N. 16 SENTENZA 8 gennaio - 8 febbraio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Caccia  -  Sistema  regionale  di  prenotazione   per   il   rilascio
  dell'autorizzazione e disciplina per  l'esercizio  della  mobilita'
  venatoria dei cacciatori. 
- Legge della Regione Veneto 29 dicembre 2017, n. 45 (Collegato  alla
  legge  di  stabilita'  regionale  2018),  art.  67,  comma  1,  che
  introduce l'art. 19-bis nella legge della Regione Veneto 9 dicembre
  1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per il
  prelievo venatorio). 
(GU n.7 del 13-2-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  67,  comma
1,  della  legge  della  Regione  Veneto  29  dicembre  2017,  n.  45
(Collegato alla legge di stabilita' regionale  2018),  che  introduce
l'art. 19-bis nella legge della Regione Veneto 9 dicembre 1993, n. 50
(Norme per la protezione della fauna  selvatica  e  per  il  prelievo
venatorio), promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  con
ricorso notificato il 26 febbraio 2018, depositato in cancelleria  il
2 marzo  2018,  iscritto  al  n.  18  del  registro  ricorsi  2018  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  14,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nella udienza  pubblica  dell'8  gennaio  2019  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e  Andrea  Manzi
per la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 26 febbraio 2018 e depositato il  2
marzo 2018 (reg. ric. n. 18 del 2018), il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha impugnato l'art. 67, comma 1,  della  legge  della  Regione
Veneto 29 dicembre 2017, n. 45 (Collegato alla  legge  di  stabilita'
regionale 2018), che introduce nella legge  della  Regione  Veneto  9
dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatica e
per il prelievo venatorio) l'art. 19-bis, disciplinante  il  "Sistema
regionale  di  prenotazione  e  disciplina  per   l'esercizio   della
mobilita' venatoria  dei  cacciatori  del  Veneto".  Tale  disciplina
sarebbe, ad avviso del  ricorrente,  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    Il ricorrente illustra, innanzitutto, l'oggetto  e  le  finalita'
del nuovo art. 19-bis impugnato. Il comma 1 prevede l'istituzione, da
parte  della  Giunta  regionale,  di   un   «sistema   regionale   di
prenotazione per il rilascio dell'autorizzazione  ai  cacciatori  del
Veneto  ad  esercitare  l'attivita'  venatoria  in   mobilita'   alla
selvaggina migratoria e di supporto informatico  a  ricerche,  studi,
analisi scientifiche e statistiche inerenti la  fauna  selvatica  del
Veneto». Al comma 2, l'articolo  censurato  riconosce  ai  cacciatori
residenti in Veneto il diritto, a partire  dal  1°  ottobre  di  ogni
anno,  di  «esercitare  la  caccia  in  mobilita'   alla   selvaggina
migratoria fino ad un massimo di  trenta  giornate  nel  corso  della
stagione venatoria anche in Ambiti territoriali di caccia del  Veneto
diversi da quelli a cui risultano iscritti, con esclusione della Zona
Lagunare e Valliva,  previa  autorizzazione  rilasciata  dal  sistema
informativo di cui al comma 1». Il meccanismo e  i  criteri  con  cui
tale autorizzazione verra' rilasciata sono  descritti  al  successivo
comma 3, secondo cui «[i]l sistema  informativo  regionale  autorizza
l'accesso  giornaliero  ad  un  numero  di  cacciatori  comunque  non
superiore  alla  differenza  tra  i  cacciatori  iscritti  all'Ambito
territoriale  di  caccia  ed  i  cacciatori  ammissibili  sulla  base
dell'indice di densita' venatoria massimo stabilito annualmente dalla
Giunta regionale». Al comma 4, infine, si prevede  che  «[l]a  Giunta
regionale, con propria  deliberazione,  stabilisce  le  modalita'  di
accesso al sistema regionale  di  prenotazione,  le  modalita'  e  le
regole  di  esercizio  della  mobilita'  venatoria   sul   territorio
regionale». 
    Ad  avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  tale
disciplina  deve   ritenersi   costituzionalmente   illegittima   per
violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  in
riferimento alla normativa  interposta  costituita  dagli  artt.  12,
comma 5, e 14, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n.  157  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio). 
    La disciplina impugnata consentirebbe infatti, in primo luogo, di
esercitare l'attivita' venatoria «in forme e con modalita'  ulteriori
rispetto a quelle individuate dall'art. 12, comma 5, della  legge  n.
157 del 1992, ponendosi, quindi, in contrasto con tale disposizione»;
in secondo luogo, essa costruirebbe  un  sistema  "automatizzato"  di
autorizzazione  all'accesso  di  ciascun  cacciatore  in  un   ambito
territoriale di caccia diverso da quello  in  cui  risulta  iscritto,
senza prevedere che tale  accesso  sia  subordinato,  come  prescrive
invece l'art. 14, comma 5, della legge n. 157  del  1992,  al  previo
consenso degli organi di gestione dell'ambito territoriale di  caccia
nel quale l'accesso deve essere autorizzato. 
    1.1.- Con riguardo al primo dei parametri interposti evocati,  il
Presidente del Consiglio dei ministri rileva che l'art. 12, comma  5,
della legge n. 157 del 1992  -  rubricato  «Esercizio  dell'attivita'
venatoria» - prevede che «[f]atto  salvo  l'esercizio  venatorio  con
l'arco o con il  falco,  l'esercizio  venatorio  stesso  puo'  essere
praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme: a) vagante in
zona Alpi; b) da appostamento  fisso;  c)  nell'insieme  delle  altre
forme di  attivita'  venatoria  consentite  dalla  presente  legge  e
praticate nel rimanente territorio destinato all'attivita'  venatoria
programmata». 
    La  disciplina  regionale  impugnata  consentirebbe   invece   di
esercitare l'attivita' venatoria «in forme e con modalita'  ulteriori
rispetto a quelle individuate dall'art. 12, comma 5, della  legge  n.
157 del 1992, ponendosi, quindi, in contrasto con tale disposizione». 
    1.2.- Con riguardo al secondo parametro interposto, il Presidente
del Consiglio dei ministri rileva che l'art. 14, comma 5, della legge
n. 157 del 1992 - rubricato «Gestione  programmata  della  caccia»  -
dispone che  «ogni  cacciatore,  previa  domanda  all'amministrazione
competente, ha diritto  all'accesso  in  un  ambito  territoriale  di
caccia o in un comprensorio alpino  compreso  nella  regione  in  cui
risiede e puo' avere accesso ad altri ambiti o ad  altri  comprensori
anche compresi in una diversa regione, previo consenso  dei  relativi
organi di gestione». 
    Il ricorrente  ritiene  che  la  disciplina  regionale  impugnata
introduca un sistema "automatizzato" di autorizzazione all'accesso di
ciascun cacciatore in un ambito territoriale  di  caccia  diverso  da
quello in cui risulta iscritto, senza prevedere che tale accesso  sia
subordinato, come  prescrive  invece  la  disciplina  statale,  a  un
provvedimento dell'amministrazione competente e  al  previo  consenso
degli organi di gestione dell'ambito territoriale di  caccia  in  cui
deve essere autorizzato l'accesso. Tali provvedimenti non  potrebbero
ritenersi surrogati da un'autorizzazione  concessa  "in  automatico",
con il solo limite numerico desumibile dal comma 3  dell'art.  19-bis
impugnato, dal momento che,  ad  avviso  della  difesa  statale,  «la
"riserva di amministrazione" prevista dalla  norma  statale  richiede
che l'Amministrazione competente valuti caso per caso,  in  relazione
alle circostanze del momento, ciascuna richiesta autorizzatoria». 
    2.- Si e' costituita in giudizio, con  memoria  depositata  il  4
aprile  2018,  la  Regione  Veneto,  chiedendo  che  il  ricorso  sia
dichiarato inammissibile o, comunque, infondato. 
    2.1.- Eccepisce anzitutto la difesa regionale che  la  previsione
impugnata sarebbe priva di lesivita'  attuale,  dal  momento  che  il
meccanismo autorizzatorio di cui al comma 3 esigerebbe «espressamente
il previo rilascio della autorizzazione di cui al  primo  comma,  che
dovra'  essere   conformata   nei   suoi   puntuali   contenuti   dal
provvedimento regolatorio di cui al quarto  comma,  il  quale  dovra'
tenere in considerazione sia i  criteri  fissati  dalla  legislazione
regionale sia quelli desumibili dalla legislazione statale». Di  qui,
ad avviso della difesa regionale, l'inammissibilita' del ricorso. 
    2.2.- Il ricorso statale sarebbe comunque infondato, dal  momento
che la disciplina impugnata,  lungi  dal  riconoscere  ai  cacciatori
residenti in Veneto «un  diritto  soggettivo  avente  ad  oggetto  la
facolta', libera e incondizionata [...] di  esercizio  dell'attivita'
venatoria in mobilita', ossia in Ambiti territoriali  di  caccia  del
Veneto diversi da quelli a cui gli stessi risultano  iscritti,  [...]
si limita a disciplinare un sistema di prenotazione per  il  rilascio
dell'autorizzazione». Proprio il persistente  «diaframma  del  potere
autorizzatorio»  degraderebbe  il   supposto   diritto   a   svolgere
l'attivita' venatoria in mobilita' «a mero interesse legittimo». 
    La difesa regionale nega, d'altra  parte,  l'esistenza  di  alcun
automatismo  tra  la  richiesta  dell'autorizzazione  da  parte   del
cacciatore e il rilascio della stessa. Fermo restando,  infatti,  che
ai sensi del comma 3 dell'articolo impugnato l'accesso giornaliero  a
un ambito territoriale diverso da quello di  iscrizione  puo'  essere
consentito «a un numero di cacciatori  comunque  non  superiore  alla
differenza tra  i  cacciatori  iscritti  all'Ambito  territoriale  di
caccia ed i cacciatori ammissibili sulla base dell'indice di densita'
venatoria massima  stabilito  annualmente  dalla  Giunta  regionale»,
l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' venatoria in  mobilita'
resterebbe comunque «subordinat[a] a uno stringente  controllo  delle
autorita' preposte in ordine alla gestione delle risorse  faunistiche
nel perseguimento dell'interesse di tutela imposto dalla legislazione
dello Stato, secondo quanto verra' previsto dalla  Giunta»  ai  sensi
del comma 4 dello stesso articolo impugnato. 
    In ogni caso, a  parere  della  difesa  regionale  la  disciplina
contenuta nelle disposizioni  impugnate  soddisferebbe  comunque  «la
ratio e la teleologia della norma interposta dell'art. 14,  comma  10
[recte:  5]  della  legge  n.  157  del  1992  come  declinata  dalla
giurisprudenza costituzionale», e in particolare  dalla  sentenza  n.
174 del 2017, ove questa Corte ha evidenziato  la  necessita',  quale
condizione  per  l'esercizio  della  mobilita'  venatoria,  che   sia
«consentito agli organi di gestione di avere  contezza  dei  soggetti
che  effettivamente  esercitano  l'attivita'  venatoria   in   quella
porzione di territorio».  Tale  esigenza  sarebbe  assicurata,  nella
disciplina regionale  ora  impugnata,  dalla  previsione  del  limite
numerico di cui al comma 3: limite numerico «che da un lato evita che
la pressione venatoria sul territorio  possa  diventare  eccessiva  o
comunque pregiudizievole e, al contempo, garantisce che le  autorita'
preposte alla gestione dell'attivita'  venatoria  sappiano  sempre  e
previamente il quantum di  soggetti  che  esercitino  la  caccia  nel
proprio ambito territoriale». 
    In definitiva, secondo la difesa regionale, la previsione  di  un
sistema informatico di prenotazione (e non di autorizzazione) - lungi
dal porsi in contrasto  con  le  finalita'  di  tutela  dell'ambiente
perseguite dalla legislazione statale sulla caccia - rappresenterebbe
piuttosto una «attuazione del canone di buon andamento della pubblica
amministrazione di  cui  all'art.  97  Cost.,  nella  misura  in  cui
costituisce   uno   strumento   di   interrelazione   tra    pubblica
amministrazione e cittadino diretto a semplificare i rapporti tra gli
stessi  e   a   garantire   speditezza,   efficacia   ed   efficienza
nell'esercizio dei pubblici poteri». 
    La difesa regionale pone, infine, a raffronto la  disciplina  qui
censurata con quella adottata dalla Regione Toscana nel 2010, e a suo
tempo non impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri, che ha
rinviato a un successivo regolamento regionale per la definizione dei
«criteri e delle modalita' di accesso  agli  Ambiti  territoriali  di
caccia dei cacciatori residenti e  non  residenti  in  Toscana  anche
attraverso la mobilita' venatoria», senza prevedere alcun parametro o
criterio  minimo  di  salvaguardia  sottratti  alla  discrezionalita'
dell'esecutivo  regionale.  La  relativa   disciplina   attuativa   -
introdotta con Decreto del Presidente della Giunta regionale  Toscana
5 settembre 2017, n. 48/R, recante «Regolamento di  attuazione  della
legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3  (Recepimento  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio") e  della  legge  regionale  9
febbraio 2016, n. 10 (Legge obiettivo per la gestione degli  ungulati
in Toscana. Modifiche alla l.r.  3/1994)»  -  contempla  all'art.  9,
rubricato  «Mobilita'  dei  cacciatori  toscani»,   un   sistema   di
teleprenotazione per consentire l'accesso ad Ambiti  territoriali  di
caccia ulteriori rispetto a quello  di  iscrizione  a  un  numero  di
cacciatori pari alla differenza dei cacciatori ammissibili sulla base
dell'indice di densita' venatoria massima e il totale dei  cacciatori
iscritti. 
    Ad avviso della difesa regionale,  la  disciplina  secondaria  in
vigore nella Regione Toscana risulterebbe cosi' «meno garantista»  di
quella introdotta dalla disciplina in questa sede impugnata, la quale
«non si e' limitata a prevedere una  delega  in  bianco,  come  fatto
dalla Regione Toscana (la cui disposizione non risulta  essere  stata
oggetto di impugnazione) ma ha invece introdotto principi  e  criteri
[atti] a vincolare l'organo esecutivo nel disciplinare  la  mobilita'
venatoria». 
    3.-  Nella  memoria  depositata  in   prossimita'   dell'udienza,
l'Avvocatura   generale   dello   Stato   contesta   la    fondatezza
dell'eccezione di inammissibilita' formulata dalla  difesa  regionale
e,  nel  merito,  ribadisce  gli  argomenti  gia'  dedotti   relativi
all'assenza di ogni valutazione discrezionale da parte  degli  organi
di  gestione  degli  ambiti  territoriali  di  caccia  nel   rilascio
dell'autorizzazione prevista dalla disciplina impugnata,  in  termini
incompatibili con la legislazione statale. 
    4.-  Anche  la  difesa  regionale  ha   presentato   memoria   in
prossimita' dell'udienza, sottolineando come la seconda  disposizione
statale evocata quale parametro interposto (art. 14, comma  5,  della
legge n. 157 del 1992) non avrebbe posto altri  limiti  all'attivita'
venatoria svolta negli ambiti territoriali «di seconda  opzione»,  se
non quelli comunque imposti dal calendario venatorio. Di  talche'  la
disciplina impugnata,  ponendo  limitazioni  ulteriori  all'esercizio
dell'attivita' venatoria in ambiti  diversi  dal  proprio  (quale  il
periodo piu' ristretto rispetto  a  quanto  consentito  dall'art.  18
della legge n. 157 del  1992,  l'esclusione  della  Zona  Lagunare  e
Valliva del territorio regionale, il divieto  di  superamento  giorno
per giorno dell'indice di densita' venatoria massimo), darebbe vita a
«una gestione piu' oculata  della  selvaggina  migratoria  e  [a]  un
sostanziale maggior rispetto dell'ambiente». 
    Il sistema informatico introdotto dalla Regione, in  particolare,
mirerebbe a «lenire l'impatto venatorio  sulla  fauna  migratoria,  a
distribuirlo  ordinatamente   sul   territorio,   a   consentire   un
monitoraggio costante sul suo andamento, ad  avere  un  piu'  elevato
livello di conoscenze della domanda  venatoria  e  delle  consistenze
delle varie specie di selvaggina in modo da permettere la migliore  e
piu'  efficiente  gestione  delle  risorse  faunistiche,  come   gia'
indicato» da questa Corte nelle sentenze n. 142 del 2013 e n.  4  del
2000. 
    Ne deriva, secondo la difesa regionale, che tale  nuovo  sistema,
introducendo un regime a prenotazione gestito in via informatica, «in
nulla deroga alle modalita' per l'esercizio dell'attivita'  venatoria
previste  nelle  norme  statali,  ma  permette  un  piu'   efficiente
controllo e una piu' efficace programmazione del fenomeno  a  livello
regionale [...] [i]l tutto in coerenza (per non dire in adempimento)»
di quanto stabilito dalla sentenza n. 174 del 2017 di questa Corte. 
    La difesa della Regione  conclude  rilevando  che  la  disciplina
«impugnata non  ha,  in  alcun  modo,  soppresso  o  condizionato  la
prerogativa concessa [a]gli organi di gestione di rilasciare il  loro
"previo consenso", che rimane un intangibile requisito per far  luogo
all'autorizzazione». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
67, comma 1, della legge della Regione Veneto 29 dicembre 2017, n. 45
(Collegato alla legge di stabilita' regionale  2018),  che  introduce
nella legge della Regione Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la
protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio)  l'art.
19-bis,  disciplinante  il  "Sistema  regionale  di  prenotazione   e
disciplina per l'esercizio della mobilita' venatoria  dei  cacciatori
del Veneto", in relazione all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione. 
    Secondo il ricorrente, il nuovo  art.  19-bis  della  legge  reg.
Veneto n. 50 del 1993 lederebbe la competenza  esclusiva  statale  in
materia di tutela  dell'ambiente,  sotto  un  duplice  e  concorrente
profilo. 
    Anzitutto, la disciplina impugnata  consentirebbe  di  esercitare
l'attivita' venatoria in  forme  e  modalita'  ulteriori  rispetto  a
quelle individuate dall'art. 12, comma 5,  della  legge  11  febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio), che prevede tre modalita' di caccia  da
esercitare in via esclusiva da parte di ciascun cacciatore. 
    In  secondo  luogo,  l'art.  19-bis  introdurrebbe   un   sistema
"automatizzato" di autorizzazione all'accesso di  ciascun  cacciatore
in un ambito territoriale di caccia diverso da quello in cui  risulta
iscritto, senza prevedere che  tale  accesso  sia  subordinato,  come
prescrive invece l'art. 14, comma 5, della legge n. 157 del 1992,  al
previo consenso degli organi di gestione dell'ambito territoriale nel
quale l'accesso deve essere autorizzato. 
    2.-  La  difesa  regionale  ha  eccepito  l'inammissibilita'  del
ricorso, in ragione dell'asserito difetto di lesivita' attuale  della
disciplina  impugnata.  Quest'ultima,   relativa   all'autorizzazione
all'accesso a un ambito territoriale di caccia diverso da  quello  di
iscrizione, non potrebbe infatti essere  considerata  self-executing,
in assenza del provvedimento  della  Giunta  regionale  previsto  dal
comma 4 dello stesso art. 19-bis. 
    L'eccezione e' infondata. 
    La circostanza  che,  nell'economia  della  disciplina  regionale
impugnata, le modalita' di accesso al  sistema  automatico  censurato
dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri  debbano  essere  ancora
oggetto di una  disciplina  di  dettaglio  da  parte  di  una  futura
deliberazione della Giunta regionale, non esclude che possa sin d'ora
legittimamente censurarsi la disciplina legislativa che introduce  un
sistema di  autorizzazione  automatico,  che  il  ricorrente  ritiene
lesivo della competenza statale in materia  di  tutela  dell'ambiente
proprio per il suo carattere automatizzato. E cio' a  prescindere  da
come potrebbe atteggiarsi in futuro  la  normativa  di  dettaglio  da
adottarsi da parte della Giunta regionale. 
    3.-  La  prima  censura  formulata   nel   ricorso,   concernente
l'asserito contrasto della disciplina regionale impugnata con  l'art.
12, comma 5, della legge n. 157 del  1992,  assunto  quale  parametro
interposto in relazione all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
della  Costituzione,  e'  inammissibile  per  radicale   difetto   di
motivazione. 
    L'Avvocatura generale dello Stato non ha infatti  in  alcun  modo
spiegato nelle proprie memorie perche' la disciplina regionale de qua
debba essere  interpretata  nel  senso  che  consenta  di  esercitare
l'attivita' venatoria in forme e con modalita' ulteriori  rispetto  a
quelle individuate dall'art. 12, comma 5,  della  legge  n.  157  del
1992. Ne' un tale chiarimento e' emerso nella discussione in udienza. 
    Nel  silenzio  serbato  sul  punto  dalla  disciplina   regionale
impugnata, deve pertanto ritenersi che la regola generale posta dalla
disciplina statale continui a trovare piena  applicazione,  e  che  -
conseguentemente - ciascun cacciatore possa chiedere di accedere a un
ambito  territoriale  di  caccia  diverso  da  quello  di  iscrizione
soltanto al fine di praticare la sola forma  di  attivita'  venatoria
per la quale egli abbia ottenuto  la  prescritta  autorizzazione,  ai
sensi dell'art. 12 della legge n. 157 del 1992. 
    4.-  La  seconda  censura  formulata  nel  ricorso,   concernente
l'asserito contrasto della disciplina impugnata con l'art. 14,  comma
5, della legge n. 157 del  1992,  assunto  anch'esso  come  parametro
interposto, non e' fondata. 
    4.1.- Secondo la costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la
materia della caccia rientra, dopo la revisione del Titolo V avvenuta
per opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al titolo V della parte seconda della Costituzione),  nella  potesta'
legislativa residuale delle Regioni, le quali sono nondimeno tenute a
rispettare  i  criteri  fissati  dalla  legge  n.  157  del  1992   a
salvaguardia dell'ambiente, che costituisce oggetto di una competenza
statale esclusiva, di carattere trasversale. Piu' precisamente,  tale
legge stabilisce il punto di equilibrio tra  «il  primario  obiettivo
dell'adeguata salvaguardia  del  patrimonio  faunistico  nazionale  e
l'interesse [...] all'esercizio dell'attivita'  venatoria»  (sentenza
n. 4 del 2000); conseguentemente, i livelli di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema da questa fissati non sono derogabili in peius  dalla
legislazione regionale (sentenze n. 7 del 2019, n. 174 del 2017 e  n.
303 del 2013). 
    4.2.- Le disposizioni dell'art. 19-bis, analiticamente  descritte
al punto 1 del Ritenuto in fatto, disciplinano in sintesi un «sistema
regionale di prenotazione per il rilascio  dell'autorizzazione»  alla
caccia  alla  selvaggina   migratoria   al   di   fuori   dell'ambito
territoriale di iscrizione di ciascun cacciatore, per un  massimo  di
trenta giornate nel  corso  della  stagione  venatoria.  Il  comma  3
dell'art.  19-bis  dispone,  in  particolare,   che   «[i]l   sistema
informativo regionale autorizza  l'accesso  giornaliero»  nell'ambito
territoriale di caccia  in  questione  «a  un  numero  di  cacciatori
comunque non superiore alla  differenza  tra  i  cacciatori  iscritti
all'Ambito territoriale di caccia ed i cacciatori  ammissibili  sulla
base dell'indice di densita' venatoria massima stabilito  annualmente
dalla Giunta regionale». 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ritiene  che  tale
meccanismo autorizzatorio contrasti, in ragione del suo  automatismo,
con la corrispondente disciplina dettata dall'art. 14, comma 5, della
legge n. 157 del 1992,  che  stabilisce  in  via  generale  che  ogni
cacciatore, previa domanda all'amministrazione competente, ha diritto
all'accesso in uno specifico ambito territoriale di  caccia,  e  puo'
inoltre avere accesso ad altri ambiti o  comprensori  (situati  nella
propria o in altra Regione) «previo consenso dei relativi  organi  di
gestione». 
    Nella prospettazione dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il
meccanismo di autorizzazione automatica disciplinato dal  legislatore
regionale veneto non consentirebbe agli organi di gestione di ciascun
ambito territoriale di esercitare,  caso  per  caso,  le  valutazioni
discrezionali  loro  demandate  dalla  legge  statale  rispetto  alla
decisione se autorizzare o meno l'accesso  di  nuovi  cacciatori  nel
rispettivo ambito territoriale. Cio'  determinerebbe  una  deroga  in
peius del livello di tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema  che  la
legge statale mira ad assicurare,  con  conseguente  invasione  della
competenza esclusiva dello Stato in materia da parte della disciplina
regionale impugnata. 
    4.3.- La difesa regionale ha proposto, nelle  proprie  memorie  e
nella discussione  orale,  una  lettura  dell'art.  19-bis  impugnato
secondo la quale il  sistema  informatico  ivi  disciplinato  sarebbe
funzionale  a  una  mera  «prenotazione»  da  parte  del   cacciatore
interessato ad accedere a un ambito territoriale diverso da quello di
iscrizione, mentre il rilascio dell'autorizzazione sarebbe  riservato
a un successivo provvedimento da parte degli organi di  gestione  dei
singoli ambiti territoriali. 
    Tale lettura non e', tuttavia, persuasiva. 
    In senso contrario milita, anzitutto, la littera legis. Il  comma
3  stabilisce,  infatti,  che  «il  sistema   informativo   autorizza
l'accesso giornaliero» a un determinato numero di cacciatori nei vari
ambiti territoriali. Il verbo «autorizza», riferito  direttamente  al
sistema informativo, non pare lasciare alcuno spazio alla prospettiva
di un ulteriore provvedimento autorizzatorio da  parte  dei  relativi
organi di gestione. 
    L'esame  dei  lavori  preparatori  della   disciplina   impugnata
evidenzia, inoltre, come il subemendamento n. C0210,  presentato  dal
consigliere di minoranza Zanoni nella seduta del  21  dicembre  2017,
diretto proprio a subordinare l'accesso negli ambiti territoriali  di
caccia al consenso espresso dei  relativi  organi  di  gestione,  sia
stato respinto dal Consiglio regionale. 
    Si deve pertanto ritenere che  il  sistema  informatico  previsto
dall'art. 19-bis citato, ancorche' denominato «sistema  regionale  di
prenotazione»,  sia  stato  in  realta'  concepito  dal   legislatore
regionale come un sistema di autorizzazione automatica  all'esercizio
dell'attivita' venatoria in ambito territoriale diverso da quello  di
iscrizione di ciascun cacciatore. 
    4.4.- Cionondimeno, ad avviso di questa Corte  la  disciplina  in
parola non determina una  deroga  in  peius  del  livello  di  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema garantito dalla legislazione statale,
e in particolare dall'art. 14, comma 5, della legge n. 157 del  1992,
invocato dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Il requisito, previsto dalla disposizione  statale,  del  «previo
consenso» degli organi di gestione del  singolo  ambito  territoriale
all'accesso  di  cacciatori  non  iscritti  nell'ambito  territoriale
stesso e' funzionale  all'esigenza  «di  permettere  un'attivita'  di
controllo da  parte  dell'amministrazione  competente»,  in  modo  da
consentire   a   quest'ultima   di    «verifica[re]    periodicamente
l'adeguatezza del rapporto tra i cacciatori autorizzati e la porzione
di territorio interessata» (sentenza n. 174 del 2017). Cio' anche  in
relazione alla possibilita' per l'organo direttivo del singolo ambito
territoriale, prevista dal successivo  comma  8  dell'art.  14  della
legge statale in  parola,  di  ammettere  «un  numero  di  cacciatori
superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purche'  si
siano accertate, anche mediante  censimenti,  modificazioni  positive
della popolazione faunistica». 
    Tale esigenza sostanziale appare  soddisfatta  da  un  meccanismo
autorizzatorio informatico come quello disciplinato dalla legge della
Regione  Veneto  qui  all'esame,  che  -  in   una   prospettiva   di
semplificazione  -  consente  al  cacciatore  non  iscritto   in   un
determinato ambito territoriale  di  accedervi  previa  verifica,  da
parte dello stesso sistema informatico, del  mancato  raggiungimento,
in  quel  medesimo  ambito  territoriale,  dell'indice  di   densita'
venatoria massima stabilito annualmente  con  delibera  della  Giunta
regionale. 
    Il  meccanismo  in  esame  infatti  consente,  da  un  lato,   di
assicurare che il  numero  di  cacciatori  presenti  giornalmente  in
ciascun ambito territoriale non superi il  massimo  che  la  delibera
della  Giunta  regionale,  nel  rispetto  dei  vincoli  posti   dalla
legislazione statale, ha gia' considerato in via generale compatibile
con le  esigenze  di  tutela  dell'ecosistema,  e  della  popolazione
faunistica migratoria in particolare; e, dall'altro, assicura che gli
stessi organi direttivi dei singoli ambiti territoriali,  composti  a
norma dell'art. 14, comma 10, della legge  n.  157  del  1992,  siano
costantemente in grado di avere contezza  del  numero  di  cacciatori
effettivamente ammessi. 
    La  circostanza  che  il  sistema  informatico   regolato   dalla
disciplina regionale impugnata non possa autorizzare  automaticamente
l'accesso in un determinato  ambito  territoriale  di  un  numero  di
cacciatori  superiore  all'indice  venatorio  massimo,   in   assenza
dell'apposita delibera dell'organo di gestione di cui  si  e'  detto,
esclude - d'altra parte  -  ogni  possibile  effetto  pregiudizievole
della disciplina regionale medesima rispetto  al  livello  di  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema assicurato dalla  disciplina  statale
di  riferimento.  L'automatismo  del  blocco  delle   ammissioni   di
cacciatori provenienti da altri ambiti al raggiungimento  dell'indice
venatorio massimo impedisce cosi' che si verifichi quanto altre volte
evidenziato da questa Corte in riferimento a  disposizioni  di  legge
regionali che consentivano «l'indiscriminato esercizio  della  caccia
alla  selvaggina  migratoria  in  tutti  gli  ambiti»,  in  dispregio
dell'esigenza di  garantire  «quella  equilibrata  distribuzione  dei
cacciatori, nell'esercizio dell'attivita' venatoria, che  costituisce
uno  degli  obiettivi  fondamentali  della  normativa   in   materia»
(sentenza n. 4 del 2000, cui adde sentenza n. 303 del 2013). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 67,  comma  1,  della  legge  della  Regione
Veneto 29 dicembre 2017, n. 45 (Collegato alla  legge  di  stabilita'
regionale 2018),  che  introduce  l'art.  19-bis  nella  legge  della
Regione Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione  della
fauna selvatica e per il prelievo venatorio), promossa dal Presidente
del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in  epigrafe,  in
riferimento  all'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, in relazione all'art.  12,  comma  5,  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio); 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del medesimo art. 67, comma 1, della legge reg. Veneto
n. 45 del 2017, promossa dal Presidente del Consiglio  dei  ministri,
con il ricorso indicato in epigrafe,  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all'art. 14, comma  5,
della legge n. 157 del 1992. 
    Cosi` deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 gennaio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                    Francesco VIGANO', Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA