N. 1 SENTENZA 21 novembre 2018- 9 gennaio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni -  Disciplina  delle
  concessioni   di   beni   demaniali   marittimi    con    finalita'
  turistico-ricreative - Durata della concessione demaniale marittima
  non inferiore a venti anni e non superiore a  trenta  -  Estensione
  per trenta anni della durata delle concessioni in atto. 
- Legge Regione Liguria 10 novembre 2017,  n.  26  (Disciplina  delle
  concessioni   demaniali   marittime   per    finalita'    turistico
  ricreative), artt. 2, commi 1, 2 e 3, e 4, comma 1. 
-   
(GU n.3 del 16-1-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
  
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  comma
2, e 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 10 novembre  2017,
n. 26 (Disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalita'
turistico ricreative), promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, con ricorso spedito per la notifica  il  15  gennaio  2018,
depositato in cancelleria il 23 gennaio 2018, iscritto al  n.  7  del
registro ricorsi 2018 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria; 
    udito nella udienza pubblica del  20  novembre  2018  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi l'avvocato dello Stato Angelo Venturini per  il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Lorenzo  Cuocolo  per  la
Regione Liguria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura Generale dello  Stato,  ha  proposto,  in  via
principale, questione di legittimita' costituzionale  degli  articoli
2, comma 2, e 4, comma  1,  della  legge  della  Regione  Liguria  10
novembre  2017,  n.  26  (Disciplina  delle   concessioni   demaniali
marittime  per  finalita'  turistico  ricreative),  denunciandone  il
contrasto con l'art. 117, commi primo e secondo,  lettera  e),  della
Costituzione. 
    1.1.- Secondo il ricorrente,  l'art.  2,  comma  2,  della  legge
impugnata - il quale  stabilisce  che  «[a]lle  concessioni  di  beni
demaniali   marittimi   con   finalita'   turistico   ricreative   e'
riconosciuta l'estensione della durata della  concessione  di  trenta
anni dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge»  -
violerebbe: 
    a) l'art. 117, primo comma, Cost. - in relazione all'art. 49  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) come modificato
dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato
dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e all'art. 12, paragrafo 2,  della
direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio  del  12
dicembre 2006, relativa ai  servizi  nel  mercato  interno,  recepita
dall'art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010,  n.  59
(Attuazione della  direttiva  2006/123/CE  relativa  ai  servizi  nel
mercato  interno)  -  in  quanto,  attribuendo  una  «indiscriminata»
proroga di trenta anni in favore  dei  concessionari  uscenti  e  non
consentendo  neppure  di  discernere  tra  situazioni  di   interesse
transfrontaliero e situazioni che ne siano prive, determinerebbe «una
ingiustificata  e  insuperabile  barriera  all'ingresso   dei   nuovi
entranti  nel  mercato»,  senza  che  possa  neppure  invocarsi   una
«situazione  di  legittimo  affidamento  nel  quale  verserebbero   i
concessionari uscenti» stessi; 
    b) l'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.,  in  relazione
alla  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  tutela   della
concorrenza, contrastando «con l'esigenza di garantire la parita'  di
trattamento e l'uniformita' delle condizioni del mercato  sull'intero
territorio nazionale» e dovendo essere pur sempre la legge statale «a
stabilire se tutelare il legittimo affidamento dei concessionari,  in
quali casi farlo, in quale misura e con quali forme». 
    Da cio' conseguendo  l'illegittimita'  costituzionale  anche  dei
commi 1 e 3 dello stesso art. 2, nella parte in cui, rispettivamente,
si  dispone  «che  e'   tutelato   il   legittimo   affidamento   del
concessionario con la  conservazione  del  diritto  alla  continuita'
aziendale» e si demanda ai Comuni di comunicare,  ai  titolari  delle
concessioni demaniali, «l'estensione della durata  della  concessione
demaniale per trenta anni». 
    1.2.- A sua volta, il successivo art. 4, comma 1, della  medesima
legge regionale - per il quale «la  durata  della  nuova  concessione
demaniale marittima non deve limitare la libera concorrenza oltre  il
tempo  necessario  a  garantire  l'ammortamento  degli   investimenti
materiali e immateriali, nonche' un'equa remunerazione  dei  capitali
investiti», e  «[i]n  ogni  caso  la  durata  della  concessione  per
finalita' turistico ricreative non puo' essere inferiore a venti anni
e superiore a trenta anni» - violerebbe l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost., in relazione alla competenza esclusiva statale  in
materia di  tutela  della  concorrenza,  giacche'  «l'elemento  della
durata minima o massima delle concessioni  e'  aspetto  in  grado  di
incidere sulla concorrenza e sulle condizioni di mercato». 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Liguria, chiedendo la
reiezione del ricorso. 
    2.1.- Quanto alla dedotta violazione dell'art. 117, primo  comma,
Cost. ad opera dell'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria  n.  26
del 2017, la resistente sostiene  che  la  proroga  automatica  delle
concessioni in atto, ivi prevista, non contrasterebbe con  l'art.  49
TFUE, ne' con l'art. 12 della "direttiva servizi",  avendo  carattere
solo temporaneo e non limitativo della «partecipazione delle imprese,
nazionali o meno, alle procedure di  selezione  che  si  terranno  in
futuro, una volta che il Legislatore nazionale avra' provveduto [...]
a revisionare il  quadro  normativo  in  materia  di  rilascio  delle
concessioni   di   beni    demaniali    marittimi    con    finalita'
turistico-ricreative».  Diversamente,  soggiunge   la   Regione,   si
verrebbe a creare un vuoto normativo in vista  della  scadenza  delle
concessioni fissata normativamente al 31  dicembre  2020,  «lasciando
gli operatori nella piu' assoluta incertezza» (anche sul piano  della
tutela degli attuali livelli occupazionali) e  con  lesione,  quindi,
dei principi dell'affidamento e  della  certezza  del  diritto,  che,
invece, sarebbero garantiti dalla disciplina regionale impugnata  con
il ricorso. 
    2.2.- In  riferimento  alla  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera  e),  Cost.  da  parte  di  entrambe  le  disposizioni
denunciate (artt. 2, comma 2, e 4,  comma  1),  la  difesa  regionale
osserva poi che l'art. 84 del d.lgs.  n.  59  del  2010  prevede  una
«clausola di cedevolezza»,  per  cui  le  disposizioni  del  medesimo
decreto legislativo, «nella misura in  cui  incidono  su  materie  di
competenza  esclusiva  regionale   e   su   materie   di   competenza
concorrente», trovano applicazione «fino  alla  data  di  entrata  in
vigore della normativa  di  attuazione  della  direttiva  2006/123/CE
adottata da ciascuna Regione e Provincia autonoma  nel  rispetto  dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e   dei   principi
fondamentali desumibili dal presente decreto». 
    Le disposizioni censurate, in ambiti non riservati esclusivamente
alla potesta' legislativa statale, avrebbero  dato  «attuazione  alla
normativa europea» e «affidamento alle imprese e  agli  investitori»,
in tal modo colmando in via transitoria e in  attesa  dell'intervento
congiunto  Stato-Regioni  di  riordino  della  materia,   un   «vuoto
normativo», cosi' da potersi ascrivere al principio  di  «cedevolezza
invertita», di cui alla sentenza n. 398 del 2006 di questa Corte. 
    3.-. In prossimita' della pubblica  udienza,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri e la Regione Liguria  hanno  anche  depositato
memorie illustrative. 
    3.1.-  A  confutazione  delle  difese  regionali,  il  ricorrente
sostiene che l'asserita temporaneita' della proroga  non  emergerebbe
dal tenore letterale dell'art. 2,  comma  2,  denunciato  e  sarebbe,
comunque, contraddetta, sia da un «termine  di  proroga  fisso»,  sia
dalla previsione del successivo comma 3, «che demanda  ai  Comuni  di
comunicare ai titolari delle concessioni demaniali di cui al comma  2
l'estensione della durata  della  concessione  demaniale  per  trenta
anni»; che neppure potrebbe invocarsi la tutela dell'affidamento e la
certezza del diritto degli operatori  balneari,  giacche',  incidendo
una tale tutela sui criteri e sulle modalita'  di  affidamento  delle
concessioni dei beni del demanio marittimo,  la  relativa  disciplina
spetterebbe, comunque, alla legislazione  esclusiva  statale  di  cui
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  come  del  resto
ribadito dalla sentenza n. 118 del 2018  di  questa  Corte;  che  non
sarebbe, inoltre, congruente il richiamo alla clausola di cedevolezza
di cui all'art. 84 del d.lgs. n. 59 del  2010,  poiche'  il  relativo
ambito di applicazione riguarderebbe solo le  materie  di  competenza
esclusiva regionale e  di  competenza  concorrente,  consentendo  tal
clausola allo Stato di attrarre in sussidiarieta', sia  pure  in  via
interinale,  competenze  regionali,  ma  non  gia'  alle  Regioni  di
intervenire  sull'intera  materia  regolata  dalla  direttiva;   che,
infine, anche il  principio  della  «cedevolezza  inversa»,  invocato
dalla resistente, oltre a fondarsi su un  preteso  «vuoto  normativo»
invero inesistente (trovandosi nella legislazione statale «i principi
che devono attualmente regolare l'affidamento dei  beni  del  demanio
marittimo, ferma restando, ovviamente, la  facolta'  del  legislatore
statale di riordinare la materia»), potrebbe valere semmai  (giacche'
la  legge  regionale  impugnata  comunque  «non  attua   il   diritto
dell'Unione europea, ma  lo  viola»)  soltanto  per  «l'esercizio  di
competenze originarie della regione, residuali o anche  concorrenti»,
ma non per invadere una competenza esclusiva statale, quale quella in
materia di tutela della concorrenza. 
    3.2.- La  resistente  sottolinea,  a  sua  volta,  come  precipua
finalita' della disciplina impugnata sia  quella  di  «preservare  la
certezza del diritto a fronte di un contesto normativo che, a livello
statale, e' caratterizzato da assoluta incertezza»  e  sostiene  che,
proprio in ragione di questa finalita', la disciplina stessa  risulti
in linea con la giurisprudenza europea, per  la  quale  il  principio
della certezza del diritto si impone anche alle  autorita'  nazionali
incaricate di applicare il diritto dell'Unione. 
    L'intervento regionale limitativo della libera  circolazione  dei
servizi sarebbe, quindi, giustificato  da  un  «motivo  di  interesse
generale» (quale, appunto, l'esigenza di certezza del  diritto),  nel
rispetto  del  requisito  della  proporzionalita'   (trattandosi   di
normativa  con  carattere  di  "cedevolezza"),  e   garantirebbe   la
continuita' di rapporti giuridici, a tutela dell'interesse  (privato)
dei concessionari  alla  valorizzazione  dei  propri  investimenti  e
dell'interesse  (pubblico)  alla  conservazione  della  funzione   di
presidio sociale e territoriale che la  presenza  degli  stabilimenti
balneari adempie nei comuni costieri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri denuncia gli artt. 2, comma 2, e 4,  comma  1,  della  legge
della Regione Liguria 10  novembre  2017,  n.  26  (Disciplina  delle
concessioni demaniali marittime per finalita' turistico  ricreative),
per violazione dell'art. 117, primo comma, della  Costituzione  -  in
relazione all'art. 49  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea (TFUE) come modificato dall'art. 2 del  Trattato  di  Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n.  130,
e  all'art.  12,  paragrafo  2,  della  direttiva   2006/123/CE   del
Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa  ai
servizi nel mercato interno, recepita  dall'art.  16,  comma  4,  del
decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della  direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno)  -  e  dell'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    2.- La legge  regionale,  oggetto  in  parte  qua  della  odierna
impugnativa, si inserisce in una articolata cornice normativa segnata
da una sequenza di interventi  del  legislatore  statale  che  hanno,
alternativamente, dato e tratto  causa  da  procedure  di  infrazione
Corte di giustizia dell'Unione europea. 
    2.1.- Risale al febbraio 2009 l'avvio, da parte della Commissione
europea,  di  una  procedura  di  infrazione  (n.  2008/4908)  contro
l'Italia in ragione del ritenuto regime  preferenziale  riservato  al
concessionario uscente quanto al  meccanismo  di  attribuzione  delle
concessioni demaniali marittime, come regolato dell'art. 37 del regio
decreto 30 marzo 1942 n. 327 (codice della navigazione)  e  dall'art.
01, comma 2, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n.  400  (Disposizioni
per la determinazione dei canoni  relativi  a  concessioni  demaniali
marittime), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4  dicembre
1993, n. 494, rispettivamente prevedenti  il  cosiddetto  diritto  di
insistenza di quel  concessionario  e  il  rinnovo  automatico  delle
concessioni sessennali. 
    Tale procedura d'infrazione - attivata dapprima in base  all'art.
43 del Trattato CE (ora art. 49 del TFUE) e continuata anche in forza
dell'art.  12  della  direttiva  2006/123/CE,  cosiddetta  "direttiva
Bolkestein"  o  "direttiva  servizi"  -   si   concluse   a   seguito
dell'emanazione dell'art. 11 della legge 15  dicembre  2011,  n.  217
(Disposizioni    per    l'adempimento    di    obblighi     derivanti
dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'   europee   -   Legge
comunitaria 2010), che elimino' ogni rinvio  al  regime  del  rinnovo
automatico delle concessioni. 
    2.2.- La delega per il riordino della  normativa  concernente  le
concessioni demaniali marittime, recata  dal  comma  2  dello  stesso
citato art. 11, non venne pero' esercitata e con l'art.  34-duodecies
del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori  misure  urgenti
per la crescita del  Paese),  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 17 dicembre 2012, n. 221, il termine di durata delle  anzidette
concessioni a uso turistico ricreativo - in scadenza al  31  dicembre
2015, in virtu' della legge 26 febbraio 2010, n. 25, di  conversione,
con modificazioni, dell'art.  1,  comma  18,  del  decreto-legge  301
dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative) - veniva «prorogato fino al 31 dicembre 2020». 
    2.3.  -  Quella  proroga  ope  legis   diede   luogo   a   rinvii
pregiudiziali alla Corte di giustizia dell'Unione europea, decisi con
la  sentenza  del  14  luglio  2016,  nelle  cause  riunite  C-458/14
(Promoimpresa srl) e C-67/15 (Mario Melis e altri), la quale, oltre a
confermare che le concessioni demaniali marittime rientrano, in linea
di principio, nel campo di applicazione dell'art. 12 della "direttiva
servizi",  ha  ritenuto:  che   tali   concessioni   possano   essere
qualificate come  «autorizzazioni»;  che  le  concessioni  aventi  un
«interesse  transfrontaliero  certo»  debbano  essere  affidate   nel
rispetto  delle  regole   del   TFUE   e   del   principio   di   non
discriminazione;  e   che   una   disparita'   di   trattamento   tra
concessionari esistenti e coloro che aspirano alla  concessione  puo'
trovare giustificazione, a determinate condizioni, in base a  «motivi
imperativi di interesse generale, in particolare dalla necessita'  di
rispettare il principio della certezza del diritto». 
    2.4. - Alla sentenza  "Promoimpresa  srl"  -  che,  in  sostanza,
chiariva che era passibile di  disapplicazione  la  proroga  al  2020
delle concessioni  esistenti,  disposta  dall'art.  34-duodecies  del
decreto-legge n. 179 del 2012 - ha fatto seguito  l'emanazione  della
legge 7 agosto 2016, n. 160,  di  conversione  del  decreto-legge  24
giugno  2016,  n.  113  (Misure  finanziarie  urgenti  per  gli  enti
territoriali e il territorio),  il  cui  art.  24,  comma  3-septies,
dispone che «[n]elle  more  della  revisione  e  del  riordino  della
materia in  conformita'  ai  principi  di  derivazione  europea,  per
garantire certezza alle situazioni giuridiche in  atto  e  assicurare
l'interesse  pubblico  all'ordinata  gestione   del   demanio   senza
soluzione  di  continuita'  conservano  validita'  i  rapporti   gia'
instaurati  e  pendenti  in  base  all'articolo  1,  comma  18,   del
decreto-legge   30   dicembre   2009,   n.   194,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25». 
    2.5.- Il successivo progetto di legge di riordino, presentato dal
Governo il 15 febbraio 2017, e', pero', decaduto con  la  conclusione
della XVII Legislatura. 
    3.- In questo contesto interviene la legge della Regione  Liguria
n. 26 del 10 novembre 2017, il cui obiettivo - come  esplicitato  dal
comma 2 del suo art. 1 - e' quello di  stabilire  «adeguate  garanzie
per la conservazione del diritto alla continuita'  delle  concessioni
in atto». E cio' al fine di «tutelare l'organizzazione sociale  delle
aree  costiere»,  di  «garantire  la  continuita'   aziendale   delle
attivita' che operano sulla base di un titolo concessorio attualmente
vigente», di «assicurare la  tutela  del  legittimo  affidamento  dei
titolari di concessioni demaniali attualmente operanti in  forza  dei
rapporti gia' instaurati e pendenti in base all'articolo 1, comma 18,
del d.l. 194 del 2009 convertito dalla legge 25 del 2010» e,  infine,
di «mantenere il livello attuale di  presidio  delle  aree  demaniali
marittime nelle more dell'entrata in vigore della nuova disciplina». 
    3.1.- A queste finalita'  rispondono,  appunto,  le  disposizioni
denunciate. 
    L'art. 2, rubricato «Concessioni demaniali vigenti» -  dopo  aver
previsto,  al  comma  1,  la  tutela  del  «principio  del  legittimo
affidamento delle imprese balneari titolari di concessioni  demaniali
marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo, in  essere
ovvero  rilasciate  anteriormente  al  31  dicembre  2009,   con   la
conservazione del diritto alla continuita' aziendale»  -  stabilisce,
al comma 2 censurato,  che  «[a]lle  concessioni  di  beni  demaniali
marittimi con finalita' turistico ricreative attualmente vigenti,  e'
riconosciuta l'estensione della durata della  concessione  di  trenta
anni dalla data di entrata in vigore della presente legge». 
    L'art.  4,  rubricato   «Durata   della   concessione   demaniale
marittima», stabilisce, al comma 1 denunciato, che «[l]a durata della
nuova concessione demaniale marittima non  deve  limitare  la  libera
concorrenza oltre il  tempo  necessario  a  garantire  l'ammortamento
degli  investimenti  materiali   e   immateriali,   nonche'   un'equa
remunerazione dei capitali investiti. In ogni caso  la  durata  della
concessione  per  finalita'  turistico  ricreative  non  puo'  essere
inferiore a venti anni e superiore a trenta anni». 
    4.- Il contrasto dell'art. 2, comma 2, della legge  reg.  Liguria
n. 26 del 2017 con l'art. 117, commi primo  e  secondo,  lettera  e),
Cost.  consegue,  secondo  il  ricorrente,  alla  «ingiustificata   e
insuperabile barriera all'ingresso dei nuovi entranti  nel  mercato»,
alla quale - senza neppure distinguere tra  situazioni  di  interesse
transfrontaliero e situazioni che ne siano prive  -  darebbe  appunto
luogo l'«indiscriminata» proroga di trenta anni delle concessioni  in
atto, quale disposta dalla norma censurata. 
    La Regione, nel contestare tale prospettazione, sostiene  che  la
disposizione censurata sia, viceversa, compatibile  con  i  parametri
costituzionali in riferimento ad essa evocati. E cio' in ragione  del
suo  carattere  temporaneo  e   della   sua   finalita'   di   tutela
dell'affidamento e della certezza del  diritto  nei  confronti  degli
operatori liguri. 
    Detta  disposizione  non  invaderebbe,  pertanto,  la  sfera   di
competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di   tutela   della
concorrenza, attenendo propriamente ad ambiti  riservati  alla  legge
regionale, quali sono gli interventi che,  pur  interferendo  con  la
predetta materia, siano come nella specie «sintonizzati sulla realta'
produttiva regionale». 
    La resistente richiama,  quindi,  al  riguardo  la  «clausola  di
cedevolezza» prevista,  dal  legislatore  statale,  all'art.  84  del
d.lgs. n. 59 del 2010 (di recepimento della "direttiva  servizi")  e,
in prospettiva rovesciata,  sostiene  che  l'intervento  della  legge
regionale avrebbe «colmato - seppur in via transitoria, e cioe'  fino
al complessivo riordino della normativa ad  opera  di  un  intervento
congiunto Stato-Regioni - un "vuoto normativo". Cio' con  il  duplice
effetto  di  dare  attuazione  alla  normativa  europea  e  di   dare
affidamento alle imprese  e  agli  investitori,  altrimenti  lasciati
nell'incertezza dall'inerzia del legislatore statale». 
    4.1.- La questione relativa all'art. 2, comma  2,  dell'impugnata
legge regionale e' fondata, in relazione al parametro di cui all'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost., restando assorbito ogni  altro
profilo di censura. 
    4.1.1.- L'enunciata finalita'  di  tutelare,  relativamente  alla
Regione Liguria,  l'affidamento  e  la  certezza  del  diritto  degli
operatori locali, non vale ad  escludere  il  vulnus  arrecato  dalla
disposizione in esame  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato,  in
materia di tutela della concorrenza. 
    Come, infatti, anche di recente ribadito dalla  sentenza  n.  118
del 2018 (in linea con le precedenti sentenze n.  157  e  n.  40  del
2017), la tutela dell'affidamento degli operatori  balneari  riguarda
una «sfera di competenza riservata in via esclusiva alla legislazione
statale, alla quale unicamente spetta disciplinare in  modo  uniforme
le modalita' e i limiti della tutela  dell'affidamento  dei  titolari
delle concessioni gia' in essere nelle procedure di selezione per  il
rilascio di nuove concessioni»,  per  la  ragione,  appunto,  che  la
tutela di tale affidamento incide sui  «criteri  e  le  modalita'  di
affidamento delle concessioni su beni del demanio marittimo», i quali
«devono essere stabiliti nell'osservanza dei  principi  della  libera
concorrenza  e  della  liberta'  di  stabilimento,   previsti   dalla
normativa  comunitaria  e  nazionale,  e  corrispondenti  ad   ambiti
riservati alla competenza esclusiva statale in forza  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost.». 
    Cio' che, del resto, e' stato da questa Corte gia'  sottolineato,
con la sentenza n. 171 del 2013, che ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1 della legge 30 luglio 2012,  n.  24  della
medesima Regione Liguria, recante «Modifica della legge regionale  28
aprile 1999, n. 13 (Disciplina delle funzioni in  materia  di  difesa
della costa, ripascimento degli arenili,  protezione  e  osservazione
dell'ambiente marino e costiero demanio marittimo  e  porti)  per  la
salvaguardia  dei  litorali  erosi  dalle  mareggiate»,  nella  parte
relativa ad altra fattispecie di proroga  automatica  di  concessioni
del demanio marittimo. 
    4.1.2.- Non vale, d'altra parte, evocare  concorrenti  competenze
regionali, indotte dalla  natura  prettamente  locale  della  realta'
sulla quale interviene la legge reg. Liguria n. 26 del 2017,  poiche'
il mercato delle concessioni balneari non ha dimensione solo  locale,
ma rilievo potenzialmente transfrontaliero (tanto da  interessare  le
competenze  dell'Unione  europea,  che  appunto  sono  impegnate  sul
presupposto  che  l'offerta  di  una   concessione   balneare   possa
intercettare l'interesse di un operatore  stabilito  in  altro  Stato
membro). 
    4.1.3.-  Ne'  maggior  pregio  ha,  infine,   l'argomento   della
resistente che fa  leva  sulla  «clausola  di  cedevolezza»,  di  cui
all'art.  84  del  d.lgs.  n.  59  del  2010,  giacche'  l'ambito  di
applicazione di tale clausola  attiene  alle  materie  di  competenza
esclusiva regionale e a quelle di competenza concorrente. Competenze,
queste, che - al fine di assicurare il tempestivo  recepimento  della
direttiva 2006/123/CE - lo Stato puo'  "attrarre  in  sussidiarieta'"
nelle more del loro esercizio da parte delle Regioni,  senza,  pero',
che la previsione della  clausola  consenta,  poi,  alle  Regioni  di
intervenire sull'intera materia regolata dalla direttiva  e,  quindi,
anche in ordine  a  suoi  contenuti  o  profili  che  attengano  alla
competenza esclusiva del legislatore statale. 
    Il che vale anche nella prospettiva della cosiddetta "cedevolezza
invertita", poiche' l'intervento che il  legislatore  regionale  puo'
anticipare nell'inerzia del legislatore statale attiene pur sempre (e
soltanto) a materie  di  competenza  concorrente  della  Regione.  Ed
invero la sentenza n. 398  del  2006  -  dalla  quale  la  resistente
ritiene di evincere  un  tale  (inespresso)  speculare  principio  di
cedevolezza  -  afferma  bensi'  «[l]a  legittimita'  dell'intervento
legislativo di una Regione in funzione [immediatamente] attuativa  di
una direttiva  comunitaria»,  ma  contestualmente  precisa  che  tale
intervento dipende «dalla sua inerenza ad una materia attribuita alla
potesta' legislativa regionale». 
    4.1.4.-   Da   qui,   dunque,   l'illegittimita'   costituzionale
dell'esaminato art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria  n.  26  del
2017,  che  coinvolge,  nella  correlativa  declaratoria,  anche   le
connesse disposizioni di cui  al  comma  1  (che  fissa  l'ambito  di
operativita' della proroga ex lege) e al comma 3 del medesimo art.  2
(che demanda, come detto, ai Comuni di comunicare l'estensione  della
durata della concessione ai rispettivi titolari). 
    5.- Alla stregua  delle  considerazioni  che  precedono,  risulta
fondata  anche  la  questione  di  legittimita'  costituzionale   del
successivo art. 4, comma 1, della legge reg. Liguria n. 26 del  2017,
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    La fissazione, ivi disposta, di una durata  minima  (20  anni)  e
massima  (30  anni)  delle  "nuove"  concessione  demaniali  viene  a
disciplinare,   infatti,   un   oggetto   -   la   durata,   appunto,
dell'affidamento in concessione - che e'  riservato  alla  competenza
dello Stato in materia di tutela della concorrenza. E su tale materia
incide, per di piu', in modo particolarmente accentuato,  in  ragione
della eccessiva estensione della durata delle  concessioni  in  atto,
poiche', anche alla  luce  del  diritto  europeo,  «durate  eccessive
stimolano gestioni inefficienti» (sentenza n. 176 del 2018). 
      
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1,  2
e 3, e dell'art. 4, comma 1, della legge Regione Liguria 10  novembre
2017, n. 26 (Disciplina delle  concessioni  demaniali  marittime  per
finalita' turistico ricreative). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 gennaio 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA