N. 134 SENTENZA 22 maggio - 26 giugno 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Elezioni  -  Cause  di  incompatibilita'  dei  deputati  regionali  -
  Deputato regionale dichiarato,  in  via  definitiva,  contabilmente
  responsabile per fatti compiuti nella  qualita'  di  amministratore
  ovvero di impiegato dell'amministrazione regionale  o  di  enti  da
  essa dipendenti o vigilati  e  che  non  abbia  ancora  estinto  il
  relativo debito. 
- Legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n.  29  (Elezione  dei
  Deputati  dell'Assemblea  regionale  siciliana),  artt.  10-ter   e
  10-quater, come introdotti dall'art. 1, comma 4, della legge  della
  Regione Siciliana 5 dicembre 2007,  n.  22  (Norme  in  materia  di
  ineleggibilita' e di incompatibilita' dei deputati regionali). 
-   
(GU n.27 del 4-7-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 10-ter  e
10-quater della legge della Regione Siciliana 20 marzo  1951,  n.  29
(Elezione dei  Deputati  dell'Assemblea  regionale  siciliana),  come
introdotti dall'art. 1, comma 4, della legge della Regione  Siciliana
5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in  materia  di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita' dei  deputati  regionali),  promosso  dal  Tribunale
ordinario di Palermo, prima sezione civile, nel procedimento vertente
tra G. A. e l'Assemblea regionale siciliana e  altro,  con  ordinanza
del 17 febbraio 2017, iscritta al n. 112 del registro ordinanze  2017
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  36,  prima
serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di costituzione di G. A.; 
    udito nella udienza  pubblica  del  22  maggio  2018  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    udito l'avvocato Diego Vaiano per G. A. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 17 febbraio 2017  (reg.  ord.  n.  112  del
2017), il Tribunale ordinario di Palermo, prima  sezione  civile,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 10-ter
e 10-quater della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n.  29
(Elezione   dei   Deputati   dell'Assemblea   regionale   siciliana),
introdotti dall'art. 1, comma 4, della legge della Regione  Siciliana
5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in  materia  di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita' dei deputati regionali). 
    Le questioni sono sorte nell'ambito di  un  giudizio  in  materia
elettorale, promosso da G. A. con ricorso  per  la  dichiarazione  di
decadenza di F. R. dalla carica di deputato dell'Assemblea  regionale
siciliana, nonche', in via  conseguenziale,  per  l'accertamento  del
diritto del ricorrente a subentrare nella carica come primo  dei  non
eletti. La decadenza di  F.  R.  deriverebbe  dalla  sua  intervenuta
condanna  -  in  qualita'  di  legale  rappresentante  di   un   ente
strumentale vigilato dalla Regione  Siciliana,  operante  nell'ambito
della formazione professionale - con sentenza definitiva della  Corte
dei  conti,  sezione  giurisdizionale  d'appello   per   la   Regione
Siciliana,   al   risarcimento   del   danno   erariale   a    favore
dell'amministrazione   regionale.   Il   ricorrente    ha    eccepito
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 10-ter e 10-quater  legge
reg. Siciliana n. 29 del 1951 sotto i profili dell'irragionevolezza e
della disparita' di trattamento,  lamentando  che  tali  norme  nulla
disporrebbero  in  ordine  all'incompatibilita'  con   l'ufficio   di
deputato  regionale  di  colui  che  sia  stato  dichiarato  in   via
definitiva  contabilmente  responsabile  per  fatti  compiuti   nella
qualita' di amministratore ovvero di  impiegato  dell'amministrazione
regionale o di enti da essa dipendenti o vigilati e non abbia  ancora
estinto il relativo debito. 
    1.1.- Ad avviso del giudice a  quo,  le  norme  censurate,  nella
parte in cui non prevedono la descritta  causa  di  incompatibilita',
violerebbero gli artt. 3, 51 e 122 della Costituzione nonche'  l'art.
5 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455  (Approvazione
dello statuto  della  Regione  siciliana),  perche'  determinerebbero
un'irragionevole disparita' di trattamento dei consiglieri  regionali
siciliani rispetto a quelli delle regioni a statuto ordinario e delle
altre regioni autonome nonche' ai consiglieri comunali, provinciali o
di   quartiere   eletti   nella    Regione    Siciliana.    Sarebbero
conseguentemente lesi il principio  di  uguaglianza,  il  diritto  di
elettorato passivo e i principi  fondamentali,  stabiliti  con  legge
statale, in materia di incompatibilita' dei consiglieri regionali. 
    Sulla rilevanza il rimettente osserva che il giudizio  principale
non potrebbe  essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione
delle  questioni.  L'omessa  previsione   dell'incompatibilita'   con
l'ufficio di deputato regionale di coloro che sono  stati  condannati
in sede contabile costituirebbe, infatti, una  lacuna  normativa  non
superabile con l'interpretazione analogica o  estensiva,  considerata
la tassativita' delle cause  di  ineleggibilita'  e  incompatibilita'
nonche' la natura di  stretta  interpretazione  delle  norme  che  le
prevedono. 
    Sussisterebbe anche l'interesse ad agire, contrariamente a quanto
ha eccepito l'Assemblea regionale siciliana nel  processo  principale
sul presupposto che il ricorrente rivestirebbe attualmente la  carica
di deputato regionale in luogo dello  stesso  F.  R.,  medio  tempore
colpito  dalla  sospensione  prevista  dal  decreto  legislativo   31
dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in  materia  di
incandidabilita' e di divieto di  ricoprire  cariche  elettive  e  di
Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non
colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della  legge  6  novembre
2012, n. 190) a seguito di una condanna  penale  non  definitiva.  La
dichiarazione di decadenza invocata nel giudizio a quo costituirebbe,
infatti,  un   «provvedimento   ontologicamente   differente»   dalla
sospensione,  avente  carattere  provvisorio,  e   consentirebbe   al
ricorrente di subentrare nella  carica,  con  i  conseguenti  effetti
economici,  sin  dalla  data   della   sentenza   di   condanna   per
responsabilita' erariale. 
    1.2.- Sulla  non  manifesta  infondatezza  il  rimettente  rileva
innanzitutto che un'interpretazione costituzionalmente conforme delle
norme censurate sarebbe preclusa dalla  richiamata  natura  tassativa
delle  cause  d'incompatibilita'   e   dal   principio   di   stretta
interpretazione. Osserva altresi' che sarebbero certi sia  l'avvenuta
condanna in sede contabile del resistente  nel  processo  principale,
sia la natura strumentale dell'ente vigilato dalla Regione  Siciliana
di cui quest'ultimo era il legale rappresentante all'epoca dei fatti. 
    Cio' premesso,  la  lacuna  normativa  «desumibile»  dalle  norme
censurate comporterebbe una disparita' di trattamento  resa  evidente
dal confronto  con  le  seguenti  disposizioni  statali  e  regionali
concernenti cause di incompatibilita' ad analoghe  cariche  elettive:
l'art. 3, numero 5), della legge 23 aprile 1981,  n.  154  (Norme  in
materia  di  ineleggibilita'  ed  incompatibilita'  alle  cariche  di
consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e  in
materia di  incompatibilita'  degli  addetti  al  Servizio  sanitario
nazionale), alla cui stregua  «[n]on  puo'  ricoprire  la  carica  di
consigliere regionale, provinciale, comunale o circoscrizionale [...]
colui  che,  per  fatti  compiuti  allorche'  era  amministratore   o
impiegato, rispettivamente, della  regione,  della  provincia  o  del
comune ovvero di istituto o azienda da essi dipendenti o vigilati, e'
stato, con sentenza passata  in  giudicato,  dichiarato  responsabile
verso l'ente, istituto od azienda e non ha ancora estinto il debito»;
l'art. 5, comma 1, lettera q), della  legge  della  Regione  autonoma
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 7 agosto 2007, n. 20  (Disciplina  delle
cause di ineleggibilita' e  di  incompatibilita'  con  la  carica  di
consigliere regionale, ai  sensi  dell'articolo  15,  comma  secondo,
dello Statuto speciale), secondo il quale «[n]on sono compatibili con
la carica di consigliere regionale le seguenti  cariche,  qualifiche,
posizioni ed uffici [...] coloro che, per  fatti  compiuti  allorche'
erano amministratori o dipendenti  della  Regione,  sono  stati,  con
sentenza passata  in  giudicato,  dichiarati  responsabili  verso  la
Regione e non hanno ancora estinto il debito»;  l'«art.  26,  lettera
f), della l.r. 7 marzo 2007 della Regione Sardegna» (recte: art.  26,
comma 1, lettera f, della legge regionale  statutaria  della  Regione
autonoma  Sardegna  10  luglio  2008,  n.  1,   recante   «Disciplina
riguardante la forma di governo  e  i  rapporti  fra  gli  organi,  i
principi fondamentali di  organizzazione  e  di  funzionamento  della
Regione, l'esercizio del diritto di iniziativa legislativa popolare e
i referendum regionali, i casi di ineleggibilita' e  incompatibilita'
alla carica di Presidente  della  Regione,  consigliere  e  assessore
regionale»), alla cui stregua «[n]on possono rivestire la  carica  di
Presidente della Regione, di assessore  regionale  e  di  consigliere
regionale [...]  coloro  che,  per  fatti  compiuti  allorche'  erano
amministratori o impiegati della Regione, ovvero di  ente,  istituto,
agenzia o azienda regionale, sono  stati,  con  sentenza  passata  in
giudicato, dichiarati responsabili verso la Regione o  verso  l'ente,
l'istituto, l'agenzia o l'azienda, e  non  hanno  ancora  estinto  il
debito»; l'art. 4, comma 1, lettera h),  della  legge  della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21  (Determinazione
dei casi di ineleggibilita' e incompatibilita' relativi  alla  carica
di consigliere regionale e di membro della Giunta regionale, ai sensi
dell'articolo 12, secondo comma, dello  Statuto),  secondo  il  quale
«[...] non possono ricoprire la carica di consigliere regionale [...]
coloro che, per  fatti  compiuti  allorche'  erano  amministratori  o
impiegati della Regione, ovvero di ente regionale,  sono  stati,  con
sentenza passata  in  giudicato,  dichiarati  responsabili  verso  la
Regione o verso l'ente  regionale  e  non  hanno  ancora  estinto  il
debito»; l'art. 10, numero 5), della «l.r. 25 giugno 1986 n. 34 della
Regione Siciliana» (recte: legge della Regione  Siciliana  24  giugno
1986,  n.  31,  recante  «Norme  per  l'applicazione  nella   Regione
siciliana  della  legge  27  dicembre  1985,  n.   816,   concernente
aspettative,  permessi  e  indennita'  degli  amministratori  locali.
Determinazione delle misure  dei  compensi  per  i  componenti  delle
commissioni  provinciali  di   controllo.   Norme   in   materia   di
ineleggibilita'  e  incompatibilita'  per  i  consiglieri   comunali,
provinciali e di quartiere»), alla cui stregua «[n]on puo'  ricoprire
la carica di consigliere provinciale, comunale o di  quartiere  [...]
colui  che,  per  fatti  compiuti  allorche'  era  amministratore   o
impiegato, rispettivamente, della Provincia o del  Comune  ovvero  di
istituto o azienda da essi  dipendenti  o  vigilati,  e'  stato,  con
sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso  l'ente,
istituto od azienda e non ha ancora estinto il debito». 
    1.2.1.- Il diverso trattamento riservato ai consiglieri regionali
siciliani non supererebbe lo  scrutinio  di  ragionevolezza  condotto
secondo gli artt. 3  e  51  Cost.  La  competenza  legislativa  delle
regioni a statuto speciale in materia  elettorale  dovrebbe  comunque
misurarsi con il limite costituito  dalla  necessita'  di  assicurare
condizioni  di  sostanziale  uguaglianza  su  tutto   il   territorio
nazionale per l'accesso alle cariche elettive, come  affermato  dalla
Corte costituzionale in diverse occasioni proprio in  relazione  alla
disciplina  della  Regione  Siciliana,  ammettendo   un   trattamento
differenziato  solo  in  presenza  di  peculiari  condizioni  locali,
congruamente e ragionevolmente apprezzate dal legislatore regionale. 
    Ad avviso del rimettente, la circostanza che le  norme  censurate
nulla prevedano  in  ordine  all'incompatibilita'  con  l'ufficio  di
deputato  regionale  di  colui  che  sia  stato  dichiarato  in   via
definitiva  contabilmente  responsabile  per  fatti  compiuti   nella
qualita' di amministratore ovvero di  impiegato  dell'amministrazione
regionale o di enti da essa dipendenti o vigilati e non abbia  ancora
estinto il relativo debito non sarebbe giustificata  da  peculiari  e
ipotetiche  condizioni  del   tessuto   politico-sociale   siciliano,
condizioni che secondo la  giurisprudenza  costituzionale  potrebbero
essere rintracciate solo nell'esigenza  di  evitare  che  l'esercizio
della carica elettiva possa essere inquinato da indebite influenze di
matrice illecita. 
    La previsione di  un'analoga  causa  di  incompatibilita'  per  i
consiglieri provinciali, comunali e di quartiere eletti nella Regione
Siciliana rafforzerebbe  le  conclusioni  di  irragionevolezza  della
lamentata disparita' di trattamento, poiche' l'esercizio della carica
di  deputato  regionale  dovrebbe  presupporre,  anche  per   ragioni
sistematiche, lo stesso requisito di onorabilita'. 
    Ne' si potrebbe invocare il principio ubi lex voluit, dixit;  ubi
noluit, tacuit, in quanto il limite del rispetto della Costituzione e
dei principi fondamentali dell'ordinamento repubblicano  posto  dallo
statuto speciale alla competenza legislativa primaria  della  Regione
Siciliana dovrebbe ritenersi violato qualora il diritto di elettorato
passivo «non venga rispettato  [...]  in  condizioni  di  sostanziale
uguaglianza su tutto il territorio nazionale». 
    La mancata previsione della causa di  incompatibilita'  in  esame
contrasterebbe anche con l'art. 122  Cost.,  in  quanto  la  potesta'
legislativa  primaria  violerebbe  il  principio  fondamentale  della
sostanziale uguaglianza del diritto di elettorato passivo, in assenza
di peculiari condizioni che giustifichino una diversa disciplina  (e'
citata  la  sentenza   n.   143   del   2010,   che   ha   dichiarato
l'illegittimita' della stessa legge reg. Siciliana  n.  29  del  1951
nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilita' tra l'ufficio  di
deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco e assessore di
un comune compreso  nel  territorio  della  Regione  con  popolazione
superiore a ventimila abitanti). 
    2.- Con atto depositato in cancelleria il 25 settembre 2017 si e'
costituito in giudizio G. A., ricorrente nel processo principale, che
ha concluso per l'accoglimento delle questioni sollevate dal  giudice
a quo, aderendo alle motivazioni esposte nell'ordinanza di rimessione
e richiamando anche i principi enunciati dall'art. 3  della  legge  2
luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di  attuazione  dell'articolo  122,
primo comma, della  Costituzione),  sulla  necessita'  che  il  munus
publicum sia messo al riparo da un deficit di "credibilita'" per  non
«compromettere    il     buon     andamento     e     l'imparzialita'
dell'amministrazione  ovvero  il  libero  espletamento  della  carica
elettiva». 
    La parte privata si sofferma,  altresi',  sulla  rilevanza  delle
questioni, osservando che il loro accoglimento sarebbe  decisivo  nel
definire il giudizio a quo in senso a se' favorevole. La sopravvenuta
sospensione della controparte dalla  carica  elettiva  a  seguito  di
condanna penale non passata in giudicato non avrebbe  alcun  rilievo,
sia perche' la  condanna  per  responsabilita'  erariale  risalirebbe
circa a un anno prima,  sia  per  la  diversita'  della  sospensione,
quanto a natura ed effetti, rispetto alla decadenza dalla carica. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Palermo dubita  della  legittimita'
costituzionale degli artt.  10-ter  e  10-quater  della  legge  della
Regione Siciliana  20  marzo  1951,  n.  29  (Elezione  dei  Deputati
dell'Assemblea regionale siciliana), introdotti dall'art. 1, comma 4,
della legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme  in
materia  di  ineleggibilita'  e  di  incompatibilita'  dei   deputati
regionali), nella parte in cui non prevedono  l'incompatibilita'  con
la carica di deputato regionale per colui che sia stato dichiarato in
via definitiva contabilmente responsabile per  fatti  compiuti  nella
qualita' di amministratore ovvero di  impiegato  dell'amministrazione
regionale o di enti da essa dipendenti o vigilati e non abbia  ancora
estinto il relativo debito. 
    Le questioni sono sorte nel  corso  di  un  giudizio  in  materia
elettorale in cui si controverte della decadenza  dalla  carica,  con
subentro del primo dei non  eletti,  di  un  deputato  dell'Assemblea
regionale siciliana condannato definitivamente, in qualita' di legale
rappresentante  di  un  ente  strumentale  vigilato   dalla   Regione
Siciliana, per responsabilita' erariale ai danni dell'amministrazione
regionale. 
    Ad avviso del giudice a quo, le norme censurate,  non  prevedendo
la descritta causa d'incompatibilita', violerebbero gli artt. 3, 51 e
122 della Costituzione nonche' l'art. 5 del regio decreto legislativo
15 maggio 1946, n. 455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
siciliana),  per  irragionevole   disparita'   di   trattamento   dei
consiglieri regionali siciliani  rispetto  ai  consiglieri  regionali
delle regioni a statuto ordinario, ai consiglieri delle altre regioni
autonome e ai consiglieri comunali, provinciali o di quartiere eletti
nella Regione Siciliana. Ne conseguirebbe la lesione del principio di
uguaglianza,  del  diritto  di  elettorato  passivo  e  dei  principi
fondamentali   stabiliti   con   legge   statale   in   materia    di
incompatibilita' dei consiglieri regionali. 
    2.- Le questioni sono inammissibili sotto piu' profili. 
    E'  innanzitutto   inammissibile,   per   difetto   assoluto   di
motivazione sulla non manifesta infondatezza, la questione  sollevata
in riferimento all'art.  5  statuto  reg.  Siciliana,  in  quanto  il
rimettente si limita ad affermare che  le  norme  denunciate  violano
anche tale parametro statutario, ma omette  di  esporre  argomenti  a
sostegno della censura. 
    Per  la  stessa  ragione  e'  inammissibile  anche  la  questione
sollevata in riferimento all'art. 122 Cost.: il rimettente evoca come
parametro una norma del titolo V della Parte II  della  Costituzione,
ma non da' conto delle ragioni per cui essa  sarebbe  applicabile  in
una materia assegnata alla competenza della Regione Siciliana in base
al suo statuto speciale (ex plurimis, sentenze n. 331 e  n.  288  del
2013  con  riferimento  ai  giudizi  in  via   principale,   ma   con
argomentazioni estensibili ai giudizi incidentali). 
    2.1.-  E'  altresi'  inammissibile,  per  ragioni   diverse,   la
questione sollevata in riferimento agli artt. 3 e 51 Cost. 
    Secondo il rimettente, la  lacuna  normativa  «desumibile»  dalle
norme censurate comporterebbe  una  disparita'  di  trattamento  resa
evidente dal confronto con disposizioni statali e regionali,  assunte
a tertia comparationis, sulle cause di incompatibilita'  ad  analoghe
cariche elettive. 
    Il giudice a quo individua la disciplina  statale  rilevante  nel
caso in esame nell'art. 3, numero 5), della legge 23 aprile 1981,  n.
154 (Norme in materia di  ineleggibilita'  ed  incompatibilita'  alle
cariche   di   consigliere   regionale,   provinciale,   comunale   e
circoscrizionale e in materia di incompatibilita'  degli  addetti  al
Servizio sanitario nazionale), la quale prevede che e'  incompatibile
rispetto alla carica di consigliere regionale delle regioni ordinarie
«colui  che,  per  fatti  compiuti  allorche'  era  amministratore  o
impiegato [...] della regione [...] ovvero di istituto o  azienda  da
ess[a] dipendenti o vigilati,  e'  stato,  con  sentenza  passata  in
giudicato, dichiarato responsabile verso l'ente, istituto od  azienda
e non ha ancora estinto il debito». Da tale disciplina il legislatore
regionale potrebbe legittimamente discostarsi, secondo il rimettente,
solo per offrire una regolazione differenziata  a  peculiari  ipotesi
locali. Diversamente  sarebbe  violata  l'indefettibile  esigenza  di
uniformita' imposta dagli artt. 3 e 51 Cost. 
    Le   altre   disposizioni   (delle   Regioni    autonome    Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, sulle cause
di incompatibilita' per i rispettivi consiglieri regionali,  e  della
stessa Regione Siciliana,  sulle  cause  di  incompatibilita'  per  i
consiglieri  comunali,  provinciali  e  di  quartiere)  sono  evocate
nell'ordinanza di rimessione a conferma  della  natura  di  principio
della disciplina statale operante per  i  consiglieri  delle  regioni
ordinarie, su cui poggia la censura di  irragionevole  disparita'  di
trattamento. 
    2.1.1.- Il quadro normativo sulla  cui  base  il  giudice  a  quo
prospetta l'irragionevolezza della denunciata lacuna  legislativa  e'
ricostruito,  nell'ordinanza  di  rimessione,  in   modo   largamente
incompleto e - in quanto rappresentato come esaustivo - erroneo. 
    Innanzitutto, la ricostruzione  non  tiene  conto,  come  sarebbe
stato necessario, dell'evoluzione  della  disciplina  in  materia  di
cause di incompatibilita' dei consiglieri regionali originata, per le
regioni ordinarie, dalla  revisione  dell'art.  122  Cost.,  ne'  da'
adeguatamente conto della produzione  legislativa  in  materia  delle
regioni a statuto speciale. 
    A seguito della  modifica  introdotta  nel  1999  (con  la  legge
costituzionale  22  novembre  1999,  n.  1,   recante   «Disposizioni
concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta  regionale
e l'autonomia statutaria delle Regioni»), l'art. 122 Cost. affida  la
disciplina  dei  casi  di  ineleggibilita'  e  incompatibilita'   dei
consiglieri regionali alla competenza legislativa  concorrente  delle
regioni  ordinarie  che  la  esercitano  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali della materia dettati dalla legislazione  statale.  Tali
principi sono stati successivamente individuati con la legge 2 luglio
2004, n. 165 (Disposizioni di  attuazione  dell'articolo  122,  primo
comma, della Costituzione), che indica fra di essi, per quanto qui in
particolare interessa, la «sussistenza di cause di  incompatibilita',
in caso di conflitto tra le funzioni  svolte  [...]  dai  consiglieri
regionali e altre situazioni o  cariche,  comprese  quelle  elettive,
suscettibile,  anche  in  relazione  a  peculiari  condizioni   delle
regioni,  di  compromettere  il  buon  andamento  e   l'imparzialita'
dell'amministrazione  ovvero  il  libero  espletamento  della  carica
elettiva [...]» (art. 3, comma 1, lettera a). 
    Il nuovo assetto delle  attribuzioni  legislative  in  materia  e
l'ampio spazio lasciato alla legislazione regionale  dall'intervenuta
disciplina  statale  di   cornice   relativamente   alle   cause   di
ineleggibilita' e incompatibilita' hanno consentito nuove  e  diverse
possibilita' di intervento legislativo delle  regioni  ordinarie.  Di
conseguenza, quanto previsto dalla legge n. 154 del  1981  -  e,  per
quello che qui interessa,  la  disposizione  contenuta  nell'art.  3,
numero 5), alla  quale  fa  specifico  riferimento  il  rimettente  -
continua a spiegare residuale efficacia in virtu'  del  principio  di
continuita' dell'ordinamento giuridico (sentenza  n.  143  del  2010;
ordinanze n. 223 del 2003 e n. 383 del 2002) nelle regioni  ordinarie
che  non  abbiano  ancora  introdotto  una  loro  disciplina,  ma  e'
destinato a non trovare piu' applicazione mano a mano che le  regioni
stesse legiferano (sentenza n. 143 del 2010). Con riguardo  ad  altra
disposizione  della  stessa  legge  n.  154  del  1981  in  tema   di
incompatibilita' dei consiglieri regionali, del resto,  questa  Corte
ha gia' avuto modo di affermare che la scelta  normativa  statale  in
materia «[...] va apprezzata con riferimento al processo,  attivatosi
nelle Regioni ordinarie,  di  allentamento  della  rigida  disciplina
unitaria  del  regime  di  ineleggibilita'  ed  incompatibilita'  dei
consiglieri regionali, originato dalla revisione dell'art. 122  Cost.
e concretamente avviato dall'indirizzo legislativo che ne e' seguito»
(sentenza n. 143 del 2010). 
    Dalla mancata previsione della causa d'incompatibilita' stabilita
dall'art. 3, numero 5), legge n. 154  del  1981  non  sarebbe  quindi
possibile  dedurre,  di  per   se',   neppure   l'illegittimita'   di
un'eventuale normativa sulle incompatibilita' prodotta da una regione
ordinaria, di  cui  si  dovrebbe  semmai  valutare  il  rispetto  dei
principi fondamentali fissati nella legge n.  165  del  2004.  Mentre
«[...] e' evidente» - come ha ancora affermato questa Corte - «che la
Regione siciliana non puo' incontrare, nell'esercizio  della  propria
potesta' legislativa primaria, limiti eguali a quelli che,  ai  sensi
dell'art. 122 Cost., si impongono alle Regioni a  statuto  ordinario,
cio' di cui si ha conferma nell'art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  Titolo  V  della  Parte  II  della
Costituzione)», pur con la precisazione che «[n]el  contempo,  [...],
la suddetta Regione  non  potra'  pero'  sottrarsi,  se  non  laddove
ricorrano  "condizioni  peculiari   locali",   all'applicazione   dei
principi enunciati dalla legge n. 165 del 2004 che  siano  espressivi
dell'esigenza indefettibile di uniformita' imposta dagli artt. 3 e 51
Cost.» (sentenza n. 143 del 2010). 
    Sulla base di una completa e corretta  ricostruzione  del  quadro
normativo di riferimento, il giudice chiamato ad applicare le  regole
di incompatibilita' operanti nella Regione Siciliana  avrebbe  dovuto
pertanto verificare se  la  causa  di  incompatibilita'  disciplinata
all'art. 3, numero 5), legge n. 154 del 1981 fosse espressione di  un
principio fondamentale enunciato dalla legge n. 165 del  2004  e,  in
caso affermativo, se esso fosse diretto a garantire  un'indefettibile
esigenza di uniformita' di trattamento, e  conseguentemente  valutare
se la sua mancata previsione nella normativa  siciliana  contrastasse
con gli artt. 3 e 51 Cost. 
    Anche il confronto con le disposizioni  legislative  delle  altre
autonomie  speciali  operato  nell'ordinanza  di  rimessione  risulta
incompleto, oltre  che  erroneo  per  quanto  riguarda  la  Sardegna,
essendo richiamato un inesistente «art. 26, lettera f), della l.r.  7
marzo 2007», da individuare nell'art. 26, comma 1, lettera f),  della
legge regionale statutaria della Regione autonoma Sardegna 10  luglio
2008, n. 1 (Disciplina riguardante la forma di governo e  i  rapporti
fra gli organi,  i  principi  fondamentali  di  organizzazione  e  di
funzionamento della Regione, l'esercizio del  diritto  di  iniziativa
legislativa  popolare  e  i   referendum   regionali,   i   casi   di
ineleggibilita' e incompatibilita' alla carica  di  Presidente  della
Regione, consigliere e assessore regionale), la cui promulgazione  e'
stata tuttavia annullata con sentenza  n.  149  del  2009  di  questa
Corte. 
    Manca infatti ogni riferimento alla normativa  dettata  da  altre
autonomie speciali titolari di potesta'  legislativa  primaria  nella
materia. In particolare, non e' considerata la legge della  Provincia
autonoma di Trento 5 marzo 2003, n. 2 (Norme per  l'elezione  diretta
del  Consiglio  provinciale  di  Trento  e   del   Presidente   della
Provincia), il cui Capo II  (artt.  13-18)  contiene  una  disciplina
organica delle  cause  di  ineleggibilita'  e  incompatibilita'  (del
Presidente della Provincia e) dei consiglieri  provinciali,  che  non
prevede quella qui  in  esame.  Ne'  viene  considerato  che  per  la
Provincia autonoma di Bolzano, che ancora non si  e'  dotata  di  una
propria normativa di settore, continuano  a  valere  le  disposizioni
sull'incompatibilita' stabilite dalla legge  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol 8 agosto 1983, n. 7 (Testo  unico  delle
leggi regionali per la elezione del Consiglio  regionale),  le  quali
ugualmente nulla prevedono al riguardo. 
    2.1.2.- La mancata considerazione della legge n.  165  del  2004,
l'erronea valutazione dell'attuale portata dell'art.  3,  numero  5),
legge n.  154  del  1981,  nonche'  l'incompleta  ricognizione  della
disciplina in materia delle altre  autonomie  speciali  compromettono
irrimediabilmente   l'iter   logico   argomentativo   delle   censure
prospettate, le quali si fondano sull'erronea premessa che il  regime
di   incompatibilita'   dei   consiglieri   regionali   sia   tuttora
caratterizzato da una rigida disciplina statale unitaria. 
    In conclusione, l'inadeguata ricostruzione del  quadro  normativo
determina  l'inammissibilita'  della  questione,   precludendone   lo
scrutinio nel merito (ex plurimis, sentenze n. 80 del 2018, n. 27 del
2015, n. 251 e n. 165 del 2014, n. 204 e 114 del 2013;  ordinanze  n.
244 del 2017 e n. 276 del 2013). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale degli artt.  10-ter  e  10-quater  della  legge  della
Regione Siciliana  20  marzo  1951,  n.  29  (Elezione  dei  Deputati
dell'Assemblea regionale siciliana),  come  introdotti  dall'art.  1,
comma 4, della legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2007,  n.  22
(Norme in  materia  di  ineleggibilita'  e  di  incompatibilita'  dei
deputati regionali), sollevate dal Tribunale  ordinario  di  Palermo,
prima sezione civile, in riferimento agli artt. 3,  51  e  122  della
Costituzione e all'art. 5 del regio  decreto  legislativo  15  maggio
1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della  Regione  siciliana),
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA