N. 116 SENTENZA 17 aprile - 31 maggio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Partecipazioni pubbliche - Alienazione,  con  procedura  di  evidenza
  pubblica, di partecipazioni detenute da  pubbliche  amministrazioni
  locali in  societa'  controllate  -  Affidamento  del  servizio  in
  concessione al privato acquirente per un quinquennio -  Diritto  di
  prelazione riconosciuto al socio privato in caso di societa' mista. 
- Legge 27 dicembre  2013,  n.  147,  recante  «Disposizioni  per  la
  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
  stabilita' 2014)», art. 1, comma 568-bis, lettera b), come inserito
  dall'art. 2, comma 1, lettera a-bis),  del  decreto-legge  6  marzo
  2014, n. 16 (Disposizioni urgenti in  materia  di  finanza  locale,
  nonche' misure volte  a  garantire  la  funzionalita'  dei  servizi
  svolti   nelle   istituzioni    scolastiche),    convertito,    con
  modificazioni, in legge 2 maggio 2014, n. 68. 
-   
(GU n.23 del 6-6-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS,   Franco   MODUGNO,   Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
568-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante  «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge di stabilita' 2014)», come  inserito  dall'art.  2,  comma  1,
lettera a-bis), del decreto-legge 6 marzo 2014, n.  16  (Disposizioni
urgenti  in  materia  di  finanza  locale,  nonche'  misure  volte  a
garantire la  funzionalita'  dei  servizi  svolti  nelle  istituzioni
scolastiche), convertito, con modificazioni, in legge 2 maggio  2014,
n. 68, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il  Lazio,
con ordinanza del 28 febbraio 2017,  nel  procedimento  vertente  tra
Donatella Casini in proprio e nella qualita' di legale rappresentante
pro tempore di Farmacie di Ferentino srl e il  Comune  di  Ferentino,
iscritta al n. 94 del registro  ordinanze  2017  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  27,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2017. 
    Visti l'atto di costituzione di Donatella  Casini  in  proprio  e
nella qualita' di legale rappresentante pro tempore  di  Farmacie  di
Ferentino srl,  nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito nella udienza  pubblica  del  17  aprile  2018  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato Stefano Vinti per Donatella Casini in proprio  e
nella qualita' di legale rappresentante pro tempore  di  Farmacie  di
Ferentino srl e l'avvocato dello  Stato  Gabriella  Palmieri  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con  «sentenza  non  definitiva»  del  28  febbraio  2017  il
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,  sede  di  Roma,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
568-bis, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante  «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge di stabilita' 2014)», per contrasto con  gli  artt.  41  e  47
della Costituzione. 
    La questione e' sorta nel corso di un giudizio  promosso  da  una
farmacista,  socia  privata  in  una  societa'  comunale,  denominata
Farmacie di Ferentino srl, costituita ai  sensi  dell'art.  9,  primo
comma,  lettera  d),  della  legge  2  aprile  1968,  n.  475  (Norme
concernenti il servizio farmaceutico), come sostituito  dall'art.  10
della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di  riordino  del  settore
farmaceutico), che consente la gestione  delle  farmacie  comunali  a
mezzo di societa' di capitali costituite tra il comune e i farmacisti
che prestino servizio presso tali farmacie e cessino dal rapporto  di
lavoro dipendente con il comune  all'atto  della  costituzione  della
societa'. In applicazione di tale  norma  era  stata  costituita  una
societa'  a  responsabilita'  limitata,  con  cessione  del  49%  del
capitale sociale alla farmacista ricorrente nel giudizio  a  quo,  la
quale, oltre a rinunciare al  rapporto  di  lavoro,  aveva  conferito
circa euro 700.000 per acquisire la partecipazione sociale. 
    Nel  giudizio  davanti  al  TAR  rimettente   e'   impugnata   la
deliberazione con cui il Comune di Ferentino ha stabilito di adottare
per la gestione della farmacia comunale il modello della  concessione
ai sensi dell'art. 30 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.  163
(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e  2004/18/CE),  vigente
ratione temporis, e ha  disposto  la  cessione  della  partecipazione
comunale, pari al 51%, mediante  procedura  ad  evidenza  pubblica  a
doppio oggetto, con il contestuale affidamento in  concessione  della
farmacia  comunale  per  la  durata  di  cinque   anni,   tacitamente
rinnovabili per altri cinque. 
    Il passaggio dalla gestione diretta della  farmacia  comunale  (a
mezzo di societa' di capitali costituita tra il Comune e i farmacisti
dipendenti) alla gestione indiretta (mediante concessione a terzi)  -
motivato in ragione dello squilibrio economico finanziario registrato
nei bilanci societari per gli anni  dal  2009  al  2013  -  e'  stato
disposto dal Comune in applicazione e secondo le  modalita'  previste
dall'art. 1, comma 568-bis, lettera b), della legge n. 147 del  2013,
come inserito dall'art. 2, comma 1, lettera a-bis), del decreto-legge
6 marzo 2014, n. 16  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza
locale, nonche' misure volte a garantire la funzionalita' dei servizi
svolti nelle istituzioni scolastiche), convertito, con modificazioni,
in legge 2 maggio 2014, n. 68 (in vigore dal 20 giugno 2015). 
    La disposizione  cosi'  prevede:  «Le  pubbliche  amministrazioni
locali indicate nell'elenco di cui all'articolo  1,  comma  3,  della
legge 31 dicembre 2009, n. 196,  e  successive  modificazioni,  e  le
societa' da esse controllate direttamente  o  indirettamente  possono
procedere: a) allo scioglimento della societa', consorzio  o  azienda
speciale   controllata   direttamente   o   indirettamente.   Se   lo
scioglimento e' in corso ovvero e' deliberato non oltre  ventiquattro
mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, gli
atti  e  le  operazioni  posti  in  essere  in  favore  di  pubbliche
amministrazioni  in  seguito  allo   scioglimento   della   societa',
consorzio o azienda speciale  sono  esenti  da  imposizione  fiscale,
incluse le imposte sui redditi e l'imposta regionale sulle  attivita'
produttive, ad eccezione dell'imposta sul valore aggiunto. Le imposte
di registro, ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa.  In
tal caso i dipendenti in forza alla data di entrata in  vigore  della
presente disposizione sono ammessi di diritto alle procedure  di  cui
ai commi da 563 a 568 del  presente  articolo.  Ove  lo  scioglimento
riguardi una  societa'  controllata  indirettamente,  le  plusvalenze
realizzate in capo alla societa'  controllante  non  concorrono  alla
formazione del reddito e del  valore  della  produzione  netta  e  le
minusvalenze sono deducibili nell'esercizio in cui sono realizzate  e
nei quattro successivi; b) all'alienazione, a condizione  che  questa
avvenga con procedura a evidenza pubblica deliberata non oltre dodici
mesi ovvero sia in  corso  alla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente disposizione, delle partecipazioni  detenute  alla  data  di
entrata in vigore della  presente  disposizione  e  alla  contestuale
assegnazione del servizio per cinque anni a decorrere dal 1º  gennaio
2014. In caso di societa' mista, al socio privato  detentore  di  una
quota di almeno il 30 per cento alla data di entrata in vigore  della
presente  disposizione  deve  essere  riconosciuto  il   diritto   di
prelazione.  Ai  fini  delle  imposte  sui  redditi  e   dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive, le plusvalenze  non  concorrono
alla formazione del reddito e del valore della produzione netta e  le
minusvalenze sono deducibili nell'esercizio in cui sono realizzate  e
nei quattro successivi». 
    Su  questa  premessa  in  fatto,  il   rimettente   ha   respinto
innanzitutto il primo motivo di gravame - con cui  si  contestava  in
radice  l'utilizzabilita'  del  modello  della  concessione  per   la
gestione  del  servizio   farmaceutico   comunale   -   in   adesione
all'orientamento  giurisprudenziale  secondo  cui  i  comuni  possono
ricorrere  a  modalita'  di  gestione  diverse  da  quelle   previste
dall'art. 9 della legge n. 475 del 1968,  purche'  l'esercizio  della
farmacia avvenga nel rispetto delle regole e dei  vincoli  imposti  a
tutela dell'interesse pubblico. 
    In relazione al secondo motivo  di  ricorso  -  incentrato  sulla
violazione dei principi costituzionali  di  tutela  del  lavoro,  del
risparmio, degli investimenti e della libera iniziativa  economica  -
il giudice a  quo  ritiene  invece  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 568-bis, della legge n. 147 del 2013. 
    La  rilevanza  discenderebbe  dal  fatto  che  il   provvedimento
impugnato  nel  giudizio  a  quo  e'  direttamente   applicativo   di
quest'ultima    disposizione,    in    attuazione     della     quale
l'amministrazione comunale  ha  ritenuto  di  dismettere  la  propria
partecipazione societaria mediante procedura ad evidenza  pubblica  e
di concedere contestualmente il servizio, per un tempo limitato, alla
societa' che si intende privatizzare. 
    I dubbi di legittimita' costituzionale sollevati con  riferimento
agli artt. 41 e 47 Cost. vengono giustificati innanzitutto in ragione
del fatto che, secondo il giudice a  quo,  la  norma  censurata,  per
quanto ispirata dalle condivisibili finalita' di  contenimento  della
spesa e di tutela della concorrenza, nel prefigurare le modalita'  di
perseguimento di tali  interessi  comprometterebbe  irragionevolmente
l'affidamento e l'interesse del privato che, prima della sua  entrata
in vigore, ha aderito al progetto  di  partenariato  pubblico-privato
per la gestione  del  servizio  pubblico.  Nel  caso  al  suo  esame,
l'affidamento della ricorrente - che aveva operato importanti scelte,
quale la rinuncia ad un rapporto di pubblico impiego e il  versamento
di un'ingente somma di denaro, prefigurandosi un assetto di interessi
destinato a valere per un lungo periodo di tempo (quasi  secolare)  -
sarebbe ingiustamente sacrificato dall'applicazione retroattiva della
previsione denunciata. Essa infatti, pur consentendo che il  servizio
farmaceutico sia affidato alla societa' risultante dalla procedura di
privatizzazione, limita la durata della concessione a  soli  5  anni,
eventualmente prorogabili per altri 5, e addossa al socio  farmacista
privato un ulteriore  impegno  economico  nell'ipotesi  in  cui  egli
decida di esercitare il diritto di prelazione per acquisire, a titolo
oneroso, la quota pubblica aggiudicata con gara. 
    La violazione  dei  canoni  costituzionali  di  ragionevolezza  e
tutela del legittimo affidamento, cui soggiace  qualunque  intervento
legislativo diretto  a  regolare  situazioni  pregresse,  deriverebbe
inoltre dal fatto  che  la  normativa  sospettata  di  illegittimita'
costituzionale  non  prevede  alcuna   disposizione   transitoria   o
derogatoria per situazioni specifiche del tipo di quella oggetto  del
giudizio a quo, ne' alcuna forma  di  indennizzo  per  il  sacrificio
imposto al socio privato. 
    Secondo il rimettente sarebbe stato piu'  rispondente  ai  canoni
costituzionali evocati lasciare ai comuni l'alternativa fra  disporre
unicamente lo  scioglimento  della  societa'  controllata,  con  ogni
conseguenza  quanto  alla  liquidazione  delle   quote   a   ciascuno
spettanti, o prevedere la mera alienazione delle quote con  procedura
ad evidenza pubblica,  lasciando  inalterato  il  precedente  assetto
societario. 
    Intervenendo  d'autorita'   in   senso   riduttivo   sul   valore
dell'investimento  sostenuto  dal  socio  privato,  la   disposizione
emanata sarebbe inoltre venuta meno  alla  finalita'  di  tutela  del
risparmio, in tutte le sue forme, imposta dall'art. 47 Cost. 
    2.- Con atto depositato il  19  luglio  2017  la  ricorrente  nel
giudizio a  quo,  dott.ssa  Donatella  Casini,  in  proprio  e  nella
qualita'  di  legale  rappresentante  della  societa'   Farmacie   di
Ferentino srl, si e' costituita in giudizio, insistendo - soprattutto
con la memoria depositata in vista dell'udienza  pubblica  -  perche'
sia dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
568-bis, lettera b), della legge n. 147 del 2013, per le  motivazioni
indicate dal TAR rimettente. 
    3.- Con atto depositato il  25  luglio  2017  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    Secondo l'interveniente la norma censurata - la quale  s'inquadra
nell'ambito  di  una  serie  di  interventi   normativi   diretti   a
razionalizzare il settore delle societa' a partecipazione pubblica  -
avrebbe equamente contemperato i principi  costituzionali  di  tutela
della concorrenza e buon andamento della pubblica amministrazione con
il principio di tutela  del  legittimo  affidamento  nella  sicurezza
giuridica. In particolare,  la  facolta'  in  essa  prevista  per  le
amministrazioni  locali  di  alienare   le   proprie   partecipazioni
societarie sarebbe bilanciata dal diritto di prelazione accordato  al
socio    privato    da     esercitare     sull'offerta     presentata
dall'aggiudicatario. 
    La norma censurata non si porrebbe in  contrasto  con  l'art.  41
Cost., dal momento che, secondo la giurisprudenza costituzionale, non
sarebbe  configurabile  una  lesione  della   liberta'   d'iniziativa
economica  quando  i  limiti  apposti  al  suo  esercizio,  oltre   a
corrispondere all'utilita' sociale,  non  appaiono  arbitrari  e  non
vengono perseguiti mediante misure palesemente incongrue (e'  citata,
tra le  altre,  la  sentenza  di  questa  Corte  n.  203  del  2016),
condizioni  di  non  arbitrarieta'  e  non  palese  incongruenza  che
risulterebbero entrambe rispettate dalla norma oggetto di censura. 
    Sarebbe infondata anche la lesione dell'art. 47  Cost.  La  norma
costituzionale proteggerebbe solo il risparmio che si traduce in  una
«componente  del  ciclo  economico»  e  non  il  «puro   e   semplice
accantonamento di moneta». La tutela del risparmio, in altre  parole,
verrebbe sostanzialmente a coincidere con la tutela del risparmiatore
inteso come consumatore di prodotti e servizi bancari,  finanziari  e
assicurativi, e questi sarebbero i mercati alla cui  regolamentazione
la norma costituzionale offre copertura. 
    Con   memoria   depositata   in   vista   dell'udienza   pubblica
l'interveniente ha ribadito e  ulteriormente  sviluppato  i  medesimi
argomenti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale  per  il  Lazio  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  568-bis,  della
legge  27  dicembre  2013,  n.  147,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2014)»,  come  inserito  dall'art.  2,  comma  1,  lettera
a-bis), del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16  (Disposizioni  urgenti
in materia di finanza locale, nonche' misure  volte  a  garantire  la
funzionalita' dei  servizi  svolti  nelle  istituzioni  scolastiche),
convertito, con modificazioni, in legge 2 maggio  2014,  n.  68,  per
contrasto con gli artt. 41 e 47 della Costituzione. 
    1.1.- Secondo il rimettente la disposizione -  applicata  in  via
retroattiva, nel caso  sottoposto  al  suo  giudizio,  alla  societa'
costituita per  la  gestione  del  servizio  farmaceutico,  ai  sensi
dell'art. 9, primo comma, lettera d), della legge 2 aprile  1968,  n.
475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico) - violerebbe  l'art.
41 Cost, in quanto, pur consentendo che il servizio farmaceutico  sia
affidato alla societa' risultante dalla procedura di privatizzazione,
limita tuttavia la durata della concessione a soli cinque anni. 
    La norma censurata, pur ispirata dalle condivisibili finalita' di
contenimento  della  spesa  e  di  tutela  della   concorrenza,   nel
prefigurare le modalita' di perseguimento di tali interessi,  avrebbe
irragionevolmente compromesso l'affidamento del farmacista dipendente
che, prima della sua entrata in vigore, abbia aderito al progetto  di
partenariato  pubblico-privato   per   la   gestione   del   servizio
farmaceutico,  rinunciando  al  rapporto  di   pubblico   impiego   e
conferendo  un'ingente  somma  di  denaro,  sul  presupposto  che  il
pattuito assetto di interessi fosse destinato a valere per  un  lungo
periodo di tempo (nella specie, la societa' era stata costituita il 3
febbraio 2005, con la previsione statutaria di una durata  centenaria
sino  al  31  dicembre  2104,  cui  era  correlata   analoga   durata
dell'affidamento concessorio). 
    L'irragionevolezza della disposizione censurata e la lesione  del
principio  di  tutela  del  legittimo  affidamento  vengono   evocate
unicamente in  relazione  all'art.  41  Cost.,  senza  che,  ne'  nel
dispositivo, ne'  nella  motivazione,  sia  menzionato  il  parametro
costituzionale dell'art.  3.  Si  puo'  ritenere,  tuttavia,  che  il
riferimento all'art. 3 Cost. emerga in modo sufficientemente  chiaro,
ancorche' implicito, dal contesto dell'ordinanza  di  rimessione,  la
quale richiama, fra l'altro, pronunce di questa  Corte  (sentenze  n.
209 e n. 124 del 2010) che, proprio in relazione  a  tale  parametro,
hanno statuito i principi che il giudice a quo vorrebbe far valere in
relazione alla fattispecie normativa che e' chiamato ad applicare. 
    1.2.- Sotto altro  profilo,  la  norma  denunciata,  intervenendo
d'autorita'  e  in  senso  riduttivo  sul  valore   dell'investimento
sostenuto dal socio privato, violerebbe anche  l'art.  47  Cost.,  in
quanto si porrebbe in  contrasto  con  la  finalita'  di  tutela  del
risparmio, in tutte le sue forme, imposta dalla Costituzione. 
    2.- E'  opportuno  precisare  preliminarmente  che  la  forma  di
sentenza  non  definitiva,  anziche'  di  ordinanza,   dell'atto   di
promovimento non comporta  l'inammissibilita'  delle  questioni,  dal
momento che  «il  giudice  a  quo  -  dopo  la  positiva  valutazione
concernente la rilevanza e la non manifesta infondatezza della stessa
- ha  disposto  la  sospensione  del  procedimento  principale  e  la
trasmissione del fascicolo alla cancelleria di questa Corte;  sicche'
a tali atti, anche se assunti con la forma di sentenza,  deve  essere
riconosciuta sostanzialmente natura di ordinanza,  in  conformita'  a
quanto previsto dall'art. 23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87»
(sentenza n. 256 del 2010; nello stesso senso  sentenze  n.  275  del
2013, n. 151 del 2009 e n. 452 del 1997). 
    3.-  Nel  merito  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
proposte in relazione agli artt. 41 e, implicitamente, 3 Cost., da un
lato, e all'art. 47 Cost., dall'altro, non sono fondate. 
    3.1.- L'art. 1, comma 568-bis, della legge n. 147 del 2013 -  non
toccato dall'entrata in vigore  del  decreto  legislativo  19  agosto
2016, n. 175 (Testo unico in materia  di  societa'  a  partecipazione
pubblica), che, all'art. 20, comma 6, lo fa espressamente salvo -  ha
introdotto alcuni incentivi per  sollecitare  lo  scioglimento  delle
societa' controllate o l'alienazione delle partecipazioni detenute da
pubbliche  amministrazioni  locali.  Si  tratta  di  una  misura   di
razionalizzazione che mira a provocare la dismissione delle  societa'
a partecipazione pubblica  la  cui  attivita'  non  sia  strettamente
necessaria  per  il  perseguimento  delle   finalita'   istituzionali
dell'ente, ovvero di quelle scarsamente redditizie o in perdita. 
    In  relazione  alla  fattispecie  descritta   nell'ordinanza   di
rimessione,  le  censure  di  illegittimita'  costituzionale   devono
intendersi limitate alla lettera  b),  dell'art.  1,  comma  568-bis,
citato, secondo cui le pubbliche amministrazioni locali e le societa'
da esse controllate possono procedere: «all'alienazione, a condizione
che questa avvenga con procedura a evidenza pubblica  deliberata  non
oltre dodici mesi ovvero sia in corso alla data di entrata in  vigore
della presente disposizione, delle partecipazioni detenute alla  data
di entrata in vigore della presente disposizione e  alla  contestuale
assegnazione del servizio per cinque anni a decorrere dal 1º  gennaio
2014. In caso di societa' mista, al socio privato  detentore  di  una
quota di almeno il 30 per cento alla data di entrata in vigore  della
presente  disposizione  deve  essere  riconosciuto  il   diritto   di
prelazione.  Ai  fini  delle  imposte  sui  redditi  e   dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive, le plusvalenze  non  concorrono
alla formazione del reddito e del valore della produzione netta e  le
minusvalenze sono deducibili nell'esercizio in cui sono realizzate  e
nei quattro successivi». 
    La norma persegue l'obiettivo  di  favorire  l'alienazione  delle
partecipazioni societarie di pubbliche amministrazioni attraverso  la
previsione di un duplice ordine di  vantaggi  per  i  soggetti  della
potenziale  operazione  di  vendita:  alla  pubblica  amministrazione
locale alienante e' riconosciuto un  beneficio  fiscale,  consistente
nel fatto che, «ai fini delle  imposte  sui  redditi  e  dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive, le plusvalenze  non  concorrono
alla formazione del reddito e del valore della produzione netta e  le
minusvalenze sono deducibili nell'esercizio in cui sono realizzate  e
nei quattro successivi»; al privato acquirente - di un bene che  puo'
essere  di  scarsa  attrattivita'   nel   mercato   -   e'   concesso
l'affidamento del servizio per cinque  anni;  nel  caso  di  societa'
mista, inoltre, al socio privato che gia' detenga una quota di almeno
il 30  per  cento  viene  assegnato  il  diritto  di  prelazione  per
acquistare la quota pubblica. 
    3.2.-  Sulla  scia  di   quanto   ritenuto   dall'amministrazione
resistente nel giudizio principale, il giudice rimettente  muove  dal
presupposto che la norma censurata preveda un'ipotesi di  alienazione
riferibile anche al caso delle societa' di  gestione  delle  farmacie
comunali costituite ai sensi dell'art. 9, primo  comma,  lettera  d),
della legge n. 475 del 1968, che l'atto amministrativo  adottato  dal
comune e impugnato nel giudizio a  quo  costituisca  dunque  corretta
applicazione di tale disposizione e che questa a sua  volta  violi  i
sopra richiamati parametri costituzionali. 
    Cio' ritenendo, tuttavia, lo stesso rimettente erra, giacche' non
considera,  come  invece  avrebbe  dovuto,  che   alla   disposizione
censurata non poteva e non doveva essere riconosciuto un tale  ambito
di applicazione. Correttamente interpretata, infatti,  la  previsione
dell'art. 1, comma 568-bis, lettera b), della legge n. 147  del  2013
non puo' estendere il proprio campo di riferimento  alla  fattispecie
della societa' comunale partecipata ex art. 9, primo  comma,  lettera
d), della legge n. 475 del 1968. 
    Occorre ricordare che quest'ultimo tipo di  societa'  costituisce
un modello specialissimo di societa' a partecipazione  mista  per  la
gestione di servizi pubblici  locali  (rispetto  agli  ordinari  tipi
previsti  dalla  normativa  vigente)   e   un   modello   altrettanto
eccezionale  di  gestione  da   parte   del   comune   del   servizio
farmaceutico. La specialita' sta innanzitutto nel fatto che,  sebbene
non si tratti di societa' interamente pubblica, e sebbene in  essa  i
soci privati  non  vengano  scelti  con  gara  secondo  procedure  di
evidenza pubblica, la societa'  partecipata  ai  sensi  dell'art.  9,
primo comma, lettera d), citato, e' diretta affidataria del servizio:
ogni scelta circa l'opportunita' di coinvolgere altri soggetti  nella
compagine societaria e circa i caratteri soggettivi  dei  privati  da
coinvolgere  e'  gia'  operata  a  priori  dalla  legge,  in  maniera
vincolante  per  l'amministrazione.  In  secondo  luogo,  la   stessa
posizione del socio  farmacista  presenta  caratteri  di  specialita'
rispetto  all'ordinaria  partecipazione  del  socio  privato  a   una
societa' comunale di gestione del  servizio,  giacche'  con  essa  il
legislatore valorizza una peculiare categoria di dipendenti dell'ente
locale,  i  farmacisti,  che  vengono  con  cio'  resi   compartecipi
dell'impresa pubblica. In tale contesto, nel quale la societa'  mista
rappresenta, in sostanza, la nuova veste gestionale  di  un  servizio
pubblico che il comune gia' svolgeva sotto altra forma, l'affidamento
non ha limiti temporali di durata e al socio privato e' consentito di
disporre delle sue quote perfino in sede testamentaria. 
    Nell'ambito  di   questo   peculiare   modello   societario   con
predeterminazione    legislativa    dei    soci,     l'ammissibilita'
dell'affidamento diretto del servizio alla societa' - pur in presenza
della partecipazione di un soggetto privato, che in via ordinaria  lo
escluderebbe - e' solitamente giustificata  in  ragione  della  piena
comunanza di interessi  fra  l'amministrazione  locale  titolare  del
servizio e i farmacisti dipendenti. Questo consente di escludere  che
la partecipazione di privati alla  compagine  sociale  determini,  in
tale caso, quel vulnus alla possibilita'  che  la  societa'  persegua
pienamente  l'interesse  pubblico  dell'ente  locale   titolare   del
servizio, che - in particolare nella giurisprudenza  della  Corte  di
giustizia,  formatasi  anteriormente  all'entrata  in  vigore   delle
direttive 23/2014/UE, 24/2014/UE e 25/2014/UE, in tema di affidamento
a societa' in house (ex  plurimis,  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea, sentenze 19 giugno  2014,  C-574/12,  Centro  Hospitalar  de
Setubal EPE e altro, paragrafi 36 e 38, e 11 gennaio  2005,  C-26/03,
Stadt Halle e altro, paragrafi 49 e 50) - e' ricondotto alla presenza
di un privato nel capitale sociale. 
    3.3.- Cio' premesso sulla specialita' del modello - societario  e
di gestione del servizio - della societa' prevista all'art. 9,  primo
comma, lettera d), della legge n. 475 del  1968,  e  sulla  peculiare
condizione, in essa, del socio privato farmacista ex  dipendente,  e'
agevole comprendere le ragioni per le quali  tale  tipo  di  societa'
esuli necessariamente dall'ambito  oggettivo  di  applicazione  della
disposizione censurata. 
    In  primo  luogo,  si  deve  osservare  che  l'applicazione   del
meccanismo  in  essa  prefigurato  alla   societa'   partecipata   da
farmacisti ex dipendenti determinerebbe  la  creazione  di  un  nuovo
modello del tutto "spurio" di gestione dei  servizi  pubblici  locali
rispetto  a  quelli  tipici  previsti  dal  legislatore  in  materia.
All'interno  della  societa'  privatizzata   secondo   le   modalita'
dell'art. 1, comma 568-bis, lettera b), della legge n. 147 del  2013,
verrebbero infatti a convivere un socio selezionato  senza  gara  (il
farmacista ex dipendente) e uno selezionato con  gara,  e  la  stessa
societa' originariamente affidataria  diretta  del  servizio  per  la
durata, di norma pluridecennale, fissata statutariamente, si vedrebbe
ridotta alla condizione di concessionaria dello stesso  servizio  per
il limitato periodo di cinque anni. 
    3.4.- Se gia' queste  considerazioni  portano  a  escludere  che,
correttamente interpretata, la disposizione censurata possa estendere
il suo ambito di applicazione alle societa' di gestione del  servizio
farmaceutico  costituite  con  farmacisti  ex  dipendenti   in   base
dall'art. 9, primo comma, lettera d), della legge n. 475 del 1968, le
medesime conclusioni sono rafforzate dagli stessi  argomenti  esposti
nell'ordinanza di rimessione a  sostegno  del  prospettato  contrasto
della disposizione, come interpretata dal rimettente, in  particolare
con gli artt. 41 e 3 Cost.: la norma stessa,  invero,  non  puo'  che
essere   interpretata   in   modo   costituzionalmente   compatibile,
presentandosi  cosi'  immune  dai  lamentati   effetti   contrari   a
Costituzione. 
    Mettendone in evidenza il preteso contrasto - per le  conseguenze
che comporterebbe la sua applicazione al caso del citato, particolare
tipo di societa'  di  gestione  della  farmacia  comunale  -  con  il
principio  costituzionale  di  tutela  dell'affidamento,  e  piu'  in
generale la sua  pretesa  irragionevolezza,  anche  in  relazione  al
principio di tutela della concorrenza ex art. 41 Cost., il rimettente
rappresenta efficacemente le inaccettabili conseguenze della  propria
(errata)  interpretazione  della  disposizione   censurata   ma,   al
contempo,   ritiene   di   non   poterle   attribuire   una   portata
costituzionalmente conforme (sentenza n. 83 del 2017). 
    Non c'e' dubbio, infatti, che, utilizzata nel caso delle societa'
partecipate affidatarie dirette del servizio farmaceutico -  come  e'
accaduto nella vicenda oggetto del giudizio a quo -  la  disposizione
presenterebbe  effettivamente   i   gravi   dubbi   di   legittimita'
costituzionale paventati dal rimettente, sia sotto il  profilo  della
lesione  del  legittimo  affidamento,  sia  sotto  quello  della  sua
intrinseca irragionevolezza. 
    In  un  primo  senso,  infatti,  come  prospettato  nell'atto  di
rimessione,  essa  finirebbe  per  autorizzare  l'amministrazione   a
incidere unilateralmente mediante una drastica riduzione della durata
del servizio e senza indennizzo - in contrasto quindi,  fra  l'altro,
con quanto previsto in via generale  dall'art.  11,  comma  4,  della
legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi),
e dall'art. 176, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016,  n.
50 (Codice dei  contratti  pubblici)  -  sull'esercizio  in  atto  di
servizio pubblico comunale assegnato per un  periodo  pluridecennale,
in base a un'espressa previsione di legge e a fronte  dell'assunzione
da parte del privato di oneri alquanto gravosi (pagamento della quota
e rinuncia all'impiego dipendente). 
    In un secondo senso, letta nel modo prospettato  dal  rimettente,
la disposizione censurata presenterebbe ulteriori,  autonomi  profili
di intrinseca irragionevolezza, in  quanto,  non  favorendo,  e  anzi
tendenzialmente scoraggiando, possibili compratori,  si  porrebbe  in
contraddizione con la sua stessa ratio, che e', come visto, quella di
valorizzare il patrimonio pubblico, incentivando  la  sua  immissione
nel mercato. 
    In definitiva, e'  evidente  che  solo  un'interpretazione  della
disposizione sospettata di illegittimita' costituzionale che  escluda
dal suo ambito di applicazione le societa' partecipate dai farmacisti
ex dipendenti e' idonea a sventare il rischio di un suo contrasto con
i citati principi costituzionali. 
    3.5.- Per tutte queste ragioni si  deve  dunque  concludere  che,
correttamente interpretato alla luce della sua ratio e in conformita'
con la Costituzione, il censurato art. 1, comma 568-bis, lettera  b),
della legge n. 147 del 2013 presenta un significato diverso da quello
ad esso attribuito dal giudice a quo e che, di conseguenza, tutte  le
questioni di legittimita' costituzionale prospettate devono ritenersi
non fondate. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 568-bis, lettera b), della legge 27 dicembre 2013,
n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2014)», come  inserito
dall'art. 2, comma 1, lettera a-bis), del decreto-legge 6 marzo 2014,
n. 16 (Disposizioni urgenti in materia  di  finanza  locale,  nonche'
misure volte a garantire la funzionalita' dei  servizi  svolti  nelle
istituzioni scolastiche), convertito, con modificazioni, in  legge  2
maggio 2014, n. 68, sollevate dal Tribunale amministrativo  regionale
per  il  Lazio,  in  riferimento  agli  artt.  3,  41,  e  47,  della
Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 aprile 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2018. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE