N. 189 SENTENZA 25 settembre - 19 ottobre 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento  civile   -   Non   reclamabilita'   dell'ordinanza   di
  sospensione  dell'efficacia   esecutiva   di   talune   ingiunzioni
  amministrative. 
- Decreto  legislativo  1°  settembre  2011,  n.  150   (Disposizioni
  complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione
  e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,  ai  sensi
  dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), art. 5,  comma
  1, come richiamato dagli artt. 6, comma 7, e 32, comma 3. 
-   
(GU n.42 del 24-10-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma  1,
come richiamato dagli artt. 6, comma 7, e 32, comma  3,  del  decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari  al
codice di procedura civile in materia di riduzione e  semplificazione
dei procedimenti civili di  cognizione,  ai  sensi  dell'articolo  54
della legge 18 giugno 2009, n. 69), promossi dal Tribunale  ordinario
di Napoli, con ordinanze del 6 e 7 febbraio  2017  e  del  26  maggio
2017, iscritte rispettivamente ai nn.  95,  96  e  145  del  registro
ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 28 e 43, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visti gli atti di costituzione della CGS spa - Compagnia Generale
per lo Spazio, della  Antares  scrl,  della  Regione  Campania  e  di
Vittorio Sodano, nonche' gli atti di intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito nella udienza pubblica del 25  settembre  2018  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Andrea Abbamonte per la CGS  spa  -  Compagnia
Generale per lo Spazio e per la Antares scrl, Erik Furno per Vittorio
Sodano, Elena Lauritano per la Regione Campania, e  l'avvocato  dello
Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con due ordinanze di pressoche' identico contenuto  (r.o.  n.
95 e n. 96 del  2017),  il  Tribunale  ordinario  di  Napoli,  decima
sezione  civile,  in  composizione  collegiale  -  investito  di  due
distinti reclami  proposti,  ai  sensi  dell'art.  669-terdecies  del
codice  di  procedura  civile,  avverso  altrettante  ordinanze  (del
giudice monocratico), con le quali era stata  negata  la  sospensione
dell'efficacia esecutiva di due analoghe  ingiunzioni,  emesse  dalla
Regione Campania in applicazione dell'art. 2  del  regio  decreto  14
aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle  disposizioni
di legge relative alla riscossione delle entrate  patrimoniali  dello
Stato), per ottenere la restituzione di importi relativi a contributi
precedentemente erogati ma poi revocati alle societa' intimate  -  ha
dichiarato «rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
legittimita'  dell'art.  5,  comma  1,  del  decreto  legislativo  1°
settembre 2011, n.  150  [Disposizioni  complementari  al  codice  di
procedura civile  in  materia  di  riduzione  e  semplificazione  dei
procedimenti civili di cognizione, ai sensi  dell'articolo  54  della
legge 18 giugno 2009, n. 69], come richiamato dal successivo art. 32,
nella parte in cui non consente la proposizione del reclamo  ex  art.
669-terdecies c.p.c. avverso l'ordinanza che decide sulla sospensione
dell'efficacia  esecutiva  dell'ingiunzione  amministrativa  prevista
dall'art. 2 del regio decreto n. 639 del 1910, per contrasto con  gli
articoli 3 e 76 della Costituzione». 
    Ritiene il Tribunale a quo che - avendo  l'ordinanza  che  decide
sull'istanza   di   sospensione    dell'efficacia    esecutiva    del
provvedimento  impugnato  natura   e   struttura   cautelare   -   la
disposizione censurata, con l'escluderne  l'impugnabilita',  violi  i
principi e criteri della delega «per la riduzione  e  semplificazione
dei procedimenti civili», di cui all'art. 54, comma 4, della legge 18
giugno 2009, n.  69  (Disposizioni  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile), atteso che detta legge nulla prevedeva in tema di disciplina
cautelare  e  non  giustificava  l'introduzione  di  una   disciplina
particolare per i provvedimenti cautelari previsti dalla legislazione
speciale oggetto del riordino da essa disposto,  con  la  conseguenza
che il legislatore delegato non poteva introdurre  alcuna  previsione
di non impugnabilita' in precedenza non prevista. 
    La  denunciata  normativa  delegata  darebbe,  altresi',   luogo,
secondo il rimettente, ad una irragionevole disparita' di trattamento
tra  i  provvedimenti  cautelari  che   la   stessa   dichiara   "non
impugnabili" e gli altri provvedimenti cautelari, per i  quali  vale,
invece, la  clausola  generale  di  reclamabilita'  di  cui  all'art.
669-terdecies  cod.  proc.  civ.,   estesa,   dal   successivo   art.
669-quaterdecies, anche ai provvedimenti cautelari previsti da  leggi
speciali. 
    Ne deriverebbe «"un'incoerenza  interna"  alla  disciplina  della
tutela cautelare», non  diversa  da  quella  che  questa  Corte,  con
sentenza n. 144 del 2008, ha gia' ritenuto sufficiente per dichiarare
costituzionalmente illegittimi gli artt. 669-quaterdecies e 695  cod.
proc. civ., nella parte in cui non prevedevano la reclamabilita'  del
provvedimento di rigetto dell'istanza per l'assunzione preventiva dei
mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 dello stesso codice.  Tale
incoerenza sarebbe avvalorata dalla considerazione che, rispetto agli
altri titoli esecutivi di natura stragiudiziale, l'ordinanza che,  in
sede di opposizione pre-esecutiva (opposizione  a  precetto),  decide
sulla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, oggi  prevista
dall'art. 615, primo comma, cod. proc. civ., e' reclamabile ai  sensi
dell'art. 624, secondo comma, cod. proc. civ.; e del pari impugnabili
sono i provvedimenti cautelari adottati dal giudice amministrativo ex
art. 62 del codice del processo amministrativo, approvato dall'art. 1
del  decreto  legislativo  2  luglio   2010,   n.   104   (Attuazione
dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al
governo per il riordino del processo amministrativo). 
    1.2.- In entrambi i giudizi incidentali  si  sono  costituite  le
parti private delle rispettive controversie a  quibus,  per  chiedere
l'accoglimento   della   sollevata    questione    di    legittimita'
costituzionale. Si e' costituita, altresi', la Regione Campania, che,
con  successive  memorie,  ne  ha  eccepito  l'inammissibilita'   per
inadeguatezza della motivazione e, nel merito, la non fondatezza,  in
riferimento sia all'art. 76 che all'art. 3 Cost. 
    1.3.- E'  anche  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato. 
    L'interveniente ha preliminarmente  eccepito  «l'inammissibilita'
della questione sotto il profilo della  mancanza  di  motivazione  in
ordine  alla  rilevanza  [...],   avuto   specifico   riguardo   alla
giurisdizione del giudice adito», posto che  la  contestazione  della
sussistenza dei presupposti per la revoca del  contributo,  da  parte
degli  opponenti,  avrebbe  radicato  la  giurisdizione  del  giudice
amministrativo. 
    Nel  merito,  l'Avvocatura  generale  ha  escluso  la  violazione
dell'art. 76 Cost., ritenendo la normativa denunciata coerente con  i
criteri direttivi della delega; ed ha reputato del pari  non  violato
l'art. 3 Cost.,  alla  luce  della  giurisprudenza  di  questa  Corte
sull'ampia discrezionalita'  di  cui  fruisce  il  legislatore  nella
conformazione degli istituti processuali. 
    2.- Adito con altro reclamo, avverso ordinanza di  diniego  della
sospensione dell'efficacia esecutiva di ingiunzione di pagamento,  in
questo caso, di una sanzione pecuniaria irrogata  dall'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli, ai sensi dell'art. 22 della legge 24  novembre
1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),  la  stessa  sezione  del
Tribunale  ordinario  di  Napoli,  in  composizione  collegiale,  con
successiva ordinanza (r.o. n. 145 del 2017), premessane la rilevanza,
ha sollevato, con  analoghe  motivazioni,  questione  incidentale  di
legittimita' costituzionale del predetto art. 5, comma 1, del decreto
legislativo n. 150 del 2011, come richiamato dal successivo  art.  6,
comma 7 (concernente, appunto, le controversie ex art. 22 della legge
n. 689 del 1981), «nella parte in cui non  consente  la  proposizione
del reclamo ex art.  669-terdecies  c.p.c.  avverso  l'ordinanza  che
decide      la       sospensione       dell'efficacia       esecutiva
dell'ordinanza-ingiunzione emessa ai sensi della legge n. 689/81, per
contrasto con gli articoli 76 e 3 della Costituzione». 
    2.1.- Anche in questo giudizio si e' costituito, e ha  depositato
successiva memoria, il reclamante nel processo a quo  per  sostenere,
ed  ulteriormente  argomentare,   la   fondatezza   della   questione
sollevata; mentre il Presidente del Consiglio dei ministri  -  a  sua
volta intervenuto per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato
- ha concluso per la sua non fondatezza. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- L'art. 5, comma 1, del decreto legislativo 1° settembre 2011,
n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura  civile  in
materia di riduzione e semplificazione  dei  procedimenti  civili  di
cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009,  n.
69), testualmente dispone che, nei casi  in  cui  il  decreto  stesso
prevede la sospensione  dell'efficacia  esecutiva  del  provvedimento
impugnato, il giudice, se richiestone e sentite le parti, vi provvede
«con  ordinanza  non   impugnabile»,   quando   ricorrono   gravi   e
circostanziate ragioni esplicitamente indicate nella motivazione. 
    Il successivo art. 6  dello  stesso  decreto  -  concernente,  in
particolare, il procedimento di opposizione ad  ordinanza-ingiunzione
ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema
penale) - al suo comma 7 stabilisce che «[l']efficacia esecutiva  del
provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo  quanto  previsto
dall'art. 5» e cioe', appunto, «con ordinanza non impugnabile». 
    Identicamente dispone il comma 3  dell'art.  32  del  decreto  in
esame, con riguardo  alle  controversie  in  materia  di  opposizione
all'ingiunzione per il pagamento  delle  entrate  patrimoniali  degli
enti pubblici di cui all'art. 3 del regio decreto 14 aprile 1910,  n.
639  (Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni  di  legge
relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato). 
    2.- Con due ordinanze di pressoche' identico contenuto  (r.o.  n.
95 e n. 96 del  2017),  il  Tribunale  ordinario  di  Napoli,  decima
sezione civile, in composizione collegiale, denuncia il suddetto art.
5, comma 1,  del  d.lgs.  n.  150  del  2011,  «come  richiamato  dal
successivo art. 32, nella parte in cui non consente  la  proposizione
del reclamo ex art.  669-terdecies  c.p.c.  avverso  l'ordinanza  che
decide sulla sospensione  dell'efficacia  esecutiva  dell'ingiunzione
amministrativa prevista dall'art. 2 del  regio  decreto  n.  639  del
1910, per contrasto con gli articoli 76 e 3 della Costituzione». 
    2.1.- Con altra ordinanza (r.o.  n.  145  del  2017),  la  stessa
sezione del Tribunale ordinario di Napoli censura il medesimo art. 5,
comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2011, «come richiamato dal  successivo
art. 6, nella parte in cui non consente la proposizione  del  reclamo
ex art. 669 terdecies c.p.c. avverso  l'ordinanza  che  decide  sulla
sospensione   dell'efficacia   esecutiva   dell'ordinanza-ingiunzione
emessa ai sensi della legge 689/81, per contrasto con gli articoli 76
e 3 della Costituzione». 
    3.-  Le  tre  riferite  ordinanze  -  che,  per  la   sostanziale
coincidenza del nucleo essenziale delle questioni sollevate,  possono
riunirsi per essere unitariamente decise - identicamente motivano  la
violazione dei parametri costituzionali evocati. 
    Quanto all'art. 76 Cost.,  sul  rilievo  che  -  con  l'escludere
l'impugnabilita' delle ordinanze, di innegabile natura cautelare, con
le quali il giudice decide  sulla  sospensione  dell'efficacia  delle
ingiunzioni amministrative di cui, rispettivamente,  all'art.  2  del
r.d. n. 639 del 1910 e all'art. 22 della legge n. 689 del 1981  -  il
legislatore  delegato  avrebbe  operato  fuori  dalla  copertura  dei
principi e criteri direttivi fissati dalla norma di  delega,  di  cui
all'art. 54, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni
per lo sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita'
nonche' in materia di processo civile), atteso che detti  principi  e
criteri  direttivi  non  riguardavano  il  rito   cautelare   e   non
giustificavano,   pertanto,   l'introduzione   di   una    disciplina
particolare e differenziata per i  provvedimenti  cautelari  previsti
dalla  legislazione  speciale  oggetto  del  riordino  disposto   dal
legislatore delegante. 
    E, quanto all'art.  3  Cost.,  in  ragione  della  disparita'  di
trattamento, che ne deriverebbe,  tra  provvedimenti  cautelari,  una
volta che per le sole ordinanze di  cui  all'art.  5,  comma  1,  del
d.lgs. n. 150 del 2011 risulta ora  escluso  il  reclamo  che  l'art.
669-terdecies del codice di procedura civile consente, invece, in via
generale, avverso le ordinanze cautelari previste dallo stesso codice
e che il successivo  art.  669-quaterdecies  estende  alle  ordinanze
cautelari previste da leggi speciali. E cio'  considerata  anche,  in
particolare, la consentita impugnabilita' dei provvedimenti cautelari
adottati dal giudice  amministrativo,  ex  art.  62  del  codice  del
processo  amministrativo,   approvato   dall'art.   1   del   decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo  amministrativo);  la  ritenuta  reclamabilita'
dell'ordinanza che decide sulla sospensione dell'efficacia  esecutiva
dell'opposizione a precetto (ex art. 624, secondo comma, in relazione
all'art. 615, primo comma, cod. proc. civ.); e la reclamabilita'  del
provvedimento di rigetto dell'istanza per l'assunzione preventiva  di
mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696  cod.  proc.  civ.,  quale
risultante   dalla   dichiarazione   di    parziale    illegittimita'
costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 stesso  codice,  di
cui alla sentenza di questa Corte n. 144 del 2008. 
    4.- Limitatamente alle prime due controversie a  quibus  -  nelle
quali i reclami sono stati proposti  avverso  ordinanze  di  denegata
sospensione dell'efficacia esecutiva di ingiunzioni di pagamento  per
importi relativi alla contestata revoca di contributi precedentemente
erogati  dalla  Regione   Campania   alle   societa'   ricorrenti   -
l'Avvocatura generale dello Stato eccepisce l'inammissibilita'  della
questione  sollevata  dai  collegi  rimettenti   per   «mancanza   di
motivazione  in   ordine   alla   rilevanza»   «con   riguardo   alla
giurisdizione del giudice [ordinario] adito». 
    Cio' alla luce del principio enunciato  dalla  Corte  regolatrice
della  giurisdizione,  per  cui  la  cognizione  dell'opposizione  ad
ingiunzioni emesse dall'Amministrazione ai sensi dell'art. 3 del r.d.
n. 639 del 1910 spetta al giudice amministrativo quando il ricorrente
non contesti la legittimita' stessa o denunci vizi  del  procedimento
di  ingiunzione,  bensi',  come  nella  specie,  la  sussistenza  dei
presupposti per la  revoca  del  contributo,  mettendo  con  cio'  in
discussione  il  momento  autoritario  del  rapporto   tra   pubblica
amministrazione  e  privato  (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite,
sentenza 18 febbraio 2008, n. 29529). 
    4.1.-  L'eccezione,  cosi'  formulata,  non  e'  suscettibile  di
accoglimento. 
    Il rimettente non e', infatti, il  giudice  della  opposizione  -
tenuto a verificare, anche di ufficio, la sussistenza  della  propria
giurisdizione, in ragione della natura  delle  contestazioni  rivolte
alla ingiunzione emessa ex art. 2 del r.d. n.  639  del  1910  -;  e'
invece, e soltanto, il giudice del  reclamo  avverso  l'ordinanza  di
denegata sospensione dell'efficacia del provvedimento opposto. Ed  il
fatto  che,  a  detti  limitati  fini,  il  rimettente   abbia,   non
implausibilmente, ritenuta implicita  la  giurisdizione  del  giudice
ordinario - non contestata dalla Regione intimante (neppure  in  sede
di reclamo), ne' altrimenti revocata in dubbio nella fase oppositoria
- esclude che, nella specie, sussista  un  difetto  di  giurisdizione
ravvisabile ictu oculi, che possa dar luogo, per  tal  profilo,  alla
«mancanza di motivazione in ordine alla  rilevanza»,  quale  eccepita
dall'Avvocatura generale dello Stato (sentenze n. 291 del 2011, n. 81
del 2010, n. 241 del 2008, n. 439 del 1991). 
    5.- Priva di giuridica consistenza e', a sua  volta,  l'eccezione
di inammissibilita' della questione formulata dalla Regione Campania,
parte intimante nei giudizi a quibus, poiche' esclusivamente  basata,
anche in memoria, su un solo asserito, e non  esplicato,  difetto  di
autosufficienza e di motivazione delle ordinanze di rimessione. 
    6.- Nel merito, la censura di violazione dell'art. 76 Cost. - che
viene preliminarmente in esame per il suo carattere pregiudiziale, in
quanto inerente al corretto esercizio della  funzione  legislativa  -
non e' fondata. 
    Con l'art. 54 della legge n. 69 del 2009,  il  Governo  e'  stato
delegato, infatti, ad adottare «uno o  piu'  decreti  legislativi  in
materia di riduzione e semplificazione  dei  procedimenti  civili  di
cognizione che rientrano nell'ambito della giurisdizione ordinaria  e
che sono  regolati  dalla  legislazione  speciale»,  realizzando  «il
necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti». 
    E se e' pur vero che, come deducono i  rimettenti,  la  norma  di
delega fa testuale riferimento ai "procedimenti di cognizione" e  non
anche ai "procedimenti cautelari", va considerato che  la  disciplina
di questi ultimi e' strumentale e coessenziale  alla  disciplina  dei
procedimenti di cognizione per cui, nel disporla, il  d.lgs.  n.  150
del 2011,  attuativo  della  delega,  ha  operato  nell'ambito  della
fisiologica attivita' di riempimento che lega i due livelli normativi
(ex multis, sentenze n. 229 del 2014, n. 98 del 2008  e  n.  163  del
2000). 
    Quanto alla scelta del legislatore delegato - di  prevedere  che,
sull'istanza di sospensione del provvedimento impugnato,  il  giudice
decida «con ordinanza non impugnabile» - questa non si  discosta  dai
criteri direttivi fissati dalla delega, in quanto  e'  in  linea  con
l'obiettivo, cui la stessa e' finalizzata, di  «semplificazione»  dei
procedimenti civili di cognizione regolati da legislazione speciale e
rientranti  nella   giurisdizione   ordinaria.   Obiettivo   che   il
legislatore delegato ha,  appunto,  perseguito  con  l'uniformare  il
regime della cautela, interna alla fase  di  cognizione,  al  modello
processuale che ne esclude l'impugnabilita'  autonoma  e  anticipata,
riservando al giudice della cognizione la decisione definitiva  sulla
cautela unitamente al merito, anche  a  fini  di  contenimento  della
durata dei procedimenti oggetto del delegato riordino. 
    Modello, quest'ultimo, gia' del resto  adottato  da  altre  norme
speciali: ad esempio, dall'art. 47, comma 4, del decreto  legislativo
31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30  dicembre  1991,  n.  413),  per   il   quale,   sull'istanza   di
«[s]ospensione  dell'atto  impugnato»,  la   Commissione   tributaria
competente provvede con ordinanza «non impugnabile»; e  dallo  stesso
art. 22 della legge n. 689 del 1981, richiamato, per quanto ancora in
vigore,  dall'art.  6  del  d.lgs.  n.  150  del  2011,  in  tema  di
opposizione a sanzioni amministrative, gia' pacificamente non attinto
dalla vis espansiva dell'art. 669-terdecies cod. proc.  civ.  E  cio'
nella  logica  del  successivo  art.  669-quaterdecies,  per  cui  il
«reclamo», in via generale ammesso avverso «l'ordinanza  con  cui  e'
stato concesso o negato il provvedimento cautelare», si applica anche
ai provvedimenti cautelari previsti da leggi speciali, ma (solo)  «in
quanto compatibili» con quelli cui si riferisce  il  "rito  cautelare
uniforme" previsto dagli artt. 669-bis e seguenti cod. proc. civ. 
    7.- La subordinata censura di violazione  dell'art.  3  Cost.  e'
pure essa non fondata. 
    Non sussiste,  infatti,  l'asserita  disparita'  di  trattamento,
stante l'eterogeneita', rispetto agli evocati tertia comparationis, e
la gia' sottolineata,  invece,  peculiarita'  delle  controversie  in
relazione alle quali il censurato comma 1 dell'art. 5 del  d.lgs.  n.
150 del 2011  dispone  la  non  impugnabilita'  delle  ordinanze  che
decidono sulla sospensione del provvedimento impugnato. 
    Cosi'  e',  per  quanto  qui  rileva,  nel  caso,  appunto,   dei
procedimenti  di  opposizione  a  sanzione  amministrativa,  di   cui
all'art. 6, comma 7, del predetto d.lgs. n. 150 del  2011,  connotati
dalle caratteristiche della celerita',  della  mera  eventualita'  di
un'istruzione in senso stretto - siccome essenzialmente documentale -
e dalla particolarita' del relativo oggetto,  che  si  risolve  nella
contestazione della legittimita' della  pretesa  sanzionatoria  della
pubblica amministrazione. 
    Cosi' e' anche nel caso dei procedimenti previsti  dall'art.  32,
comma  3,  dello  stesso  d.lgs.,  aventi  ad  oggetto   un   credito
dell'Amministrazione fatto valere  tramite  l'ingiunzione  emessa  ai
sensi dell'art.  2  del  r.d.  n.  639  del  1910,  che,  pur  quando
riconducibile nell'ambito di rapporti obbligatori di diritto privato,
costituisce manifestazione, comunque, del potere di auto-accertamento
ed autotutela della PA che, da un lato, e' idoneo a dar  vita  ad  un
giudizio sulla legittimita' della pretesa e,  dall'altro,  cumula  le
funzioni del titolo esecutivo e del precetto. 
    Procedimenti, dunque, quelli qui in questione,  in  relazione  ai
quali non e' irragionevole la scelta  del  legislatore  delegato  del
2011 di sottrarli alla regola di reclamabilita' dei provvedimenti  di
concessa o denegata sospensione di cui  all'art.  669-terdecies  cod.
proc.  civ.,  per  accentuarne  la  celerita'  ai  fini  della   loro
definizione nel merito e per concentrare l'esame di tutti i correlati
profili di opposizione in capo ad  un  unico  giudice,  fatta  salva,
ovviamente, l'assoggettabilita' delle decisioni di primo  grado  agli
ordinari rimedi impugnatori. 
    Cio'  anche  in  considerazione  della  natura   solo   latamente
cautelare delle ordinanze  che  decidono  sulla  sospensione  o  meno
dell'efficacia   esecutiva   dei   provvedimenti   impugnati    nelle
controversie oggetto del riordino in  questione.  Ordinanze  peraltro
strutturalmente  analoghe  a  quelle  interne  al   procedimento   di
opposizione a decreto ingiuntivo, nell'ambito del quale del pari  non
impugnabili sono sia l'ordinanza del giudice  della  opposizione  che
decide sull'istanza di concessione della provvisoria  esecuzione  del
decreto (art. 648 cod. proc. civ.), sia  l'ordinanza  che  decide  (a
contrario) sulla richiesta di sospensione dell'esecuzione provvisoria
gia' concessa inaudita altera parte (art. 649 cod. proc. civ.). 
    Questa Corte ha, del resto, con ordinanza n. 111 del  2007,  gia'
affermato che «non e' irragionevole  la  scelta  del  legislatore  di
consentire a un creditore,  attesa  la  sua  natura  pubblicistica  e
l'affidabilita'   derivante   dal   procedimento   che   ne   governa
l'attivita', di  formare  unilateralmente  un  titolo  esecutivo,  e,
dall'altro lato, [che] e' rispettosa del  diritto  di  difesa  e  dei
principi del giusto processo la  possibilita',  concessa  al  preteso
debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato,  un
giudizio ordinario di cognizione nel quale far  efficacemente  valere
le proprie ragioni». E, con la successiva sentenza n. 306  del  2007,
nell'escludere la fondatezza di  plurime  questioni  di  legittimita'
costituzionale del sopra richiamato art. 648 cod. proc. civ., ha, tra
l'altro, puntualizzato come «la comune natura latamente cautelare dei
provvedimenti posti a  confronto  dall'ordinanza  di  rimessione  non
impon[ga] affatto  [...]  una  comune  disciplina  quanto  ai  rimedi
utilizzabili contro ciascuno di essi». 
    Ne' vale richiamare in contrario la successiva  sentenza  n.  144
del  2008,  dichiarativa  della  illegittimita'  costituzionale   del
disposto degli artt. 669-quaterdecies e 695 cod.  proc.  civ.,  nella
parte in cui non prevedevano la reclamabilita' del  provvedimento  di
rigetto dell'istanza di assunzione preventiva dei mezzi di  prova  di
cui agli artt. 692 e 696 dello stesso codice. 
    In quel  caso  e'  venuta,  infatti,  in  rilievo  «un'incoerenza
interna alla disciplina della tutela cautelare», con  la  conseguente
irreparabilita' del pregiudizio  che  da  una  decisione  di  rigetto
poteva  derivare  al  diritto  alla  prova  del  ricorrente,   e   il
conseguente vulnus al suo diritto di agire e difendersi in giudizio. 
    Un tale pregiudizio non  ricorre,  invece,  nei  casi  in  esame,
attinenti per lo piu' al pagamento di somme di  denaro,  che  possono
comunque essere ripetute all'esito del giudizio cognitorio. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1, come  richiamato  dall'art.  32,
comma  3,  del  decreto  legislativo  1°  settembre  2011,   n.   150
(Disposizioni complementari al codice di procedura civile in  materia
di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,
ai sensi dell'articolo  54  della  legge  18  giugno  2009,  n.  69),
sollevate, in riferimento agli artt. 76 e 3 della  Costituzione,  dal
Tribunale ordinario di Napoli, in  composizione  collegiale,  con  le
ordinanze iscritte al n. 95 e al n. 96  del  registro  ordinanze  del
2017; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1,  come  richiamato  dall'art.  6,
comma 7, del d.lgs. n. 150 del 2011, sollevate, in  riferimento  agli
artt.  76  e  3  Cost.,  dal  Tribunale  ordinario  di   Napoli,   in
composizione collegiale, con  l'ordinanza  iscritta  al  n.  145  del
registro ordinanze del 2017. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA