N. 79 SENTENZA 10 marzo - 24 aprile 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Locazioni di immobili urbani - Procedimento per convalida di  sfratto
  - Difficolta' economica del debitore -  Casi  di  esclusione  della
  risoluzione  in  sede  di  procedimento  -  Inadempimento   residuo
  limitato al pagamento delle spese processuali e ogni altra  ipotesi
  in cui, al momento della decisione,  la  caducazione  del  rapporto
  contrattuale, tenuto conto dell'entita' del debito residuo, e avuto
  riguardo alle  condizioni  delle  parti,  determini  un  sacrificio
  sproporzionato dell'interesse abitativo  del  conduttore  -  Omessa
  previsione - Denunciata  violazione  dei  doveri  di  solidarieta',
  nonche' dei principi di ragionevolezza e del giusto processo -  Non
  fondatezza delle questioni. 
- Legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 55. 
- Costituzione, artt. 2, 3, secondo comma, e 111. 
(GU n.18 del 29-4-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Augusto Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,
  Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  55  della
legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di  immobili
urbani), promossi dal Tribunale ordinario di Modena con due ordinanze
del 27 novembre 2018, iscritte, rispettivamente, ai numeri  53  e  54
del registro ordinanze 2019 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2020  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 marzo 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Modena, con due  ordinanze  del  27
novembre 2018, iscritte, rispettivamente,  ai  numeri  53  e  54  del
registro ordinanze  2019,  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 55  della  legge  27  luglio  1978,  n.  392
(Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte  in  cui
stabilisce che la risoluzione del contratto di locazione non ha luogo
se il conduttore effettua in sede giudiziale -  o  entro  il  termine
assegnato in quella sede dal  giudice  -  il  pagamento  dell'importo
dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori  maturati
sino a tale data, maggiorato degli interessi  legali  e  delle  spese
processuali. 
    In entrambe le ordinanze,  il  Tribunale  rimettente  incentra  i
dubbi di legittimita'  costituzionale  della  disposizione  censurata
sulla mancata previsione, tra i casi di esclusione della  risoluzione
in sede di procedimento per convalida di sfratto, ove  al  conduttore
sia stato concesso il termine previsto dal medesimo articolo  per  le
sue condizioni di difficolta' economica, dell'ipotesi in cui  residui
il pagamento delle spese processuali e di ogni altra ipotesi in  cui,
al momento della decisione, la caducazione del rapporto contrattuale,
tenuto conto dell'entita' del  debito  residuo  per  canoni  scaduti,
oneri accessori o interessi, avuto riguardo alle reciproche posizioni
delle parti, determini un  sacrificio  sproporzionato  dell'interesse
abitativo del conduttore. 
    2.- In particolare, quanto all'ordinanza di rimessione n. 53  del
2019, il Tribunale di Modena e' stato investito di un'intimazione per
convalida di sfratto per morosita',  volta  alla  risoluzione  di  un
contratto di locazione  a  uso  abitativo,  in  ragione  del  mancato
pagamento di quattro canoni scaduti (per complessivi euro 2.000,00) e
oneri accessori. Alla prima udienza, i conduttori non hanno  proposto
opposizione alla convalida, ma hanno chiesto e  ottenuto  il  termine
cosiddetto di grazia di cui all'art. 55 della legge n. 392  del  1978
per sanare la morosita' e provvedere al pagamento delle spese legali.
Alla successiva udienza, l'intimante  ha  dichiarato  la  persistenza
della morosita' e  insistito  per  la  convalida  dello  sfratto.  La
verifica della sanatoria della morosita' e' stata rinviata a un'altra
udienza in quanto uno dei conduttori e' comparso producendo contabili
di pagamento dei  canoni  dovuti,  a  eccezione  di  una  mensilita'.
All'udienza successiva, l'intimante ha insistito  nuovamente  per  la
convalida della morosita'  in  virtu'  dell'omesso  pagamento  di  un
residuo debito di euro 322,50 per  canoni  scaduti  e  della  mancata
refusione delle spese processuali per euro 1.374,80. 
    Lo stesso Tribunale - avendo riguardo  all'ordinanza  n.  54  del
2019 - e' stato  investito  di  un'intimazione  per  convalida  dello
sfratto per morosita'  nel  pagamento  di  tre  canoni  scaduti  (per
complessivi euro 1.500,00) e oneri  condominiali  nell'ambito  di  un
rapporto di locazione a uso abitativo. Alla prima udienza, il Giudice
ha concesso ai conduttori il termine di grazia ai sensi  del  secondo
comma dell'art. 55 della legge n. 392 del 1978 per la sanatoria della
morosita'  e  il  pagamento  delle   spese   legali   contestualmente
liquidate.  Alla  successiva  udienza  di  verifica,  l'intimante  ha
dichiarato la persistenza  della  morosita'  per  l'importo  di  euro
250,00 per canoni scaduti oltre al  mancato  pagamento  delle  spese,
insistendo per la convalida dello sfratto. 
    Cio'  premesso,  in  entrambi   i   procedimenti   il   Tribunale
rimettente, con  due  ordinanze  di  analogo  tenore,  ha  sollevato,
d'ufficio, questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  55
della  legge  n.  392  del  1978,  nella  parte  in  cui  esclude  la
possibilita' per il giudice, una volta scaduto  il  termine  concesso
per la sanatoria, di negare la convalida dello sfratto ove residui il
mancato pagamento delle  sole  spese  processuali  e  in  ogni  altra
ipotesi nella quale la caducazione del rapporto contrattuale, tenendo
conto  dell'entita'  del  debito  residuo,   avendo   riguardo   alle
reciproche   posizioni   delle   parti,   determini   un   sacrificio
sproporzionato dell'interesse abitativo del conduttore. 
    Ad avviso del rimettente si configurerebbe, in  primo  luogo,  la
violazione  dell'art.  2   della   Costituzione,   quale   fondamento
costituzionale del principio di buona fede, che impone alla parte del
rapporto obbligatorio, in ogni  fase  dello  stesso,  di  considerare
l'interesse dell'altra parte nei limiti dell'apprezzabile  sacrificio
del proprio, in quanto non consente al giudice di valutare  l'entita'
di questi interessi e di questi sacrifici,  imponendogli  di  emanare
una pronuncia di risoluzione in sede sommaria anche nelle ipotesi  in
cui, a fronte della  compromissione,  che  deve  presumersi  certa  e
attuale, dell'interesse abitativo  del  conduttore,  non  sia  chiara
l'incidenza altrettanto rilevante del debito residuo  per  canoni  di
locazione o oneri accessori nella sfera giuridica del locatore ovvero
residui il solo pagamento delle spese processuali,  che  il  locatore
potrebbe comunque ottenere in forza  della  sentenza  conclusiva  del
giudizio di merito, una volta mutato il rito. 
    Il Tribunale rimettente deduce, inoltre, la violazione, da  parte
della disposizione censurata,  dell'art.  3,  secondo  comma,  Cost.,
poiche',  interpretata  in  termini  rigorosi   si'   da   richiedere
l'integrale pagamento dell'importo complessivo fissato  dal  giudice,
finisce con il determinare un irragionevole  trattamento  analogo  di
situazioni che sono invece molto  diverse,  come  la  condizione  del
conduttore al quale sia stato concesso il termine giudiziale  per  la
sanatoria della morosita' e non abbia pagato il debito per  canoni  e
oneri in misura tale  da  incidere  in  modo  rilevante  nella  sfera
patrimoniale del locatore e quella del conduttore cui pure sia  stato
concesso il termine in questione e che non abbia pagato il debito per
canoni e oneri  senza  incidere  in  maniera  rilevante  nella  sfera
patrimoniale del locatore  poiche'  in  entrambi  i  casi  impone  la
risoluzione del contratto, precludendo  al  giudice  una  valutazione
comparativa degli interessi contrapposti. 
    Parimenti sarebbe violato il parametro costituito  dal  principio
del «giusto processo» di cui all'art. 111 Cost., inteso come presidio
contro l'esercizio dell'azione in forme eccedenti o devianti rispetto
alla tutela dell'interesse sostanziale.  La  disposizione  censurata,
infatti, impone la risoluzione  del  contratto,  con  la  conseguente
compromissione dell'interesse abitativo  del  conduttore,  anche  nei
casi in cui, a fronte di un suo obiettivo sforzo, date le  condizioni
di difficolta' sottese alla concessione del  termine  di  grazia  per
sanare  la  morosita',  la  lesione  dell'interesse   economico   del
locatore, corrispondente alla differenza tra  quanto  determinato  in
sede di concessione del termine di cui all'art.  55,  secondo  comma,
della legge n. 392 del 1978, e  quanto  pagato  dal  conduttore,  sia
tollerabile  entro  i  limiti  dell'apprezzabile  sacrificio,   avuto
riguardo alle condizioni delle parti, oppure soltanto eventuale, come
nel caso delle spese processuali. 
    3.-  Nei  giudizi  incidentali  di  legittimita'   costituzionale
promossi dal Tribunale ordinario di Modena non si sono costituite  le
parti dei giudizi principali. 
    E' invece intervenuto in entrambi i giudizi, con atti di  analogo
tenore, il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  concludendo  per  la
manifesta infondatezza  delle  sollevate  questioni  di  legittimita'
costituzionale.  In  particolare,  l'Avvocatura  generale  deduce  la
ragionevolezza del bilanciamento degli interessi  tra  le  parti  del
rapporto di locazione  operato  nella  propria  discrezionalita'  dal
legislatore ordinario mediante l'art. 55 della legge n. 392 del 1978,
norma che, per  un  verso,  consente  al  conduttore  di  chiedere  e
ottenere, in deroga alla disciplina ordinaria della  risoluzione  del
contratto mediante  il  meccanismo  processuale  della  convalida  di
sfratto per morosita' ex art. 658 del codice di procedura civile,  un
ulteriore termine per sanare la morosita' e, per un altro, proprio in
virtu' della valenza eccezionale della concessione di  tale  termine,
pretende,  come  costantemente  ribadito  nella   giurisprudenza   di
legittimita', che, per  evitare  la  convalida,  il  conduttore  sani
integralmente la morosita' e provveda al pagamento delle spese di  un
procedimento incardinato in virtu' del proprio inadempimento. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Modena con  due  ordinanze  del  27
novembre 2018, iscritte, rispettivamente,  ai  numeri  53  e  54  del
registro ordinanze 2019,  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 55 della legge 27 luglio 1978,  n.  392  (Disciplina  delle
locazioni di immobili  urbani),  in  riferimento  agli  artt.  2,  3,
secondo  comma,  e  111  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui,
prevedendo (al quinto comma) che «[i]l pagamento, nei termini di  cui
ai commi precedenti,  esclude  la  risoluzione  del  contratto»,  non
comprende, tra i casi di esclusione  della  risoluzione  in  sede  di
procedimento per convalida di sfratto, ove al  conduttore  sia  stato
concesso il  termine  previsto  dal  medesimo  articolo  per  le  sue
condizioni di difficolta' economica,  l'ipotesi  in  cui  residui  il
pagamento delle spese processuali e ogni altra  ipotesi  in  cui,  al
momento della decisione, la caducazione  del  rapporto  contrattuale,
tenuto conto dell'entita' del  debito  residuo  per  canoni  scaduti,
oneri accessori o interessi, avuto riguardo alle reciproche posizioni
delle parti, determini un  sacrificio  sproporzionato  dell'interesse
abitativo del conduttore. 
    Le  questioni  sono  state  sollevate  in  due  procedimenti   di
convalida di intimazione  di  sfratto  per  morosita'  nei  quali  il
giudice aveva concesso ai conduttori, ai sensi dell'art. 55,  secondo
comma, della legge n. 392 del 1978, il termine cosiddetto  di  grazia
per la sanatoria della morosita' in sede giudiziale. 
    In entrambe le ipotesi oggetto delle ordinanze di  rimessione,  i
conduttori non avevano  integralmente  pagato  l'importo  complessivo
determinato dal giudice nel concedere il termine di grazia residuando
una frazione di canone scaduto e le spese  processuali,  sicche',  in
virtu' della  consolidata  interpretazione  del  quinto  comma  dello
stesso  art.  55  della  legge  n.  392  del  1978  da  parte   della
giurisprudenza di  legittimita',  il  pagamento  parziale,  ancorche'
quasi integrale, non escludeva  la  risoluzione  del  contratto,  non
essendo  ammissibile  una  valutazione  dell'importanza  della  somma
residua. 
    2.- Le questioni di legittimita'  costituzionale,  sollevate  dal
medesimo  Tribunale  con  le  due  ordinanze  di   rimessione,   sono
sostanzialmente identiche sul piano giuridico  e  si  rende,  quindi,
opportuna  la  loro  trattazione  congiunta  mediante  riunione   dei
giudizi. 
    3.-  Giova  premettere  il  quadro  dei   riferimenti   normativi
essenziali,  in  cui  si  collocano  le  questioni   incidentali   di
legittimita' costituzionale,  prendendo  le  mosse  dalla  disciplina
dettata dagli artt. 1453 e seguenti del  codice  civile  in  tema  di
risoluzione   per   inadempimento   dei   contratti   a   prestazioni
corrispettive, tra i quali rientra quello di locazione. 
    All'interno del generale sistema delineato dal codice civile,  la
parte adempiente puo' ottenere la risoluzione del contratto solo  ove
l'inadempimento dell'altra parte sia grave, ossia  non  abbia  scarsa
importanza,  secondo  quanto  disposto  dall'art.  1455   cod.   civ.
L'azione, infatti, puo' essere accolta dal giudice con  la  pronuncia
(di  natura  costitutiva,  non  dichiarativa)  di   risoluzione   del
contratto, sempre che l'inadempimento non abbia  «scarsa  importanza,
avuto riguardo all'interesse dell'altra». 
    Cio' e' vero anche in caso di inadempienze reciproche delle parti
contrattuali, stante il principio,  ricavabile  dall'art.  1460  cod.
civ., che  consente  a  ciascuno  dei  contraenti  di  rifiutarsi  di
adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre  di
adempiere contemporaneamente la propria, sempre che  il  rifiuto  non
sia  contrario  alla  buona  fede.  Altresi',  il   contraente   puo'
sospendere l'esecuzione della propria prestazione se  ha  il  fondato
timore di non poter ottenere  l'adempimento  della  controprestazione
(art. 1461 cod. civ.). Come piu' volte affermato dalla giurisprudenza
di legittimita', in caso di inadempienze reciproche,  ai  fini  della
pronuncia di risoluzione per inadempimento deve procedersi a un esame
del comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale
di esse, in relazione ai rispettivi interessi e all'oggettiva entita'
degli  inadempimenti,  si  sia  resa  responsabile  delle  violazioni
maggiormente rilevanti e della conseguente alterazione del sinallagma
contrattuale (Corte di cassazione, sezione seconda  civile,  sentenza
30 maggio 2017, n. 13627, e ordinanza 22 maggio 2019, n. 13827). 
    Inoltre,  l'art.  1453,  terzo  comma,  cod.  civ.  prevede   che
l'inadempimento posto a fondamento dell'azione  e'  "cristallizzato",
nel  senso  che  «[d]alla   data   della   domanda   di   risoluzione
l'inadempiente non puo' piu' adempiere  la  propria  obbligazione»  e
quindi e' a quel momento che va  valutata  dal  giudice  l'importanza
dell'inadempimento. Cio' non esclude che la parte che agisce  per  la
risoluzione contrattuale - e che, in ragione  di  tale  disposizione,
puo' rifiutare  l'adempimento  tardivo,  cosi'  come  puo'  rifiutare
l'adempimento parziale anche se la prestazione  e'  divisibile  (art.
1181 cod. civ.) - possa volontariamente accettarlo. 
    Parallelamente, con riferimento al procedimento di intimazione di
sfratto  per  morosita'  nel  rapporto  locatizio,  che   mira   alla
formazione di un  titolo  esecutivo  per  il  rilascio  dell'immobile
locato, in caso di mancata opposizione dell'intimato, con contestuale
risoluzione del contratto, l'art. 658, primo  comma,  del  codice  di
procedura civile prescrive che l'intimazione e' possibile «in caso di
mancato pagamento  del  canone  di  affitto  alle  scadenze».  E'  la
morosita'  di  almeno  un  canone  che   vale   a   distinguere   tra
inadempimento idoneo, o no,  per  la  convalida  dell'intimazione  di
sfratto. 
    D'altra parte il  terzo  comma  dell'art.  663  cod.  proc.  civ.
prevede   espressamente   che   «la    convalida    e'    subordinata
all'attestazione in giudizio del locatore o del suo  procuratore  che
la  morosita'   persiste»   (attestazione   considerata   "condizione
essenziale per la emissione della definitiva convalida  ex  art.  663
c.p.c.": ex plurimis, Corte  di  cassazione,  sezione  terza  civile,
sentenza 11 gennaio 2001,  n.  332).  Questa  cautela  era  contenuta
finanche nell'art. 35 del regio decreto 7 agosto 1936, n. 1531 (Nuove
norme sul procedimento di ingiunzione e su quello  per  convalida  di
sfratto), che ha introdotto ex novo questo rito  monitorio  speciale,
prima ignoto al codice di procedura civile, prevedendo -  in  termini
poi sostanzialmente riprodotti nel  codice  di  rito  -  che,  se  lo
sfratto era stato intimato per  mancato  pagamento  del  canone,  «il
locatore  o  il  suo  procuratore  per  ottenere  la  convalida  deve
presentare una dichiarazione  scritta  o  fare  una  dichiarazione  a
verbale,  attestante  la  persistente  morosita'   del   conduttore».
Peraltro, a seguito della sentenza di questa Corte n. 51 del 1995, e'
impugnabile per revocazione ex art. 395, primo comma, numero 1), cod.
proc. civ., l'ordinanza di convalida di sfratto per morosita'  emessa
sulla base della falsa attestazione della persistenza della morosita'
stessa. 
    Quindi, se nel  rito  speciale  nell'intimazione  di  sfratto  si
richiede che la morosita', al momento della  pronuncia  del  giudice,
debba "persistere", cio' implica  che  l'intimato  moroso  puo',  con
l'adempimento  tardivo,  purgare  la  mora  e  far  cessare  la   sua
"persistenza"  prima  che  il  giudice  sia  chiamato  a  provvedere,
convalidando l'intimazione. Trovano pero' non di meno applicazione le
regole generali delle obbligazioni e segnatamente  l'art.  1181  cod.
civ. - che consente al creditore di rifiutare un adempimento parziale
«salvo che la legge o gli usi dispongano  diversamente»,  talche'  il
conduttore non puo' pagare solo una frazione di canone salvo  che  il
locatore glielo consenta - e l'art. 1182 cod. civ., che  prevede  che
il luogo di pagamento nelle obbligazioni pecuniarie e'  fatto,  salva
diversa  pattuizione,  al  domicilio  del  creditore,  e  quindi  del
locatore. 
    Con riferimento alle locazioni  urbane  abitative  uno  specifico
criterio e' poi dettato dall'art. 5 della legge n. 392 del 1978,  che
prende in considerazione il  mancato  pagamento  del  canone  decorsi
venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero  il  mancato  pagamento,
nel termine previsto, degli  oneri  accessori  quando  l'importo  non
pagato superi quello di due  mensilita'  del  canone.  E'  questa  la
soglia di importanza dell'inadempimento come  motivo  di  risoluzione
del  contratto  ai  sensi  dell'art.  1455  cod.  civ.  Il   testuale
riferimento a quest'ultima  disposizione,  contenuto  nel  richiamato
art. 5, mostra che tale canone legale di valutazione  dell'importanza
dell'inadempimento vale  innanzi  tutto  nel  giudizio  ordinario  di
risoluzione contrattuale. 
    3.1.- A fronte dell'inadempimento del  conduttore  rispetto  alla
propria  principale  obbligazione,  ossia  quella  di  pagamento  del
canone, nel nostro sistema processuale il locatore puo' proporre  sia
l'azione di risoluzione nelle  forme  di  un  giudizio  ordinario  di
cognizione, sia l'intimazione  di  sfratto  per  morosita'  ai  sensi
dell'art. 658 cod. proc. civ., che costituisce un  procedimento  piu'
celere, implicante comunque la risoluzione della locazione in ragione
dell'espressa previsione dell'art. 669 cod. proc. civ.,  secondo  cui
la pronuncia sullo sfratto «risolve la locazione». 
    In vero,  l'intimazione  di  sfratto  per  morosita'  costituisce
l'esercizio da parte del locatore, in forme  speciali,  di  un'azione
costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento, in uno  a
un'azione di condanna del conduttore al rilascio dell'immobile locato
(Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 20  marzo  1985,
n. 2034). Essa si  fonda  essenzialmente  sulla  mancata  opposizione
dell'intimato  che  non  contesta  la  morosita',   ne'   l'idoneita'
dell'inadempimento a  determinare  la  risoluzione  della  locazione.
L'opposizione,  quale   essa   sia,   non   consente   la   convalida
dell'intimazione di sfratto, ma comporta - salva la possibilita'  che
il giudice emetta, ricorrendone i presupposti, ordinanza  provvisoria
di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto (art. 665  cod.
proc. civ.) - il mutamento di rito ai sensi dell'art. 667 cod.  proc.
civ. e il  giudizio  prosegue  nelle  forme  ordinarie  del  processo
locatizio. 
    La ricostruzione dell'intimazione per convalida di sfratto  della
morosita' in termini di azione di risoluzione  speciale  implica  che
trovi di norma applicazione l'art. 1455 cod. civ., e che, quindi,  la
stessa possa essere proposta solo nell'ipotesi in cui l'inadempimento
del  conduttore  non  sia   di   scarsa   importanza   tenuto   conto
dell'interesse dell'altra parte. Ma, in  caso  di  locazioni  ad  uso
abitativo, l'art. 5 della legge n. 392 del 1978 - come gia' ricordato
- prevede, con una norma speciale a carattere  derogatorio,  che  «il
mancato pagamento del canone, decorsi  venti  giorni  dalla  scadenza
prevista, ovvero il mancato pagamento, nel  termine  previsto,  degli
oneri accessori quando l'importo non  pagato  superi  quello  di  due
mensilita' del canone, costituisce motivo di  risoluzione,  ai  sensi
dell'art. 1455 del codice civile». 
    Tale ultima disposizione  opera  quindi  una  valutazione  legale
tipica della gravita' dell'inadempimento del conduttore ai fini della
risoluzione del contratto di locazione ad uso abitativo, rilevante in
generale, quale che sia il rito -  ordinario  a  cognizione  piena  o
speciale di tipo monitorio - scelto dal locatore, fermo restando  che
per l'intimazione dello sfratto per  morosita'  occorre  comunque  il
mancato pagamento del canone  alla  scadenza  (art.  658  cod.  proc.
civ.). 
    3.2.- Inoltre, nelle locazioni urbane abitative viene  in  rilevo
l'art.  55  della  stessa  legge  n.  392  del  1978;  norma  questa,
attualmente investita dalle censure del giudice  rimettente,  che  ha
introdotto  una  disciplina  processuale  speciale  di   favore   del
conduttore  -  limitatamente  alle  sole  locazioni  abitative,  come
ritenuto dalla giurisprudenza (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite
civili, sentenza 28 aprile 1999, n. 272), ma, secondo  questa  Corte,
applicabile anche nel giudizio ordinario di cognizione oltre che  nel
procedimento di intimazione di sfratto per morosita' (sentenza  n.  3
del 1999) - riconoscendo allo stesso la possibilita', per non piu' di
tre volte nel corso di un quadriennio, di  escludere  la  risoluzione
contrattuale versando, «in sede giudiziale» (ossia banco iudicis), un
importo complessivo dato dalla  sommatoria  di  quanto  previsto  nel
primo comma della stessa disposizione: i canoni  scaduti,  gli  oneri
accessori maturati sino  a  tale  data  dell'udienza,  gli  interessi
legali maturati su tali somme, e le spese  processuali  liquidate  in
tale sede dal giudice.  E'  anche  possibile  che  al  conduttore  in
«comprovate condizioni di difficolta'» il giudice possa assegnare  un
termine non superiore a giorni novanta (ovvero di  giorni  centoventi
in presenza dei presupposti di cui all'ultimo comma del predetto art.
55) per pagare lo stesso importo complessivo con i medesimi effetti. 
    Come  evidenziato  dalle  stesse  ordinanze  di  rimessione,   in
conformita' al diritto vivente,  il  disposto  dell'art.  55,  quinto
comma, della legge n. 392 del 1978 secondo  cui  «il  pagamento,  nei
termini di cui  ai  commi  precedenti,  esclude  la  risoluzione  del
contratto» deve essere interpretato nel senso che occorre, perche' il
conduttore  possa  beneficiare  della  speciale  sanatoria  in   sede
giudiziale, che il pagamento sia integrale, senza che l'inadempimento
residuo sia suscettibile di una nuova verifica sotto il profilo della
gravita' (ex plurimis, Corte di  cassazione,  sezione  terza  civile,
sentenza 29 luglio 2013, n. 18224). 
    Sotto un distinto profilo, va evidenziato che  le  Sezioni  unite
della Corte di cassazione hanno affermato  -  con  un'interpretazione
ritenuta non  irragionevole,  ne'  discriminatoria  da  questa  Corte
(ordinanza n. 410 del 2001) - che la disciplina dettata dall'art.  55
della legge n. 392 del  1978  non  puo'  trovare  applicazione  anche
nell'ambito delle locazioni per  uso  diverso  da  quello  abitativo,
poiche' il legislatore ne ha espressamente limitato la  portata  alle
sole ipotesi di inadempimento per  morosita'  descritte  e  prese  in
considerazione dall'art. 5 della medesima legge, di  tal  che  e'  la
stessa disposizione di cui all'art. 55, la quale risulta inclusa  tra
quelle di natura processuale, di per se' inidonee a dilatare l'ambito
di applicazione di una norma di natura  sostanziale,  a  limitare  il
proprio  ambito  di  applicazione  alle  sole   locazioni   abitative
(sentenza della Corte di cassazione n.  272  del  1999,  citata).  Ne
deriva che, ove il conduttore di un immobile a uso diverso da  quello
abitativo, alla prima udienza, paghi il dovuto, non per questo  viene
sottratto al giudizio  di  risoluzione  contrattuale,  in  quanto  il
pagamento effettuato dopo la notifica dell'atto di citazione, essendo
comunque tardivo, puo' valere solo a purgare la  morosita',  evitando
la convalida dello sfratto  nella  fase  sommaria,  ma  non  certo  a
cancellare  l'inadempimento  rilevante,  all'esito  del  giudizio  di
merito, per la risoluzione del contratto  (tra  le  altre,  Corte  di
cassazione, sezione terza civile, sentenza 23 aprile 2008, n. 10587). 
    Cio' mostra la netta distinzione tra  la  purgazione  della  mora
prima  dell'udienza  di  convalida,  che  non  consente  al  locatore
intimante (o al suo procuratore) di attestare  in  giudizio  che  «la
morosita' persiste» e che, quindi, preclude la convalida  (art.  663,
terzo comma, cod. proc.  civ.)  -  ma  non  per  questo  esclude  che
l'adempimento tardivo,  che  costituisce  pur  sempre  inadempimento,
possa essere posto dal locatore a fondamento di  un'azione  ordinaria
di risoluzione del contratto  -  e  la  speciale  sanatoria  in  sede
giudiziale, di cui  all'art.  55,  all'udienza  di  convalida  (primo
comma) o anche successivamente nel caso di concessione  del  "termine
di grazia" (secondo comma), che invece ha un effetto piu'  ampio,  di
protezione del  rapporto  contrattuale,  perche'  non  solo  sana  la
morosita' - estesa peraltro anche a somme dovute dopo che il giudizio
sia stato promosso, nelle forme sia  ordinaria  che  monitoria  -  ma
preclude anche la risoluzione del contratto. 
    4.- Tutto cio' premesso, proprio muovendo dalla natura  speciale,
in favore del conduttore, della disciplina dettata dall'art. 55 della
legge n. 392 del 1978, devono essere ora esaminate le censure mosse a
tale disposizione,  con  motivazioni  di  analogo  tenore  sul  piano
giuridico, dalle ordinanze di rimessione, che  deducono  entrambe  la
violazione dei parametri di cui agli artt. 2, 3, secondo comma, e 111
Cost. 
    Le censure si appuntano in  realta'  sul  quinto  comma  di  tale
disposizione, come risulta dallo stesso dispositivo  delle  ordinanze
di rimessione, le quali entrambe fanno riferimento a essa nella parte
in cui prevede che «[i]l pagamento,  nei  termini  di  cui  ai  commi
precedenti, esclude la risoluzione del contratto». 
    Il giudice  rimettente  ha  ben  presente  la  giurisprudenza  di
legittimita'  che,  con  una  lettura  rigorosa  ma  testuale   della
disposizione,  richiede,  perche'  tale  effetto   conservativo   del
rapporto di locazione si verifichi, che tutto l'importo  fissato  dal
giudice, in particolare in occasione della concessione del termine di
grazia di cui al secondo comma, sia pagato nel termine  stesso;  cio'
che e' oggetto di accertamento nell'udienza di verifica, successiva a
quella in cui il termine di grazia e' stato concesso. 
    La necessita' dell'integralita' del pagamento - che non  consente
di espungere neppure le sole spese processuali ove  tutti  gli  altri
importi siano stati pagati (cio' che peraltro non e' avvenuto nei due
giudizi principali atteso che gli intimati hanno comunque una residua
morosita' relativa ai canoni scaduti) -  e'  contestata  dal  giudice
rimettente, il quale  ritiene  che  un'interpretazione  cosi'  rigida
della disposizione censurata, e segnatamente del  suo  quinto  comma,
contrasti con i parametri evocati. 
    Le questioni - che sono poste, e vanno  esaminate,  unitariamente
con riferimento alla fattispecie concreta  dedotta  nei  due  giudizi
principali, consistente nel mancato pagamento integrale  dell'importo
determinato dal giudice nel concedere il termine di grazia, ai  sensi
del secondo comma dell'art. 55 citato, non essendo stati pagati ne' i
canoni scaduti per l'intero, residuando  ancora  il  debito  per  una
frazione di canone, ne' le spese processuali - non  sono  fondate  in
riferimento ad alcuno dei parametri evocati. 
    5.- Non fondata e' innanzi tutto  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 55 della legge n. 392  del  1978,  in  parte
qua, per violazione dell'art. 3, secondo comma, Cost. - parametro  da
ritenersi in realta' evocato anche nel suo  primo  comma,  stante  il
tenore della censura - sotto  il  profilo  dell'irragionevolezza  del
trattamento processuale simile che  finiscono  per  avere,  a  fronte
della concessione del  termine  giudiziale  per  la  sanatoria  della
morosita', le differenti situazioni nelle  quali  il  conduttore  sia
rimasto totalmente inadempiente e quelle in cui lo stesso abbia quasi
integralmente sanato la morosita' (ovvero sia rimasto debitore  delle
sole spese processuali liquidate dal giudice nel concedere il termine
in questione). 
    Al riguardo, questa Corte ha da lungo tempo sottolineato  che  la
facolta' concessa al locatore, nelle fattispecie indicate dagli artt.
657 e 658 cod. proc. civ.,  di  agire  mediante  il  procedimento  di
convalida in alternativa  al  giudizio  ordinario  di  cognizione  e'
compatibile con l'assetto costituzionale, e in  particolare  con  gli
artt. 3, 24 e 111 Cost., poiche' non vi e' alcuna compromissione  del
diritto di difesa del conduttore intimato  il  quale,  se  decide  di
proporre opposizione, beneficia  delle  garanzie  processuali  di  un
giudizio a cognizione piena ed esauriente sulla risoluzione negoziale
(sentenza  n.  89  del  1972),  senza  che   costituisca,   peraltro,
irrazionale  tutela  privilegiata   in   favore   del   locatore   la
possibilita' per il giudice di pronunciare, ai  sensi  dell'art.  665
cod. proc. civ., l'ordinanza provvisoria di rilascio che  rappresenta
un peculiare  strumento  di  condanna  con  riserva  delle  eccezioni
predisposto dal legislatore per la  legittima  finalita'  di  evitare
che, attraverso l'abuso del diritto di difesa, il  conduttore  moroso
possa protrarre anche per lungo tempo il godimento  del  bene  locato
(sentenza n. 94 del 1973). 
    Occorre anche ricordare che, come gia' affermato da questa Corte,
l'art. 55 della legge n. 392 del 1978, da  un  lato,  non  limita  la
normale tutela giurisdizionale prevista dall'art.  24,  primo  comma,
Cost., in quanto non rappresenta un ostacolo alla possibilita' per il
conduttore di far valere le proprie ragioni, ma prevede al  contrario
un'ulteriore specifica agevolazione a suo favore,  che  si  aggiunge,
senza comprimerle o menomarle, alle facolta' che  ordinariamente  gli
spettano, in quanto convenuto in giudizio; e, da un altro,  non  puo'
ritenersi in contrasto  con  gli  artt.  3  e  24  Cost.,  posto  che
attribuisce  obiettivo  rilievo  alla  mora  del  conduttore,   senza
limitare  l'esercizio  del  diritto  di   difesa   e   senza   creare
ingiustificate  disparita'  di  trattamento,  e  anzi,  accorda   una
speciale  protezione  proprio  ai  soggetti  meno  abbienti,  laddove
stabilisce che, ove il pagamento non avvenga in udienza,  il  giudice
puo' assegnare un termine per la  sanatoria  della  mora  «dinanzi  a
comprovate condizioni di difficolta' del  conduttore»  (ordinanza  n.
315 del 1986). 
    Nel  ribadire  tali  assunti,  questa  Corte  -  investita  della
questione di legittimita' costituzionale della mancata estensione del
meccanismo di cui all'art. 55  della  legge  n.  392  del  1978  alle
locazioni a uso diverso da quello abitativo  -  ha  sottolineato  che
«non puo'  ritenersi  irragionevolmente  discriminatoria  e  pertanto
lesiva dell'art. 3 della Costituzione la disciplina  denunciata  che,
accordando al  solo  conduttore  di  immobili  destinati  ad  uso  di
abitazione, la possibilita' di sanare la morosita' nel pagamento  dei
canoni  o  degli  oneri   specificati   dalla   legge,   ha   inteso,
all'evidenza,   apprestare   all'interesse   abitativo   una   tutela
eccezionale e percio'  stesso  diversa  e  piu'  intensa  di  quella,
generale, riconosciuta all'interesse economico di cui e' portatore il
conduttore di immobili destinati ad uso non abitativo» (ordinanza  n.
410 del 2001). 
    In  sostanza,  il  meccanismo  processuale  configurato  per   le
locazioni ad uso abitativo dall'art. 55 della legge n. 392 del  1978,
consentendo al conduttore in difficolta' di  accedere  alla  speciale
sanatoria in sede giudiziale entro il termine di grazia concesso  dal
giudice alla prima udienza, e' di per se' frutto di un  bilanciamento
discrezionale degli interessi da parte del legislatore, allo scopo di
accordare una particolare tutela al conduttore ove venga  in  rilievo
il diritto all'abitazione, che questa Corte, anche  recentemente,  ha
definito «bene di primaria importanza» (sentenza  n.  44  del  2020);
conduttore che, in mancanza  di  questo  speciale  istituto,  sarebbe
irrimediabilmente esposto vuoi  alla  convalida  dell'intimazione  di
sfratto   nel   procedimento   monitorio,   vuoi   alla   risoluzione
contrattuale nel rito ordinario. 
    E' legittimo che il legislatore, in  presenza  di  una  finalita'
meritevole di tutela, preveda una disciplina speciale in bonam partem
per il conduttore, senza  che  possa  considerarsi  irragionevole  la
mancata estensione di tale regime, gia' di carattere  eccezionale,  a
ipotesi ulteriori come quelle indicate dalle ordinanze di rimessione,
specie   in   una   materia   come   quella   processuale   dove   la
discrezionalita'  legislativa  e'   particolarmente   ampia   ed   e'
sindacabile  solo  sotto   il   profilo   dell'arbitrarieta'   ovvero
dell'irragionevolezza manifesta (ex  plurimis,  sentenze  n.  45  del
2019; n. 225, n. 77 e n. 45 del 2018; ordinanza  n.  273  del  2019).
Tanto piu' che e' lo stesso conduttore a non opporsi alla convalida e
a scegliere liberamente di richiedere la concessione del  termine  di
grazia per sanare la morosita' e per  evitare,  intanto,  di  perdere
subito la disponibilita' dell'immobile  locato,  essendo  preclusa  a
seguito  della   relativa   istanza   la   pronuncia   dell'ordinanza
provvisoria di rilascio di cui all'art. 665 cod. proc. civ. 
    Rientra nella  discrezionalita'  del  legislatore  modellare  gli
istituti processuali, soprattutto quando hanno carattere speciale  ed
eccezionale, come appunto e' la sanatoria in sede giudiziale prevista
dalla  disposizione  censurata;   discrezionalita'   esercitata   non
irragionevolmente anche con riferimento all'ipotesi (prefigurata  dal
giudice rimettente, ma in  realta'  non  rilevante  nei  due  giudizi
principali), in cui residui solo il  mancato  pagamento  delle  spese
processuali.  Il  legislatore  ha  incluso   le   spese   processuali
nell'importo complessivo perche' operi, in favore del conduttore,  la
speciale sanatoria in sede giudiziale del quinto comma dell'art.  55,
nel contesto di un bilanciamento complessivo  delle  posizioni  delle
parti e in considerazione del "sacrificio" richiesto al locatore  che
non ottiene, alla prima udienza,  la  convalida  dell'intimazione  di
sfratto, pur persistendo in quel  momento  la  morosita'  e  mancando
l'opposizione dell'intimato.  Appartiene  alla  discrezionalita'  del
legislatore operare un diverso bilanciamento, maggiormente favorevole
al conduttore moroso, cosi' come da ultimo e' stato  previsto  per  i
contratti agrari, in caso di affitto di fondi rustici, dall'art.  11,
comma  8,  del  decreto  legislativo  1  settembre   2011,   n.   150
(Disposizioni complementari al codice di procedura civile in  materia
di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,
ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno  2009,  n.  69),  che
prescrive che il pagamento dell'importo complessivo  nel  termine  di
grazia sana la morosita' a tutti gli  effetti  senza  necessita'  del
previo pagamento delle  spese  processuali,  che  il  giudice  regola
successivamente con sentenza. 
    6.-   E'   infondata   anche   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  sollevata   dalle   ordinanze   di   rimessione   con
riferimento al parametro di cui all'art. 111 Cost. per violazione del
«giusto  processo»,   inteso   come   presidio   contro   l'esercizio
dell'azione in  forme  eccedenti  o  devianti  rispetto  alla  tutela
dell'interesse sostanziale, laddove la disposizione  denunciata,  non
consentendo al giudice di  valutare  la  gravita'  dell'inadempimento
residuo all'udienza di verifica e  imponendogli  la  convalida  dello
sfratto, determinerebbe un sacrificio  eccessivo  delle  ragioni  del
conduttore rispetto al diritto del locatore. 
    In vero, come piu' volte affermato da questa  Corte  proprio  con
riferimento al procedimento di convalida di sfratto,  al  legislatore
e' consentito differenziare i modi della tutela giurisdizionale  onde
adeguarli al conseguimento di determinate  finalita',  tra  le  quali
assume rilevanza quella di definire il giudizio  evitando  abusi  del
diritto di difesa  da  parte  del  conduttore  moroso  che  protragga
eccessivamente il godimento del bene  locato  (sentenza  n.  185  del
1980). 
    7.- Occorre,  infine,  rilevare  che  non  appare  pertinente  il
riferimento da parte del Tribunale rimettente  al  parametro  di  cui
all'art. 2 Cost., e quindi a  un'assunta  violazione  del  canone  di
solidarieta' nell'ambito del rapporto negoziale, poiche' il principio
di buona fede oggettiva, che pure ne permea la disciplina anche nella
fase  esecutiva,  nemmeno  puo'  venire  in  rilievo,   come   invece
prospettato dalle ordinanze del giudice a quo, quando a fronte di  un
inadempimento grave di una parte, l'altra abbia esercitato la propria
legittima facolta' di agire in giudizio per la risoluzione negoziale,
facolta' il cui esercizio, peraltro, di norma preclude  l'adempimento
tardivo (art. 1453, terzo comma, cod. civ.). 
    8.- Le questioni di legittimita'  costituzionale,  sollevate  dal
giudice  rimettente,  vanno  quindi  dichiarate   non   fondate   con
riferimento a tutti i parametri evocati. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 55 della legge 27 luglio 1978,  n.  392  (Disciplina  delle
locazioni di immobili urbani), sollevate, in riferimento  agli  artt.
2,  3,  secondo  comma,  e  111  della  Costituzione,  dal  Tribunale
ordinario di Modena con le ordinanze indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA