oltre che  di  ragionevolezza,  sembra  dunque
debba imporre al legislatore di consentire  al  giudice  di  valutare
caso per caso  se  compensare  o  meno  le  spese  giudiziali,  senza
vincolarlo a rigidi  schematismi  che  finiscono  con  l'imporgli  di
emettere ingiuste sentenze di condanna.  Certo,  la  discrezionalita'
che - ad avviso di questo Tribunale -  deve  essere  riconosciuta  al
giudice,  non  puo'  senz'altro  risolversi  in   arbitrarieta',   ma
l'utilizzo della - vecchia ma sempre valida - clausola  generale  dei
«giusti motivi», sembra idonea a scongiurare un pericolo del genere. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il giudice unico del Tribunale ordinario di Trento, 
    Visto l'art. 134 della Costituzione, e  gli  articoli  23  e  ss.
della legge 11 marzo 1957, n. 87; 
    Dichiara  rilevante   e   non   manifestamente   infondata,   con
riferimento all'art. 3 della Costituzione (violazione del criterio di
ragionevolezza), all'art. 24, secondo comma, della Costituzione  (che
definisce inviolabile il diritto di difesa in ogni stato e grado  del
procedimento), all'art. 111, primo comma, della Costituzione (secondo
il quale il processo - compreso quello civile - deve essere  giusto),
nonche' all'art.  6,  primo  comma,  della  Convenzione  europea  dei
diritti dell'uomo (in base ogni persona ha diritto a che la sua causa
sia esaminata equamente), norma interposta ex art. 117, primo  comma,
della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 92, secondo comma, del  codice  di  procedura  civile  (nel
testo risultante a seguito della modifica  introdotta  dall'art.  13,
primo comma, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132,  convertito
dalla legge 10 novembre 2014 n. 162), nella parte in cui consente  al
giudice di compensare le spese giudiziali solo nel caso in cui vi sia
soccombenza reciproca ovvero  nel  caso  di  assoluta  novita'  della
questione trattata o mutamento  della  giurisprudenza  rispetto  alle
questioni dirimenti, e non anche in altri  casi,  ad  esempio  quando
sussistano altri giusti motivi. 
    Dispone la immediata trasmissione degli  atti  e  della  presente
ordinanza,   comprensivi   della   documentazione    attestante    il
perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni,  alla
eccellentissima Corte costituzionale e sospende il giudizio. 
    Manda  la  cancelleria  per  la  notificazione   della   presente
ordinanza alle parti in causa ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' per la sua comunicazione ai  Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
        Trento, 4 dicembre 2017 
 
                      Il Giudice Unico: Beghini