N. 162 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 dicembre 2018

Ordinanza  del  6  dicembre  2018  della  Corte  dei  conti  -   Sez.
giurisdizionale per la  Regione  Puglia  nel  procedimento  contabile
Stefanizzi   Alberto   contro   Ministero   dell'interno,   Direzione
provinciale del tesoro e Istituto nazionale di previdenza  sociale  -
INPS. 
 
Previdenza - Dipendenti pubblici -  Personale  cessato  dal  servizio
  dopo il 3 novembre 1997 ed entro il 31 dicembre 1997 - Differimento
  al 1° aprile 1998 per l'accesso al pensionamento di anzianita'. 
- Legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della
  finanza pubblica), art. 59, commi 54 e 55; decreto del Ministro del
  lavoro e  della  previdenza  sociale  30  marzo  1998,  emanato  di
  concerto  con  il  Ministro  del  tesoro,  del  bilancio  e   della
  programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica
  e   gli   affari   regionali   (Programmazione   dell'accesso    al
  pensionamento di  anzianita'  dei  pubblici  dipendenti,  ai  sensi
  dell'art. 59, comma 55, della L. 27 dicembre 1997, n. 449), art. 1. 
(GU n.42 del 16-10-2019 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
            Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia 
                     in composizione monocratica 
 
    ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto  al  n.
15870/PC del registro di segreteria,  proposto  dal  sig.  Stefanizzi
Alberto (nato a Squinzano il 3 ottobre 1944), rappresentato e  difeso
dall'avv. Aldo Licci, giusta mandato a margine; 
    Contro: 
        Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore; 
        Direzione provinciale del tesoro, in  persona  del  direttore
pro tempore; 
    per l'accertamento del diritto a pensione. 
    e  per  la  condanna  al  pagamento  delle  somme  dovute,  oltre
interessi e rivalutazione come per legge; 
    Udite le parti, come da verbale di causa; 
    Visto il ricorso in epigrafe; 
    Esaminati gli atti e la documentazione tutta della causa; 
 
                        Considerato in fatto 
 
    Con atto di ricorso ritualmente depositato e notificato, il  sig.
Stefanizzi Alberto ha chiesto che sia accertato il proprio diritto  a
pensione, con decorrenza dal giorno della cessazione dal servizio (30
novembre 1997) e conseguente diritto ad  ottenere  il  pagamento  dei
ratei previdenziali arretrati e non riscossi - relativi  ai  mesi  di
dicembre 1997, gennaio 1998, febbraio  1998  e  marzo  1998  -  oltre
interessi legali e rivalutazione monetaria, previa  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 59,  commi  54  e  55,  della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, e dell'art. 1 del D.I. del  30  marzo
1998, per violazione degli articoli 3, 36 e 38 Cost. 
    Espone  il  ricorrente  che,  in   accoglimento   della   domanda
presentata il 19 maggio 1997, la Prefettura della Provincia di  Lecce
- con decreto emesso in data 12 giugno 1997 - disponeva la cessazione
dal servizio dell'interessato con decorrenza dal 30 novembre 1997. 
    Senonche',  a  seguito  della  entrata  in  vigore  dell'art.   1
decreto-legge n. 375 del 3  novembre  1997,  il  quale  stabiliva  la
sospensione della applicazione di  ogni  disposizione  di  legge,  di
regolamento e di accordi collettivi  che  prevedevano  il  diritto  a
trattamenti pensionistici di anzianita' anticipati rispetto  all'eta'
pensionabile o all'eta' prevista per la cessazione  dal  servizio  in
base ai singoli trattamenti fino alla entrata in vigore  della  legge
finanziaria per il 1998, si procedeva da parte della D.P.T. di  Lecce
alla  sospensione  dell'ammissione  a  pagamento  della  partita   di
pensione intestata al ricorrente. 
    Successivamente, era promulgata la legge 27 dicembre 1997, n. 449
(legge finanziaria per il 1998), il cui art. 59, comma 54, confermava
quanto disposto dal decreto-legge n 375/1997. Il successivo comma  55
rinviava ad un decreto del Ministero del lavoro  e  della  previdenza
sociale (di concerto con il Ministero  del  tesoro,  del  bilancio  e
della programmazione economica)  la  determinazione  dei  termini  di
accesso al trattamento  pensionistico  di  anzianita',  che,  per  il
personale delle Forze armate - compresa l'Arma dei  carabinieri,  del
Corpo della guardia di finanza, delle Forze di polizia ad ordinamento
civile e del Corpo nazionale dei vigili -  che  aveva  presentato  in
data   anteriore   al   3    novembre    1998    domanda    accettata
dall'amministrazione di appartenenza per  accedere  al  pensionamento
entro il 1998 l'art. 1 del D.I. 30 marzo 1998 stabiliva, a  decorrere
dal 1° aprile 1998 per i casi di definitiva estinzione  del  rapporto
di lavoro entro il 31 dicembre 1997. 
    Con  nota  dell'8  aprile  1998,  quindi,  la  Prefettura   della
Provincia di Lecce trasmetteva alla Direzione provinciale del  tesoro
di Lecce i provvedimenti di attribuzione del trattamento  provvisorio
di pensione a decorrere dal 1° aprile 1998. 
    Nei motivi di  ricorso,  si  richiama  la  sentenza  della  Corte
costituzionale   n.   347/97,   con   cui   e'    stata    dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma  5,  lettera  b),
legge 23 dicembre 1994, n. 724, nella parte in cui e' differito al 1°
gennaio 1996 il trattamento pensionistico del personale della  scuola
collocato a riposo dal  1°  settembre  1995,  anche  se  il  comma  8
riconosceva ai dipendenti del comparto scuola la facolta' di revocare
la  domanda  di  pensionamento,  pure  accettata,   allo   scopo   di
evidenziare la irrazionalita', illogicita' ed incongruenza intrinseca
dell'art. 59 della legge n. 449/1997. 
    All'odierna udienza, l'avv. Licci ha insistito sulla questione di
costituzionalita' posta. 
 
                               Diritto 
 
    Oggetto del presente giudizio e' il  riconoscimento  del  diritto
alla pensione di anzianita', a far data dal 30 novembre 1997,  con  i
ratei arretrati e  non  riscossi  limitatamente  alle  mensilita'  di
dicembre 1977 e gennaio, febbraio, marzo 1998. 
    La questione di legittimita' costituzionale  degli  articoli  59,
commi 54 e 55, legge 27 dicembre 1997, n. 449 e 1 D.I. 30 marzo  1998
sollevata dal ricorrente si appalesa come  rilevante,  in  quanto  il
presente giudizio non puo' essere  definito  indipendentemente  dalla
risoluzione della presente eccezione,  siccome  reso  evidente  dalla
ricostruzione  dei  termini  della  res  controversa.  Si  ripropone,
infatti, in termini analoghi la problematica  esaminata  dalla  Corte
costituzionale nella sentenza n. 347/1997 del vuoto di  quattro  mesi
della pensione e della retribuzione. 
    Il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale  ricollegabile  alla
violazione dell'art. 3 Cost. - di cui si  dira'  a  breve  -  non  e'
superabile, altresi',  mediante  interpretazione  adeguatrice  ovvero
secundum constitutionem, che, come e' noto,  rappresenta,  da  almeno
due decenni, a partire dalla sentenza n.  456  del  1989,  una  delle
condizioni di ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita',  in
quanto la normativa censurata non ha carattere polisenso, operando in
maniera chiara e tassativa  l'art.  59,  comma  54  e  55,  legge  n.
449/1997 con riferimento ai lavoratori che hanno  presentato  domanda
di accesso alla  pensione  di  anzianita'  in  data  anteriore  al  3
novembre  1997  e  per  i  quali  la  domanda  sia  stata   accettata
dall'amministrazione di appartenenza, ove previsto. 
    Deve ricordarsi, infatti,  che  l'art.  59,  comma  54,  conferma
relativamente al periodo dal 3  novembre  1997,  sino  alla  data  di
entrata in vigore della legge finanziaria per il 1998, la sospensione
delle previgenti norme di legge, regolamento o di accordo  collettivo
attributive del diritto, con decorrenza  nel  periodo  suindicato,  a
trattamenti   pensionistici   di   anzianita'    rispetto    all'eta'
pensionabile o all'eta' prevista per la cessazione dal  servizio  dai
singoli ordinamenti. In tal modo si rendeva definitiva la sospensione
gia' sancita dall'art. 1 del decreto-legge 3 novembre 1997,  n.  375,
decaduto  per  mancata   conversione   e   specificamente   abrogato,
conservando validita' agli atti ed ai provvedimenti  adottati  ed  ai
provvedimenti  adottati  e  facendo  salvi  gli  effetti  prodottisi,
dall'art. 63 della legge n. 449/1997. 
    La questione di legittimita' costituzionale, oltre che rilevante,
non e' manifestamente infondata, in  quanto  le  norme  censurate  si
pongono innanzitutto in irrimediabile contrasto con l'art.  3,  comma
1, Cost., inteso quale canone di «ragionevolezza». 
    Va ricordato che la lettura che  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale offre del principio di eguaglianza porta ad  enucleare
anche un generale principio di «ragionevolezza»,  rispetto  al  quale
l'affidamento rappresenta una delle  possibili  figure  sintomatiche,
come si e' scritto in dottrina, sotto il  profilo  delle  conseguenze
prodotte  dalla   sua   violazione,   rilevando   la   ragionevolezza
allorquando  l'affidamento  legittimo   sia   stato   frustrato   dal
legislatore. 
    La Corte costituzionale ha utilizzato il  concetto  di  legittimo
affidamento fin dalla sentenza n. 349 del 1985, che  ha  riconosciuto
la possibilita' di variare con legge i trattamenti  pensionistici  in
corso, anche se si tratta  di  diritti  soggettivi  perfetti,  ma  ha
chiarito che:  «dette  disposizioni,  pero',  al  pari  di  qualsiasi
precetto  legislativo,  non  possono  trasmodare  in  un  regolamento
irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni  sostanziali
poste  in  essere  da  leggi  precedenti,   frustrando   cosi   anche
l'affidamento  del   cittadino   nella   sicurezza   giuridica,   che
costituisce elemento fondamentale ed indispensabile  dello  Stato  di
diritto» (cfr. sentenza n 573/1990 e sentenza n. 822/1988). 
    Anche recentemente la  Corte  costituzionale  ha  avuto  modo  di
affermare che «la  tutela  dell'affidamento  non  comporta  che,  nel
nostro  sistema  costituzionale,  sia  assolutamente  interdetto   al
legislatore   di   emanare   disposizioni   le   quali    modifichino
sfavorevolmente la disciplina dei rapporti  di  durata»  con  l'unico
limite che esse non trasmodino in «un regolamento irrazionale», cosi'
arbitrariamente  incidendo  sulle  situazioni  sostanziali  poste  in
essere da leggi precedenti (sentenza n. 16/2017). 
    Si puo', peraltro, rinvenire nella giurisprudenza  costituzionale
la tendenza ad affermare un rapporto di proporzionalita' diretta  tra
il passare del tempo e il rafforzamento dell'affidamento: maggiore e'
il primo, minore sara' la possibilita' per il legislatore di incidere
«ragionevolmente» sulla posizione giuridica acquisita (cfr.  sentenze
n. 56/2015 e n. 216/2015). 
    Nel  caso  in  esame,  il  lasso  temporale  intercorso  fra   la
disciplina previgente - rappresentata dalla legge n. 335/1995 - e  la
normativa  rappresentata  dalla  legge,  n.  449/1997  e,  in  rapida
successione, dal D.I. 30 marzo 1998, sul «blocco» delle  pensioni  di
anzianita', gia'  anticipato  in  via  provvisoria  dall'art.  l  del
decreto-legge n. 375/1997, e' un  sicuro  indice  del  consolidamento
della posizione soggettiva vantata dal lavoratore, il quale confidava
sulla perdurante validita' delle vecchie regole del pensionamento  di
anzianita'. 
    Ma vi e' di piu': e cioe', l'assenza di disposizioni  transitorie
volte a regolare il passaggio tra la vecchia e  la  nuova  normativa,
che, invece, caratterizzava la legge n. 335/1995. I nuovi  parametri,
sintetizzati nella tab.  D  allegata  alla  legge  n.  449  del  1997
precludono, infatti, ai dipendenti (pubblici e privati)  di  accedere
alla pensione di anzianita' secondo il regime transitorio contemplato
dalla legge n. 335/1995. 
    Il legislatore ha, dunque, mancato di  predisporre  una  adeguata
tutela a favore di quei soggetti le cui aspettative maturate  durante
l'iter  di  formazione  progressiva  del   diritto   al   trattamento
pensionistico avevano raggiunto un elevato livello di consolidamento,
tale da dover essere posto al riparo dalla sostituzione dei requisiti
previsti dalla legge n. 335/1995. 
    Pur in mancanza di un obbligo generalizzato di motivazione  della
legge,  in  ragione  del  silenzio   serbato   in   proposito   dalla
Costituzione,  ai  fini  del  sindacato   sulla   ragionevolezza   e'
importante verificare la ratio legis soprattutto dopo la sentenza  n.
70 del 2015, seguita a stretto giro dalla sentenza n. 108  del  2016.
In entrambe le occasioni, infatti, la Corte costituzionale ha accolto
le  questioni  sollevate  dai  giudici  a  quibus,  rimproverando  al
legislatore la mancanza di una qualunque «relazione tecnica» circa  i
supposti risparmi di spesa derivanti dalla normativa  censurata.  Qui
interessa il seguente passaggio argomentativo: i  risparmi  di  spesa
non possono essere solo affermati, dovendo altresi' essere allegati e
giustificati in funzione e in proporzione al sacrificio imposto  agli
interessi economici lesi dalla norma censurata. 
    Ed  e'  significativo  osservare  che  il  giudice  delle   leggi
riconosca nella sentenza n. 108 del 2016 che tale previsione tecnica,
considerate le peculiarita' della disciplina presa in esame,  sarebbe
stata difficilmente configurabile, ma che cio' nonostante la mancanza
di qualunque riferimento sul punto non gli impedisca di  valutare  la
proporzione tra i sacrifici imposti all'affidamento del singolo e  il
beneficio tratto dalle casse pubbliche,  rafforzando  la  censura  di
incostituzionalita'. 
    Anche nel caso in esame manca una stima  dei  risparmi  di  spesa
derivanti dalla norma censurata e non sembri una  forzatura,  quindi,
ripetere quanto affermato dalla Corte costituzionale  nella  sentenza
n. 108 del 2016, secondo cui: «Occorre ricordare  che  la  norma  non
appare corredata da alcuna relazione  tecnica  circa  i  risparmi  da
conseguire e tale stima sarebbe obiettivamente difficile(...)» (v. 4.
del Considerato in diritto, in fine). 
    Ad avviso di questo giudice, quindi, il diritto alla pensione  di
anzianita',  nei  casi  di  cui  sopra,   risulta   irragionevolmente
sacrificato nel  nome  di  esigenze  finanziarie  non  illustrate  in
dettaglio. 
    Il giudizio va, quindi, sospeso e gli atti trasmessi  alla  Corte
costituzionale per la conseguente pronunzia. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e  23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Dispone la sospensione del giudizio in corso  e  la  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia sulla questione
di legittimita' costituzionale di cui in premessa; 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica. 
        Cosi' provveduto in Bari, nelle Camere  di  consiglio  del  7
luglio 2017 e del 10 luglio 2018. 
 
                          Il Giudice: Raeli 
 
 
                                 --- 
 
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
            Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia 
                     in composizione monocratica 
 
    ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto  al  n.
15870/PC del registro di segreteria,  proposto  dal  sig.  Stefanizzi
Alberto (nato a Squinzano il 3 ottobre 1944) rappresentato  e  difeso
dall'avv. Aldo Licci, giusta mandato a margine; 
    Contro: 
        Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore; 
        Direzione provinciale del tesoro, in  persona  del  direttore
pro tempore; 
        I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore; 
    Vista l'ordinanza n. 127/2018, depositata il 6 dicembre 2018, con
la quale e' stata sollevata questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 59, commi 54 e 55,  legge  27  dicembre  1997,  n.  449,  e
dell'art. 1 D.I. 30 marzo 1998, disposta la sospensione del  presente
giudizio e la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale
perche'  si  pronunci  sulla  predetta  questione   di   legittimita'
costituzionale; 
    Atteso  che  per  mero   errore   materiale   e'   stata   omessa
nell'intestazione    della    suddetta    ordinanza     l'indicazione
dell'I.N.P.S., tra le amministrazione convenute; 
    Ritenuto necessario procedere  alla  rettifica  della  ordinanza,
aggiungendo  nella  intestazione  della  ordinanza  n.  127/2018   il
riferimento all'I.N.P.S.; 
    Dispone che la ordinanza n. 127/2018 sia rettificata nel senso di
inserire l'I.N.P.S. tra le amministrazioni convenute; 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
comunicata alla cancelleria della Corte costituzionale. 
 
        Cosi' provveduto in Bari, il 1° luglio 2019 
 
                          Il Giudice: Raeli