N. 56 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 2018

Ordinanza del 29 gennaio 2018 del Tribunale amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da B.E. contro CONSOB - Commissione
nazionale per le societa' e la borsa. 
 
Borsa - Disciplina  degli  intermediari  finanziari  -  Provvedimenti
  cautelari   applicabili   ai   consulenti   finanziari    abilitati
  all'offerta fuori sede -  Sospensione  cautelare,  per  il  periodo
  massimo di un anno, dall'esercizio dell'attivita'. 
- Decreto legislativo 24 febbraio 1998,  n.  58  (Testo  unico  delle
  disposizioni in materia di intermediazione  finanziaria,  ai  sensi
  degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), art. 55,
  comma 2. 
(GU n.14 del 4-4-2018 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                      (Sezione Seconda Quater) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 3800 del 2017, proposto da: E. B., rappresentata  e
difesa dagli  avvocati  Andrea  Sticchi  Damiani,  Francesco  Saverio
Marini, Ulisse Corea, con domicilio eletto presso  lo  studio  Andrea
Sticchi Damiani in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, n. 26; 
    Contro Commissione nazionale per  le  societa'  e  la  borsa,  in
persona del legale rappresentante  p.t.,  costituitasi  in  giudizio,
rappresentata e difesa dagli  avvocati  Salvatore  Providenti,  Paolo
Palmisano, Michela Dini, con  domicilio  eletto  in  Roma,  via  G.B.
Martini n. 3; 
    Per l'annullamento: 
    della delibera n. 19947 del 12 aprile 2017, notificata in data 14
aprile 2017, con cui la  CONSOB  ha  disposto,  nei  confronti  della
dott.ssa E.  B.,  la  sospensione  dall'esercizio  dell'attivita'  di
consulente finanziario per un periodo di un anno; 
    di ogni altro  atto  presupposto,  connesso  e  consequenziale  a
quello gravato, ivi compresa, ove occorrer possa, la comunicazione di
avvio del procedimento ex art. 7, legge n. 241 del 1990. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  della  Commissione
nazionale per le societa' e la borsa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2017 il  dott.
Francesco Arzillo e uditi per le parti i difensori  come  specificato
nel verbale; 
 
                  Considerato in fatto e in diritto 
 
    1. La ricorrente dott.ssa B. impugna la delibera n. 19947 del  12
aprile 2017, con cui la CONSOB ha  disposto  nei  suoi  confronti  la
sospensione dall'esercizio dell'attivita' di  consulente  finanziario
abilitato all'offerta fuori sede (ex «promotore finanziario») per  un
periodo di un anno, ai sensi  dell'art.  55,  comma  2,  del  decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico della finanza - TUF. 
    Essa propone quattro motivi di ricorso,  con  i  quali  prospetta
diversi  profili  di  violazione  di  legge  ed  eccesso  di  potere,
sollevando anche alcune eccezioni di incostituzionalita'. 
    2. Si e' costituita in giudizio la Commissione nazionale  per  le
societa' e la borsa (CONSOB), resistendo al ricorso. 
    3. Con ordinanza n. 2422 del 18  maggio  2017,  il  Tribunale  ha
sospeso in via cautelare  l'efficacia  del  provvedimento  impugnato,
rinviando per la  trattazione  del  merito  della  causa  all'udienza
pubblica del 7 luglio 2017. 
    In tale data la causa e' stata  chiamata  per  la  discussione  e
quindi trattenuta in decisione. 
    4.  La  vicenda  nel  cui  ambito  si  colloca  il  provvedimento
impugnato puo' essere riassunta nei termini che seguono. 
    5. Con ordinanza cautelare in data 27 marzo 2013, il giudice  per
le indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Firenze  disponeva  nei
confronti della dott.ssa B. l'interdizione, per la durata di un mese,
dall'esercizio dell'attivita' di promotore finanziario; detta  misura
e' stata interamente eseguita. Il provvedimento  era  stato  adottato
nell'ambito del  procedimento  penale  n.  2965/2013,  nel  quale  la
dott.ssa B. ed altri risultavano  indagati  per  il  delitto  di  cui
all'art. 166, comma 1, del decreto legislativo n. 58  del  1998,  per
avere  gli  stessi,  «quali  promotori  finanziari  iscritti   presso
l'apposito albo unico, abilitati  ad  operare  solo  per  i  soggetti
finanziari presso cui erano  inquadrati»,  esercitato  «attivita'  di
promozione  o  collocamento  di  strumenti  finanziari  o  servizi  o
attivita' di investimento» abusivamente, per conto  e  nell'interesse
di un gruppo criminale. 
    5.1. Facendo rinvio al contenuto di tale ordinanza, la CONSOB  ha
quindi contestato alla  dott.ssa  B.  la  violazione  delle  seguenti
disposizioni: 
        a) art. 31, comma 2, del TUF, per avere  la  medesima  svolto
attivita' di promozione  finanziaria  in  violazione  del  dovere  di
esclusiva in  favore  dell'allora  istituto  di  appartenenza,  ossia
Finanza & Futuro Banca S.p.A.; 
        b) art. 107, comma 1, del  regolamento  sanzionatorio  CONSOB
adottato con delibera n.  16190  del  2007,  per  avere  essa  svolto
attivita' di offerta fuori sede, promozione o collocamento per  conto
di soggetti non abilitati a operare nel territorio italiano. 
    In esito  al  relativo  procedimento  e  alla  valutazione  delle
controdeduzioni dell'interessata, la CONSOB, con  delibera  n.  19545
del 9 marzo 2016, adottava  il  provvedimento  di  sospensione  della
promotrice, per un periodo  di  quattro  mesi,  dall'albo  unico  dei
consulenti finanziari, ai sensi dell'art. 196 del TUF.  Anche  questa
misura veniva interamente eseguita. 
    5.2. Nel frattempo, la dott.ssa B. subiva dapprima la sospensione
e quindi il recesso della Banca mandante dal contratto di lavoro  con
la conseguente perdita del relativo mandato. 
    5.3. Infine, a seguito  della  richiesta  di  rinvio  a  giudizio
formulata dal giudice per le  indagini  preliminari  di  Firenze  nei
confronti della dott.ssa B. in relazione al  reato  di  cui  all'art.
166, comma 1, del  TUF  (ossia  l'offerta  fuori  sede  abusiva),  la
CONSOB, con nota prot. 0069764 del 27  luglio  2016,  comunicava,  ai
sensi  dell'art.  7  della  legge  n.  241  del  1990,  l'avvio   del
procedimento di sospensione  cautelare  della  medesima  dott.ssa  B.
dall'esercizio  dell'attivita'  di  consulente  finanziario  per   il
periodo di un anno ai sensi dell'art. 55, comma  2,  TUF  (norma  che
attribuisce alla CONSOB la  facolta'  di  sospensione  cautelare  del
promotore che abbia assunto la qualifica di imputato con  riferimento
ai reati previsti dal decreto legislativo n. 58 del 1998). 
    In   esito   al   relativo   procedimento   e   all'esame   delle
controdeduzioni dell'interessata, con provvedimento n. 19947  del  12
aprile 2017,  la  CONSOB  ha  infine  disposto  nei  confronti  della
dott.ssa  B.  la   sospensione   dall'esercizio   dell'attivita'   di
consulente finanziario per un periodo di un anno. 
    In esecuzione di tale provvedimento la Banca Nazionale del Lavoro
(BNL), con cui nel frattempo  la  dott.ssa  B.  aveva  instaurato  un
rapporto di agenzia, sospendeva il contratto in  essere  con  effetti
dal 14 aprile 2017. 
    6.  In  sintesi,  l'odierna  ricorrente   e'   quindi   risultata
destinataria delle seguenti misure: 
        1)  ordinanza  cautelare  del   giudice   per   le   indagini
preliminari  del  Tribunale  di  Firenze  del  27   marzo   2015   di
interdizione dall'esercizio dell'attivita' di  promotore  finanziario
per la durata di un mese (misura gia' interamente eseguita); 
        2) provvedimento della CONSOB n. 19537/2016, che ha  disposto
la  sospensione  della  ricorrente  dall'albo  unico  dei  consulenti
finanziari per un periodo di quattro mesi ai sensi dell'art. 196  del
TUF (misura gia' interamente eseguita); 
        3) provvedimento della CONSOB n. 19947/2017, che ha  disposto
la  sospensione  della  medesima  dall'esercizio  dell'attivita'   di
consulente finanziario per un periodo di un anno, ai sensi  dell'art.
55, comma 2,  decreto  legislativo  n.  58/1998,  e  che  costituisce
l'oggetto del ricorso in esame. 
    7. Con il  primo  motivo,  che  riveste  carattere  assorbente  e
pregiudiziale  sotto  il  profilo  logico,  la   ricorrente   lamenta
anzitutto la violazione del combinato disposto degli  articoli  55  e
195 e seguenti del TUF, nonche' del principio  del  ne  bis  in  idem
processuale. 
    Ella  premette  di  aver  gia'  subito  a  titolo   sanzionatorio
l'irrogazione, da parte della CONSOB, della sanzione  amministrativa,
avente carattere definitivo, pari a quattro mesi  di  sospensione  di
cui all'art. 196 del TUF, per gli stessi e identici fatti oggetto del
procedimento penale (in  relazione  alla  pendenza  del  quale  detto
provvedimento e' adottabile per espressa previsione di legge). 
    Conseguentemente, ella afferma che l'art. 55, comma  2,  del  TUF
non puo' in alcun modo venire in rilievo, considerato  il  fatto  che
l'esercizio del potere sanzionatorio da parte  dell'autorita'  si  e'
ormai interamente esaurito, determinando il  conseguente  venir  meno
dei presupposti per ogni intervento di tipo cautelare  laddove,  come
nella specie,  si  sia  concluso  un  procedimento  disciplinare  con
l'irrogazione di una sanzione definitiva per gli stessi fatti. 
    In particolare, se e' vero che le finalita' di  cui  all'art.  55
del TUF attengono a un potere generale di tipo  cautelare  attribuito
alla CONSOB, e' anche vero che laddove la stessa autorita'  sia  gia'
stata in grado di intervenire e reprimere la  condotta  (in  ipotesi)
illegittima del promotore finanziario,  detto  potere  cautelare  non
puo'  essere  esercitato  non  avendo  piu'  alcuna  ragion  d'essere
allorche' una sanzione amministrativa per gli stessi  identici  fatti
sia gia' stata comminata. 
    7.1.  In  subordine,  ove  non  si  ritenga  praticabile   questa
interpretazione, siffatta misura non potrebbe che essere  considerata
del tutto illogica e  sproporzionata,  con  conseguente  lesione  dei
principi  fondamentali   in   materia,   oltreche'   delle   garanzie
costituzionali, convenzionali ed eurounitarie,  nonche'  dei  sottesi
principi  di  ragionevolezza  e  proporzionalita',  dovendosi  quindi
prospettare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 55,
comma 2, del TUF, letto  congiuntamente  all'art.  196  del  TUF,  in
riferimento ai parametri di cui agli articoli  3,  111  e  117  della
Costituzione. 
    In particolare, secondo la ricorrente, la circostanza per  cui  i
fatti ai quali si riferisce il  presente  avvio  procedimentale  sono
esattamente i medesimi ad essa gia' contestati sia in sede penale sia
in sede amministrativa e posti a fondamento dei pregressi  rispettivi
provvedimenti, rileverebbe anche sotto l'aspetto della violazione: 
    dei principi in  materia  di  ne  bis  in  idem  affermati  dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali e dalla Corte di Strasburgo e, nello specifico,
dall'art. 4  del  protocollo  7,  che  vieta  agli  Stati  membri  di
perseguire o condannare due volte la stessa  persona  per  lo  stesso
fatto; 
    dell'identico  principio  affermato  dall'art.  50  della   Carta
europea dei diritti dell'uomo. 
    La sospensione di un anno irrogata con il provvedimento impugnato
in  questa  sede  concreterebbe  una  nuova  e   ulteriore   sanzione
afflittiva   e   quindi   «punitiva»,   a   prescindere   dalla   sua
qualificazione formale. 
    Essa infatti: 
        i) ha natura pubblicistica; 
        ii) e'  tesa  al  perseguimento  di  finalita'  di  carattere
generale, legate all'esigenza di evitare il rischio che lo  strepitus
fori derivante dal coinvolgimento  del  promotore  in  gravi  vicende
penali possa compromettere la fiducia del pubblico degli  investitori
nella correttezza degli operatori di quel mercato; 
        iii) si contraddistingue per la  gravita'  e  l'afflittivita'
degli effetti sanzionatori,  potendo  precludere  definitivamente  al
promotore finanziario la possibilita' di  continuare  a  svolgere  la
propria professione, essendo impossibile che la stessa  possa  essere
riavviata dopo un cosi' lungo  periodo,  anche  perche'  l'intrinseca
gravita' della sanzione appare tale da escludere la ricostituzione di
un rapporto di fiducia con la clientela. 
    8.  Secondo  la  difesa  della  CONSOB,   il   provvedimento   di
sospensione  dall'attivita'  di   consulente   finanziario   previsto
dall'art.  55,  comma  2,  del  TUF   non   avrebbe   invece   natura
sanzionatoria, essendo espressione del generale potere  di  vigilanza
sul mercato finanziario, alla stregua della ricostruzione  ricavabile
dalla   giurisprudenza   delle   Sezioni   unite   della   Cassazione
nell'ordinanza del 12 febbraio 2014, n. 3202 e del Consiglio di Stato
nella sentenza n. 4226 del 10 settembre 2015. 
    In particolare, non si tratterebbe - secondo questa ricostruzione
- di una misura prodromica  rispetto  all'avvio  di  un  procedimento
sanzionatorio amministrativo (come invece  la  sospensione  cautelare
prevista dal primo comma  dell'art.  55  del  TUF;  difatti,  la  sua
adozione e' prevista anche in presenza di reati o misure  penali  che
non riguardano la specifica attivita'  di  consulente  finanziario  e
che, dunque, non sono  neppure  astrattamente  idonee  a  determinare
l'avvio  di  un  procedimento  amministrativo  che   possa   sfociare
nell'irrogazione di sanzioni da parte della CONSOB. 
    Si  tratterebbe,   in   altri   termini,   di   una   misura   di
amministrazione attiva a contenuto «cautelativo», del tutto priva  di
carattere sanzionatorio in se' e  di  qualsivoglia  collegamento  con
eventuali  procedimenti  sanzionatori   a   carico   del   consulente
finanziario nei cui confronti viene adottata. 
    Il provvedimento in questione,  in  altri  termini,  e'  posto  a
tutela dell'ordinato svolgimento delle negoziazioni e dell'integrita'
del mercato, allo scopo di evitare la  compromissione  della  fiducia
del pubblico dei risparmiatori nella correttezza degli operatori  del
mercato finanziario in presenza di fattispecie di reato connotate  da
«allarme sociale», in quanto idonee a denotare un'attitudine (se  non
addirittura una propensione)  del  promotore  all'inosservanza  delle
regole di condotta nei confronti della propria clientela. 
    Nella specie, la condotta  per  la  quale  l'interessata  risulta
sottoposta a procedimento penale (e da ultimo  rinviata  a  giudizio)
riguarda proprio la violazione di norme poste a  tutela  del  mercato
finanziario (reato di abusivismo finanziario coinvolgente  un  gruppo
criminale organizzato transnazionale). 
    9. Il collegio ritiene che  le  peculiarita'  della  vicenda  sub
judice inducano a ritenere rilevanti e non manifestamente infondati i
profili di incostituzionalita' eccepiti dalla ricorrente. 
    10. In proposito va premesso che non e'  possibile  accogliere  i
menzionati  profili  di  censura  sulla  base  di  un'interpretazione
(conforme alla Costituzione e al diritto eurounitario), la  quale  si
discosti dalla lettera della disposizione e dalla relativa ratio come
ricostruita dalla giurisprudenza. 
    E' opportuno muovere dal testo dell'art. 55 e dell'art.  196  del
TUF: 
        A) art. 55 (Provvedimenti cautelari applicabili ai consulenti
finanziari abilitati all'offerta fuori sede): 
    «1. La CONSOB, in caso di necessita' e urgenza, puo' disporre  in
via cautelare la sospensione  del  consulente  finanziario  abilitato
all'offerta fuori sede dall'esercizio dell'attivita' per  un  periodo
massimo di sessanta giorni, qualora sussistano elementi che  facciano
presumere  l'esistenza  di  gravi  violazioni  di  legge  ovvero   di
disposizioni generali o particolari impartite dalla CONSOB. 
    2. La CONSOB puo' disporre  in  via  cautelare,  per  un  periodo
massimo di un  anno,  la  sospensione  dall'esercizio  dell'attivita'
qualora il consulente finanziario abilitato  all'offerta  fuori  sede
sia sottoposto a una delle misure cautelari personali del  libro  IV,
titolo I, capo II,  del  codice  di  procedura  penale  o  assuma  la
qualita' di imputato ai sensi dell'art. 60  dello  stesso  codice  in
relazione ai seguenti reati: 
        a) delitti previsti nel titolo XI  del  libro  V  del  codice
civile e nella legge fallimentare; 
        b) delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede
pubblica, contro il  patrimonio,  contro  l'ordine  pubblico,  contro
l'economia pubblica, ovvero delitti in materia tributaria; 
        c) reati previsti dal titolo VIII del testo unico bancario; 
        d) reati previsti dal presente decreto»; 
        B) art. 196 (Sanzioni applicabili  ai  consulenti  finanziari
abilitati all'offerta fuori sede): 
    «1. I consulenti finanziari abilitati all'offerta fuori sede  che
violano le norme del presente decreto o le  disposizioni  generali  o
particolari emanate dalla CONSOB in forza di esso,  sono  puniti,  in
base alla gravita' della violazione  e  tenuto  conto  dell'eventuale
recidiva, con una delle seguenti sanzioni: 
        a) richiamo scritto; 
        b) sanzione amministrativa pecuniaria da lire  un  milione  a
lire cinquanta milioni; 
        c) sospensione da uno a quattro mesi dall'albo; 
        d) radiazione dall'albo. 
    2. Le sanzioni sono  applicate  dalla  CONSOB  con  provvedimento
motivato, previa contestazione degli addebiti  agli  interessati,  da
effettuarsi entro centottanta giorni dall'accertamento  ovvero  entro
trecentosessanta  giorni  se  l'interessato  risiede  o  ha  la  sede
all'estero, e valutate le deduzioni da essi presentate nei successivi
trenta giorni. Nello stesso termine gli interessati possono  altresi'
chiedere di essere sentiti personalmente. 
    3. Alle sanzioni previste dal presente articolo si  applicano  le
disposizioni contenute nella legge  24  novembre  1981,  n.  689,  ad
eccezione dell'art. 16. 
    4. Le societa' che si avvalgano dei responsabili delle violazioni
rispondono,  in  solido  con  essi,  del  pagamento  delle   sanzioni
pecuniarie  e  sono  tenute  ad  esercitare  il  regresso   verso   i
responsabili». 
    Dalla lettura congiunta delle due disposizioni emerge  pianamente
la non assimilabilita' del potere cautelare previsto dall'art. 55  (e
come tale qualificato sia nel titolo sia nel testo dei due  commi)  a
quello prettamente sanzionatorio di cui all'art. 196 del TUF. 
    Mentre quest'ultimo e' disciplinato con chiaro  riferimento  alla
disciplina generale delle sanzioni amministrative e  ha  per  oggetto
violazioni accertate e considerate nella loro obiettiva gravita'  con
la connessa graduazione della sanzione, la prima disposizione prevede
in capo alla CONSOB: 
        al primo  comma,  il  potere  di  adottare  un  provvedimento
cautelare in presenza di presunte violazioni di legge o  disposizioni
di settore, in caso di necessita' e urgenza; 
        al secondo comma, il potere di sospendere per un anno massimo
il consulente finanziario sottoposto a  misura  cautelare  penale  di
carattere personale, ovvero - come nel caso che ci riguarda -  assuma
la qualita' di imputato in relazione a una  serie  di  reati  (tra  i
quali quelli previsti dal medesimo TUF. 
    La disposizione di cui all'art. 55, comma 2, del TUF e' stata poi
interpretata e attuata dall'art. 111 del regolamento CONSOB, adottato
con la delibera n. 16190 del 29 ottobre  2007,  nel  senso  che  essa
«valuta, nei limiti dei poteri alla stessa attribuiti dalla legge, le
circostanze per le quali il promotore e' stato sottoposto alle misure
cautelari personali del libro IV, titolo I, capo II,  del  codice  di
procedura penale  o  in  base  alle  quali  ha  assunto  la  qualita'
d'imputato per uno dei delitti indicati nella  norma  citata  ed,  in
particolare, tiene conto del titolo di reato e  dell'idoneita'  delle
suddette circostanze a pregiudicare gli specifici interessi coinvolti
nello svolgimento dell'attivita' di promotore finanziario». 
    Secondo la Cassazione, la giustificazione della norma «ovviamente
risiede non in uno scopo  strumentale  o  anticipatorio  rispetto  al
possibile  esito  di  detto  procedimento  penale   (scopo   il   cui
perseguimento esulerebbe evidentemente  dai  compiti  della  CONSOB),
bensi' unicamente nell'opportunita' di  evitare  il  rischio  che  lo
strepitus fori derivante dal coinvolgimento del  promotore  in  gravi
vicende penali possa compromettere in via  generale  la  fiducia  del
pubblico degli investitori  nella  correttezza  degli  operatori  del
mercato finanziario» (ordinanza n. 3202/2014). 
    Il  Consiglio  di  Stato,  richiamandosi  alla  pronuncia   della
Cassazione, ha precisato che «appartiene alla CONSOB  l'apprezzamento
discrezionale circa l'idoneita'  delle  circostanze  che  hanno  dato
luogo alla vicenda penale  a  pregiudicare  gli  specifici  interessi
coinvolti nello svolgimento dell'attivita' di promotore  finanziario»
e che «la cautela tesa ad evitare che il coinvolgimento del promotore
in gravi vicende  penali  possa  compromettere  in  via  generale  la
fiducia  del  pubblico  degli  investitori  nella  correttezza  degli
operatori  del  mercato  finanziario,  evidenziata  dalla  Corte   di
cassazione nell'ordinanza citata, non soffre limitazioni a causa  del
passare del tempo, essendo anzi evidente  che  l'esigenza  stessa  di
manifestare una reazione da parte dell'organo di vigilanza  e'  tanto
maggiore quanto piu' si e' accresciuta  la  risonanza  delle  vicende
penali, anche presumibilmente a  causa  del  trascorrere  del  tempo»
(sentenza n. 4226/2015). 
    Questa ricostruzione e' pienamente conforme  alla  ratio  e  alla
lettera della disposizione in questione, la quale non richiede che si
tenga conto delle eventuali sanzioni  amministrative  precedentemente
adottate, ma  solo  dell'avvenuta  irrogazione  di  misure  cautelari
personali o della (in genere sopravvenuta) assunzione della  qualita'
di imputato a seguito del rinvio a giudizio. 
    In quest'ottica, il profilo del  ne  bis  in  idem  -  in  quanto
rivolto al passato  -  appare  del  tutto  recessivo,  in  quanto  le
circostanze di fatto, valutate nel loro senso piu' ampio in relazione
allo svolgimento del  procedimento  penale  (ma  non  necessariamente
attinenti  a  violazioni   passibili   di   sanzione   amministrativa
nell'ordinamento di settore), sono oggetto di una diversa valutazione
ai fini cautelari, la quale non e' vincolata, per sua stessa  natura,
alla  considerazione  della   pregressa   irrogazione   di   sanzioni
amministrative  o  di  altre  misure  cautelari,  ma  solamente  alla
prognosi che dalla considerazione dei fatti e' possibile evincere  in
ordine alla lesione dell'interesse al regolare andamento del  mercato
nel futuro. 
    Per  questo  occorre  prendere   in   esame   la   questione   di
costituzionalita' prospettata in subordine dalla ricorrente. 
    11. In primo luogo, e' evidente che la questione e' rilevante, in
quanto  l'accoglimento  della  stessa  influirebbe   sull'esito   del
presente  giudizio  -  nel  quale  viene  in  rilievo  l'applicazione
dell'art.  55,   comma   2,   del   TUF   del   quale   si   denuncia
l'incostituzionalita'  -  determinando  l'annullamento  della  misura
inflitta alla ricorrente. 
    12. Circa la non  manifesta  infondatezza,  il  collegio  osserva
quanto segue. 
    Anzitutto viene in rilievo un profilo di irragionevole disparita'
di trattamento, di per se'  rilevante  ai  sensi  dell'art.  3  della
Costituzione. 
    Il caso in esame mostra con evidenza questi profili: a una misura
sospensiva endoprocessuale  penale  ha  dapprima  fatto  seguito  una
sospensione di quattro mesi a carattere pacificamente sanzionatorio e
quindi la sospensione annuale di cui si controverte in questa sede. 
    Il fatto che l'art.  55,  comma  2,  del  TUF  non  contenga  una
clausola che imponga espressamente  di  considerare  (quantomeno)  la
circostanza dell'avvenuta  irrogazione  della  sospensione  ai  sensi
dell'art.  196  comporta   l'irragionevole   parificazione   di   due
situazioni radicalmente diverse: quella in cui questa sospensione  (o
analoga misura) e' intervenuta in precedenza e quella in cui essa non
e' intervenuta. 
    Attesa  la  notoria  immediata  influenza  di  questo   tipo   di
provvedimenti sulla posizione del consulente in relazione ai rapporti
con il mandante e con la clientela, e'  indubbio  che  l'esigenza  di
tutela generale del mercato si  realizza  in  questo  caso  a  totale
discapito della garanzia della posizione del singolo, che viene  lesa
come nel provvedimento sanzionatorio strettamente inteso (il che  non
avviene, sia detto per inciso, nei casi di sospensione  dal  servizio
nell'impiego pubblico, che sono strutturalmente diversi  anche  sotto
il profilo delle garanzie economiche e di restitutio in  integrum,  a
tacer d'altro). 
    Anzi, a ben vedere, il  provvedimento  cautelare  puo'  avere  un
contenuto addirittura piu' incidente sulla posizione  del  consulente
rispetto a quello del provvedimento sanzionatorio in se' considerato. 
    In secondo luogo, viene in rilievo il profilo del ne bis in idem,
soprattutto  in  relazione  ai  principi  affermati  dalla  Corte  di
Strasburgo con riguardo all'art. 4 del protocollo 7 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali: «Nessuno puo' essere perseguito o condannato penalmente
dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il  quale  e'
gia' stato assolto o condannato a seguito di una sentenza  definitiva
conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato» (cfr.
anche l'analogo principio affermato  dall'art.  50  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea). 
    La  sospensione  di  un  anno,  irrogata  con  il   provvedimento
impugnato in questa sede, concreta in  ultima  analisi  una  nuova  e
ulteriore sanzione afflittiva  e  quindi  «punitiva»,  a  prescindere
dalla relativa qualificazione formale. 
    Cio' in applicazione dei criteri stabiliti dalla  sentenza  della
Corte europea dei diritti dell'uomo, Grande Camera,  8  giugno  1976,
Engel e altri contro Paesi Bassi  e  costantemente  richiamati  dalla
giurisprudenza  successiva  (tra  cui  Corte  europea   dei   diritti
dell'uomo, 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri contro Italia). 
    In primo  luogo  sussiste  l'idem  factum,  da  considerarsi  con
riferimento alla vicenda  dalla  quale  hanno  preso  origine  i  due
procedimenti amministrativi che hanno avuto luogo nel caso di  specie
(peraltro a partire dalla medesima  base  storica  costituita  da  un
procedimento  penale  ancora  non  concluso):  vicenda  attinente   a
specifici comportamenti posti in essere nella gestione dell'attivita'
consulenziale. 
    Al riguardo  occorre  inoltre  farsi  carico  delle  precisazioni
introdotte dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, Grande  Camera,
15 novembre 2016,  A  e  B  contro  Norvegia,  secondo  cui  ai  fini
dell'applicabilita' del ne bis in idem deve mancare una  «connessione
sostanziale e temporale sufficientemente stretta», che  consentirebbe
ai due procedimenti di essere considerati «parti di un'unica reazione
sanzionatoria   apprestata   dall'ordinamento    contro    l'illecito
rappresentato» e che puo' essere desunta dai seguenti elementi: 
    (i) che i procedimenti  abbiano  a  oggetto  scopi  differenti  e
profili diversi della medesima condotta; 
    (ii) che la  duplicita'  dei  procedimenti  sia  una  conseguenza
prevedibile della condotta; 
    (iii) che la sanzione imposta nel procedimento  che  si  concluda
per primo sia tenuta in considerazione  nell'altro  procedimento,  in
modo  che  venga  in  ogni  caso   rispettata   l'esigenza   di   una
proporzionalita' complessiva della pena. 
    Correttamente la parte ricorrente evidenzia al riguardo che: 
    (i)  entrambi  i  procedimenti,  quello  sanzionatorio  e  quello
«cautelare»,  hanno   la   medesima   finalita'   di   «interrompere»
l'attivita' svolta dal promotore finanziario e ineriscono ai medesimi
profili di condotta oggetto di accertamento in sede penale,  oltre  a
tutelare  il  medesimo  bene  giuridico:  l'integrita'  del   mercato
finanziario; 
    (ii) era «prevedibile» che la CONSOB, con l'irrogazione, ex  art.
196 del TUF, del primo provvedimento di sospensione della ricorrente,
avesse evidentemente esaurito il proprio potere sanzionatorio che per
sua  natura  comprende,   in   quanto   misura   definitiva,   quello
cautelativo; e non che lo riesercitasse pochi mesi piu' tardi; 
    (iii) il periodo di sospensione applicato corrisponde all'entita'
massima della misura prevista dal  dettato  normativo,  senza  alcuna
considerazione della precedente sanzione. 
    In proposito il collegio rileva, in particolare: 
    che  quanto  al  punto  i),   riveste   carattere   decisivo   la
considerazione dei medesimi fatti e  di  una  finalita'  di  generale
tutela del mercato, sia pure con  proiezioni  temporali  parzialmente
diverse; 
    che il  punto  ii)  e'  particolarmente  significativo  sotto  il
profilo della certezza del diritto, in funzione  della  tutela  della
posizione degli amministrati; 
    che il punto iii) va integrato con la  considerazione  del  fatto
che la misura massima della sospensione prevista  dalla  disposizione
in questione e' sganciata dalla durata dello stato  presupposto  (che
potrebbe perdurare, e anzi normalmente perdura attesa la durata media
dei processi penali in Italia) e appare piuttosto  configurarsi  come
una sorta di massimo «sanzionatorio» (ancorche' latamente inteso). 
    Sussiste anche  la  «materia  penale»,  intesa  nel  senso  della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, trattandosi
di  un  provvedimento  che,  come  correttamente  rileva   la   parte
ricorrente: 
    i) ha natura pubblicistica; 
    ii) e' volto al perseguimento di finalita' di carattere generale,
legate all'esigenza di evitare  il  rischio  che  lo  strepitus  fori
derivante dal coinvolgimento del promotore in  gravi  vicende  penali
possa compromettere la fiducia del pubblico degli  investitori  nella
correttezza degli operatori di quel mercato; 
    iii) si contraddistingue per la gravita'  e  afflittivita'  degli
effetti potendo precludere definitivamente al  promotore  finanziario
la possibilita' di continuare  a  svolgere  la  propria  professione,
essendo impossibile che la stessa  possa  essere  riavviata  dopo  un
cosi' lungo periodo e per l'intrinseca gravita' della sanzione,  tale
da escludere la ricostituzione di  un  rapporto  di  fiducia  con  la
clientela. 
    13. Le suesposte considerazioni impongono quindi di sollevare  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 55, comma  2,  del
decreto legislativo n. 58/1998, in relazione agli articoli 3  e  117,
comma 1, della  Costituzione,  per  tramite  della  norma  interposta
costituita dall'art. 4 del protocollo 7 della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo. 
    La  questione  viene   sollevata   in   vista   della   possibile
declaratoria dell'incostituzionalita' integrale della disposizione in
questione, alla stregua delle considerazioni esposte  in  precedenza;
ovvero, in subordine, della declaratoria di incostituzionalita' della
stessa nella parte in cui non impone  alla  CONSOB  di  tenere  conto
dell'eventuale pregressa irrogazione di provvedimenti sanzionatori  a
carico dell'interessato. 
    14. Il presente giudizio va  pertanto  sospeso  in  attesa  della
decisione della Corte costituzionale. 
    Ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e in  ordine  alle
spese del giudizio viene riservata alla decisione definitiva. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione
seconda quater), letti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della
legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  55,
comma 2, del  decreto  legislativo  n.  58/1998,  in  relazione  agli
articoli 3 e 117, comma 1, della Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio. 
    Dispone altresi' che la presente ordinanza sia notificata, a cura
della segreteria, al Presidente del Consiglio dei  ministri  ed  alle
parti del giudizio ed inoltre comunicata al Presidente  della  Camera
dei deputati, nonche' al Presidente del Senato della Repubblica. 
    Riserva al definitivo ogni statuizione  in  rito,  nel  merito  e
sulle spese. 
    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1
del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei  diritti
o della dignita' della parte interessata, manda  alla  segreteria  di
procedere all'oscuramento  delle  generalita'  nonche'  di  qualsiasi
altro dato idoneo ad identificare la parte  ricorrente  e  gli  altri
soggetti coinvolti nella vicenda. 
    Cosi' deciso in Roma nella  camera  di  consiglio  del  giorno  7
luglio 2017 con l'intervento dei magistrati: 
    Leonardo Pasanisi, Presidente; 
    Francesco Arzillo, consigliere, estensore; 
    Stefano Toschei, consigliere. 
 
                       Il Presidente: Pasanisi 
 
 
                                                 L'estensore: Arzillo