N. 152 SENTENZA 5 giugno - 11 luglio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Tassa automobilistica regionale -  Omesso,  insufficiente  o  tardivo
  versamento - Riscossione mediante iscrizione a  ruolo  delle  somme
  dovute - Riferimento al triennio 2017-2019. 
- Legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2016, n. 24  (Assestamento
  del  bilancio  di  previsione   della   Regione   per   l'esercizio
  finanziario  2016  e  per  il  triennio  2016-2018.  Variazioni  al
  bilancio di previsione della Regione  per  l'esercizio  finanziario
  2016 e per il triennio 2016-2018), art. 19, comma  1;  legge  della
  Regione   Siciliana   11   agosto   2017,   n.   16   (Disposizioni
  programmatiche e correttive per l'anno 2017.  Legge  di  stabilita'
  regionale. Stralcio I), art. 34. 
-   
(GU n.29 del 18-7-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 1,
della  legge  della  Regione  Siciliana  5  dicembre  2016,   n.   24
(Assestamento  del  bilancio  di   previsione   della   Regione   per
l'esercizio finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018.  Variazioni
al bilancio di previsione della Regione per  l'esercizio  finanziario
2016 e per il triennio 2016-2018) e dell'art. 34  della  legge  della
Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 16 (Disposizioni  programmatiche
e correttive per l'anno 2017. Legge di stabilita' regionale. Stralcio
I), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri,  con  ricorsi
notificati rispettivamente il 6-9 febbraio e il 24-30  ottobre  2017,
depositati in cancelleria, il primo, il 14 febbraio e, il secondo, il
3 novembre 2017, iscritti rispettivamente al n. 13 e  al  n.  86  del
registro ricorsi 2017 e pubblicati  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica nn. 12 e 50, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2018 il Giudice relatore
Augusto Antonio Barbera; 
    udito l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 6-9 febbraio 2017 e depositato il 14 febbraio 2017 (reg.  ric.  n.
13 del 2017) ha impugnato l'art.  19,  comma  1,  della  legge  della
Regione Siciliana 5 dicembre 2016, n. 24 (Assestamento  del  bilancio
di previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2016 e per il
triennio  2016-2018.  Variazioni  al  bilancio  di  previsione  della
Regione  per  l'esercizio  finanziario  2016  e   per   il   triennio
2016-2018). La disposizione  censurata,  ad  avviso  del  ricorrente,
sarebbe in contrasto con gli  artt.  3,  97  e  117,  secondo  comma,
lettera e), e terzo comma, della Costituzione, nonche' con gli  artt.
17 e 36  del  regio  decreto  legislativo  15  maggio  1946,  n.  455
(Approvazione dello statuto della Regione siciliana),  convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    2.- Premette il ricorrente che con legge della Regione  Siciliana
11 agosto 2015  n.  16  (Tassa  automobilistica  regionale.  Modifica
dell'articolo 47 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9), e' stata
istituita, a far tempo dal 1° gennaio 2016, la tassa  automobilistica
regionale, chiamata  a  sostituire  quella  erariale,  in  precedenza
vigente (art. 1). L'art 2, comma 1,  della  stessa  legge  regionale,
prevede in particolare, che «[i]l presupposto  d'imposta,  la  misura
della tassa, i soggetti passivi e le  modalita'  applicative  restano
disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica  5  febbraio
1953, n. 39 e successive modifiche ed integrazioni». 
    3.- Cio' premesso, nel ricorso si evidenzia che  la  disposizione
censurata interviene sull'impianto della detta legge  reg.  Siciliana
n. 16 del 2015, introducendo all'interno del citato art. 2, il  comma
2-bis,  in  forza  del  quale,  anche  con  riferimento  alla   tassa
automobilistica regionale, «[t]rovano applicazione le disposizioni di
cui all'articolo 13, comma 1, lettere a), a bis) e  b),  del  decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 in materia di ravvedimento».  La
norma  impugnata  prevede  altresi'  che  «[i]n   caso   di   mancato
ravvedimento la Regione  provvede,  ai  sensi  dell'articolo  12  del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre  1973,  n.  602,
sulla base delle notizie occorrenti per l'applicazione del tributo  e
per l'individuazione del  proprietario  del  veicolo  comunicate  dal
tenutario  del   pubblico   registro   automobilistico   all'archivio
regionale della tassa automobilistica, all'iscrizione a  ruolo  delle
somme dovute che costituisce accertamento per l'omesso, insufficiente
o tardivo versamento  della  tassa  automobilistica  e  l'irrogazione
delle sanzioni e dei relativi accessori». 
    A giudizio del ricorrente viene, dunque, previsto  un  meccanismo
in base al quale la Regione Siciliana, a fronte di un tributo che  si
paga mediante versamento diretto, procede ad un'automatica iscrizione
a ruolo, eliminando la fase di accertamento, assorbita in  quella  di
emissione e notifica della cartella di pagamento. 
    4.- Siffatta previsione, ad avviso del Presidente  del  Consiglio
dei ministri, sarebbe  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  perche'
destinata a riservare un'ingiustificata disparita' di trattamento  ai
contribuenti residenti in Sicilia; ancora, sarebbe in  conflitto  con
l'art. 97 Cost., perche' elimina il preventivo contraddittorio con il
contribuente, da ritenersi necessario in presenza di un  tributo  che
non e' oggetto di dichiarazione, ne' di richiesta da parte  dell'ente
impositore. 
    5.- La disposizione impugnata si porrebbe, inoltre, in  contrasto
con la legislazione nazionale di riferimento. 
    Il ricorrente, in primo luogo, riporta testualmente  gli  estremi
della normativa statale dettata per la tassa  automobilistica,  dalla
quale si ricaverebbe, a suo giudizio, la necessaria autonomia di fasi
tra accertamento e riscossione del tributo in  esame.  Ascrive,  poi,
particolare rilievo al disposto dell'art. 2 della  legge  24  gennaio
1978, n. 27 (Modifiche al sistema sanzionatorio in materia  di  tasse
automobilistiche). A tal fine, si evidenzia nel ricorso che,  se  per
un verso, in linea con quanto affermato dalla  Corte  di  cassazione,
l'attuale conformazione della tassa -  legata,  nel  suo  presupposto
costitutivo, non  piu'  alla  circolazione  bensi'  al  possesso  del
veicolo - ha  tolto  rilievo  al  processo  verbale  di  accertamento
disciplinato dai primi sei commi del citato art. 2; per altro  verso,
l'azione  esecutiva  volta  al  recupero  del  dovuto  presupporrebbe
comunque  la  notifica  al  contribuente  di  un  apposito   atto   -
l'ingiunzione di pagamento prevista dal comma  7  del  detto  art.  2
della legge n. 27 del 1978 - destinata a precedere  obbligatoriamente
l'iscrizione  a  ruolo,  diversamente  da   quanto   previsto   dalla
disposizione regionale censurata. 
    6.- Ne', del resto, ad avviso del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, la fattispecie in esame puo' ritenersi omologa  agli  altri
casi di  diretta  iscrizione  a  ruolo  previsti  dalla  legislazione
nazionale, limitati, in campo tributario, alle sole ipotesi in cui la
fase preventiva di contraddittorio sarebbe priva di utilita', e cioe'
nei casi di imposte  dichiarate  e  non  versate.  Solo  in  siffatte
situazioni, infatti,  sarebbe  possibile  derogare  alle  indicazioni
dettate dalla legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni  in  materia
di statuto dei  diritti  del  contribuente)  e,  in  particolare,  al
principio desumibile dall'art. 6, comma 5, di tale legge in forza del
quale, a pena di nullita' dei  relativi  provvedimenti,  «[p]rima  di
procedere alle iscrizioni a ruolo  derivanti  dalla  liquidazione  di
tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su
aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione  finanziaria
deve invitare il contribuente, a mezzo del  servizio  postale  o  con
mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o  a  produrre  i
documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non  inferiore
a trenta giorni dalla ricezione della richiesta». 
    7.- Rimarca, inoltre, il Governo che lo statuto del  contribuente
e' stato emesso «in attuazione degli articoli 3, 23, 53  e  97  della
Costituzione», e che le relative disposizioni «costituiscono principi
generali dell'ordinamento tributario» (art. 1, comma 1,  della  legge
n. 212 del 2000), ai quali deve attenersi anche la Regione  Siciliana
(in ragione di quanto previsto dal comma 3 del medesimo  art.  1).  E
sotto tale profilo la disposizione impugnata sarebbe in contrasto con
gli artt. 17 e  36  dello  statuto  della  Regione  Siciliana  e,  in
particolare, con quest'ultimo articolo che,  nell'interpretazione  di
questa Corte, impone comunque alla Regione Siciliana di  osservare  i
limiti dei principi e degli interessi  generali  cui  si  informa  la
legislazione nazionale e dunque di adeguarsi alla tipologia adottata,
per ogni singolo tributo, dalla legge statale; sarebbe in  conflitto,
ancora, con l'art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.,  il  quale
attribuisce alla competenza legislativa esclusiva statale il «sistema
tributario e contabile dello Stato», nonche' con il terzo comma dello
stesso articolo, che, attribuendo alla  legislazione  concorrente  il
«coordinamento della finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario»,
impone a tutte le Regioni il rispetto dei principi  fondamentali  del
sistema tributario, tra i quali andrebbero annoverati quelli previsti
dallo statuto del contribuente. 
    8.- La Regione Siciliana non si e' costituita in giudizio. 
    9.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 24-30 ottobre 2017 e depositato il 3 novembre 2017 (reg.  ric.  n.
86 del 2017), ha altresi' impugnato, tra gli altri, l'art.  34  della
legge della Regione Siciliana 11 agosto  2017,  n.  16  (Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2017.  Legge  di  stabilita'
regionale. Stralcio I), con il quale e'  stato  modificato  il  comma
2-bis dell'art. 2 della legge reg. Siciliana n. 16 del 2015. 
    10.-  Il  ricorrente  premette  che  la  norma  modificata  dalla
disposizione censurata e' stata introdotta, nell'impianto dell'art. 2
della legge reg. Siciliana n. 16 del 2015,  dall'art.  19,  comma  1,
della legge reg. Siciliana n. 24 del 2016.  Evidenzia,  inoltre,  che
tale ultima disposizione e' stata impugnata innanzi  a  questa  Corte
(reg. ric. n. 13 del 2017). 
    Sempre in premessa, il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha
altresi' evidenziato che, con la modifica posta allo scrutinio  della
Corte, il  legislatore  regionale  ha  inteso  delimitare  nel  tempo
l'efficacia della norma innovata, circoscrivendone l'operativita'  al
triennio 2017-2019. 
    Tale  limitazione,  ad  avviso  del  ricorrente,   non   avrebbe,
tuttavia, determinato il venir meno  dei  profili  di  illegittimita'
costituzionale addotti a suo tempo nei confronti  della  disposizione
manipolata. 
    Di qui la riproposizione, anche nel tenore  argomentativo,  delle
censure prospettate a suo tempo nei confronti della norma modificata,
in ragione dell'immutato conflitto con gli artt. 3, 97 e 117, secondo
comma, lettera e), Cost. 
    11.- Anche in questo giudizio la Regione Siciliana non ha  inteso
costituirsi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  (reg.
ric. n. 13 del 2017) l'art. 19, comma 1, della  legge  della  Regione
Siciliana 5 dicembre  2016,  n.  24  (Assestamento  del  bilancio  di
previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2016  e  per  il
triennio  2016-2018.  Variazioni  al  bilancio  di  previsione  della
Regione  per  l'esercizio  finanziario  2016  e   per   il   triennio
2016-2018), con il quale e' stato aggiunto il comma 2-bis all'art.  2
della legge della Regione Siciliana 11  agosto  2015,  n.  16  (Tassa
automobilistica regionale.  Modifica  dell'articolo  47  della  legge
regionale 7 maggio 2015, n. 9). 
    2.- Giova premettere che con la legge reg. Siciliana  n.  16  del
2015, la Regione resistente ha istituito, a far tempo dal 1°  gennaio
2016, la  tassa  automobilistica  regionale,  chiamata  a  sostituire
quella  erariale  in  precedenza  vigente   (art.   1),   ribadendone
pedissequamente i relativi profili costitutivi (art. 2, comma 2). 
    2.1.- La disposizione censurata  interviene  sull'impianto  della
legge regionale citata da ultimo. 
    In particolare, essa introduce, all'interno dell'art. 2, il comma
2-bis,  tramite  il  quale  si  prevede  che  in  caso   di   omesso,
insufficiente o tardivo pagamento del tributo in esame  -  decorsi  i
termini previsti per l'eventuale ravvedimento spontaneo dall'art. 13,
comma 1, lettere a), a-bis) e b), del decreto legislativo 18 dicembre
1997,  n.  472  (Disposizioni  generali  in   materia   di   sanzioni
amministrative  per  le  violazioni  di  norme  tributarie  a   norma
dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n.  662)  -
l'importo  dovuto,  comprensivo  di  interessi  e   sanzioni,   venga
immediatamente iscritto a ruolo. 
    Grazie alla innovazione in esame,  dunque,  la  relativa  pretesa
impositiva assume immediata forza esecutiva,  senza  passare  da  una
comunicazione al contribuente, precedente alla formazione del ruolo. 
    3.- Ad avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  la
disposizione impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 97, 117,
secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione, nonche'
con gli artt. 17 e 36 del regio decreto legislativo 15  maggio  1946,
n.  455  (Approvazione  dello  statuto  della   Regione   siciliana),
convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    3.1.- In relazione ai parametri  non  competenziali  evocati  nel
ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell'art.  3  Cost.  per
l'addotta, irragionevole,  disparita'  di  trattamento  riservata  ai
contribuenti  siciliani  con  riguardo   all'accertamento   ed   alla
riscossione  della  tassa  automobilistica;  prospetta,   anche,   il
contrasto della disposizione censurata con l'art. 97  Cost.,  perche'
il modulo  procedimentale  configurato  dalla  disciplina  regionale,
omettendo il contraddittorio preventivo con il contribuente,  finisce
per   incidere   negativamente   sul   buon   andamento   dell'azione
amministrativa. 
    3.2.- La difesa erariale procede, poi, ad una ricostruzione della
disciplina normativa nazionale di riferimento, in  esito  alla  quale
giunge ad affermare che,  quanto  al  tributo  in  oggetto,  l'azione
esecutiva tramite il ruolo presuppone comunque la presenza di un atto
prodromico di contestazione inviato al contribuente. 
    Si segnala, inoltre, nel ricorso, che la norma impugnata  sarebbe
in conflitto con l'art. 6, comma 5, della legge 27  luglio  2000,  n.
212  (Disposizioni  in   materia   di   statuto   dei   diritti   del
contribuente). 
    Alla luce di tali premesse, la  difesa  erariale  evoca,  per  un
verso, i limiti statutari relativi alla competenza legislativa  della
Regione Siciliana in materia  impositiva,  richiamando  all'uopo  gli
artt. 17 e 36 dello  statuto  regionale  di  autonomia,  giacche'  la
citata  norma  dello  statuto  dei  diritti  del  contribuente,  come
confermato  dall'art.  1  della  medesima  legge  n.  212  del  2000,
costituirebbe principio  generale  dell'ordinamento  tributario,  cui
devono attenersi anche le Regioni ad autonomia  speciale;  per  altro
verso, adduce la violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  (in
relazione al «coordinamento della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario»). 
    Si prospetta,  inoltre,  la  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., avuto riguardo alla competenza  legislativa
esclusiva nazionale in tema di «sistema tributario e contabile  dello
Stato». 
    4.- Qualche mese dopo, la Regione Siciliana, con l'art. 34  della
legge regionale 11 agosto 2017, n. 16 (Disposizioni programmatiche  e
correttive per l'anno 2017. Legge di stabilita'  regionale.  Stralcio
I), e' intervenuta sulla disposizione impugnata, delimitando l'ambito
di  operativita'  del  previsto  procedimento   di   accertamento   e
riscossione del tributo in esame al solo triennio 2017-2019. 
    4.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato (reg.
ric. n. 86 del 2017) anche tale ultima disposizione (in uno ad  altri
articoli della stessa legge reg. Siciliana n. 16 del 2017). 
    Ad avviso del Governo, la modifica apportata non avrebbe eliso le
ragioni di vulnus prospettate con il  ricorso  n.  13  del  2017  nei
confronti della disposizione modificata. 
    4.2.-  E'  stata,  dunque,  promossa  l'impugnazione  anche   nei
confronti di  tale  ultima  disposizione  di  modifica,  ritenuta  in
contrasto con gli artt. 3, 97  e  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost., sulla base del medesimo  percorso  argomentativo  seguito  nel
contestare la legittimita'  costituzionale  dell'art.  19,  comma  1,
della legge reg. Siciliana n. 24 del 2016. 
    5.- La stretta connessione che lega le disposizioni  oggetto  dei
due  ricorsi  e  la  sostanziale  sovrapponibilita'   delle   censure
prospettate rendono  opportuna  la  riunione  dei  giudizi,  per  una
trattazione e definizione unitaria degli stessi. 
    5.1.-  Lo  scrutinio  degli  altri  articoli  della  legge   reg.
Siciliana n. 16 del 2017 impugnati dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri resta riservato ad una separata decisione. 
    5.2.- La modifica introdotta con l'art. 34 legge  reg.  Siciliana
n. 16  del  2017,  avendo  esclusivamente  delimitato  nel  tempo  il
perimetro  di  futura  operativita'  del   procedimento   configurato
dall'art. 2, comma 2-bis, della legge reg. Siciliana n. 16 del  2015,
non ha inciso, dunque, sull'interesse del ricorrente alla verifica di
legittimita' costituzionale sollecitata nei confronti  dell'impugnato
art. 19, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 24 del 2016. 
    6.- La tassa automobilistica, disciplinata dal d.P.R. 5  febbraio
1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), e
successive modificazioni, trovava, in  origine,  il  suo  presupposto
nella «circolazione sulle strade ed aree pubbliche degli  autoveicoli
e dei relativi rimorchi» (art. 1 del citato decreto). 
    Per effetto dell'art. 5 del decreto-legge 30  dicembre  1982,  n.
953 (Misure in materia tributaria),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge  28  febbraio  1983,  n.  53,  e'  divenuta  tassa  sulla
proprieta' del veicolo (o su titolo equiparato a tali fini),  legata,
quindi, nel  suo  presupposto  costitutivo,  ai  dati  emergenti  dal
Pubblico Registro Automobilistico (PRA). 
    6.1.-  Assumendo  la  denominazione  di   tassa   automobilistica
regionale, il tributo in esame e'  stato  attribuito,  dall'art.  23,
comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  504  (Riordino
della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4  della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), per intero  alle  Regioni  a  statuto
ordinario, legittimate, ai sensi del successivo  art.  24,  comma  1,
anche ad incidere sulle aliquote entro un limite massimo prestabilito
dalla legge statale. Con l'art. 17, comma 10, della legge 27 dicembre
1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza  pubblica),
il legislatore statale ha altresi' demandato alle dette  Regioni  «la
riscossione, l'accertamento, il recupero, i rimborsi,  l'applicazione
delle sanzioni ed il contenzioso amministrativo relativo».  
    6.2.- Innanzi  ad  un  tale  quadro  normativo,  successivo  alla
riforma del Titolo V  della  Parte  seconda  della  Costituzione,  ma
precedente alla delega conferita al Governo con  la  legge  5  maggio
2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo  fiscale  in
attuazione dell'articolo 119 della Costituzione),  questa  Corte  (ex
plurimis,  sentenze  n.  451  del  2007  e  n.  455  del   2005)   ha
costantemente escluso che la tassa in esame potesse ritenersi tributo
proprio delle Regioni a statuto  ordinario  ai  sensi  del  combinato
disposto degli artt. 117, quarto comma, e 119, secondo comma, Cost. 
    Non sono stati considerati rilevanti,  a  tal  fine,  l'integrale
destinazione del gettito; ne' la possibilita' di variare (entro certi
limiti) le aliquote di riferimento; ne', infine, il conferimento alle
Regioni  ordinarie  delle  funzioni  concernenti  la  riscossione,  i
rimborsi, il recupero della tassa e delle sanzioni. 
    Piuttosto, si e' dato rilievo decisivo  al  fatto  della  mancata
devoluzione, a dette Regioni, del potere di  disciplinare  gli  altri
elementi costitutivi del tributo, cosi' da confermare che la relativa
disciplina legislativa  doveva  ritenersi  ascritta  alla  competenza
esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali. 
    Di qui la violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),
Cost., riscontrata in diverse occasioni scrutinando  norme  regionali
che disponevano esenzioni dalla  tassa  automobilistica  (sentenza n.
296  del  2003)  o  modificavano  la  disciplina  dei   termini   per
l'accertamento del tributo (sentenze n. 297 e n. 311 del 2003).  
    6.3.- Siffatta  lettura  interpretativa  ha  trovato  continuita'
anche dopo la legge n. 42 del  2009  ed  in  esito  alla  conseguente
emanazione del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni
in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto  ordinario
e  delle  province,  nonche'  di  determinazione  dei  costi  e   dei
fabbisogni standard nel settore sanitario). 
    L'art. 8 del citato decreto legislativo, dopo aver  disposto,  al
comma 1, la trasformazione di un'ampia serie di  tributi  statali  in
tributi propri regionali, a decorrere dal 1° gennaio  2013,  prevede,
al comma 2, che «[f]ermi restando i limiti massimi di  manovrabilita'
previsti dalla legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa
automobilistica regionale»; aggiunge, inoltre, al comma 3,  che  alle
Regioni a statuto  ordinario  spettano  gli  altri  tributi  ad  esse
riconosciuti dalla legislazione  vigente  alla  data  di  entrata  in
vigore  del  decreto  stesso,  precisando  che  i  predetti   tributi
costituiscono tributi propri derivati. 
    Come gia' evidenziato da questa Corte (sentenza n. 288 del 2012),
«[l]a diversificazione operata tra i citati commi 2 e 3  induce  alla
conclusione che la tassa in questione non  ha  acquisito,  nel  nuovo
regime, la natura di tributo  regionale  proprio. Dalla  formulazione
del comma 2 si inferisce, infatti, non  gia'  la  natura  di  tributo
proprio della  tassa  automobilistica  regionale  [...]  ma  solo  la
volonta' del legislatore di  riservare  ad  essa  un  regime  diverso
rispetto  a  quello  stabilito  per  gli  altri   tributi   derivati,
attribuendone la disciplina alle Regioni, senza che  questo  comporti
una modifica radicale di quel tributo». 
    Di qui  la  ritenuta  natura  di  tributo  derivato  della  tassa
automobilistica  pur  in  tale  nuovo  assetto  normativo,   con   il
conseguente, ribadito, limite, per le Regioni a statuto ordinario, di
non poter incidere sui profili sostanziali della disciplina normativa
di riferimento,  comunque  riservati  al  legislatore  nazionale  (in
termini, da ultimo, sentenze n. 242 e n. 199 del 2016). 
    7.- Una  siffatta  conclusione  interpretativa  non  puo'  essere
automaticamente estesa anche alle autonomie speciali. 
    Non si puo' escludere,  infatti,  che,  in  forza  dell'autonomia
impositiva prevista dai  rispettivi  statuti,  gli  enti  interessati
introducano, nella materia in esame, un tributo proprio,  sostitutivo
o comunque distinto da quello di matrice erariale, come,  del  resto,
questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  riconoscere   proprio   con
riferimento alla tassa automobilistica (sentenze n. 118 del 2017 e n.
142 del 2012). 
    8.- In parte qua giova  ribadire  che  l'autonomia finanziaria  e
tributaria della Regione Siciliana e' disciplinata dagli artt. 36, 37
e 38  dello  statuto,  nonche'  dalle  norme  di  attuazione  dettate
dal d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto
della Regione siciliana in materia finanziaria). 
    8.1.- In particolare, in base all'art. 36  dello  statuto,  «[a]l
fabbisogno finanziario  della  Regione  si  provvede  con  i  redditi
patrimoniali della Regione  a  mezzo  di  tributi,  deliberati  dalla
medesima»; disposizione alla quale risulta  immediatamente  correlato
l'art. 1 del d.P.R. n. 1074 del 1965, in forza del quale  la  Regione
siciliana provvede al suo fabbisogno finanziario anche  «mediante  le
entrate tributarie ad essa spettanti». 
    Mentre l'art. 2 del  decreto  citato  da  ultimo  indica  in  che
percentuali le entrate tributarie,  diverse  da  quelle  direttamente
deliberate dalla Regione, sono da ritenersi destinate alla stessa, il
successivo art. 6, a completamento del disposto  dell'art.  36  dello
statuto, per un verso (comma 1), afferma che «le  disposizioni  delle
leggi tributarie dello Stato hanno vigore e si  applicano  anche  nel
territorio della Regione», fatto salvo quanto  venga  disposto  dalla
Regione nell'esercizio e nei limiti della competenza  legislativa  ad
essa spettante; per altro verso (comma 2), ribadisce che «nei  limiti
dei principi del sistema  tributario  dello  Stato  la  Regione  puo'
istituire nuovi tributi in corrispondenza alle  particolari  esigenze
della comunita' regionale». 
    Vengono cosi' estesi  all'autonomia  legislativa  in  materia  di
imposizione fiscale, i vincoli previsti dall'art. 17 dello statuto di
autonomia, riferiti,  in  genere,  alle  competenze  legislative  ivi
indicate,  non  coincidenti  con  quelli  previsti  dall'art.14,   da
esercitare entro «i limiti dei principi  e  degli  interessi  cui  si
informa la legislazione dello Stato». 
    8.2.- In virtu' di tale quadro normativo,  la  Regione  Siciliana
ha,  dunque,  il  potere  di  integrare  la  disciplina  dei  tributi
erariali, nei limiti segnati dai principi della legislazione  statale
relativi alla singola imposizione (sentenze  n.  138  e  n.  111  del
1999), in termini non dissimili da quanto  previsto  per  le  Regioni
ordinarie dall'art. 117, comma secondo, lettera  e),  Cost.;  ancora,
puo' deliberare, con legge regionale,  tributi propri,  disciplinando
in modo originale tutti  gli  elementi  del  prelievo,  anche  quelli
fondamentali, nel  rispetto  dei  principi  del  «sistema  tributario
italiano» cosi' come imposto dall'art. 6, comma  2,  delle  norme  di
attuazione richiamate. 
    8.3.- Tale ultimo limite, peraltro, si distingue da quello  della
necessaria osservanza «dei principi fondamentali di coordinamento del
sistema tributario» previsto dall'art. 119, secondo comma, Cost., per
le Regioni ordinarie. 
    L'autonomia legislativa  riconosciuta,  in  forza  dello  statuto
speciale, alla Regione resistente in materia di imposizione  fiscale,
appare, infatti, piu' ampia rispetto a quella garantita alle  Regioni
ordinarie  (sentenza  n.  102  del  2008,  relativa  ad  una  analoga
previsione statutaria della Regione autonoma Sardegna;  ordinanza  n.
250 del 2007 relativa allo statuto siciliano); e cio' trova conferma,
per quel che qui immediatamente interessa, nella facolta', attribuita
alle autonomie speciali, di istituire tributi propri con  riferimento
a presupposti gia' coperti dall'imposizione erariale, ipotesi  invece
preclusa alle  Regioni  ordinarie  in  forza  di  quanto  esplicitato
dall'art. 7, comma 1, lettera b), n. 3 della legge n. 42 del 2009. 
    9.- Come gia' evidenziato, con la legge reg. n. 16  del  2015  la
Sicilia  ha  disciplinato  autonomamente  il  tributo  in  questione,
introducendo una disciplina espressamente volta a  sostituire  quella
erariale (art 1). In coerenza, ne ha assunto direttamente le funzioni
amministrative di controllo e riscossione. 
    L'art. 3 della citata legge regionale prevede in particolare  che
le  stesse  vengano  svolte  secondo  le  modalita'  tracciate  dalla
relativa  disciplina  nazionale,  facendo  apposito  riferimento   al
decreto del Ministro delle finanze  del  25  novembre  1998,  n.  418
(Regolamento recante  norme  per  il  trasferimento  alle  regioni  a
statuto  ordinario  delle  funzioni  in   materia   di   riscossione,
accertamento, recupero, rimborsi e contenzioso  relative  alle  tasse
automobilistiche non erariali), il cui art. 3, a sua  volta,  rimanda
alla riscossione delegata a  terzi,  all'epoca  (del  citato  decreto
ministeriale) regolata dal d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione
del Servizio di riscossione dei tributi  e  di  altre  entrate  dello
Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'articolo  1,  comma  1,
della legge 4 ottobre 1986, n. 657). 
    9.1.- Se, dunque, prima della novita' legislativa  offerta  dalla
legge reg. Siciliana n. 16 del 2015, non v'era incertezza  in  ordine
alla natura derivata della tassa automobilistica  regionale  riscossa
in Sicilia (sentenza n.  135  del  2012),  di  contro,  l'innovazione
apportata da tale legge  regionale  impone  di  verificare  l'attuale
tenuta di una siffatta conclusione. 
    9.2.- Alla stregua di quanto previsto dal secondo comma dell'art.
119 Cost., per le Regioni  ordinarie,  nonche'  in  forza  di  quanto
dettato, per  le  autonomie  speciali,  dalle  specifiche  previsioni
statutarie e attuative, l'introduzione di  tributi  propri  da  parte
delle Regioni presuppone  essenzialmente  il  rispetto  dell'art.  23
Cost. e dunque la necessaria istituzione tramite legge regionale. 
    Peraltro,  mentre  per  le  Regioni  ordinarie,   la   competenza
legislativa regionale in materia appare condizionata  dal  necessario
rispetto dei «principi di coordinamento della finanza pubblica e  del
sistema tributario» dettati dalla legge nazionale,  primo  tra  tutti
quello  del  divieto  della  doppia  imposizione;  per  le  autonomie
speciali, in forza di clausole omologhe  a  quella  prevista  per  la
Regione  resistente,  l'unica  specifica  condizione  richiesta   per
legittimamente istituire e disciplinare i tributi propri regionali e'
che il tributo proprio sia «in armonia con  i  principi  del  sistema
tributario dello Stato» (sentenza n. 102 del 2008). 
    9.3.- E' ben vero che questa Corte (sentenza n.  118  del  2017),
proprio con riferimento  alla  tassa  automobilistica  introdotta  da
altro ente dotato di autonomia speciale  (la  Provincia  autonoma  di
Trento), nel qualificare la stessa  come  tributo  proprio,  ha  dato
rilievo anche ad una specifica copertura statutaria di tale prelievo,
in quella occasione riscontrata. 
    Tuttavia, va nuovamente rimarcato che la legge reg. Siciliana  n.
16 del 2015, non lascia dubbi in ordine al  radicale  subentro  della
disciplina regionale in luogo di quella erariale previgente. 
    Di contro, nella disciplina presa in considerazione  dalla  detta
sentenza (art. 4 della legge della Provincia autonoma  di  Trento  11
settembre 1998, n. 10, recante «Misure collegate  con  l'assestamento
di bilancio per l'anno  1998»),  si  dava  espressamente  atto  della
transitorieta' delle relative previsioni (comma 2 del citato art. 4),
«in attesa di una disciplina  organica  della  tassa  automobilistica
provinciale». Siffatto elemento testuale, considerato alla  luce  del
richiamo alla legislazione nazionale di riferimento, contenuto  nella
detta disciplina, era foriero di possibili incertezze  interpretative
quanto alla temporanea continuita'  della  derivazione  erariale  del
tributo; incertezze, queste, poi definitivamente superate, secondo le
valutazioni svolte da questa Corte nell'occasione, dalla sopravvenuta
modifica statutaria apportata dall'art. 2,  comma  107,  lettera  c),
numero  1),  della  legge  23  dicembre   2009,   n.   191,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2010)»,  tramite  la  quale  e'  stata
riconosciuta «esplicitamente alla tassa automobilistica istituita con
legge provinciale la natura di  tributo  proprio»  (cosi'  la  citata
sentenza n. 118 del 2017). 
    La  previsione  statutaria  riferita  alla  specifica  situazione
impositiva, dunque, lungi  dal  costituire  un  presupposto  generale
indefettibile per la legittima  introduzione  di  tributi  propri  da
parte delle autonomie speciali, rappresentava, in quella  particolare
situazione, un ulteriore spunto argomentativo per  meglio  inquadrare
la natura del tributo. 
    9.4.- Si e' anticipato che la  tassa  regionale  predisposta  dal
legislatore siciliano replica integralmente i tratti  costitutivi  di
quella erariale, cui fa espresso riferimento (art. 2). 
    A ben vedere, tuttavia, tale elemento di valutazione  non  assume
un rilievo decisivo per escludere la natura propria  del  tributo  in
esame. Infatti,  nell'esercitare  la  propria  autonomia  impositiva,
l'ente territoriale dotato di autonomia  speciale  puo'  decidere  di
ribadire i  tratti  costituivi  della  omologa  previsione  erariale,
ritenendoli confacenti alle proprie esigenze territoriali, senza  che
questo incida sulla qualifica del tributo. 
    10.- Non vi sono, dunque,  ragioni  per  non  ritenere  la  tassa
automobilistica regionale introdotta dalla legge reg. Siciliana n. 16
del 2015 un tributo proprio della Regione resistente. 
    Cio'  porta  a  ritenere  decisiva  la  censura  prospettata  dal
ricorrente  in  riferimento  ai  rilevati  limiti  statutari  e,   al
contempo, rende non pertinenti le questioni prospettate in  relazione
all'art. 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, Cost. 
    11.- Ristretto, dunque, il perimetro cognitivo ascritto a  questa
Corte unicamente al riscontro della condizione  legittimante  offerta
dal disposto degli artt. 36 dello statuto di autonomia e 6, comma  2,
del d.P.R. n. 1074 del 1965,  deve  escludersi  che  le  disposizioni
censurate diano luogo a distonie di sistema con  la  tipologia  e  la
struttura degli istituti tributari statali visti nel loro complessivo
assetto ordinamentale. 
    La disciplina regionale in esame, piuttosto,  appare  in  armonia
con lo «"spirito" del sistema tributario dello  Stato»  (sentenze  n.
102  del  2008  e  n.  304  del  2002),  dando  corpo  ad  un  modulo
procedimentale di determinazione  della  pretesa  tributaria  che  si
rivela  omogeneo  ad  altre   ipotesi   impositive   previste   dalla
legislazione statale, caratterizzate da analoghi profili  strutturali
nel verificare il corretto adempimento della prestazione tributaria. 
    11.1.-  Sotto  questo  versante,  si   rivela   inconferente   la
ricostruzione  normativa  operata  nei  ricorsi  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri quanto alla disciplina statale della tassa  in
esame, la quale, in ogni caso, non vincola la Regione  autonoma,  una
volta considerata l'imposizione in oggetto un  tributo  "proprio"  in
senso stretto. 
    Appare, invece, pertinente il riferimento al comma 5 dell'art.  6
dello statuto dei diritti del contribuente in forza del  quale  -  in
caso di liquidazioni di tributi risultanti da dichiarazioni e  sempre
che sussistano «incertezze su aspetti rilevanti della  dichiarazione»
- l'iscrizione a ruolo, altrimenti possibile anche in via  immediata,
deve essere preceduta, a pena di nullita', da un  avviso  rivolto  al
contribuente, finalizzato ad ottenere da quest'ultimo  gli  opportuni
chiarimenti, anche documentali. 
    Secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  siffatta
previsione avrebbe una portata  sistematica  generale;  vincolerebbe,
inoltre, anche la Regione Siciliana in  ragione  di  quanto  previsto
dall'art.  1,  comma  1,  dello  stesso  statuto  dei   diritti   del
contribuente,   perche'   riconducibile   ai    «principi    generali
dell'ordinamento tributario». 
    12.- Anche a voler ritenere che il principio desumibile dal comma
5 dell'art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente  sia  dotato
di una portata generale, tale da superare  il  riferimento  letterale
alle liquidazioni di  tributi  che  risultano  da  dichiarazioni  del
contribuente, la censura si rileva comunque non fondata. 
    13.-  Secondo  quanto   previsto   dalla   disciplina   regionale
impugnata, il ruolo, che conferisce all'obbligazione tributaria forza
esecutiva, non viene preceduto da alcun atto partecipativo  destinato
al  contribuente:  si  forma   unilateralmente   per   determinazione
amministrativa,  al  semplice  riscontro   della   omissione,   della
inesattezza o della intempestivita' del pagamento. 
    Il  contribuente  acquisisce  contezza  della  pretesa   azionata
dall'ente impositore solo per il tramite della cartella di pagamento;
ed avverso la cartella puo' proporre ricorso per vizi che afferiscono
non solo alla stessa ed al ruolo che la giustifica, ma  anche  all'an
della pretesa tributaria. 
    13.1.- Non e' superfluo sottolineare che l'accertamento  inerente
al tributo in esame, nella sua  ordinarieta',  e'  connotato  da  una
evidente semplicita' di contenuti, risolvendosi in un mero  controllo
cartolare. 
    La definizione della pretesa impositiva in esame riposa  infatti,
di  regola,  sulla  spontaneita'  di  adempimento  del  contribuente,
chiamato a provvedere al pagamento senza sollecitazione alcuna, sulla
base delle  scadenze  indicate  e  dei  parametri  di  commisurazione
determinati, secondo canoni standard, dalla norma impositiva. 
    In  caso  di  inadempimento,  la  determinazione  della   pretesa
tributaria da attuare -  che  mantiene  comunque  una  sua  autonomia
rispetto alla successiva fase esecutiva -  passa  attraverso  l'esame
delle risultanze del PRA, comunicate all'ente impositore dal relativo
tenutario (art. 5 del d.l. n. 953 del 1982); e si correla, dunque, ad
una indagine documentale elementare, realizzata tramite il  controllo
incrociato tra gli elementi attestanti la titolarita' del mezzo  e  i
flussi informativi inerenti il puntuale adempimento della prestazione
richiesta.   Spicca,   sotto   questo   profilo,    la    particolare
attendibilita'  del  dato  documentale  destinato  ad  attestare   la
riferibilita'  soggettiva  del   relativo   presupposto   impositivo,
derivante da un pubblico registro formato su iniziativa dello  stesso
contribuente  (su  impulso  del  quale  si  procede   alle   relative
iscrizioni e trascrizioni). 
    Cio' finisce per riconoscere  alle  emergenze  documentali  poste
alla  base  della  formazione  del  ruolo  un  rilevante   grado   di
verosimiglianza  quanto  alla  corretta  imputazione  soggettiva  del
tributo:  a  fronte  della  evidente  modestia  tecnica  della   fase
amministrativa di determinazione del dovuto (sentenze n. 62 del  1998
e n. 233 del 1996) e in considerazione del grado di affidabilita' del
procedimento  che  porta  alla  formazione  unilaterale  del   titolo
(ordinanza n. 111 del 2007), si neutralizzano, in coerenza, i margini
di utilita' che potrebbero derivare da una partecipazione attiva  del
contribuente alla fase che precede l'iscrizione a ruolo del tributo. 
    14.- La censura mossa dal Presidente del Consiglio  dei  ministri
riposa su una concezione del  ruolo  caratterizzata  da  una  valenza
principalmente esecutiva quale atto della riscossione. 
    Il ricorrente, tuttavia, non considera adeguatamente  il  diverso
atteggiarsi della natura del ruolo a  seconda  delle  caratteristiche
proprie della pretesa tributaria da attuare, diversamente graduata in
rapporto alla complessita' dell'attivita' di verifica che  precede  e
sostanzia la determinazione del dovuto. 
    Sotto tale profilo, va  rimarcato  che,  nel  tempo,  il  sistema
tributario  statale  e'  stato   interessato   da   una   tendenziale
unificazione delle fasi di accertamento e riscossione. 
    14.1.- In proposito, e' certamente  di  interesse  la  disciplina
introdotta dall'art. 29 del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con modificazioni, nella legge
30 luglio 2010, n.  122,  chiamata  a  regolare  l'azione  impositiva
inerente le imposte sul reddito, l'imposta sul valore aggiunto  (IVA)
e l'imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP). 
    In forza di quanto previsto dal  citato  art.  29,  infatti,  gli
avvisi di accertamento relativi  a  dette  imposte  (limitatamente  a
quelli emessi dal 1° ottobre 2011, relativi ai periodi di imposta  in
corso alla data  del  31  dicembre  2007  e  successivi),  una  volta
divenuti definitivi perche' non impugnati giudizialmente, legittimano
l'erario  ad  azionare  la  fase   di   riscossione   senza   passare
dall'iscrizione a ruolo del tributo e prescindendo, anche, dall'invio
della cartella di pagamento.  L'atto  di  accertamento  trasmesso  al
contribuente contiene dunque in se' anche  i  prodromi  della  futura
attivita' di esazione del tributo. 
    14.2.- Inoltre, nell'ottica che piu' interessa l'odierna verifica
di  legittimita'  costituzionale,  assumono  particolare  rilievo  le
ipotesi, legate al recupero delle medesime imposte dirette,  divenute
residuali e rimaste estranee al modulo configurato dal detto art.  29
del d.l. n. 78 del 2010, ricavabili dal complessivo tenore  dell'art.
25  del  d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  602  (Disposizioni   sulla
riscossione delle imposte sul reddito). 
    Tra queste spiccano, per quel che qui immediatamente  rileva,  le
liquidazioni effettuate in base alle dichiarazioni e per mezzo  delle
procedure automatizzate ai  sensi  dell'art.  36-bis  del  d.P.R.  29
settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in  materia  accertamento
delle imposte sui redditi),  cui  vanno  equiparate  quelle  previste
dall'art. 54-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.  633  (Istituzione  e
disciplina  dell'imposta  sul  valore  aggiunto).  Ipotesi,   queste,
rispetto alle quali le somme dovute a  titolo  di  imposta,  comprese
quelle inerenti ai correlati accessori, sono  «iscritte  direttamente
nei ruoli a titolo definitivo», in  forza  dell'art.  2  del  decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 462 (Unificazione a fini  fiscali  e
contributivi  delle  procedure   di   liquidazione,   riscossione   e
accertamento a norma dell'articolo 3, comma  134,  lettera  b,  della
legge 23 dicembre 1996, n. 662). 
    All'iscrizione immediata tuttavia  non  si  provvede  laddove  il
contribuente abbia provveduto al pagamento del dovuto  «entro  trenta
giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dai commi  3  dei
predetti articoli 36-bis e 54-bis»  (art.  2,  comma  2,  del  citato
d.lgs. n. 462 del 1997), cui l'amministrazione e' tenuta solo se  dai
controlli emerge un risultato diverso  da  quello  prospettato  dalla
dichiarazione o, ancora, una imposta o una maggiore imposta,  e  solo
se cio' puo' consentire al contribuente di evitare la reiterazione di
errori o di regolarizzare aspetti formali. 
    14.3.- Le previsioni citate da ultimo  danno  conto  della  certa
compatibilita' del modulo previsto dalla  norma  siciliana  impugnata
con il sistema tributario statale. 
    Rappresentano, infatti, situazioni nelle  quali  il  ruolo  e  la
successiva  cartella  perdono  la  loro  connotazione  esclusivamente
esecutiva per esprimere  anche  la  fase  (se  non  di  accertamento,
quantomeno)  di   liquidazione   della   pretesa.   Danno   conferma,
soprattutto, della possibilita', assentita dal sistema, di  procedere
alla immediata iscrizione a ruolo senza  prevedere  alcuna  forma  di
partecipazione  preventiva  del  contribuente,  ogni   qualvolta   la
verifica  dell'inadempimento  si   rilevi   immune   da   valutazioni
interpretative. 
    Il tutto seguendo un  modulo  semplificato  che  trova  ulteriori
riscontri, ad esempio, in caso di inadempimento nel  pagamento  delle
somme rateizzate ex art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973; o ancora,
nell'ipotesi inerente all'irrogazione delle  sanzioni,  ex  art.  17,
comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997. 
    14.4.- Assume valenza dirimente  in  tal  senso  l'ipotesi  della
dichiarazione non seguita dal versamento del dovuto. 
    Come confermato dalla  costante  giurisprudenza  della  Corte  di
Cassazione (ex plurimis, tra le piu'  recenti,  Corte  di  cassazione
civile, ordinanze n. 27716 e n. 21020 del 2017; sentenza n. 13759 del
2016; ordinanza n. 3153 del 2015),  l'iscrizione  a  ruolo  non  deve
essere  preceduta  dalla  comunicazione  rivolta   al   contribuente.
L'avviso preventivo rispetto  alla  formazione  immediata  del  ruolo
perde, infatti, la sua ragion d'essere nelle  ipotesi  di  versamenti
incompleti,  tardivi  o  integralmente   omessi,   rispetto   ad   un
presupposto impositivo gia' cristallizzato,  quale  quello  emergente
dalla dichiarazione proveniente dallo stesso contribuente. 
    Diviene pertanto superflua  l'interlocuzione  preventiva  con  il
contribuente a fronte di una verifica amministrativa che ha contenuti
esclusivamente cartolari, priva di margini interpretativi  (Corte  di
cassazione civile, sentenza n. 9672 del 2018). 
    14.5.- Del resto, una tale interpretazione trova la sua  conferma
proprio nella disposizione dello statuto dei diritti del contribuente
evocata dal Governo a sostegno dell'addotta censura. 
    Siffatta disposizione non impone, a  pena  di  nullita',  che  la
comunicazione preventiva al contribuente venga  effettuata  per  ogni
ipotesi di liquidazione. Piuttosto, prevede l'avviso preventivo  solo
per  quelle  liquidazioni  rispetto   alle   quali   si   riscontrino
«incertezze su aspetti rilevanti» della  pretesa  tributaria  oggetto
del  ruolo:  ipotesi,  questa,  che  va  radicalmente  esclusa,   per
l'appunto, laddove si versi in caso di omesso, integrale o  parziale,
o comunque intempestivo versamento del dovuto, determinato  in  forza
della stessa dichiarazione del contribuente e riscontrato in esito ai
riferiti controlli  automatici  (ex  plurimis,  Corte  di  cassazione
civile, ordinanze n. 1711 del 2018 e n. 27716 del 2017). 
    14.6.-  Diversamente  da  quanto  ritenuto  dal  ricorrente,   le
superiori indicazioni interpretative si attagliano  perfettamente  al
procedimento impositivo configurato dalle disposizioni impugnate. 
    14.6.1.- L'immediata iscrizione a ruolo prevista dalla disciplina
regionale  censurata  si  lega  ad  un   tributo   il   cui   profilo
determinativo,  in  caso  di  inadempimento,  emerge   per   tabulas,
attraverso meri riscontri documentali; e cio' in termini non  diversi
da quanto accade per i versamenti non eseguiti, riscontrati in  esito
ai citati controlli realizzati ex artt. 36-bis del d.P.R. n. 600  del
1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972. 
    I presupposti del debito tributario (la dichiarazione predisposta
dal contribuente per un verso e  le  emergenze  del  PRA,  per  altro
verso), nonche'  la  stessa  condotta  che  concreta  l'inadempimento
fiscale  presentano,  infatti,  immediate  e  decisive  analogie   di
contenuto. 
    14.6.2.- L'inserzione della liquidazione del tributo  nella  fase
di formazione del ruolo appare, quindi, giustificata  da  una  azione
amministrativa di determinazione del dovuto  priva  di  significativi
margini di discrezionalita' interpretativa. 
    Parimenti, il sacrificio del  contradittorio  preventivo  con  il
contribuente trova una giustificazione di sistema identica  a  quella
gia' descritta in  tema  di  controlli  automatici;  e,  alla  stessa
stregua di tali  ultime  ipotesi,  risulta  adeguatamente  compensato
dalla   possibilita',   per   il   contribuente,   di   fare   valere
l'insussistenza della pretesa sia in via amministrativa, sollecitando
un annullamento in autotutela, sia in sede giudiziaria, anche tramite
l'eventuale attivazione della tutela cautelare,  anticipatoria  della
futura decisione di merito (ordinanza n. 111 del 2007). 
    14.6.3.- Ne consegue che, nelle situazioni ordinarie, laddove  al
presupposto costitutivo documentato dal PRA non faccia seguito,  alla
relativa scadenza,  l'adempimento  dell'obbligazione  tributaria,  la
disciplina regionale censurata finisce per porsi certamente in  linea
con l'indicazione di principio emergente dall'art. 6, comma 5,  dello
statuto dei diritti del contribuente. 
    Cio' non preclude, del resto,  che,  proprio  in  forza  di  tale
ultima  disposizione,  l'avviso  strumentale  ad  un  contraddittorio
antecedente  alla  formazione  del  ruolo  possa  recuperare  la  sua
funzionalita'  ogni  qual  volta  la  determinazione  del  tributo  e
l'inadempimento che la fonda riposino su  valutazioni  interpretative
di  competenza  dell'amministrazione  interessata,  per   cio'   solo
estranee alle connotazioni di strutturale semplicita'  che  di  norma
caratterizzano il recupero della tassa in questione. 
    14.7.- In conclusione, va ribadito che con le norme censurate  si
realizza  una  crasi  procedimentale   che   compensa   adeguatamente
l'esigenza collettiva di ottimizzazione della  esazione  fiscale  con
quelle  di  difesa  del  contribuente,  senza  porsi  in  termini  di
incompatibilita' con il sistema tributario statale, il quale  prevede
ipotesi di regolamentazione non dissimili in presenza di  presupposti
analoghi. 
    15.- Esclusa, dunque, l'incompatibilita' di sistema sottesa  alla
censura prospettata  in  riferimento  ai  limiti  statutari,  non  e'
superfluo rimarcare,  inoltre,  che  le  disposizioni  censurate  non
entrerebbero in conflitto  neppure  con  la  specifica  normativa  di
settore imposta dalla disciplina erariale. 
    15.1.- La normativa nazionale in materia, ricostruita nel ricorso
dall'Avvocatura, non  prevede  una  obbligatoria  partecipazione  del
contribuente alla formazione del ruolo impositivo. 
    In particolare, non depone in tal senso l'art. 2 della  legge  24
gennaio 1978, n. 27 (Modifiche al sistema sanzionatorio in materia di
tasse automobilistiche), diversamente  dal  rilievo  che  a  siffatta
disposizione mostra di dare il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    15.2.- Il processo verbale di constatazione previsto dal comma  1
di tale disposizione, da notificare al  proprietario  del  mezzo  non
oltre novanta giorni dall'accertamento, pena l'estinzione del  dovuto
per la  violazione  riscontrata,  da'  infatti  luogo  ad  un  modulo
procedimentale che, nell'interpretazione della  Corte  di  cassazione
civile (sentenza n. 13147 del 2014, la quale riprende un orientamento
tracciato  con  la  sentenza  n.  1649  del  1998),   per   il   vero
correttamente citata dalla stessa difesa del  ricorrente,  aveva  una
ragion d'essere  nell'originaria  configurazione  del  tributo  quale
tassa sulla circolazione. 
    Mutato il presupposto di imposta, ora legato solo alla proprieta'
(o ad un titolo considerato equipollente  a  tali  fini)  del  mezzo,
l'accertamento della violazione (non piu' inerente la circolazione su
strada del mezzo) appare  oggi  esclusivamente  demandato  al  flusso
informativo, disciplinato dall'art. 5  del  d.l.  n.  953  del  1982,
legato alle emergenze del PRA. 
    15.3.- Ne', ancora,  assume  rilievo  al  fine  l'ingiunzione  di
pagamento (comma 7, sempre del citato art. 2 della legge  n.  29  del
1978) che  l'amministrazione,  sul  presupposto  della  notifica  del
verbale di constatazione (previsto  dal  comma  1)  e  del  protratto
inadempimento  del  contribuente,  avrebbe  dovuto  emettere  per  la
riscossione del tributo evaso (comma 6). 
    L'ingiunzione concretava, in quel modulo, l'inizio della fase  di
esecuzione, secondo modalita' di azione definitivamente superate  dal
riferimento alla riscossione a mezzo ruolo a far data  dalla  vigenza
dell'art. 67, comma 1, del d.P.R. n. 43 del 1988: si rivela,  dunque,
oggi ininfluente perche' nulla dice in ordine  alle  iniziative  che,
venuto meno l'accertamento (su strada) originariamente previsto,  una
volta  completata  la  fase  interna  di   verifica   amministrativa,
dovrebbero precedere l'iscrizione a ruolo. 
    15.4.- Non va trascurato, infine,  che  la  disciplina  regionale
censurata  attiene  alle  funzioni  di  accertamento  e   riscossione
dell'imposizione relative alla tassa automobilistica demandate  dallo
Stato alle Regioni ordinarie con la gia' richiamata legge n. 449  del
1997. Con riguardo alla Regione Siciliana, va  poi  ribadito  che  la
riscossione risulta ascritta ai profili di sua  esclusiva  pertinenza
(ex art. 8 delle norme di attuazione del 1965), mentre l'attivita' di
accertamento del tributo  in  questione,  prima  svolta  dall'Agenzia
delle entrate, risulta oggi definitivamente avocata  alle  competenze
della Regione Siciliana, in forza  di  quanto  previsto  dall'art.  3
della legge reg. Siciliana n. 16 del 2015. 
    In  questa  cornice  di  riferimento,  la  previsione   regionale
relativa al procedimento impositivo deve ritenersi  coerente  con  lo
spazio riconosciuto alla Regione Siciliana  relativamente  all'azione
amministrativa che porta alla attuazione della pretesa tributaria  in
oggetto. E cio' a maggior ragione alla luce delle  considerazioni  di
principio gia' svolte nel rimarcare la stretta analogia che corre tra
la disciplina oggetto di scrutinio ed altre fattispecie di attuazione
dell'imposizione fiscale previste  dal  sistema  nazionale,  rispetto
alle  quali,  come  nel  caso  in  esame,   la   partecipazione   del
contribuente alla fase di  formazione  della  pretesa  impositiva  si
rivela non determinante sul corretto incedere della  relativa  azione
amministrativa. 
    Non a caso, del resto, siffatto modulo risulta gia'  adottato  da
altre Regioni, anche a statuto ordinario, con riferimento al  tributo
in esame. Rilevano, in via esemplificativa, in tal senso  l'art.  61,
comma 2-bis, della legge della Regione autonoma Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste 15 aprile 2008, n. 9 (Assestamento del bilancio di previsione
per l'anno finanziario 2008, modifiche  a  disposizioni  legislative,
variazioni al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2008 e  a
quello pluriennale per il triennio 2008-2010);  gli  artt.  85  e  86
della legge della Regione Lazio 13 agosto 2011, n.  12  (Disposizioni
collegate alla legge di assestamento del bilancio 2011-2013);  l'art.
4 della legge della Regione Emilia-Romagna 7  dicembre  2011,  n.  17
(Norme in materia di tributi regionali).  Disposizioni,  queste,  mai
impugnate da parte dello Stato. 
    Di qui l'infondatezza della censura  prospettata  in  riferimento
agli artt. 17 e 36 dello statuto regionale siciliano. 
    16.- Infine, sono  inammissibili,  perche'  generiche  in  quanto
prive di alcun sostegno argomentativo, le  due  censure  estranee  ai
parametri  competenziali,  riferite  ad  entrambe   le   disposizioni
impugnate. 
    16.1.- Secondo quanto costantemente affermato da questa Corte, il
ricorso in  via  principale  deve  contenere  «una  seppur  sintetica
argomentazione di merito a sostegno della richiesta  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale della  legge.  In  particolare,  l'atto
introduttivo al giudizio non  puo'  limitarsi  a  indicare  le  norme
costituzionali e  ordinarie,  la  definizione  del  cui  rapporto  di
compatibilita'  o  incompatibilita'   costituisce   l'oggetto   della
questione di costituzionalita', ma deve  contenere  [...]  anche  una
argomentazione di  merito,  sia  pure  sintetica,  a  sostegno  della
richiesta   declaratoria   di    incostituzionalita',    posto    che
l'impugnativa  deve  fondarsi  su  una  motivazione  adeguata  e  non
meramente assertiva» (ex plurimis,  sentenza  n.  107  del  2017  che
richiama anche le sentenze n. 251, n. 153, n. 142, n. 82 e n. 13  del
2015). 
    16.2.-  Cio'  premesso,  in  relazione  alla  censura  mossa   in
riferimento all'art. 3 Cost., e' meramente  assertiva  l'affermazione
in forza alla quale la disciplina  censurata  darebbe  luogo  ad  una
discriminazione in danno dei contribuenti siciliani,  non  altrimenti
argomentata. Cio' ancor piu' considerando l'autonomia legislativa  in
materia impositiva nel caso di specie esercitata dalla resistente  in
forza di quanto previsto dallo statuto speciale. 
    16.3.- Parimenti e' a dirsi in ordine  alla  ritenuta  violazione
dell'art. 97 Cost., addotta senza motivare le ragioni in forza  delle
quali la mancanza della comunicazione  di  un  atto  prodromico  alla
iscrizione  a  ruolo  metterebbe  in  crisi  il  buon   funzionamento
dell'azione amministrativa. 
    Il tutto, del  resto,  senza  confrontarsi  con  le  peculiarita'
proprie del tributo in questione e senza argomentare in alcun modo in
ordine alle fattispecie impositive connotate da  contenuti  analoghi,
riscontrate nel sistema tributario nazionale e  regolate  in  termini
non  dissimili  dalla   disciplina   dettata   in   tema   di   tassa
automobilistica dalla Regione Siciliana. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi; 
    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale promosse dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 86 del
2017, in relazione alle disposizioni diverse dall'art. 34 della legge
della  Regione  Siciliana  11  agosto  2017,  n.   16   (Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2017.  Legge  di  stabilita'
regionale. Stralcio I); 
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 19,  comma  1,  della  legge  della  Regione
Siciliana 5 dicembre  2016,  n.  24  (Assestamento  del  bilancio  di
previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2016  e  per  il
triennio  2016-2018.  Variazioni  al  bilancio  di  previsione  della
Regione  per  l'esercizio  finanziario  2016  e   per   il   triennio
2016-2018),  promosse,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  97  della
Costituzione, dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  il
ricorso indicato in epigrafe iscritto al n. 13 del  registro  ricorsi
2017; 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 34 della legge della reg.  Siciliana  n.  16
del 2017, promosse, in riferimento agli  artt.  3  e  97  Cost.,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe iscritto al n. 86 del registro ricorsi 2017; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma 1, della legge reg.  Siciliana  n.
24 del 2016, promosse, in riferimento agli artt. 17 e  36  del  regio
decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana), convertito in legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n. 2 e in relazione all'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), e terzo comma, Cost., dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe iscritto al n.  13  del
registro ricorsi 2017; 
    4)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 34 della legge  reg.  Siciliana  n.  16  del
2017, promossa, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
e), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il  ricorso
indicato in epigrafe iscritto al n. 86 del registro ricorsi 2017. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA