N. 232 SENTENZA 7 novembre - 7 dicembre 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Assistenza  e  solidarieta'  sociale   -   Disciplina   del   congedo
  straordinario  retribuito  concesso  al  figlio  per  assistenza  a
  genitore  con  grave  disabilita'  accertata  ‒   Requisito   della
  preesistente convivenza con il disabile. 
- Decreto legislativo 26  marzo  2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
  disposizioni legislative in materia  di  tutela  e  sostegno  della
  maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge
  8 marzo 2000, n. 53), art. 42, comma 5. 
-   
(GU n.49 del 12-12-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  42,  comma
5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale  amministrativo  regionale
per la Lombardia, sezione terza, nel procedimento  tra  D.  M.  e  il
Ministero della  giustizia,  con  ordinanza  del  12  febbraio  2018,
iscritta al n. 48 del registro  ordinanze  2018  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  12,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 7 novembre  2018  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 12 febbraio 2018, iscritta  al  n.  48  del
registro ordinanze 2018, il Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, sezione terza, ha sollevato, in riferimento agli artt.  2,
3, 4, 29, 32 e  35  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 42, comma  5,  del  decreto  legislativo  26
marzo 2001, n. 151 (Testo unico  delle  disposizioni  legislative  in
materia di tutela e sostegno della maternita' e della  paternita',  a
norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte
in  cui  richiede,  ai  fini   dell'ottenimento   del   congedo,   la
preesistente convivenza dei figli con il soggetto da assistere». 
    1.1.- Il rimettente espone di dover decidere sul  ricorso  di  un
agente penitenziario, che  ha  chiesto  di  beneficiare  del  congedo
straordinario retribuito per l'assistenza al padre malato. 
    Il Ministero della giustizia,  dipartimento  dell'amministrazione
penitenziaria, dopo avere riscontrato che il lavoratore e il genitore
da assistere non convivono, ha rigettato l'istanza. Il ricorrente  ha
impugnato tale diniego con ricorso cautelare, accolto dal  rimettente
con ordinanza 13 luglio 2016, n. 901, poi riformata dal Consiglio  di
Stato, sezione quarta, con ordinanza 21 ottobre 2016, n. 4750, che ha
richiamato a fondamento della decisione  la  «contestata  sussistenza
del requisito della convivenza con la persona disabile». 
    Il ricorrente ha instaurato il giudizio di  merito  per  ottenere
l'annullamento del provvedimento di rigetto e ha  dedotto,  in  primo
luogo, violazione di legge, eccesso di potere  per  travisamento  dei
fatti, difetto  di  istruttoria,  motivazione  errata  e  ingiustizia
manifesta. A parere del  ricorrente,  l'amministrazione  non  avrebbe
esaminato lo stato  di  famiglia,  che  dimostra  come  la  residenza
anagrafica del ricorrente coincida con quella  del  genitore  e  come
nessun altro fratello benefici del congedo richiesto. 
    L'amministrazione, inoltre, avrebbe violato l'art.  10-bis  della
legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi),
poiche'  non  avrebbe  preventivamente  comunicato  il  preavviso  di
rigetto. 
    Il giudice a quo  evidenzia,  preliminarmente,  che  tale  ultimo
motivo di ricorso deve essere disatteso, perche' l'amministrazione ha
fondato il rigetto sulla mancanza di una preesistente convivenza e, a
fronte di  tale  motivazione,  il  ricorrente  non  potrebbe  addurre
elementi idonei a mutare il provvedimento adottato. 
    Quanto al primo motivo  di  ricorso,  il  rimettente  reputa  non
fondati i rilievi del ricorrente, che  conducono  a  identificare  la
convivenza nella mera residenza anagrafica. L'art. 42, comma  5,  del
d.lgs. n.  151  del  2001  subordina  al  requisito  della  pregressa
convivenza la concessione del congedo straordinario  retribuito,  che
non puo' essere esteso oltre le ipotesi tassativamente previste dalla
legge. E' su tale requisito che si incentrano i dubbi di legittimita'
costituzionale. 
    1.2.- In punto di rilevanza, il giudice a quo  argomenta  che  la
domanda dovrebbe essere respinta, poiche' difetta il requisito  della
pregressa convivenza e la disposizione censurata non si presta a  una
diversa interpretazione, che superi il dato testuale  e  consenta  di
identificare convivenza e residenza anagrafica, in linea con il punto
di vista del ricorrente. 
    1.3.- Ad avviso del rimettente, l'art. 42, comma 5, del d.lgs. n.
151 del 2001, «nella parte in cui richiede, ai fini  dell'ottenimento
del congedo ivi  previsto,  la  preesistente  convivenza  del  figlio
richiedente il beneficio con il genitore da assistere, e non consente
invece che la convivenza costituisca una condizione richiesta durante
la fruizione del congedo», contrasterebbe  con  molteplici  parametri
della Carta fondamentale. 
    Il rimettente, dopo avere passato in rassegna  la  giurisprudenza
costituzionale, che ha individuato la ratio del congedo straordinario
nell'esigenza   di   garantire   la   continuita'   delle   cure    e
dell'assistenza al disabile nell'ambito familiare (si  menzionano  le
sentenze n. 233 del 2005, n. 158 del 2007, n. 19 del 2009  e  n.  203
del  2013),  osserva  che  la  scelta   di   concedere   il   congedo
straordinario al figlio, solo  quando  sia  gia'  convivente  con  il
genitore da assistere, si pone in contrasto con gli artt.  2,  3,  4,
29, 32 e 35 Cost. 
    In particolare, tale limitazione sarebbe  lesiva  del  «combinato
disposto di cui agli artt. 2, 29 e 32  Cost.»,  che  presuppone  «una
legittimazione della famiglia nel  suo  insieme  -  come  insieme  di
rapporti  affettivi  -  a  divenire  strumento  di   assistenza   del
disabile», in virtu' del dovere di solidarieta'  che  grava  su  ogni
componente della comunita' familiare e  del  «corrispondente  diritto
del singolo di provvedere all'assistenza  materiale  e  morale  degli
altri  membri,  ed  in  particolare  di  quelli  piu'  deboli  e  non
autosufficienti, secondo le proprie infungibili capacita'». 
    L'attribuzione del congedo straordinario ai soli  familiari  gia'
conviventi  rispecchierebbe  «una  visione   statica   e   presuntiva
dell'organizzazione familiare, che puo' rivelarsi  incompatibile  con
la necessita' di prendersi cura, dall'oggi al domani, di una  persona
divenuta gravemente disabile, nonche' non  coerente  con  il  moderno
dispiegarsi dell'esistenza umana».  Le  necessita'  che  conducono  i
figli ad allontanarsi dal nucleo familiare  di  origine  non  possono
«costituire  ostacolo  alla  concreta  attuazione   dell'inderogabile
principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost.», giacche' e' proprio
l'assenza di convivenza a imporre al figlio «di richiedere il congedo
straordinario,  non  avendo  altro  modo   di   prestare   assistenza
continuativa al genitore disabile che si trovi  nella  situazione  di
non avere nessun  altro  famigliare  in  grado  di  fornire  adeguato
sostegno». 
    Il rimettente soggiunge che  il  principio  di  solidarieta'  ben
potrebbe essere attuato imponendo l'obbligo di convivenza durante  la
fruizione del congedo. 
    L'assetto restrittivo delineato dal legislatore  si  porrebbe  in
conflitto  anche  con  l'art.   3   Cost.,   poiche'   determinerebbe
«un'evidente  disparita'  di  trattamento  [...]   tra   coloro   che
liberamente possono scegliere il luogo in  cui  risiedere  (e  dunque
convivere con il genitore) e quanti, invece, per ragioni indipendenti
dalla loro volonta', non possono compiere tale scelta,  come  avviene
nel caso di specie». 
    Il rimettente, a tale  riguardo,  denuncia  anche  la  violazione
degli artt. 4 e 35 Cost. L'individuazione dei beneficiari in base  al
requisito della convivenza sarebbe all'origine di una discriminazione
arbitraria, legata alla tipologia del lavoro svolto. 
    La  disposizione   censurata,   inoltre,   nel   subordinare   la
concessione del congedo straordinario al requisito della  convivenza,
si porrebbe «in contrasto con il combinato disposto di cui agli artt.
2 e 3 Cost.». La  normativa  in  esame  richiederebbe  «un  requisito
ulteriore rispetto  a  quanto  previsto  dalla  disciplina  di  altri
istituti aventi la medesima finalita' assistenziale», come i permessi
disciplinati dall'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio  1992,  n.
104  (Legge-quadro  per  l'assistenza,  l'integrazione  sociale  e  i
diritti delle persone handicappate), che prescindono dal  presupposto
della convivenza. 
    Sarebbe  irragionevole  una  disciplina  difforme  «di   istituti
preordinati alla tutela dei medesimi valori  costituzionali,  attuati
attraverso il medesimo strumento solidaristico della famiglia» e tale
irragionevolezza sarebbe palese nel  caso  di  specie,  che  vede  il
ricorrente, pur beneficiario dei permessi di cui all'art.  33,  comma
3, della legge n. 104 del 1992, escluso dal congedo straordinario  in
ragione della mancanza di una convivenza preesistente. 
    2.- E' intervenuto in giudizio, con atto depositato il 10  aprile
2018, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e  ha  chiesto   di
dichiarare inammissibile o  comunque  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata dal TAR Lombardia. 
    La difesa dell'interveniente, in linea preliminare,  lamenta  che
il giudice a quo non abbia descritto la patologia  del  genitore  del
ricorrente e non abbia chiarito se l'infermita'  rientri  tra  quelle
gravi, le sole che danno titolo al beneficio,  in  base  all'art.  4,
commi 2 e 4, della legge 8 marzo 2000, n.  53  (Disposizioni  per  il
sostegno della maternita' e della paternita',  per  il  diritto  alla
cura e alla  formazione  e  per  il  coordinamento  dei  tempi  delle
citta'). Tale lacuna nella descrizione della fattispecie concreta  si
tradurrebbe nella  manifesta  inammissibilita'  della  questione  per
omessa motivazione sulla rilevanza. 
    Nel merito, la questione sarebbe manifestamente infondata. 
    La  giurisprudenza  costituzionale  richiamata   dal   rimettente
avrebbe   progressivamente   esteso   i   beneficiari   del   congedo
straordinario, sempre sul presupposto di una preesistente  convivenza
con il disabile, funzionale ad assicurare un'assistenza  continuativa
al congiunto disabile e  a  «verificare  nella  sua  effettivita'  la
funzione di supplenza affidata alla famiglia». 
    La scelta di subordinare a tale  requisito  il  godimento  di  un
beneficio,  che  implica  pur  sempre  «una  deroga  alla  disciplina
generale del rapporto di lavoro», varrebbe a contemperare le esigenze
della  tutela  del  disabile  all'interno  della  famiglia   con   la
necessita' di salvaguardare la regolarita' del rapporto di  lavoro  e
di servizio. 
    Quanto  ai  permessi  retribuiti,  che  raggiungono   l'ammontare
massimo di tre giorni  mensili,  non  sarebbero  comparabili  con  il
congedo straordinario retribuito fino a due  anni,  che  non  mira  a
garantire «forme di assistenza temporanee», ma «un'assistenza stabile
da parte dei componenti del nucleo familiare». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Lombardia,
sezione terza, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 42,
comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151  (Testo  unico
delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno  della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo 2000, n.  53),  con  specifico  riguardo  alla  disciplina  del
congedo straordinario retribuito concesso al figlio per  l'assistenza
al padre gravemente disabile. 
    1.1.-  Il  rimettente  assume  che  la   disposizione   censurata
attribuisca al figlio tale congedo, a condizione che gia' conviva con
il padre al momento della presentazione della domanda. 
    A  favore  dell'interpretazione  prescelta   dal   rimettente   e
accreditata dal Consiglio  di  Stato  (Consiglio  di  Stato,  sezione
seconda, parere n. 2584, reso il 1° agosto 2014, in  relazione  a  un
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto  da  un
agente di polizia penitenziaria), militano  il  dettato  letterale  e
l'argomento teleologico. 
    Quanto alla lettera della  legge,  il  riferimento  al  «figli[o]
convivent[e]» evoca una convivenza gia' instaurata al  momento  della
formulazione della richiesta. Il dato  testuale  e'  poi  corroborato
dalla finalita'  dell'istituto  del  congedo  straordinario,  che  si
prefigge di tutelare la continuita' dell'assistenza e in quest'ottica
presuppone la prossimita' del beneficiario al familiare disabile. 
    Il rimettente censura,  in  riferimento  a  molteplici  parametri
costituzionali, la scelta di subordinare la concessione  del  congedo
straordinario  al  presupposto  della  «preesistente  convivenza  del
figlio richiedente il beneficio con il genitore da assistere». 
    Sarebbe violato, anzitutto, «il combinato disposto  di  cui  agli
artt. 2, 29 e 32 Cost.», che affida a ogni componente della  famiglia
il compito di assistere il disabile. Al «dovere di solidarieta',  che
vincola   comunitariamente   ogni   congiunto»   fa   riscontro    il
«corrispondente diritto  del  singolo  di  provvedere  all'assistenza
materiale e morale degli altri membri, ed in  particolare  di  quelli
piu' deboli e non autosufficienti,  secondo  le  proprie  infungibili
capacita'». 
    La scelta di porre la preesistente convivenza come «prerequisito»
indispensabile per il godimento del beneficio rispecchierebbe, per un
verso, una concezione restrittiva dell'assistenza familiare, limitata
al solo nucleo convivente, e, per altro verso, «una visione statica e
presuntiva  dell'organizzazione   familiare,   che   puo'   rivelarsi
incompatibile con la  necessita'  di  prendersi  cura,  dall'oggi  al
domani, di una persona divenuta gravemente disabile». 
    Il figlio che non convive  con  il  genitore  non  avrebbe  altra
scelta che richiedere un congedo  straordinario,  «non  avendo  altro
modo di prestare assistenza continuativa al genitore disabile che  si
trovi nella situazione di non avere nessun altro famigliare in  grado
di fornire adeguato sostegno». 
    Le necessita' che, secondo «il moderno dispiegarsi dell'esistenza
umana», conducono i figli ad allontanarsi  dalla  famiglia  d'origine
non potrebbero in nessun  caso  ostacolare  la  «concreta  attuazione
dell'inderogabile principio solidaristico di cui all'art.  2  Cost.»,
attuazione che ben potrebbe essere garantita  mediante  l'imposizione
di un obbligo di convivenza «durante la fruizione del congedo». 
    La scelta legislativa di subordinare  il  beneficio  del  congedo
straordinario a una convivenza «che deve sussistere al momento  della
presentazione della domanda» e' censurata anche per il contrasto  con
l'art. 3 Cost. Il rimettente ravvisa un'ingiustificata disparita'  di
trattamento «tra coloro che liberamente possono scegliere il luogo in
cui risiedere (e dunque convivere con il genitore) e quanti,  invece,
per ragioni indipendenti dalla loro volonta',  non  possono  compiere
tale scelta». 
    Una disciplina cosi' congegnata sarebbe lesiva,  in  pari  tempo,
degli artt.  4  e  35  Cost.,  poiche'  discriminerebbe  «i  soggetti
legittimati ad ottenere il beneficio in questione in ragione del tipo
di lavoro svolto». 
    Il principio di eguaglianza sarebbe leso anche sotto un  distinto
profilo, che riguarda l'ingiustificata disparita' di trattamento  tra
il congedo straordinario e i permessi previsti dall'art. 33, comma 3,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro  per  l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate). 
    Pur trattandosi di istituti «preordinati alla tutela dei medesimi
valori  costituzionali,  attuati  attraverso  il  medesimo  strumento
solidaristico della famiglia», il legislatore, senza una  ragionevole
giustificazione,  differenzierebbe  i  requisiti   per   godere   dei
rispettivi benefici, in violazione del  «combinato  disposto  di  cui
agli artt. 2 e 3 Cost.». Per accedere ai permessi  non  sarebbe  piu'
necessaria la  convivenza,  per  contro  richiesta  con  riguardo  al
congedo straordinario retribuito. L'irragionevolezza  emergerebbe  in
maniera nitida nel caso  di  specie,  che  vede  il  ricorrente,  pur
ammesso  a  fruire  dei  permessi,  escluso  dalla  possibilita'   di
beneficiare del congedo straordinario. 
    1.2.-  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'  stata
sollevata  nel  corso  di  un  giudizio  instaurato  da   un   agente
penitenziario, che ha rivendicato il diritto a un periodo di  congedo
straordinario retribuito per l'assistenza al padre in  condizioni  di
disabilita' grave e ha  dedotto  l'illegittimita'  del  provvedimento
dell'amministrazione, che ha rigettato l'istanza per la  mancanza  di
una preesistente convivenza. 
    2.-  L'Avvocatura  generale  dello   Stato,   per   l'intervenuto
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  ha  eccepito  la  manifesta
inammissibilita' della questione in ragione  dell'omessa  motivazione
sulla rilevanza. Il rimettente non avrebbe offerto  alcun  ragguaglio
sulle patologie del padre del ricorrente nel  giudizio  principale  e
tale profilo sarebbe determinante  ai  fini  dell'accoglimento  della
domanda, poiche' soltanto una disabilita' grave potrebbe giustificare
la  concessione  del  congedo  straordinario.  La  lacuna   segnalata
dall'Avvocatura generale dello  Stato,  pertanto,  non  potrebbe  che
riverberarsi sulla stessa adeguatezza della motivazione in ordine  al
profilo preliminare della rilevanza. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Il giudice a quo  argomenta  che  il  ricorrente  gia'  gode  dei
permessi previsti dall'art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992,
che presuppongono pur sempre,  al  pari  del  congedo  straordinario,
l'assistenza a una persona «con handicap in situazione di gravita'». 
    Alla luce di tale dato  di  fatto,  ovvero  della  fruizione  dei
permessi,  che  il   rimettente   ha   posto   in   risalto   e   che
l'amministrazione non ha  contestato  in  alcun  modo,  non  si  puo'
ritenere lacunosa la motivazione sul  presupposto  della  disabilita'
grave del genitore bisognoso di assistenza. 
    Come si evince dalla  puntuale  ricostruzione  degli  antecedenti
della controversia, le contestazioni vertono sul solo requisito della
pregressa convivenza e non investono gli  altri  presupposti  per  la
concessione del beneficio, peraltro vagliati nella fase cautelare  di
primo grado con esito favorevole al ricorrente. 
    Alla stregua delle allegazioni acquisite nel giudizio principale,
richiamate  dal  rimettente,  la  motivazione  sulla   rilevanza   e'
sufficiente e supera  lo  scrutinio  di  ammissibilita'  demandato  a
questa Corte. 
    3.- La questione e' fondata,  nei  termini  e  per  i  motivi  di
seguito esposti. 
    4.- Per l'assistenza a persona disabile il  legislatore  prevede,
oltre alle provvidenze dei permessi e del trasferimento, disciplinate
dall'art. 33 della legge n. 104  del  1992,  l'istituto  del  congedo
straordinario, circoscritto a ipotesi tassative e contraddistinto  da
presupposti rigorosi. 
    Il congedo spetta solo per l'assistenza a persona  in  condizioni
di disabilita' grave, debitamente accertata, che si ravvisa  solo  in
presenza di una minorazione, «singola o plurima», che «abbia  ridotto
l'autonomia  personale,  correlata  all'eta',  in  modo  da   rendere
necessario un intervento  assistenziale  permanente,  continuativo  e
globale nella sfera individuale o in quella di  relazione»  (art.  3,
comma 3, della legge n. 104 del 1992). 
    Il legislatore predetermina i limiti temporali del  congedo,  che
«non puo' superare la durata complessiva di  due  anni  per  ciascuna
persona portatrice di handicap e  nell'arco  della  vita  lavorativa»
(art. 42, comma 5-bis, del d.lgs. n. 151 del 2001),  e  definisce  la
misura del trattamento economico spettante al lavoratore. 
    Il  congedo  straordinario  e'  retribuito   con   «un'indennita'
corrispondente all'ultima retribuzione,  con  riferimento  alle  voci
fisse e continuative del trattamento» e si configura come un  periodo
di sospensione del  rapporto  di  lavoro,  coperto  da  contribuzione
figurativa. L'indennita' e la contribuzione non possono superare  «un
importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di
durata annuale», importo che e' «rivalutato annualmente, a  decorrere
dall'anno 2011, sulla base della  variazione  dell'indice  Istat  dei
prezzi al consumo per le famiglie di operai e  impiegati»  (art.  42,
comma 5-ter, primo e secondo periodo, del d.lgs. n. 151 del 2001). 
    La concessione  di  tale  beneficio  si  accompagna  a  ulteriori
limitazioni, che sanciscono l'irrilevanza del  relativo  periodo  «ai
fini della maturazione delle ferie, della  tredicesima  mensilita'  e
del trattamento di fine rapporto» (art. 42, comma 5-quinquies,  primo
periodo, del d.lgs. n. 151 del 2001). 
    Sul versante soggettivo, il legislatore stabilisce che il congedo
straordinario, al pari dei permessi di  cui  all'art.  33,  comma  3,
della legge n. 104 del 1992, non possa essere riconosciuto a piu'  di
un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona  (art.  42,  comma
5-bis, terzo periodo, del d.lgs. n.  151  del  2001)  e  delinea  una
precisa gerarchia dei beneficiari (art. 42, comma 5). 
    Il congedo spetta, in primo luogo, al coniuge convivente, che  e'
legittimato a goderne «entro sessanta  giorni  della  richiesta».  In
caso di mancanza, di decesso o di patologie invalidanti  del  coniuge
convivente, subentrano «il padre  o  la  madre  anche  adottivi».  La
mancanza,  il  decesso  o  le  patologie  invalidanti  dei   genitori
conferiscono a uno dei figli conviventi il diritto di  richiedere  il
congedo straordinario, che e' poi riconosciuto in favore di  uno  dei
fratelli o delle sorelle conviventi quando anche i  figli  conviventi
manchino, siano deceduti o soffrano di patologie invalidanti. 
    Con la sentenza n. 203  del  2013,  questa  Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, comma 5, del d.lgs.  n.
151 del 2001, nella parte in cui non annoverava tra i beneficiari del
congedo straordinario anche i parenti o gli  affini  entro  il  terzo
grado conviventi, in caso di  mancanza,  decesso  o  in  presenza  di
patologie  invalidanti  degli  altri   soggetti   individuati   dalla
disposizione censurata. 
    5.- Dapprima riconosciuto ai soli genitori e,  in  caso  di  loro
scomparsa, ai fratelli o alle sorelle conviventi con  la  persona  in
condizioni di disabilita' grave in atto da almeno cinque anni  e  che
abbiano titolo a fruire dei permessi retribuiti di  cui  all'art.  33
della legge n. 104 del  1992  (art.  80,  comma  2,  della  legge  23
dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria
2001»), il congedo straordinario ha visto progressivamente estendersi
l'ambito  di  applicazione,  per  impulso  del  legislatore  e  della
giurisprudenza di questa Corte. 
    Con  l'introduzione  dell'art.  3,  comma  106,  della  legge  24
dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)»,
il legislatore ha  svincolato  il  beneficio  dal  presupposto  della
permanenza da almeno cinque  anni  della  situazione  di  disabilita'
grave. 
    Questa  Corte,  nel  sindacare  la  legittimita'   costituzionale
dell'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del  2001,  ha  gradualmente
ampliato la platea  dei  beneficiari  e  vi  ha  incluso  dapprima  i
fratelli o le sorelle conviventi con il disabile, anche  nell'ipotesi
in cui i genitori siano impossibilitati a  provvedere  all'assistenza
del figlio perche' a loro volta inabili (sentenza n. 233 del 2005), e
successivamente, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti, il
coniuge convivente (sentenza n. 158  del  2007)  e,  nell'ipotesi  di
assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura  del  disabile,  il
figlio convivente (sentenza n. 19 del 2009). 
    Con il decreto legislativo 18 luglio  2011,  n.  119  (Attuazione
dell'articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante  delega
al Governo per il riordino della normativa  in  materia  di  congedi,
aspettative e permessi), il legislatore ha  recepito  le  indicazioni
offerte dalle pronunce citate  e  ha  innovato  i  tratti  distintivi
dell'istituto, originariamente «concepito come  strumento  di  tutela
rafforzata della maternita' in caso di figli  portatori  di  handicap
grave» (sentenza n. 203 del  2013,  punto  3.4.  del  Considerato  in
diritto).  Anche  in  conseguenza  dell'estensione  del  novero   dei
beneficiari, il congedo straordinario ha finito cosi' con  l'assumere
una portata  via  via  piu'  ampia,  in  armonia  con  l'esigenza  di
salvaguardare «la cura del  disabile  nell'ambito  della  famiglia  e
della comunita' di vita cui appartiene» e  cosi'  di  «tutelarne  nel
modo piu' efficace la salute, di  preservarne  la  continuita'  delle
relazioni e di promuoverne una piena integrazione» (sentenza  n.  158
del 2018, punto 7.2. del Considerato in diritto). 
    Il  congedo   straordinario,   riconducibile   agli   «interventi
economici integrativi di sostegno alle famiglie» (sentenze n. 158 del
2007, punto 2.3. del Considerato in diritto, e n. 233 del 2005, punto
2.3. del Considerato in diritto), ne avvalora e ne incentiva il ruolo
primario nell'assistenza al disabile e valorizza quelle  «espressioni
di solidarieta' esistenti nel tessuto sociale e, in  particolare,  in
ambito familiare, conformemente alla lettera  e  allo  spirito  della
Costituzione,  a  partire  dai  principi   di   solidarieta'   e   di
sussidiarieta' di cui agli  artt.  2  e  118,  quarto  comma,  Cost.»
(sentenza n. 203 del 2013, punto 3.4. del Considerato in diritto). 
    Il diritto del disabile di «ricevere assistenza nell'ambito della
sua comunita' di vita» (sentenza n. 213  del  2016,  punto  3.4.  del
Considerato in diritto), inscindibilmente  connesso  con  il  diritto
alla salute e a una integrazione  effettiva,  rappresenta  il  fulcro
delle tutele apprestate dal legislatore e finalizzate a rimuovere gli
ostacoli suscettibili di impedire il  pieno  sviluppo  della  persona
umana. 
    Nella disciplina di sostegno alle famiglie che si  prendono  cura
del disabile convergono non  soltanto  i  valori  della  solidarieta'
familiare,  ma  anche  «un  complesso  di  valori  che  attingono  ai
fondamentali  motivi  ispiratori  del   disegno   costituzionale»   e
impongono l'interrelazione e l'integrazione «tra i  precetti  in  cui
quei valori trovano espressione e tutela» (sentenza n. 215 del  1987,
punto 6. del Considerato in diritto). 
    Sono coerenti con il descritto disegno  costituzionale  anche  la
Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3
maggio 1996, ratificata e resa esecutiva  con  la  legge  9  febbraio
1999, n. 30, che garantisce al disabile  «l'effettivo  esercizio  del
diritto   all'autonomia,    all'integrazione    sociale    ed    alla
partecipazione alla vita della comunita'» (art.  15),  la  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a  Nizza
il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre  2007,  che
tutela «il diritto delle persone con disabilita'  di  beneficiare  di
misure intese  a  garantirne  l'autonomia,  l'inserimento  sociale  e
professionale e la partecipazione alla vita  della  comunita'»  (art.
26) e la Convenzione delle Nazioni Unite sui  diritti  delle  persone
con disabilita', con Protocollo opzionale, fatta a  New  York  il  13
dicembre 2006 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n.  18,  che,  nel
preambolo (punto x), prescrive di assicurare alle  famiglie,  «nucleo
naturale e fondamentale della societa'», la protezione e l'assistenza
indispensabili per «contribuire al  pieno  ed  uguale  godimento  dei
diritti delle persone con disabilita'». 
    Nell'apprestare le  misure  necessarie  a  rendere  effettivo  il
godimento di tali  diritti  e  a  contemperare  tutti  gli  interessi
costituzionali  rilevanti,  la   discrezionalita'   del   legislatore
incontra dunque un limite invalicabile nel  «rispetto  di  un  nucleo
indefettibile di garanzie per gli interessati» (sentenza n.  251  del
2008, punto 16. del Considerato in diritto). 
    6.-  E'  alla  luce   di   questi   principi,   enunciati   dalla
giurisprudenza costante di questa Corte, che  occorre  scrutinare  la
legittimita' costituzionale della disposizione censurata. 
    6.1.- Nell'estendere il congedo straordinario oltre  l'originaria
cerchia dei genitori, il legislatore ha attribuito rilievo  esclusivo
alla  preesistente  convivenza  con   il   disabile,   al   fine   di
salvaguardare  quella  continuita'  di  relazioni  affettive   e   di
assistenza che trae origine  da  una  convivenza  gia'  in  atto.  La
convivenza  non  si  esaurisce  in  un  dato  meramente   formale   e
anagrafico, ma esprime, nella quotidiana condivisione dei  bisogni  e
del percorso di vita, una relazione di affetto e di cura. 
    Tale presupposto, ispirato a una finalita' di  preminente  tutela
del disabile, rischia nondimeno, per una  sorta  di  eterogenesi  dei
fini,  di  pregiudicarlo,  quando  manchino  i  familiari  conviventi
indicati in via prioritaria dalla legge e  vi  sia  solo  un  figlio,
all'origine non convivente,  pronto  a  impegnarsi  per  prestare  la
necessaria assistenza. 
    In  questa  specifica  circostanza,  l'ancoraggio  esclusivo   al
criterio della convivenza finisce con il vanificare la finalita'  del
congedo straordinario. Quest'ultimo  mira  a  colmare  le  lacune  di
tutela e a far fronte «alle emergenti situazioni di  bisogno  e  alla
crescente richiesta di cura che origina, tra l'altro, dai cambiamenti
demografici  in  atto»,  in  particolare,  a  «quelle  situazioni  di
disabilita'  che  si  possono  verificare  in  dipendenza  di  eventi
successivi alla nascita o in esito a malattie di  natura  progressiva
o, ancora, a causa del naturale decorso del tempo» (sentenza  n.  203
del 2013, punto 3.4. del Considerato in diritto). 
    Un criterio selettivo cosi' congegnato compromette il diritto del
disabile di ricevere la cura necessaria dentro la  famiglia,  proprio
quando si venga a creare una tale lacuna  di  tutela  e  il  disabile
possa confidare -  come  extrema  ratio  -  soltanto  sull'assistenza
assicurata da un  figlio  ancora  non  convivente  al  momento  della
richiesta di congedo. 
    Tali  situazioni   sono   ugualmente   meritevoli   di   adeguata
protezione, poiche' riflettono i mutamenti intervenuti  nei  rapporti
personali e le trasformazioni che investono la famiglia,  non  sempre
tenuta insieme da un rapporto di prossimita' quotidiana, ma  non  per
questo meno  solida  nel  suo  impianto  solidaristico.  Puo'  dunque
accadere che la convivenza si ristabilisca in occasione di eventi che
richiedono la vicinanza - in questo caso fra padre e figlio  -  quale
presupposto per elargire la  cura  al  disabile.  Il  ricomporsi  del
nucleo familiare si caratterizza in questi casi  per  un  ancor  piu'
accentuato vincolo affettivo. 
    Il requisito della  convivenza  ex  ante,  inteso  come  criterio
prioritario per l'identificazione dei  beneficiari  del  congedo,  si
rivela idoneo a garantire, in linea tendenziale, il miglior interesse
del disabile.  Tale  presupposto,  tuttavia,  non  puo'  assurgere  a
criterio indefettibile ed esclusivo, cosi' da precludere  al  figlio,
che intende convivere ex post, di  adempiere  in  via  sussidiaria  e
residuale i doveri di cura e di assistenza, anche quando nessun altro
familiare convivente,  pur  di  grado  piu'  lontano,  possa  farsene
carico. 
    Tale preclusione, in contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.,
sacrifica in maniera irragionevole  e  sproporzionata  l'effettivita'
dell'assistenza e dell'integrazione del  disabile  nell'ambito  della
famiglia, tutelata dal legislatore mediante una disciplina ispirata a
presupposti rigorosi e contraddistinta da obblighi stringenti. 
    6.2.- Il figlio che abbia conseguito il congedo straordinario  ha
difatti l'obbligo di instaurare  una  convivenza  che  garantisca  al
genitore disabile un'assistenza permanente e continuativa. 
    7.- Si deve dichiarare, pertanto, l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui
non  annovera  tra  i  beneficiari  del  congedo  straordinario   ivi
previsto, e alle condizioni stabilite dalla legge, il figlio che,  al
momento della presentazione della richiesta, ancora non  conviva  con
il  genitore  in  situazione  di  disabilita'  grave,  ma  che   tale
convivenza successivamente instauri, in caso di mancanza,  decesso  o
in presenza di patologie  invalidanti  del  coniuge  convivente,  del
padre e della  madre,  anche  adottivi,  dei  figli  conviventi,  dei
fratelli e delle sorelle conviventi, dei parenti o  affini  entro  il
terzo grado conviventi, legittimati a richiedere il beneficio in  via
prioritaria secondo l'ordine determinato dalla legge. 
    Restano assorbite le ulteriori censure prospettate dal rimettente
in riferimento all'art. 3 Cost.,  sotto  il  profilo  dell'arbitraria
discriminazione dei lavoratori, censurata anche per violazione  degli
artt. 4 e 35 Cost., e dell'ingiustificata disparita'  di  trattamento
tra chi reclami il beneficio dei permessi riconosciuti dall'art.  33,
comma 3, della legge n. 104  del  1992  e  chi  richieda  il  congedo
straordinario. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42,  comma  5,
del decreto legislativo 26 marzo 2001,  n.  151  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non  include  nel  novero  dei
soggetti legittimati a  fruire  del  congedo  ivi  previsto,  e  alle
condizioni stabilite dalla legge, il figlio  che,  al  momento  della
presentazione della richiesta del congedo, ancora non conviva con  il
genitore in situazione di disabilita' grave, ma che  tale  convivenza
successivamente instauri, in caso di mancanza, decesso o in  presenza
di patologie invalidanti del coniuge convivente, del  padre  e  della
madre, anche adottivi, dei figli conviventi,  dei  fratelli  e  delle
sorelle conviventi,  dei  parenti  o  affini  entro  il  terzo  grado
conviventi, legittimati a richiedere il beneficio in via  prioritaria
secondo l'ordine determinato dalla legge. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 novembre 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA