N. 142 SENTENZA 7 maggio - 13 giugno 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Rifiuti - Definizione delle strategie di gestione - Esclusione  della
  combustione del combustibile solido secondario, dei rifiuti  o  dei
  materiali  e  sostanze  derivanti  dal  trattamento   dei   rifiuti
  medesimi. 
- Legge della Regione Marche 28 giugno 2018,  n.  22  (Modifica  alla
  legge regionale 12 ottobre 2009, n.  24  «Disciplina  regionale  in
  materia di gestione integrata  dei  rifiuti  e  bonifica  dei  siti
  inquinati»), artt. 1, 2 e 3. 
-   
(GU n.25 del 19-6-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  1  e  2
della legge della Regione Marche 28 giugno 2018, n. 22 (Modifica alla
legge regionale 12 ottobre  2009,  n.  24  «Disciplina  regionale  in
materia di  gestione  integrata  dei  rifiuti  e  bonifica  dei  siti
inquinati»), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri,  con
ricorso notificato il 3-7 settembre 2018, depositato  in  cancelleria
l'11 settembre 2018, iscritto al n. 59 del registro  ricorsi  2018  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  41,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  7  maggio  2019  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 3-7 settembre 2018 e depositato l'11 settembre 2018, ha
proposto, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione, questioni di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 1 e 2 della legge della Regione Marche 28 giugno  2018,  n.  22
(Modifica alla legge regionale 12 ottobre  2009,  n.  24  «Disciplina
regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei
siti inquinati»). 
    2.- Premette il ricorrente che la legge reg.  Marche  n.  22  del
2018 consta di tre articoli ed ha ad oggetto disposizioni «in materia
di gestione integrata dei rifiuti e  bonifica  dei  siti  inquinati»,
destinate ad  integrare  e  modificare  la  disciplina  regionale  di
riferimento, contenuta nella legge della Regione  Marche  12  ottobre
2009, n. 24 (Disciplina regionale in materia  di  gestione  integrata
dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati). 
    Cio' premesso, nel ricorso si evidenzia che l'art. 1 esplicita le
finalita' della legge  regionale  oggetto  di  censure.  Prevede,  in
particolare, che, nel rispetto degli strumenti programmatici, vengono
definite  le  «strategie  di  gestione  dei  rifiuti  escludendo   la
combustione del Combustibile solido secondario (CSS), dei  rifiuti  o
dei materiali  e  sostanze  derivanti  dal  trattamento  dei  rifiuti
medesimi, quale strumento di  gestione  dei  rifiuti  o  di  recupero
energetico». Si segnala, inoltre, che il comma 1  dell'art.  2  della
legge regionale in  esame,  in  linea  con  le  descritte  finalita',
modifica il contenuto del comma  1  dell'art.  10  della  legge  reg.
Marche n. 24 del 2009, stabilendo che «[i]l PdA [piano  d'ambito]  e'
redatto, in conformita' al Piano regionale di gestione dei rifiuti di
cui  all'art.  5,  escludendo  qualsiasi  forma  di  combustione  del
Combustibile solido secondario (CSS), dei rifiuti o dei  materiali  e
sostanze derivanti dal trattamento dei rifiuti medesimi, ad eccezione
del metano». 
    3.- Ad avviso del ricorrente le norme in  questione  invadono  la
competenza legislativa esclusiva dello Stato prevista dall'art.  117,
secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  perche'   non   consentono   il
trattamento  termico  come  operazione  di  gestione   dei   rifiuti,
prevedendo l'esclusione di tale opzione  dalla  redazione  del  piano
d'ambito che definisce le strategie di gestione dei rifiuti in ambito
locale. Eliminando  l'opzione  del  recupero  energetico,  sarebbero,
dunque in  contrasto  con  molteplici  parametri  statali  interposti
dettati a presidio dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    4.- In primo luogo, le norme regionali censurate,  nell'escludere
l'opzione del recupero  energetico,  sarebbero  in  contrasto  con  i
criteri di priorita' stabiliti dal  primo  comma  dell'art.  179  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale) nel definire la gerarchia da seguire, con  riguardo  alla
gestione dei rifiuti, per  l'individuazione  della  migliore  opzione
ambientale (comma 2 del citato art. 179).  Criteri,  questi,  dettati
dalla evocata  norma  statale  in  pedissequa  attuazione  di  quanto
disposto  dall'art.  4  della  direttiva  2008/98/CE  del  Parlamento
Europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti  e
che abroga alcune direttive, attraverso i quali viene anteposto  allo
smaltimento ogni altro tipo di recupero dei rifiuti,  compreso  anche
il recupero di energia. 
    5.- Ad avviso del ricorrente, le norme impugnate  si  pongono  in
contrasto anche con gli artt. 195, comma 1, lettere f) e p),  e  196,
comma 1, lettere n) e o), del d.lgs. n. 152 del  2006.  Disposizioni,
queste, attraverso le quali il legislatore statale, nel  regolare  la
materia  della  gestione  dei  rifiuti  anche  in  attuazione   delle
direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE,  ha
individuato poteri e funzioni  dei  diversi  livelli  di  Governo  da
esercitare «in  conformita'  alle  disposizioni  di  cui  alla  parte
quarta» dello stesso decreto (cosi' l'art. 177, comma 5,  del  citato
d.lgs. n. 152 del 2006). 
    Il ricorrente rimarca che spetta allo Stato sia  l'individuazione
degli impianti di recupero e di smaltimento di  preminente  interesse
nazionale da realizzare per la  modernizzazione  e  lo  sviluppo  del
Paese, sentita la Conferenza unificata, procedendo secondo  finalita'
di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio  nazionale
(art. 195,  comma  1,  lettera  f);  sia  l'indicazione  dei  criteri
generali relativi alle caratteristiche delle  aree  non  idonee  alla
localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti  (art.  195,
comma 1, lettera p). 
    Per contro, sottolinea il ricorrente, l'art. 196,  comma  1,  del
d.lgs. n. 152 del 2006 definisce le competenze  «delle  Regioni,  nel
rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla  parte
quarta del presente decreto, ivi  compresi  quelli  di  cui  all'art.
195», attribuendo alle stesse una serie di poteri, tra  i  quali  «la
definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province,
delle  aree  non  idonee  alla  localizzazione  degli   impianti   di
smaltimento e di recupero  dei  rifiuti,  nel  rispetto  dei  criteri
generali indicati nell'art. 195, comma  1,  lettera  p)»  (art.  196,
comma  1,  lettera  n);  nonche'  «la  definizione  dei  criteri  per
l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento» (art.
196, comma 1, lettera o). 
    Cio' precisato, ad avviso  del  ricorrente,  le  norme  regionali
impugnate, imponendo un divieto generale di realizzazione e  utilizzo
di  determinati  impianti  su  tutto  il  territorio  regionale,  non
contengono ne' un criterio di localizzazione, ne' di idoneita'  degli
impianti: sarebbero, dunque, estranee alle competenze  ascritte  alle
Regioni  sulla  base  dei   citati   parametri   interposti   perche'
introducono un limite assoluto, che si traduce  in  una  aprioristica
determinazione dell'inidoneita' di tutte  le  aree  della  Regione  a
ospitare i predetti impianti. 
    Di qui l'illegittimita' delle disposizioni  regionali  censurate,
in linea, peraltro, con la giurisprudenza di questa  Corte  in  forza
della quale, alla luce delle superiori considerazioni, e' stata  gia'
ritenuta (sentenza n. 285 del 2013), l'illegittimita'  costituzionale
di  una  norma  regionale  che  disponeva  un  divieto  generale   di
realizzazione e utilizzazione di impianti di trattamento a caldo  per
lo smaltimento dei rifiuti sull'intero territorio della  regione  (in
quella occasione) interessata. 
    6.- Secondo il  ricorrente,  infine,  le  disposizioni  regionali
impugnate sarebbero in contrasto anche con  le  previsioni  dell'art.
35, comma 1, del decreto-legge 12  settembre  2014,  n.  133  (Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive), convertito con modificazioni nella legge
11 novembre 2014,  n.  164,  in  forza  del  quale  gli  impianti  di
incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e  assimilati
sono qualificati come «[...] infrastrutture e insediamenti strategici
di preminente interesse  nazionale  [...]»,  che  «[...]  attuano  un
sistema  integrato  e  moderno  di  gestione  di  rifiuti  urbani   e
assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza,
consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di  infrazione
per mancata attuazione delle norme europee di settore e  limitano  il
conferimento di rifiuti in discarica». Disposizione, questa,  rimarca
il  ricorrente,  che  e'   stata   espressamente   e   specificamente
riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale  come  riconducibile
alla competenza esclusiva statale in materia ambientale (sentenze  n.
154 e n. 110 del 2016). 
    Sotto questo  profilo,  inoltre,  le  norme  regionali  censurate
sarebbero in conflitto anche con le previsioni del d.P.C.m. 10 agosto
2016 (Individuazione della capacita' complessiva di trattamento degli
impianti  di  incenerimento  di  rifiuti  urbani  e  assimilabili  in
esercizio o autorizzati a livello nazionale,  nonche'  individuazione
del fabbisogno  residuo  da  coprire  mediante  la  realizzazione  di
impianti  di  incenerimento  con  recupero  di   rifiuti   urbani   e
assimilati), reso in attuazione del citato art. 35 del  d.l.  n.  133
del 2014. Decreto, questo, tramite il  quale  e'  stato  definito  il
quadro del fabbisogno di  incenerimento  su  scala  nazionale  e  per
ciascuna Regione,  e  che  prevede,  come  rimarcato  dall'Avvocatura
generale dello Stato,  la  collocazione  di  uno  degli  impianti  in
questione proprio all'interno del territorio della Regione resistente
(Tabella C allegata al  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri citato). 
    7.- Con atto depositato il 17 ottobre 2018 la Regione  Marche  si
e'  costituita  contestando  la   fondatezza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale sollevate dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri e concludendo per la reiezione del ricorso. 
    8.- Con successiva  memoria  depositata  il  16  aprile  2019  la
Regione resistente ha esposto le argomentazioni dirette  a  sostenere
la legittimita' costituzionale delle disposizioni censurate. 
    In   particolare,   ha   sottolineato   la   valenza    meramente
programmatica delle  norme  censurate,  in  quanto  tali  inidonee  a
concretare le ragioni di vulnus prospettate dal ricorrente. 
    Ancora, ha escluso l'addotta violazione dell'art. 179 del  d.lgs.
n. 152 del 2016, giacche' le disposizioni impugnate, tra  le  diverse
possibilita' di recupero energetico realizzato  per  il  tramite  del
trattamento termico dei rifiuti, escludono solo  quelle  legate  alla
combustione, facendo salve altre  ipotesi  quali  la  pirolisi  e  la
gassificazione,  espressamente  prese  in  considerazione   dall'art.
237-ter del citato decreto. 
    Le  norme  contestate  dal  ricorrente,  dunque,  non   avrebbero
connotazioni tali da mettere in  discussione  l'ordine  di  priorita'
imposto dalla norma statale evocata quale parametro interposto. 
    La resistente ha anche evidenziato che le disposizioni  censurate
non entrano in conflitto con le previsioni dettate dagli  artt.  195,
comma 1, lettere f) e p), e 196, comma  1,  lettere  n),  e  o),  del
d.lgs. n. 152 del 2006. Piuttosto, secondo la difesa  della  Regione,
le  dette  norme  sarebbero  espressione  della  competenza  ascritta
dall'art. 196 del medesimo decreto che, alla lettera b) del comma  1,
assegna alle Regioni il compito di  procedere  alla  regolamentazione
dell'attivita' di gestione dei rifiuti.  Per  tale  profilo,  sarebbe
inconferente il richiamo reso dal Governo alla sentenza  della  Corte
n. 285 del 2013: cio'  in  quanto,  in  quella  occasione,  la  norma
scrutinata precludeva  la  realizzazione,  all'interno  del  relativo
perimetro territoriale, di ogni ipotesi di  trattamento  termico  dei
rifiuti, compresi quelli implicitamente assentiti dalle  disposizioni
ora poste allo scrutinio della Corte. 
    Ne', infine, per le medesime ragioni da  ultimo  evidenziate,  vi
sarebbe violazione dell'art. 35, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014  e
del d.P.C.m. 10  agosto  2016,  reso  in  attuazione  del  primo:  le
disposizioni statali evocate, infatti,  sottolinea  la  difesa  della
resistente, fanno generico riferimento alla realizzazione di impianti
di incenerimento cosi come definiti dall'art. 237-ter del  d.lgs.  n.
152  del  2006,  tra  i  quali,  per  quanto  gia'  rimarcato,  vanno
considerati anche quelli di gassificazione e pirolisi,  non  preclusi
dalle norme censurate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso depositato l'11 settembre 2018 (reg. ric.  n.  59
del 2018), il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato  gli
artt. 1 e 2 della legge della Regione Marche 28 giugno  2018,  n.  22
(Modifica alla legge regionale 12 ottobre  2009,  n.  24  «Disciplina
regionale in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei
siti inquinati»), in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera
s), della Costituzione. 
    2.- Giova premettere, in linea con le indicazioni  contenute  nel
ricorso, che la legge reg. Marche n. 22  del  2018,  complessivamente
composta da tre articoli, ha ad oggetto disposizioni «in  materia  di
gestione integrata  dei  rifiuti  e  bonifica  dei  siti  inquinati»,
destinate ad  integrare  e  modificare  la  disciplina  regionale  di
riferimento, contenuta nella legge della Regione  Marche  12  ottobre
2009, n. 24 (Disciplina regionale in materia  di  gestione  integrata
dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati). 
    2.1.- L'art. 1  della  legge  impugnata  esplicita  le  finalita'
dell'intervento normativo regionale posto allo  scrutinio  di  questa
Corte. 
    Prevede,  in  particolare,  che,  nel  rispetto  degli  strumenti
programmatici, vengano definite le «strategie di gestione dei rifiuti
escludendo la combustione del combustibile solido  secondario  (CSS),
dei rifiuti o dei materiali e sostanze derivanti dal trattamento  dei
rifiuti medesimi, quale  strumento  di  gestione  dei  rifiuti  o  di
recupero energetico». 
    2.2.- Il successivo art. 2, comma 1, in linea  con  le  descritte
indicazioni di principio,  sostituisce  il  contenuto  dell'art.  10,
comma 2, della legge reg. Marche n. 24 del 2009, stabilendo che «[i]l
PdA [piano d'ambito] e' redatto, in conformita' al Piano regionale di
gestione dei rifiuti di cui all'art. 5, escludendo qualsiasi forma di
combustione del combustibile solido secondario (CSS), dei  rifiuti  o
dei materiali  e  sostanze  derivanti  dal  trattamento  dei  rifiuti
medesimi, ad eccezione del metano». 
    2.3.- Anche il comma 2 del citato  art.  2  incide  sul  disposto
dell'art.  10  della  legge  reg.  Marche  n.  24  del   2009.   Piu'
precisamente, ne integra  il  contenuto  in  conseguenza  delle  gia'
evidenziate modifiche apportate al comma 2,  prevedendo  che  «[A]lla
fine del comma 7 dell'articolo 10 della L.R. n. 24/2009 sono aggiunte
le seguenti parole: "nonche' il rispetto delle previsioni di  cui  al
comma 2"». 
    3.- Ad avviso del ricorrente, le disposizioni contenute nell'art.
1 e nel comma 1 dell'art. 2 della legge reg. Marche n.  22  del  2018
invadono la competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  prevista
dall'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.   perche'   non
consentono il trattamento termico come  operazione  di  gestione  dei
rifiuti, entrando, dunque,  in  contrasto  con  molteplici  parametri
statali   interposti,   dettati   a    presidio    dell'ambiente    e
dell'ecosistema. 
    3.1.- Le norme regionali censurate, nell'escludere l'opzione  del
recupero energetico, sarebbero, in primo luogo, in  contrasto  con  i
criteri di priorita' previsti  dal  primo  comma  dell'art.  179  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale), attraverso i quali - in attuazione  di  quanto  disposto
dall'art. 4 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo  e  del
Consiglio, del 19 novembre 2008,  relativa  ai  rifiuti,  che  abroga
alcune direttive previgenti - viene definita la gerarchia da seguire,
con riguardo alla gestione dei rifiuti,  nella  individuazione  della
migliore opzione ambientale (comma 2 del citato art. 179). 
    Criteri, questi, che antepongono allo  smaltimento  in  discarica
ogni altro tipo di recupero dei rifiuti,  compreso  anche  quello  di
energia  realizzato  per  il  tramite  del  trattamento  termico  dei
rifiuti. 
    3.2.- Le  disposizioni  regionali  impugnate,  ancora,  sarebbero
altresi' in contrasto con l'art. 195, comma  1,  lettere  f),  e  p),
nonche' con l'art. 196, comma 1, lettere n) e o), del  citato  d.lgs.
n. 152 del 2006. Norme, queste, attraverso le  quali  il  legislatore
statale, nel regolare la  materia  della  gestione  dei  rifiuti,  ha
individuato poteri e funzioni  dei  diversi  livelli  di  governo  da
esercitare «in  conformita'  alle  disposizioni  di  cui  alla  parte
quarta» dello stesso decreto (cosi' l'art. 177, comma 5,  del  d.lgs.
n. 152 del 2006). 
    Secondo  il  ricorrente,  le  disposizioni  regionali   impugnate
esondano dalle competenze ascritte alle Regioni sulla base dei citati
parametri interposti e introducono, piuttosto,  un  limite  assoluto,
che si traduce in un'aprioristica determinazione dell'inidoneita'  di
tutte le aree della Regione a ospitare i predetti impianti. 
    3.3.- Le disposizioni regionali impugnate sarebbero,  infine,  in
contrasto con le previsioni contenute  nell'art.  35,  comma  1,  del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito con modificazioni  nella  legge  11
novembre 2014, n. 164, attraverso le quali, come  recita  la  rubrica
dell'articolo in  questione,  sono  state  introdotte  tra  le  altre
«[M]isure urgenti per la  realizzazione  su  scala  nazionale  di  un
sistema adeguato e integrato di gestione dei  rifiuti  urbani  e  per
conseguire   gli   obiettivi   di   raccolta   differenziata   e   di
riciclaggio.[...]». 
    Ad  avviso  del  ricorrente,   le   norme   regionali   censurate
contrastano con il  citato  parametro  statale  nella  parte  in  cui
qualifica gli impianti di incenerimento con  recupero  energetico  di
rifiuti urbani e assimilati in termini  di  «[...]  infrastrutture  e
insediamenti strategici di preminente interesse nazionale [...]», che
«[...] attuano un sistema integrato e moderno di gestione di  rifiuti
urbani   e   assimilati,   garantiscono   la   sicurezza    nazionale
nell'autosufficienza, consentono di superare  e  prevenire  ulteriori
procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di
settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica». 
    Del  pari,  le  disposizioni  regionali  impugnate  sarebbero  in
conflitto  con  le   previsioni   del   d.P.C.m.   10   agosto   2016
(Individuazione della  capacita'  complessiva  di  trattamento  degli
impianti  di  incenerimento  di  rifiuti  urbani  e  assimilabili  in
esercizio o autorizzati a livello nazionale,  nonche'  individuazione
del fabbisogno  residuo  da  coprire  mediante  la  realizzazione  di
impianti  di  incenerimento  con  recupero  di   rifiuti   urbani   e
assimilati), reso in attuazione del citato art. 35, comma 1, del d.l.
n. 133 del 2014, definendo, tra le altre cose,  il  fabbisogno  degli
impianti di  incenerimento  da  realizzare  su  scala  nazionale  con
«finalita' di progressivo riequilibrio socio-economico  fra  le  aree
del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi  di  raccolta
differenziata e di riciclaggio, tenendo  conto  della  pianificazione
regionale». 
    4.- Cio' premesso, occorre, in primo  luogo,  definire  l'oggetto
del giudizio proposto dal ricorrente. 
    Le conclusioni del ricorso sono riferite agli artt. 1 e  2  della
legge reg. Marche  n.  22  del  2018.  In  relazione  a  tale  ultimo
articolo, tuttavia, le censure risultano  prospettate  esclusivamente
in riferimento al comma 1, mentre  nel  ricorso  nulla  si  argomenta
quanto al comma 2 del medesimo articolo. 
    Tale ultima disposizione, tuttavia, come gia' evidenziato, svolge
un  pedissequo  richiamo  al  contenuto  del  comma  1  del  medesimo
articolo, oggetto immediato delle censure prospettate. Nei  confronti
della stessa, dunque,  possono  implicitamente  ritenersi  estese,  a
caduta, le argomentazioni spese nei confronti del comma 1,  in  linea
con il contenuto delle conclusioni esposte nel ricorso. 
    5.- Nel merito, le censure  esposte  dal  ricorrente  a  sostegno
delle questioni prospettate con il ricorso in esame  sono  fondate  e
portano alla  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni regionali fatte oggetto di impugnazione. 
    6.- Con le norme contenute nella legge regionale n. 22 del  2018,
la Regione Marche, in termini sia  programmatici  (art.  1),  sia  di
anteposta definizione del futuro contenuto dei piani  d'ambito  (art.
2), ha escluso, all'interno del relativo perimetro territoriale, ogni
ipotesi di gestione dei rifiuti mediante combustione, comprese quelle
che  garantiscono  un  recupero  d'energia  valorizzando  il   calore
sprigionato dal relativo trattamento termico. 
    Viene fatta salva,  unicamente,  l'ipotesi  della  produzione  di
metano, ottenuto da processi di termovalorizzazione, cui fa  espresso
riferimento l'ultima parte del citato primo comma dell'art. 2,  senza
che cio', tuttavia, incida sulla radicalita'  della  scelta  ostativa
adottata con le disposizioni in esame. 
    Si tratta, all'evidenza, di disposizioni  destinate  ad  incidere
sulle politiche da perseguire e  sugli  strumenti  da  utilizzare  in
concreto in tema di gestione dei rifiuti. 
    Non e' in discussione, quindi, la riconducibilita'  alla  materia
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»,  riservata  allo  Stato  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  secondo  il
costante orientamento  di  questa  Corte  (ex  plurimis,  da  ultimo,
sentenze n. 150 e n. 151 del 2018; n. 244 del 2016). 
    7.- A fronte di una  tale  evidenza,  la  Regione  resistente  ha
contestato la fondatezza  delle  questioni  sottolineando,  in  prima
battuta, la valenza meramente programmatica delle norme censurate, in
quanto tali inidonee a concretare le ragioni  di  vulnus  prospettate
dal ricorrente. 
    Ancora,  la  difesa  della  resistente   ha   escluso   l'addotta
violazione dell'art. 179 del d.lgs. n. 152 del 2016. A suo avviso, le
disposizioni impugnate,  tra  le  diverse  possibilita'  di  recupero
energetico realizzate per il  tramite  del  trattamento  termico  dei
rifiuti, escludono solo quelle legate alla combustione, facendo salve
altre ipotesi, quali la pirolisi e la  gassificazione,  espressamente
prese in considerazione dall'art.  237-ter  del  citato  decreto.  Le
norme censurate, dunque, non sarebbero tali da mettere in discussione
l'ordine di priorita' imposto  dalla  norma  statale,  evocata  quale
parametro interposto. Ne', del resto, vi sarebbe violazione dell'art.
35, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014 e delle disposizioni  contenute
nel d.P.C.m. 10 agosto 2016, reso in attuazione del  primo:  siffatte
previsioni, ad avviso della Regione, farebbero  generico  riferimento
alla realizzazione di impianti di incenerimento, cosi  come  definiti
dall'art. 237-ter del d.lgs. n. 152 del 2006, tra i quali, per quanto
gia'  rimarcato,  vanno  considerati  anche  quelli  di  pirolisi   e
gassificazione, la cui collocazione nel  territorio  marchigiano  non
sarebbe, dunque, preclusa dalle norme censurate. 
    La difesa della resistente, inoltre, ha anche evidenziato che  le
disposizioni censurate non sarebbero in conflitto con  le  previsioni
dettate dagli artt. 195, comma 1, lettere f) e p), nonche' 196, comma
1, lettere n) e o), del d.lgs. n.  152  del  2006;  piuttosto,  dette
norme sarebbero espressione della competenza ascritta  dall'art.  196
del medesimo decreto, che alla lettera b) del comma  1  assegna  alle
Regioni il compito di procedere alla regolamentazione  dell'attivita'
di gestione dei rifiuti. 
    8.- Assume, in  tal  senso,  un  rilievo  assorbente  l'affermato
contrasto delle disposizioni censurate con gli artt.  195,  comma  1,
lettere f) e p), nonche' 196, comma 1, lettere n) e o), del d.lgs. n.
152  del  2006;  disposizioni,  queste,  attraverso   le   quali   il
legislatore statale, nel  regolare  la  materia  della  gestione  dei
rifiuti, ha individuato poteri e  funzioni  dei  diversi  livelli  di
governo, ripartiti tra lo Stato, le Regioni e  gli  enti  locali,  da
esercitare in conformita' alle disposizioni contenute nel  Titolo  I,
Parte IV dello stesso decreto. 
    8.1.- In questa ottica, tra le competenze  che  lo  Stato  si  e'
riservato, in linea con le piu'  generali  funzioni  di  indirizzo  e
coordinamento (art. 195, comma 1, lettera a), con la definizione  dei
criteri generali e delle metodologie per la  gestione  integrata  dei
rifiuti (art. 195, comma 1, lettera b),  e  con  l'individuazione  di
obiettivi di qualita' dei servizi di gestione dei rifiuti (art.  195,
comma 1, lettera l), assume un rilievo centrale,  per  cio'  che  qui
rileva, quella afferente l'individuazione degli impianti di  recupero
e di smaltimento  ritenuti  di  preminente  interesse  nazionale,  da
realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese  procedendo
secondo finalita' di riequilibrio socio-economico  fra  le  aree  del
territorio nazionale (art. 195, comma 1, lettera f). 
    8.2.- Con riguardo agli impianti di incenerimento,  una  siffatta
scelta e' stata adottata dallo Stato per  il  tramite  dell'art.  35,
comma 1, del d.l. n.  133  del  2014;  disposizione  -  anche  questa
evocata  dal  ricorrente  a  sostegno  della  addotta  illegittimita'
costituzionale delle norme regionali impugnate - che questa Corte  ha
gia' avuto modo di scrutinare, confermandone la riconducibilita' alla
competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma,  lettera
s), perche' diretta  a  perseguire  un  livello  uniforme  di  tutela
ambientale sull'intero territorio nazionale (sentenze n. 154 e n. 244
del 2016). 
    8.2.1.- In particolare, l'evocato art. 35, comma 1, nel demandare
ad un successivo d.P.C.m., tra gli altri  compiti,  anche  quello  di
individuare  i  nuovi  impianti  di   incenerimento   da   realizzare
sull'intero territorio nazionale in ragione del  fabbisogno  all'uopo
riscontrato,  ha  precisato  che  i  detti  impianti   «costituiscono
infrastrutture e  insediamenti  strategici  di  preminente  interesse
nazionale, attuano un sistema integrato  e  moderno  di  gestione  di
rifiuti urbani e  assimilati,  garantiscono  la  sicurezza  nazionale
nell'autosufficienza, consentono di superare  e  prevenire  ulteriori
procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di
settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica». 
    8.2.2.- Al disposto dell'art. 35, comma 1, del d.l.  n.  133  del
2014, e' stata data attuazione con il d.P.C.m. 10 agosto  2016,  pure
questo evocato dal ricorrente a supporto  delle  censure  prospettate
nel ricorso. Tramite tale decreto  ministeriale,  per  quel  che  qui
immediatamente interessa, si e' provveduto alla determinazione  degli
impianti da realizzare o da  potenziare  (allegato  III  del  decreto
ministeriale,  in  combinato  disposto  con  l'art.  5  dello  stesso
decreto), distinguendo il  territorio  nazionale  in  cinque  diverse
macroaree (Nord, Centro, Sud, Sardegna, Sicilia), per poi individuare
(tabella C allegata al decreto) le Regioni,  ricomprese  in  ciascuna
macro-area, presso le quali allocare  i  suddetti  impianti  (tenendo
conto dei criteri descritti nel richiamato allegato III). 
    8.2.3.- In particolare, con riguardo al territorio della  Regione
Marche, all'interno dell'Allegato III al d.P.C.m.  citato,  e'  stata
prevista la realizzazione di un nuovo impianto di incenerimento  «con
capacita'  pari  a  190.000  tonnellate/anno  di  rifiuti  urbani   e
assimilati»; impianto, questo, che in quanto di nuova  realizzazione,
non potra' che rientrare tra  quelli  definiti  di  «coincenerimento»
dall'art. 237-ter, lettera c) del d.lgs. n.  152  del  2006,  perche'
necessariamente connotato dalla funzione di recupero energetico, come
imposto dalla lettura combinata dei commi 1 e 4 dell'art. 35 del d.l.
n. 133 del 2014. 
    8.3.-  Pare  dunque  evidente  che  le   disposizioni   regionali
impugnate, escludendo aprioristicamente la collocazione, sul relativo
territorio, di impianti cosi' qualificati  dal  legislatore  statale,
invadano la competenza legislativa esclusiva ascritta a quest'ultimo,
ostacolando la realizzazione delle finalita' di riequilibrio  tra  le
aree del territorio nazionale poste a fondamento, in parte  qua,  del
riparto di competenze previsto, nella materia afferente  la  gestione
dei rifiuti, di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 (sentenza  n.  285  del
2013). 
    9.- Ne'  puo'  condividersi  l'interpretazione,  suggerita  dalla
difesa  della  resistente,  in  forza  della  quale  le  disposizioni
regionali  impugnate  non  sarebbero  integralmente   ostative   alla
realizzazione, nel territorio della Regione Marche,  di  qualsivoglia
trattamento termico, perche' escluderebbero unicamente  impianti  nei
quali si da' luogo a processi di  combustione  diretta  dei  rifiuti.
Secondo questa lettura, la disciplina  regionale  finirebbe,  dunque,
per  consentire  la  realizzazione  di   impianti   di   pirolisi   e
gassificazione, questi  ultimi  espressamente  considerati  dall'art.
237-ter, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 152 del  2006,  cosi'  da
risultare puntualmente rispettosa  delle  scelte  statali  da  ultimo
adottate con l'art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014  e
con il d.P.C.m. 10 agosto 2016. 
    9.1.- Il tenore delle disposizioni sottoposte allo  scrutinio  di
questa Corte, considerato dal punto di vista  del  dato  letterale  e
visto anche in una piu' ampia ottica di sistema,  non  autorizza  una
siffatta lettura interpretativa. 
    9.2.-  Giova  premettere  che  nel  definire  gli   impianti   di
incenerimento (art. 273-ter, lettera b) e  di  coincenerimento  (art.
273-ter, lettera c), tra loro differenziati in ragione della relativa
funzione (solo nei secondi, per quanto gia'  precisato,  il  recupero
energetico o di materiali rappresenta  la  funzione  principale),  il
d.lgs. n. 152 del 2006 prende in considerazione  sia  le  ipotesi  di
trattamento termico connotate dalla «ossidazione» dei rifiuti, tra le
quali va annoverata la combustione diretta (reazione chimica  tra  un
comburente, in genere l'ossigeno, e un combustibile, qui i  rifiuti),
sia quelle caratterizzate dall'assenza completa (pirolisi) o parziale
(gassificazione e processo al plasma) di ossidazione. 
    9.3.-  Cio'  precisato,  le  disposizioni  impugnate   fanno   un
letterale ed esclusivo riferimento ai  fenomeni  di  combustione  dei
rifiuti  (con  l'eccezione   della   combustione   finalizzata   alla
produzione del metano). Se il fine perseguito fosse stato  quello  di
escludere i soli processi termici  di  combustione  diretta,  facendo
salvi quelli di pirolisi e gassificazione  (per  riferirsi  a  quelli
evocati  dalla  difesa),  il  legislatore  regionale  avrebbe  dovuto
indicare espressamente quelli che, di contro,  intendeva  legittimare
nel suo territorio, evitando, cosi', ambiguita' semantiche foriere di
potenziali   distonie   interpretative,   suscettibili   di   portare
all'illegittimita' costituzionale della relativa disciplina alla luce
della  peculiarita'  della  materia  in  gioco,  estranea  alla   sua
competenza (sentenza n. 107 del 2017). 
    In  linea  con  il  contenuto  della  legislazione   statale   di
riferimento e in assenza di una espressa indicazione dei  trattamenti
ritenuti  realizzabili  nel  perimetro  territoriale  regionale,  per
addivenire alla soluzione interpretativa suggerita dalla difesa della
resistente, sarebbe  stato  necessario  il  riferimento  espresso  ai
sistemi di ossidazione dei rifiuti, assente o  diversamente  presente
nelle tecniche diverse dalla combustione diretta. 
    10.- Non e' peraltro superfluo precisare che una siffatta  scelta
normativa,  quale  quella  che  evoca  la  difesa  della  resistente,
compatibile o  meno  con  il  tenore  delle  disposizioni  censurate,
lascerebbe  comunque  inalterato  il   giudizio   gia'   reso   sulla
riscontrata violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. perche' comunque estranea alle competenze legislative spettanti
alle Regioni in materia di gestione dei rifiuti. 
    10.1.- Rilevano a tal fine le  indicazioni  ricavabili  dall'art.
195, comma 1, lettera p), e dall'art. 196, comma 1, lettere n)  e  o)
del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    Secondo quanto gia' sottolineato da  questa  Corte,  le  suddette
disposizioni attribuiscono  allo  Stato  «l'indicazione  dei  criteri
generali relativi alle caratteristiche delle  aree  non  idonee  alla
localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti» (art.  195,
comma 1, lettera p);  nel  rispetto  di  tali  criteri  generali,  la
Regione definisce i «criteri per  l'individuazione,  da  parte  delle
province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di
smaltimento e di recupero dei rifiuti» (art. 196,  comma  1,  lettera
n); inoltre, la Regione determina i «criteri per l'individuazione dei
luoghi o impianti idonei allo smaltimento [...]» (art. 196, comma  1,
lettera o), dovendo rispettare «i principi previsti  dalla  normativa
vigente e dalla parte  quarta  del  presente  decreto,  ivi  compresi
quelli di cui all'articolo 195 [...]», sulla base di quanto  indicato
nella parte iniziale dello stesso art. 196, comma 1 (sentenza n.  285
del 2013). 
    In linea con tale quadro normativo, alle  Regioni  e'  consentito
individuare eventuali criteri di localizzazione sempre che  cio'  non
determini l'impossibilita' di una localizzazione  alternativa  (oltre
alla gia' citata sentenza n. 285 del 2013, anche la sentenza  n.  154
del 2016). 
    10.2.- Ed il giudizio non muta laddove il perimetro  del  divieto
imposto aprioristicamente dalla legge  regionale  dovesse  riguardare
solo alcune tipologie di impianti di trattamento termico dei rifiuti. 
    Anche una  tale  previsione,  infatti,  sottende  una  scelta  di
principio  destinata  a  ricadere  nell'ambito  delle  politiche   da
perseguire per affrontare il tema  della  gestione  dei  rifiuti.  In
quanto tale,  sarebbe  unicamente  riservata  allo  Stato,  tenuto  a
garantire  livelli  uniformi   di   tutela   sull'intero   territorio
nazionale. 
    10.3.- Per altro verso, va rimarcato  che,  con  l'art.  2  della
legge regionale in esame, la Regione resistente ha predeterminato  in
via  normativa  non  solo  il  contenuto  di  potenziali  valutazioni
programmatiche, correlate alle relative situazioni  territoriali,  ma
anche di successive scelte strategiche attuative, tipicamente proprie
dei piani regionali ex art. 199 del d.lgs. n.  152  del  2006  e  dei
piani d'ambito previsti dall'art. 203, comma 3, del medesimo decreto. 
    Si' e'  dunque  anticipato,  in  forma  di  legge,  il  contenuto
oggettivo di interventi regionali che la  legge  statale  correla  ad
atti di pianificazione aventi la forma dell'atto amministrativo,  sul
presupposto  che  solo  in  tal  modo  e'  possibile  assicurare  «le
"garanzie  procedimentali  per  un  giusto  equilibrio  tra  i   vari
interessi in gioco, da soddisfare anche attraverso l'acquisizione  di
pareri tecnici"» (in termini, da ultimo,  sentenza  n.  28  del  2019
proprio  con  riferimento  alle   scelte   inerenti   gli   atti   di
pianificazione previsti nella gestione integrata dei rifiuti). 
    L'intervento regionale - consentito dalla legge statale  in  nome
della competenza legislativa esclusiva dettata in materia  ambientale
- realizzato senza  l'osservanza  del  modulo  procedimentale  e  dei
criteri fissati dalla  legislazione  statale,  finisce,  dunque,  per
implementare le ragioni di fondatezza della censura prospettata dalla
ricorrente. 
    11.-    Le    superiori     considerazioni     portano     dunque
all'illegittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge  reg.
Marche n. 22 del 2018, cosi' da  assorbire  e  rendere  superflua  la
disamina delle ulteriori censure prospettate nel ricorso. 
    12.- La  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
artt. 1 e 2 della legge reg.  Marche  n.  22  del  2018,  va  inoltre
estesa,  in  via  consequenziale,  all'art.  3  della  stessa   legge
regionale, privo di un autonomo significato normativo. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli  artt.  1  e  2
della legge della Regione Marche 28 giugno 2018, n. 22 (Modifica alla
legge regionale 12 ottobre  2009,  n.  24  «Disciplina  regionale  in
materia di  gestione  integrata  dei  rifiuti  e  bonifica  dei  siti
inquinati»). 
    2) dichiara in via consequenziale, ai sensi  dell'art.  27  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento   della   Corte    costituzionale),    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge reg. Marche n. 22 del 2018. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA