N. 71 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 ottobre 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 9 ottobre  2018  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Appalti pubblici - Norme della Regione Umbria - Disciplina  regionale
  dei lavori pubblici - Lavori di competenza regionale in  regime  di
  delega amministrativa - Previsione che  la  Regione  provvede  alla
  progettazione, approvazione  e  realizzazione  di  opere  e  lavori
  pubblici  di  propria  competenza,   anche   mediante   delegazione
  amministrativa a Consorzi di bonifica, ad  Agenzie  regionali  e  a
  enti locali anche in  forma  associata,  individuati  dalla  Giunta
  regionale. 
- Legge della Regione Umbria 2 agosto 2018, n.  6  (Assestamento  del
  bilancio di  previsione  2018-2020  e  provvedimenti  collegati  in
  materia di entrata e di spesa - Modificazioni  ed  integrazioni  di
  leggi regionali), art. 22, comma 1. 
(GU n.47 del 28-11-2018 )
    Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura generale dello stato codice fiscale 80224030587,  fax
06/96514000 presso i cui uffici ex lege domicilia in  Roma,  via  dei
Portoghesi  n.  12,  manifestando  la   volonta'   di   ricevere   le
comunicazioni all'indirizzo pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
    Nei confronti della Regione Umbria,  in  persona  del  presidente
della  giunta  regionale  pro  tempore  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale dell'art.  22,  comma  1,  della  legge
regionale Umbria n. 6 del 2 agosto 2018,  recante  «Assestamento  del
bilancio di previsione 2018-2020 e provvedimenti collegati in materia
di entrata e di  spesa  -  Modificazioni  ed  integrazioni  di  leggi
regionali.», pubblicata nel Bollettino ufficiale della regione n.  38
del 3 agosto 2018 - supplemento straordinario,  giusta  delibera  del
Consiglio dei ministri in data 27 settembre 2017. 
    1.  La  legge  regionale  dell'Umbria  n.  6/2018,  indicata   in
epigrafe, composta da 23 articoli, come esplicita lo  stesso  titolo,
contiene  le  disposizioni  per  l'assestamento   del   bilancio   di
previsione 2018-2020  e  i  provvedimenti  collegati  in  materia  di
entrata e di spesa, nonche' le  modifiche  alla  legge  regionale  21
gennaio 2010, n. 3,  recante  la  «Disciplina  regionale  dei  lavori
pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i  lavori
pubblici». 
    E' avviso del Governo che, con la norma denunciata  in  epigrafe,
la Regione Umbria abbia ecceduto dalla propria  competenza,  come  si
confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti; 
 
                               Motivi 
 
1. L'art. 22, comma 1, della legge regione  Umbria  n.  6/2018  viola
l'art. 117, comma  2,  lettera  e)  della  Costituzione  e  le  norme
interposte di cui agli articoli 37 e 38 del  decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50 e successive modificazioni. 
    La norma contenuta all'art. 22,  comma  1,  della  legge  regione
Umbria n. 6/2018 citata dispone  che  «Dopo  l'art.  31  della  legge
regionale 21 gennaio 2010, n.  3  (Disciplina  regionale  dei  lavori
pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i  lavori
pubblici),  e'  inserito  il  seguente:  «Art.  31-bis   (Lavori   di
competenza regionale in regime di delega  amministrativa).  -  1.  La
regione provvede alla progettazione, approvazione e realizzazione  di
opere  e  lavori  pubblici  di  propria  competenza  anche   mediante
delegazione amministrativa a consorzi di bonifica, nell'ambito  delle
funzioni di cui alla legge regionale 23 dicembre 2004, n.  30  (Norme
in materia di bonifica), ad agenzie regionali e ad enti locali  anche
in forma associata, individuati dalla giunta regionale. 
    2. A tal fine la regione, in sede di trasferimento delle  risorse
ai soggetti  individuati  al  comma  1,  riconosce  oneri  per  spese
generali nella misura forfettaria del dieci  per  cento  dell'importo
della spesa complessiva, i quali compensano ogni  onere,  dalla  fase
progettuale al collaudo. La percentuale applicabile e' fissata  nella
misura forfettaria del dodici per cento nel caso in cui le  attivita'
di cui al comma 1 necessitano di spese specialistiche. 
    3. Le spese generali e specialistiche, di cui al  comma  2,  sono
definite con apposito atto della giunta regionale.». 
    Come risulta anche dalla relazione  illustrativa  al  Codice  dei
contratti pubblici, il decreto legislativo n. 50/2016 citato,  l'art.
37, rubricato «Aggregazioni e centralizzazione delle committenze», in
combinato con l'art. 38,  rubricato  «Qualificazione  delle  stazioni
appaltanti e centrali di committenza»,  del  decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50, contenente il «Codice  dei  contratti  pubblici»,
come modificato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56,  attua
i criteri di delega di cui all'art. 1, comma 1,  lettera  bb)  -  che
individua gli obiettivi di razionalizzazione delle procedure di spesa
attraverso criteri di qualita',  efficienza  -  professionalizzazione
delle  stazioni  appaltanti,  prevedendo  la  riorganizzazione  delle
funzioni delle stazioni appaltanti, con particolare riferimento  alle
fasi di programmazione e  controllo,  nonche'  l'introduzione  di  un
apposito sistema, gestito dall'ANAC, di qualificazione delle medesime
stazioni  appaltanti,  teso   a   valutarne   l'effettiva   capacita'
tecnico-organizzativa sulla base di parametri obiettivi -  e  lettera
dd), che articola ulteriormente i criteri sul contenimento dei  tempi
e piena  verificabilita'  dei  flussi  finanziari,  anche  attraverso
adeguate forme di centralizzazione delle committenze e  di  riduzione
del numero delle  stazioni  appaltanti,  effettuate  sulla  base  del
sistema di qualificazione di cui alla lettera bb) -  della  legge  28
gennaio  2016,  n.  11,  contenente  le  «Deleghe  al   Governo   per
l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE  del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,   del   26   febbraio   2014,
sull'aggiudicazione  dei  contratti  di  concessione,  sugli  appalti
pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori
dell'acqua,  dell'energia,  dei  trasporti  e  dei  servizi  postali,
nonche' per il  riordino  della  disciplina  vigente  in  materia  di
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture del 2016.». 
    Come osservato in dottrina  in  sede  di  commento  dei  predetti
articoli 37 e 38, il legislatore torna  con  forza  sul  concetto  di
aggregazione e centralizzazione  delle  committenze,  intessendo  una
relazione  a  doppio  filo  con  l'altro  fondamentale  concetto   di
qualificazione delle stazioni appaltanti. 
    Il  tema  della   qualificazione   delle   stazioni   appaltanti,
nell'ottica del legislatore delegante, e', quindi,  collegato  a  una
riforma complessiva del sistema. 
    Si   ritiene,   pertanto,   che   le   disposizioni   concernenti
l'aggregazione e centralizzazione delle committenze di  cui  all'art.
37 del codice dei contratti citato, nonche' le  norme  relative  alla
qualificazione delle stazioni  appaltanti  di  cui  all'art.  38  del
medesimo codice citato, la cui attuazione e'  demandata  all'emanando
decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  (comma  2),  si
configura quale sistema normativo omogeneo volto  a  dare  attuazione
alla riforma  voluta  dal  legislatore  delegante,  finalizzata  alla
razionalizzazione delle procedure  di  spesa  attraverso  criteri  di
qualita',   efficienza   e   professionalizzazione   delle   stazioni
appaltanti,  finalita'  il   cui   raggiungimento   e'   condizionato
dall'applicazione  del  suddetto  sistema  su  tutto  il   territorio
nazionale. 
    Tanto premesso, appare utile, altresi', ricordare le  indicazioni
e  principi  fissati,  con  giurisprudenza  costante,   dalla   Corte
costituzionale,  principi  che,  ancorche'  contenuti   in   pronunce
intervenute in relazione al previgente codice (decreto legislativo n.
163 del 2006 citato), attesa la loro valenza di  carattere  generale,
possono senz'altro essere riferibili anche alle previsioni  contenute
nel  decreto  legislativo  n.  50  del  2016  citato   e   successive
modificazioni. 
    In particolare, nella sentenza n.  411  del  2008  (punto  3  del
Considerato in diritto), la Corte  costituzionale  ha  affermato  che
«...  La  disciplina  degli  appalti  pubblici,   intesa   in   senso
complessivo,  include  diversi  "ambiti  di  legislazione"  che   "si
qualificano a seconda dell'oggetto al quale  afferiscono":  in  essa,
pertanto, si profila  una  interferenza  fra  materie  di  competenza
statale e materie di competenza regionale ... ma con  la  "prevalenza
della disciplina statale su ogni altra fonte normativa" (sentenza  n.
401/2007) in relazione agli  oggetti  riconducibili  alla  competenza
esclusiva  statale,  esercitata  con  le  norme  recate  dal  decreto
legislativo n. 163 del 2006» (attualmente dal decreto legislativo  n.
50/2016). 
    Inoltre, la Corte ha precisato che «la disciplina delle procedure
di gara, e, in particolare, la regolamentazione della  qualificazione
e selezione dei concorrenti, delle procedure  di  affidamento  e  dei
criteri di aggiudicazione, ivi compresi quelli che devono  presiedere
all'attivita' di progettazione, mirano a garantire che le medesime si
svolgano nel rispetto delle  regole  concorrenziali  e  dei  principi
comunitari  della  libera  circolazione  delle  merci,  della  libera
prestazione dei servizi, della liberta' di stabilimento, nonche'  dei
principi costituzionali  di  trasparenza  e  parita'  di  trattamento
(sentenze n. 431 e  n.  401  del  2007).  Esse,  in  quanto  volte  a
consentire la piena apertura del mercato nel settore  degli  appalti,
sono riconducibili all'ambito  della  tutela  della  concorrenza,  di
esclusiva competenza del legislatore statale  (sentenze  n.  401  del
2007, n. 345 del 2004), che ha titolo pertanto a porre in essere  una
disciplina  integrale  e  dettagliata  delle   richiamate   procedure
(adottata con il citato decreto legislativo  n.  163  del  2006),  la
quale, avendo ad oggetto il mercato di  riferimento  delle  attivita'
economiche, puo' influire anche su materie attribuite alla competenza
legislativa delle regioni (sentenza n. 430 del 2007).». 
    Considerazioni pressoche' identiche, sono state espresse anche in
sentenze successive (ex plurimis, n. 259 del 2013; n. 28 del 2013; n.
339 del 2011; n. 186 del 2010; n. 283 del 2009). 
    Nella sentenza n. 28/2013 (punto 3 del Considerato  in  diritto),
ha affermato che «Questa Corte ha ripetutamente chiarito - ex multis,
sentenze n. 411 del 2008  e  n.  401  del  2007  -  che  la  fase  di
aggiudicazione degli appalti attiene alla "tutela della  concorrenza"
e,  pertanto,  spetta  al  legislatore  statale,  in  via  esclusiva,
disciplinare tanto le procedure di affidamento, quanto i  criteri  di
valutazione  dell'offerta,  confermando  in   questo   senso   quanto
espressamente stabilito dall'art. 4, comma 3, del decreto legislativo
n. 163 del 2006, ove si afferma che le regioni «non possono prevedere
una disciplina diversa da quella del  presente  codice  in  relazione
[tra l'altro] ai criteri di aggiudicazione». 
    La necessita' di assicurare «l'adozione di uniformi procedure  di
evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in
particolare, il rispetto dei principi di parita' di  trattamento,  di
non discriminazione, di proporzionalita' e di trasparenza»  (sentenza
n. 401 del 2007) esige che la disciplina delle procedure di gara,  la
regolamentazione  della  qualificazione   e   della   selezione   dei
concorrenti,  le  procedure   di   affidamento   e   i   criteri   di
aggiudicazione siano disciplinati dal legislatore  statale,  essendo.
riconducibili alla tutela della concorrenza (ex  multis  sentenze  n.
186 del 2010 e 283 del 2009). 
    Successivamente, con la sentenza n. 259 del  2013  (punto  3  del
Considerato  in  diritto),  ha  affermato  che  «questa  Corte,   con
giurisprudenza costante, ha chiarito che  l'intera  disciplina  delle
procedure ad evidenza pubblica e'  riconducibile  alla  tutela  della
concorrenza,  con   la   conseguente   titolarita'   della   potesta'
legislativa, in via esclusiva, in capo allo Stato. In particolare, la
disciplina  delle  procedure  di  gara,  la  regolamentazione   della
qualificazione  e  selezione  dei  concorrenti,  delle  procedure  di
affidamento e dei criteri di aggiudicazione mirano a garantire che le
medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali  e  dei
principi comunitari della  libera  circolazione  delle  merci,  della
libera prestazione  dei  servizi,  della  liberta'  di  stabilimento,
nonche' dei principi costituzionali di  trasparenza,  di  parita'  di
trattamento, di non discriminazione (ex plurimis: sentenze n. 28  del
2013; n. 339 del 2011; n. 186 del 2010; n. 283 del 2009 e n. 401  del
2007). 
    La disciplina della materia dei contratti pubblici, quindi,  come
ormai costantemente affermato  dalla  giurisprudenza  costituzionale,
spetta alla competenza esclusiva dallo  Stato  perche'  riconducibile
all'ambito della legislazione della  tutela  della  concorrenza  (per
tutte quelle attivita' che concernono la disciplina  delle  procedure
di gara). 
    L'art.  22,  comma  1,  citato,  che  inserisce   l'art.   31-bis
all'interno della legge regionale  21  gennaio  2010,  n.  3,  citata
viola, pertanto, la sfera di  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di «tutela della concorrenza» di cui all'art. 117,  comma  2,
lettera  e),  della  Costituzione,  per  contrasto  con  i  parametri
interposti di cui agli articoli 37 e 38, del decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50 e successive modificazioni. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si conclude perche' l'art. 22,  comma  1  della  legge  regionale
Umbria n. 6 del 2 agosto 2018, recante «Assestamento del bilancio  di
previsione 2018-2020 e provvedimenti collegati in materia di  entrata
e di spesa - Modificazioni  ed  integrazioni  di  leggi  regionali.»,
indicato in epigrafe, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo. 
    Si produce l'attestazione della deliberazione del  Consiglio  dei
ministri del 27 settembre 2018. 
 
      Roma, 2 ottobre 2018 
 
           Il vice avvocato generale dello Stato: Palmieri 
 
 
                e per L'avvocato dello Stato: Morici