N. 238 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 ottobre 2019

Ordinanza dell'8 ottobre 2019 della Corte d'appello di  Caltanissetta
nel procedimento di esecuzione nei confronti di C.E.. 
 
Ordinamento  penitenziario  -  Benefici  penitenziari   -   Modifiche
  all'art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 -  Inserimento
  del delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, cod. pen.
  tra  i  reati  ostativi  alla  concessione   di   alcuni   benefici
  penitenziari. 
- Legge 9 gennaio 2019, n. 3  (Misure  per  il  contrasto  dei  reati
  contro  la  pubblica  amministrazione,  nonche'   in   materia   di
  prescrizione del reato e in materia di trasparenza  dei  partiti  e
  movimenti politici), art. 1,  comma  6,  lettera  b),  modificativo
  dell'art. 4-bis, comma 1, della  legge  26  luglio  1975,  n.  354,
  (Norme sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle
  misure  privative  e  limitative  della  liberta'),  in   relazione
  all'art. 314, primo comma, del codice penale. 
(GU n.1 del 2-1-2020 )
 
                  CORTE D'APPELLO DI CALTANISSETTA 
                       Seconda sezione penale 
 
    La Corte d'appello di Caltanissetta composta da: 
        dott.ssa Maria Carmela Giannazzo, Presidente; 
        dott. Sebastiano Fabio  Di  Giacomo  Barbagallo,  consigliere
est.; 
        dott.ssa Alessandra B. Giunta, consigliere; 
    Letti  gli  atti  dell'incidente  di  esecuzione   proposto   dal
difensore nell'interesse del condannato C.E., nato a    ,  il   ,  in
atto detenuto in  esecuzione  della  sentenza  resa  dalla  Corte  di
appello di Caltanissetta in data 17 luglio 2018, irrevocabile  il  12
settembre 2019, di condanna alla pena di anni  tre  e  mesi  otto  di
reclusione - tre dei quali  contestualmente  dichiarati  estinti  per
indulto - per il reato di cui agli articoli 110, 117 e 314 del codice
penale, commesso in Gela dall'ottobre 2003 al  giugno  2005,  oggetto
dell'ordine di esecuzione per la carcerazione  reso  dal  procuratore
generale presso la Corte di  appello  di  Caltanissetta  in  data  23
settembre 2019 con il quale e' stata  determinata  in  mesi  sette  e
giorni sei di reclusione la pena residua da espiare; 
    Sciogliendo la riserva assunta  in  esito  alla  odierna  udienza
camerale di cui all'art. 666 del codice di procedura penale; 
    Rilevato che, con la richiesta  di  incidente  di  esecuzione  il
difensore solleva questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
1, comma 6, lettera B) della legge  n.  3/2019  nella  parte  in  cui
inserisce nell'art.  4-bis,  comma  1  della  legge  n.  354/1975  il
riferimento al delitto di peculato,  avanzando  -  contestualmente  -
istanza di sospensione dell'anzidetto ordine di carcerazione ai sensi
dell'art. 656, comma 5 del codice di procedura penale; 
    Ritenuto che, l'emissione immediata dell'ordine di carcerazione a
seguito del passaggio in giudicato  della  sentenza  di  condanna  si
fonda sulla recente  inclusione  del  reato  di  peculato  nel  testo
dell'art. 4-bis, comma 1, legge n. 354 del 1975 con incremento  delle
fattispecie di reato cui e' correlato il sistema della ostativita' ex
lege all'applicazione di misure alternative alla detenzione, cio'  in
quanto l'art. 656, comma 9, del codice di rito vieta l'emissione  del
provvedimento di sospensione dell'ordine  di  carcerazione  (previsto
come obbligatorio  al  comma  5  della  medesima  disposizione  nelle
ipotesi di condannato non raggiunto da misura  cautelare  carceraria,
li' dove la pena inflitta  non  sia  superiore  ad  anni  quattro  di
reclusione), per quanto qui rileva, nei confronti dei condannati «per
i delitti di cui all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354  e
successive modificazioni»; 
    Considerato che, con ordinanza n. 31853 del 18  giugno  2019,  la
Prima sezione penale  della  Corte  di  cassazione  -  ritenutane  la
rilevanza e  la  non  manifesta  infondatezza  -  ha  sollevato,  con
riferimento agli articoli 3 e 27  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6,  lettera  B)  della
legge n. 3 del 9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce  all'art.
4-bis, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il riferimento  al
delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, codice  penale,
disponendo  -  correlativamente  -  la   sospensione   del   relativo
procedimento; 
    Considerato che non opera, nel sistema processuale penale, la cd.
sospensione impropria del procedimento, di tal che - condividendo  le
argomentazioni poste a fondamento dell'ordinanza resa dalla Corte  di
cassazione e ritenuta, altresi', la  rilevanza  della  questione  nel
presente procedimento  -  deve  essere  sollevata,  in  questa  sede,
analoga questione di legittimita'  costituzionale  disponendo,  nelle
more, la sospensione dell'ordine di carcerazione. 
 
                               Osserva 
 
    E'  rilevante  e  non  manifestamente  infondato  il  dubbio   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6,  lettera  b)  della
legge n. 3 del 9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce  all'art.
4-bis, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il riferimento  al
delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, codice penale. 
    In punto di rilevanza, infatti, e' sufficiente  osservare  che  -
nella vicenda in esame  -  alla  dichiarazione  della  illegittimita'
costituzionale  della  norma  anzidetta   conseguirebbe   l'immediata
operativita' della disciplina prevista dall'art.  656,  comma  5  del
codice di procedura penale, a mente del quale: «se la pena detentiva,
anche se costituente residuo di maggiore pena, non e' superiore a tre
anni, quattro anni nei casi previsti dall'art. 47-ter, comma 1  della
legge 26 luglio 1975, n. 354,  o  sei  anni  nei  casi  di  cui  agli
articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive  modificazioni,
il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai  commi  7  e  9,  ne
sospende  l'esecuzione.  L'ordine  di  esecuzione  e  il  decreto  di
sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per
la fase dell'esecuzione  o,  in  difetto,  al  difensore  che  lo  ha
assistito nella fase di  giudizio,  con  l'avviso  che  entro  trenta
giorni puo' essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni  e
dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione  di
una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47,
47-ter e 50, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni, e di cui all'art. 94 del  testo  unico  approvato  con
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre  1990,  n.  309,  e
successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della
pena di cui all'art. 90 dello stesso testo  unico.  L'avviso  informa
altresi' che, ove non  sia  presentata  l'istanza  o  la  stessa  sia
inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato  testo
unico l'esecuzione della pena avra' corso immediato». 
    Quanto, invece, alla non manifesta infondatezza della  questione,
si  richiamano  le  considerazioni  gia'  svolte   dalla   Corte   di
cassazione, secondo cui l'inserimento del delitto di  peculato  nella
disposizione di cui all'art. 4-bis, comma 1, impone  di  interrogarsi
sulla idoneita' di tale fattispecie di reato  -  presa  in  esame  in
rapporto esclusivamente  al  titolo  -  a  sostenere  la  ragionevole
formulazione  (art.  3  della  Costituzione)  di  quella  sottostante
presunzione legale di accentuata pericolosita' sociale del suo autore
che legittima l'iscrizione nel particolare catalogo, con  tutto  cio'
che ne deriva in punto  di  limitazione  della  discrezionalita'  del
momento giurisdizionale in sede di individualizzazione  del  percorso
di espiazione della pena (art. 27 della Costituzione). 
    In particolare, osservano i giudici di  legittimita'  che:  «cio'
che rileva ... al fine della proposizione del dubbio di  legittimita'
costituzionale la  considerazione  della  esistenza  o  meno  di  una
congrua  base  logico-empirica  capace  di  sostenere   la   avvenuta
qualificazione del delitto di peculato  come  fondante  la  descritta
presunzione legale di accentuata pericolosita'. Infatti, per costante
giurisprudenza della Corte costituzionale -  ripresa  e  ribadita  di
recente nella sentenza n.  141  del  2019  (in  specie,  si  veda  il
paragrafo 7.1 Cons. dir.)  -  l'individuazione  dei  fatti  punibili,
cosi' come  la  determinazione  della  pena  per  ciascuno  di  essi,
costituisce materia affidata alla discrezionalita'  del  legislatore.
Gli apprezzamenti in ordine alla "meritevolezza"  e  al  "bisogno  di
pena" - dunque, sull'opportunita' del ricorso alla  tutela  penale  e
sui livelli ottimali della stessa - sono per loro natura, tipicamente
politici (v. sentenze n. 95 del 2019 e n. 394 del  2006).  Le  scelte
legislative  in  materia  sono  pertanto  censurabili,  in  sede   di
sindacato di legittimita' costituzionale, solo ove  trasmodino  nella
manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio (ex plurimis, sentenze  n.
95 del 2019, n. 273 e n. 47 del 2010; ordinanze n. 249 e  n.  71  del
2007; nonche', con particolare riguardo al trattamento sanzionatorio,
sentenze n. 179 del 2017, n. 236 e n. 148  del  2016).  La  manifesta
irragionevolezza delle scelte  legislative,  come  si  dira'  subito,
sempre secondo  l'insegnamento  del  giudice  delle  leggi,  si  deve
valutare sulla base dei dati generalizzati di comune  esperienza.  Ad
avviso del collegio appare, dunque, lecito  dubitare  del  fondamento
logico e criminologico di simile approdo nel  caso  del  peculato,  e
cio' in rapporto alla avvertita necessita'  per  cui  le  presunzioni
assolute, li' dove limitano un diritto  fondamentale  della  persona,
finiscono con il violare il principio di uguaglianza di cui  all'art.
3 se non rispondono a dati  di  esperienza  generalizzati,  riassunti
nella formula  dell'id  quod  plerumque  accidit;  evenienza  che  si
riscontra segnatamente allorche' sia "agevole" formulare  ipotesi  di
accadimenti  contrari  alla  generalizzazione  posta  a  base   della
presunzione stessa  (v.  Corte  costituzionale  n.  139  del  2010  e
successive  decisioni  intervenute  sul  tema  delle  presunzioni  di
adeguatezza della custodia cautelare in carcere di cui  all'art.  275
del  codice  di  procedura  penale;  circa  inoltre   la   necessaria
utilizzazione, in sede di formulazione di una presunzione legale, del
portato delle comuni esperienze gia' Corte della costituzionale n. 19
del  1966).  In  particolare  la  condotta  di  peculato,  per   come
configurata dal legislatore, non appare contenere - fermo restando il
suo comune disvalore - alcuno dei connotati idonei  a  sostenere  una
accentuata e generalizzata considerazione  di  elevata  pericolosita'
del suo autore, trattandosi di condotta di approfittamento, a fini di
arricchimento personale, di una particolare condizione di  fatto  (il
possesso  di  beni  altrui  per  ragioni   correlate   al   servizio)
preesistente, realizzata ontologicamente  senza  uso  di  violenza  o
minaccia verso terzi e difficilmente inquadrabile - sul  piano  della
frequenza statistica delle forme di manifestazione - in  contesti  di
criminalita' organizzata o evocativi di condizionamenti omertosi.  La
connotazione di elevata pericolosita'  di  «ogni»  autore  di  simile
condotta - che ben  potrebbe  risolversi  in  un'unica  occasione  di
consumazione, isolata e marcatamente episodica - espressa dalla legge
n. 3 del 2019 pare dunque contrastare con la mera osservazione  delle
caratteristiche obiettive del tipo legale, in chiave di dubbio  circa
il rispetto del principio di ragionevolezza di cui all'art.  3  della
Costituzione. Ne'  dall'esame  dei  lavori  preparatori  della  legge
citata e' dato rinvenire - in particolare quanto al  peculato  -  una
esposizione chiara di criteri di metodo e  di  osservazione  empirica
idonei a giustificare simile scelta, di certo portatrice - come si e'
detto - di forti limitazioni a diritti costituzionalmente  garantiti.
L'apprezzamento concreto delle caratteristiche obiettive del fatto  e
della personalita' dell'autore viene peraltro  sottratto  -  in  tale
dimensione - alla discrezionalita' del tribunale di sorveglianza (con
anticipazione degli  effetti  pregiudizievoli  in  tema  di  liberta'
personale derivante dalla previsione di legge di  cui  all'art.  656,
comma 9 del codice di procedura penale) finendo  con  il  determinare
l'ulteriore  dubbio  -  che  si  intende  esprimere  -  di   concreto
pregiudizio al principio di  individualizzazione  della  pena  e  del
finalismo rieducativo di cui all'art. 27, comma 3 della Costituzione.
La  selezione  delle  fattispecie  di   reato   «ostative»   comporta
l'attrazione dei  condannati  per  tali  fatti  -  al  di  la'  delle
condizioni soggettive e dei profili di quantificazione  concreta  del
trattamento sanzionatorio  -  in  un  sottosistema  che  nel  rendere
marginale la discrezionalita' del giudice incide concretamente  sulla
dimensione rieducativa della  pena,  esaltandone  -  per  converso  -
l'aspetto di  prevenzione  generale  a  fini  di  deterrenza.  Simile
assetto - ove non assistito da fondata base empirica della  selezione
- si ricollega esclusivamente ad un automatismo. Sul tema  va  dunque
evidenziato che nel percorso  di  ragionata  diffidenza  del  giudice
delle leggi verso l'utilizzo di presunzioni legali di  pericolosita',
correlate alla commissione  di  uno  specifico  fatto  di  reato,  si
inserisce, di recente,  il  contenuto  della  decisione  della  Corte
costituzionale  n.  149  del  2018  (intervenuta  sulla   particolare
previsione di cui all'art. 58-quater, comma  4,  ordinamento  penale)
nel cui ambito si e' ribadito che la finalita' rieducativa della pena
e' «ineliminabile»  ed  esige  «valutazioni  individualizzate»,  rese
impossibili da rigidi automatismi legali  da  ritenersi  contrastanti
con i principi di proporzionalita' ed individualizzazione della pena;
analoga posizione di sfavore verso le predeterminazioni  legali,  qui
in tema di durata delle inibizioni sanzionatorie (per contrasto con i
principi   di   proporzionalita'   della   pena   e   di   necessaria
individualizzazione della medesima) risulta espressa, di recente, nel
settore delle pene accessorie da  Corte  costituzionale  n.  222  del
2018.  Cio'  rende  -  ad  avviso  del  collegio  -   necessaria   la
prospettazione di tale ulteriore parametro, nell'ambito del  promosso
giudizio incidentale». 
    Per tutte le ragioni sinora espresse va  sollevata  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 6,  lettera  B)  della
legge n. 3 del 9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce  all'art.
4-bis, comma 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il riferimento  al
delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, codice penale. 
    Ne consegue la sospensione del presente  procedimento,  ai  sensi
dell'art. 23, legge n. 87 del 1953, previa sospensione dell'ordine di
carcerazione emesso dal  procuratore  generale  presso  la  Corte  di
appello di Caltanissetta in data  23  settembre  2019  a  carico  del
condannato C.E., di cui deve,  quindi,  essere  ordinata  l'immediata
scarcerazione se non detenuto per altra causa. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, ritenuta la rilevanza
e la  non  manifesta  infondatezza,  solleva,  con  riferimento  agli
articoli  3  e  27  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, lettera B) della legge n. 3  del
9 gennaio 2019, nella parte in cui inserisce all'art. 4-bis, comma  1
della legge 26 luglio 1975, n. 354,  il  riferimento  al  delitto  di
peculato di cui all'art. 314, primo comma, codice penale. 
    Sospende il presente procedimento previa sospensione  dell'ordine
di carcerazione emesso dal procuratore generale presso  la  Corte  di
appello di Caltanissetta in data  23  settembre  2019  a  carico  del
condannato  C.E.,  ordinandone  l'immediata  scarcerazione   se   non
detenuto per altra causa. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Manda alla cancelleria per la notifica della  presente  ordinanza
alle parti del giudizio  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  comunicazione  della  presente
ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Cosi' deciso in Caltanissetta, nella camera di  consiglio  del  7
ottobre 2019. 
 
                      Il Presidente: Giannazzo 
 
 
                           Il consigliere est.: Di Giacomo Barbagallo