N. 72 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 2015

Ordinanza del 30  settembre  2015  del  Giudice  dell'esecuzione  del
Tribunale di  Brescia  nel  procedimento  civile  promosso  da  Banca
Valsabbina S.C.P.A. Filiale di Vestone contro Di Giovanni  Gianfranco
ed altri. 
 
Esecuzione  mobiliare  -  Crediti   impignorabili   o   relativamente
  pignorabili - Limiti di pignorabilita' delle somme, accreditate sul
  conto corrente, attribuite a titolo di pensione, di indennita'  che
  tengono luogo di pensione  o  di  altri  assegni  di  quiescenza  -
  Applicazione alle procedure esecutive iniziate successivamente alla
  data di entrata in vigore del decreto-legge n. 83 del 2015. 
- Decreto-legge 27 giugno 2015, n.  83  (Misure  urgenti  in  materia
  fallimentare, civile e processuale civile  e  di  organizzazione  e
  funzionamento dell'amministrazione  giudiziaria),  convertito,  con
  modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132, art. 23, comma 6. 
(GU n.20 del 16-5-2018 )
 
                   TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA 
                              Ordinanza 
 
    nella procedura esecutiva  iscritta  al  numero  7165  del  ruolo
generale  delle  esecuzioni  dell'anno  2014,   promossa   da   Banca
Valsabbina s.c.p.a.; avv. Mario Vanzo; contro Di Giovanni Gianfranco;
avv. Giovanni Ferrari Last-Out srl; terzi pignorati: Banca Valsabbina
s.c.p.a.; Manenti Persandro; 
    Il giudice dell'esecuzione  sciogliendo  la  riserva  di  cui  al
verbale di udienza del 30  settembre  2015  e  vista  la  contestuale
ordinanza di assegnazione resa  in  data  odierna  nell'ambito  della
presente esecuzione; 
    Considerato che residua a carico dell'esecutato  Di  Giovanni  un
debito che potrebbe trovare parziale capienza nel  saldo  attivo  del
conto corrente, allo stesso intestato, che la  creditrice  procedente
Banca Valsabbina s.c.p.a. ha pignorato presso di se'; 
    Rilevato che il debitore  esecutato  Di  Giovanni  si  costituiva
all'udienza   dell'8   giugno   2015   svolgendo,   nella   sostanza,
un'opposizione all'esecuzione ex art. 615 codice di procedura  civile
con l'affermare che: 
        sul   conto    corrente    pignorato    veniva    accreditato
esclusivamente l'assegno sociale mensile; 
        le somme ivi giacenti  dovevano  pertanto  essere  dichiarate
integralmente impignorabili; 
    Rilevato, inoltre, che  all'udienza  del  30  settembre  2015  il
medesimo esecutato eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'art.
545  codice  procedura  civile,  come  modificato  ed  integrato  dal
decreto-legge n. 83/2015 - convertito con modificazioni  dalla  legge
n.  132/2015  -  nonche'  dell'art.  13,   comma   sesto,   di   tale
decreto-legge,  laddove  e'  previsto  che  le  modifiche   apportate
all'art.   545   codice   di   procedura   civile   abbiano   effetto
esclusivamente per le procedure esecutive instaurate  successivamente
alla data di entrata in vigore del predetto decreto e non  anche  per
quelle pendenti a tale data, con conseguente violazione del principio
di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione; 
    Ritenuto  che,  per  quanto   possano   risultare   incongrui   o
formalmente enrrati  (evidentemente  il  comma  sesto  menzionato  e'
quello dell'art. 23 e non quello dell'art. 13  del  decreto-legge  n.
83/2015 che si compone  di  due  soli  commi)  i  richiami  normativi
operati  dall'esecutato,  sussistano  comunque  i   presupposti   per
esercitare   i   poteri    officiosi    riconosciuti    all'autorita'
giurisdizionale dall'art. 23, comma secondo, della legge  n.  87/1953
in riferimento ad una questione  che  appare,  ad  ogni  buon  conto,
rilevante e non manifestamente infondata per le  ragioni  di  seguito
esposte; 
A) Rilevanza 
    Nel caso di specie il creditore procedente ha pignorato il  saldo
attivo del conto corrente intestato all'esecutato. 
    E' documentalmente provato e, invero, neppure contestato, che sul
menzionato conto  corrente  venissero  accreditati  esclusivamente  i
ratei  dell'assegno  sociale  che  I.N.P.S.  corrisponde  mensilmente
all'odierno esecutato; sistematicamente quegli emolumenti  erano  poi
integralmente prelevati, con cadenza mensile. 
    Con atto di pignoramento notificato all'istituto di credito il  9
dicembre 2014, la procedente  sottoponeva  a  pignoramento  il  saldo
attivo del rapporto di conto corrente, nonche' titoli  ed  attivita',
in essere presso la banca ed  intestati  all'esecutato;  l'esecuzione
veniva iscritta a ruolo con deposito della relativa  nota,  da  parte
della creditrice procedente, il 9 gennaio 2015. 
    Disposto un  rinvio  del  processo,  anche  per  consentire  alla
procedente - in  ossequio  al  principio  del  contraddittorio  -  di
replicare all'opposizione svolta, alla prima udienza, dall'esecutato,
entrava medio tempore in vigore il decreto-legge 27 giugno  2015,  n.
83, il quale, tra l'altro,  all'art.  13,  comma  primo,  lettera  l)
stabiliva: "all'art. 545 [c.p.c.] sono aggiunti, in fine, i  seguenti
commi: 
    «Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di  indennita'
che tengono luogo di pensione o di altri assegni di  quiescenza,  non
possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla  misura
massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della meta'. La parte
eccedente tale ammontare  e'  pignorabile  nei  limiti  previsti  dal
terzo, quarto e quinto comma nonche' delle speciali  disposizioni  di
legge. 
    Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre  indennita'
relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a
causa di licenziamento, nonche' a titolo di pensione,  di  indennita'
che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza,  nel  caso
di accredito su  conto  corrente  bancario  o  postale  intestato  al
debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo
dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in  data  anteriore
al  pignoramento:  quando  l'accredito  ha  luogo   alla   data   del
pignoramento o successivamente,  le  predette  somme  possono  essere
pignorate nei limiti previsti dal terzo,  quarto,  quinto  e  settimo
comma, nonche' dalle speciali disposizioni di legge. 
    Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente  articolo
in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti  dallo  stesso  e
dalle speciali disposizioni  di  legge  e'  parzialmente  inefficace.
L'inefficacia  e'  rilevata  dal  giudice   anche   d'ufficio»".   La
successiva lettera m) dell'art. 13,  comma  primo,  decreto-legge  n.
83/2015  modificava  l'art.  546  codice  di  procedura  civile   per
coordinare gli obblighi di custodia del terzo pignorato con i  limiti
di pignorabilita' delle somme accreditate su conto corrente di cui al
comma ottavo dell'art. 545 codice procedura civile. 
    La lettera l) dell'art. 13, comma  primo,  del  decreto-legge  n.
83/2015 veniva ad innovare significativamente sul punto la previgente
disciplina  che,  per  contro,  prevedeva  la  piena   ed   integrale
assoggettabilita' ad espropriazione forzata delle somme  giacenti  su
conto  o  deposito  bancario  o   postale.   La   giurisprudenza   di
legittimita' - come riconosciuto anche dal Giudice delle leggi  nella
sentenza n. 85 del 15 maggio 2015 - era  unanime  nell'affermare  che
nessuna  preclusione  o  limitazione  sussistesse,  in  ordine   alla
sequestrabilita'  o  pignorabilita'  delle  somme,   transitate   dal
soggetto erogatore di pensione od altri emolumenti  pensionistici  od
assistenziali all'avente diritto, e,  dunque,  ormai  definitivamente
acquisite dal percettore e confluite nel suo patrimonio, sia che esse
si trovassero nel suo diretto possesso,  sia  che  esse  risultassero
depositate a nome suo presso banche  ed  assoggettate,  quindi,  alla
disciplina dell'art. 1834 codice civile. 
    Sulla base delle sole disposizioni del novellato art. 545  codice
di procedura civile (ed in forza del principio  tempus  regit  actum)
questo giudice dovrebbe giungere a dichiarare la totale  ed  assoluta
impignorabilita' delle somme sottoposte  ad  esecuzione,  rinvenienti
dal saldo attivo del conto corrente bancario  intestato  al  debitore
esecutato,  alimentato  esclusivamente  con  rimesse  a   titolo   di
accredito  dell'assegno  sociale  mensile  a  questi  spettante:   in
particolare,  l'esiguo  saldo   attivo   presente   alla   data   del
pignoramento  s'incrementava  dei  due   ratei   erogati   nei   mesi
successivi. 
    Ad una tale soluzione v'e', tuttavia, d'ostacolo il  comma  sesto
dell'art. 23 del decreto-legge n. 83/2015, non modificato dalla legge
di conversione n. 132 del 6 agosto 2015 (se non per la correzione  di
un errore grammaticale), il quale stabilisce che: «le disposizioni di
cui agli articoli 12 e 13, comma  1,  lettere  d),  l),  m),  n),  si
applicano   esclusivamente   alle   procedure   esecutive    iniziate
successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto». 
    Orbene,  poiche'  l'espropriazione   forzata   «si   inizia   col
pignoramento» (art.  491  codice  procedura  penale),  che  e'  stato
notificato all'istituto di credito il 9 dicembre 2014 ed al  debitore
il successivo 23  dicembre,  l'odierno  processo  esecutivo  risulta,
dunque,  instaurato  antecedentemente  all'entrata  in   vigore   del
decreto-legge n. 83/2015 (ossia il  27  giugno  2015,  come  disposto
dall'art. 24 del medesimo decreto),  sicche',  in  forza  del  citato
comma sesto dell'art. 23: 
        i commi ottavo e nono dell'art. 545 codice procedura  civile,
come introdotti dall'art.  13  del  decreto-legge  n.  83/2015,  sono
inapplicabili ratione temporis al caso di specie; 
        in ossequio al consolidato indirizzo giurisprudenziale  sopra
menzionato, dovrebbe pervenirsi ad un provvedimento di  assegnazione,
in  toto,  delle  somme  depositate  sul  conto   e   sottoposte   al
pignoramento; 
    Tali  conclusioni  non  mutano,  quand'anche   si   volesse   far
riferimento, per la pendenza della procedura esecutiva, alla data del
deposito della nota di iscrizione a  ruolo  (9  gennaio  2015)  della
stessa. 
B) Non manifesta infondatezza. 
    Si ritiene che il citato comma sesto dell'art.  23  decreto-legge
n. 83/2015, quantomeno nella parte in  cui  faccia  riferimento  alla
decorrenza  dell'efficacia  delle  disposizioni  introdotte  con   la
lettera l)  del  primo  comma  dell'art.  13  del  medesimo  decreto,
introduca un'irragionevole disparita' di trattamento - in spregio  al
principio d'eguaglianza consacrato nell'art. 3 della  Costituzione  -
tra quei debitori che, versando nell'identica  posizione  di  essersi
visti pignorare il saldo attivo del conto corrente bancario o postale
alimentato (anche) tramite assegni pensionistici (o altre prestazioni
assistenziali o retribuzioni), si trovino favoriti o meno  dal  nuovo
regime di impignorabilita' relativa delle somme depositate  su  detti
conti, per il solo fatto che il pignoramento risulti notificato prima
o dopo il 27 giugno 2015. 
    L' irragionevolezza di siffatto discrimine temporale emerge sotto
diversi profili. 
    Il limite di  efficacia  delle  disposizioni  introdotte  con  la
lettera l) del primo comma dell'art. 13 del decreto-legge n.  83  del
2015 alle sole procedure esecutive iniziate dopo la  sua  entrata  in
vigore (lo stesso, peraltro, potrebbe osservarsi per le  disposizioni
di  cui  alla  successiva  lettera  m)),  in  luogo  della   naturale
espansione degli effetti, in forza del principio tempus regit  actum,
a tutti i procedimenti pendenti a tale data (fermo, in ogni caso,  il
limite dei rapporti esauriti e, dunque, dei processi esecutivi  ormai
conclusisi) non trova ragione o giustificazione: 
        a) nell'introduzione di preclusioni formali o, in ogni  caso,
di limitazioni, anche temporali, all'esercizio di poteri  e  facolta'
processuali, in modo tale che risulti ostacolato, se non impedito, lo
svolgimento delle attivita' difensive sino ad allora  accordate  alle
parti dall'ordinamento: la norma di cui alla  lettera  l)  del  primo
comma dell'art. 13 del decreto-legge n. 83/2015 (cui fa  richiamo  la
disposizione censurata, ossia l'art. 23, comma sesto)  non  frappone,
sotto tale aspetto, ostacoli  all'esercizio  del  diritto  di  difesa
garantito dall'art. 24 della Costituzione; 
        b) nell'imposizione, a  carico  delle  parti  o  degli  altri
soggetti del processo, di nuovi e gravosi adempimenti che  potrebbero
determinare un aggravamento ed un appesantimento della  procedura  al
punto tale da dilatarne i tempi  oltre  i  limiti  della  ragionevole
durata di cui al comma  secondo  dell'art.  111  della  Costituzione:
l'unico ulteriore  adempimento  introdotto  dal  novellato  art.  545
codice  di  procedura  civile  e'  posto   a   carico   del   giudice
dell'esecuzione,  il  quale,  all'atto  di   provvedere   in   ordine
all'assegnazione  del  credito  pignorato,   dovra'   preliminarmente
accertare  -  ovviamente  sulla  scorta  degli   elementi   messi   a
disposizione dalle parti - se ed in quale misura detti crediti  siano
impignorabili,  il  che,   spesso   e   volentieri,   si   risolvera'
un'attivita'   di   tipo   quasi   meccanico,   con   un   pressoche'
insignificante dispendio di tempo ed energie; 
        c) nella necessita' di tutelare le ragioni creditorie  e,  in
particolare, di evitare che il debitore possa sottrarsi alle  proprie
responsabilita' di natura patrimoniale. Un vaglio di tali esigenze e'
stato invero compiuto dalla Corte costituzionale  nella  gia'  citata
sentenza n. 85/2015, giungendo alla conclusione che  l'interesse  del
ceto creditorio non e' assoluto, ma va  contemperato  con  gli  altri
interessi costituzionalmente protetti,  incluso  quello,  rinveniente
dai  precetti  dell'art.  38  della  nostra  legge  fondamentale,  di
assicurare  al  pensionato  i  mezzi  minimi  di  sostentamento:   la
responsabilita'  patrimoniale  ex  art.  2740  codice  civile  trova,
dunque, il limite della sua  sostenibilita'  umana,  soprattutto  nei
confronti di  chi  versa  in  situazioni  svantaggiate  quali  quelle
descritte nel citato art. 38. 
    Si aggiunga come la Corte costituzionale,  con  la  summenzionata
pronuncia, avesse sottolineato l'urgenza e l'indifferibilita'  di  un
intervento  normativo  che,   lasciata   al   legislatore   la   sola
discrezionalita' necessaria a  delineare  le  concrete  modalita'  di
tutela, ponesse rimedio alla conclamata violazione dell'art. 38 della
Costituzione; una violazione che, traendo origine da  un  sistema  di
norme che gia' di per se' disconosceva gli interessi sottesi a  detta
disposizione,  si  era  resa  ancor  piu'  intollerabile  a   seguito
dell'introduzione, per via  legislativa,  di  stringenti  limitazioni
all'uso del contante, le quali comportavano, di riflesso, per milioni
di cittadini, la necessita' di ricorrere  allo  strumento  del  conto
corrente per movimentare somme anche di modesto importo. 
    Orbene, appare oltremodo chiara, anche  sotto  quest'angolazione,
l'irragionevolezza  della  norma  censurata,  ove  si  consideri  che
l'intervento legislativo operato  con  il  decreto-legge  n.  83/2015
sarebbe dovuto essere finalizzato a  porre  termine  alla  violazione
riscontrata - ed espressamente evidenziata - dal giudice delle leggi:
agendo, come ha agito, il Legislatore, anziche' sanare  -  ovviamente
in riferimento ai rapporti ancora  non  esauriti  -  quel  vulnus  ai
principi costituzionali, l'ha perpetuato. 
    Ritenuto,   infine,   che    non    sia    possibile    delineare
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  delle  disposizioni
applicabili alla fattispecie: 
        per costante ed unanime giurisprudenza  -  come  si  e'  gia'
accennato - le somme percepite a titolo di pensione  o  retribuzione,
una volta depositate sul conto corrente, si andavano a confondere con
il resto del patrimonio del percettore; l'eventuale pignoramento  del
saldo attivo di tale conto,  peraltro,  non  colpiva  formalmente  il
rapporto tra l'erogatore di tali emolumenti ed  il  percettore  degli
stessi, bensi' il rapporto tra istituto bancario e  correntista;  per
tali ragioni, non potevano  estendersi  i  limiti  di  pignorabilita'
previsti dall'art. 545 codice  di  procedura  civile  all'ipotesi  di
pignoramento del saldo attivo del conto; 
        la stessa  Corte  costituzionale,  nella  piu'  volte  citata
sentenza n. 85/2015, assume tale orientamento ad esemplare  riassunto
del vigente quadro normativo e, per questa via, giunge  ad  affermare
il vulnus arrecato ai principi costituzionali dalle disposizioni  che
disciplinavano l'ipotesi in cui ad essere pignorate fossero state  le
somme depositate su conto corrente; 
        basti conclusivamente osservare come neppure la Corte si  sia
spesa  per  vagliare  soluzioni  ermeneutiche  che  avrebbero  potuto
indirizzare l'interprete verso un'applicazione della legge rispettosa
dei precetti costituzionali e, anzi, abbia rilevato  senza  ombra  di
dubbio il contrasto con l'art. 38 della Costituzione;  il  che  porta
ragionevolmente a concludere che non vi fosse (non  vi  sia)  margine
alcuno per tentar di ricondurre quelle norme - le  stesse  norme  che
debbono essere applicate, ratione  temporis,  al  caso  di  specie  -
nell'alveo della Costituzione; 
    Ritenuta, pertanto, la rilevanza e la non manifesta  infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  23,  comma
sesto, del decreto-legge  27  giugno  2015,  n.  83,  convertito  con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, nella parte  in  cui
dispone che le norme introdotte dall'art. 13, comma primo, lettera l)
del medesimo decreto si applichino alle procedure esecutive  iniziate
successivamente alla dada della sua entrata  in  vigore,  anziche'  a
tutte  le  procedure   esecutive   pendenti   alla   medesima   data;
illegittimita'  determinata  per   violazione   dell'art.   3   della
Costituzione in ragione di quanto sopra osservato; 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, sospendendo, pertanto, il processo esecutivo; 
    Manda alla Cancelleria: 
        per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        per la notificazione della presente ordinanza alle  parti  ed
al Presidente del Consiglio dei ministri; 
        per la comunicazione della presente ordinanza  ai  Presidenti
delle due Camere; 
          Brescia, 30 settembre 2015 
 
                  Il Giudice dell'esecuzione: Calli