N. 227 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 luglio 2019

Ordinanza del 26 luglio 2019 della Corte dei conti -  Sez.  regionale
di controllo per la Basilicata  nel  giudizio  di  parificazione  del
rendiconto  generale  della  Regione   Basilicata   per   l'esercizio
finanziario 2017. 
 
Impiego pubblico - Norme della Regione Basilicata - Uffici  stampa  -
  Applicazione  ai  giornalisti  addetti  agli  Uffici  stampa  della
  Regione e degli  enti  sub-regionali  del  contratto  nazionale  di
  lavoro dei giornalisti  -  Individuazione  e  regolamentazione  dei
  profili professionali all'interno degli Uffici stampa demandate  ad
  una specifica area di contrattazione tra  gli  organi  regionali  e
  l'Associazione della stampa di Basilicata  -  Norma  transitoria  -
  Facolta' per gli iscritti all'ordine dei giornalisti,  appartenenti
  agli organici degli Uffici stampa  della  Giunta  e  del  Consiglio
  regionale, con contratto a tempo indeterminato  di  optare  per  la
  trasformazione  del  rapporto  di  lavoro  in  contratto  a   tempo
  indeterminato con  l'applicazione  del  contratto  giornalistico  -
  Garanzia assistenziale  e  previdenziale  a  decorrere  dalla  data
  dell'opzione. 
- Legge della Regione Basilicata 9 febbraio 2001,  n.  7  (Disciplina
  delle attivita'  di  informazione  e  comunicazione  della  Regione
  Basilicata), articoli 2, commi 2 e 6; e 6, commi 1 e 2. 
(GU n.51 del 18-12-2019 )
 
                           CORTE DEI CONTI 
          Sezione regionale di controllo per la Basilicata 
 
    composta dai seguenti magistrati: 
        Presidente dott. Angelo Buscema - Presidente; 
        consigliere dott. Rocco Lotito; 
        primo referendario dott.ssa Vanessa Pinto - relatore; 
    ha  pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   giudizio   di
parificazione del rendiconto della Regione Basilicata per l'esercizio
finanziario 2017. 
    Visti  gli  articoli  100,  comma  2  e  103,  comma   2,   della
Costituzione; 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, l'art. 1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87; 
    Visti gli articoli 81, 97 comma 1, 117, comma  2,  lettere  I)  e
119, comma 1, della Costituzione; 
    Visto il Testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni
ed integrazioni; 
    Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante  «Disposizioni  in
materia di giurisdizione  e  controllo  della  Corte  dei  conti»,  e
successive modifiche ed integrazioni; 
    Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7  dicembre  2012,  n.  213  e  successive
modifiche ed integrazioni e, in particolare,  l'art.  1,  comma  1  e
comma 5; 
    Vista la deliberazione n. 1138 del 9 novembre 2018, con la  quale
la Giunta regionale ha deliberato «Di proporre  all'approvazione  del
Consiglio regionale il  disegno  di  legge  circa  "Approvazione  del
Rendiconto  generale  della  Regione   Basilicata   per   l'esercizio
finanziario 2017" »; 
    Vista  la  nota  prot.  n.  191219/13A1  del  14  novembre  2018,
acquisita al prot. 1178 in data 15 novembre  2018  con  la  quale  la
Regione  Basilicata  ha  trasmesso  a  questa  Sezione  regionale  di
controllo della Corte dei conti il progetto  di  rendiconto  generale
per l'esercizio finanziario 2017 approvato con la delibera di  Giunta
regionale n. 1138 del 9 novembre 2018, completo del conto economico e
dello stato patrimoniale, unitamente alla relazione sulla gestione; 
    Vista la nota prot.  n.  prot.  8506/12A2  del  17  gennaio  2019
(acquisita al prot. 42/2019) con la quale  sono  state  trasmesse  le
copie conformi all'originale della DGR 1138/2018; 
    Visto l'art. 9, comma 5, della legge 7  giugno  2000  n.  150  in
materia  di  «Disciplina  delle  attivita'  di  informazione   e   di
comunicazione delle pubbliche amministrazioni»; 
    Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165  e  successive
modificazioni  (norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro   alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche); 
    Vista la legge regionale del 9 febbraio 2001, n. 7  e  successive
modifiche ed integrazioni, in materia di «Disciplina delle  attivita'
di informazione e  comunicazione  della  Regione  Basilicata»  e,  in
particolare, gli articoli 2 e 6; 
    Vista la nota istruttoria del 5 ottobre 2018 prot. n. 888  avente
per  oggetto,  tra  l'altro,  richieste  di   riscontro   in   merito
all'aumento del costo del personale assunto presso gli Uffici  stampa
della Regione (Giunta e Consiglio); 
    Viste le note di risposte  del  Consiglio  regionale  in  data  9
novembre 2018 prot. n. 1127; 
    Vista la nota  n.  532  del  19  aprile  2019  con  la  quale  il
Magistrato istruttore ha trasmesso - al presidente della  Giunta,  al
presidente del Consiglio regionale, al presidente  del  Collegio  dei
revisori ed al Procuratore regionale della Regione  Basilicata  -  la
nota  istruttoria  conclusiva  contenente  gli  esiti  dei  riscontri
istruttori effettuati ai fini e  per  gli  effetti  del  giudizio  di
parificazione del rendiconto generale per l'esercizio 2017; 
    Viste le note di risposta pervenute dal Consiglio,  prot.  2943/C
del 16 maggio 2019 (acquisita al prot.  629/2019)  e  dal  presidente
della Giunta in data 20 maggio 2019 (acquisita al prot. 668/ 2019); 
    Vista  la  bozza  di  Relazione  finale  sugli  esiti  istruttori
trasmessa - in relazione allo  specifico  aggregato  della  spesa  di
personale - con la nota prot. n. 1109 del 19 giugno 2019; 
    Visto il decreto di fissazione  dell'udienza  n.  19/2019  (prot.
interno n. 81159420), ritualmente trasmesso in data  12  giugno  (con
nota prot. 914) con il quale il Presidente  f.f.  di  questa  Sezione
regionale di controllo ha fissato l'odierna udienza, per la decisione
sulla parificazione del rendiconto generale della Regione  Basilicata
per l'esercizio finanziario 2017; 
    Considerati gli esiti dell'audizione formale tenuta  in  data  21
giugno 2019, con  i  rappresentanti  della  Giunta  e  del  Consiglio
regionale, i dirigenti responsabili dei vari  settori  interessati  e
con i componenti del Collegio dei revisori (da  una  parte)  ed  alla
presenza del Procuratore regionale della Corte dei conti  (dall'altra
parte), nell'ambito della quale sono state illustrate le  conclusioni
istruttorie propedeutiche al presente giudizio di parifica; 
    Viste le controdeduzioni  trasmesse  dalla  Regione  in  data  26
giugno 2019 (acquisite al prot. 1253/2019) con specifico  riferimento
ai rilievi effettuati sulla spesa di personale, tra cui il  personale
assunto presso gli Uffici stampa regionali; 
    Vista la requisitoria del Procuratore regionale della  Corte  dei
conti per la parifica del Rendiconto regionale 2017, trasmessa  anche
a mezzo PEC in data 2 luglio 2019. 
    Uditi  all'odierna  udienza  il  relatore   Vanessa   Pinto;   il
Procuratore regionale Luigi Cirillo e  il  presidente  della  Regione
Basilicata Vito Bardi. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    1. Con nota prot. n. prot.  191219/13A1  del  14  novembre  2018,
acquisita al prot. 1178 in data 15 novembre 2018 e' stato trasmesso a
questa Sezione di  controllo,  il  progetto  di  rendiconto  relativo
all'esercizio 2017, composto dal  conto  del  bilancio  e  dal  conto
economico e patrimoniale, cosi' come approvato  con  la  delibera  di
Giunta regionale  n.  1138  del  9  novembre  2018,  con  i  relativi
allegati. 
    Nell'ambito del procedimento istruttorio funzionale  al  giudizio
di parifica del  rendiconto  relativo  all'esercizio  2017  e'  stato
riscontrato - tra le altre anomalie - il  consistente  e  progressivo
aumento, in termini di  impegni  e  pagamenti,  dell'aggregato  della
spesa di personale sostenuta dalla Regione. 
    Tale criticita' risulta caratterizzare «in  via  strutturale»  il
bilancio regionale. 
    La medesima anomalia a' stata, infatti,  riscontrata  nell'ambito
dei giudizi  di  parificazione  dei  rendiconti  2015  e  2016  (cfr.
Relazione allegata alla decisione n. 45/2016,  pag.  204  e  segg.  e
Relazione allegata alla decisione n. 33/2018 pagg. 412 e ss). 
    Il dato e' risultato particolarmente evidente con riferimento  al
personale  giornalista  «contrattista  a  t.   ind»   (dicitura   del
prospetto) che e' risultato in progressivo e costante  aumento  negli
esercizi 2014 - 2017, nonostante l'invarianza (e nell'esercizio 2017,
la diminuzione) del numero di unita' utilizzate. 
    In particolare, per gli esercizi 2014 - 2016,  per  il  personale
giornalista imputaci alla Giunta, ad invarianza del numero di unita',
si e' passati dall'importo di euro  329.927,00  dell'esercizio  2014,
all'importo di euro 355.047,00 dell'esercizio  2015,  all'importo  di
euro 392.552,00 dell'esercizio 2016. 
    La stessa criticita' e' stata rilevata con riferimento alle spese
di  personale  giornalistico  imputate  nel  bilancio  del  Consiglio
regionale. 
    Le tabelle  che  seguono  mostrano  l'evoluzione  dei  costi  nel
periodo 2014-2016 e 2016-2017. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Ad invarianza del numero di unita' impiegate  (pari  a  sei),  la
spesa di personale giornalistico intestato alla Giunta ha  subito  un
incremento dal 2014 al 2016 pari ad euro 62.625,00. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Anche  in  relazione  al  personale  giornalistico  intestato  al
Consiglio regionale si assiste al medesimo  fenomeno:  ad  invarianza
del numero di unita' impiegate (quattro unita')  la  spesa  sostenuta
dall'esercizio 2014 all'esercizio 2016 e' aumentata  dell'importo  di
euro 35.113,00. Osservando l'evoluzione del fenomeno nell'ambito  del
progetto di rendiconto relativo all'esercizio 2017, la criticita'  e'
risultata confermata. 
    Nell'esercizio  2017,  con  decorrenza  1°  luglio,   a   seguito
dell'unificazione dei ruoli della Giunta e  del  Consiglio  regionale
adottata con DGR n. 106/2015 in attuazione dell'art. 24  della  legge
regionale n. 7/2013, la gestione economica e giuridica del  personale
del Consiglio e'  passata  alla  competenza  esclusiva  della  Giunta
regionale. 
    Per l'effetto - a decorrere dal 1° luglio 2017  -  gli  oneri  di
personale vengono imputati «in via consolidata» sui capitoli di spesa
della Giunta. 
    Il dato della spesa di personale del Consiglio risulta - quindi -
valorizzato come voce separata sino al 30 giugno 2017. 
    Nella tabella seguente si riporta il  dato  aggregato  (Giunta  e
Consiglio) della spesa di personale 2016 - 2017. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Come emerge per tabulas anche nell'esercizio 2017 si registra  un
aumento complessivo della spesa di personale  rispetto  all'esercizio
2016, per l'importo di euro 57.254,19. 
    Alla luce di quanto sopra, pertanto, l'evoluzione della  voce  di
spesa nel periodo 2014-2017 ha comportato un  incremento  complessivo
di euro 129.140,23, passando dall'importo di euro 578.204,00  (Giunta
e Consiglio) dell'esercizio 2014 all'importo euro 707.344,23  (Giunta
e Consiglio) dell'esercizio 2017. 
    Il tutto ad invarianza di numero di unita' assunte, anzi con  una
unita' di personale in meno nell'esercizio 2017. 
    Nell'esercizio 2017, infatti, la  diminuzione  delle  voci  della
spesa  di  personale  giornalista  intestata  al  Consiglio  e'  solo
apparente in quanto, come gia' rilevato, a decorrere  dal  1°  luglio
2017 e' confluita sui capitoli di spesa della Giunta. 
    In sede di riscontri istruttori (cfr. nota  di  risposta  del  10
maggio  2018  prot.  n.  81712/11A1),  la  Giunta  ha  riferito   che
«L'aumento  del  costo  del  personale  "contrattualizzato  a   tempo
indeterminato" (trattasi di personale giornalista a cui si applica il
CNGL) tra il 2015 e il 2016 e' dovuto all'erogazione, nell'annualita'
2016 degli aumenti contrattuali e dei nuovi istituti  previsti  dallo
stesso CNGL approvato il 24.6.2014». (enfasi aggiunta). 
    Le medesime giustificazioni  sono  state  fornite  dal  Consiglio
regionale (cfr. nota  di  risposta  del  9  novembre  2018  prot.  n.
8933/c). 
    I chiarimenti  istruttori  ricevuti,  hanno  fatto  emergere  una
criticita' di base. 
    E' risultato, infatti, che la  Regione  applica  -  al  personale
assunto  presso  gli  Uffici  stampa  dei  propri  organi   ed   enti
strumentali - il contratto nazionale dei giornalisti  (CNLG)  e  non,
come  avrebbe  dovuto,  il  Contratto  nazionale  collettivo  per  il
comparto delle funzioni locali (CCNL). 
    Tale «trattamento in  deroga»  risulta  autorizzato  dalla  legge
regionale n. 7 del 9 febbraio 2001 emanata in materia di  «Disciplina
delle  attivita'  di  informazione  e  comunicazione  della   Regione
Basilicata» e,  in  particolare,  dall'art.  2  («Uffici  Stampa»)  e
dall'art. 6 («Disposizioni transitorie»). 
    Alla luce di quanto sopra, in sede istruttoria e' stato  rilevato
che il diverso trattamento economico, previdenziale ed  assistenziale
contenuto  nel  Contratto  giornalistico  (CNLG)  -  oltre  ad   aver
comportato  e  continuare  a  comportare,  in  misura   ordinaria   e
continuativa, oneri e spese non riconosciuti  dal  vigente  contratto
collettivo nazionale di comparto - e' stato la  causa  degli  aumenti
dei costi del personale giornalista registrati negli esercizi 2014  -
2017, per via degli adeguamenti operati a decorrere  dal  2015  (cfr.
nota di risposta del Consiglio del 9 novembre 2018 prot. n.  8933/c.,
cit.). 
    Il Magistrato istruttore ha riportato le conclusioni raggiunte in
parte qua nell'ambito della (bozza) di Relazione finale, trasmessa  -
con la  nota  del  19  giugno  2019  (cfr.  nota  Prot.  n.  1109)  -
all'Amministrazione regionale  ed  alla  Procura  regionale  ai  fini
dell'audizione  tenuta  in  data  21  giugno  2019,  e  cio'  in  via
prodromica all'odierna udienza di parificazione del 4 luglio 2019. 
    In sede di controdeduzioni, l'Ente non ha fornito alcun riscontro
in merito alla criticita' rilevata. 
    Il Procuratore regionale nell'ambito delle conclusioni  riportate
nella requisitoria trasmessa a mezzo  Pec  in  data  2  luglio  2019,
concordando con i dubbi di  legittimita'  costituzionale  manifestati
dal Magistrato istruttore, ha ritenuto la «non manifesta infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale con  riferimento  agli
articoli 1, 2 e 6, legge regionale n.  7/2001,  nella  parte  in  cui
disciplinano un rapporto di  lavoro  "privatizzato"  alle  dipendenze
della pubblica amministrazione come  contratto  di  diritto  privato,
sottraendolo  alle  regole  contrattuali  previste  per  i   pubblici
dipendenti, in violazione delle  competenze  statali  in  materia  di
ordinamento civile e di coordinamento della finanza pubblica, ex art.
117 Cost.» (cfr. «Requisitoria» anticipata a  mezzo  Pec  in  data  2
luglio 2019, pag. 68). All'odierna udienza, il Magistrato relatore ed
il Procuratore  regionale  hanno  confermato  le  perplessita'  sopra
riportate in merito alla legittimita' costituzionale  dell'art.  2  e
dell'art. 6 della legge regionale n. 7/ 2001. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    2. La legge regionale della Basilicata n. 7 del 9  febbraio  2001
(«Disciplina delle attivita' di informazione  e  comunicazione  della
Regione Basilicata») - innestando nel sistema regionale uno  speciale
trattamento «in deroga» - applica al personale assunto  negli  Uffici
stampa regionali il contratto nazionale giornalistico (CNLG) in luogo
del contratto collettivo nazionale per  il  comparto  delle  funzioni
locali (CCNL). 
    Tale «regime speciale» ha gravato i bilanci  regionali  di  oneri
non previsti dalla legislazione nazionale in materia di  rapporto  di
lavoro alle dipendenze pubbliche. 
    Le specifiche disposizioni che si assumono  illegittime  sono  le
seguenti: 
        art. 2, comma 2, ai sensi del quale «Ai  giornalisti  addetti
agli Uffici Stampa della Regione e degli  Enti  sub-regionali  (RATO,
ALSIA, APT, ARBEA, ARDSU, ARPAB, ATER Matera, ATER Potenza,  Ente  di
gestione  del  Parco  archeologico  storico  naturale  delle   Chiese
rupestri del  Materano,  Ente  Parco  naturale  Gallipoli  Cognato  -
Piccole Dolomiti Lucane, Ente Parco nazionale del Pollino) si applica
il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti»; 
        art. 2, comma 6, ai sensi del quale  «L'individuazione  e  la
regolamentazione dei profili professionali all'interno  degli  Uffici
stampa sono demandate ad una specifica area di contrattazione tra gli
organi regionali e l'Associazione della stampa di Basilicata»; 
        art. 6, comma 1, ai sensi del quale «Agli iscritti all'ordine
dei giornalisti, appartenenti agli organici degli Uffici stampa della
Giunta e del Consiglio regionale, con contratto a tempo indeterminato
e' data facolta' di  optare,  entro  trenta  giorni  dall'entrata  in
vigore della presente legge, per la trasformazione  del  rapporto  di
lavoro in contratto a  tempo  indeterminato  con  l'applicazione  del
contratto giornalistico»; 
        art. 6, comma 2, ai sensi del quale «In caso di  opzione  per
l'applicazione   del   contratto   giornalistico,   ai   soli    fini
dell'anzianita' di servizio  gli  anni  prestati  presso  gli  Uffici
stampa della Regione sono valutati al cinquanta per cento, La Regione
garantisce, ove espressamente richiesta  e  a  decorrere  dalla  data
dell'opzione,  la  contribuzione  previdenziale  all'INPGI  e  quella
assistenziale  alla  CASAGIT.  Eventuali  ricongiungimenti  ai   fini
previdenziali  ed  assistenziali,  relativi  a  posizioni  pregresse,
restano a totale carico degli interessati». 
    La  Sezione  dubita  della  legittimita'   costituzionale   delle
suddette disposizioni di legge regionale  per  contrasto  con  l'art.
117, comma 2, lettera l), della Costituzione  in  quanto  emanate  in
violazione della competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
«ordinamento civile», nel cui perimetro rientra anche  la  disciplina
del trattamento di lavoro «privatizzato» dei dipendenti pubblici, ivi
inclusi i dipendenti regionali e, tra questi,  il  personale  assunto
negli Uffici stampa. 
    La Sezione ritiene, altresi', che la violazione della riserva  di
legge statale abbia comportato  -  per  ridondanza  del  vizio  -  la
violazione dei parametri costituzionali di' cui agli articoli 81,  97
comma 1 e 117 comma terzo della Costituzione italiana, nei termini di
seguito meglio specificati. 
    Alla luce di quanto sopra, prima di  motivare  la  non  manifesta
infondatezza di tali dubbi si ritiene  necessario  soffermarsi  sulla
legittimazione di questa Corte  ad  adire  il  Giudice  delle  leggi,
nonche' sulla rilevanza della questione nel giudizio in corso. 
    3.  Legittimazione  a  sollevare  la  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Alla  luce  della  ormai  pacifica  giurisprudenza  della   Corte
costituzionale i giudizi di parificazione dei rendiconti regionali si
connotano,  oltre   che   per   tratti   sempre   piu'   equiparabili
all'esercizio di attivita' giurisdizionale, per essere uno  strumento
fondamentale al fine di evitare «zone d'ombra» nel sistema di  tutela
dei principi garantiti dalla Costituzione  (cfr.  ex  pluribus  Corte
costituzionale sentenze n. 89 del 2017, n. 196/2018, n. 138/2019,  n.
146/2019). 
    Come, anche di recente, ricordato dal Giudice  delle  leggi  «Per
aversi un giudizio di legittimita' costituzionale in via  incidentale
e' "sufficiente che ricorra il requisito oggettivo dell'esercizio  di
funzioni giudicanti per  l'obiettiva  applicazione  della  legge"  da
parte di organi "pur estranei all'organizzazione della  giurisdizione
ed istituzionalmente adibiti a compiti  di  diversa  natura"  che  di
quelle siano investite anche in via  eccezionale,  e  siano  all'uopo
"posti in posizione super  partes"  (sentenza  n.  226/1976)"»  (cfr.
Corte costituzionale, sentenza n. 138/2019). 
    La «nuova» Costituzione  finanziaria  -  codificata  della  legge
costituzionale n. 1/2012 - ha  innestato  nel  sistema  parametri  di
tutela della finanza pubblica e dei relativi equilibri  a  carico  di
tutte le amministrazioni del consolidato  pubblico,  ivi  incluse  le
regioni, e cio' anche al fine del rispetto dei  vincoli  economici  e
finanziari derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. 
    A tale fine, l'art. 1 del decreto-legge n.  174/2012  convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 213/2012, ha conferito  alla  Corte
dei conti una specifica funzione, e cioe'  quella  di  contribuire  a
«rafforzare il coordinamento della finanza pubblica,  in  particolare
tra i livelli di governo statale  e  regionale,  e  di  garantire  il
rispetto   dei   vincoli   finanziari   derivanti   dall'appartenenza
dell'Italia all'Unione europea,» (cfr. comma 1, art. 1  decreto-legge
n. 174/2012). 
    Per effetto di tale nuova «vis» dei poteri intestati  alla  Corte
dei conti, la verifica della legittimita' e regolarita'  del  sistema
di  bilancio  regionale  deve  avere  riguardo  anche  ai   parametri
costituzionali di cui agli articoli 28,  81,  97,  100  e  119  della
Costituzione (cfr. comma 1, art. 1, decreto-legge n. 174/2012, cit.). 
    In questa prospettiva, l'attivita' di riscontro  espletata  della
Corte dei conti nell'ambito dei giudizi di  parifica  dei  rendiconti
regionali costituisce -  per  espressa  previsione  normativa  -  uno
strumento  fondamentale  per  conseguire  -  a  livello  di   sistema
finanziario «allargato» - la tutela del bilancio pubblico nei termini
codificati dalla Costituzione. 
    Ed e', pertanto, alla luce  di  tale  «potere-dovere»  che  viene
riconosciuta la legittimazione delle Sezioni regionali di controllo a
sollevare la questione  di  legittimita',  in  sede  di  giudizio  di
parifica, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9  febbraio
1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    Il perimetro del riscontro e' dato dai  parametri  costituzionali
codificati a tutela della sana gestione finanziaria del bilancio. 
    Il  rispetto  di  tali  principi  e'  inscindibilmente   connesso
all'osservanza del riparto  delle  competenze  Stato-regioni  di  cui
all'art.  117,  comma  2  e  comma  3,  della   Costituzione,   quale
parametro-presupposto «a monte». 
    La legittimazione della Corte dei conti a sollevare questione  di
legittimita' costituzionale e' stata estesa, infatti, anche  ai  casi
di  assunta  violazione  dei  parametri  attributivi  di   competenza
«poiche'  in  tali  casi  la  Regione  manca  per  definizione  della
prerogativa di allocare risorse. Pertanto, entro tali materie, non vi
e' intervento regionale  produttivo  di  spesa  che  non  si  traduca
immediatamente nell'alterazione dei criteri dettati  dall'ordinamento
ai fini della sana gestione della finanza pubblica  allargata»  (cfr.
Corte costituzionale sentenza  n.  196/2018,  nonche'  le  successive
sentenze n. 138/2019 e n. 146/2019). 
    Sussiste, infatti, un'intima ed inscindibile interconnessione tra
l'art. 117, comma 2,  e  gli  altri  beni-valori  della  contabilita'
pubblica (v. Corte costituzionale, sentenza n. 188/2014,  nonche'  da
ultimo sentenze numeri 196/2018, 138/ 2019 e 146/ 2019). 
    In particolare, ai fini che interessano in questa sede, viene  in
rilievo l'art. 117,  comma  2,  lettera  l)  della  Costituzione  che
codifica  una   «riserva   esclusiva»   di   competenza   statale   a
disciplinare, in termini anche economici  e  finanziari,  determinate
materie considerate  «strategiche»  al  fine  di  garantire  l'unita'
economica  e  sociale  della  Repubblica,  tra   cui   quella   dello
«ordinamento civile». 
    Tra le materie dello «ordinamento civile» rientra  la  disciplina
dei rapporti  di  lavori  pubblici  cosiddetti  contrattualizzati  (o
privatizzati),  codificata  ai  sensi  del  decreto  legislativo   n.
165/2001 (Testo unico in materia di pubblico impiego). 
    Sul punto il Giudice delle leggi ha affermato che tale disciplina
«costituisce norma fondamentale di  riforma  economico-sociale  della
Repubblica, alla stregua dell'art. 1, comma  3,  del  citato  decreto
legislativo n. 165 del 2001, il quale rinvia in proposito ai principi
desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al
Governo per la razionalizzazione e la revisione delle  discipline  in
materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e  di  finanza
territoriale), che al comma 1, lettera a), stabilisce  per  l'appunto
come  principio  la  regolazione  mediante  contratti  individuali  e
collettivi dei rapporti di lavoro e di impiego nel settore  pubblico»
(cfr. ex pluribus Corte costituzionale sentenza n. 314/2003). 
    Nel caso  oggetto  della  presente  ordinanza  viene  in  rilievo
proprio  la  violazione  della   competenza   esclusiva   statale   a
disciplinare il rapporto di lavoro «contrattualizzato» dei dipendenti
pubblici. 
    Le disposizioni della legge regionale  n.  7/2001,  infatti,  nel
prevedere l'applicazione del contratto  di  lavoro  giornalistico  in
luogo del contratto collettivo  nazionale  di  comparto  previsto  ai
sensi del combinato disposto del decreto legislativo  n.  165/2001  e
dall'art. 9, comma 5 della legge n. 150/2000, si pongono in contrasto
con l'art. 117, secondo comma, lettera l) Cost. 
    La violazione del  suddetto  parametro  competenziale  «ridonda»,
inevitabilmente, nella violazione dei principi costituzionali in tema
di tutela del bilancio e degli equilibri finanziari, e cio' in quanto
il legislatore regionale - nel sostituirsi sine titulo al legislatore
nazionale - ha innestato nel sistema oneri  e  sottratto  risorse  in
assenza di «copertura normativa», rectius in violazione dei parametri
costituzionali. 
    Questo  ha  comportato,  come  effetto  riflesso,  la  violazione
dell'art. 81 Cost. e dell'art. 97, comma 1, Cost.,  per  lesione  del
principio dell'equilibrio di bilancio e del  principio  di  copertura
finanziaria. 
    E cio' in  quanto  l'innesto  nel  sistema  di  oneri  «privi  di
legittima  autorizzazione»  perche'  derivanti  da  leggi   regionali
emanate in «assenza di competenza  a  legiferare»  ha  determinato  -
nell'an - un effetto espansivo della spesa  non  consentito,  con  la
conseguenza che anche le risorse  utilizzate  a  copertura  risultano
viziate per «illegittimita' derivata». 
    In sintesi, la violazione competenziale  a  disporre  in  materie
riservate  allo  Stato,  sortisce  il  duplice  effetto,   ridondante
sull'equilibrio del bilancio, di  un  illegittimo  ampliamento  della
spesa con conseguente  copertura  finanziaria  priva  di  presupposti
normativi. 
    Nel caso di specie, infatti, la Regione  Basilicata  (cosi'  come
nei casi stigmatizzati dal Giudice  delle  leggi  nelle  sentenze  n.
196/2018, n. 138/2019 e n.  146/2019)  «legiferando  in  una  materia
riservata alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  ha
determinato un  aumento  sensibile  della  spesa  del  personale  che
costituisce, per la sua importanza strategica, non  gia'  una  minuta
voce di dettaglio nei bilanci delle amministrazioni pubbliche, ma  un
importante aggregato della spesa corrente, con la conseguenza che  le
disposizioni relative  al  suo  contenimento  assurgono  a  principio
fondamentale della legislazione statale (in tal senso, tra le  altre,
Corte   costituzionale   sentenza   n.   108/2011)»    (cfr.    Corte
costituzionale sentenza n. 146/2019) [enfasi aggiunta]. 
    Infatti, la violazione del principio di cui all'art.  117,  comma
2, lettera l) Cost. ridonda, altresi', nella violazione del comma  3,
dell'art. 117 Cost., per  lesione  della  competenza  dello  Stato  a
disciplinare - nelle materie di competenza concorrente - i  «principi
fondamentali», tra cui rientra il principio  di  coordinamento  della
finanza pubblica, nel cui  ambito  il  contenimento  della  spesa  di
personale assume un ruolo portante ai fini  del  perseguimento  degli
equilibri del bilancio pubblico consolidato. 
    Lo Stato e', infatti, garante, oltre del  rispetto  da  parte  di
tutte  le  amministrazioni  del  consolidato  pubblico  dei   vincoli
economici e finanziari derivanti dall'appartenenza all'Unione europea
(art. 97, comma  1  e  119,  comma  1  Cost.),  della  sostenibilita'
finanziaria dei diritti garantiti dalla Costituzione; tale  obiettivo
e' conseguibile solo con un bilancio pubblico allargato «sano  ed  in
equilibrio». 
    E'  in  quest'ottica  che  occorre  dare  rilievo  allo   stretto
collegamento tra potere di coordinamento in materia di  tutela  della
finanza pubblica di cui all'art. 117, comma  3  Cost.  e  riserva  di
competenza esclusiva nelle materie considerate «strategiche»  di  cui
all'art. 117, comma secondo, Cost. 
    Alla luce di quanto  sopra,  pertanto,  il  Collegio  ritiene  di
essere  legittimato  a  sollevare  la   questione   di   legittimita'
costituzionale per violazione dell'art.  117,  comma  2,  lettera  l)
nonche' - per ridondanza del vizio - degli articoli 81, 97 comma 1  e
117, comma 3, della Costituzione, e cio' in quanto le norme di cui si
sospetta l'illegittimita' costituzionale incidono  sull'articolazione
della  spesa  in  termini  di   «an»   e,   quindi,   sul   «quantum»
dell'aggregato complessivo della spesa di personale, determinando  un
effetto  espansivo  della  stessa  non  consentito   dall'ordinamento
costitizionale e giuscontabile vigenti. 
    4. Rilevanza della questione di  legittimita'  costituzionale  ai
fini del presente giudizio di parificazione del rendiconto regionale 
    Riguardo alla rilevanza nel presente giudizio delle questioni  di
costituzionalita' oggetto della presente ordinanza, si osserva quanto
segue. 
    Il giudizio di parificazione dei rendiconti  regionali,  nel  cui
ambito viene sollevata la questione  di  legittimita'  all'esame,  e'
stato innestato - nel sistema - per opera del comma 5 dell'art. 1 del
decreto-legge n. 174/2012.  Ai  sensi  del  suddetto  articolato  «Il
rendiconto  generale  della  regione  e'  parificato  dalla   sezione
regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi degli  articoli
39, 40 e 41 del testo unico di cui al regio decreto 12  luglio  1934,
n. 1214. Alla decisione di parificata e' allegata una relazione nella
quale la Corte dei conti formula le sue osservazioni in  merito  alla
legittimita' e alla regolarita' della gestione e propone le misure di
correzione e gli interventi di riforma che ritiene necessari al fine,
in  particolare,  di  assicurare  l'equilibrio  del  bilancio  e   di
migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa.  La  decisione  di
parifica e la relazione sono trasmesse  al  presidente  della  giunta
regionale e al consiglio regionale». 
    Tale giudizio «sintetizza in se', assumendo  un  ruolo  portante,
l'insieme delle funzioni di controllo intestate alla Corte dei  conti
al fine di contribuire a dare attuazione al nuovo  volto  finanziario
del nostro ordinamento, cosi' come oggi "comunitariamente  orientato"
alla tutela della finanza pubblica allargata» (cfr. Corte  dei  conti
Sez. reg. controllo per la Basilicata, decisione n. 45/2016/PARI). 
    In quest'ottica, il  giudizio  di  parificazione  dei  rendiconti
regionali  ha  assunto  connotati  piu'  ampi  e  dinamici   rispetto
all'originario statuto disegnato dal  legislatore  del  1934  per  il
rendiconto generale dello Stato,  e  cio'  proprio  alla  luce  della
necessita'  di   garantire   la   compartecipazione   di   tutte   le
amministrazioni del  consolidato  pubblico  al  perseguimento  di  un
equilibrio economico-finanziario «effettivo» e «sostenibile» anche in
via prospettica, a tutela della collettivita' attuale e futura  (cfr.
ex pluribus Corte costituzionale, sentenza n. 18/2019). 
    E' il concetto stesso di rendiconto oggetto di  parificazione  ad
essersi evoluto  in  coerenza  con  i  nuovi  principi  ed  obiettivi
costituzionali ed eurounitari. 
    In questo rinnovato panorama normativo, il  rendiconto  regionale
rappresenta il momento conclusivo del complessivo ciclo  di  bilancio
dell'Ente. Le voci che lo compongono, conto del bilancio e conto  del
patrimonio,  sono  finalizzate   a   dare   evidenza   dell'effettiva
sussistenza  degli  equilibri  economico-finanziari   dell'Ente,   in
termini di effettiva capacita' di spesa e,  quindi,  conseguimento  e
mantenimento in concreto  degli  equilibri  di  bilancio,  in  chiave
statica e dinamica. 
    Per l'effetto, il riscontro di voci  di  entrata  e/o  di  spesa,
ovvero di modalita' di contabilizzazione delle suddette voci  che  si
appalesano in violazione dei suddetti principi costituzionali, e  dei
relativi  parametri  interposti  (tra  cui,  in  primis,  il  decreto
legislativo n. 118/2011), non puo' che portare ad un  esito  negativo
del giudizio di parifica delle  voci  riscontrate  come  illegittime,
anche in termini di quomodo della relativa contabilizzazione. 
    Come efficacemente rilevato dal Giudice delle leggi «Sono  questi
i valori alla cui tutela e'  preordinata  la  Corte  dei  conti,  cui
spetta accertare tutte le "irregolarita'" poste in essere dagli  enti
territoriali suscettibili di pregiudicarli, secondo quanto  stabilito
dall'art. 1, comma 3, del decreto-legge  10  ottobre  2012,  n.  174»
(cfr. sentenze n. 18 del 2019, n. 196 del  2018,  nonche'  da  ultimo
sentenza n. 146/2019). 
    Alla luce di quanto sopra,  nel  caso  in  cui  dovessero  essere
riscontrate voci o modalita' di  contabilizzazione  di  voci  che  si
«sospettano» illegittime, per vizio derivato dalla «legge  -  fonte»,
si  rendera'  necessario  sollevare  la  questione  di   legittimita'
della/delle disposizione/disposizioni assunta/e come illegittima/e. 
    In caso contrario,  la  Sezione  regionale  di  controllo,  nella
vigenza  delle  menzionate  norme  e  in  assenza  di  scrutinio   di
legittimita' costituzionale, pur  dubitando  di  detta  legittimita',
dovrebbe  parificare   le   predette   componenti   del   rendiconto,
vanificando le finalita' per cui e' stata attribuita alla  Corte  dei
conti la funzione di parifica dei rendiconti regionali. 
    Peraltro, e' lo stesso Giudice delle Leggi ad osservare  che  nel
caso in cui venissero  parificati  capitoli  «in  applicazione  delle
norme  censurate,  il  collegio  a  quo,  si  sarebbe  trovato  nella
condizione di validare un risultato di amministrazione non  corretto,
relativo a  una  spesa  (...)  ritenuta  illegittima.  Esso  sarebbe,
pertanto,  venuto  meno  al  suo  compito  di   accertare   eventuali
"irregolarita' suscettibili di pregiudicare,  anche  in  prospettiva,
gli equilibri economico-finanziari degli enti"» (art. 1, comma 3, del
decreto-legge n. 174 del 2012) (cfr. ex pluribus Corte costituzionale
sentenze n. 89/2017, n. 196/2018 e n. 146/2019). 
    Nel caso all'esame, il sospetto di illegittimita'  costituzionale
della legge n. 7/2001 assume rilevanza ai fini del presente  giudizio
di parifica, in quanto la legge de  qua  ha  gravato  il  sistema  di
bilancio regionale con oneri «non consentiti», sottraendo al contempo
risorse in assenza di presupposti normativi. 
    Cio' che viene in rilievo e'  l'an  della  spesa,  in  quanto  la
normativa regionale in esame ha costituito  il  presupposto  (che  si
sospetta illegittimo) dell'aggravio del bilancio regionale con  oneri
relativi a trattamenti  retributivi,  previdenziali  ed  assicurativi
ulteriori rispetto a quelli previsti dalla contrattazione  collettiva
per il comparto delle funzioni locali. 
    Per l'effetto gli oneri in questione si appalesano privi  sia  di
«copertura normativa» - per incompetenza del legislatore regionale  -
sia  di  «copertura  finanziaria»,  per   mancanza   di   presupposti
legittimanti detta allocazione di risorse. 
    Come gia' evidenziato nelle  premesse,  nell'ambito  dell'odierno
giudizio di parificazione,  e'  stato  riscontrato  che  nel  periodo
2014-2017 il macroaggregato della spesa di personale  assunto  presso
gli «Uffici stampa»  della  Giunta  e  del  Consiglio  ha  subito  un
incremento pari ad euro 129.140,23,  passando  dall'importo  di  euro
578.204,00 (Giunta e Consiglio) dell'esercizio 2014 all'importo  euro
707.344,23 (Giunta e Consiglio) dell'esercizio 2017. 
    L'applicazione di tale diverso regime contrattuale, oltre ad aver
comportato gli aumenti dei costi del personale giornalista registrati
negli esercizi 2014 - 2017, ha determinato e continua a  determinare,
in misura ordinaria e continuativa, un effetto espansivo della  spesa
in assenza di copertura normativa e finanziaria,  perche'  effettuata
in violazione della competenza esclusiva dello Stato  a  disporre  in
materia. 
    I capitoli del bilancio regionale sui  quali  risultano  imputati
oneri sospettati di «illegittimita' derivata» sono i seguenti: 
        bilancio della Giunta capitolo 8050  «Stipendi,  retribuzioni
ed oneri previdenziali  ed  assistenziali  per  i  giornalisti  legge
regionale n. 7/2001»; 
        bilancio   della   Giunta   capitolo   8260   «Accantonamento
trattamento  di   fine   rapporto   per   personale   con   contratto
giornalistico ex legge 29 maggio 1982, n. 297»; 
        bilancio del Consiglio capitolo 00363  «Spese  per  Stipendi,
assegni e indennita' fisse ai giornalisti legge regionale n. 7/2001»; 
        bilancio del Consiglio capitolo  00377  «Spese  per  compensi
accessori ai giornalisti»; 
        rendiconto di ciascuno degli enti  strumentali  indicati  nel
comma 2, dell'art. 2 della legge regionale n. 7/2001 (Titolo 1  spesa
corrente - Macroaggregato 101) nella misura in cui  registrano  spese
per personale giornalista in  attuazione  della  legge  regionale  n.
7/2001. 
    In mancanza di sospensione del giudizio  per  promovimento  della
presente  questione  di  legittimita'  costituzionale,  la   Sezione,
quindi, dovrebbe parificare, certificandone  la  legittimita',  spese
che  assume  illegittime,  violando  -  essa  stessa  -  il   compito
essenziale che le e' stato  conferito  dalla  Costituzione  ai  sensi
dell'art. 100, comma 2 e art. 103, comma  2,  nonche'  dal  parametro
interposto di cui all'art. 1, comma 1  e  ss,  del  decreto-legge  n.
174/2012, convertito con modificazione dalla legge n. 213/2012. 
    Sul punto, e' lo stesso Giudice delle leggi ad aver rimarcato che
- stante l'incompetenza della  Corte  dei  conti  a  condizionare  il
contenuto degli  atti  legislativi  regionali  o  privarli  dei  loro
effetti  perche'  tale  prerogativa  e'  demandata  al  sindacato  di
costituzionalita'  delle  leggi  regionali   spettanti   alla   Corte
costituzionale (cfr. n.  39/2014)  -  «ove  sia  la  legge  stessa  a
pregiudicare  principi  di  rango  costituzionale,  l'unica  via   da
percorrere per il  giudice  della  parificazione  rimane  proprio  il
ricorso   all'incidente    di    costituzionalita'»    (cfr.    Corte
costituzionale, sentenza n. 138/2019). 
    5. In merito alla «Non manifesta infondatezza». 
    Quanto alla non manifesta infondatezza della questione si osserva
quanto segue. 
    Le disposizioni di cui all'art. 2, commi 2 e  6  ed  all'art.  6,
commi 1 e 2, della legge regionale n. 7/2001, prevedendo uno speciale
regime in deroga in materia di trattamento  del  rapporto  di  lavoro
«privatizzato» alle dipendenze pubbliche, si pongono in contrasto con
la competenza esclusiva del legislatore  nazionale  a  legiferare  in
materia, violando - per l'effetto - il  parametro  costituzionale  di
cui all'art. 117, comma secondo, lettera l) della Costituzione  ed  i
relativi parametri  interposti  di  cui  al  decreto  legislativo  n.
165/2001 e di cui all'art. 9, comma 5, della legge n. 150/2000. 
    Le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 165/2001  (Testo
unico in materia di pubblico impiego) codificano lo statuto giuridico
ed  economico  del  rapporto  di   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche. 
    Tale disciplina costituisce  «principio  fondamentale»  ai  sensi
dell'art. 117 Cost. (cfr. art. 1, comma  3,  decreto  legislativo  n.
165/2001) al quale tutte le pubbliche amministrazioni  -  individuate
nell'articolato  normativo  -  devono  conformarsi,  ivi  incluse  le
regioni (cfr. comma 2, art. 1, decreto legislativo n. 165/2001). 
    Con la  normativa  regionale  all'esame,  la  Regione  Basilicata
risulta essersi  posta  in  contrasto  -  in  particolare  -  con  le
disposizioni    che    disciplinano    il    rapporto    di    lavoro
«contrattualizzato», tra cui - in particolare -  vengono  in  rilievo
gli articoli 2, comma 2 e comma 3, 40 comma 2, 45, comma 1 e comma 3. 
    La legge regionale  n.  7/2001  in  esame  risulta,  inoltre,  in
contrasto con le previsioni contenute nell'art.  9,  comma  5,  della
legge n. 150/2000 che disciplina, nello specifico, «le  attivita'  di
informazione e di  comunicazione  delle  pubbliche  amministrazioni»,
affidando l'individuazione  e  la  regolamentazione  degli  specifici
profili professionali alla contrattazione collettiva  nell'ambito  di
una speciale area di contrattazione». 
    La  disposizione  in  esame  e'  stata,  peraltro,   di   recente
modificata ad opera 9 dell'art. 25-bis,  comma  1,  decreto-legge  28
gennaio 2019, n. 4, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  28
marzo 2019,  n.  26,  con  l'inserimento  dell'ultimo  capoverso  «Ai
giornalisti in servizio presso gli  uffici  stampa  delle  regioni  a
statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in
via transitoria, sino alla definizione di una specifica disciplina da
parte di tali enti in sede di contrattazione  collettiva  e  comunque
non oltre il 31 ottobre 2019, continua ad  applicarsi  la  disciplina
riconosciuta dai singoli ordinamenti». 
    Tale addendum ha confermato che le regioni a  statuto  ordinario,
come  la  Regione  Basilicata,  non  godono   neppure   del   «regime
transitorio» da ultimo previsto  dal  sopra  citato  art.  25-bis  in
relazione alle regioni a statuto speciale ed alle  Province  autonome
di Trento e di Bolzano. 
    L'art. 18-bis del contratto collettivo nazionale per le  funzioni
locali per gli anni 2016-2018, sottoscritto in data 21  maggio  2018,
ha - peraltro -  ribadito  che  la  disciplina  del  trattamento  dei
giornalisti assunti dalle pubbliche amministrazioni, ivi  incluse  le
regioni, e'  assoggettato  alla  specifica  disciplina  di  comparto,
prevedendo distinti profili professionali e  collocandoli  «nelle  24
categorie del  vigente  sistema  di  classificazione  del  personale,
secondo  le  declaratorie  ed  i  relativi  requisiti   culturali   e
professionali di cui all'allegato A del CCNL del 31  marzo  1999,  in
relazione alla  complessita'  dei  compiti,  nonche'  al  livello  di
autonomia, responsabilita' e competenza  professionale,  agli  stessi
(connessi) richiesti». 
    L'attuale    assetto    normativo,    pertanto,    e'     univoco
nell'assoggettare la disciplina del rapporto di lavoro del  personale
assunto dalle regioni alle disposizioni della normativa nazionale,  e
cio' -senza eccezioni di sorta - anche riguardo al personale  assunto
presso gli Uffici stampa. 
    La  giurisprudenza  costituzionale,  peraltro,   ha   da   sempre
sostenuto che «essendo il rapporto  di  impiego  di  tali  lavoratori
ormai  contrattualizzato,  la  sua  disciplina  [...]  rientra  nella
materia dell'ordinamento civile, riservata alla competenza  esclusiva
statale (sentenze n. 339 e n. 77 del  2011)»  (sentenza  n.  290  del
2012; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 215 e n.  213  del
2012, nonche' n.  324  del  2010)»  (cfr.  ex  pluribus  sentenza  n.
286/2013,  nonche'  in  senso  conforme  sentenze  n.  189/2007,   n.
308/2006, n. 153/1995). 
    A tale riguardo, peraltro, il Giudice delle leggi e'  intervenuto
anche nel corrente anno con ulteriori  due  pronunce  che  dichiarano
(rectius  confermano)  l'illegittimita'   costituzionale   di   leggi
regionali che  applicano,  anche  sub  specie  di  concessione  della
facolta' di scelta, il contratto collettivo dei giornalisti in  luogo
di quello previsto dalla normativa  vigente  per  il  personale  alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni. 
    Con la  sentenza  n.  10  del  25  gennaio  2019,  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale -  tra  gli  altri  -  del  comma  97
dell'art. 17 della legge regionale Lazio n. 9/2017 con  il  quale  si
stabilisce che, nelle more  dell'attuazione  dell'art.  9,  comma  5,
della legge 7 giugno 2000, n.  150  (Disciplina  delle  attivita'  di
informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni),  al
personale iscritto all'albo  nazionale  dei  giornalisti  che  presta
servizio presso gli uffici stampa istituzionali della  Giunta  e  del
Consiglio regionale, si applica  il  contratto  nazionale  di  lavoro
giornalistico. 
    In questo caso, la Corte costituzionale ha accertato e dichiarato
la   fondatezza   della   doglianza,   dichiarando   l'illegittimita'
costituzionale dell'articolato in questione, perche' «viola la  sfera
di competenza statale, che riserva alla contrattazione collettiva  la
disciplina del pubblico impiego», e cio' in quanto «La previsione, da
parte della legge regionale impugnata, di applicazione ai giornalisti
inquadrati, a seguito di concorso pubblico, nel  personale  di  ruolo
della Regione di un contratto collettivo non negoziato dall'  Agenzia
per  la  rappresentanza  negoziale  delle  pubbliche  amministrazioni
(ARAN), ma dalle  organizzazioni  datoriali  degli  editori  e  dalla
Federazione  nazionale  della  stampa  italiana,  viola  l'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. La disciplina del rapporto di lavoro
dei dipendenti pubblici rientra, infatti, nella materia  «ordinamento
civile» e spetta in via esclusiva al legislatore nazionale; invero, a
seguito della privatizzazione, tale rapporto  e'  disciplinato  dalle
disposizioni del  codice  civile  e  dalla  specifica  contrattazione
collettiva,  espressamente   regolata   dall'art.   2   del   decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni  pubbliche).  L'art.
40  del  decreto  legislativo  n.   165   del   2001   e   successive
modificazioni, prevede, al comma 2, ultimo periodo, che  «nell'ambito
dei comparti di contrattazione  possono  essere  costituite  apposite
sezioni contrattuali per specifiche professionalita'» ed alla luce di
tale previsione il contratto collettivo  relativo  al  personale  del
Comparto funzioni locali ha disciplinato la posizione dei giornalisti
addetti agli uffici stampa in questione  (cfr.  Corte  costituzionale
sentenza n. 10/2019). 
    Con la sentenza n. 81/2019, il Giudice delle leggi - intervenendo
nuovamente   sull'argomento   -   ha   dichiarato    l'illegittimita'
costituzionale dell'art.  1,  comma  3,  della  legge  della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 febbraio 2018, n. 5  (Norme  per  il
sostegno e la valorizzazione del sistema informativo regionale),  per
i medesimi vizi riscontrati con riguardo  alla  norma  regionale  del
Lazio (oggetto della sentenza n. 10/2019),  e  cioe'  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione. 
    Nel merito, la Corte costituzionale  ha  -  infatti  -  osservato
(rectius ribadito) che «Il decreto legislativo n.  165  del  2001  ha
stabilito   che   i   rapporti   di   lavoro   pubblici    cosiddetti
contrattualizzati sono disciplinati  dalle  disposizioni  del  codice
civile e sono oggetto di contrattazione collettiva. 
    Questa Corte ha affermato che tale disciplina «costituisce  norma
fondamentale di  riforma  economico-sociale  della  Repubblica,  alla
stregua dell'art. 1, comma 3, del citato decreto legislativo  n.  165
del 2001,  il  quale  rinvia  in  proposito  ai  principi  desumibili
dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421  (Delega  al  Governo
per la razionalizzazione e la revisione delle discipline  in  materia
di  sanita',  di  pubblico  impiego,  di  previdenza  e  di   finanza
territoriale), che, al comma 1, lettera a), stabilisce per  l'appunto
come  principio  la  regolazione  mediante  contratti  individuali  e
collettivi dei rapporti di lavoro e di impiego nel settore  pubblico»
(sentenza n. 314 del 2003) (..) La costante giurisprudenza di  questa
Corte ha, poi, precisato che la disciplina del  rapporto  di  impiego
alle dipendenze della regione e i  profili  relativi  al  trattamento
economico del personale pubblico privatizzato vengono ricondotti alla
materia  dell'«ordinamento  civile»,  di  competenza  esclusiva   del
legislatore  nazionale,  che  in  tale  materia  fissa  principi  che
«costituiscono   tipici   limiti   di   diritto   privato,    fondati
sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di
garantire  l'uniformita'  nel  territorio  nazionale   delle   regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti  tra  privati  e,
come tali  si  impongono  anche  alle  regioni  a  statuto  speciale»
(sentenza  n.  189  del  2007).  Con  particolare  riferimento   alla
disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici  aventi  la
qualifica di giornalisti, questa Corte, con la  sentenza  n.  10  del
2019,  a  proposito  di  una   norma   regionale   avente   contenuti
assimilabili a quella di odierna impugnativa adottata  dalla  Regione
Lazio, ha stabilito  che  «[l]a  previsione,  da  parte  della  legge
regionale impugnata, di applicazione  ai  giornalisti  inquadrati,  a
seguito di concorso pubblico, nel personale di ruolo della Regione di
un  contratto  collettivo   non   negoziato   dall'Agenzia   per   la
rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni  (ARAN),  ma
dalle organizzazioni datoriali  degli  editori  e  dalla  Federazione
nazionale della stampa italiana, viola  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera l),  Cost.  (...).  Le  predette  disposizioni  statali  sono
espressione della competenza esclusiva dello Stato  della  disciplina
del rapporto di lavoro pubblico, anche in riferimento al personale di
aree professionali specifiche,  e  della  riserva  di  contrattazione
collettiva, con conseguente illegittimita' dell'intervento  normativa
regionale» (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 81/2019). 
    Alla  luce  delle   suddette   coordinate   normative   e   della
giurisprudenza costituzionale, emerge chiaramente che,  al  di  fuori
della sede e degli strumenti codificati  dalla  normativa  nazionale,
non risulta legittima ne' legittimata alcuna altra modalita'  o  sede
per provvedere alla disciplina del rapporto di lavoro  del  personale
«giornalistico» assunto dalle pubbliche amministrazioni. 
    Per l'effetto si ritiene  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione  di  illegittimita'  costituzionale  con  riferimento  alle
disposizioni di cui all'art.  2,  comma  2  e  comma  6  della  legge
regionale n. 7/2001, cosi' come delle disposizioni di cui all'art. 6,
comma 1 e, comma 2 del medesimo articolato, per violazione  dell'art.
117, comma secondo, lettera l) e dei relativi parametri interposti di
cui al decreto legislativo n.  165/2001  (Testo  unico  sul  pubblico
impiego) e di cui all'art. 9, comma 5, legge n. 150/2000. 
    E in particolare: 
        a) il  comma  2  dell'art.  2,  nella  misura  in  cui  viene
codificata l'applicazione del contratto collettivo giornalistico  per
il personale assunto presso gli Uffici stampa regionali (ivi  inclusi
gli enti strumentali), in violazione dell'art. 2, comma 2 e comma 3 e
dell'art. 45, comma 1 e comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001; 
        b) il comma 6 dell'art. 2, nella parte in cui viene demandata
ad una specifica area di contrattazione tra gli  organi  regionali  e
l'Associazione  della  stampa  Basilicata   l'individuazione   e   la
regolamentazione dei profili professionali all'interno  degli  Uffici
stampa, e cio' in violazione  dell'art.  40,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 165/2001 e  dell'art.  9,  comma  5,  della  legge  n.
150/2000. 
    Per gli stessi motivi e con  riferimento  ai  medesimi  parametri
interposti, si ritengono illegittime le disposizioni «transitorie» di
cui ai commi 1 e 2 dell'art. 6 della legge regionale n. 7/2001  nella
misura  in  cui  hanno  consentito  agli  iscritti   all'ordine   dei
giornalisti, appartenenti  agli  organi  degli  Uffici  stampa  della
Giunta  e  del   Consiglio   regionale,   con   contratto   a   tempo
indeterminato, la facolta' di optare entro trenta giorni dall'entrata
in vigore della legge medesima, la  trasformazione  del  rapporto  di
lavoro in  essere  con  l'applicazione  del  contratto  giornalistico
(comma  1),  garantendo  per  l'effetto   il   relativo   trattamento
previdenziale ed assistenziale. 
    La Sezione tiene -  inoltre  -  a  precisare  che  nessuna  delle
disposizioni all'esame e' risultata suscettibile  di  interpretazione
costituzionalmente orientata, in quanto ognuna  di  esse  esprime  in
maniera chiara e univoca la volonta'  del  legislatore  regionale  di
voler applicare al personale assunto presso gli Uffici  stampa  della
Regione  e   degli   enti   strumentali   il   contratto   collettivo
giornalistico, con tutti gli oneri a  questo  connessi  e  riservando
agli organi regionali le trattative a questo connesse,  il  tutto  in
espressa deroga delle disposizioni della normativa nazionale  vigente
in materia. 
    Tutto cio' premesso e considerato, riservata  ogni  decisione  in
merito all'esito del giudizio innanzi alla Corte  costituzionale,  la
Sezione di controllo per la Regione Basilicata ritiene  di  sollevare
l'incidente di costituzionalita' dell'art. 2, commi 2 e 6 e dell'art.
6, commi 1 e 2 della legge Regione Basilicata 9 febbraio 2001, n.  7,
con riferimento agli articoli 117, comma 2, lettera l), 81, 97, comma
1 e 117, comma 3 Cost.  per  le  ragioni  che  precedono,  stante  la
intrinseca ed  inscindibile  correlazione  teleologico-funzionale  di
tutti i menzionati principi costituzionali ai fini della tutela degli
equilibri della finanza pubblica allargata, con rimessione degli atti
alla Corte costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte  dei  conti,  Sezione  regionale  di  controllo  per  la
Basilicata, 
    Visti l'art. 134 Cost., l'art. 1  della  legge  costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Visto l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10  ottobre  2012,  n.
174, convertito con modificazioni dalla legge  7  dicembre  2012,  n.
213; 
    Solleva,  in  via  incidentale,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi 2 e 6 e dell'art. 6, commi  1  e  2
della legge Regione Basilicata 9 febbraio 2001, n. 7, in  riferimento
agli articoli 117, comma 2, lettera l), 81, 97, comma 1 e 117,  comma
3, della Costituzione per le ragioni indicate in parte motiva. 
    Dispone la sospensione del giudizio per i  seguenti  capitoli  di
spesa: 
        bilancio della Giunta capitolo 8050  «Stipendi,  retribuzioni
ed oneri previdenziali ed assistenziali per  i  giornalisti  L.R.  n.
7/2001»; 
        bilancio   della   Giunta   capitolo   8260   «Accantonamento
trattamento  di   fine   rapporto   per   personale   con   contratto
giornalistico ex legge 29 maggio 1982, n. 297»; 
        bilancio del Consiglio capitolo 00363  «Spese  per  stipendi,
assegni e indennita' fisse ai giornalisti L.R. n. 7/2001»; 
        bilancio del Consiglio capitolo  00377  «Spese  per  compensi
accessori ai giornalisti»; 
        rendiconto di ciascuno degli enti  strumentali  indicati  nel
comma 2, dell'art. 2 della legge regionale n. 7/2001 (Titolo 1  spesa
corrente - Macroaggregato 101) nella misura in cui  registrano  spese
per personale giornalista in  attuazione  della  legge  regionale  n.
7/2001. 
    Ordina: 
        la trasmissione degli  atti  alla  Corte  costituzionale  per
l'esame della questione; 
        che,  a  cura  della  segreteria  della  Sezione,  ai   sensi
dell'art. 23, ultimo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.  87,  la
presente  ordinanza  sia  notificata  al  presidente  della   Regione
Basilicata e al Procuratore  regionale,  nonche'  al  presidente  del
consiglio regionale della Basilicata. 
    Cosi' disposto in Potenza, nella Camera di consiglio del giorno 4
luglio 2019. 
 
                       Il Presidente: Buscema 
 
 
                                       Il Magistrato estensore: Pinto