N. 4 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 1 giugno 2018

Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 1° giugno
2018 (della Regione autonoma Valle d'Aosta). 
 
Finanza pubblica  -  Decreto  del  Ministero  dell'economia  e  delle
  finanze recante il riparto del  contributo  alla  finanza  pubblica
  previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95  del  2012
  tra le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di  Trento
  e di Bolzano - Determinazione dell'accantonamento, per l'anno 2018,
  a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali delle
  autonomie speciali. 
- Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze  del  28  marzo
  2018, recante "Riparto del contributo alla finanza pubblica tra  le
  Regioni a statuto speciale e  le  Province  autonome  di  Trento  e
  Bolzano. Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2018". 
(GU n.25 del 20-6-2018 )
     Ricorso per conflitto di  attribuzione  della  Regione  autonoma
Valle d'Aosta,  con  sede  in  Aosta,  p.zza  Deffeyes,  n.  1,  c.f.
80002270074, in persona del Presidente pro  tempore  Laurent  Vierin,
rappresentato e difeso, in forza di procura a  margine  del  presente
atto ed in virtu' della deliberazione della giunta regionale  n.  650
del  21  maggio  2018,  dal  prov.  avv.  Francesco  Saverio   Marini
(MRNFNC73D28H501U;  francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org   -
fax 06.36001570),  presso  il  cui  studio  in  Roma,  via  di  Villa
Sacchetti, 9, ha eletto domicilio; ricorrente; 
    Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo  Chigi,
Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale
dello  Stato,  con  domicilio  in  Roma,  Via  dei  Portoghesi,   12;
resistente; 
    nonche' contro il Ministero dell'economia  e  delle  finanze,  in
persona del Ministro pro tempore, con sede in Roma, Via XX settembre,
97 (00187), rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12; resistente; 
    Per   l'accertamento   dell'avvenuta    violazione    di    norme
costituzionali e statutarie attributive di competenze e garanzie alla
Regione ricorrente e per il conseguente annullamento del decreto  del
Ministero dell'economia  e  delle  finanze  28  marzo  2018,  recante
«Riparto del contributo  alla  finanza  pubblica  tra  le  Regioni  a
statuto  speciale  e  le  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano.
Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2018», pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 80
del 6 aprile 2018 (doc. 1). 
 
                                Fatto 
 
    1. Con il decreto-legge  n.  95  del  2012  («Spending  review»),
convertito, con modificazioni,  nella  legge  n.  135  del  2012,  il
legislatore  ha  introdotto  disposizioni   urgenti   finalizzate   a
«razionalizzare la spesa pubblica attraverso la riduzione delle spese
per beni e servizi, garantendo al contempo l'invarianza  dei  servizi
ai  cittadini»,  con  l'obiettivo  di  stimolare  la  crescita  e  la
competitivita' del nostro Paese. 
    2. L'art. 16, comma 3, del citato decreto-legge dispone  che  con
le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n.  42,
le Regioni a statuto speciale e le  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano «assicurano un concorso alla finanza pubblica  per  l'importo
complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni  di
euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e  1.575
milioni di euro a decorrere dall'anno 2015». La disposizione  precisa
che fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al  predetto
art. 27, l'importo del concorso complessivo di cui al  primo  periodo
del presente comma «e' annualmente accantonato, a valere sulle  quote
di compartecipazione ai tributi erariali o,  previo  accordo  tra  la
Regione richiedente, il Ministero per la coesione territoriale  e  il
Ministero delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  a  valere  sulle
risorse destinate alla programmazione  regionale  del  Fondo  per  lo
sviluppo e la coesione, sulla base di apposito accordo sancito tra le
medesime autonomie speciali in sede di Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano e recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle
finanze entro il 31 gennaio di ciascun  anno».  In  caso  di  mancato
accordo in sede di Conferenza permanente, poi,  «l'accantonamento  e'
effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e  delle  finanze
da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione  alle
spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno  2011,  dal
SIOPE [...]. 
    3. Avverso l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del  2012,
la Regione Valle d'Aosta ha a  suo  tempo  proposto  ricorso  in  via
principale, definito dalla Corte costituzionale con  sentenza  n.  77
del 2015. La pronuncia, da ascriversi alla categoria  delle  sentenze
interpretative di rigetto,  ha  ritenuto  non  fondate  le  questioni
prospettate, valorizzando,  quali  condizioni  essenziali  per  poter
ritenere non illegittima la norma, tre profili: 
        i) la circostanza che le somme accantonate, pur gravate da un
vincolo di indisponibilita', permangono  comunque  nella  titolarita'
della Regione; 
        ii)  la  temporaneita'  dell'accantonamento  e  del  connesso
vincolo d'indisponibilita'; 
        iii) il venir meno dell'obbligo di contribuire  alla  finanza
pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, a far
data dall'anno 2017, disposto dall'art. 1, comma 454, della legge  n.
228 del 2012. 
    Piu' in dettaglio, nella sentenza n. 77 del 2015 si  legge:  «per
mezzo dell'accantonamento previsto dalla norma impugnata [...], poste
attive che permangono nella titolarita' della  regione,  cui  infatti
spettano in forza degli  statuti  e  della  normativa  di  attuazione
(sentenza  n.  23  del  2014),  sono   sottratte   a   un   immediata
disponibilita' per obbligare l'autonomia speciale  a  ridurre  di  un
importo corrispondente il livello delle spese. Una volta chiarito che
il contributo imposto a tal fine alle  ricorrenti  e'  legittimo,  si
deve concludere  che  l'accantonamento  transitorio  delle  quote  di
compartecipazione,  in  attesa  che  sopraggiungano   le   norme   di
attuazione cui rinvia l'art. 27 della legge n.  42/2009,  costituisce
il mezzo procedurale con il quale  le  autonomie  speciali,  anziche'
essere private definitivamente di quanto loro compete, partecipano al
risanamento delle finanze pubbliche, impiegando a tal fine le risorse
che lo Stato trattiene. Le quote accantonate rimangono, in tal  modo,
nella titolarita' della Regione e sono  strumentali  all'assolvimento
di  un  compito  legittimamente  gravante  sul   sistema   regionale.
Naturalmente non e' questa una  situazione  che  si  possa  protrarre
senza limite, perche' altrimenti l'accantonamento si tramuterebbe  di
fatto in appropriazione. Ma, nell'attuale contesto emergenziale,  ove
e'  particolarmente  forte  l'esigenza  di  obbligare  le  Regioni  a
contenere la spesa, una simile tecnica non viola i parametri  dedotti
dalle ricorrenti, giacche' si risolve nell'omessa erogazione, in  via
transitoria, di somme che queste ultime non avrebbero potuto comunque
impiegare  per  incrementare  il  livello  della  spesa.  Va  inoltre
ribadito che, per effetto dell'art. 1, comma 454, della legge n.  228
del 2012, il contributo prescritto dall'art. 16, comma 3,  impugnato,
e con esso l'accantonamento, cessera' di essere dovuto, in ogni caso,
nel 2017». 
    4. Successivamente l'art. 1, comma 484, della legge  n.  232  del
2016 ha stabilito che alla Regione autonoma  Valle  d'Aosta  «non  si
applicano le disposizioni in materia di patto di  stabilita'  interno
di cui all'art. 1, commi 454 e  seguenti,  della  legge  24  dicembre
2012, n. 228», al quale viene sostituito, a decorrere dal 1°  gennaio
2017, il regime del pareggio  di  bilancio,  fondato  sull'equilibrio
complessivo tra entrate e spese. 
    5. Dal canto suo, la legge regionale valdostana n. 24 del 2016 ha
disposto che «in attuazione della sentenza della Corte costituzionale
n. 77 del  13  maggio  2015,  l'importo  dell'accantonamento  per  il
concorso della Regione agli obiettivi complessivi di finanza pubblica
e'  determinato  in  euro  72.974.369  per  l'anno  2017  e  in  euro
94.200.130     a     decorrere     dall'anno     2018».     L'entita'
dell'accantonamento,  in  buona  sostanza,  viene   ora   determinata
detraendo dall'importo complessivo del  contributo  per  il  concorso
agli obiettivi complessivi di finanza pubblica le  somme  di  cui  al
citato art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012,  non  piu'
applicabile all'odierna ricorrente. Si precisa, al riguardo, che  con
riferimento alla citata legge regionale n. 24 del 2016  il  Consiglio
dei  ministri  ha  deliberato  di   non   promuovere   questione   di
costituzionalita' davanti alla Corte  nella  propria  seduta  del  23
febbraio 2017, ritenendo l'atto normativo  del  tutto  conforme  alla
Costituzione. 
    6. Che le disposizioni in materia di patto di stabilita'  interno
non si  applichino  piu'  alla  Valle  (con  conseguente  venir  meno
dell'obbligo,  nei  suoi  confronti,  di  contribuire  alla   finanza
pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, a far
data dall'anno 2017) e', del resto, circostanza ben nota allo  stesso
MEF, che, non a caso,  ha  avuto  modo  di  precisare,  in  occasione
dell'adozione del decreto riparto relativo all'anno  2017,  che  alla
Valle «non si applicano  le  disposizioni  in  materia  di  patto  di
stabilita' interno di cui all'art. 1, commi  454  e  seguenti,  della
legge 24 dicembre 2012, n. 228» e che per la  medesima  Regione  «non
trova  piu'  applicazione  la  disciplina  del  patto  di  stabilita'
interno», ragione per cui «il contributo in termini di  indebitamento
netto e' riportato al solo fine di rendere esaustivo  il  quadro  del
concorso previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95  del
2012 tra tutte le Autonomie speciali». 
    7. In totale spregio del  descritto  contesto  di  riferimento  -
nonostante la non applicabilita', a decorrere dal  1°  gennaio  2017,
dell'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012 e  nonostante  la
riduzione del contributo per il  concorso  regionale  agli  obiettivi
complessivi di finanza pubblica di cui al citato art. 1  della  legge
regionale n. 24/2016 - il MEF  ha  comunque  adottato  il  richiamato
decreto 9 maggio 2017, recante il riparto per  2017,  stabilendo,  in
particolare, che «per l'anno 2017 il concorso alla  finanza  pubblica
in termini di saldo netto da finanziare da ciascuna Regione a statuto
speciale e Provincia autonoma, previsto dall'art. 16,  comma  3,  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, e' fissato negli importi  di  cui
alla tabella 1, facente parte integrante del presente  decreto.  Tali
importi sono determinati in  proporzione  alle  spese  sostenute  per
consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE». 
    Per la Valle d'Aosta la tabella 1 ha quantificato  il  contributo
in termini di saldo netto finanziario in euro 144.326.970,22. 
    8. Avverso il predetto decreto ministeriale e gli  atti  ad  esso
consequenziali (la nota della Ragioneria generale dello  Stato  prot.
1902478 del 20 ottobre 2017) la Regione ha proposto dinanzi a codesta
ecc.ma Corte ricorso per conflitto di attribuzione (reg. confl.  Enti
n. 6 del 2017, giusta DGR n.  913  del  3  luglio  2017)  ancora  non
definito,  nonche'  ricorso  davanti  al   Tribunale   amministrativo
regionale Lazio recante n.r.g. 6520/2017 (di cui alla DGR n. 1556 del
2017), anch'esso attualmente pendente, con udienza di discussione  di
merito fissata al prossimo 19 dicembre 2018. 
    9.  Le  argomentazioni  poste  alla  base  suddetti  ricorsi   si
sostanziano nella  circostanza  che  il  decreto  riparto  2017,  nel
gravare la Regione di un contributo aggiuntivo in  termini  di  saldo
netto da finanziario pari a euro 144.326.970,22, risulta  illegittimo
e lesivo delle attribuzioni costituzionalmente spettanti  alla  Valle
atteso che, sulla scorta  di  quanto  espressamente  affermato  dalla
Corte costituzionale nella sentenza  interpretativa  di  rigetto,  n.
77/2015, la sola ragione a fondamento della legittimita' del predetto
contributo  in  termini  di  saldo  netto  da  finanziare,   mediante
trattenuta unilaterale a valere sulle quote di  compartecipazione  ai
tributi erariali, risiede: 
        i) nella necessaria correlazione tra la trattenuta, quale e',
per l'appunto, quella  imposta  alla  Valle  d'Aosta  dal  contestato
decreto del MEF in applicazione del richiamato art. 16, comma 3,  del
decreto-legge n. 95/2012, e il regime del patto di stabilita' interno
in termini di obiettivo  euro  compatibile  (determinato  secondo  le
modalita' indicate dall'art. 1, comma 454, della legge n. 228/2012); 
        ii) nel fatto che, essendo per la Valle venuto meno il regime
del patto di stabilita' (con la non applicazione, a decorrere dal  1°
gennaio 2017, ai  sensi  dell'art.  1,  comma  484,  della  legge  n.
232/2016, dell'art. 1, comma 454, della legge n.  228/2012,  nel  cui
ambito soltanto puo' essere legittimamente inquadrato il concorso  al
risanamento della finanza pubblica mediante l'accantonamento  di  cui
trattasi), a decorrere dalla medesima annualita', 2017, il contributo
ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95/2012  e'  da
ritenersi non piu' dovuto. Con la conseguenza che il MEF non  avrebbe
potuto reiterare il meccanismo di accantonamento di cui all'art.  16,
comma  3,   in   tale   modo   violando,   peraltro,   il   giudicato
costituzionale. 
    10. Fermo quanto sopra,  successivamente  alla  proposizione  dei
suddetti ricorsi il legislatore ha approvato  la  legge  n.  205  del
2017, il cui art. 1, comma 841, ha stabilito che: «nelle  more  della
definizione dei complessivi rapporti finanziari tra  lo  Stato  e  la
Regione Valle d'Aosta che tenga conto, tra  l'altro,  delle  sentenza
della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e  n.  154  del  2017,  gli
accantonamenti a carico della  Regione  Valle  d'Aosta  a  titolo  di
concorso alla finanza pubblica sono ridotti di 45 milioni di euro per
l'anno 2018, 100 milioni di euro per l'anno 2019  e  120  milioni  di
euro annui a decorrere dall'anno 2020». 
    11. Avverso la  disposizione  da  ultimo  citata  la  Regione  ha
promosso ricorso in via principale davanti  alla  Corte,  attualmente
pendente (r.r. 23 del 2018), rilevando la lesivita' della  previsione
per  violazione  delle  prerogative  regionali  e,  in   particolare,
dell'autonomia finanziaria e organizzativa della Valle,  se  e  nella
misura  in  cui   -   mediante   l'impiego   della   locuzione   «gli
accantonamenti a carico della  Regione  Valle  d'Aosta  a  titolo  di
concorso alla finanza pubblica sono ridotti - il legislatore  statale
avesse inteso includere  nell'ammontare  del  contributo  complessivo
agli obiettivi di finanza  pubblica  gravante  sulla  Regione,  anche
l'accantonamento a valere sullo quote  di  compartecipazione  di  cui
all'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012,  stabilendone
la doverosita', sia pure con importi in riduzione, non solo nell'anno
2018, ma anche nell'anno 2019 e,  successivamente,  a  decorrere  dal
2010. 
    12. Da ultimo, in data 28  marzo  2018  il  MEF  ha  adottato  il
decreto  oggetto  del  presente  giudizio,   recante   «Riparto   del
contributo alla finanza pubblica tra le Regioni a statuto speciale  e
le  Province   autonome   di   Trento   e   Bolzano.   Determinazione
dell'accantonamento  per  l'anno  2018»,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n.  80  del  6
aprile 2018. 
    Tale decreto, richiamando nelle premesse  l'art.  1,  comma  841,
della legge n. 205 del 2017 (impugnato dalla Valle, come  detto,  con
ricorso  n.  23  del  2018),  come  pure  l'art.  16,  comma  3,  del
decreto-legge n. 95 del 2012, ricalca  il  contenuto  del  precedente
decreto riparto 2017 e reitera indebitamente l'obbligo per la Regione
- gia' contestato con i ricorsi di cui si e' piu' sopra  detto  -  di
contribuire alla finanza  pubblica,  per  il  2018  e  per  gli  anni
successivi,  mediante  accantonamenti  a  valere   sulle   quote   di
compartecipazione ai tributi erariali. 
    Cio' in violazione, peraltro, di  quanto  stabilito  dalla  Corte
costituzionale con la sentenza n. 77 del 2015, nella quale si  legge,
preme ribadirlo, che «per effetto dell'art. 1, comma 454, della legge
n. 228 del 2012, il contributo  prescritto  dall'art.  16,  comma  3,
impugnato, e con esso l'accantonamento, cessera' di essere dovuto, in
ogni caso, nel 2017». 
    13. Tutto cio' premesso, con il presente ricorso la Regione  Vale
d'Aosta, come sopra rappresentata e difesa, impugna  il  decreto  del
Ministero dell'economia e delle finanze meglio indicato in  epigrafe,
il quale si  mostra  lesivo  di  norme  costituzionali  e  statutarie
attributive di competenze e garanzie  alla  Regione  ricorrente  alla
luce dei seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
I. Violazione degli articoli 2, comma primo,  lettera  a);  3,  comma
primo, lettera f); 4; 12; 48-bis e 50 della legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4, oltre che degli articoli 117, comma  terzo,  119
Cost. e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e  dalla
relativa normativa di attuazione statutaria  e,  segnatamente,  degli
articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n. 690, oltre che dei
principi di ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.  e  di  leale
collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost. 
    1. Con il presente ricorso la Valle d'Aosta  impugna  il  decreto
del Ministero dell'economia e delle finanze 28 marzo 2018, quale atto
dotato di rilevanza esterna e immediatamente lesivo  della  sfera  di
competenze costituzionali e statutarie della Regione ricorrente, come
tale idoneo a produrre un conflitto attuale di attribuzione fra  Enti
(cfr., tra le  altre,  Corte  costituzionale,  sentt.  nn.  211/1994;
341/1996; 137/1998). 
    2.  Al  fine  di  apprezzare  la   lesione   delle   attribuzioni
costituzionali  della  ricorrente,  va  osservato  come  il   decreto
impugnato si ponga in contrasto: con lo stesso art. 16, comma 3,  del
decreto-legge n. 95 del 2012 di  cui  si  proclama  attuativo,  nella
lettura costituzionalmente orientata offerta dalla sentenza n. 77 del
2015 della Corte costituzionale; con l'art. 1, comma 454, della legge
n. 228 del 2012; con l'art. 1, comma 484,  della  legge  n.  232  del
2016; con l'art. 1, della legge regionale valdostana n. 24  del  2016
(«Legge finanziaria regionale per il triennio 2017/2019»).  Da  tutto
questo   complesso   normativo,   infatti,   l'atto   oggi    gravato
incredibilmente prescinde. 
    3. Come gia' illustrato in  narrativa,  il  meccanismo  delineato
dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95  del  2012  e'  stato
ritenuto legittimo dalla Corte solo a condizione  di  considerare  il
contributo  della  Valle  alla  finanza  pubblica  un  accantonamento
temporaneo (che non mette in questione la titolarita' delle  relative
somme in capo alla stessa), in adempimento di un obbligo comunque non
esigibile sine die e destinato a cessare far data dal 2017, in  forza
di quanto stabilito dall'art. 1, comma 454 della  legge  n.  228  del
2012. 
    Inoltre, in base a quanto stabilito dall'art. 1, comma 484, della
legge n. 232 del 2016, alla Regione ricorrente non si applicano  piu'
le disposizioni in materia di patto  di  stabilita'  interno  di  cui
all'art. 1, commi 454 e seguenti, della legge 24  dicembre  2012,  n.
228, al quale viene sostituito, a decorrere dal 1° gennaio  2017,  il
regime del pareggio di bilancio, fondato sull'equilibrio  complessivo
tra entrate e spese. 
    4. Quanto al richiamato art. 1, comma 454, della legge n. 228 del
2012,  recante  la  disciplina  -  ormai  superata  -  del  patto  di
stabilita' interno, tale disposizione chiariva  che  la  Valle,  come
pure le altre  Autonomie  speciali,  avrebbe  concorso  alla  manovra
concordando  con  il  MEF  l'obiettivo  «in  termini  di   competenza
finanziaria» e di «competenza eurocompatibile», determinato riducendo
il  complesso  delle  spese  finali   «in   termini   di   competenza
eurocompatibile», risultante dalla spesa storica del 2011. 
    Piu' chiaramente, il concorso finanziario della ricorrente veniva
attuato, sotto la vigenza del patto di stabilita'  interno,  mediante
la   decurtazione   dalle   spese   valdostane,    come    risultanti
complessivamente  dal  consuntivo  2011,  di  una  serie  di  importi
puntualmente individuati alle lettere a), b), c) e d) del citato art.
1, comma 454. 
    La lettera c) di tale ultima disposizione  sottraeva  alle  casse
della Valle proprio gli importi determinati dal MEF in attuazione del
piu' volte richiamato art. 16, comma 3, del decreto-legge n.  95  del
2012. 
    Tale  sottrazione,  tuttavia,  e'  stata  ritenuta  dalla   Corte
costituzionale valida, preme ribadirlo, solo se attuata  dallo  Stato
in termini di accantonamento temporaneo delle  somme  -  da  ritenere
comunque di esclusiva titolarita' della Valle -  nonche'  nell'ambito
dell'allora vigente patto di stabilita'. 
    Il  patto  di  stabilita',  infatti,  imponeva  alle  Regioni  di
rispettare i limiti di spesa c.d. «storica», decurtati di  una  cifra
indicata dallo Stato come contributo alla finanza pubblica.  Solo  in
questa logica si giustificava la misura prevista dalla legge, perche'
lo Stato accantonava, appunto, la cifra che la  Regione  non  avrebbe
comunque potuto spendere. Ma il limite di spesa  non  comportava  una
riduzione dei trasferimenti alla Regione, ne' incideva sulle entrate:
proprio per questo  l'accantonamento  non  si  traduceva  -  come  ha
esattamente chiarito la Corte - in un'illegittima  appropriazione  da
parte dello Stato. 
    Cessata la misura congiunturale del patto di stabilita' e passati
al nuovo regime del pareggio di  bilancio,  l'accantonamento  ha  del
tutto  perso  la  sua  ratio  e  la  sua  perdurante   «applicazione»
concretizza una incostituzionale e unilaterale misura di decurtazione
della  quota  di  tributi  erariali  spettanti  statutariamente  alla
Regione. 
    5. Venuto meno, dunque, il patto, al quale e' stato sostituito, a
decorrere dal 1° gennaio 2017, il regime del pareggio di bilancio, e'
venuta correlativamente meno la possibilita' per lo Stato di disporre
unilateralmente, ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n.
95  del  2012,  gli  accantonamenti   «in   termini   di   competenza
finanziaria» e di «competenza eurocompatibile»  previsti  dal  citato
comma 454 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. 
    Considerato, quindi, che il contributo di cui all'art. 16,  comma
3, non e' piu' dovuto a far data dal 2017 e che esso, in  ogni  caso,
puo' operare solo all'interno del regime del patto di stabilita', cui
tuttavia la Regione non e' piu' soggetta, la sua imposizione da parte
del decreto oggi  impugnato  si  rivela  manifestamente  illegittima,
configurando «una illegittima appropriazione, da parte  dello  Stato,
di  quote  di  entrate  spettanti  alla  Regione»   (sentenze   Corte
costituzionale n. 239 e n. 77 del 2015). 
    Infatti, nella parte  in  cui  il  decreto  ministeriale  gravato
richiede alla Valle di concorrere alla manovra  finanziaria,  per  il
2018, mediante  un  contributo  pari  ad  euro  144.326.970,22,  esso
impone, di fatto, la  perdurante  applicazione  alla  ricorrente  del
vincolo  di  accantonamento  di  cui  all'art.  16,  comma   3,   del
decreto-legge  n.  95  del  2012,  ossia  di  un   vincolo   che   si
giustificava, come  precisato  in  maniera  chiarissima  dalla  Corte
costituzionale, solo in regime  di  patto  di  stabilita'  e  che  ha
cessato di operare per la Valle a partire dal mese di gennaio 2017. 
    Si consideri, inoltre,  che  in  materia  di  contribuzione  alla
finanza pubblica  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  di  recente
ribadito che le misure di contenimento disposte  dallo  Stato  devono
necessariamente rispettare  il  principio  della  «transitorieta'»  e
«presentare il carattere della temporaneita'», al fine di definire in
modo appropriato, anche tenendo conto delle scansioni  temporali  dei
cicli di bilancio e piu' in generale della situazione  economica  del
Paese, il quadro delle relazioni finanziarie  tra  Stato  e  Regioni,
«evitando  la  sostanziale  estensione   dell'ambito   temporale   di
precedenti manovre» (Corte cost., sentenza n. 133 del 2018). 
    6. Ne' l'illegittimita' del decreto ministeriale viene meno  alla
luce del richiamo, contenuto nel comma 2  dell'art.  1  del  medesimo
decreto, alle procedure di pareggio di bilancio, laddove si  afferma,
appunto, che  il  concorso  delle  Autonomie  speciali  alla  finanza
pubblica e' «da conseguire mediante pareggio di bilancio». 
    Tale precisazione si rivela, infatti,  formalistica  e  capziosa,
considerato che il Ministero, da una parte vuole dare ad intendere di
essere consapevole, in adesione alle censure ripetutamente  formulate
sul punto dalla Valle d'Aosta, che il regime del patto di  stabilita'
e' venuto meno per  essere  sostituito  da  quello  del  pareggio  di
bilancio; dall'altro lato, tuttavia, impone  nuovamente  il  concorso
finanziario nelle forme dell'accantonamento «previsto  dall'art.  16,
comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95»,  ossia  secondo  il
gia' contestato e ormai superato meccanismo  degli  accantonamenti  a
valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. 
    7. Tutto cio' determina  una  patente  violazione  dell'autonomia
organizzativa e finanziaria della Regione sancita dagli  articoli  2,
comma primo, lettera a), 3, comma primo, lettera f), 4, 12, 48-bis  e
50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, oltre che dagli
articoli 117, comma terzo, 119 Cost. e 10 della legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3,  e  dalla  relativa  normativa  di  attuazione
statutaria e, segnatamente, dagli articoli da 2 a 7  della  legge  26
novembre 1981, n. 690, oltre che dei principi  di  ragionevolezza  di
cui all'art. 3 Cost. e di leale collaborazione di cui agli articoli 5
e 120 Cost. 
    8.  Il  numero,  l'entita'  e  il   tono   costituzionale   delle
attribuzioni  regionali  illegittimamente  lese   dal   decreto   del
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  28   marzo   2018   sono
indiscutibili. L'atto incide unilateralmente  e  jure  imperii  sulle
entita' delle compartecipazioni valdostane ai tributi erariali, ossia
su una materia riservata alla normativa di attuazione contenuta nella
legge n. 690 del 1981 e, segnatamente, negli articoli da  2  a  7  di
tale atto normativa, i quali fissano le quote di tributi erariali  da
attribuire alla Valle. 
    Cio' determina, anzitutto, la violazione dell'art. 48-bis,  dello
Statuto speciale. Per effetto di tale previsione, infatti,  eventuali
modifiche o deroghe  alle  norme  di  attuazione  statutarie  possono
avvenire solo a seguito dei lavori  della  commissione  paritetica  e
previo parere del Consiglio della Valle, proprio al fine di garantire
le «particolari condizioni di autonomia attribuite alla Regione». 
    Nel  caso  di  specie,  tuttavia,  il  decreto  ministeriale   ha
stabilito in via unilaterale gli importi del concorso valdostana alla
manovra,   vanificando    completamente    le    speciali    garanzie
procedimentali previste a tutela dell'autonomia regionale dal  citato
art. 48-bis. 
    La  fondatezza  di  siffatta  censura  trova  evidente  conferma,
peraltro, nell'art. 1 del decreto legislativo n.  320  del  1994,  di
attuazione  dello  Statuto,  il  quale  dispone  che:  «l'ordinamento
finanziario della Regione, stabilito a norma dell'art. 50,  comma  3,
dello statuto speciale, con la legge 26 novembre del  1981,  n.  690»
puo' essere «modificato solo con  il  procedimento  di  cui  all'art.
48-bis del medesimo statuto speciale». 
    Ne   deriva,   pertanto,   che   la   materia    relativa    alla
compartecipazione regionale ai tributi  erariali  -  riservata,  come
detto, alla normativa di attuazione statutaria - non avrebbe  potuto,
diversamente da quanto accaduto nel caso di specie,  formare  oggetto
di modifica unilaterale da parte dello Stato. 
    In  tali  esatti  termini  si  e'   espressa,   del   resto,   la
giurisprudenza costituzionale, che non ha mancato di evidenziare  che
le norme di attuazione, per la loro «particolare competenza  separata
e riservata, risultano caratterizzate da particolare forza  e  valore
e,  di  conseguenza,  sottratte,  anche  in  assenza  di  un'espressa
clausola di salvaguardia,  alla  possibilita'  di  abrogazione  o  di
deroga da parte di norme di legge ordinaria» (Corte  cost.,  sentenza
n. 191 del 1991; cosi' anche Corte costituzionale,  sentenza  n.  206
del 1975). 
    Ora, le menzionate violazioni si riflettono in maniera diretta  e
immediata sulla particolare  autonomia  organizzativa  e  finanziaria
valdostana, tutelata da una pluralita' di previsioni costituzionali e
statutarie. 
    Il riferimento e', nello specifico: 
        i) all'art. 2, comma 1, lettera a)  dello  Statuto  speciale,
che attribuisce alla Regione ricorrente, tra l'altro, «il  potere  di
regolare [...] la gestione del bilancio e l'erogazione delle spese in
esso stanziate» (cfr.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.  107  del
1970); 
        ii) all'art. 3, comma 1, lettera f),  del  medesimo  Statuto,
che riconosce alla Valle la potesta' di introdurre norme  legislative
di integrazione ed attuazione, nell'ambito dei  principi  individuati
con legge dello Stato, in materia di «finanze regionali e  comunali»,
e che qualifica la competenza  normativa  valdostana  nelle  suddette
materie, alla luce dei novellati articoli 117, comma 3 e  119,  Cost.
(i quali risultano parimenti lesi dalla disposizione censurata),  non
piu' come meramente suppletiva rispetto a quella statale; 
        iii) all'art. 4, dello Statuto speciale, che attribuisce alla
Valle il potere  di  esercitare  nei  predetti  ambiti  materiali  le
corrispondenti funzioni amministrative; 
        iv) all'art. 12, dello stesso  Statuto,  che  riconosce  alla
Regione ricorrente quote tributarie erariali. 
    9.  Complessivamente,  dunque,   l'atto   oggi   impugnato,   nel
determinare   unilateralmente   l'entita'   delle   compartecipazioni
valdostane  ai  tributi  erariali,   incide   in   maniera   indebita
sull'ordinamento  finanziario  regionale,  vanificando  le   speciali
garanzie procedurali previste dal citato art. 48-bis dello Statuto  e
violando le richiamate norme statutarie  e  costituzionali  a  tutela
della speciale autonomia organizzativa e  finanziaria  della  Regione
ricorrente. 
    10. Sotto un ulteriore profilo, il decreto ministeriale in questa
sede gravato si mostra  incostituzionale  anche  per  violazione  dei
principi  di  leale  collaborazione  e  ragionevolezza.  In  sede  di
elaborazione del decreto non e' stato assicurato alcun coinvolgimento
diretto della Valle. Cio' viola il metodo pattizio, che  rappresenta,
come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale,  il
cardine della regolamentazione, mediante  procedure  rinforzate,  dei
rapporti finanziaria tra lo Stato e le Autonomie speciali (cfr.,  tra
le molte, Corte costituzionale, sentenza n. 193 del 2012). 
    Codesta ecc.ma Corte, infatti, ha piu' volte  ribadito  che:  «il
principio di leale collaborazione in materia di  rapporti  finanziari
tra lo Stato e le Regioni speciali impone  la  tecnica  dell'accordo»
(cfr., Corte costituzionale, sentenza n. 74 del  2009).  Quest'ultima
e' «espressione» della particolare autonomia in  materia  finanziaria
di  cui  godono  le  Regioni  a   Statuto   speciale   (cfr.,   Corte
costituzionale, sentt. nn. 193 del 2012; 82 del 2007; 353 del  2004),
specificando,  con  riferimento  alla  Valle,  che:   «le   modifiche
dell'ordinamento  finanziario  della  Regione  Valle  d'Aosta  devono
avvenire  con  il  procedimento  previsto  dall'art.   48-bis   dello
Statuto», idoneo ad assicurare un coinvolgimento diretto ed effettivo
dell'Ente (Corte cost., sentenza n. 133 del 2010). 
    La violazione del principio consensualistico - il  cui  rispetto,
come  visto,  si  rende  tanto  piu'   necessario   nell'ambito   del
coordinamento della finanza pubblica - si riflette, conseguentemente,
sulla lesione della particolare autonomia finanziaria e organizzativa
di cui la Valle d'Aosta  gode,  come  gia'  detto,  alla  luce  degli
articoli 2, comma 1, lettera a), 3, comma 1, lettera f), 12, 48-bis e
50 dello Statuto speciale e della relativa normativa di attuazione in
materia di ordinamento finanziario (articoli da 2 a 7 della legge  n.
690 del 1981). In base  a  tali  norme  non  puo'  prescindersi,  nei
rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione medesima, dal  rispetto
del metodo dell'accordo. 
    Va ribadito, anche in questa sede, come la Regione Valle d'Aosta,
nel corso degli anni, abbia positivamente contribuito al  risanamento
delle finanze pubbliche, assicurando  in  modo  puntuale  il  proprio
apporto. Sul punto, si allega una tabella che riepiloga tutti i  dati
necessari, e dalla quale peraltro si desume in modo chiaro  che  pure
al netto del contributo di cui  all'art.  16,  comma  3  del  decreto
legislativo n. 95 del 2012, la Regione contribuirebbe  con  oltre  95
milioni di euro annui a decorrere dal 2017 (doc. 2). 
    Cio' che qui si richiede, dunque, non e' certo di far cessare gli
obblighi di concorso  della  Regione  agli  equilibri  della  finanza
pubblica, ma solo la riaffermazione del principio consensualistico ed
autonomistico nella determinazione di tali apporti, che oggi lo Stato
ha disatteso. 
    11. Occorre evidenziare, inoltre, che  la  reiterazione  su  base
annuale  degli  accantonamenti  -  peraltro,  in  spregio  al  quadro
normativo e giurisprudenziale sopravvenuto - determina la progressiva
crescita del debito dello Stato verso le Regioni: di debito, infatti,
si tratta, poiche' come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale,
le somme accantonate sono ritenute dallo Stato e assoggettate  ad  un
vincolo di indisponibilita' solo in via temporanea,  non  venendo  in
alcun modo posta in  discussione  la  titolarita',  che  spetta  alla
Regione, alla quale vanno poi restituite.  Ebbene:  e'  evidente  che
piu'  sono  le   annualita'   per   le   quali   lo   Stato   reitera
l'accantonamento, maggiore e' il  debito  che  esso  contrae  con  le
Regioni, e maggiore e' il rischio che queste  non  ottengano  mai  la
restituzione delle somme di propria spettanza. La  condotta  statale,
culminata nell'atto gravato, anche sotto tale profilo  evidenzia  una
palese violazione della leale collaborazione. 
    12. Ugualmente leso per effetto del decreto ministeriale risulta,
infine, il principio di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.,
lesione che ridonda in  una  menomazione  della  sfera  di  autonomia
organizzativa e finanziaria della Regione ricorrente. 
    Il legislatore, infatti,  ha  stabilito  che  l'accantonamento  a
valere sulle quote di compartecipazione  ai  tributi  erariali  opera
«fino all'emanazione delle norme di attuazione  di  cui  allo  stesso
art. 27» della legge delega. Tuttavia, non essendo previsto a livello
statale alcun termine di legge  per  l'adozione  della  normativa  di
attuazione, il predetto accantonamento, anziche' essere  circoscritto
nel tempo, finisce per operare, in maniera del  tutto  irragionevole,
immediatamente e illimitatamente nel tempo. 
    Ora, il rilievo di tale vizio  sarebbe  dequotato,  la'  dove  il
Ministero si fosse avveduto delle sopravvenienze normative, che hanno
determinato, a decorrere dal 2017,  il  venir  meno  dell'obbligo  di
contribuzione  nelle  forme  di  cui  all'art.  16,  comma   3,   del
decreto-legge n. 95 del 2012,  nonche'  la  fuoriuscita  della  Valle
d'Aosta dal regime del patto di stabilita'. Tuttavia,  il  Ministero,
continuando illegittimamente ad applicare una normativa ormai mutata,
fa  «risorgere»  il  problematico  difetto  di  ragionevolezza  sopra
indicato. 
    Alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono   si   insiste,
pertanto, per l'accoglimento del presente ricorso. 
II.  Violazione  del  giudicato  costituzionale  -  Violazione  degli
articoli 136 e 137 Cost. 
    Il decreto riparto 2018, per i profili gia' illustrati,  si  pone
altresi' in violazione del giudicato costituzionale, e  dunque  degli
articoli 136 e 137 Cost. 
    Come esposto, infatti, con la sentenza interpretativa di  rigetto
n. 77 del 2015, la Corte costituzionale ha ritenuto legittimo  l'art.
16, comma 3, del decreto-legge  n.  95  del  2012  -  di  cui  l'atto
impugnato si proclama attuativo  -  facendo  leva,  quali  condizioni
necessarie  di  validita',  da  un  lato  sulla  temporaneita'  degli
accantonamenti, tale da non tradurre  la  trattenuta  in  un'indebita
appropriazione delle risorse di titolarita' della Regione; dall'altro
lato, sulla circostanza che, comunque,  il  meccanismo,  a  carattere
emergenziale, non sarebbe stato piu' operativo a far data dal gennaio
2017. 
    Sennonche', nel reiterare l'imposizione  del  contributo  (in  un
quadro normativo, peraltro, che non lo consente piu'),  lo  Stato  ha
dato  corpo  proprio  a  quelle  illegittime  lesioni  dell'autonomia
regionale che il giudice costituzionale aveva inteso  scongiurare  in
via ermeneutica. 
    Piu'  in  dettaglio,  continuando  ad  applicare  la   previsione
dell'art. 16, comma 3, il decreto ministeriale trasforma il  congegno
in questione in uno strumento non piu' emergenziale, ma a  regime,  e
dilata sine die il vincolo d'indisponibilita' gravante sulle somme di
titolarita' regionale, con la conseguenza che lo Stato viene di fatto
ad appropriarsene. 
    Si tratta di una  chiara  ipotesi  di  violazione  del  giudicato
costituzionale,  dal  momento  che  vengono  apertamente  ignorate  e
contraddette le precise indicazioni cui la Corte costituzionale aveva
subordinato la validita' dell'art. 16, comma 3 del  decreto-legge  n.
95 del 2012. 
    Ora, posto che quest'ultimo non puo' che essere assunto e operare
nell'ordinamento  nel  significato  ad  esso  conferito  dal  giudice
costituzionale  con  la  sentenza  n.  77  del  2015,   il   decreto,
nell'imporne in sede  attuativa  una  lettura  contrapposta,  incorre
nella violazione del giudicato costituzionale, e degli articoli 136 e
137 Cost. 
III. Con riferimento agli ulteriori  profili  di  illegittimita'  del
decreto ministeriale gravato. 
    Da ultimo occorre sottolineare un  ulteriore  vizio  del  decreto
gravato, che incide sul quantum asseritamente dovuto: ci si riferisce
all'illegittimita' derivata dell'atto, dal  momento  che  l'art.  16,
comma 3,  del  decreto-legge  n.  95  del  2012,  nel  prevedere  che
l'accantonamento  sia  quantificato  «in   proporzione   alle   spese
sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE»,
viola i principi di  ragionevolezza  e  non  discriminazione  di  cui
all'art.  3  Cost.,  cosi'  ledendo  l'autonomia  finanziaria   della
Regione. 
    Piu' in dettaglio, la tecnica di riparto stabilita dalla norma  -
come gia' da tempo ammesso dallo stesso Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato con nota prot. 20695 del 2013 (doc. 3) - implica
«una marcata differenza» tra  i  contributi  richiesti  alle  singole
Autonomie speciali, a seconda  della  diversa  allocazione  contabile
delle tipologie di spesa considerate, a prescindere dalla  dimensione
della finanza delle singole regioni e province autonome rispetto alla
finanza pubblica complessiva. 
    L'iniquita'  e  irragionevolezza  degli  effetti   prodotti   dal
meccanismo di riparto di  cui  si  discute  non  sono  sfuggiti,  tra
l'altro, nemmeno al Ministero che, con la nota prot. n. 84854 del  17
ottobre 2013, ha dato atto delle «criticita'» derivanti  dall'attuale
tecnica di accantonamento, richiedendo, contestualmente, «l'avvio  di
un tavolo  tecnico  volto  ad  individuare  ipotesi  alternative  del
concorso  delle  Autonomie  speciali  alla   finanza   pubblica,   da
sottoporre alla Conferenza Stato Regioni,  affinche'  sia  scelto  un
nuovo criterio». 
    Con la stessa nota il MEF ha evidenziato - con  cio'  confermando
la fondatezza delle  censure  di  incostituzionalita'  qui  sollevate
dalla  Valle  -  l'esigenza  che  le  modalita'  di  riparto  vengano
modificate attraverso la previsione  di  «una  specifica  tabella  da
inserire  in  norma  di  modifica  dell'art.   16,   comma   3,   del
decreto-legge n. 95 del 2012» (doc. 4). 
    Alla luce delle  considerazioni  che  precedono,  avallate  dalla
stessa  Amministrazione  dello  Stato,  risulta  di  tutta  evidenza,
pertanto,  come  l'atto  ministeriale  impugnato,  ripetendo  in  via
derivata i profili d'illegittimita' che inficiano l'art. 16, comma 3,
del decreto-legge n. 95 del 2012, determini un ulteriore  profilo  di
irragionevolezza  e  di  iniquita'  della  ripartizione,   gravemente
pregiudizievole, a fronte dei reiterati contributi  al  perseguimento
degli obiettivi di finanza pubblica imposti dal  legislatore  statale
alla  Valle  d'Aosta,  della  capacita'  di  spesa  regionale,   come
garantita da tutte le previsioni statutarie piu' sopra evocate. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, ogni  contraria  istanza  e
deduzione disattesa, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare
che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministero dell'economia e
delle finanze, adottare -  in  violazione  degli  articoli  2,  comma
primo, lettera a), 3, comma primo, lettera f), 4,  12,  48-bis  e  50
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4,  oltre  che  degli
articoli 117, comma terzo, 119 Cost. e 10 della legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3,  e  dalla  relativa  normativa  di  attuazione
statutaria e, segnatamente, degli articoli da 2 a 7  della  legge  26
novembre 1981, n. 690, oltre che dei principi  di  ragionevolezza  di
cui all'art. 3 Cost., di leale collaborazione di cui agli articoli  5
e 120 Cost., di intangibilita' del giudicato  costituzionale  di  cui
agli articoli 136 e 137 Cost. - il decreto 28  marzo  2018,  recante:
«Riparto del contributo  alla  finanza  pubblica  tra  le  Regioni  a
statuto  speciale  e  le  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano.
Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2018», pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 80
del 6 aprile 2018 e, per l'effetto, annullare il gravato decreto. 
    Si depositano,  unitamente  al  presente  ricorso  notificato,  i
seguenti documenti: 
        delibera di giunta regionale n. 650 del 21 maggio 2018; 
        doc. 1) decreto ministeriale 28 marzo 2018; 
        doc. 2) tabella riepilogativa dei contributi valdostani  alla
finanza pubblica; 
        doc. 3) nota del Dipartimento della Ragioneria generale dello
Stato prot. n. 20695 del 2013; 
        doc. 4) nota del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze
prot. n. 84854 del 17 ottobre 2013; 
        doc. 5) decreto riparto 2017. 
          Roma, 28 maggio 2018 
          Con osservanza 
 
                          Prof. Avv. Marini