N. 24 SENTENZA 16 gennaio - 20 febbraio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Circolazione stradale - Patente di guida - Revoca  nei  confronti  di
  coloro che siano sottoposti  a  misura  di  sicurezza  personale  -
  Applicazione  automatica,  anziche'  discrezionale,  da  parte  del
  prefetto - Violazione dei principi di uguaglianza, proporzionalita'
  e ragionevolezza - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285),
  art. 120, comma 2, come sostituito dall'art. 3, comma  52,  lettera
  a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 e  modificato  dall'art.  19,
  comma 2, lettere a) e b), della legge 29  luglio  2010,  n.  120  e
  dall'art. 8, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile
  2011, n. 59. 
- Costituzione, artt. 3, 4, 16 e 35. 
(GU n.9 del 26-2-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  120,  comma
2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), come sostituito dall'art. 3, comma  52,  lettera  a),  della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica), e come modificato dall'art. 19, comma 2, lettere a) e  b),
della legge 29 luglio  2010,  n.  120  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza stradale) e dall'art. 8, comma 1, lettera b),  del  decreto
legislativo  18  aprile  2011,  n.  59  (Attuazione  delle  direttive
2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida),  promossi
dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche e dal  Tribunale
ordinario di Lecco con ordinanze del 24 luglio 2018 e del 28  gennaio
2019, rispettivamente iscritte al n. 163 del registro ordinanze  2018
e al n. 105 del registro ordinanze 2019 e pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica numeri 46, prima serie speciale, dell'anno
2018 e 28, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Udito nella camera di consiglio del 15 gennaio  2020  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    deliberato nella camera di consiglio del 16 gennaio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Adito,  con  ricorso  proposto  avverso   un   provvedimento
prefettizio di revoca della patente di  guida  a  persona  sottoposta
alla misura della  liberta'  vigilata,  il  Tribunale  amministrativo
regionale per le Marche ha sollevato, con l'ordinanza iscritta al  n.
163 del reg. ord. 2018,  «questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.
285 (Nuovo codice della strada), per contrasto con gli articoli 3, 4,
16 e 35 della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  dispone  che  il
prefetto "provvede" - invece che  "puo'  provvedere"  -  alla  revoca
della patente nei confronti di coloro che  sono  stati  sottoposti  a
misure di sicurezza personali». 
    1.1.- In punto  di  rilevanza,  il  rimettente  premette  che  il
magistrato che ha adottato la  misura  della  liberta'  vigilata  nei
confronti della ricorrente, con lo stesso provvedimento, le ha  anche
concesso di poter continuare a fare uso della patente «in costanza di
misura di sicurezza per ragioni legate all'attivita' lavorativa»,  ed
osserva che tale possibilita' e'  stata  «tuttavia  vanificata  dalla
revoca  del  titolo  di  guida  disposta  dal  Prefetto   di   Ancona
nell'esercizio  del  potere  -  appunto  vincolato  -  previsto   dal
richiamato art. 120, comma 2, del codice della strada». 
    1.2.- Il Tribunale a quo ravvisa, quindi, nell'automatismo  della
revoca della patente,  «profili,  non  manifestamente  infondati,  di
disparita'  di  trattamento,  sproporzionalita'  e   irragionevolezza
incidenti sulla liberta' personale, sul diritto  al  lavoro  e  sulla
liberta' di  circolazione»,  con  conseguente  vulnus  dei  parametri
evocati. 
    Ulteriore motivo di irragionevolezza della  norma  denunciata  e'
stato individuato dallo  stesso  giudice  nella  «contraddizione  tra
scopi  e  poteri  esercitati  dalle  diverse  autorita'  (Giudice   e
Prefetto) di  fronte  alla  medesima  vicenda».  E  cio'  in  quanto,
diversamente dal Prefetto, «[i]l magistrato di sorveglianza  esercita
un potere discrezionale, ai  sensi  degli  articoli  228  del  codice
penale e 190  disp.  att.  del  codice  di  procedura  penale,  nello
stabilire le  prescrizioni  alle  quali  deve  attenersi  la  persona
sottoposta a liberta' vigilata [...] "in modo da  agevolare  mediante
il lavoro il riadattamento della persona alla vita sociale"  [e]  "da
non rendere difficoltosa alla persona che vi e' sottoposta la ricerca
di un lavoro [...]"». 
    1.3.- Per cui, conclusivamente,  auspica  il  rimettente  che  la
revoca amministrativa  della  patente,  nei  confronti  dei  soggetti
sottoposti a misure di sicurezza  personale,  sia  appunto  sottratta
all'automatismo previsto dalla norma denunciata, con dichiarazione di
illegittimita' costituzionale, di tipo sostitutivo, analoga a  quella
da questa Corte gia' adottata, con  sentenza  n.  22  del  2018,  con
riguardo all'identico meccanismo di  revoca  della  patente  previsto
dalla medesima disposizione nei confronti dei soggetti condannati per
reati in materia di stupefacenti. 
    2.- In altro successivo giudizio, di analogo contenuto, anche  il
Tribunale ordinario di Lecco, con ordinanza iscritta al  n.  105  del
reg. ord. 2019, dubita della legittimita'  costituzionale,  in  parte
qua, del medesimo art. 120, comma 2, cod. strada, per  contrasto  con
l'art. 3 Cost. 
    Argomenta, a sua  volta,  detto  giudice  che,  «con  particolare
riferimento  alle  misure  di  sicurezza,  prevedere  un  trattamento
unitario  e  automatico   appare   irragionevole   di   fronte   alla
molteplicita' di situazioni (che presuppongono una pericolosita'  del
soggetto piu'  o  meno  grave  e  non  necessariamente  incidono  sui
requisiti fisici e morali necessari  per  guidare)  e  di  misure  di
sicurezza che potrebbero essere applicate (piu'  o  meno  rigorose  e
piu' o meno protratte nel tempo)». 
    Lo stesso rimettente si riporta poi  alle  condivise  motivazioni
esposte nella precedente ordinanza del TAR Marche. E precisa di  aver
ritenuto opportuno sollevare la medesima  questione  di  legittimita'
costituzionale, «atteso che la citata sentenza n. 22 del  2018  aveva
gia' dichiarato manifestamente inammissibile la  questione  sollevata
dal Giudice amministrativo in quanto carente di giurisdizione». 
    3.- In entrambi i riferiti giudizi incidentali non  vi  e'  stata
costituzione di parti, ne' ha spiegato intervento il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale  per  le  Marche  e  il
Tribunale ordinario di Lecco - con le due  ordinanze  di  cui  si  e'
detto nel Ritenuto in fatto  e  che,  per  l'identita'  del  petitum,
possono riunirsi per  essere  congiuntamente  esaminate  e  decise  -
dubitano della legittimita' costituzionale dell'art.  120,  comma  2,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285  (Nuovo  codice  della
strada), come sostituito dall'art. 3, comma  52,  lettera  a),  della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica), e come modificato dall'art. 19, comma 2, lettere a) e  b),
della legge 29 luglio  2010,  n.  120  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza stradale) e dall'art. 8, comma 1, lettera b),  del  decreto
legislativo  18  aprile  2011,  n.  59  (Attuazione  delle  direttive
2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la  patente  di  guida),  nella
parte in cui dispone che il prefetto «provvede» -  invece  che  «puo'
provvedere» - alla revoca della patente di  guida  nei  confronti  di
coloro che sono  sottoposti  a  misura  di  sicurezza  personale,  in
contrasto con l'art. 3 della Costituzione, e secondo il primo giudice
a quo anche con gli artt. 4, 16 e 35 Cost. 
    2.-  Preliminarmente  va  riconosciuta   l'ammissibilita'   della
questione sollevata  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  delle
Marche. 
    Detto giudice non  ignora  la  consolidata  giurisprudenza  della
Corte di cassazione - richiamata anche da questa Corte nella sentenza
n. 22 del 2018 - per cui i provvedimenti adottati ai sensi  dell'art.
120 cod. strada, in quanto incidenti  su  diritti  soggettivi  e  non
inerenti  a  materia   di   giurisdizione   esclusiva   del   giudice
amministrativo, sono riservati alla cognizione del giudice ordinario. 
    Ma non implausibilmente motiva che la  questione  sollevata,  «se
fondata, esplicherebbe [...] effetti anche sulla  giurisdizione»,  in
quanto l'auspicata "discrezionalita'", in luogo dell'automatismo, del
provvedimento prefettizio di revoca  della  patente,  «renderebbe  la
posizione  soggettiva  [da  esso  incisa]  di  interesse  legittimo».
Argomento, questo, che,  al  di  la'  della  sua  opinabilita',  vale
comunque ad escludere che nella specie la giurisdizione  del  giudice
amministrativo   possa   ritenersi    ictu    oculi    manifestamente
insussistente. 
    3.-  Il  novellato  art.  120  cod.  strada,  sotto  la   rubrica
«Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi  di
cui all'art. 116», nei suoi commi 1 e 2, cosi' testualmente dispone: 
    «1. Non possono conseguire la  patente  di  guida  i  delinquenti
abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati
sottoposti  a  misure  di  sicurezza  personali  [...],  le   persone
condannate per i reati [in  materia  di  stupefacenti]  di  cui  agli
articoli 73 e 74 del testo unico di cui  al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli  effetti  di
provvedimenti riabilitativi [...]»; 
    «2. [...] se le condizioni soggettive indicate al  primo  periodo
del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva  al
rilascio, il prefetto provvede alla revoca  della  patente  di  guida
[...]». 
    3.1.- Il comma  2  della  suddetta  disposizione  e'  gia'  stato
dichiarato costituzionalmente illegittimo  con  sentenza  n.  22  del
2018, «nella parte in cui - con riguardo all'ipotesi di condanna  per
reati di cui agli artt. 73 e 74  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia
di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,  prevenzione,
cura e  riabilitazione  dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza),
dispone che il prefetto "provvede" - invece che "puo'  provvedere"  -
alla revoca della patente». 
    Cio'  sul  rilievo  che  «[l]a  disposizione  denunciata  -   sul
presupposto di una indifferenziata valutazione di  sopravvenienza  di
una condizione ostativa al mantenimento del  titolo  di  abilitazione
alla guida - ricollega,  infatti,  in  via  automatica,  il  medesimo
effetto, la revoca di quel titolo, ad una  varieta'  di  fattispecie,
non sussumibili in termini di omogeneita', atteso  che  la  condanna,
cui la norma fa riferimento, puo' riguardare reati di diversa, se non
addirittura di lieve,  entita'».  E  anche  in  considerazione  della
contraddizione insita nel fatto che  «-  agli  effetti  dell'adozione
delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al
medesimo  fatto-reato  e,  sul  piano  pratico,  incidono  in   senso
identicamente negativo sulla titolarita' della patente) -  mentre  il
giudice  penale  ha  la  "facolta'"  di  disporre,  ove  lo   ritenga
opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il "dovere"
di disporne la revoca». 
    3.2.- Ragioni analoghe a quelle poste a base della sentenza n. 22
del 2018 ricorrerebbero,  secondo  i  giudici  a  quibus,  anche  con
riguardo all'automatismo della revoca, in via  amministrativa,  della
patente, prevista, dal medesimo comma 2 dell'art. 120 cod. strada,  a
seguito della sottoposizione del suo titolare a misura  di  sicurezza
personale. 
    Dal che, appunto, la prospettazione della questione odierna. 
    4.- La questione e' fondata. 
    4.1. - Anche con riguardo alla revoca prefettizia del  titolo  di
abilitazione alla guida che consegue alla fattispecie ora  in  esame,
lo stesso effetto -  la  sopravvenienza,  cioe',  di  una  condizione
ostativa   al   mantenimento   del   titolo    abilitativo    -    e'
indifferenziatamente ricollegato ad una pluralita' di fattispecie non
sussumibili  in  termini  di  omogeneita',  poiche'  connotate  dalla
pericolosita', piu' o meno grave, del soggetto  e  dalla  varieta'  e
diversa durata delle misure di sicurezza personali previste dall'art.
215 del codice penale ovvero da leggi speciali: misure che,  ove  non
detentive (come la liberta'  vigilata,  i  divieti  di  soggiorno  in
determinati comuni o province e di frequentazioni di  osterie),  sono
pur tutte compatibili con la possibilita' di utilizzare il titolo  di
abilitazione alla guida. 
    La pericolosita' sociale - da cui consegue l'applicabilita' delle
misure di sicurezza  alle  persone  che  abbiano  commesso  un  fatto
preveduto dalla legge come reato, ovvero anche un fatto non  previsto
come reato in casi particolari determinati dalla legge (art. 202 cod.
pen.) - e' di regola accertata, infatti, dal giudice  sulla  base  di
tutti quegli elementi che (ex art.133 cod. pen.) rilevino come indice
di gravita' del fatto commesso e della  capacita'  a  delinquere  del
soggetto che ne e' autore. 
    L'irrogazione  delle  misure  di  sicurezza   e'   essenzialmente
"individualizzata" - quanto al tipo  di  misura  da  applicare,  alla
durata da computare e alle prescrizioni da osservare  -  in  funzione
della specificita' delle situazioni soggettive  che  sono  sottoposte
all'autorita' giudiziaria. La quale, a tal fine, esercita  un  potere
connotato da elementi di discrezionalita'. 
    Con riferimento alla misura della liberta' vigilata (che viene in
rilievo in entrambi i procedimenti a quibus) cio' e', in particolare,
dimostrato dall'art. 228 cod. pen., che al comma 4 stabilisce che «la
sorveglianza deve essere esercitata in modo da agevolare, mediante il
lavoro,  il  riadattamento  della  persona  alla  vita  sociale»,   e
analogamente dall'art.  190  delle  disposizioni  di  attuazione  del
codice di procedura  penale,  che  all'ultimo  comma,  a  sua  volta,
dispone che «la vigilanza  e'  esercitata  in  modo  da  non  rendere
difficoltosa alla persona che vi  e'  sottoposta  la  ricerca  di  un
lavoro  e  da   consentirle   di   attendervi   con   la   necessaria
tranquillita'». 
    La finalita' di tutela di siffatte esigenze personali,  familiari
e lavorative, perseguita dal  legislatore  anche  nei  confronti  dei
soggetti sottoposti a misure di sicurezza, innegabilmente rischia  di
rimanere frustrata dall'applicazione "automatica" della revoca  della
patente di guida da parte del prefetto, a fronte della irrogazione di
ogni e qualsiasi misura di sicurezza personale al suo titolare, senza
una  valutazione  "caso  per  caso"  delle  condizioni  che   rendano
coerente, o meno, la revoca  del  titolo  abilitativo  alla  funzione
rieducativa della misura irrogata. 
    4.2. - In cio' sta anche  la  contraddizione,  che  l'ordinamento
irragionevolmente consente, tra le  misure  che,  nei  confronti  del
medesimo soggetto e  in  relazione  alla  stessa  condizione  di  sua
pericolosita' sociale, sono rispettivamente adottabili dal magistrato
di sorveglianza - il quale, nel  disporre  la  misura  di  sicurezza,
"puo'" consentire al soggetto che vi e' sottoposto  di  continuare  a
fare uso  della  patente  di  guida  -  e  dal  prefetto,  il  quale,
viceversa, sulla base della norma censurata,  "deve"  poi,  comunque,
revocarla. 
    4.3. - Da qui, (anche) con riguardo alle fattispecie in esame,  i
profili di violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalita' e
ragionevolezza, che comportano il contrasto dell'art. 120,  comma  2,
cod. strada  con  l'art.  3  Cost.  (assorbita  restando  ogni  altra
censura)  e  la  conseguente  sua  declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale, nella parte in cui dispone che il prefetto "provvede"
- invece che "puo'  provvedere"  -  alla  revoca  della  patente  nei
confronti di  coloro  che  sono  sottoposti  a  misure  di  sicurezza
personali. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma  2,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285  (Nuovo  codice  della
strada), come sostituito dall'art. 3, comma  52,  lettera  a),  della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica), e come modificato dall'art. 19, comma 2, lettere a) e  b),
della legge 29 luglio  2010,  n.  120  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza stradale) e dall'art. 8, comma 1, lettera b),  del  decreto
legislativo  18  aprile  2011,  n.  59  (Attuazione  delle  direttive
2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la  patente  di  guida),  nella
parte in cui dispone che il prefetto "provvede" -  invece  che  "puo'
provvedere" - alla revoca della patente di  guida  nei  confronti  di
coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA