N. 259 SENTENZA 4 novembre - 6 dicembre 2019

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Professioni - Sanzioni disciplinari - Radiazione dall'albo dei medici
  a carico del dott. Sergio Venturi, assessore alle  politiche  della
  salute della Regione  Emilia-Romagna,  per  aver  egli  proposto  e
  contribuito ad approvare la  delibera  della  Giunta  regionale  11
  aprile  2016,  n.  508  (autorizzativa  dell'impiego  di  personale
  infermieristico  nello  svolgimento  del  servizio   di   emergenza
  sanitaria  territoriale  118)  -   Irrogazione   da   parte   della
  Commissione disciplinare medica dell'Ordine provinciale dei  medici
  chirurghi e degli odontoiatri di Bologna e successiva  inerzia  del
  Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro  della  salute
  sull'atto di significazione ad essi trasmesso  dalla  Giunta  della
  Regione Emilia-Romagna - Indebita interferenza e menomazione  delle
  attribuzioni regionali in materia di organizzazione sanitaria - Non
  spettanza  allo  Stato  del   potere   esercitato   -   Conseguente
  annullamento della sanzione irrogata. 
- Atto della Commissione disciplinare medica dell'Ordine  provinciale
  dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Bologna del 30 novembre
  2018; silenzio del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  del
  Ministro della salute rispetto  all'atto  di  significazione  della
  Giunta regionale  dell'Emilia-Romagna,  trasmesso  il  27  dicembre
  2018. 
- Costituzione, artt. 117, terzo, quarto e sesto  comma,  118,  primo
  comma,121 e 123. 
(GU n.50 del 11-12-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito dell'atto della Commissione disciplinare  medica  dell'Ordine
provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di  Bologna  del
30 novembre 2018 e del silenzio  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e  del  Ministro  della  salute  in  relazione  all'atto  di
significazione della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna,  trasmesso
il 27  dicembre  2018,  promosso  dalla  Regione  Emilia-Romagna  con
ricorso notificato il  29  gennaio-4  febbraio  2019,  depositato  in
cancelleria il 15 febbraio  2019,  iscritto  al  n.  4  del  registro
conflitti tra enti 2019 e pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti l'atto di intervento ad opponendum dell'Ordine  provinciale
dei medici chirurghi e degli  odontoiatri  di  Bologna  e  l'atto  di
intervento  ad  adiuvandum  di  Sergio  Venturi,  nella  qualita'  di
assessore pro tempore alle politiche  per  la  salute  della  Regione
Emilia-Romagna; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  22  ottobre  2019  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi gli avvocati Vittorio Manes e Giuseppe Caia per la  Regione
Emilia-Romagna, Giuseppe Caia per Sergio Venturi, nella  qualita'  di
assessore pro tempore alle politiche  per  la  salute  della  Regione
Emilia-Romagna e Alberto Santoli per l'Ordine provinciale dei  medici
chirurghi e degli odontoiatri di Bologna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 29 gennaio-4 febbraio e  depositato
il  successivo  15  febbraio  2019,  la  Regione  Emilia-Romagna   ha
sollevato conflitto di attribuzione nei  confronti  dello  Stato,  in
riferimento all'atto  conclusivo  dell'udienza  disciplinare  del  30
novembre  2018,  consistente  nella  pronuncia  di  radiazione  quale
sanzione disciplinare, adottato dalla Commissione disciplinare medica
dell'Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli  odontoiatri  di
Bologna,  a  conclusione  del  procedimento  disciplinare  prot.   n.
2501/gp/pm, a carico del dott. Sergio Venturi, all'epoca dei fatti  e
a tutt'oggi assessore alle politiche  per  la  salute  della  Regione
Emilia-Romagna, nonche' all'inerzia del Presidente del Consiglio  dei
ministri e  del  Ministro  della  salute,  ai  quali  la  Regione  ha
trasmesso un atto di  significazione  e  sollecitazione  in  data  27
dicembre 2018. 
    La Regione ricorrente  ritiene  che  l'irrogazione  della  citata
sanzione disciplinare nei  confronti  dell'assessore  regionale,  per
aver questi proposto e contribuito ad  approvare  la  delibera  della
Giunta regionale 11 aprile 2016, n. 508 (Principi e criteri in ordine
alla predisposizione di Linee guida  regionali  per  l'armonizzazione
dei protocolli  avanzati  di  impiego  di  personale  infermieristico
adottati  ai  sensi  dell'art.  10  D.P.R.  27  marzo  1992  per   lo
svolgimento del servizio di emergenza  sanitaria  territoriale  118),
non gradita all'Ordine  professionale,  rappresenti  un'interferenza,
priva di qualsiasi base legislativa,  nelle  determinazioni  inerenti
alla sfera di autonomia costituzionalmente attribuita alla Regione in
materia di «tutela della salute» e,  in  particolare,  nell'esercizio
delle specifiche funzioni regionali di  organizzazione  del  servizio
sanitario e dei servizi di emergenza, in violazione degli artt.  117,
terzo, quarto e sesto comma,  118,  primo  comma,  121  e  123  della
Costituzione, nonche' dell'art. 46 della legge  statutaria  regionale
31 marzo 2005, n. 13 (Statuto della Regione Emilia-Romagna), anche in
relazione al riparto di competenze delineato dall'art. 2 del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino  della  disciplina  in
materia sanitaria, a norma dell'articolo 1  della  legge  23  ottobre
1992, n. 421), e dagli artt. 112, 114 e 115 del d.P.R. 31 marzo 1998,
n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato
alle regioni ed agli enti locali, in  attuazione  del  capo  I  della
legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    La ricorrente premette che, con la  delibera  n.  508  del  2016,
proposta dall'assessore alle  politiche  per  la  salute,  la  Giunta
regionale,   nell'esercizio   della    propria    ampia    competenza
amministrativa in materia di «tutela  della  salute»,  fondata  sugli
artt. 117, terzo comma, e 118  Cost.,  ha  autorizzato  l'impiego  di
personale infermieristico specializzato nell'assistenza sanitaria  in
emergenza (ambulanza 118),  in  conformita'  ad  appositi  protocolli
operativi, predisposti dal personale medico, in attuazione di  quanto
stabilito dall'art. 10 del d.P.R. 27 marzo 1992 (Atto di indirizzo  e
coordinamento alle regioni  per  la  determinazione  dei  livelli  di
assistenza  sanitaria  di  emergenza)  e  dall'intesa  in  Conferenza
Stato-Regioni dell'11 aprile 1996 (Atto di intesa tra Stato e regioni
di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza  sanitaria
in applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 27  marzo
1992). 
    Cio' premesso, la Regione  ritiene  che  l'esercizio  del  potere
disciplinare  da  parte   dell'Ordine   provinciale   nei   confronti
dell'assessore sia avvenuto  in  assenza  dei  relativi  presupposti,
poiche' ha avuto come  oggetto  la  condotta  politico-amministrativa
dell'assessore e non comportamenti del  medico  rilevanti  sul  piano
disciplinare. Un simile esercizio del potere avrebbe determinato  una
lesione delle prerogative dell'assessore, tra le quali non  puo'  non
rientrare la facolta'  di  proporre  e  di  concorrere  a  formare  e
deliberare gli atti dell'organo collegiale di appartenenza.  Da  cio'
deriva la  simultanea  lesione  delle  competenze  della  Giunta,  in
ragione del rapporto di immedesimazione organica  dell'assessore  con
la stessa, nella materia della tutela  della  salute  e,  in  specie,
dell'organizzazione dei servizi sanitari dell'emergenza. 
    Pertanto, la Regione Emilia-Romagna  chiede  a  questa  Corte  di
dichiarare che non spetta allo Stato, e  per  esso  alla  Commissione
disciplinare medica dell'Ordine provinciale dei  medici  chirurghi  e
degli odontoiatri di Bologna, adottare un provvedimento  disciplinare
nei confronti di un componente  della  Giunta  regionale,  per  avere
questi proposto, formato o comunque concorso  a  deliberare  un  atto
politico-amministrativo     regionale,     peraltro     senza     che
l'Amministrazione statale vigilante ovviasse a tale  invasione  della
sfera di competenza regionale. La ricorrente chiede pertanto che  sia
annullata la sanzione  consistente  nella  radiazione  dell'assessore
regionale dall'albo dei medici. 
    2.- E' intervenuto in giudizio innanzi alla Corte  costituzionale
l'Ordine provinciale dei medici  chirurghi  e  degli  odontoiatri  di
Bologna, che ha chiesto di  dichiarare  il  ricorso  inammissibile  e
comunque infondato. 
    Il  ricorso  sarebbe  inammissibile  perche'  volto  a   ottenere
l'annullamento di una sanzione disciplinare dinanzi a un giudice,  la
Corte  costituzionale,  carente  di  giurisdizione  in  materia,   in
violazione dell'art. 3,  commi  2,  lettera  c),  e  4,  del  decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13  settembre  1946,  n.
233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la
disciplina dell'esercizio delle professioni stesse),  che  stabilisce
che, avverso tali provvedimenti, e' ammesso ricorso alla  Commissione
centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (CCEPS). 
    Il difetto di giurisdizione di questa Corte si evincerebbe  anche
dalla circostanza che quest'ultima sarebbe chiamata a pronunciarsi su
una  domanda  negativa  (di  accertamento  della  non  spettanza  del
potere), laddove, ai sensi e per gli effetti dell'art. 38 [richiamato
dall'art.  41]  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), sarebbe
istituzionalmente chiamata a pronunciarsi, in termini positivi, sulla
spettanza del potere di adottare  un  provvedimento.  I  termini  del
conflitto, inoltre,  sarebbero  mal  posti,  essendo  riferiti  a  un
provvedimento disciplinare adottato nei  confronti  di  un  assessore
regionale, anziche' nei confronti di un medico iscritto all'albo. 
    Non sussisterebbe, inoltre,  l'interesse  ad  agire,  concreto  e
attuale, della Regione Emilia-Romagna, dato che la  delibera  che  la
stessa ritiene sia  stata  pregiudicata  nella  fase  di  attuazione,
risulterebbe tuttora vigente ed esecutiva, come precisato  e  ammesso
dalla stessa Regione  ricorrente.  Pertanto,  non  vi  sarebbe  stata
alcuna invasione delle competenze regionali. 
    Piu' in generale, la difesa dell'Ordine  provinciale  dei  medici
contesta la sussistenza dei presupposti per promuovere  un  conflitto
di attribuzione, posto che il presente  giudizio  sarebbe  volto  non
gia' alla delimitazione  delle  sfere  di  attribuzione  di  Stato  e
Regione,  quanto  al  sindacato  e  alla  delimitazione  del   potere
disciplinare.  Si  tratterebbe  di  un  potere  tipico   dell'Ordine,
chiamato a vigilare sul rispetto,  da  parte  degli  iscritti,  delle
regole deontologiche dallo stesso predisposte a tutela del  decoro  e
del prestigio della professione,  la  cui  efficacia  si  esaurirebbe
all'interno dell'Ordine o della categoria. Pertanto, la  Regione  non
potrebbe denunciare  alcuna  ingerenza  o  invasione  di  competenza,
poiche' il procedimento  disciplinare  avrebbe  riguardato  il  dott.
Venturi nella sua qualita' di medico  iscritto  all'albo  dell'Ordine
dei medici di Bologna. Egli non ricopre una carica elettiva, ma e' un
assessore esterno, nominato dal Presidente della  Regione,  al  quale
non sarebbe riferibile la prerogativa costituzionale di cui  all'art.
122, quarto comma, Cost. 
    Ancora in linea preliminare, la difesa dell'Ordine chiede che sia
dichiarato inammissibile l'intervento in giudizio del dott.  Venturi.
Si  esclude  che  l'esito   del   conflitto   possa   definitivamente
pregiudicare  un  soggetto  ad  esso  estraneo,  in  linea   con   la
giurisprudenza costituzionale. Ricorda infatti la difesa  dell'Ordine
che il dott. Venturi ha  proposto  ricorso  innanzi  alla  CCEPS,  da
ritenersi giudice competente a conoscere dell'impugnativa avverso  la
sanzione disciplinare irrogatagli. 
    Nel merito il ricorso sarebbe, comunque, privo di fondamento. 
    Qualunque medico iscritto all'albo, anche  se  non  esercente  la
professione medica, e' tenuto a  osservare  il  codice  deontologico.
Nella  specie,  l'Ordine  dei  medici  di  Bologna   ha   aperto   il
procedimento disciplinare nei confronti del dott. Venturi,  prendendo
le  mosse  dalla  circostanza  che  la  CCEPS   aveva   ritenuto   le
determinazioni delle  aziende  sanitarie  locali  (ASL)  relative  ai
protocolli inerenti ai servizi di emergenza  sanitaria,  pur  fondate
sulla delibera regionale, in contrasto con  il  codice  deontologico.
Pertanto, una valutazione deontologica della condotta dei medici  che
avevano promosso e contribuito a formare la  delibera  sarebbe  stata
necessaria. In altri termini, l'Ordine dei medici si sarebbe limitato
a valutare, da un punto di vista deontologico, il contegno del medico
dott.   Venturi,   senza   alcuna   pretesa    censura    dell'azione
amministrativa regionale. 
    Posto che il codice deontologico individua i doveri generali  del
sanitario, quali che siano le condizioni istituzionali e  sociali  in
cui opera, la condotta del  sanitario,  dott.  Venturi,  non  sarebbe
stata esente da censure deontologiche in virtu'  del  ruolo,  o  piu'
precisamente, dell'incarico assegnatogli in ambito regionale. 
    Tuttavia, non si potrebbe sostenere che, esercitando  le  proprie
competenze  disciplinari  nell'interesse  pubblico,  l'Ordine   abbia
condizionato, disatteso, disapplicato  o  interferito  con  gli  atti
amministrativi della Regione. 
    Il   procedimento   disciplinare   sarebbe   strutturalmente    e
teleologicamente   indipendente   rispetto   alle    prerogative    e
attribuzioni regionali. Esso riguarderebbe la tutela del prestigio  e
del decoro di una categoria di professionisti, attraverso il rispetto
di  regole  deontologiche,  fondate  su  principi  di  correttezza  e
irreprensibilita'  della  condotta  dei  relativi  componenti,  senza
connessione o interferenza con le competenze  regionali  e/o  con  la
natura amministrativa del ruolo svolto dall'assessore Venturi. 
    3.- E' intervenuto nel giudizio il dott. Sergio Venturi,  che  ha
chiesto, previo il  riconoscimento  dell'ammissibilita'  del  proprio
intervento, che sia  accolto  il  ricorso  e  annullata  la  sanzione
disciplinare  della   radiazione   dall'albo   degli   esercenti   le
professioni mediche. 
    Preliminarmente,   la   difesa   del   dott.   Venturi   sostiene
l'ammissibilita' dell'intervento alla luce  delle  indicazioni  della
giurisprudenza costituzionale. Quest'ultima ha  ritenuto  ammissibili
gli interventi di terzi, nei conflitti di attribuzione fra enti,  nei
casi in cui l'oggetto del conflitto sia tale da coinvolgere  in  modo
immediato    e    diretto    situazioni     soggettive     riferibili
all'interveniente, il cui pregiudizio o la cui salvaguardia dipendano
dall'esito del giudizio costituzionale. 
    Nella specie, sussisterebbero tali condizioni. L'interveniente e'
titolare di una situazione  soggettiva  (il  diritto  a  svolgere  la
professione  di  medico)  direttamente   incisa   dal   provvedimento
impugnato in sede di conflitto di attribuzione fra enti. 
    Nel merito, il ricorso sarebbe fondato. 
    Il provvedimento impugnato, avrebbe determinato un'ingerenza «nel
potere   di   indirizzo   politico-amministrativo    della    Regione
Emilia-Romagna in materia di organizzazione  del  servizio  sanitario
regionale per censurare una scelta di merito (relativa all'impiego di
personale infermieristico nei servizi di emergenza) che esso  ritiene
in contrasto con gli interessi  della  categoria  dei  medici».  Tale
scelta - sottolinea la difesa dell'interveniente - si e' tradotta  in
un atto che la Regione ha adottato l'11 aprile  2016,  in  attuazione
del gia' menzionato atto d'intesa tra Stato e Regioni dell'11  aprile
1996. 
    4.-  All'udienza  pubblica   le   parti   hanno   insistito   per
l'accoglimento delle conclusioni contenute nelle memorie scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  La  Regione  Emilia-Romagna   ha   promosso   conflitto   di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri,
in relazione all'atto conclusivo  dell'udienza  disciplinare  del  30
novembre  2018,  consistente  nella   sanzione   disciplinare   della
radiazione  dall'albo  dei   medici,   adottata   dalla   Commissione
disciplinare medica dell'Ordine provinciale dei  medici  chirurghi  e
degli odontoiatri di Bologna, nei confronti del dott. Sergio Venturi,
all'epoca dei fatti e a tutt'oggi assessore  alle  politiche  per  la
salute della Regione medesima, nonche' all'inerzia del Presidente del
Consiglio dei ministri e del  Ministro  della  salute,  ai  quali  la
Regione ha rivolto un atto di significazione e sollecitazione in data
27 dicembre 2018. 
    La ricorrente lamenta che l'Ordine  professionale,  adottando  la
citata sanzione disciplinare nei confronti  dell'assessore  regionale
alle politiche per la salute, per aver questi proposto e  contribuito
ad approvare la delibera della Giunta regionale 11  aprile  2016,  n.
508 (Principi e criteri in ordine alla predisposizione di Linee guida
regionali per l'armonizzazione dei protocolli avanzati di impiego  di
personale infermieristico adottati ai sensi dell'art.  10  D.P.R.  27
marzo 1992 per lo svolgimento del  servizio  di  emergenza  sanitaria
territoriale  118),  con  cui  e'  stato  autorizzato  l'impiego   di
personale infermieristico specializzato nell'assistenza sanitaria  in
emergenza, abbia determinato una lesione delle  competenze  regionali
nella materia «tutela della salute», di cui  agli  artt.  117,  terzo
comma, e 118 della Costituzione, e,  in  specie,  dell'organizzazione
dei servizi sanitari di emergenza. 
    L'Ordine professionale avrebbe esercitato il potere  disciplinare
in assenza dei presupposti necessari,  censurando  non  comportamenti
del  medico,  rilevanti  sul  piano  disciplinare,  ma  la   condotta
politico-amministrativa dell'assessore. In tal modo avrebbe  leso  le
prerogative dell'assessore, in particolare la facolta' di proporre  e
di concorrere a formare e deliberare gli atti dell'organo  collegiale
di appartenenza.  Avrebbe  anche  leso  le  competenze  della  Giunta
stessa,  in  ragione  del  rapporto   di   immedesimazione   organica
dell'assessore con la  Giunta,  nella  materia  della  «tutela  della
salute»  e,  in  specie,  dell'organizzazione  dei  servizi  sanitari
dell'emergenza. 
    2.- Preliminarmente, deve essere dichiarato  ammissibile  sia  il
conflitto nei confronti dello Stato, sia  l'intervento  spiegato  nel
giudizio dall'assessore regionale alle politiche per la salute  della
Regione Emilia-Romagna, dott. Sergio Venturi. 
    Nei giudizi per conflitto di attribuzione tra  enti,  di  regola,
non e' ammesso l'intervento di soggetti diversi da quelli legittimati
a  promuovere  il  conflitto  o  resistervi,  «subendo  tale   regola
l'eccezione relativa all'ipotesi in cui l'interventore sia  parte  di
un giudizio comune,  il  cui  esito  la  pronuncia  della  Corte  sia
suscettibile di condizionare» (sentenza n. 107 del 2015). 
    Nel caso di specie ricorrono gli estremi dell'eccezione indicata.
Infatti, il dott. Sergio  Venturi  e'  parte  del  giudizio  pendente
dinanzi alla Commissione centrale di disciplina per gli esercenti  le
professioni sanitarie (CCEPS), avente ad oggetto  l'impugnazione  del
medesimo provvedimento disciplinare, adottato dall'Ordine provinciale
dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Bologna, impugnato  anche
in questa sede. Pertanto, il presente giudizio costituzionale,  volto
ad accertare se spettasse allo Stato - e, per  esso,  all'Ordine  dei
medici chirurghi  e  degli  odontoiatri  di  Bologna  -  adottare  il
suddetto provvedimento disciplinare, e' suscettibile di incidere  sul
giudizio pendente dinanzi alla CCEPS. 
    3.-  Ancora  in  via  preliminare,  nessun   ostacolo   si   pone
all'intervento in giudizio  dell'Ordine  dei  medici,  nonostante  la
mancata costituzione in giudizio del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri quale parte resistente. 
    Questa Corte ha, di recente, sottolineato che,  nei  giudizi  per
conflitto di  attribuzione  tra  enti,  promossi  dalla  Regione  nei
confronti dello Stato, l'art. 25, comma 2,  delle  Norme  integrative
per  i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale  «espressamente
prevede  che  il  ricorso  [...]  debba   essere   notificato   anche
"all'organo che ha emanato l'atto,  quando  si  tratti  di  autorita'
diverse da quelle di Governo e da  quelle  dipendenti  dal  Governo"»
(sentenza n. 43 del 2019), di organi dello Stato dotati di  autonomia
e di soggettivita', «si' da legittimarl[i] passivamente nel  processo
(sentenza n. 252 del 2013)» (sentenza n. 43 del  2019).  E  cio'  «al
fine  di  fare  valere  le  ragioni  della   legittimita'   dell'atto
impugnato,  da  essi  adottato,  in  via  autonoma   dal   resistente
Presidente del Consiglio dei ministri» (sentenza n. 252 del 2013). 
    3.1. - Nel caso di cui si discute si devono ritenere  sussistenti
i requisiti ora indicati, considerato che l'Ordine dei medici, che ha
adottato l'atto impugnato, e' espressamente qualificato dall'art.  1,
comma 3, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato  13
settembre 1946, n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni
sanitarie  e  per  la  disciplina  dell'esercizio  delle  professioni
stesse), come sostituito dall'art. 4, comma 1, della legge 11 gennaio
2018, n. 3 (Delega al Governo in materia di  sperimentazione  clinica
di medicinali nonche' disposizioni per il riordino delle  professioni
sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero  della  salute),
come  ente  pubblico  non  economico,  dotato  di  ampia   «autonomia
patrimoniale, finanziaria, regolamentare e disciplinare» (lettera b),
che agisce quale organo sussidiario dello Stato «al fine di  tutelare
gli  interessi   pubblici,   garantiti   dall'ordinamento,   connessi
all'esercizio  professionale»  (lettera  a),  e   per   cio'   stesso
sottoposto alla vigilanza del Ministero della salute (lettera b). 
    4.-  A  tal  proposito  si  deve  precisare,  sempre   in   linea
preliminare, che l'atto posto in essere dal citato Ordine provinciale
dei medici di Bologna - impugnato in questa sede - e' riferibile allo
Stato «inteso,  secondo  quanto  affermato  dalla  giurisprudenza  di
questa  Corte,  non  come  persona  giuridica,  bensi'  come  sistema
ordinamentale (sentenza n.  72  del  2005)  complesso  e  articolato,
costituito da organi, con o senza  personalita'  giuridica,  ed  enti
distinti dallo Stato in senso stretto, ma con esso posti in  rapporto
di strumentalita' in  vista  dell'esercizio,  in  forme  diverse,  di
tipiche funzioni statali» (sentenza n. 31 del 2006). Da tempo  questa
Corte ha sottolineato che, nella  prospettiva  dei  rapporti  con  il
sistema regionale, il termine Stato e' impiegato dall'art. 134  Cost.
in una accezione piu' ampia, quale «conglomerato di enti, legati  tra
loro da precisi vincoli  funzionali  e  di  indirizzo,  destinati  ad
esprimere, nel confronto dialettico  con  il  sistema  regionale,  le
esigenze unitarie imposte dai valori  supremi  tutelati  dall'art.  5
Cost.» (sentenza n. 31 del 2006). 
    Con riguardo in  particolare  alla  qualificazione  degli  ordini
professionali, occorre ricordare che questa Corte, gia' nel  passato,
peraltro in armonia con la giurisprudenza  di  legittimita'  (fra  le
altre, Cassazione civile, sezione prima, sentenza 14 ottobre 2011, n.
21226)  e  con  la  giurisprudenza  amministrativa  (fra  le   tante,
Consiglio di Stato, sezione  quarta,  decisione  16  marzo  2004,  n.
1344),  li  ha  configurati  come  «enti  pubblici  ad   appartenenza
necessaria» (sentenza n. 405 del 2005) e ha riconosciuto che la  loro
istituzione  e  disciplina  «risponde  all'esigenza  di  tutelare  un
rilevante interesse pubblico la cui  unitaria  salvaguardia  richiede
che sia  lo  Stato  a  prevedere  specifici  requisiti  di  accesso»,
affidando loro «il compito di curare la tenuta degli albi nonche'  di
controllare il possesso e la  permanenza  dei  requisiti  in  capo  a
coloro che sono gia' iscritti o che aspirino ad iscriversi», in vista
dell'obiettivo di «garantire il corretto esercizio della  professione
a tutela dell'affidamento della collettivita'» (sentenza n.  405  del
2005). 
    Si  tratta,  in  altri  termini,  di  organismi   associativi   a
partecipazione obbligatoria cui il legislatore  statale  ha  affidato
poteri, funzioni e prerogative, sottoposti a vigilanza  da  parte  di
organi  dello  Stato-apparato,  tutti  preordinati  «alla  tutela  di
pregnanti interessi di rilievo costituzionale» (sentenza n.  173  del
2019,  inerente  all'Ordine  forense),  connessi   all'esercizio   di
attivita' professionali, caratterizzati da una necessaria «dimensione
nazionale» e pertanto dalla «infrazionabilita'» (sentenza n. 405  del
2005). Tali sono gli interessi inerenti alla tutela della salute. 
    Questa Corte  ha  ricondotto  alla  materia  dell'«ordinamento  e
organizzazione amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici
nazionali» (sentenza n. 405 del 2005)  la  disciplina  di  organismi,
«ausiliarii della Pubblica Amministrazione» (Consiglio di  Stato,  n.
1344 del 2004) perche' chiamati  a  svolgere  funzioni  pubbliche  di
tutela  di  interessi  pubblici  unitari.  Cio'  serve  a  confermare
inequivocabilmente   l'appartenenza   degli   stessi    al    sistema
ordinamentale dello Stato. 
    L'art. 4 della legge n. 3 del 2018, gia' citato, conferma  quanto
si e'  ora  affermato,  con  specifico  riguardo  agli  Ordini  delle
professioni sanitarie. Gli Ordini sono qualificati, come gia'  si  e'
visto,  «enti  pubblici  non  economici»  e  agiscono  «quali  organi
sussidiari dello Stato al fine di tutelare  gli  interessi  pubblici,
garantiti  dall'ordinamento,  connessi  all'esercizio  professionale»
(art. 1, comma 3, lettera a, del d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946,  come
sostituito dal citato art. 4). A questo fine, sono  affidati  a  tali
enti molteplici compiti e funzioni, che e' opportuno elencare a  fini
esemplificativi:  verifica  del  possesso   dei   titoli   abilitanti
all'esercizio  professionale;   tenuta,   anche   informatizzata,   e
pubblicita', anche telematica, degli albi dei professionisti;  parere
obbligatorio   sulla   disciplina   regolamentare    dell'esame    di
abilitazione all'esercizio professionale; concorso con  le  autorita'
locali e centrali nello studio e  nell'attuazione  dei  provvedimenti
che possano interessare l'Ordine e collaborazione con le  istituzioni
sanitarie  e  formative  pubbliche   e   private   alla   promozione,
organizzazione e valutazione delle attivita' formative e dei processi
di aggiornamento per lo sviluppo continuo professionale di tutti  gli
iscritti agli albi. La stretta inerenza di tali compiti  alla  tutela
di un interesse pubblico  unitario  ne  qualifica  con  chiarezza  la
natura  di  enti  che  esercitano   funzioni   pubbliche   imputabili
all'apparato statale. 
    Ai soli fini del conflitto  costituzionale  di  attribuzione  tra
Regione e Stato, la riconducibilita' alla sfera di competenza statale
di  tali  funzioni  -  «affidate»  all'Ordine  degli   esercenti   le
professioni   sanitarie,    nell'ambito    del    peculiare    modulo
organizzatorio disegnato dal legislatore statale, in particolare  dal
d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, come modificato dalla legge n.  3  del
2018 - esige di imputare al sistema ordinamentale  statale  gli  atti
emessi nell'esercizio delle medesime (sentenza n. 72 del 2005). 
    5.-  Poste  tali  necessarie  premesse,  occorre   esaminare   le
eccezioni di inammissibilita'  del  ricorso  sollevate  dalla  difesa
dell'Ordine provinciale dei medici di Bologna. 
    Quest'ultima, anzitutto, eccepisce l'inammissibilita' del ricorso
di attribuzione fra enti. La Regione ricorrente chiederebbe a  questa
Corte  di  accertare  non  gia'  la  spettanza   di   un'attribuzione
costituzionale, ai sensi dell'art. 38 [richiamato dall'art. 41] della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento  della  Corte  costituzionale),  ma  l'inesistenza  del
potere dell'Ordine di adottare la sanzione disciplinare  impugnata  e
di annullare  la  stessa,  peraltro  erroneamente  individuando  come
oggetto  del  provvedimento  impugnato  una  condotta  dell'assessore
regionale e non del medico iscritto all'albo. Si  lamenta,  in  altri
termini,  che  il  presente  giudizio  sia  volto   non   gia'   alla
delimitazione  delle  sfere  di  attribuzione  dello  Stato  e  della
Regione,  quanto  al  sindacato  e  alla  delimitazione  del   potere
disciplinare dell'Ordine, che si esercita sulle condotte  dei  medici
iscritti all'albo. Non vi sarebbe, pertanto, alcuna attitudine lesiva
delle  attribuzioni  regionali,  ne'  sussisterebbe  alcun  interesse
concreto e attuale della Regione ad agire in giudizio. Da un lato, la
delibera regionale, proposta e votata da Sergio Venturi, in  qualita'
di  assessore  regionale  alla  sanita',  che  e'  all'origine  della
sanzione, risulta  vigente  ed  esecutiva;  dall'altro,  Venturi,  in
quanto  assessore  regionale,  non  gode  della  prerogativa  di  cui
all'art. 122, quarto comma, Cost. 
    Si tratta, in sostanza, di eccezioni che possono essere riassunte
nella  pretesa  insussistenza  dei  presupposti  per  promuovere   un
conflitto di attribuzione fra enti. In  particolare  si  denuncia  la
carenza di interesse a ricorrere della Regione nei  confronti  di  un
atto - la sanzione disciplinare della radiazione del  dottor  Venturi
dall'albo dei medici - destinato a incidere sulla  sfera  individuale
di quest'ultimo e percio'  privo  di  ogni  attitudine  lesiva  delle
attribuzioni regionali. Sarebbe dunque assente il tono costituzionale
del conflitto. 
    5.1.- Queste eccezioni sono prive di fondamento. 
    Questa Corte ha da lungo tempo affermato e costantemente ribadito
che «la figura dei conflitti di attribuzione non  si  restringe  alla
sola ipotesi  di  contestazione  circa  l'appartenenza  del  medesimo
potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per se',  ma
si  estende  a  comprendere  ogni  ipotesi  in  cui  dall'illegittimo
esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di
attribuzioni   costituzionalmente   assegnate   all'altro   soggetto»
(sentenza n. 110 del 1970; piu'  di  recente,  sentenza  n.  130  del
2014). 
    La Regione ritiene che il provvedimento  emesso  dall'Ordine  dei
medici, all'esito del procedimento disciplinare avviato nei confronti
dell'assessore regionale alle politiche della salute,  che  e'  anche
medico, per aver questi proposto e  votato  una  delibera  di  Giunta
contenente  una  disciplina  dell'organizzazione   dei   servizi   di
emergenza  sanitaria,  non  condivisa  dal   medesimo   Ordine,   sia
illegittimo, perche' lo Stato (e, per esso, l'Ordine) non avrebbe  il
potere di sottoporre a giudizio disciplinare e censurare  l'attivita'
di indirizzo politico-amministrativo  in  materia  di  organizzazione
sanitaria   dell'assessore,   membro    della    Giunta    regionale.
All'esercizio di tale potere si contrapporebbe, infatti,  l'autonomia
amministrativa  regionale  costituzionalmente   garantita,   che   ne
risulterebbe quindi menomata. 
    Questa Corte ha ritenuto che per conferire tono costituzionale  a
un conflitto serve essenzialmente prospettare  l'esercizio  effettivo
di un potere, non avente base legale, «in  concreto  incidente  sulle
prerogative costituzionali della  ricorrente»  (fra  le  altre,  vedi
sentenze n. 260  e  n.  104  del  2016).  Sono,  pertanto,  prive  di
fondamento  le  eccezioni  di  inammissibilita'   del   ricorso   per
insussistenza del tono costituzionale del conflitto. 
    La Regione contesta, infatti, non gia' le modalita' di  esercizio
del potere disciplinare dell'Ordine, ma l'esistenza  stessa  di  tale
potere,  con  riferimento   alla   condotta   politico-amministrativa
dell'assessore regionale medico,  e  afferma  che  la  lesione  delle
prerogative  di  quest'ultimo  (facolta'  di  proposta  e  di  voto),
derivante  dall'esercizio  "abusivo"  del  potere  disciplinare,   si
risolve nella  lesione  delle  competenze  della  Giunta  stessa,  in
ragione del rapporto di  immedesimazione  organica  fra  assessori  e
Giunta, e quindi della Regione. In tal  modo,  risulta  evidente  non
solo  l'interesse  a  ricorrere  della  Regione,  «qualificato  dalla
finalita' di ripristinare l'integrita' della  sfera  di  attribuzioni
costituzionali» (sentenza n. 265 del 2003) che si assumono  menomate,
ma anche l'attualita' della lesione, derivante  dall'atto  impugnato.
L'adozione   di   quest'ultimo,   infatti,   costituendo    esercizio
illegittimo  del  potere  di  sindacare  e   sanzionare   sul   piano
disciplinare   le   scelte   politico-amministrative   della   Giunta
regionale,  per  il  tramite  dell'assessore  sottoposto  alla   piu'
rigorosa delle sanzioni disciplinari, determinerebbe di  per  se'  la
lesione dell'autonomia amministrativa regionale. 
    Ai fini dell'ammissibilita' del ricorso non riveste alcun rilievo
la circostanza che il medesimo atto impugnato in questa sede e' stato
impugnato anche dinanzi alla CCEPS, giudice competente a pronunciarsi
sui ricorsi proposti avverso i  provvedimenti  disciplinari  adottati
dalle commissioni di albo, ai sensi dell'art. 3, comma 4, del  d.lgs.
C.p.S. n. 233 del 1946, come successivamente modificato. La  pendenza
di un giudizio  dinanzi  all'autorita'  giurisdizionale  avente  come
oggetto  il  medesimo  atto  impugnato  in  sede  di   conflitto   di
attribuzione fra enti non comporta - come questa Corte ha precisato -
l'inammissibilita' del conflitto, ove sussista il tono costituzionale
(di recente, sentenza n. 57 del 2019). 
    6.- Nel merito, il ricorso e' fondato. 
    Gli ordini delle professioni sanitarie, e fra questi l'Ordine dei
medici, sono investiti - come si e' detto - di funzioni di  interesse
pubblico dal d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, come modificato dall'art.
4 della legge n. 3 del 2018. Fra tali funzioni, a tutela di interessi
generali della collettivita', garantiti dall'ordinamento  e  connessi
all'esercizio professionale, vi e' quello di vigilare «sugli iscritti
agli albi, in qualsiasi forma giuridica svolgano  la  loro  attivita'
professionale,  compresa  quella   societaria,   irrogando   sanzioni
disciplinari» (art. 1, comma 3, lettera l, del d.lgs. C.p.S.  n.  233
del 1946, come successivamente modificato). L'Ordine e' chiamato,  in
questa  prospettiva,  a  promuovere  e  assicurare   «l'indipendenza,
l'autonomia e la responsabilita' delle professioni  e  dell'esercizio
professionale, la qualita' tecnico-professionale,  la  valorizzazione
della funzione sociale, la  salvaguardia  dei  diritti  umani  e  dei
principi etici dell'esercizio professionale indicati  nei  rispettivi
codici deontologici, al fine di  garantire  la  tutela  della  salute
individuale e collettiva» (art. 1, comma 3, lettera  c,  del  d.  lgs
C.p.S. n. 233 del 1946, come successivamente modificato).  All'Ordine
e' attribuito un potere  disciplinare,  esercitato,  in  particolare,
dalla commissione di albo (art. 3, comma 2,  lettera  c,  del  d.lgs.
C.p.S. n. 233 del 1946, come successivamente modificato). 
    Il potere disciplinare, cosi' configurato  nelle  sue  finalita',
serve ad  assicurare  il  rispetto  delle  regole  deontologiche  che
governano il corretto esercizio della professione. Il legislatore  ha
inteso, in tal modo, delimitare un potere sanzionatorio che,  se  non
ristretto  entro  confini  ben  precisi,  potrebbe  irragionevolmente
invadere la sfera dei diritti dei singoli destinatari delle sanzioni.
Esso puo' dunque essere legittimamente esercitato solo «tenendo conto
degli obblighi a carico degli  iscritti,  derivanti  dalla  normativa
nazionale e regionale vigente  e  dalle  disposizioni  contenute  nei
contratti e nelle convenzioni nazionali di lavoro», nonche'  «secondo
una graduazione correlata alla  volontarieta'  della  condotta,  alla
gravita' e alla reiterazione dell'illecito» (ancora art. 1, comma  3,
lettera l,  gia'  citato).  Il  potere  disciplinare  nasce,  quindi,
limitato dal necessario rispetto delle garanzie  degli  iscritti,  ma
anche dalla natura dei codici  deontologici,  definiti  dalla  stessa
CCEPS (decisione 7 luglio 2017, n. 80) atti di "soft law"  vincolanti
nei termini e nei limiti indicati dalla legge. 
    In questa prospettiva, l'art. 38 del d.P.R. 5 aprile 1950, n. 221
(Approvazione  del  regolamento  per  la   esecuzione   del   decreto
legislativo 13 settembre 1946, n.  233,  sulla  ricostituzione  degli
Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio
delle professioni  stesse)  delimita  l'ambito  di  operativita'  del
potere disciplinare e prescrive che esso puo' essere  esercitato  nei
soli confronti dei «sanitari che si  rendano  colpevoli  di  abusi  o
mancanze nell'esercizio  della  professione  o,  comunque,  di  fatti
disdicevoli al decoro professionale». 
    Per la precisa individuazione di tali ipotesi di responsabilita',
il codice di  deontologia  medica,  nel  testo  approvato  nel  2014,
chiarisce, all'art. 1, che le regole  da  esso  poste  impegnano  «il
medico nella tutela della salute individuale e  collettiva  vigilando
sulla dignita', sul decoro, sull'indipendenza e sulla qualita'  della
professione». Cosi' circoscritto, il  potere  si  rivolge  a  colpire
comportamenti  dissonanti  rispetto   a   un   corretto   svolgimento
dell'attivita' professionale, nonche' i «comportamenti assunti al  di
fuori  dell'esercizio  professionale  quando  ritenuti  rilevanti   e
incidenti sul decoro  della  professione».  La  genericita'  di  tale
ultima previsione - peraltro contenuta in una formula comune a  tutti
gli ordinamenti  disciplinari  -  e'  di  tutta  evidenza.  Essa  non
impedisce, tuttavia, di identificare comportamenti del medico, tenuti
nella vita privata, lesivi della sua reputazione, oltre che idonei  a
compromettere l'immagine (il «decoro») della categoria  professionale
o comunque tali da giustificare in generale «un biasimo, perche'  non
rispettos[i]  dei  doveri  di  lealta'  verso  gli  altri   iscritti»
(Cassazione civile, sezione terza, sentenza 19 giugno 2002, n. 8915). 
    Alla luce  di  tali  indicazioni,  la  stessa  CCEPS,  organo  di
giurisdizione speciale chiamato a pronunciarsi sui  ricorsi  promossi
avverso i provvedimenti disciplinari adottati  dalla  commissione  di
albo (art. 3, comma 4,  del  d.lgs.  C.p.S.  n.  233  del  1946),  ha
affermato:  «e'  sottratto  al  potere  disciplinare  dell'Ordine  il
comportamento del medico riconducibile all'ambito  dell'esercizio  di
mansioni o funzioni pubbliche e non riferibile  ad  attivita'  svolte
nell'interesse personale del professionista» (decisione n. 16  dell'8
giugno 1991), ne' all'attivita' professionale in genere (decisione n.
41 del 21 febbraio 2000). 
    Cosi' delimitato l'ambito di esercizio  del  potere  disciplinare
dell'Ordine dei medici risulta pertanto evidente  che,  nel  caso  in
esame, l'Ordine dei medici ha agito in carenza di potere, poiche'  ha
sottoposto  a  procedimento  disciplinare  e  sanzionato  un  proprio
iscritto per atti compiuti da quest'ultimo non  nell'esercizio  della
professione di medico, ma nell'esercizio di una funzione pubblica, in
qualita' di assessore regionale. Tali atti, ascrivibili  a  un  munus
pubblico, non rientrano fra quelli sottoposti al potere sanzionatorio
dell'Ordine. 
    L'Ordine  ha,  infatti,  sanzionato,  senza  averne  il   potere,
l'assessore  alle  politiche  della  salute  per  aver   quest'ultimo
proposto e votato e quindi contribuito ad approvare la delibera della
Giunta regionale n. 508 del 2016, non condivisa  dall'Ordine  stesso.
In tal modo ha interferito  illegittimamente  con  l'esercizio  delle
prerogative dell'assessore, tra  le  quali  rientra  la  facolta'  di
proporre e di concorrere a formare e deliberare gli atti  dell'organo
collegiale di appartenenza. Per il tramite dell'assessore sanzionato,
esso ha interferito con le attribuzioni costituzionali della  Regione
in materia di organizzazione sanitaria  con  conseguente  menomazione
delle stesse. L'assessore,  membro  della  Giunta  regionale,  organo
collegiale titolare delle competenze  amministrative  della  Regione,
contribuisce a definire nell'ambito assegnatogli - le politiche della
salute - l'indirizzo politico-amministrativo della  Giunta  regionale
stessa. A tali funzioni viene assegnato su richiesta del  Presidente,
organo di elezione diretta (ai sensi  dell'art.  122,  ultimo  comma,
Cost.). Con tale nomina si  genera  un  rapporto  di  immedesimazione
organica con la  Giunta,  cosicche'  la  lesione  delle  attribuzioni
dell'assessore si traduce nella  lesione  delle  attribuzioni,  nella
medesima  materia,  della  Giunta  regionale  di  cui  e'  parte   e,
conseguentemente, della Regione. 
    Quanto  alle  attribuzioni  regionali  in  discussione,   occorre
rilevare che la delibera n. 508  del  2016,  proposta  dall'assessore
Venturi e approvata dalla Giunta regionale, ha autorizzato  l'impiego
di personale infermieristico specializzato nell'assistenza  sanitaria
in  emergenza,  sulla  base   di   appositi   protocolli   operativi,
predisposti dal personale medico. Essa  costituisce  esercizio  della
competenza amministrativa  regionale  in  materia  di  organizzazione
sanitaria, «parte integrante  della  competenza  [...]  regionale  in
materia della tutela della salute di cui al terzo  comma  del  citato
art. 117 Cost. (ex plurimis sentenze n. 54 del  2015  e  n.  371  del
2008)» (sentenza n. 137 del 2019) e «inerisce [...] ai metodi ed alle
prassi di razionale ed efficiente utilizzazione delle risorse  umane,
finanziarie e materiali destinate a  rendere  possibile  l'erogazione
del servizio» (sentenza n. 105 del 2007). 
    La delibera ha dato attuazione alle  indicazioni  gia'  formulate
nel d.P.R. 27 marzo 1992 (Atto  di  indirizzo  e  coordinamento  alle
regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria  di
emergenza), in specie, all'art. 10 (che  prevede  che  il  «personale
infermieristico professionale,  nello  svolgimento  del  servizio  di
emergenza, puo' essere autorizzato  a  praticare  iniezioni  per  via
endovenosa e fleboclisi, nonche' a  svolgere  le  altre  attivita'  e
manovre  atte  a  salvaguardare  le  funzioni  vitali,  previste  dai
protocolli decisi dal medico responsabile  del  servizio»),  e  nella
successiva intesa in  conferenza  Stato-Regioni  (Atto  d'intesa  tra
Stato e regioni di approvazione delle  linee  guida  sul  sistema  di
emergenza sanitaria dell'11 aprile 1996, in applicazione del  decreto
del Presidente  della  Repubblica  27  marzo  1992).  Tale  atto  ha,
infatti, definito i «requisiti organizzativi e funzionali della  rete
dell'emergenza», individuando nella centrale operativa il  centro  di
raccolta di tutte le «richieste telefoniche di urgenza  ed  emergenza
convogliate  attraverso  il  numero  unico  118»,  e  il  centro   di
individuazione degli interventi piu' idonei per  dare  risposta  alle
citate richieste, sulla base di  protocolli  operativi  interni,  «di
valutazione di criticita' dell'evento», che utilizzino  «codifiche  e
terminologie standard non suscettibili di ambiguita'  interpretative»
e siano «sottoposti a periodica valutazione e revisione». 
    Questo dettagliato apparato di misure si colloca nell'ambito  del
conferimento alle Regioni di piu' ampie competenze e  responsabilita'
in ordine alla pianificazione e organizzazione dei servizi  sanitari,
in linea con quanto stabilito dall'art. 2 del d.lgs. n. 502 del  1992
e in attuazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. 
    7.- In conclusione, il ricorso deve essere accolto. 
    Si  dichiara  che  non  spetta  allo  Stato,  e  per  esso   alla
Commissione dell'Ordine provinciale  dei  medici  chirurghi  e  degli
odontoiatri di Bologna,  adottare,  a  conclusione  del  procedimento
disciplinare  prot.  n.  2501/gp/pm,  la  sanzione  della  radiazione
dall'albo dei medici a carico  dell'assessore  alle  politiche  della
salute della Regione Emilia-Romagna, dott. Sergio Venturi,  per  aver
questi proposto e contribuito a  formare  la  delibera  della  Giunta
regionale n. 508 del 2016. 
    Pertanto, va annullata la sanzione della radiazione dall'albo dei
medici, adottata a conclusione del procedimento disciplinare prot. n.
2501/gp/pm, a carico dell'assessore alle politiche della salute della
Regione Emilia-Romagna. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara ammissibile l'intervento in giudizio del dott. Sergio
Venturi; 
    2) dichiara  ammissibile  l'intervento  in  giudizio  dell'Ordine
provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Bologna; 
    3)  dichiara  che  non  spetta  allo  Stato,  e  per  esso   alla
Commissione dell'Ordine provinciale  dei  medici  chirurghi  e  degli
odontoiatri di Bologna,  adottare,  a  conclusione  del  procedimento
disciplinare  prot.  n.  2501/gp/pm,  la  sanzione  della  radiazione
dall'albo dei medici a carico  dell'assessore  alle  politiche  della
salute della Regione Emilia-Romagna, dott. Sergio Venturi,  per  aver
questi proposto e contribuito a  formare  la  delibera  della  Giunta
regionale 11 aprile 2016, n. 508 (Principi e criteri in  ordine  alla
predisposizione di Linee guida  regionali  per  l'armonizzazione  dei
protocolli avanzati di impiego di personale infermieristico  adottati
ai sensi dell'art. 10 D.P.R. 27 marzo 1992  per  lo  svolgimento  del
servizio di emergenza sanitaria territoriale 118) e al Presidente del
Consiglio dei ministri e al Ministro della salute  non  provvedere  a
seguito  dell'Atto   di   significazione   della   Giunta   regionale
dell'Emilia-Romagna, trasmesso in data 27 dicembre 2018; 
    4) annulla per l'effetto la sanzione  disciplinare  irrogata  con
l'atto indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 novembre 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA