N. 19 SENTENZA 30 gennaio - 14 febbraio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Decreto di giudizio immediato - Requisiti -  Avviso
  all'imputato  della  facolta'  di  chiedere  la   sospensione   del
  procedimento con messa alla prova - Omessa previsione -  Violazione
  del diritto di difesa - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Codice di procedura penale, art. 456, comma 2.   
- Costituzione, artt. 3 e 24 (secondo comma). 
(GU n.8 del 19-2-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,
  Augusto Antonio BARBERA, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 456,  comma
2, del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale militare di
Roma, sezione seconda, nel procedimento penale militare a  carico  di
S. S., con ordinanza del 25  marzo  2019,  iscritta  al  n.  102  del
registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Udito nella camera di consiglio del 29 gennaio  2020  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    deliberato nella camera di consiglio del 30 gennaio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 25 marzo  2019  il  Tribunale  militare  di
Roma, sezione seconda, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24
della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 456, comma 2, del codice di procedura penale,  nella  parte
in cui non  prevede  che  il  decreto  di  giudizio  immediato  debba
contenere  l'avviso  della  facolta'  dell'imputato  di  chiedere  la
sospensione del procedimento con messa alla prova. 
    1.1- Il rimettente espone di essere chiamato a pronunciarsi sulla
colpevolezza di  un  soggetto  imputato  dei  reati  -  continuati  e
pluriaggravati - di allontanamento illecito e falso in foglio di via,
previsti rispettivamente dagli artt. 147,  primo  comma,  e  220  del
codice penale militare di pace, a seguito dell'emissione da parte del
giudice per le indagini  preliminari,  il  6  dicembre  2018,  di  un
decreto di  giudizio  immediato,  privo  dell'avviso  della  facolta'
dell'imputato di chiedere la sospensione del procedimento  con  messa
alla prova. 
    Il 1° marzo  2019  il  difensore  dell'imputato  aveva  formulato
istanza scritta di rimessione nel termine per chiedere la sospensione
del procedimento con messa alla prova. Alla prima  udienza,  svoltasi
il 19 marzo 2019, l'imputato aveva reiterato la richiesta  di  essere
messo  alla  prova,  producendo  la   propria   istanza   all'Ufficio
esecuzione penale esterna (UEPE), presentata il  13  marzo  2019,  di
elaborare un programma di trattamento ai sensi dell'art. 464-bis cod.
proc. pen., nonche' la disponibilita' di una ONLUS ad accoglierlo per
lo svolgimento di un lavoro di pubblica utilita'. 
    Sempre nel corso della prima udienza, l'imputato  aveva  eccepito
la  nullita'  del  decreto  di  giudizio  immediato,  perche'   privo
dell'avviso  della  facolta'  di  chiedere  la  messa   alla   prova,
ravvisando in cio' una nullita' di ordine generale ai sensi dell'art.
178, comma 1, lettera c), cod. proc.  pen.  Secondo  l'imputato,  una
tale soluzione si sarebbe  imposta  nonostante  la  mancata  menzione
espressa dell'obbligatorieta' di tale avviso nell'art. 456 cod. proc.
pen.,   omissione   cui   dovrebbe   porsi   rimedio   mediante   una
interpretazione    costituzionalmente    orientata    della    norma,
prospettandosi altrimenti un dubbio di illegittimita'  costituzionale
della norma medesima. 
    Il giudice, ritenendo non praticabile la proposta interpretazione
conforme, stante il  silenzio  dell'art.  456  cod.  proc.  pen.,  ha
tuttavia sollevato le questioni di  legittimita'  costituzionale  nei
termini sopra riferiti. 
    1.2.- Tali questioni sarebbero, anzitutto, rilevanti.  Verificata
infatti  la   concreta   e   non   meramente   ipotetica   intenzione
dell'imputato  di  accedere  alla  messa  alla   prova,   alla   luce
dell'istanza all'UEPE e  della  documentazione  prodotta  in  udienza
dallo  stesso  imputato,  assieme  alla  sussistenza  dei   requisiti
previsti dall'art. 168-bis  del  codice  penale,  il  giudice  a  quo
sottolinea   come   dall'eventuale   accoglimento   delle   questioni
deriverebbe la possibilita' di dichiarare la nullita' del decreto  di
giudizio   immediato,   con   conseguente   rimessione   in   termini
dell'imputato per beneficiare della sospensione del procedimento  con
messa alla prova. 
    1.3.- Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni,  il
giudice a quo ritiene che la disciplina di cui all'art. 456, comma 2,
cod. proc. pen. - ove si prevede che il decreto di giudizio immediato
contenga l'avviso relativo alla facolta' per l'imputato  di  chiedere
il giudizio abbreviato ovvero l'applicazione della pena ex  art.  444
cod. proc. pen., ma non anche l'avviso circa la facolta' di  chiedere
la sospensione del procedimento con messa alla prova - introduca  una
disparita'  di  trattamento  «irragionevole  e  contrastante  con  il
parametro dell'art. 3 Cost., atteso che tutti  i  procedimenti  sopra
indicati hanno la medesima natura di procedimenti speciali [...] e si
pongono come riti alternativi all'ordinario giudizio dibattimentale». 
    1.4.- Secondo il rimettente, la disciplina in  parola  violerebbe
altresi' l'art. 24 Cost., in quanto dall'omesso avviso nel decreto in
questione della facolta' di formulare la richiesta di sospensione del
procedimento  con  messa  alla  prova  entro  quindici  giorni  dalla
notifica dello  stesso  deriverebbe  «una  lesione  irreparabile  del
diritto di difesa» dell'imputato, al quale non verrebbe  «offerta  la
possibilita' di conoscere il suo diritto  di  accedere  a  tale  rito
alternativo» nei «rigidi termini  decadenziali»  stabiliti  dall'art.
458, comma 1, cod. proc. pen., richiamato dall'art. 464-bis, comma 2,
cod. proc. pen. 
    Ricorda in proposito il rimettente  che  questa  Corte  «ha  gia'
avuto  modo  di  affermare  che  la  richiesta  di  riti  alternativi
costituisce una modalita' di esercizio del  diritto  di  difesa,  che
sarebbe leso ove ne fosse preclusa la possibilita' per  mancanza  del
rituale avviso della facolta' di accedere a tali riti» (e' citata  la
sentenza n. 497 del 1995). Il rimettente osserva inoltre  che  questa
Corte, in passato, pur dichiarando l'infondatezza (nei sensi  di  cui
in motivazione) di una questione  relativa  alla  stessa  norma  oggi
censurata, ha statuito che «[l]'effettivo esercizio della facolta' di
chiedere i riti alternativi costituisce [...] una delle piu' incisive
forme di "intervento" dell'imputato, cioe' di partecipazione "attiva"
alle vicende processuali, con la  conseguenza  che  ogni  illegittima
menomazione di  tale  facolta',  risolvendosi  nella  violazione  del
diritto sancito  dall'art.  24,  secondo  comma,  Cost.,  integra  la
nullita' di  ordine  generale  sanzionata  dall'art.  178,  comma  1,
lettera c), cod. proc. pen.» (e' citata la sentenza n. 148 del 2004). 
    Rammenta  infine  il   rimettente   come   la   questione   della
compatibilita' dell'art. 456, comma 2, cod. proc. pen. sia  stata  di
recente sottoposta a questa Corte, ma non  sia  stata  esaminata  nel
merito  solamente  in  ragione  dei  vizi  di  inammissibilita'   che
affliggevano l'ordinanza di rimessione (e' citata l'ordinanza  n.  85
del 2018). 
    2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri non  e'  intervenuto
in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale militare di Roma, sezione seconda, ha sollevato,
in riferimento agli artt. 3 e 24  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 456, comma  2,  del  codice  di
procedura penale, nella parte in cui non prevede che  il  decreto  di
giudizio  immediato   debba   contenere   l'avviso   della   facolta'
dell'imputato di chiedere la sospensione del procedimento  con  messa
alla prova. 
    Il rimettente  lamenta,  innanzitutto,  l'irragionevolezza  della
disparita' di trattamento creata dalla disposizione censurata tra  il
regime  garantista  della  facolta'  dell'imputato  di  chiedere   il
giudizio abbreviato o l'applicazione della  pena  ex  art.  444  cod.
proc. pen., di cui deve essere dato avviso a  pena  di  nullita'  nel
decreto di giudizio immediato, e  il  diverso  trattamento  riservato
alla facolta' di chiedere la sospensione del procedimento  con  messa
alla prova, ai sensi dell'art. 464-bis cod. proc. pen., per la  quale
la disposizione censurata non prevede alcun obbligo  di  avviso.  Una
simile differenza di disciplina sarebbe irragionevole alla luce della
considerazione che, in tutti questi  i  casi,  sarebbe  in  gioco  il
diritto dell'imputato di chiedere di essere  ammesso  a  procedimenti
speciali con effetti  premiali,  alternativi  all'ordinario  giudizio
dibattimentale. 
    Dall'omesso obbligo di avviso, nel decreto di giudizio immediato,
dell'ulteriore facolta' dell'imputato di chiedere la sospensione  del
procedimento con messa alla prova, deriverebbe altresi' la violazione
del diritto di difesa, in  ragione  del  rischio  per  l'imputato  di
incorrere nei termini di decadenza derivanti dal  combinato  disposto
degli artt. 464-bis, comma 2, e 458,  comma  1,  cod.  proc.  pen.  -
rischio,  peraltro,  avveratosi  nel  giudizio  a  quo  -,   con   la
conseguente perdita irrimediabile della  facolta'  di  richiedere  un
rito alternativo. 
    2.- La questione  posta  in  riferimento  all'art.  24  Cost.  e'
fondata. 
    2.1.- La sospensione del procedimento con messa alla  prova  puo'
essere  richiesta  dall'imputato,  personalmente   o   a   mezzo   di
procuratore speciale, gia'  nella  fase  delle  indagini  preliminari
(previa  formulazione  dell'imputazione   da   parte   del   pubblico
ministero).  Per  la  richiesta  formulata  dopo  la  chiusura  delle
indagini preliminari,  l'art.  464-bis,  comma  2,  cod.  proc.  pen.
contempla termini finali diversificati in ragione dei  diversi  riti,
termini che coincidono con quelli previsti per il giudizio abbreviato
e per il  patteggiamento,  e  che  nel  giudizio  immediato  sono  di
quindici giorni dalla notifica del relativo decreto  (artt.  464-bis,
comma 2, e 458, comma 1, cod. proc. pen.). Da queste due disposizioni
del codice di rito deriva anche che, in caso di mancata presentazione
entro tale termine della richiesta di  sospensione  del  procedimento
con messa alla prova, l'imputato decade dalla relativa facolta'. 
    2.2.-  Come  gia'  piu'  volte  affermato  da  questa  Corte,  la
sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui agli  artt.
168-bis e seguenti del codice penale, si configura come  un  istituto
di natura sia  sostanziale,  laddove  da'  luogo  all'estinzione  del
reato,  sia  processuale,  consistente  in  un   nuovo   procedimento
speciale, alternativo al giudizio (sentenze n. 131 del  2019,  n.  91
del 2018, n. 201 del 2016 e n. 240 del 2015). 
    La   giurisprudenza   costituzionale   e',   altresi',   costante
nell'affermare, come ricordato dal rimettente, che  la  richiesta  di
riti alternativi «costituisce anch'essa una modalita',  tra  le  piu'
qualificanti (sentenza n. 148 del 2004), di esercizio del diritto  di
difesa» (ex plurimis, sentenze n. 201 del 2016 e  n.  237  del  2012;
nello stesso senso, sentenze n. 219 del 2004 e n. 497 del 1995). 
    Da tali premesse questa Corte ha tratto la conclusione  per  cui,
«quando  il  termine  entro  cui  chiedere  i  riti  alternativi   e'
anticipato rispetto alla fase dibattimentale, sicche' la  mancanza  o
l'insufficienza del relativo avvertimento puo' determinare la perdita
irrimediabile della facolta' di  accedervi,  "[l]a  violazione  della
regola processuale che impone di dare  all'imputato  (esatto)  avviso
della sua facolta'  comporta  [...]  la  violazione  del  diritto  di
difesa" (sentenza n. 148 del 2004)» (sentenza n. 201 del 2016). 
    2.3.-  La  medesima  conclusione   deve   essere   ribadita   con
riferimento alla presente questione. 
    Come nel procedimento per decreto, oggetto della sentenza n.  201
del 2016 da ultimo citata, anche nel giudizio  immediato  il  termine
entro cui  chiedere  i  riti  alternativi  a  contenuto  premiale  e'
anticipato rispetto al dibattimento, cosi' che l'eventuale  omissione
del relativo avviso puo' «determinare  un  pregiudizio  irreparabile,
come quello verificatosi nel giudizio a quo, in cui l'imputato [...],
non essendo stato avvisato, ha formulato la  richiesta  in  questione
solo nel corso dell'udienza dibattimentale,  e  quindi  tardivamente»
(sentenza n. 201 del 2016). 
    Tali affermazioni non possono che essere ribadite in  riferimento
alla disciplina delineata dall'art. 456, comma 2, cod. proc. pen., il
quale va dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui
non prevede che il decreto che dispone il giudizio immediato contenga
l'avviso della facolta' dell'imputato di chiedere la sospensione  del
procedimento con messa alla prova. Ne discende - come gia'  da  tempo
precisato da questa  Corte  con  riferimento  all'omesso  o  inesatto
avviso della facolta' di chiedere il giudizio abbreviato nel  decreto
che dispone il giudizio immediato (sentenza n. 148 del 2004), e  come
esattamente ritenuto dal giudice a quo - che l'omissione  dell'avviso
qui in considerazione non potra' che integrare una nullita' di ordine
generale ai sensi dell'art. 178, comma 1, lettera c), cod. proc. pen. 
    3.- Resta assorbita la censura relativa all'art. 3 Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 456, comma  2,
del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il
decreto che dispone il giudizio  immediato  contenga  l'avviso  della
facolta' dell'imputato di chiedere la  sospensione  del  procedimento
con messa alla prova. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 gennaio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                    Francesco VIGANO', Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA