N. 64 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 2018

Ordinanza  del  3  dicembre  2018  del  Tribunale   di   Torino   nel
procedimento  civile  promosso  da  R.  F.  contro  Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti  -  Ufficio  della  Motorizzazione  di
Cuneo. 
 
Circolazione stradale - Patente  di  guida  -  Requisiti  morali  per
  ottenere il rilascio - Diniego del rilascio della patente di  guida
  alle persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e  74  del
  d.P.R. n. 309 del 1990. 
In via subordinata:  Circolazione  stradale  -  Patente  di  guida  -
  Requisiti morali per ottenere il  rilascio  -  Ipotesi  in  cui  il
  soggetto non possa ottenere la riabilitazione  penale  per  ragioni
  temporali o altra causa - Diniego del  rilascio  della  patente  di
  guida alle persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74
  del d.P.R. n. 309 del 1990. 
- Decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
  strada), art. 120, comma 1. 
(GU n.18 del 2-5-2019 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
                        Prima Sezione Civile 
 
    Nella causa civile iscritta al n. r.g. 21309/2018 promossa da: 
        F R , con il patrocinio dell'avv. Alessandra  Sandri,  presso
il cui studio in Corso Cortemilia n. 3/1  in  Alba  e'  elettivamente
domiciliato; parte ricorrente; 
    Contro: Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -  ufficio
della motorizzazione di Cuneo, rappresentato ex lege  dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Torino, presso cui e' domiciliato;  parte
convenuta. 
    Il giudice dott. Luca Martinat, a scioglimento della riserva  che
precede, 
 
                          Osserva in fatto 
 
    Il ricorrente ha presentato  ex  art.  700  codice  di  procedura
civile un ricorso cautelare finalizzato ad  ottenere  la  sospensione
del provvedimento di diniego preventivo (motivato ex art. 120,  comma
primo, del decreto legislativo n. 285/1992 - Codice  della  strada  -
nel testo attualmente vigente) al rilascio della  patente  di  guida,
provvedimento a lui notificato dal Ministero delle  infrastrutture  e
dei trasporti - Ufficio della motorizzazione di Cuneo a seguito della
segnalazione effettuata dal Prefetto circa l'esistenza di  una  causa
ostativa (condanna ex art. 73 decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990). 
    A fondamento del ricorso il ricorrente ha esposto: 
        1) di esser stato condannato con sentenza resa dal  Tribunale
di Asti in data 2 febbraio 2018 su accordo delle parti  ex  art.  444
codice di procedura penale alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione
ed € 2.000,00 di multa, con sospensione condizionale della pena,  per
il reato di cui al comma 5 dell'art. 73 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990 per un fatto delittuoso del  7  dicembre
2017; 
        2) di aver  successivamente  alla  condanna  penale  superato
l'esame orale per il rilascio della patente di guida; 
        3) di  aver  tuttavia  ricevuto  il  provvedimento  impugnato
contenente  il  diniego  ex  art.  120,  comma  primo,  del   decreto
legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada) attualmente vigente, al
rilascio della patente, provvedimento a lui notificato dal  Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti - Ufficio  della  motorizzazione
di Cuneo; 
        4) che il predetto  provvedimento  di  diniego  era  motivato
proprio ed esclusivamente in virtu'  dell'automatismo  previsto  riga
suddetta norma fra il diniego preventivo al rilascio della patente  e
la condanna per qualsiasi ipotesi delittuosa di cui all'art.  73  del
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,  salvi  gli
effetti della riabilitazione penale, effetti che nella fattispecie in
esame tuttavia non potrebbero intervenire ex art. 179, comma  quarto,
cp., prima di 3 anni dalla  cessazione  del  periodo  di  sospensione
condizionale della pena (senza dimenticare tempi «tecnici»  necessari
successivamente al decorso  del  suddetto  termine  per  ottenere  il
provvedimento riabilitativo); 
        5)  che,  infatti,  l'art.  120,  comma  primo,  del  decreto
legislativo n. 285/1992 (Codice  della  strada)  attualmente  vigente
prevede espressamente, per quanto rileva in  questa  sede,  che  «Non
possono conseguire  la  patente  di  guida  i  delinquenti  abituali,
professionali o per tendenza le persone condannate per i reati di cui
agli articoli 73  e  74  del  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti  salvi  gli
effetti di provvedimenti riabilitativi ...»; 
        6) che con sentenza n. 22/2018 la Corte costituzionale  aveva
gia' dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  del  secondo  comma
dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice  della  strada)
(comma disciplinante  le  ipotesi  di  revoca  di  una  patente  gia'
concessa nel  caso  sopraggiungesse  una  delle  condizioni  ostative
previste dal suddetto secondo comma) «nella parte in cui con riguardo
all'ipotesi di condanna per reati di cui agli articoli 73  e  74  del
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.  309,  che
intervenga in data successiva a quella di rilascio della  patente  di
guida dispone che il prefetto "provvede" invece che "puo' provvedere"
alla revoca della patente»; 
        7) che la fattispecie di reato per cui era  stato  condannato
il ricorrente doveva essere considerata di  lieve  entita'  (condanna
per modesto quantitativo in detenzione di droghe leggere  a  fini  di
spaccio ex comma quinto dell'art. 73 del decreto del presidente della
Repubblica n. 309/1990, come emergente dalla sentenza di applicazione
della pena su richiesta delle parti prodotta); 
        8) che, dunque, l'automatismo al diniego del  rilascio  della
patente di guida previsto  dal  primo  comma  dell'art.  120  decreto
legislativo n. 285/1992 (Codice della strada), senza  che  sia  cioe'
consentito all'Amministrazione alcuna valutazione di  adeguatezza  ed
opportunita' del diniego rispetto alla fattispecie  concreta,  doveva
ritenersi sproporzionato ed irragionevole in relazione alla  gravita'
del caso concreto; 
        9) che,  pertanto,  il  ricorrente  concludeva  chiedendo  al
Tribunale   di   effettuare   un'interpretazione   costituzionalmente
orientata del disposto di cui al primo comma  dell'art.  120  decreto
legislativo  n.  285/1992  (ovvero  in  pratica  veniva  chiesto   di
estendere il dictum della  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
22/2018 anche alla fattispecie di cui al primo comma, per  quanto  la
pronuncia della Corte costituzionale sia stata espressamente riferita
alla sola fattispecie del secondo comma), o in subordine di sollevare
questione di legittimita'  del  prima  comma  dell'art.  120  decreto
legislativo n. 285/1992 per le  stesse  ragioni  gia'  esposte  dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 22/2018; 
        10) che, infatti, l'impossibilita di  conseguire  la  patente
impediva  al  ricorrente  (trattasi  di  un  giovane  che  sta  ormai
terminando il percorso  di  studi,  professionali  di  poter  cercare
utilmente un lavoro, specie in considerazione del fatto di vivere  in
un piccolo paese di provincia,  circostanza  che  rendeva  necessario
disporre di un mezzo  motorizzato  per  poter  accedere  a  qualsiasi
lavoro. 
    L'Amministrazione convenuta, quindi, ha contestato la  fondatezza
del ricorso, rilevando: 
        1) la differenza ontologica fra la revoca di una patente gia'
concessa (ipotesi di cui  al  secondo  comma  dell'art.  120  decreto
legislativo  n.  28511992  oggetto   della   sentenza   della   Corte
costituzionale  n.  22/2018)  rispetto  al  diniego   preventivo   al
rilascio, con conseguente impossibilita' di estendere il dictum della
declaratoria di incostituzionalita'; 
        2) che, infatti, alla previsione di cui al primo comma doveva
essere  attribuita  una  finalita'   meramente   preventiva   e   non
sanzionatoria, selezionando  il  primo  comma  semplicemente  diverse
ipotesi  in  presenza  delle   quali   viene   meno   automaticamente
l'affidabilita' morale di chi aspira a conseguire predetto titolo; 
        3) che la valutazione in capo all'Amministrazione era  quindi
vincolata e non discrezionale; 
        4) che, in ogni, caso la previsione di  cui  al  comma  prima
faceva salvi gli effetti della  riabilitazione  penale,  ottenuta  la
quale il ricorrente avrebbe potuto conseguire la patente di guida; 
        5)  l'insussistenza  del  periculum  in  mora,   potendo   il
ricorrente utilizzare i mezzi pubblici per i suoi spostamenti. 
 
                         Osserva in diritto 
 
    In punto giurisdizione va ricordata la piu' volte citata sentenza
n. 22/2018 della Corte costituzionale che da ultimo  ha  ribadito  la
giurisdizione del Giudice ordinario e non  di  quello  amministrativo
cosi' argomentando: "per risalente e consolidata giurisprudenza della
Corte  di  cassazione,  giudice   regolatore   della   giurisdizione,
provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 220 cod. strada  (incidenti
su diritti soggettivi non  degradabili  ad  interessi  legittimi  per
effetto della loro adozione, ne'  inerenti  a  materia  riconducibile
alla  giurisdizione  esclusiva  del  giudice   amministrativo)   sono
riservati, infatti, ala cognizione del giudice ordinario (ex  multis,
sezioni unite, sentenze 24 maggio 2014, n. 20406; 6 febbraio 2006, n.
2446; e, analogamente in tema di sospensione della patente, 27 aprile
2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8 luglio 2996,  n.  6232)".
Nel merito va  quindi  osservato  come  al  ricorrente  il  Ministero
convenuto abbia notificato un provvedimento di diniego preventivo  al
conseguimento  della  patente  di  guida  per   aver   ricevuto   una
segnalazione dal  Prefetto  in  ordine  all'esistenza  di  una  causa
ostativa al rilascio della  patente  ex  prima  comma  dell'art.  120
decreto legislativo n. 285/1992  (Codice  della  Strada),  ovvero  in
concreto una condanna per un reato di cui all'art. 73 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, evento cui la norma  collega
in via automatica il diniego  al  rilascio  della  patente,  privando
l'Amministrazione del potere di compiere qualsivoglia valutazione  in
punto opportunita'  ed  adeguatezza  del  diniego  rispetto  al  caso
concreto. 
    Il   Tribunale   osserva   quindi    in    punto    profili    di
incostituzionalita' della norma in  esame  che  con  la  sentenza  n.
22/20113     la     Corte     costituzionale     aveva     dichiarato
l'incostituzionalita'  del  secondo  comma  dell'art.   120   decreto
legislativo n. 285/1992 (che  disciplina  la  diversa  ipotesi  della
revoca  di  una  patente  gia'  concessa   per,   fra   l'altra,   il
sopraggiungere di una condanna per un reato di cui  all'art.  73  del
DPR  n.  309/1990)  per  violazione  del  principi  di   eguaglianza,
proporzionalita' e ragionevolezza di  cui  all'art.  3  Cost.  "nella
parte in cui con riguardo all'ipotesi di condanna per  reati  di  cui
agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della  Repubblica  9
ottobre 2990, n. 309, che intervenga in data successiva a  quella  di
rilascio della patente di guida dispone che  il  prefetto  "provvede"
invece che "puo' provvedere" revoca della patente". 
    Le argomentazioni a suffragio della  suddetta  declaratoria  sono
state  quindi  le  seguenti:  "La  disposizione  denunciata   -   sul
presupposto di una indifferenziata valutazione di  sopravvenienza  di
una con dizione ostativa al mantenimento del titolo  di  abilitazione
alla guida - ricollega, infatti, in via automatica, medesimo effetto,
la revoca di  quel  titolo,  ad  una  varieta'  di  fattispecie,  non
sussumibili in termini di omogeneita', atteso che la condanna, cui la
norma fa riferimento,  puo'  riguardare  reati  di  diversa,  se  non
addirittura di lieve, entita'. Reati che, per di piu', possono  (come
nella specie) essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di
definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne  l'attitudine  a
fondare, nei  confronti  del  condannato,  dopo  un  tale  intervallo
temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti  soggettivi  per  il
mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in  via
automatica, all'attualita'. 
    Ulteriore profitto  di  irragionevolezza  della  disposizione  in
esame  e',   poi,   ravvisabile   nell'automatismo   della   "revoca"
amministrativa rispetto alla discrezionalita' della parallela  misura
del "ritiro" della patente che, ai sensi dell'art. 85 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia
la condanna per i reati in questione «puo' disporre», motivandola,  a
per un periodo non superiore a tre anni" in quanto "mentre il giudice
penale ha la "facolta'" di disporre, ove  lo  ritenga  opportuno,  il
ritiro della patente, prefetto ha invece il "dovere" di  disporne  la
revoca". 
    La  ratio  decidendi  della  sentenza  n.  22/2018  della   Corte
costituzionale, incentrata sulla violazione dell'art. 3  della  Carta
costituzionale, e' stata dunque triplice,  ovvero:  1)  l'automatismo
della revoca della patente e legato  a  fattispecie  di  reato  anche
assai diverse quanto alla loro gravita; 2)  i  reati  possono  essere
stati commessi anche molti anni prima della revoca della patente, con
conseguente  possibile  venire  meno  dell'attualita'  del   pericolo
connesso al rilascio della patente; 3) il giudice penale  che  emette
una condanna per i reati di cui agli art. 73 e  74  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 ha la facolta' di disporre il
ritiro della patente, mentre l'Autorita' amministrativa ha  l'obbligo
di effettuare la revoca. 
    Tali profili di  incostituzionalita',  quindi,  ad  avviso  della
scrivente, possono essere riferiti anche alla analoga  previsione  di
cui at comma prima dell'art.  120  decreto  legislativo  n.  285/1992
(Codice della Strada), anche in  combinato  disposto  con  l'art.  16
della  Cost.  (per  l'incidenza  della  norma   sulla   liberta'   di
movimento). In particolare, il primo profilo  (diversa  gravita'  dei
reati a  cui  la  legge  collega  l'automatismo  della  revoca  della
patente) si presenta identico anche con riferimento  alla  previsione
di cui al comma primo  in  punto  diniego  preventivo  automatico  al
rilascio della patente. 
    Anche il secondo profilo (possibile scarto temporale fra data  di
commissione del reato ostativo e revoca della  patente)  si  presenta
identico. 
    Il terzo profilo (disparita' di trattamento rispetto  al  Giudice
penale che, nel comminare una pena per  reati  di  droga,  puo'  -  e
quindi non deve - ritirare la  patente)  presenta  affinita'  con  la
previsione di cui al comma prima dell'art. 120 decreto legislativo n.
285/1992 (Codice della Strada), pur non essendovi identita'. 
    Il  Giudice  penale,   infatti,   interviene   (o   meglio   puo'
intervenire) solamente a posteriori, ovvero  solamente  per  revocare
una patente gia' concessa, non essendo invece focalizzato ad impedire
il conseguimento di una patente non ancora in esistenza. 
    Tale ultima ipotesi, in effetti, e  sostanzialmente  disciplinata
proprio dal comma prima dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992
oggetto  del  presente  scrutinio,  vista  che  tale  norma   dispone
esattamente l'automatismo ha condanna penale per i reati di cui  agli
articoli 73 e 74 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 e diniego preventivo  al  rilascio  della  patente  in  sede
amministrativa. 
    La previsione del suddetto automatismo, quindi, ad  avviso  della
scrivente si  pone  in  contrasto  con  i  principi  di  eguaglianza,
proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.  (anche  in
relazione agli interessi tutelati dall'art. 16 Cost.), non parendo in
effetti ragionevole che l'Autorita' amministrativa non possa svolgere
alcuna valutazione di opportunita' nell'adottare un provvedimento  di
diniego  preventivo  al  rilascia  della  patente   quando   in   una
fattispecie assai simile i  Giudice  penale  ha  la  possibilita'  di
effettuare una valutazione di opportunita' nel revocare  una  patente
gia' concessa: ad identita' di ratio legis (impedire che un  soggetto
ritenuto non degno possa conseguire la patente a mantenere la patente
di  guida  gia'  ottenuta)  dovrebbe  infatti  seguire  identita'  di
previsione normativa in punto discrezionalita' a  meno  nell'adozione
della misura, indipendentemente dall'organo  chiamato  alla  suddetta
valutazione (Giudice penale a Autorita' amministrativa). 
    Un quarto  profilo  di  incostituzionalita'  emerge,  sempre  per
violazione dell'art. 3  Cost.  (anche  in  relazione  agli  interessi
tutelati dall'art. 26 Cost.), infine, dal  testo  del  secondo  comma
dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 cosi'  come  risultante
dalla piu'  volte  citata  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
22/2018. 
    Pare infatti irragionevole e non proporzionato ex  art.  3  della
Cost. attribuire in capo  all'Autorita'  amministrativa  in  caso  di
revoca  della  patente  gia'  concessa  un  potere  discrezionale  di
valutazione della gravita e dell'attuale rilevanza di condanne penali
per reati di cui agli articoli 73 e 74  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/19901 e  non  attribuire  un  analogo  potere
all'Autorita'  amministrativa  in  caso  di  diniego  preventivo   al
rilascio della patente, sempre in relazione alle  identiche  condanne
penali per i reati di cui agli articoli  73  e  74  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  n.  309/1990:  l'identita'  sostanziale
della situazione  giuridica  soggettiva  e  della  ratio  legis  pare
infatti imporre una soluzione legislativa omogenea e coerente. 
    Ritiene quindi lo scrivente che la norma in  esame  debba  essere
sottoposta a scrutinio di costituzionalita' per  i  4  profili  sopra
descritti. 
    In via subordinata, limitando lo scrutinio  di  costituzionalita'
ad un'ipotesi piu' circoscritta, va aggiunto che la previsione di cui
al primo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992  secondo
cui il diniego preventivo al rilascio della  patente  viene  meno  in
caso di intervenuta riabilitazione penale non appare di per se idonea
a superare i profili di incostituzionalita' sopra riferiti, in quanto
ciascuno di essi puo' a ben vedere sussistere  in  un  (anche  lungo)
arco di tempo in cui la parte non e' nelle condizioni temporali  (per
non essere decorso ancora il periodo previsto dal codice  penale  per
conseguire la riabilitazione) o di  altra  ragione  per  chiedere  la
riabilitazione penale. 
    Potrebbe, infatti, essere sostenuto  (come  fa  l'Amministrazione
convenuta) che la previsione del venire memo del  diniego  preventivo
automatico al rilascio della patente in  rasa  di  ottenimento  della
riabilitazione  penale  sia  in  grado   di   superare   profili   di
incostituzionalita'   riscontrati   dalla   sentenza   della    Corte
costituzionale n. 22/2018, in quanto pone un limite  temporale  e  di
meritevolezza al divieto normativo. 
    Lo scrivente tuttavia non condivide tale valutazione. 
    Permangono, infatti, i  seri  dubbi  di  costituzionalita'  sopra
esposti nell'automatismo della  previsione  normativa  prevedente  il
diniego preventivo al rilascio della patente, sia quando la parte non
si trovi nelle condizioni temporali o  di  altra  natura  per  potere
chiedere la  riabilitazione  sia  quanto  la  parte  si  trovi  nelle
predette condizioni. 
    Pare, infatti, sempre irragionevole la disparita  di  trattamento
rispetto alla previsione discrezionale del ritiro  della  patente  da
parte  del  Giudice  penale  (in  quanto,   nell'immediatezza   della
condanna, il Giudice penale puo'  non  ritirare  la  patente,  mentre
l'Autorita' amministrativa e' in ogni caso impedita nel rilasciare la
patente  per  molti  anni  dopo  la  condanna  penale  e  sino   alla
riabilitazione  senza   la   possibilita'   di   alcuna   valutazione
d'opportunita'). 
    Identico  ragionamento  deve  essere  svolto  in  relazione  alla
disparita' di trattamento rispetto alla previsione di  cui  al  comma
secondo dell'art. 120 decreto  legislativo  n.  285/1992  cosi'  come
risultante   dalla   piu'   volte   citata   sentenza   della   Corte
costituzionale n.  22/2018  (in  quanto,  a  seguito  della  condanna
penale, l'Autorita' amministrativa  puo'  non  revocare  la  patente,
mentre la stessa Autorita' amministrativa e' in  ogni  caso  impedita
nel rilasciare la patente per molti anni dopo la  condanna  penale  e
sino alla riabilitazione senza la possibilita' di alcuna  valutazione
d'opportunita'). 
    Infine, la necessita' di dover attendere la riabilitazione penale
per il venir meno del diniego preventivo al  rilascio  della  patente
contrasta anche con  gli  ulteriori  profili  di  incostituzionalita'
sopra riferiti, ovvero l'automatismo del diniego malgrado la  diversa
gravita' del fatti di reato  ed  il  diverso  tempo  trascorso  dalla
commissione del reati stessi. 
    Viene quindi  proposta  anche  una  piu'  limitata  questione  di
costituzionalita' del prima comma dell'art. 120  decreto  legislativo
n. 285/1992, identica a quella proposta in via principale, ma con  la
sola limitazione del vaglio  costituzionale  all'ipotesi  in  cui  la
parte non possa (per ragioni temporali a altra causa) giovarsi  della
riabilitazione penale al fine di  elidere  gli  effetti  ostativi  al
rilascio della patente derivanti da una condanna per i reati  di  cui
agli 73 e 74 del DPR n. 309/1990, pur ribadendosi, tuttavia,  in  via
principale la tesi per cui gli effetti  della  riabilitazione  penale
non rilevino in ogni caso al fine  del  superamento  del  profili  di
incostituzionalita' sopra riferiti. 
    In effetti, se la parte ha conseguito la  riabilitazione  penale,
viene ovviamente meno in via automatica l'effetto ostativo di cui  al
prima comma dell'art. 120 del decreto legislativo n. 285/1992. 
    La riabilitazione penale, tuttavia,  presuppone  da  un  lato  il
decorso di un certo  periodo  di  tempo  dall'esecuzione  della  pena
nonche', dall'altro lato, uno scrutinio piu' severo rispetto a quello
introdotto dalla sentenza n. 22/2018 della  Corte  costituzionale  in
relazione al secondo comma dell'art. 120 del decreto  legislativo  n.
285/1992 (per il conseguimento  della  riabilitazione,  infatti,  fra
l'altro il condannato deve  aver  scontato  la  pena,  fornito  prove
effettive  e  costanti  di  buona  condotta  nonche'  adempiuto  alle
obbligazioni civili  derivanti  dal  reato,  mentre  ex  sentenza  n.
22/2018 deve aversi a riguardo ad ipotesi meno  pregnanti,  quale  la
gravita' del fatto e l'attualita' del pericolo). 
    Da quanto precede possono quindi  essere  ipotizzati  casi  (come
quello oggetto del presente procedimento) in  cui  la  parte  non  e'
nelle condizioni di ottenere la riabilitazione penale per difetto dei
presupposti di legge temporali e/o sostanziali  (e  quindi  per  essa
resta  vigente  l'impossibilita'  disposta  in  via   automatica   di
conseguire la patente), ma rispetta i criteri di discrezionalita'  di
cui alla sentenza n. 22/2018 della Corte costituzionale  adottata  in
riferimento al secondo comma dell'art. 120 del decreto legislativo n.
285/1992 (e quindi in questo  caso  la  parte  potrebbe  non  vedersi
revocata la patente alla luce di  una  valutazione  discrezionale  di
adeguatezza da parte dell'Amministrazione). 
    I profili di incostituzionalita' sopra riferiti per disparita' di
trattamento rispetto ad ipotesi simili e rispetto alla  gravita'  dei
fatti (anche sotto un profilo temporale), pertanto, ad  avviso  dello
scrivente  rimangono  intatti,  malgrado  la   previsione   normativa
presente nel comma prima dell'art. 120  del  decreto  legislativo  n.
285/1992 in punto riabilitazione; in ogni caso, viene proposta  anche
la questione di costituzionalita' piu' limitata. 
 
Osserva in punto esistenza di  un'interpretazione  costituzionalmente
                        orientata della norma 
 
    Ritiene la scrivente  che  non  sia  possibile,  atteso  il  dato
letterale  inequivoco  del  comma   prima   dell'art.   120   decreto
legislativo n. 285/1992 (Coclice della Strada), fornire alla suddetta
norma un'interpretazione  costituzionalmente  orientata  (ovvero,  in
concreto, procedere con  l'applicazione  della  sentenza  n.  22/2018
della Corte costituzionale dettata solamente per  la  fattispecie  di
cui al comma secondo anche alle ipotesi di cui al comma primo),  come
invero richiesto dalla difesa del ricorrente. 
    Il   dato   letterale   del   comma   primo,   infatti,   esclude
un'interpretazione giudiziale che attribuisca un potere discrezionale
di  valutazione  in  capo  all'Amministrazione   in   punto   diniego
preventivo al rilascio della patente. 
    L'interpretazione    costituzionalmente    orientata,     invece,
presuppone che il dato normativo consenta una  certa  interpretazione
(per quanto eventualmente mai in precedenza applicata  dagli  operati
del diritto), ipotesi non sussistente nella fattispecie in esame. 
    E quindi va ricordato che "non spetta allo Stato, e per esso alla
Corte di cassazione, disapplicare le leggi regionali, neppure qualora
appaiano in contrasto con la legislazione  statale,  dovendo  qualora
dubiti della legittimita' costituzionale di una legge, rimettere  gli
atti alla Corte costituzionale che  e'  il  solo  organo  deputato  a
compiere tale verifica di costituzionalita'"  (Corte  costituzionale,
14  giugno  1990,  n.  285).   L'interpretazione   costituzionalmente
orientata, infatti, deve essere "compatibile  con  la  lettera  della
legge e fa cornice normativa entro  cui  essa  si  inserisce"  (Corte
costituzionale, 06/12/2017, n. 253),  sicche'  ad  esempio  non  puo'
essere accolta l'eccezione  di  inammissibilita'  per  omesso  previo
tentativo  di  interpretazione  costituzionalmente  orientata   delle
questioni incidentali di legittimita' costituzionale qualora  "stante
la univocita'  delle  disposizioni  censurate  (non  suscettibili  di
letture alternative, che del resto la stessa Avvocatura  dello  Stato
neppure prospetta), non vi era, nella specie, spazio per un tentativo
di  esegesi  adeguatrice  di  cui  possa  addebitarsi  al  rimettente
l'omissione" (Corte costituzionale, 12/10/2017,  n.  213),  principio
perfettamente applicabile nella fattispecie in esame. 
    Infatti, "a fronte di adeguata motivazione circa l'impedimento ad
un'interpretazione     costituzionalmente     compatibile,     dovuto
specificamente  al  "tenore   letterale   della   disposizione",   la
possibilita' di  un'ulteriore  interpretazione  alternativa,  che  il
giudice a quo non ha ritenuto di  fare  propria,  non  riveste  alcun
significativo rilievo ai fini del rispetto delle regale del  processo
costituzionale,  in  quanto  la  verifica  dell'esistenza   e   della
legittimita' di  tale  ulteriore  interpretazione  e'  questione  che
attiene al merito della controversia, e non alla sua  ammissibilita'"
(Corte costituzionale, 24/02/2017, n. 42). 
 
            Osserva in punto rilevanza nel caso concreto 
 
    La questione di legittimita' costituzionale prospettata (compresa
quella subordinata in quanto limitata all'assenza di discrezionalita'
nel diniego preventivo al rilascio della patente allorquando la parte
non puo' per ragioni  temporali  o  per  altri  motivi  domandare  la
riabilitazione penale) e manifestamente rilevante  nella  fattispecie
in esame. 
    Il ricorrente, infatti, si e'  visto  negare  il  rilascio  della
patente senza alcuna valutazione  specifica  del  caso  concreto,  in
stretta applicazione del dettato normativo  di  cui  al  comma  primo
dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada). 
    Per completezza in relazione alla questione di  costituzionalita'
sollevata in via subordinata, va aggiunto che il ricorrente non  puo'
ancora richiedere la riabilitazione penale  (che  fa  venire  meno  i
presupposti per il diniego preventivo)  per  non  essere  decorso  il
termine   di   legge   (3   anni   dalla   condanna   sospensivamente
condizionata). 
    Qualora,   invece,   la   norma   censurata   fosse    dichiarata
incostituzionale (anche per la questione subordinata) con  estensione
dei principi costituzionali di cui alla  sentenza  n.  22/2018  della
Corte costituzionale dettata in relazione al secondo comma  dell'art.
120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada), il ricorso
cautelare  dovrebbe  trovare  accoglimento  in  considerazione  della
modesta gravita' dei fatti a fondamento della condanna penale (per di
piu' ex art. 444 c.p.p., per un'ipotesi di  reato  di  cui  al  comma
quinto dell'art. 73 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990), la quale ha comportato una  pena  detentiva  a  sua  volta
modesta di 1 anno e 4 mesi di  reclusione,  fra  l'altro  interamente
sospesa, nonche' in considerazione del tempo trascorso senza recidiva
(un anno), della giovane  eta'  del  ricorrente  (19  anni)  e  della
rilevante incidenza (in punto periculum in mora)  del  diniego  della
patente  sulla  vita  quotidiana  del  ricorrente  stesso  in   punto
mobilita, anche ex  art.  16  Cost.  Ora  pure  detto  che  e'  stata
dimostrata l'esistenza di una proposta di lavoro  che  presuppone  il
possesso della patente), avendo  egli  la  necessita'  per  qualsiasi
spostamento di servirsi do un mezzo di trasporto privato  ricorrente,
infatti, non risiede in luoghi serviti da adeguati mezzi di trasporto
pubblico). 
    Il mantenimento in  vita  della  disposizione,  invece,  comporta
inevitabilmente il rigetto del ricorso. Il giudizio, quindi, non puo'
essere definito senza la pronuncia di costituzionalita'. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost. e 23 e sg. della legge n. 87/1953, 
    ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzione dell'art  120,  comma  primo,  del  decreto
legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada), nel testo  attualmente
vigente: 
        1) con riferimento agli articoli 3 e 16 Cost., nella parte in
cui prevede il diniego in via automatica al rilascio della patente di
guida alle persone condannate per i reati di cui agli articoli  73  e
74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della  Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, a prescindere da ogni  valutazione  in  punto
gravita' del reato commesso,  delle  pene  concretamente  irrogate  e
dell'attuale pericolosita' del soggetto; 
        2) in  via  subordinata  e  limitata,  con  riferimento  agli
articoli 3 e 16 Cost., nella parte in cui prevede il diniego  in  via
automatica al rilascio della patente di guida alle persone condannate
per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico  di  cui  al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre  1990,  n.  309,  a
prescindere da ogni valutazione in punto gravita del reato  commesso,
delle pene concretamente irrogate e  dell'attuale  pericolosita'  del
soggetto, il tutto nell'ipotesi in cui il  soggetto  interessato  non
possa  per  ragioni  legate  al  tempo  necessario  per  ottenere  la
riabilitazione penale o di altra natura  ottenere  la  riabilitazione
penale (circostanza che elimina l'effetto ostativo al rilascio di cui
alle condanne sopra riferite). 
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Sospende il presente procedimento  fino  all'esito  del  giudizio
incidentale di costituzionalita'. 
    Ordina la comunicazione del presente provvedimento ai  Presidente
della Camera e del Senato della Repubblica. 
    Dispone la notificazione della presente ordinanza alle  parti  ed
alla Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    Si comunichi. 
      Torino, 3 dicembre 2018 
 
                        Il Giudice: Martinat