N. 4 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 1 giugno 2018
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 1° giugno 2018 (della Regione autonoma Valle d'Aosta). Finanza pubblica - Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze recante il riparto del contributo alla finanza pubblica previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 tra le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano - Determinazione dell'accantonamento, per l'anno 2018, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali delle autonomie speciali. - Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 28 marzo 2018, recante "Riparto del contributo alla finanza pubblica tra le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano. Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2018".(GU n.25 del 20-6-2018 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della Regione autonoma Valle d'Aosta, con sede in Aosta, p.zza Deffeyes, n. 1, c.f. 80002270074, in persona del Presidente pro tempore Laurent Vierin, rappresentato e difeso, in forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della deliberazione della giunta regionale n. 650 del 21 maggio 2018, dal prov. avv. Francesco Saverio Marini (MRNFNC73D28H501U; francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org - fax 06.36001570), presso il cui studio in Roma, via di Villa Sacchetti, 9, ha eletto domicilio; ricorrente; Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12; resistente; nonche' contro il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, con sede in Roma, Via XX settembre, 97 (00187), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12; resistente; Per l'accertamento dell'avvenuta violazione di norme costituzionali e statutarie attributive di competenze e garanzie alla Regione ricorrente e per il conseguente annullamento del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 28 marzo 2018, recante «Riparto del contributo alla finanza pubblica tra le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano. Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2018», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 80 del 6 aprile 2018 (doc. 1). Fatto 1. Con il decreto-legge n. 95 del 2012 («Spending review»), convertito, con modificazioni, nella legge n. 135 del 2012, il legislatore ha introdotto disposizioni urgenti finalizzate a «razionalizzare la spesa pubblica attraverso la riduzione delle spese per beni e servizi, garantendo al contempo l'invarianza dei servizi ai cittadini», con l'obiettivo di stimolare la crescita e la competitivita' del nostro Paese. 2. L'art. 16, comma 3, del citato decreto-legge dispone che con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano «assicurano un concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015». La disposizione precisa che fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto art. 27, l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma «e' annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali o, previo accordo tra la Regione richiedente, il Ministero per la coesione territoriale e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, sulla base di apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 31 gennaio di ciascun anno». In caso di mancato accordo in sede di Conferenza permanente, poi, «l'accantonamento e' effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE [...]. 3. Avverso l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, la Regione Valle d'Aosta ha a suo tempo proposto ricorso in via principale, definito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 77 del 2015. La pronuncia, da ascriversi alla categoria delle sentenze interpretative di rigetto, ha ritenuto non fondate le questioni prospettate, valorizzando, quali condizioni essenziali per poter ritenere non illegittima la norma, tre profili: i) la circostanza che le somme accantonate, pur gravate da un vincolo di indisponibilita', permangono comunque nella titolarita' della Regione; ii) la temporaneita' dell'accantonamento e del connesso vincolo d'indisponibilita'; iii) il venir meno dell'obbligo di contribuire alla finanza pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, a far data dall'anno 2017, disposto dall'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012. Piu' in dettaglio, nella sentenza n. 77 del 2015 si legge: «per mezzo dell'accantonamento previsto dalla norma impugnata [...], poste attive che permangono nella titolarita' della regione, cui infatti spettano in forza degli statuti e della normativa di attuazione (sentenza n. 23 del 2014), sono sottratte a un immediata disponibilita' per obbligare l'autonomia speciale a ridurre di un importo corrispondente il livello delle spese. Una volta chiarito che il contributo imposto a tal fine alle ricorrenti e' legittimo, si deve concludere che l'accantonamento transitorio delle quote di compartecipazione, in attesa che sopraggiungano le norme di attuazione cui rinvia l'art. 27 della legge n. 42/2009, costituisce il mezzo procedurale con il quale le autonomie speciali, anziche' essere private definitivamente di quanto loro compete, partecipano al risanamento delle finanze pubbliche, impiegando a tal fine le risorse che lo Stato trattiene. Le quote accantonate rimangono, in tal modo, nella titolarita' della Regione e sono strumentali all'assolvimento di un compito legittimamente gravante sul sistema regionale. Naturalmente non e' questa una situazione che si possa protrarre senza limite, perche' altrimenti l'accantonamento si tramuterebbe di fatto in appropriazione. Ma, nell'attuale contesto emergenziale, ove e' particolarmente forte l'esigenza di obbligare le Regioni a contenere la spesa, una simile tecnica non viola i parametri dedotti dalle ricorrenti, giacche' si risolve nell'omessa erogazione, in via transitoria, di somme che queste ultime non avrebbero potuto comunque impiegare per incrementare il livello della spesa. Va inoltre ribadito che, per effetto dell'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, il contributo prescritto dall'art. 16, comma 3, impugnato, e con esso l'accantonamento, cessera' di essere dovuto, in ogni caso, nel 2017». 4. Successivamente l'art. 1, comma 484, della legge n. 232 del 2016 ha stabilito che alla Regione autonoma Valle d'Aosta «non si applicano le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno di cui all'art. 1, commi 454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228», al quale viene sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2017, il regime del pareggio di bilancio, fondato sull'equilibrio complessivo tra entrate e spese. 5. Dal canto suo, la legge regionale valdostana n. 24 del 2016 ha disposto che «in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 13 maggio 2015, l'importo dell'accantonamento per il concorso della Regione agli obiettivi complessivi di finanza pubblica e' determinato in euro 72.974.369 per l'anno 2017 e in euro 94.200.130 a decorrere dall'anno 2018». L'entita' dell'accantonamento, in buona sostanza, viene ora determinata detraendo dall'importo complessivo del contributo per il concorso agli obiettivi complessivi di finanza pubblica le somme di cui al citato art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, non piu' applicabile all'odierna ricorrente. Si precisa, al riguardo, che con riferimento alla citata legge regionale n. 24 del 2016 il Consiglio dei ministri ha deliberato di non promuovere questione di costituzionalita' davanti alla Corte nella propria seduta del 23 febbraio 2017, ritenendo l'atto normativo del tutto conforme alla Costituzione. 6. Che le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno non si applichino piu' alla Valle (con conseguente venir meno dell'obbligo, nei suoi confronti, di contribuire alla finanza pubblica ex art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, a far data dall'anno 2017) e', del resto, circostanza ben nota allo stesso MEF, che, non a caso, ha avuto modo di precisare, in occasione dell'adozione del decreto riparto relativo all'anno 2017, che alla Valle «non si applicano le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno di cui all'art. 1, commi 454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228» e che per la medesima Regione «non trova piu' applicazione la disciplina del patto di stabilita' interno», ragione per cui «il contributo in termini di indebitamento netto e' riportato al solo fine di rendere esaustivo il quadro del concorso previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 tra tutte le Autonomie speciali». 7. In totale spregio del descritto contesto di riferimento - nonostante la non applicabilita', a decorrere dal 1° gennaio 2017, dell'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012 e nonostante la riduzione del contributo per il concorso regionale agli obiettivi complessivi di finanza pubblica di cui al citato art. 1 della legge regionale n. 24/2016 - il MEF ha comunque adottato il richiamato decreto 9 maggio 2017, recante il riparto per 2017, stabilendo, in particolare, che «per l'anno 2017 il concorso alla finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare da ciascuna Regione a statuto speciale e Provincia autonoma, previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, e' fissato negli importi di cui alla tabella 1, facente parte integrante del presente decreto. Tali importi sono determinati in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE». Per la Valle d'Aosta la tabella 1 ha quantificato il contributo in termini di saldo netto finanziario in euro 144.326.970,22. 8. Avverso il predetto decreto ministeriale e gli atti ad esso consequenziali (la nota della Ragioneria generale dello Stato prot. 1902478 del 20 ottobre 2017) la Regione ha proposto dinanzi a codesta ecc.ma Corte ricorso per conflitto di attribuzione (reg. confl. Enti n. 6 del 2017, giusta DGR n. 913 del 3 luglio 2017) ancora non definito, nonche' ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale Lazio recante n.r.g. 6520/2017 (di cui alla DGR n. 1556 del 2017), anch'esso attualmente pendente, con udienza di discussione di merito fissata al prossimo 19 dicembre 2018. 9. Le argomentazioni poste alla base suddetti ricorsi si sostanziano nella circostanza che il decreto riparto 2017, nel gravare la Regione di un contributo aggiuntivo in termini di saldo netto da finanziario pari a euro 144.326.970,22, risulta illegittimo e lesivo delle attribuzioni costituzionalmente spettanti alla Valle atteso che, sulla scorta di quanto espressamente affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza interpretativa di rigetto, n. 77/2015, la sola ragione a fondamento della legittimita' del predetto contributo in termini di saldo netto da finanziare, mediante trattenuta unilaterale a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, risiede: i) nella necessaria correlazione tra la trattenuta, quale e', per l'appunto, quella imposta alla Valle d'Aosta dal contestato decreto del MEF in applicazione del richiamato art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95/2012, e il regime del patto di stabilita' interno in termini di obiettivo euro compatibile (determinato secondo le modalita' indicate dall'art. 1, comma 454, della legge n. 228/2012); ii) nel fatto che, essendo per la Valle venuto meno il regime del patto di stabilita' (con la non applicazione, a decorrere dal 1° gennaio 2017, ai sensi dell'art. 1, comma 484, della legge n. 232/2016, dell'art. 1, comma 454, della legge n. 228/2012, nel cui ambito soltanto puo' essere legittimamente inquadrato il concorso al risanamento della finanza pubblica mediante l'accantonamento di cui trattasi), a decorrere dalla medesima annualita', 2017, il contributo ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95/2012 e' da ritenersi non piu' dovuto. Con la conseguenza che il MEF non avrebbe potuto reiterare il meccanismo di accantonamento di cui all'art. 16, comma 3, in tale modo violando, peraltro, il giudicato costituzionale. 10. Fermo quanto sopra, successivamente alla proposizione dei suddetti ricorsi il legislatore ha approvato la legge n. 205 del 2017, il cui art. 1, comma 841, ha stabilito che: «nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Valle d'Aosta che tenga conto, tra l'altro, delle sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, gli accantonamenti a carico della Regione Valle d'Aosta a titolo di concorso alla finanza pubblica sono ridotti di 45 milioni di euro per l'anno 2018, 100 milioni di euro per l'anno 2019 e 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020». 11. Avverso la disposizione da ultimo citata la Regione ha promosso ricorso in via principale davanti alla Corte, attualmente pendente (r.r. 23 del 2018), rilevando la lesivita' della previsione per violazione delle prerogative regionali e, in particolare, dell'autonomia finanziaria e organizzativa della Valle, se e nella misura in cui - mediante l'impiego della locuzione «gli accantonamenti a carico della Regione Valle d'Aosta a titolo di concorso alla finanza pubblica sono ridotti - il legislatore statale avesse inteso includere nell'ammontare del contributo complessivo agli obiettivi di finanza pubblica gravante sulla Regione, anche l'accantonamento a valere sullo quote di compartecipazione di cui all'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, stabilendone la doverosita', sia pure con importi in riduzione, non solo nell'anno 2018, ma anche nell'anno 2019 e, successivamente, a decorrere dal 2010. 12. Da ultimo, in data 28 marzo 2018 il MEF ha adottato il decreto oggetto del presente giudizio, recante «Riparto del contributo alla finanza pubblica tra le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano. Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2018», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 80 del 6 aprile 2018. Tale decreto, richiamando nelle premesse l'art. 1, comma 841, della legge n. 205 del 2017 (impugnato dalla Valle, come detto, con ricorso n. 23 del 2018), come pure l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, ricalca il contenuto del precedente decreto riparto 2017 e reitera indebitamente l'obbligo per la Regione - gia' contestato con i ricorsi di cui si e' piu' sopra detto - di contribuire alla finanza pubblica, per il 2018 e per gli anni successivi, mediante accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Cio' in violazione, peraltro, di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 77 del 2015, nella quale si legge, preme ribadirlo, che «per effetto dell'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, il contributo prescritto dall'art. 16, comma 3, impugnato, e con esso l'accantonamento, cessera' di essere dovuto, in ogni caso, nel 2017». 13. Tutto cio' premesso, con il presente ricorso la Regione Vale d'Aosta, come sopra rappresentata e difesa, impugna il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze meglio indicato in epigrafe, il quale si mostra lesivo di norme costituzionali e statutarie attributive di competenze e garanzie alla Regione ricorrente alla luce dei seguenti motivi di Diritto I. Violazione degli articoli 2, comma primo, lettera a); 3, comma primo, lettera f); 4; 12; 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, oltre che degli articoli 117, comma terzo, 119 Cost. e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e dalla relativa normativa di attuazione statutaria e, segnatamente, degli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n. 690, oltre che dei principi di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost. 1. Con il presente ricorso la Valle d'Aosta impugna il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 28 marzo 2018, quale atto dotato di rilevanza esterna e immediatamente lesivo della sfera di competenze costituzionali e statutarie della Regione ricorrente, come tale idoneo a produrre un conflitto attuale di attribuzione fra Enti (cfr., tra le altre, Corte costituzionale, sentt. nn. 211/1994; 341/1996; 137/1998). 2. Al fine di apprezzare la lesione delle attribuzioni costituzionali della ricorrente, va osservato come il decreto impugnato si ponga in contrasto: con lo stesso art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 di cui si proclama attuativo, nella lettura costituzionalmente orientata offerta dalla sentenza n. 77 del 2015 della Corte costituzionale; con l'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012; con l'art. 1, comma 484, della legge n. 232 del 2016; con l'art. 1, della legge regionale valdostana n. 24 del 2016 («Legge finanziaria regionale per il triennio 2017/2019»). Da tutto questo complesso normativo, infatti, l'atto oggi gravato incredibilmente prescinde. 3. Come gia' illustrato in narrativa, il meccanismo delineato dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 e' stato ritenuto legittimo dalla Corte solo a condizione di considerare il contributo della Valle alla finanza pubblica un accantonamento temporaneo (che non mette in questione la titolarita' delle relative somme in capo alla stessa), in adempimento di un obbligo comunque non esigibile sine die e destinato a cessare far data dal 2017, in forza di quanto stabilito dall'art. 1, comma 454 della legge n. 228 del 2012. Inoltre, in base a quanto stabilito dall'art. 1, comma 484, della legge n. 232 del 2016, alla Regione ricorrente non si applicano piu' le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno di cui all'art. 1, commi 454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, al quale viene sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2017, il regime del pareggio di bilancio, fondato sull'equilibrio complessivo tra entrate e spese. 4. Quanto al richiamato art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, recante la disciplina - ormai superata - del patto di stabilita' interno, tale disposizione chiariva che la Valle, come pure le altre Autonomie speciali, avrebbe concorso alla manovra concordando con il MEF l'obiettivo «in termini di competenza finanziaria» e di «competenza eurocompatibile», determinato riducendo il complesso delle spese finali «in termini di competenza eurocompatibile», risultante dalla spesa storica del 2011. Piu' chiaramente, il concorso finanziario della ricorrente veniva attuato, sotto la vigenza del patto di stabilita' interno, mediante la decurtazione dalle spese valdostane, come risultanti complessivamente dal consuntivo 2011, di una serie di importi puntualmente individuati alle lettere a), b), c) e d) del citato art. 1, comma 454. La lettera c) di tale ultima disposizione sottraeva alle casse della Valle proprio gli importi determinati dal MEF in attuazione del piu' volte richiamato art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. Tale sottrazione, tuttavia, e' stata ritenuta dalla Corte costituzionale valida, preme ribadirlo, solo se attuata dallo Stato in termini di accantonamento temporaneo delle somme - da ritenere comunque di esclusiva titolarita' della Valle - nonche' nell'ambito dell'allora vigente patto di stabilita'. Il patto di stabilita', infatti, imponeva alle Regioni di rispettare i limiti di spesa c.d. «storica», decurtati di una cifra indicata dallo Stato come contributo alla finanza pubblica. Solo in questa logica si giustificava la misura prevista dalla legge, perche' lo Stato accantonava, appunto, la cifra che la Regione non avrebbe comunque potuto spendere. Ma il limite di spesa non comportava una riduzione dei trasferimenti alla Regione, ne' incideva sulle entrate: proprio per questo l'accantonamento non si traduceva - come ha esattamente chiarito la Corte - in un'illegittima appropriazione da parte dello Stato. Cessata la misura congiunturale del patto di stabilita' e passati al nuovo regime del pareggio di bilancio, l'accantonamento ha del tutto perso la sua ratio e la sua perdurante «applicazione» concretizza una incostituzionale e unilaterale misura di decurtazione della quota di tributi erariali spettanti statutariamente alla Regione. 5. Venuto meno, dunque, il patto, al quale e' stato sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2017, il regime del pareggio di bilancio, e' venuta correlativamente meno la possibilita' per lo Stato di disporre unilateralmente, ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, gli accantonamenti «in termini di competenza finanziaria» e di «competenza eurocompatibile» previsti dal citato comma 454 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012. Considerato, quindi, che il contributo di cui all'art. 16, comma 3, non e' piu' dovuto a far data dal 2017 e che esso, in ogni caso, puo' operare solo all'interno del regime del patto di stabilita', cui tuttavia la Regione non e' piu' soggetta, la sua imposizione da parte del decreto oggi impugnato si rivela manifestamente illegittima, configurando «una illegittima appropriazione, da parte dello Stato, di quote di entrate spettanti alla Regione» (sentenze Corte costituzionale n. 239 e n. 77 del 2015). Infatti, nella parte in cui il decreto ministeriale gravato richiede alla Valle di concorrere alla manovra finanziaria, per il 2018, mediante un contributo pari ad euro 144.326.970,22, esso impone, di fatto, la perdurante applicazione alla ricorrente del vincolo di accantonamento di cui all'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, ossia di un vincolo che si giustificava, come precisato in maniera chiarissima dalla Corte costituzionale, solo in regime di patto di stabilita' e che ha cessato di operare per la Valle a partire dal mese di gennaio 2017. Si consideri, inoltre, che in materia di contribuzione alla finanza pubblica la giurisprudenza costituzionale ha di recente ribadito che le misure di contenimento disposte dallo Stato devono necessariamente rispettare il principio della «transitorieta'» e «presentare il carattere della temporaneita'», al fine di definire in modo appropriato, anche tenendo conto delle scansioni temporali dei cicli di bilancio e piu' in generale della situazione economica del Paese, il quadro delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, «evitando la sostanziale estensione dell'ambito temporale di precedenti manovre» (Corte cost., sentenza n. 133 del 2018). 6. Ne' l'illegittimita' del decreto ministeriale viene meno alla luce del richiamo, contenuto nel comma 2 dell'art. 1 del medesimo decreto, alle procedure di pareggio di bilancio, laddove si afferma, appunto, che il concorso delle Autonomie speciali alla finanza pubblica e' «da conseguire mediante pareggio di bilancio». Tale precisazione si rivela, infatti, formalistica e capziosa, considerato che il Ministero, da una parte vuole dare ad intendere di essere consapevole, in adesione alle censure ripetutamente formulate sul punto dalla Valle d'Aosta, che il regime del patto di stabilita' e' venuto meno per essere sostituito da quello del pareggio di bilancio; dall'altro lato, tuttavia, impone nuovamente il concorso finanziario nelle forme dell'accantonamento «previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95», ossia secondo il gia' contestato e ormai superato meccanismo degli accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. 7. Tutto cio' determina una patente violazione dell'autonomia organizzativa e finanziaria della Regione sancita dagli articoli 2, comma primo, lettera a), 3, comma primo, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, oltre che dagli articoli 117, comma terzo, 119 Cost. e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e dalla relativa normativa di attuazione statutaria e, segnatamente, dagli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n. 690, oltre che dei principi di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost. 8. Il numero, l'entita' e il tono costituzionale delle attribuzioni regionali illegittimamente lese dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 28 marzo 2018 sono indiscutibili. L'atto incide unilateralmente e jure imperii sulle entita' delle compartecipazioni valdostane ai tributi erariali, ossia su una materia riservata alla normativa di attuazione contenuta nella legge n. 690 del 1981 e, segnatamente, negli articoli da 2 a 7 di tale atto normativa, i quali fissano le quote di tributi erariali da attribuire alla Valle. Cio' determina, anzitutto, la violazione dell'art. 48-bis, dello Statuto speciale. Per effetto di tale previsione, infatti, eventuali modifiche o deroghe alle norme di attuazione statutarie possono avvenire solo a seguito dei lavori della commissione paritetica e previo parere del Consiglio della Valle, proprio al fine di garantire le «particolari condizioni di autonomia attribuite alla Regione». Nel caso di specie, tuttavia, il decreto ministeriale ha stabilito in via unilaterale gli importi del concorso valdostana alla manovra, vanificando completamente le speciali garanzie procedimentali previste a tutela dell'autonomia regionale dal citato art. 48-bis. La fondatezza di siffatta censura trova evidente conferma, peraltro, nell'art. 1 del decreto legislativo n. 320 del 1994, di attuazione dello Statuto, il quale dispone che: «l'ordinamento finanziario della Regione, stabilito a norma dell'art. 50, comma 3, dello statuto speciale, con la legge 26 novembre del 1981, n. 690» puo' essere «modificato solo con il procedimento di cui all'art. 48-bis del medesimo statuto speciale». Ne deriva, pertanto, che la materia relativa alla compartecipazione regionale ai tributi erariali - riservata, come detto, alla normativa di attuazione statutaria - non avrebbe potuto, diversamente da quanto accaduto nel caso di specie, formare oggetto di modifica unilaterale da parte dello Stato. In tali esatti termini si e' espressa, del resto, la giurisprudenza costituzionale, che non ha mancato di evidenziare che le norme di attuazione, per la loro «particolare competenza separata e riservata, risultano caratterizzate da particolare forza e valore e, di conseguenza, sottratte, anche in assenza di un'espressa clausola di salvaguardia, alla possibilita' di abrogazione o di deroga da parte di norme di legge ordinaria» (Corte cost., sentenza n. 191 del 1991; cosi' anche Corte costituzionale, sentenza n. 206 del 1975). Ora, le menzionate violazioni si riflettono in maniera diretta e immediata sulla particolare autonomia organizzativa e finanziaria valdostana, tutelata da una pluralita' di previsioni costituzionali e statutarie. Il riferimento e', nello specifico: i) all'art. 2, comma 1, lettera a) dello Statuto speciale, che attribuisce alla Regione ricorrente, tra l'altro, «il potere di regolare [...] la gestione del bilancio e l'erogazione delle spese in esso stanziate» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 107 del 1970); ii) all'art. 3, comma 1, lettera f), del medesimo Statuto, che riconosce alla Valle la potesta' di introdurre norme legislative di integrazione ed attuazione, nell'ambito dei principi individuati con legge dello Stato, in materia di «finanze regionali e comunali», e che qualifica la competenza normativa valdostana nelle suddette materie, alla luce dei novellati articoli 117, comma 3 e 119, Cost. (i quali risultano parimenti lesi dalla disposizione censurata), non piu' come meramente suppletiva rispetto a quella statale; iii) all'art. 4, dello Statuto speciale, che attribuisce alla Valle il potere di esercitare nei predetti ambiti materiali le corrispondenti funzioni amministrative; iv) all'art. 12, dello stesso Statuto, che riconosce alla Regione ricorrente quote tributarie erariali. 9. Complessivamente, dunque, l'atto oggi impugnato, nel determinare unilateralmente l'entita' delle compartecipazioni valdostane ai tributi erariali, incide in maniera indebita sull'ordinamento finanziario regionale, vanificando le speciali garanzie procedurali previste dal citato art. 48-bis dello Statuto e violando le richiamate norme statutarie e costituzionali a tutela della speciale autonomia organizzativa e finanziaria della Regione ricorrente. 10. Sotto un ulteriore profilo, il decreto ministeriale in questa sede gravato si mostra incostituzionale anche per violazione dei principi di leale collaborazione e ragionevolezza. In sede di elaborazione del decreto non e' stato assicurato alcun coinvolgimento diretto della Valle. Cio' viola il metodo pattizio, che rappresenta, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, il cardine della regolamentazione, mediante procedure rinforzate, dei rapporti finanziaria tra lo Stato e le Autonomie speciali (cfr., tra le molte, Corte costituzionale, sentenza n. 193 del 2012). Codesta ecc.ma Corte, infatti, ha piu' volte ribadito che: «il principio di leale collaborazione in materia di rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni speciali impone la tecnica dell'accordo» (cfr., Corte costituzionale, sentenza n. 74 del 2009). Quest'ultima e' «espressione» della particolare autonomia in materia finanziaria di cui godono le Regioni a Statuto speciale (cfr., Corte costituzionale, sentt. nn. 193 del 2012; 82 del 2007; 353 del 2004), specificando, con riferimento alla Valle, che: «le modifiche dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta devono avvenire con il procedimento previsto dall'art. 48-bis dello Statuto», idoneo ad assicurare un coinvolgimento diretto ed effettivo dell'Ente (Corte cost., sentenza n. 133 del 2010). La violazione del principio consensualistico - il cui rispetto, come visto, si rende tanto piu' necessario nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica - si riflette, conseguentemente, sulla lesione della particolare autonomia finanziaria e organizzativa di cui la Valle d'Aosta gode, come gia' detto, alla luce degli articoli 2, comma 1, lettera a), 3, comma 1, lettera f), 12, 48-bis e 50 dello Statuto speciale e della relativa normativa di attuazione in materia di ordinamento finanziario (articoli da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981). In base a tali norme non puo' prescindersi, nei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione medesima, dal rispetto del metodo dell'accordo. Va ribadito, anche in questa sede, come la Regione Valle d'Aosta, nel corso degli anni, abbia positivamente contribuito al risanamento delle finanze pubbliche, assicurando in modo puntuale il proprio apporto. Sul punto, si allega una tabella che riepiloga tutti i dati necessari, e dalla quale peraltro si desume in modo chiaro che pure al netto del contributo di cui all'art. 16, comma 3 del decreto legislativo n. 95 del 2012, la Regione contribuirebbe con oltre 95 milioni di euro annui a decorrere dal 2017 (doc. 2). Cio' che qui si richiede, dunque, non e' certo di far cessare gli obblighi di concorso della Regione agli equilibri della finanza pubblica, ma solo la riaffermazione del principio consensualistico ed autonomistico nella determinazione di tali apporti, che oggi lo Stato ha disatteso. 11. Occorre evidenziare, inoltre, che la reiterazione su base annuale degli accantonamenti - peraltro, in spregio al quadro normativo e giurisprudenziale sopravvenuto - determina la progressiva crescita del debito dello Stato verso le Regioni: di debito, infatti, si tratta, poiche' come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, le somme accantonate sono ritenute dallo Stato e assoggettate ad un vincolo di indisponibilita' solo in via temporanea, non venendo in alcun modo posta in discussione la titolarita', che spetta alla Regione, alla quale vanno poi restituite. Ebbene: e' evidente che piu' sono le annualita' per le quali lo Stato reitera l'accantonamento, maggiore e' il debito che esso contrae con le Regioni, e maggiore e' il rischio che queste non ottengano mai la restituzione delle somme di propria spettanza. La condotta statale, culminata nell'atto gravato, anche sotto tale profilo evidenzia una palese violazione della leale collaborazione. 12. Ugualmente leso per effetto del decreto ministeriale risulta, infine, il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., lesione che ridonda in una menomazione della sfera di autonomia organizzativa e finanziaria della Regione ricorrente. Il legislatore, infatti, ha stabilito che l'accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali opera «fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso art. 27» della legge delega. Tuttavia, non essendo previsto a livello statale alcun termine di legge per l'adozione della normativa di attuazione, il predetto accantonamento, anziche' essere circoscritto nel tempo, finisce per operare, in maniera del tutto irragionevole, immediatamente e illimitatamente nel tempo. Ora, il rilievo di tale vizio sarebbe dequotato, la' dove il Ministero si fosse avveduto delle sopravvenienze normative, che hanno determinato, a decorrere dal 2017, il venir meno dell'obbligo di contribuzione nelle forme di cui all'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, nonche' la fuoriuscita della Valle d'Aosta dal regime del patto di stabilita'. Tuttavia, il Ministero, continuando illegittimamente ad applicare una normativa ormai mutata, fa «risorgere» il problematico difetto di ragionevolezza sopra indicato. Alla luce delle considerazioni che precedono si insiste, pertanto, per l'accoglimento del presente ricorso. II. Violazione del giudicato costituzionale - Violazione degli articoli 136 e 137 Cost. Il decreto riparto 2018, per i profili gia' illustrati, si pone altresi' in violazione del giudicato costituzionale, e dunque degli articoli 136 e 137 Cost. Come esposto, infatti, con la sentenza interpretativa di rigetto n. 77 del 2015, la Corte costituzionale ha ritenuto legittimo l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 - di cui l'atto impugnato si proclama attuativo - facendo leva, quali condizioni necessarie di validita', da un lato sulla temporaneita' degli accantonamenti, tale da non tradurre la trattenuta in un'indebita appropriazione delle risorse di titolarita' della Regione; dall'altro lato, sulla circostanza che, comunque, il meccanismo, a carattere emergenziale, non sarebbe stato piu' operativo a far data dal gennaio 2017. Sennonche', nel reiterare l'imposizione del contributo (in un quadro normativo, peraltro, che non lo consente piu'), lo Stato ha dato corpo proprio a quelle illegittime lesioni dell'autonomia regionale che il giudice costituzionale aveva inteso scongiurare in via ermeneutica. Piu' in dettaglio, continuando ad applicare la previsione dell'art. 16, comma 3, il decreto ministeriale trasforma il congegno in questione in uno strumento non piu' emergenziale, ma a regime, e dilata sine die il vincolo d'indisponibilita' gravante sulle somme di titolarita' regionale, con la conseguenza che lo Stato viene di fatto ad appropriarsene. Si tratta di una chiara ipotesi di violazione del giudicato costituzionale, dal momento che vengono apertamente ignorate e contraddette le precise indicazioni cui la Corte costituzionale aveva subordinato la validita' dell'art. 16, comma 3 del decreto-legge n. 95 del 2012. Ora, posto che quest'ultimo non puo' che essere assunto e operare nell'ordinamento nel significato ad esso conferito dal giudice costituzionale con la sentenza n. 77 del 2015, il decreto, nell'imporne in sede attuativa una lettura contrapposta, incorre nella violazione del giudicato costituzionale, e degli articoli 136 e 137 Cost. III. Con riferimento agli ulteriori profili di illegittimita' del decreto ministeriale gravato. Da ultimo occorre sottolineare un ulteriore vizio del decreto gravato, che incide sul quantum asseritamente dovuto: ci si riferisce all'illegittimita' derivata dell'atto, dal momento che l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, nel prevedere che l'accantonamento sia quantificato «in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE», viola i principi di ragionevolezza e non discriminazione di cui all'art. 3 Cost., cosi' ledendo l'autonomia finanziaria della Regione. Piu' in dettaglio, la tecnica di riparto stabilita dalla norma - come gia' da tempo ammesso dallo stesso Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato con nota prot. 20695 del 2013 (doc. 3) - implica «una marcata differenza» tra i contributi richiesti alle singole Autonomie speciali, a seconda della diversa allocazione contabile delle tipologie di spesa considerate, a prescindere dalla dimensione della finanza delle singole regioni e province autonome rispetto alla finanza pubblica complessiva. L'iniquita' e irragionevolezza degli effetti prodotti dal meccanismo di riparto di cui si discute non sono sfuggiti, tra l'altro, nemmeno al Ministero che, con la nota prot. n. 84854 del 17 ottobre 2013, ha dato atto delle «criticita'» derivanti dall'attuale tecnica di accantonamento, richiedendo, contestualmente, «l'avvio di un tavolo tecnico volto ad individuare ipotesi alternative del concorso delle Autonomie speciali alla finanza pubblica, da sottoporre alla Conferenza Stato Regioni, affinche' sia scelto un nuovo criterio». Con la stessa nota il MEF ha evidenziato - con cio' confermando la fondatezza delle censure di incostituzionalita' qui sollevate dalla Valle - l'esigenza che le modalita' di riparto vengano modificate attraverso la previsione di «una specifica tabella da inserire in norma di modifica dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012» (doc. 4). Alla luce delle considerazioni che precedono, avallate dalla stessa Amministrazione dello Stato, risulta di tutta evidenza, pertanto, come l'atto ministeriale impugnato, ripetendo in via derivata i profili d'illegittimita' che inficiano l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, determini un ulteriore profilo di irragionevolezza e di iniquita' della ripartizione, gravemente pregiudizievole, a fronte dei reiterati contributi al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dal legislatore statale alla Valle d'Aosta, della capacita' di spesa regionale, come garantita da tutte le previsioni statutarie piu' sopra evocate.
P.Q.M. Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministero dell'economia e delle finanze, adottare - in violazione degli articoli 2, comma primo, lettera a), 3, comma primo, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, oltre che degli articoli 117, comma terzo, 119 Cost. e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e dalla relativa normativa di attuazione statutaria e, segnatamente, degli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n. 690, oltre che dei principi di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost., di intangibilita' del giudicato costituzionale di cui agli articoli 136 e 137 Cost. - il decreto 28 marzo 2018, recante: «Riparto del contributo alla finanza pubblica tra le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano. Determinazione dell'accantonamento per l'anno 2018», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 80 del 6 aprile 2018 e, per l'effetto, annullare il gravato decreto. Si depositano, unitamente al presente ricorso notificato, i seguenti documenti: delibera di giunta regionale n. 650 del 21 maggio 2018; doc. 1) decreto ministeriale 28 marzo 2018; doc. 2) tabella riepilogativa dei contributi valdostani alla finanza pubblica; doc. 3) nota del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato prot. n. 20695 del 2013; doc. 4) nota del Ministero dell'economia e delle finanze prot. n. 84854 del 17 ottobre 2013; doc. 5) decreto riparto 2017. Roma, 28 maggio 2018 Con osservanza Prof. Avv. Marini