N. 142 SENTENZA 26 maggio - 8 luglio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposte e tasse - Societa' - Cancellazione dal registro delle imprese
  -   Differimento   quinquennale   degli   effetti   dell'estinzione
  societaria con riguardo  ai  soli  rapporti  con  l'amministrazione
  finanziaria - Denunciata ingiustificata disparita'  di  trattamento
  rispetto agli altri creditori sociali ed eccesso di  delega  -  Non
  fondatezza delle questioni. 
- Decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4. 
- Costituzione, artt. 3 e 76. 
(GU n.29 del 15-7-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  28,  comma
4, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175  (Semplificazione
fiscale e dichiarazione dei  redditi  precompilata),  promosso  dalla
Commissione tributaria  provinciale  di  Benevento  nel  procedimento
vertente  tra  G.  L.  in  proprio  e  quale  ex  socio   unico,   ex
amministratore ed ex liquidatore della TRE ELLE srl e l'Agenzia delle
entrate - Direzione provinciale di Benevento, con  ordinanza  del  13
marzo 2019,  iscritta  al  n.  142  del  registro  ordinanze  2019  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  il  Giudice  relatore  Franco  Modugno  nella  camera   di
consiglio del 26 maggio 2020,  svolta  ai  sensi  del  decreto  della
Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a); 
    deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 13 marzo 2019 (r. o. n.  142  del
2019), la Commissione tributaria provinciale (CTP)  di  Benevento  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.  28  del
decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175 (Semplificazione fiscale
e dichiarazione dei redditi precompilata), in riferimento agli  artt.
3 e 76 della Costituzione. 
    Il rimettente dubita della legittimita' costituzionale  dell'art.
28 del citato d.lgs. n.175 del 2014, il quale, nel disporre che «[a]i
soli  fini  della  validita'   e   dell'efficacia   degli   atti   di
liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei  tributi  e
contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della societa' di  cui
all'articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque  anni
dalla  richiesta  di  cancellazione  del  Registro  delle   imprese»,
differirebbe l'efficacia dell'estinzione della societa' con  riguardo
ai soli rapporti con l'amministrazione finanziaria e farebbe rivivere
per un lungo lasso di tempo un soggetto estinto. 
    Cosi' operando,  la  norma,  per  un  verso,  determinerebbe  una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento   tra   l'amministrazione
finanziaria e gli altri creditori sociali  e,  per  l'altro,  sarebbe
affetta da eccesso di delega, trattandosi di  intervento  che  eccede
dal  perimetro  delle  misure  finalizzate   all'eliminazione   degli
adempimenti superflui o di scarsa  utilita',  previste  dalla  delega
conferita dalle Camere con l'art. 7 della legge 11 marzo 2014, n.  23
(Delega al Governo recante disposizioni per un sistema  fiscale  piu'
equo, trasparente e orientato alla crescita). 
    1.1.- La CTP di Benevento premette che la  vicenda  trae  origine
dal contenzioso tributario tra l'Agenzia delle Entrate e la  societa'
TRE ELLE srl, la quale, a seguito della chiusura della  procedura  di
liquidazione volontaria, chiedeva la cancellazione dal registro delle
imprese in data 5 agosto 2017, cancellazione successivamente eseguita
in data 22 agosto 2017. 
    L'Agenzia delle entrate  -  Direzione  provinciale  di  Benevento
notificava  alla  suindicata  societa'  in  data  7  dicembre   2017,
successivamente quindi all'avvenuta cancellazione  della  stessa  dal
registro delle imprese, alcuni avvisi con cui venivano accertati  per
i periodi di imposta 2013 e 2014 maggiori tributi a titolo di imposta
sui redditi delle societa' (IRES), imposta regionale sulle  attivita'
produttive (IRAP) e  imposta  sul  valore  aggiunto  (IVA),  oltre  a
sanzioni e interessi. 
    1.2.- In fatto,  il  giudice  a  quo  riporta  che,  con  ricorso
depositato in data 14 febbraio 2018, G. L., sia  in  proprio  sia  in
quanto ex socio, ex amministratore ed ex liquidatore  della  societa'
TRE ELLE srl, faceva valere  la  nullita'  degli  avvisi,  in  quanto
emessi in epoca successiva  alla  cancellazione  della  societa'  dal
registro delle imprese  e,  quindi,  nei  confronti  di  un  soggetto
giuridico inesistente. 
    1.3.-  In  punto  di   rilevanza,   la   Commissione   tributaria
provinciale di Benevento deduce che, in caso  di  accoglimento  della
questione, e in linea con la giurisprudenza di legittimita' formatasi
precedentemente  all'introduzione  della  norma  censurata,  dovrebbe
considerarsi nullo l'avviso di  accertamento,  in  quanto  notificato
alla societa' successivamente alla  cancellazione  della  stessa  dal
registro delle imprese. 
    1.4.-  Sulla  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni,  il
giudice a quo rileva che differire l'efficacia dell'estinzione  della
societa'  con  riguardo  ai  soli  rapporti   con   l'amministrazione
finanziaria, facendo rivivere per un lungo lasso di tempo un soggetto
estinto,  determina  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento
rispetto agli altri creditori  sociali.  Riguardo  a  questi  ultimi,
infatti,  l'estinzione   della   societa'   coincide   con   la   sua
cancellazione  dal  registro  delle  imprese  e  risulta  irrilevante
l'esistenza di eventuali debiti societari, rapporti  non  definiti  o
procedimenti ancora pendenti. 
    1.5.-  Sotto  altro  profilo,  il  legislatore  delegato  sarebbe
incorso anche in un eccesso di delega, in quanto la scelta di rendere
inefficace    nei    confronti    dell'amministrazione    finanziaria
l'intervenuta estinzione di un soggetto giuridico non potrebbe  farsi
rientrare  tra   le   misure   finalizzate   all'eliminazione   degli
adempimenti superflui o di scarsa utilita', ai quali, invece,  faceva
riferimento la delega contenuta nell'art. 7 della  legge  n.  23  del
2014, richiamato dallo stesso d.lgs. n. 175 del 2014. 
    1.6.- Il giudice a quo rileva che dubbi analoghi sarebbero  stati
espressi anche dalla Corte di cassazione, sezione quinta, sentenza 24
aprile 2015, n. 6743, che  tuttavia  avrebbe  omesso,  a  parere  del
rimettente, di sollevare questione di legittimita' costituzionale  in
ragione  della  ritenuta  inapplicabilita',  ratione  temporis,  alla
fattispecie di causa dell'art. 28, comma 4, del  d.lgs.  n.  175  del
2014. 
    1.7.- Ritiene da ultimo il rimettente che «la norma in  questione
[non]  appare  prestarsi,  per  il  chiaro   tenore   letterale,   ad
interpretazioni costituzionalmente orientate». 
    2.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate. 
    2.1.- Con  riferimento  al  profilo  di  incostituzionalita'  per
violazione del principio di uguaglianza, il Presidente del  Consiglio
dei ministri rileva che la «"sopravvivenza fiscale"  della  societa'»
consente al fisco di «provvedere al recupero del proprio credito,  in
maniera uniforme a quanto previsto per le societa'  che  non  abbiano
richiesto la propria cancellazione». 
    Secondo la  difesa  statale,  infatti,  in  assenza  della  norma
censurata, i termini previsti dalla normativa  civilistica  sarebbero
cosi' stringenti da impedire, di fatto, o, comunque sia,  da  rendere
eccessivamente  gravosa,  l'attivita'  di  controllo  prevista  dalla
normativa fiscale. 
    Del resto, la discrasia tra la  normativa  civilistica  e  quella
tributaria sarebbe da imputare alle diverse finalita' che la prima si
prefigge rispetto alla seconda, «come  sembra  confermare  la  stessa
relazione illustrativa al decreto semplificazioni». 
    In  altri  termini,  la   norma   sottoposta   a   scrutinio   di
costituzionalita'   sarebbe   per    l'amministrazione    finanziaria
necessaria per svolgere, «nel rispetto dei principi di  imparzialita'
e buon andamento  di  cui  all'articolo  97  della  Costituzione,  le
ordinarie attivita' a cui la stessa e' demandata». 
    Al riguardo la difesa statale  rileva  come,  prima  che  venisse
adottato  l'art.  28,  comma  4,  del  d.lgs.  n.   175   del   2014,
l'amministrazione finanziaria si trovava spesso nella  situazione  di
dover concentrare le proprie attivita' di controllo in un tempo assai
ridotto, rispetto a quello ordinariamente previsto per le imprese  in
attivita', tanto  che  tale  «situazione  determinava  di  fatto  una
differenza ingiustificata di trattamento di situazioni simili». 
    A supporto di  tale  affermazione,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ricorda come il termine previsto  per  la  presentazione  delle
dichiarazioni ai fini delle imposte dirette, pari  all'ultimo  giorno
del nono mese successivo alla chiusura della liquidazione  stessa  o,
nel caso sia prescritto in via telematica, al deposito  del  bilancio
finale  di  liquidazione,  va  di  la'  dal  termine  previsto  dalla
normativa  civilistica  per  la  cancellazione  dal  registro   delle
imprese.   In    assenza    della    norma    censurata,    pertanto,
l'amministrazione finanziaria avrebbe un lasso di tempo  ridotto  per
effettuare  nei  tempi  prescritti  i  necessari  controlli,  e  tali
attivita' ricadrebbero, comunque sia, «in un momento successivo  alla
presentazione   della   dichiarazione,   e    quindi    a    societa'
presumibilmente ormai estinta». 
    La  norma  censurata  ha,  pertanto,  uniformemente  disciplinato
situazioni simili, poiche' ha equiparato  l'attivita'  amministrativa
di controllo dell'operato delle imprese in stato  di  liquidazione  a
quella riguardante le altre societa', cosi'  rimovendo  -  come,  del
resto, risulterebbe anche dalla  relazione  illustrativa  al  decreto
semplificazioni  -  la  disparita'  di  trattamento  che  era  invece
determinata dall'applicazione della disciplina civilistica. 
    In aggiunta, l'Avvocatura generale  dello  Stato  deduce  che  la
concentrazione dei controlli e delle eventuali  azioni  di  recupero,
determinata  dai  termini  previsti  dalla  disciplina   civilistica,
avrebbe comportato un dispendio di risorse non  sempre  giustificato,
con  «evidenti  effetti   anche   sull'efficacia   e   l'economicita'
dell'azione amministrativa».  A  tal  fine,  pertanto,  la  normativa
censurata impedirebbe, in punto di fatto, che la  pretesa  creditoria
dell'amministrazione finanziaria sia convogliata solo verso una parte
dei contribuenti, in violazione del  principio  di  cui  all'art.  53
Cost. 
    2.2.- Riguardo alla violazione dell'art. 76  Cost.,  l'Avvocatura
generale dello Stato, rileva come, dal combinato disposto degli artt.
1, comma 1, lettera c) e 7, comma 1, lettera b), della  legge  n.  23
del 2014, il Governo sia «stato delegato a provvedere alla "revisione
degli adempimenti che risultino di scarsa utilita'"», anche  mediante
«la   "definizione   di   una   disciplina   unitaria   degli    atti
dell'amministrazione finanziaria"». 
    A questi fini sarebbe stato introdotto l'art. 28,  comma  4,  del
d.lgs. n. 175  del  2014,  il  quale  si  riferisce  ad  un  istituto
civilistico, ossia  l'estinzione  automatica  dopo  la  cancellazione
della societa' dal registro delle imprese, la cui  efficacia  sarebbe
di   ostacolo   all'attivita'    di    controllo    e    accertamento
dell'amministrazione tributaria e, pertanto, «ben  peggiore  che  una
mera scarsa utilita'». 
    Rileva, infatti, la difesa dello Stato che  gli  obiettivi  posti
dalla  delega   riguarderebbero   non   soltanto   la   riduzione   e
l'eliminazione degli adempimenti superflui a carico dei contribuenti,
ma in generale «il raggiungimento di un sistema  fiscale  piu'  equo,
trasparente ed orientato alla crescita attraverso il perseguimento di
una  maggiore  coerenza  ed  uniformita'  dell'esercizio  dei  poteri
tributari». 
    In questa prospettiva, l'art. 28  del  d.lgs.  n.  175  del  2014
rispetterebbe tutti gli obiettivi  fissati  dalla  legge  di  delega,
poiche' detterebbe una serie  di  previsioni  finalizzate,  sia  alla
semplificazione  di  alcuni  oneri  amministrativi  a  carico   delle
imprese, in linea con quanto previsto dall'art. 1, comma,1 lettera b)
e dall'art. 7, comma 1, lettere a) e b) della legge n. 23  del  2014,
sia alla  razionalizzazione  di  alcuni  strumenti  di  contrasto  ai
fenomeni di frode ed evasione fiscale, in linea con  quanto  previsto
dall'art. 1, comma 1, lettere a) e c) della medesima legge. Su questa
linea si collocano le previsioni,  di  cui  ai  commi  4  e  5  della
disposizione censurata, con le quali  si  prevede  un  rafforzamento,
rispetto  alla  previgente  disciplina,  dei  poteri  a  disposizione
dell'amministrazione finanziaria  nei  confronti  delle  imprese  che
hanno formalmente concluso la procedura di liquidazione. 
    Con specifico riguardo all'art. 28, comma 4, del  d.lgs.  n.  175
del 2014, si rileva come esso persegua una duplice finalita': per  un
verso, consente la pianificazione e il potenziamento delle  attivita'
di recupero e controllo delle societa' in liquidazione,  seguendo  le
stesse modalita' e tempistiche previste per  le  altre  imprese;  per
l'altro, salvaguarda le stesse societa' cancellate dal registro delle
imprese, le quali  non  vengono  cosi'  gravate  dalle  attivita'  di
controllo e recupero che subirebbero nella  fase  di  chiusura  della
liquidazione. 
    2.3.- Aggiunge l'Avvocatura generale dello  Stato  che  la  norma
censurata, permettendo, peraltro, all'amministrazione  di  rivolgersi
direttamente alla societa' cancellata e non al liquidatore, a  titolo
risarcitorio, e ai soci, nei limiti del ricevuto, solleva gli  uffici
finanziari dall'onere della prova sul nesso tra il mancato  pagamento
del tributo  e  il  pagamento  di  crediti  non  tributari  di  grado
inferiore da parte del liquidatore o l'assegnazione di bene  ai  soci
in dispetto dall'obbligo tributario. In tal modo,  dunque,  la  norma
ripristinerebbe una situazione di parita' tra l'amministrazione e  il
contribuente,  «la  cui  decisione  di  cancellarsi  determin[erebbe]
altrimenti l'insorgere di oneri particolarmente gravosi  in  funzione
del recupero del credito». 
    2.4.- In conclusione, la difesa statale pone in evidenza come  la
prospettata  interpretazione   costituzionalmente   orientata   della
disposizione censurata sarebbe non irragionevole, poiche'  attraverso
essa risulterebbe che, cosi' interpretato, l'art. 28,  comma  4,  del
d.lgs. n. 175 del 2014, non solo garantirebbe il rafforzamento  delle
attivita'  di   controllo   e   recupero   fiscale,   ma,   ribadisce
l'Avvocatura, avrebbe altresi' una duplice finalita'. 
    Per un verso, equiparerebbe il trattamento fiscale delle societa'
in liquidazione a quello previsto dalla legge per le altre  societa',
in quanto la disciplina disposta dall'art. 2495, secondo comma,  cod.
civ., funzionale a garantire in tempi brevi e certi la  realizzazione
degli  effetti  della  cancellazione  dal  registro  delle   imprese,
renderebbe di difficile realizzazione i  controlli  e  le  azioni  di
recupero fiscale, regolati dalle disposizioni  che  ne  prevedono  lo
sviluppo e, a volte, l'avvio in tempi successivi  a  quelli  previsti
dalla disciplina  civilistica  dell'estinzione  delle  societa'.  Per
l'altro, razionalizzerebbe il trattamento fiscale delle  societa'  in
stato di liquidazione in linea con i principi e i  criteri  direttivi
stabiliti dalla legge n. 23  del  2014,  cosi'  evitando  particolari
turbative ai contribuenti, conseguenti alla necessaria concentrazione
dei controlli nel periodo ordinario di  scioglimento  e  liquidazione
della societa', con «evidenti effetti benevoli anche  in  termini  di
semplificazione,    efficacia     ed     economicita'     dell'azione
amministrativa». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria provinciale di Benevento (ordinanza
r. o. n. 142 del 2019) censura l'art. 28 del decreto  legislativo  21
novembre 2014, n. 175 (Semplificazione fiscale  e  dichiarazione  dei
redditi precompilata), sebbene i dubbi di legittimita' costituzionale
riguardino, invero, il solo comma 4 del  citato  art.  28,  il  quale
prevede che, «[a]i soli fini della validita' e  dell'efficacia  degli
atti di liquidazione, accertamento,  contenzioso  e  riscossione  dei
tributi  e  contributi,  sanzioni  e  interessi,  l'estinzione  della
societa' di cui  all'articolo  2495  del  codice  civile  ha  effetto
trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione  del  Registro
delle imprese», e per la sola  parte  in  cui  tale  disposizione  fa
riferimento ai tributi, alle sanzioni e agli interessi e non anche ai
contributi. E' esclusivamente all'art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 174
del 2015, nella parte relativa ai tributi (e relativi accessori) che,
per cio', le questioni vanno delimitate. 
    Secondo il giudice a quo, la disposizione  censurata,  differendo
l'efficacia dell'estinzione delle societa'  cancellate  dal  registro
delle imprese con riguardo ai  soli  rapporti  con  l'amministrazione
finanziaria e facendo, cosi', rivivere per un lungo lasso di tempo un
soggetto   estinto,   violerebbe   innanzitutto   l'art.   3    della
Costituzione, poiche' determinerebbe una ingiustificata disparita' di
trattamento tra l'amministrazione finanziaria e gli  altri  creditori
sociali. Sarebbe del pari violato l'art.  76  Cost.,  trattandosi  di
intervento  che  eccede  dal  perimetro  delle   misure   finalizzate
all'eliminazione degli adempimenti superflui o  di  scarsa  utilita',
indicate dalla delega conferita dalle Camere con l'art. 7 della legge
11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni  per  un
sistema fiscale piu' equo, trasparente e orientato alla crescita) 
    2.- Le questioni non sono fondate. 
    3.- Quanto alla  censura  di  violazione  dell'art.  76  Cost.  -
logicamente prioritaria, poiche' incidente sul piano delle fonti - la
giurisprudenza di questa Corte e' costante nel ritenere che la delega
legislativa  non  esclude  ogni  discrezionalita'   del   legislatore
delegato, la quale puo' essere piu' o meno  ampia,  in  relazione  al
grado  di  specificita'  dei  criteri  fissati  nella  legge  delega:
pertanto, per valutare se  il  legislatore  abbia  ecceduto  da  tali
margini di  discrezionalita',  occorre  individuare  la  ratio  della
delega, per verificare se la norma delegata sia con  questa  coerente
(ex plurimis, sentenze n. 96 del 2020 e n. 10 del 2018). 
    In particolare, l'art. 76 Cost.  non  impedisce  l'emanazione  di
norme che rappresentino un coerente sviluppo e, se del caso, anche un
completamento  delle  scelte  espresse  dal  legislatore   delegante,
dovendosi escludere che la  funzione  del  legislatore  delegato  sia
limitata ad una mera scansione linguistica delle previsioni stabilite
dal  primo.  Di  conseguenza,  neppure   l'assenza   di   un'espressa
previsione  del  legislatore  delegante  puo'   impedire,   a   certe
condizioni, l'adozione di norme da parte del delegato, trattandosi in
tal caso di verificare che le scelte di  quest'ultimo  non  siano  in
contrasto con gli indirizzi generali della legge delega (sentenze  n.
79 del 2019, n. 212 del 2018 e n. 278 del 2016). 
    La verifica della conformita' della  norma  delegata  alla  norma
delegante postula, in definitiva, un confronto tra gli esiti  di  due
processi  ermeneutici  paralleli,  l'uno  relativo  alla  norma   che
determina l'oggetto, i principi e i criteri direttivi  della  delega;
l'altro relativo alla norma delegata, da interpretare nel significato
compatibile con questi ultimi (sentenze n. 96 del 2020,  n.  170  del
2019 e n. 198 del 2018). 
    3.1.- Per quanto attiene piu'  specificamente  all'odierno  thema
decidendum, coglie nel segno il rimettente quando rileva  che  l'art.
28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014 non puo'  essere  considerato
come attuazione delle previsioni di cui al comma 1 dell'art. 7  della
legge n. 23 del 2014, in quanto la disciplina introdotta dalla  norma
censurata non puo' ritenersi volta alla revisione dei regimi  fiscali
(lettera a) o all'eliminazione degli adempimenti  superflui  (lettera
b), ne', tantomeno, alla revisione delle funzioni  dei  sostituti  di
imposta, dei  centri  di  assistenza  fiscale  e  degli  intermediari
fiscali (lettera c), sui quali verte  la  citata  disposizione  della
legge di delega. 
    3.2.- Se, alla luce del richiamato orientamento di questa  Corte,
la verifica di conformita' deve essere condotta in  riferimento  agli
indirizzi  generali  della  delega,  la  circostanza  che  la   norma
censurata non trovi copertura in una singola disposizione della legge
di delega non  e'  motivo,  di  per  se'  sufficiente,  per  ritenere
integrata  la  violazione  dell'art.  76  Cost.  La  valutazione   di
conformita' deve essere condotta, infatti, mediante uno scrutinio che
tenga conto della delega nella sua globalita' e  che,  pertanto,  non
deve neppure considerarsi limitato alle sole disposizioni della legge
di delega richiamate espressamente nel decreto delegato. 
    3.3.- Cio' posto, ai fini  del  presente  scrutinio,  vengono  in
rilievo i principi e i criteri direttivi di cui agli artt.  1,  comma
1, lettere a) e c), e 3, comma 1, lettera a), della legge n.  23  del
2014, dai quali risulta che il legislatore ha delegato il Governo  ad
adottare misure volte a uniformare,  tendenzialmente,  la  disciplina
delle obbligazioni  tributarie  (art.  1,  comma  1,  lettera  a),  a
razionalizzare i poteri dell'amministrazione  finanziaria  anche  con
riguardo alla disciplina della efficacia e validita'  degli  atti  di
accertamento (art. 1, comma  1,  lettera  c)  e  a  razionalizzare  e
sistematizzare  la  disciplina  dell'attuazione  e  dell'accertamento
relativa alla generalita' dei tributi (art. 3, comma 1,  lettera  a),
al fine di apportare «uniformita' e chiarezza nella definizione delle
situazioni giuridiche soggettive attive e passive dei contribuenti  e
delle funzioni e dei procedimenti amministrativi» (art. 3, comma 1). 
    Alla luce delle citate disposizioni, fra i contenuti della delega
si delinea un obiettivo  di  generale  razionalizzazione  dell'azione
amministrativa, in materia di attuazione e accertamento dei  tributi,
al fine di  agevolare  la  definizione  delle  situazioni  giuridiche
soggettive attive e passive dei contribuenti. 
    3.4.- Cosi' individuati i contenuti della delega, per valutare la
conformita' ad essi dell'art. 28, comma 4,  del  d.lgs.  n.  175  del
2014, occorre muovere dalla considerazione che  tale  disposizione  -
nello stabilire che «[a]i soli fini della validita' e  dell'efficacia
degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso  e  riscossione
dei tributi e contributi, sanzioni e  interessi,  l'estinzione  della
societa' di cui  all'articolo  2495  del  codice  civile  ha  effetto
trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione  del  Registro
delle  imprese»  -  si  inserisce,  derogandola,   nella   disciplina
civilistica della cancellazione delle  societa'  dal  registro  delle
imprese. 
    3.5.-  Riguardo  a   quest'ultima,   e'   necessario   brevemente
rammentare che, ponendo fine ad un annoso  dibattito,  l'art.  4  del
decreto legislativo 17 gennaio 2003, n.  6  (Riforma  organica  della
disciplina delle societa' di  capitali  e  societa'  cooperative,  in
attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366)  ha  riscritto  l'art.
2495 cod. civ., il quale, per cio' che qui rileva, al  secondo  comma
prevede che, «[f]erma restando l'estinzione della societa',  dopo  la
cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far  valere
i loro crediti nei confronti dei soci, fino  alla  concorrenza  delle
somme da questi riscosse in base al bilancio finale di  liquidazione,
e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento e' dipeso da
colpa di  questi.  La  domanda,  se  proposta  entro  un  anno  dalla
cancellazione, puo' essere  notificata  presso  l'ultima  sede  della
societa'». 
    3.6.- Sulla citata disposizione sono intervenute le sezioni unite
della Corte di cassazione, le quali, per un verso, hanno chiarito che
la cancellazione dal registro delle imprese determina  in  ogni  caso
l'estinzione delle societa'  di  capitali,  ritenendo,  peraltro,  la
norma  estensibile  anche  alle  societa'  di   persone   (Corte   di
cassazione, sezioni unite civili, sentenze 22 febbraio 2010, n. 4060,
n. 4061 e n. 4062); per l'altro, che l'estinzione della  societa'  si
produce anche qualora rimangano  debiti  insoddisfatti,  poiche',  in
tale evenienza, i creditori potranno far  valere,  comunque  sia,  le
loro  ragioni  nei  confronti  dei   soci,   considerati   successori
universali seppur sui generis, e, se  in  colpa,  nei  confronti  dei
liquidatori (Corte di cassazione, sezioni unite civili,  sentenze  12
marzo 2013, n. 6070, n. 6071 e n. 6072). Si e' inoltre affermato, con
le medesime pronunce, che, dopo l'estinzione, la  societa'  non  puo'
agire in giudizio o essere legittimamente convenuta  e  che,  qualora
l'estinzione intervenga in pendenza di giudizio del quale la societa'
e' parte, si determina  un  evento  interruttivo  del  processo,  con
possibile successiva o  eventuale  prosecuzione  o  riassunzione  del
medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. 
    3.7.- Come  si  legge  nella  relazione  governativa  al  decreto
delegato, la disciplina civilistica, sinteticamente  richiamata,  se,
per un verso, risulta «funzionale a garantire  tempi  brevi  e  certi
della cancellazione e della realizzazione dei  conseguenti  effetti»,
per l'altro, «rende di  difficile  realizzazione  i  controlli  e  le
azioni di recupero fiscale, regolati da disposizioni che ne prevedono
lo sviluppo e, a volte, l'avvio in tempi successivi a quelli previsti
dall'articolo  2495  del  codice  civile  per  l'"estinzione"   della
societa'». 
    Sul  punto   l'Avvocatura   generale   dello   Stato   ha   messo
correttamente in evidenza che la disciplina della cancellazione delle
societa' dal registro delle  imprese  e  la  conseguente  perdita  di
capacita' e soggettivita' dell'ente e'  di  ostacolo  alle  attivita'
svolte   dall'amministrazione   finanziaria    nei    confronti    di
quest'ultimo. 
    3.8.- Proprio per sopperire alle  divergenze  tra  la  disciplina
civilistica e la struttura e le finalita'  specifiche  del  controllo
tributario, e' stato introdotto l'art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175
del 2014. 
    Tale disposizione, anche a fronte dell'estinzione della  societa'
di capitali (e di persone, come ha avuto modo di chiarire la Corte di
cassazione, sezione quinta civile, sentenza 24 aprile 2015, n. 6743),
consente   la   stabilizzazione   degli   atti   dell'amministrazione
finanziaria, potendo, infatti, quest'ultima effettuare  le  attivita'
di controllo e di accertamento negli ordinari termini previsti  dalla
disciplina   tributaria,   nonche'   notificare   i   relativi   atti
direttamente all'originario debitore. 
    Tale interpretazione  trova  conferma  nella  formulazione  dello
stesso art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del  2014,  nel  quale  il
termine quinquennale e' stato individuato -  si  legge  ancora  nella
citata relazione governativa - «avuto riguardo ai termini di cui agli
articoli 43, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 e 57, comma 2, del  d.P.R.
n.  633/1972  che  disciplinano,  rispettivamente,  i   termini   per
l'accertamento in ipotesi di omessa dichiarazione II.DD. o IVA». 
    Cosi' chiarita la ratio della  norma  censurata,  la  scelta  del
Governo  non  e'  estranea  agli   obiettivi   di   razionalizzazione
dell'azione amministrativa in materia di  attuazione  e  accertamento
dei tributi perseguiti dalla delega e, anzi,  si  pone  in  linea  di
continuita'  e  complementarita'  rispetto  a  tali  obiettivi.  Tale
scelta,  infatti,  consentendo  all'amministrazione  finanziaria   di
compiere  le   ordinarie   attivita'   di   accertamento   nonostante
l'estinzione della societa', agevola la definizione delle  situazioni
giuridiche soggettive passive e attive del contribuente. 
    3.9.- Occorre considerare, poi, che la possibilita' di notificare
validamente gli atti intestati ad un soggetto non piu'  esistente  si
presenta  coerente  con  il   sistema   tributario   complessivamente
considerato, in  quanto  l'art.  65,  quarto  comma,  del  d.P.R.  29
settembre  1973,  n.  600  (Disposizioni   comuni   in   materia   di
accertamento delle imposte sui redditi), permette, con riguardo  alle
persone fisiche, che «la notifica degli atti intestati al dante causa
[possa]   essere   effettuata   agli    eredi    impersonalmente    e
collettivamente nell'ultimo domicilio dello stesso ed e' efficace nei
confronti degli eredi che, almeno trenta giorni  prima,  non  abbiano
effettuato la comunicazione di cui al secondo comma». 
    4.- Non sussiste neppure la  denunciata  violazione  dell'art.  3
Cost. 
    4.1.- La disciplina di cui all'art. 28, comma 4,  del  d.lgs.  n.
175 del 2014, nel favorire l'adempimento dell'obbligazione tributaria
verso  le  societa'  cancellate  dal  registro  delle  imprese,   non
determina l'ingiustificata disparita' di trattamento  denunciata  dal
rimettente. 
    Come ha avuto  gia'  modo  di  affermare  questa  Corte,  non  e'
configurabile una piena equiparazione fra le obbligazioni  pecuniarie
di diritto comune e quelle tributarie, per la particolarita' dei fini
e dei presupposti di queste ultime (sentenza n. 291 del 1997), che si
giustificano con la «garanzia del  regolare  svolgimento  della  vita
finanziaria dello Stato» (sentenza n. 281 del 2011), cui e' volto  il
credito tributario. 
    In definitiva, l'interesse fiscale perseguito dalle  obbligazioni
tributarie giustifica lo scostamento dalla disciplina ordinaria. 
    4.2.- Del resto, questa Corte ha gia' avuto modo di  prendere  in
considerazione le modifiche introdotte dall'art.  28,  comma  4,  del
citato d.lgs.  n.  175  del  2014,  rilevando  come  quest'ultimo  si
annoveri tra quelle disposizioni «orientate a preservare la  garanzia
dell'adempimento delle obbligazioni tributarie»  e  che  «segnano  lo
scostamento dalla disciplina ordinaria quale  condizione  di  maggior
favore per l'amministrazione finanziaria» (sentenza n. 90 del 2018). 
    5.- Le questioni  vanno,  pertanto,  dichiarate  non  fondate  in
riferimento a entrambi i parametri evocati. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 28, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre  2014,  n.
175   (Semplificazione   fiscale   e   dichiarazione   dei    redditi
precompilata), sollevate, in riferimento agli  artt.  3  e  76  della
Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale  di  Benevento
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA