N. 116 SENTENZA 19 maggio - 23 giugno 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Sanita'  pubblica  -  Approvazione,  mediante  legge,  del  Programma
  operativo straordinario (POS)  della  Regione  Molise  2015-2018  -
  Recepimento  in  atto  normativo  del  contenuto  di  provvedimento
  amministrativo - Irragionevolezza, nonche' violazione dei  principi
  di legalita'  e  imparzialita'  della  pubblica  amministrazione  -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni,
  nella legge 21 giugno 2017, n. 96, art. 34-bis. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 97, 103, 113, 117, primo e terzo  comma,
  e 120; Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
  delle liberta' fondamentali, artt. 6 e 13. 
(GU n.26 del 24-6-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34-bis  del
decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in  materia
finanziaria, iniziative a favore degli enti  territoriali,  ulteriori
interventi per le zone colpite da eventi  sismici  e  misure  per  lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017,
n. 96, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il  Molise
nel procedimento vertente  tra  l'Istituto  Neurologico  Mediterraneo
Neuromed IRCCS srl e il commissario  ad  acta  per  l'attuazione  del
piano di rientro dai disavanzi del settore  sanitario  del  Molise  e
altri, con ordinanza del 15 novembre 2018,  iscritta  al  n.  49  del
registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti   l'atto   di   costituzione   dell'Istituto    Neurologico
Mediterraneo Neuromed IRCCS srl, nonche'  l'atto  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito il Giudice relatore Giancarlo Coraggio ai sensi del decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto l), lettere a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data  19
maggio 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 19 maggio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza iscritta al  reg.  ord.  n.  49  del  2019,  il
Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Molise  ha   sollevato
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.   34-bis   del
decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in  materia
finanziaria, iniziative a favore degli enti  territoriali,  ulteriori
interventi per le zone colpite da eventi  sismici  e  misure  per  lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017,
n. 96. 
    1.1.-  La  norma  censurata  approva   il   programma   operativo
straordinario (POS) per la Regione Molise per il triennio  2015-2018,
allegato all'Accordo sancito nella seduta della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e  le  Province  autonome  di
Trento  e  di  Bolzano  del  3  agosto  2016   (Accordo   concernente
l'intervento straordinario per l'emergenza economico-finanziaria  del
Servizio sanitario della Regione Molise  e  per  il  riassetto  della
gestione del Servizio sanitario regionale ai sensi dell'art. 1, comma
604, della legge 23 dicembre 2014, n. 190) e recepito con decreto del
commissario ad  acta  per  l'attuazione  del  piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario della  predetta  Regione  Molise  n.  52  del  12
settembre  2016,  cosi'  disponendo:  «1.  In  considerazione   della
necessita' di assicurare la  prosecuzione  dell'intervento  volto  ad
affrontare la grave  situazione  economico  finanziaria  e  sanitaria
della  regione  Molise  e  a  ricondurre  la   gestione   nell'ambito
dell'ordinata programmazione sanitaria e finanziaria, anche  al  fine
di  adeguare  i  tempi  di  pagamento  al  rispetto  della  normativa
dell'Unione europea, in attuazione di quanto  previsto  dall'articolo
1, commi 604 e 605, della legge 23  dicembre  2014,  n.  190,  tenuto
anche   conto   del   contributo   di   solidarieta'   interregionale
riconosciuto  dalla  Conferenza  delle  regioni  e   delle   province
autonome, di cui al verbale della seduta della Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano del 23 dicembre 2015, nella misura di 30  milioni
di euro per l'anno 2015, di 25 milioni di euro per l'anno 2016  e  di
18 milioni di euro per l'anno 2017: a) il  commissario  ad  acta  per
l'attuazione del piano  di  rientro  dal  disavanzo  sanitario  della
regione Molise da' esecuzione al  programma  operativo  straordinario
2015-2018, allegato all'accordo sancito nella seduta della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano del 3 agosto 2016 (rep. atti n.  155/
CSR) e recepito con decreto del medesimo commissario ad  acta  n.  52
del 12 settembre 2016, che con  il  presente  decreto  e'  approvato,
ferma restando la validita' degli atti e dei provvedimenti adottati e
fatti salvi gli effetti e i rapporti giuridici sorti sulla base della
sua attuazione; [...]». 
    2.- Il TAR Molise - nell'ambito del giudizio di impugnazione  del
POS e dei suoi provvedimenti attuativi  -,  a  fronte  dell'eccezione
della difesa  statale  di  improcedibilita'  del  ricorso  a  seguito
dell'intervento dell'art. 34-bis del d.l. n.  50  del  2017,  solleva
questione di legittimita' costituzionale. 
    Il Collegio remittente premette di avere  rigettato,  nell'ambito
di  precedenti   giudizi,   le   eccezioni   d'improcedibilita'   per
sopravvenuta  carenza  di  interesse   a   seguito   dell'intervenuta
legificazione del POS, interpretando il censurato art. 34-bis come se
avesse recepito e legificato soltanto il contenuto che sopravvive  al
vaglio di validita' di atti e  provvedimenti.  Sennonche',  a  fronte
dell'opposta lettura del citato art. 34-bis adottata dal Consiglio di
Stato - che assume l'improcedibilita' del  ricorso  sull'assunto  che
l'avvenuto recepimento del POS ad opera di una norma di legge statale
priva le parti di ogni interesse a vedere decisi dinanzi  al  giudice
amministrativo i ricorsi giurisdizionali avverso il POS medesimo - si
determina a sollevare questioni di legittimita' costituzionale. 
    2.1.- Viene sostenuta, innanzitutto, la violazione degli artt.  3
e 97 della Costituzione, in quanto, in difformita'  dai  principi  di
ragionevolezza e di  non  contraddizione,  nonche'  dei  principi  di
legalita' e imparzialita' della  pubblica  amministrazione,  verrebbe
recepito  in  norma  di  legge  il  contenuto  di  un   provvedimento
amministrativo che potrebbe essere affetto da vizi di illegittimita'.
Un  particolare   profilo   di   illogicita'   e   contraddittorieta'
deriverebbe dall'inciso «ferma restando la validita' degli atti e dei
provvedimenti adottati  e  fatti  salvi  gli  effetti  e  i  rapporti
giuridici sorti sulla base della sua attuazione», non essendo  chiaro
se, con questa espressione, si affermi che la norma  di  legge  possa
validare anche gli atti e i provvedimenti del tutto illegittimi,  ivi
compresi gli atti attuativi del POS,  ovvero  se  s'intenda  l'esatto
contrario,  vale  a  dire  che  la  validita'  degli   atti   e   dei
provvedimenti recepiti  nella  norma  di  legge  sia  il  presupposto
indefettibile della legificazione e che  gli  effetti  e  i  rapporti
giuridici sorti sulla base dell'attuazione del POS siano fatti  salvi
a condizione che gli atti e i provvedimenti adottati siano validi. 
    In secondo luogo, il Collegio remittente prospetta la  violazione
degli artt. 24, 103 e 113 Cost., anche in relazione agli artt. 6 e 13
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,
reputando  la  norma  censurata  una  legge-provvedimento  diretta  a
«disattivare»  la  tutela  giurisdizionale  avverso  gli   atti   del
commissario  ad  acta  per  l'attuazione  del   piano   di   rientro,
interferendo sulle decisioni dell'autorita' giurisdizionale. 
    La terza questione, infine, riguarda la  violazione  degli  artt.
117, primo e terzo comma, e 120  Cost.,  stante  la  riconducibilita'
della disciplina legislativa in  esame  alla  materia  «tutela  della
salute», spettante alla competenza legislativa concorrente di Stato e
Regioni, materia nella quale alle leggi statali e' riservata la  sola
fissazione dei principi fondamentali. La forza di legge conferita  al
POS comporterebbe inoltre rilevanti interferenze su atti che  nascono
da processi co-decisionali e che non potrebbero essere modificati  da
provvedimenti unilaterali di una delle parti pubbliche, in assenza di
coinvolgimento   dell'altra.   La   violazione   deriverebbe    anche
dall'irragionevole  estromissione  degli   organi   regionali   dalla
funzione di rivedere le proprie leggi nell'ottica degli obiettivi  di
risanamento,  il  che  -  prosegue  il  TAR  Molise  -  non   sarebbe
giustificabile neppure alla luce di esigenze legate al  coordinamento
della finanza pubblica spettante alla legge  statale.  D'altronde,  i
limiti  all'autonomia  legislativa  concorrente  della  Regione   nel
settore della tutela della  salute  e  della  gestione  del  servizio
sanitario, che possono essere imposti alla luce  degli  obiettivi  di
contenimento della spesa pubblica, non potrebbero tuttavia comportare
una   pretermissione   del   momento   consensuale   o   concertativo
inter-istituzionale. 
    3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  questioni  sollevate   siano   dichiarate
inammissibili o infondate. 
    In via preliminare viene evidenziato  che  la  norma  oggetto  di
sindacato risulta adottata, secondo  quanto  si  desume  anche  dalla
relazione tecnica, «in considerazione della necessita' di  assicurare
la  prosecuzione  dell'intervento  volto  ad  affrontare   la   grave
situazione economico-finanziaria e sanitaria della Regione Molise e a
ricondurre  la  gestione  nell'ambito  dell'ordinata   programmazione
sanitaria e finanziaria,  anche  al  fine  di  adeguare  i  tempi  di
pagamento  al  rispetto  della  normativa  dell'Unione  europea,   in
attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, commi 604 e 605, della
legge 23 dicembre 2014, n. 190». 
    Espone   l'Avvocatura   generale   che    gli    interventi    di
riorganizzazione,  riqualificazione  e  potenziamento  del   Servizio
sanitario regionale previsti nell'originario piano di  rientro  della
Regione Molise, avviati nel 2007 e non realizzati nelle dimensioni  e
nei tempi ivi previsti, sono proseguiti e sono stati  aggiornati  con
successivi   programmi   operativi,    adottati    dal    commissario
straordinario ai sensi dell'art. 2, commi 88 e 88-bis, della legge 23
dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)».
Nell'anno 2010, atteso il  persistente  inadempimento  della  Regione
Molise agli obblighi derivanti dal piano di rientro e le  riscontrate
difficolta' nella sua attuazione, e' stata attivata la  procedura  di
cui all'art. 2, comma 84, della legge n.  191  del  2009,  conclusasi
nell'anno 2012 con la  nomina  di  un  commissario  ad  acta,  giusta
delibera del Consiglio dei ministri del 7 giugno  2012.  La  funzione
commissariale  e'  stata  poi  nuovamente  assegnata  al   Presidente
pro-tempore  della  Regione  con  deliberazione  del  Consiglio   dei
ministri  del  21  marzo  2013.  Nonostante  tutti   gli   interventi
straordinari attivati in applicazione della legislazione emergenziale
in materia di piani di  rientro  dai  disavanzi  sanitari,  la  grave
situazione economica e strutturale in cui  continuava  a  versare  il
Servizio  sanitario  regionale  molisano  induceva   il   legislatore
nazionale a stanziare un ulteriore fondo straordinario, nella  misura
massima di 40 milioni di euro (come previsto dall'art. 1, commi 604 e
605, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante: «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2015»), la  cui  erogazione  veniva  condizionata  alla
positiva verifica, da  parte  dei  Tavoli  tecnici  di  monitoraggio,
dell'effettiva attuazione dello specifico Accordo tra lo Stato  e  le
Regioni sancito  nella  Conferenza  permanente  del  3  agosto  2016,
concernente    l'intervento     straordinario     per     l'emergenza
economico-finanziaria del Servizio sanitario della Regione  Molise  e
per  il  riassetto  della  gestione  del  medesimo   Servizio.   Tale
intervento straordinario e' stato  formalizzato  nel  POS  2015/2018,
allegato all'Accordo Stato-Regioni del 3 agosto 2016 e recepito, poi,
con decreto commissariale n. 52 del 2016. 
    E' in questo quadro - sottolinea la difesa statale - che si muove
dunque la misura legislativa censurata,  indirizzata  a  fronteggiare
gli impegni assunti con gli interventi straordinari attivati, al fine
di recuperare la grave situazione economico-finanziaria  e  sanitaria
regionale  e  ricondurre  la   gestione   nell'ambito   dell'ordinata
programmazione sanitaria e  finanziaria,  dando  concreta  attuazione
agli interventi strutturali previsti nel POS. 
    Entrando  nel   dettaglio   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate dal TAR Molise, la difesa dell'interveniente
innanzitutto  valorizza  la  presenza  di  un  accordo   sancito   in
Conferenza permanente.  Con  particolare  riferimento  alla  presunta
violazione degli artt. 3 e 97 Cost., l'attivazione della procedura di
concertazione con le autonomie territoriali sarebbe gia' di  per  se'
indicativa della ragionevolezza del successivo intervento normativo. 
    Quanto alla censura concernente gli artt. 24, 103  e  113  Cost.,
anche in relazione  agli  artt.  16  e  13  CEDU,  sarebbe  anch'essa
destituita di fondamento, perche'  nelle  ipotesi,  quale  quella  in
esame,   di   riconduzione   dell'atto   amministrativo   entro    un
provvedimento  formalmente  legislativo,  la  tutela  giurisdizionale
verrebbe  comunque  garantita,  in  quanto  il  passaggio   dall'atto
amministrativo alla legge implicherebbe solamente un mutamento  delle
forme della tutela giurisdizionale, passando dal giudice  "comune"  a
quello costituzionale. La censura relativa alla  asserita  violazione
dell'art.  103  Cost.,  in  particolare,  sarebbe  inammissibile  per
assoluto difetto di motivazione. 
    Ne', infine, prosegue l'Avvocatura, maggior  pregio  rivestirebbe
il prospettato dubbio di violazione degli artt. 117,  primo  e  terzo
comma, e 120 Cost. 
    Il TAR Molise incorrerebbe, infatti,  in  un  vistoso  errore  di
prospettiva, poiche' censura cio' che in  realta'  sarebbe  l'effetto
necessitato - e pienamente legittimo - non tanto dell'attribuzione al
decreto del commissario ad acta approvativo del POS della forza e del
valore di legge, quanto piuttosto -  a  monte  -  dell'esercizio  dei
poteri  sostitutivi  attribuiti  al  commissario  straordinario   per
l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente
concordato tra lo Stato e la Regione interessata. 
    Sostiene, dunque, l'Avvocatura che nessuna lesione della potesta'
legislativa  concorrente  in  materia  di  tutela  della   salute   e
coordinamento della finanza pubblica assegnata alle Regioni dall'art.
117, terzo comma, Cost., potrebbe derivare  dalla  legificazione  del
POS, ne', tantomeno, alcuna rilevante interferenza  su  un  atto  che
nasce da un processo co-decisionale potrebbe fondatamente  postularsi
quale conseguenza della legificazione, posto che la norma  denunciata
si e' limitata a recepire integralmente i contenuti del  POS,  a  sua
volta approvato  in  Conferenza  Stato-Regioni,  e  cioe'  concertato
proprio con le autonomie territoriali. 
    4.- Con memoria del 24 aprile 2020, depositata il  successivo  26
aprile, si e' costituito l'Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed
IRCCS srl. 
    In punto di fatto, viene segnalato che, per  quanto  riguarda  la
posizione   dell'IRCCS,   ricorrente   nel   giudizio   a   quo,   la
riorganizzazione della rete ospedaliera molisana sarebbe basata su un
presupposto palesemente erroneo, che comporta il riconoscimento di un
numero di posti letto inferiore rispetto  a  quello  effettivo.  Cio'
sarebbe, appunto,  accaduto  con  il  POS  2015-2018,  approvato  con
decreto commissariale  n.  52  del  2016  e  attuato  con  successivi
provvedimenti (decreti del commissario ad acta n. 14 del 28  febbraio
2017, n. 47 del 28 agosto 2017, n. 10 del 16  febbraio  2018),  tutti
impugnati per tale motivo  innanzi  al  TAR  Molise.  Viene  altresi'
ricordato che quest'ultimo, con ordinanza 7 dicembre  2016,  n.  167,
avrebbe preso atto del "mancato coordinamento" del POS con l'atto  di
programmazione 2014,  che  riconosce  all'istituto  156  posti  letto
anziche' i 145 attualmente pianificati. 
    Tanto premesso, aderendo alle motivazioni addotte  dall'ordinanza
di  rimessione   a   sostegno   della   richiesta   declaratoria   di
incostituzionalita', l'IRCCS deduce, in  particolare,  che  la  norma
censurata   sarebbe   ispirata   all'unico   intento,   seppure   non
esplicitato, di incidere direttamente  sulle  decisioni  del  giudice
amministrativo nei giudizi in corso. 
    Inoltre, sarebbe ravvisabile un contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
poiche' non sussisterebbero elementi  in  grado  di  giustificare  il
regime speciale riservato alla Regione Molise. 
    A parere dell'IRCCS, il censurato art. 34-bis violerebbe  inoltre
gli artt. 72 e  73,  terzo  comma,  Cost.,  poiche',  disponendo  una
generica approvazione  del  POS,  renderebbe  dubbio  l'ambito  della
legificazione, con conseguente incertezza sulla  riferibilita'  della
stessa al solo atto presupposto o anche a quelli attuativi. 
    5.- In data 27 aprile 2020 l'IRCCS  ha  depositato  una  memoria,
nella quale - oltre  a  ribadire  le  argomentazioni  precedentemente
sviluppate - sottolinea che il POS  in  esame  e'  stato  oggetto  di
accertamento giudiziale, definito con sentenze di primo grado  valide
ed efficaci, per lo piu' non sospese in via cautelare  dal  Consiglio
di Stato. Pertanto, posto che il giudice amministrativo ha dichiarato
l'illegittimita' (sotto diversi e molteplici profili) del decreto del
commissario ad acta n. 52 del 2016 e dei suoi decreti attuativi e  la
legge provvedimento in esame interviene in modo contrastante con tali
decisioni,   quest'ultima   -   sulla   base    di    una    supposta
sovrapponibilita'   tra   giudicato   e   giudicato    cautelare    -
configurerebbe un'ipotesi «del tutto  assimilabile  al  provvedimento
amministrativo, ex art. 21-septies della legge n. 241 del  1990,  per
elusione o violazione del giudicato». 
    6.- In forza delle nuove modalita' previste dal punto 1), lettera
c), del decreto della Presidente della Corte  costituzionale  del  20
aprile 2020, in data 12  maggio  2020,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato  ha  depositato  brevi  note,  richiamando   integralmente   le
argomentazioni  precedentemente   sviluppate   e,   in   particolare,
soffermandosi sulla «marginalita'» delle  contestazioni  relative  al
contenuto del POS oggetto del giudizio a quo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Molise  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  34-bis
del decreto-legge 24 aprile 2017,  n.  50  (Disposizioni  urgenti  in
materia finanziaria, iniziative a  favore  degli  enti  territoriali,
ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici  e  misure
per lo sviluppo),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  21
giugno 2017, n. 96. 
    La disposizione  approva  il  programma  operativo  straordinario
(POS) per la Regione  Molise  per  il  triennio  2015-2018,  allegato
all'Accordo sancito nella seduta della Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano  del  3  agosto  2016  (Accordo  concernente  l'intervento
straordinario  per  l'emergenza  economico-finanziaria  del  Servizio
sanitario della Regione Molise e per il riassetto della gestione  del
Servizio sanitario regionale ai sensi dell'art. 1, comma  604,  della
legge  23  dicembre  2014,  n.  190)  e  recepito  con  decreto   del
commissario ad  acta  per  l'attuazione  del  piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario della  predetta  Regione  Molise  n.  52  del  12
settembre 2016. 
    1.1.- Il rimettente lamenta, innanzitutto,  la  violazione  degli
artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto la disposizione censurata,
in contrasto con i principi di  ragionevolezza,  non  contraddizione,
legalita' e imparzialita' della pubblica amministrazione, recepirebbe
in norma di legge il contenuto di un provvedimento  amministrativo  -
il POS -  potenzialmente  illegittimo,  con  l'effetto  di  sanare  e
validare, in via postuma, i vizi di quel provvedimento programmatorio
nonche' quelli dei provvedimenti attuativi di esso. 
    Il censurato art. 34-bis violerebbe, inoltre, gli artt. 24, 103 e
113 Cost., «posti anche in relazione agli artt. 6 e 13  della  CEDU»,
in quanto interferirebbe con la funzione  giurisdizionale,  incidendo
sulla risoluzione di controversie in corso aventi ad oggetto  il  POS
legificato. 
    A parere del TAR Molise, infine, il legislatore  statale  avrebbe
violato gli artt. 117, primo e terzo comma, e 120  Cost.,  in  quanto
avrebbe adottato norme di dettaglio in un ambito  riconducibile  alla
materia  della  tutela  della  salute,  spettante   alla   competenza
legislativa concorrente di Stato e Regioni, nella  quale  alle  leggi
dello Stato e' riservata la  fissazione  dei  principi  fondamentali.
Inoltre, il recepimento in  legge  del  POS  renderebbe  quest'ultimo
prevalente sull'Accordo tra Stato e  Regioni,  realizzando  rilevanti
interferenze su atti che nascono  da  processi  co-decisionali.  Tale
intervento  non  sarebbe  giustificabile  neppure   nell'ottica   del
coordinamento della finanza pubblica spettante  alla  legge  statale,
innanzitutto perche', a tenore dell'art. 120, secondo  comma,  ultimo
periodo, Cost., quando il Governo  si  sostituisce  ad  organi  delle
Regioni, la legge deve definire sempre «le procedure atte a garantire
che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del  principio
di sussidiarieta'  e  del  principio  di  leale  collaborazione»;  in
secondo luogo - prosegue il giudice  a  quo  -  se  pure  l'autonomia
legislativa concorrente della Regione nel settore della tutela  della
salute e della gestione del servizio sanitario puo' incontrare limiti
alla luce degli  obiettivi  di  contenimento  della  spesa  pubblica,
tuttavia il momento consensuale  o  concertativo  inter-istituzionale
non puo' essere del tutto pretermesso, restando pur sempre necessario
che la Regione, in qualche modo, si esprima sugli interventi indicati
dai programmi operativi. 
    2.- In via preliminare, occorre considerare il  riferimento  agli
artt. 6 e 13  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, evocati dal giudice remittente  in  quanto  «posti  anche  in
relazione» agli artt. 24, 103 e 113 Cost. 
    La costante giurisprudenza di questa Corte  ha  chiarito  che  le
norme della Convenzione non sono  parametri  direttamente  invocabili
per  affermare  l'illegittimita'  costituzionale  d'una  disposizione
dell'ordinamento nazionale, ma costituiscono norme interposte la  cui
osservanza  e'  richiesta  dall'art.  117,  primo  comma,  Cost.  (ex
plurimis sentenza n. 236 del 2016, ordinanze n. 21 del 2014,  n.  286
del 2012, n. 180 del 2011 e n. 163 del 2010). Il  giudice  remittente
non ha menzionato tale parametro a supporto della  questione  in  cui
sono evocate le disposizioni della CEDU, ma solo, inequivocabilmente,
a supporto dell'ultima  questione,  unitamente  al  terzo  comma  del
medesimo art. 117 Cost. e all'art. 120 Cost. 
    I  riferimenti   alle   norme   convenzionali   devono,   dunque,
considerarsi solo atti a svolgere un ruolo rafforzativo delle censure
(sentenze n. 236 e n. 12 del 2016, ordinanza n. 286 del 2012). 
    3.- Sempre  al  fine  della  perimetrazione  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale, va ricordato che, ai sensi dell'art.  27
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento  della  Corte   costituzionale),   essa   e'   definita
unicamente dall'ordinanza di rimessione (ex multis, sentenze  n.  222
del 2018, n. 327 e n. 50 del 2010). 
    Resta estranea  quindi  all'esame  di  questa  Corte  l'ulteriore
questione  di  legittimita'  costituzionale  proposta   dalla   parte
costituita in giudizio, in riferimento agli  artt.  72  e  73,  terzo
comma, Cost. 
    4.- Non costituisce, invece, impedimento all'esame del merito  la
circostanza che il TAR remittente - dopo aver adottato, in precedenti
giudizi, una lettura della disposizione censurata  secondo  cui  essa
avrebbe  recepito  e  legificato  soltanto  il  contenuto  che  fosse
sopravvissuto   al   vaglio   di   legittimita',   non   determinando
l'improcedibilita'   dei   ricorsi   -   ha    aderito    all'opposta
interpretazione del giudice di appello dell'art. 34-bis (Consiglio di
Stato, sezione terza, sentenza 24 aprile 2018, n. 2501; ordinanze  12
ottobre 2018, n.  4989  e  n.  4988),  sottoponendolo  al  vaglio  di
legittimita' costituzionale. 
    4.1.- Questa Corte,  infatti,  ha  riconosciuto  la  facolta'  di
scelta  del  giudice  di  primo  grado  esposto  all'alternativa   di
adeguarsi,  pur  reputandola  incostituzionale,   all'interpretazione
affermata dal giudice d'appello e non ancora consolidata come diritto
vivente,  o  assumere,  in  contrasto   con   essa,   una   decisione
probabilmente  destinata  ad  essere  riformata.  In  tali   ipotesi,
infatti, «la via della proposizione della questione  di  legittimita'
costituzionale  costituisce  l'unica  via  idonea  ad  impedire   che
continui a trovare applicazione una norma ritenuta costituzionalmente
illegittima» (sempre sentenza n. 240 del 2016). 
    5.- Ai fini dell'esame delle censure e' opportuno  precisare  che
oggetto del giudizio e' senza dubbio una legge-provvedimento  poiche'
- come si e' detto - essa eleva a livello legislativo una  disciplina
gia' oggetto di un atto amministrativo, il POS,  ed  e'  ispirata  da
particolari  esigenze,  identificabili  (in  base  all'incipit  dello
stesso art. 34-bis) nella necessita' di «assicurare  la  prosecuzione
dell'intervento volto ad affrontare  la  grave  situazione  economico
finanziaria  e  sanitaria  della  regione  Molise».  Essa   contiene,
pertanto, disposizioni che hanno contenuto particolare e concreto, in
quanto  recepiscono,  appunto,  il  contenuto  del  Programma,  cosi'
investendo le strutture sanitarie regionali. 
    Si tratta di un esercizio del potere legislativo che in linea  di
principio  questa  Corte  ha  sempre  ritenuto  non  contrario   alla
Costituzione, sul presupposto che  le  leggi-provvedimento  non  sono
incompatibili, in se' e per se', con l'assetto  dei  poteri  in  essa
stabilito (sentenze n. 181 del 2019 e n. 85 del  2013);  esse  devono
pero'  soggiacere  ad   un   rigoroso   scrutinio   di   legittimita'
costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 182 del 2017, n. 85 del 2013
e n. 20 del 2012). La loro legittimita' costituzionale  «deve  essere
"valutata in relazione al loro specifico contenuto" (sentenze n.  275
del 2013, n. 154 del 2013 e n. 270 del 2010), "essenzialmente sotto i
profili della non arbitrarieta' e della  non  irragionevolezza  della
scelta del legislatore (sentenza n. 288 del 2008)"» (sentenza n.  181
del 2019). 
    6.- La questione e' fondata. 
    6.1.- Di fatto la tematica  negli  ultimi  tempi  e'  emersa  con
frequenza nel vagliare la  legittimita'  delle  leggi  regionali  che
avevano  provveduto  in  luogo  dell'amministrazione,   come   invece
prevedeva il legislatore nazionale. 
    In questi casi la Corte, nel sanzionare l'intervento  legislativo
regionale, non si e' limitata a prendere atto del  contrasto  con  il
principio fondamentale formulato dalla legge  statale,  ma  ha  anche
valorizzato  il  ruolo   svolto   dal   procedimento   amministrativo
nell'amministrazione partecipativa disegnata  dalla  legge  7  agosto
1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi). 
    Il portato delle numerose pronunce in materia e' stato di recente
puntualizzato  nel   senso   che   il   procedimento   amministrativo
costituisce il luogo elettivo di  composizione  degli  interessi,  in
quanto «[e'] nella sede procedimentale [...] che puo' e deve avvenire
la  valutazione  sincronica  degli  interessi  pubblici  coinvolti  e
meritevoli di tutela, a confronto sia con  l'interesse  del  soggetto
privato operatore  economico,  sia  ancora  (e  non  da  ultimo)  con
ulteriori  interessi  di  cui  sono  titolari  singoli  cittadini   e
comunita',  e  che  trovano  nei  principi  costituzionali  la   loro
previsione e tutela. La struttura  del  procedimento  amministrativo,
infatti, rende possibili  l'emersione  di  tali  interessi,  la  loro
adeguata prospettazione, nonche'  la  pubblicita'  e  la  trasparenza
della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art.  1
della legge 7 agosto 1990,  n.  241[...]:  efficacia,  imparzialita',
pubblicita' e trasparenza. Viene in  tal  modo  garantita,  in  primo
luogo, l'imparzialita' della scelta, alla stregua dell'art. 97 Cost.,
ma poi anche il perseguimento, nel modo piu'  adeguato  ed  efficace,
dell'interesse  primario,  in  attuazione  del  principio  del   buon
andamento dell'amministrazione, di cui allo  stesso  art.  97  Cost.»
(sentenza n. 69 del 2018). 
    7.-  L'insistente  valorizzazione  delle  modalita'   dell'azione
amministrativa e dei  suoi  pregi  non  puo'  evidentemente  rimanere
confinata nella sfera dei dati di fatto, ma  deve  poter  emergere  a
livello  giuridico-formale,  quale  limite  intrinseco  alla   scelta
legislativa, pur senza mettere in discussione il tema della  "riserva
di amministrazione" nel nostro ordinamento. 
    In effetti, se la materia, per la  stessa  conformazione  che  il
legislatore le ha dato,  si  presenta  con  caratteristiche  tali  da
enfatizzare il rispetto  di  regole  che  trovano  la  loro  naturale
applicazione nel procedimento amministrativo, cio' deve essere tenuto
in conto nel  vagliare  sotto  il  profilo  della  ragionevolezza  la
successiva scelta legislativa, pur tipicamente discrezionale,  di  un
intervento normativo diretto. 
    8.- L'applicazione di questo criterio al caso in esame  induce  a
concludere nel senso della  irragionevolezza  della  disposizione  in
questione. 
    9.- Non vi e' dubbio infatti che  l'oggetto  della  legificazione
abbia  tutte  le  caratteristiche  di  una  materia   ragionevolmente
inquadrabile fra quelle naturaliter amministrative,  come  del  resto
ritenuto dallo stesso legislatore statale del 2014. 
    Si e' ricordato che la disciplina legificata era contenuta in  un
atto generale di pianificazione, e quindi dalle rilevanti ricadute su
tutte o gran parte delle strutture sanitarie regionali. Le scelte  da
effettuare, destinate  a  riverberarsi  sulla  salute  dei  cittadini
molisani,  richiedevano,  dunque,  al   massimo   grado   un'adeguata
conoscenza di dati di fatto complessi e di non facile  lettura,  dati
che solo una istruttoria amministrativa  approfondita,  e  arricchita
dalla partecipazione degli enti interessati, poteva garantire. 
    Non e' un caso dunque che il contenzioso da cui prende  le  mosse
la questione di legittimita' costituzionale in esame  sia  incentrato
sulla mancata  partecipazione  all'istruttoria  e  sulla  conseguente
inadeguatezza della stessa. 
    10.- La complessita' delle scelte e il numero degli interessi  in
gioco fanno presumere un ampio ricorso ad un  contenzioso  di  questo
tipo, e del resto, e' essenzialmente per esorcizzare  questo  rischio
che e' stata emanata la legge in questione, secondo la  condivisibile
lettura del Consiglio di Stato,  che,  sulla  base  dell'art.  34-bis
censurato, ha concluso nel senso della inammissibilita'  dei  ricorsi
proposti  avverso  il  provvedimento  per  sopravvenuta  carenza   di
interesse (Consiglio di Stato,  sezione  terza,  sentenza  24  aprile
2018, n. 2501). 
    10.1.-  Cio',  fra  l'altro,  riconduce  l'intervento   normativo
nell'ambito delle leggi di sanatoria,  in  quanto  inteso  a  fornire
"copertura legislativa" a precedenti atti amministrativi (sentenza n.
356 del 1993 e ordinanza n. 352 del 2006); leggi in ordine alle quali
questa Corte ha affermato che non sono costituzionalmente precluse in
via  di  principio,  ma  che  «tuttavia,   trattandosi   di   ipotesi
eccezionali, la loro giustificazione deve  essere  sottoposta  a  uno
scrutinio particolarmente rigoroso» (sentenza n. 14 del 1999). 
    11.- Il richiamo ad un maggior rigore mette in evidenza una delle
caratteristiche  dell'azione  amministrativa  che   e'   stata   gia'
apprezzata in termini generali, e cioe' l'esistenza di un  successivo
vaglio giurisdizionale (sentenze n. 258 del 2019 e n. 20  del  2012);
vaglio necessario a  maggior  ragione  in  presenza  di  un'attivita'
amministrativa gia' svolta e successivamente legificata, in  cui  una
diminuzione di tutela delle situazioni soggettive incise  dall'azione
amministrative e' in re ipsa ed e' nella specie conclamata. 
    E se e' vero che in linea di principio la tutela giudiziaria  non
viene meno per il trasferimento del  contenzioso  alla  giurisdizione
costituzionale (cosi', anche di recente, sentenza n. 2 del 2018),  e'
anche vero che non puo' non considerarsi che in casi come  quello  in
esame vengano in rilievo mancanze, quali il difetto di partecipazione
degli  interessati,  che  non  si  potrebbero   addebitare   all'atto
legislativo,  in  quanto  fisiologicamente   estranee   al   relativo
procedimento. 
    12.- In sostanza la qualificazione da parte  del  legislatore  di
una materia come tipicamente amministrativa ha  una  sua  inevitabile
proiezione anche sulla fase  successiva  al  varo  della  disciplina,
poiche' e' destinata a produrre un contenzioso altrettanto specifico,
centrato  sul  rispetto  delle  regole   proprie   del   procedimento
amministrativo e sulle relative mancanze. Questo  contenzioso  a  sua
volta  costituisce  il  naturale  oggetto  del  vaglio  del   giudice
amministrativo,  al  quale  e'  riconosciuta  la   possibilita'   «di
spingersi  "oltre"  la  rappresentazione  dei   fatti   forniti   dal
procedimento  (l'art.  64  del  codice  del  processo  amministrativo
contiene  una  traccia,  sia  pure   incompiuta,   degli   oneri   di
contestazione, di allegazione, di  prova  necessari  ad  ordinare  in
forma sequenziale un giudizio  esteso  al  rapporto),  in  quanto  al
giudice compete l'accertamento del fatto  senza  essere  vincolato  a
quanto rappresentato nel provvedimento (Consiglio di Stato,  sentenza
25 febbraio 2019, n. 1321)». 
    Ne' e' irrilevante che il controllo in questione  sia  volto  non
solo  a  sanzionare  con  l'annullamento  l'attivita'  amministrativa
illegittima, ma  anche  a  conformare  l'attivita'  stessa  cosi'  da
renderla  pienamente   rispettosa   dei   principi   di   efficienza,
imparzialita' e trasparenza costituzionalizzati dall'art. 97 Cost. 
    Senza contare che la  legificazione  del  provvedimento  comporta
anche l'inevitabile perdita della  naturale  elasticita'  dell'azione
amministrativa, che trova nel potere di  autotutela  una  fisiologica
risposta alle necessita' di riesame del  provvedimento  (sentenze  n.
258 del 2019 e n. 20 del 2012). 
    13.- E' pertanto alla stregua degli artt. 3 e 97  Cost.,  che  si
deve  concludere  per  l'accoglimento   della   questione,   restando
assorbiti i rimanenti parametri evocati dal rimettente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  34-bis  del
decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in  materia
finanziaria, iniziative a favore degli enti  territoriali,  ulteriori
interventi per le zone colpite da eventi  sismici  e  misure  per  lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017,
n. 96. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA