N. 179 SENTENZA 24 giugno - 30 luglio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Casellario giudiziale  -  Certificato  a  richiesta
  dell'interessato (ex certificato generale)  -  Non  menzione  della
  sentenza di condanna per uno dei reati di guida  sotto  l'influenza
  dell'alcool dichiarato estinto in seguito al  positivo  svolgimento
  del  lavoro  di  pubblica  utilita',  nonche'   dell'ordinanza   di
  estinzione del medesimo reato - Omessa previsione  -  Irragionevole
  disparita'  di  trattamento  e  violazione  del   principio   della
  finalita' rieducativa della pena - Illegittimita' costituzionale in
  parte qua. 
Processo penale  -  Casellario  giudiziale  -  Certificato  penale  a
  richiesta  dell'interessato,   nel   testo   anteriore   alla   sua
  abrogazione - Non menzione della sentenza di condanna per  uno  dei
  reati di guida sotto l'influenza dell'alcool dichiarato estinto  in
  seguito al positivo svolgimento del lavoro  di  pubblica  utilita',
  nonche' dell'ordinanza di estinzione del medesimo  reato  -  Omessa
  previsione - Irragionevole disparita' di trattamento  e  violazione
  del  principio   della   finalita'   rieducativa   della   pena   -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002,  n.  313,
  artt. 24,  nella  versione  antecedente  e  successiva  al  decreto
  legislativo 2 ottobre 2018, n. 122,  e  25,  nel  testo  in  vigore
  anteriormente alla sua abrogazione ad opera del medesimo decreto. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma. 
(GU n.32 del 5-8-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt.  24  e  25
del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (Testo unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di casellario  giudiziale,  di
casellario   giudiziale   europeo,   di   anagrafe   delle   sanzioni
amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi  pendenti),
promossi  dalla  Corte  di  cassazione,  sezione  prima  penale,  con
ordinanza del 19 aprile 2019 e dal Tribunale ordinario di Napoli  con
ordinanza del 10 settembre 2018, iscritte rispettivamente  ai  numeri
111 e 137 del registro ordinanze 2019  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica numeri 34  e  38,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione di R. R.; 
    udito il Giudice relatore Francesco Vigano' ai sensi del  decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data  23
giugno 2020, nonche' nella camera di consiglio del  24  giugno  2020,
svolta ai sensi del decreto  della  Presidente  della  Corte  del  20
aprile 2020, punto 1), lettera a); 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 giugno 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 19 aprile 2019, iscritta al n. 111 del r.o.
2019, la Corte di cassazione, sezione prima penale, ha sollevato,  in
riferimento agli artt. 3  e  27,  terzo  comma,  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.  24  e  25  del
d.P.R.  14  novembre  2002,  n.  313,  recante  «Testo  unico   delle
disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di  casellario
giudiziale, di  casellario  giudiziale  europeo,  di  anagrafe  delle
sanzioni amministrative dipendenti da reato e  dei  relativi  carichi
pendenti (Testo A)» (da ora  in  poi:  t.u.  casellario  giudiziale),
nella parte in cui «non prevedono che nel certificato generale e  nel
certificato    penale    del    casellario    giudiziale    richiesti
dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza  di
condanna per il reato di cui all'art. 186 cod. strada che  sia  stato
dichiarato estinto ex art. 186, comma 9-bis, cod. strada per positivo
svolgimento del lavoro di pubblica utilita'». 
    1.1.- La  Sezione  rimettente  e'  chiamata  a  pronunciarsi  sul
ricorso di  una  condannata  avverso  il  provvedimento  con  cui  il
Tribunale ordinario di Bologna, giudice del  casellario  ex  art.  40
t.u.  casellario  giudiziale,  ha  rigettato  la   sua   istanza   di
cancellazione dai certificati generale e penale del casellario  della
sentenza pronunciata nei suoi confronti per il reato di  guida  sotto
l'influenza dell'alcool di cui all'art. 186 del  decreto  legislativo
30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della  strada),  successivamente
dichiarato estinto all'esito dello svolgimento positivo del lavoro di
pubblica utilita', ai sensi del comma 9-bis dello stesso articolo. 
    1.2.-  In  punto  di  rilevanza  delle  questioni,   la   Sezione
rimettente chiarisce innanzitutto che l'iscrizione della sentenza  di
condanna per il reato in questione, assieme alla successiva ordinanza
dichiarativa dell'estinzione del reato ex art. 186, comma 9-bis, cod.
strada, e' imposta dall'art.  3  t.u.  casellario  giudiziale;  detta
iscrizione non compare nell'elencazione dei provvedimenti esclusi, ai
sensi  degli  artt.  24  e  25  dello  stesso  testo   unico,   dalle
certificazioni rilasciate a richiesta  dell'interessato.  Trattandosi
di una regola eccezionale rispetto al generale obbligo  di  riportare
nei  certificati  tutti  i  provvedimenti  iscritti  nel  casellario,
quell'elencazione    e'    da    ritenersi    tassativa,    dovendosi
conseguentemente  escludere  la  praticabilita'  dell'interpretazione
analogica sollecitata dalla ricorrente. 
    Il giudice a quo precisa, poi, che  le  modifiche  apportate  dal
decreto legislativo 2 ottobre  2018,  n.  122  (Disposizioni  per  la
revisione della disciplina del casellario  giudiziale  in  attuazione
della delega di cui all'articolo 1, commi 18 e  19,  della  legge  23
giugno 2017, n. 103), peraltro efficaci solo a  partire  dall'ottobre
2019 e come tali  non  applicabili  al  caso  di  specie,  non  hanno
innovato in nulla il trattamento da  riservare  ai  provvedimenti  in
questione, quanto alla loro  iscrizione  e  successiva  menzione  nel
certificato del casellario. 
    1.3.- In punto di non manifesta infondatezza delle questioni,  la
Sezione  rimettente  lamenta,  in  primo  luogo,  la  disparita'   di
trattamento - rilevante ai sensi dell'art. 3 Cost. - tra  i  soggetti
che beneficiano dei provvedimenti relativi all'art. 186 cod.  strada,
quando il reato sia stato dichiarato estinto per positivo svolgimento
del lavoro di pubblica utilita', e  «coloro  che  -  aderendo  o  non
opponendosi ad  altri  procedimenti,  come  il  patteggiamento  o  il
decreto penale di condanna [...] - beneficiano gia'  oggi  della  non
menzione dei relativi provvedimenti  nei  certificati  richiesti  dai
privati».   Si   tratterebbe,   infatti,   di   provvedimenti   tutti
caratterizzati da una comune finalita'  deflattiva,  con  correlativi
risvolti premiali per l'imputato. 
    Con riguardo al patteggiamento, questa Corte avrebbe  gia'  avuto
modo di inquadrare il beneficio della non menzione come un  incentivo
finalizzato a indurre «l'imputato  a  pervenire  sollecitamente  alla
definizione del processo» (e' citata la sentenza di questa  Corte  n.
223 del 1994). Dal momento che  la  declaratoria  di  estinzione  del
reato, prevista dall'art. 186, comma 9-bis, cod. strada, consegue  al
compimento di una serie di condotte in  favore  della  collettivita',
nell'ottica   della   risocializzazione   dell'autore   del    reato,
risulterebbe irragionevole escludere dal beneficio della non menzione
tale categoria di  provvedimenti,  quando  lo  stesso  beneficio  e',
invece,  riconosciuto  ex  lege  a  chi  si   limiti   a   concordare
l'applicazione di una pena in forza di un  provvedimento  sotto  piu'
aspetti equiparato a una sentenza di condanna. 
    Ancora, l'irragionevolezza dell'esclusione  del  beneficio  della
non menzione dei provvedimenti di cui all'art. 186, comma 9-bis, cod.
strada emergerebbe ulteriormente dalla non menzione, nei  certificati
del casellario, delle condanne per le  quali  sia  stata  pronunciata
riabilitazione (artt. 24, comma 1, lettera d, e 25, comma 1,  lettera
d, t.u. casellario giudiziale), posto che per i citati  provvedimenti
la riabilitazione e' per  definizione  esclusa,  essendosi  il  reato
estinto. 
    Ulteriore dubbio di violazione dell'art. 3 Cost. sotto il profilo
dell'irragionevole disparita' di  trattamento  e'  prospettato  dalla
Sezione rimettente in riferimento  alla  previsione  da  parte  degli
artt. 24, comma 1, lettera b),  e  25,  comma  1,  lettera  b),  t.u.
casellario giudiziale della non menzione  delle  condanne  per  reati
estinti a norma dell'art. 167, primo  comma,  del  codice  penale  in
seguito al decorso del  termine  di  osservazione  biennale  (per  le
contravvenzioni) e quinquennale (per i  delitti)  che  consegue  alla
sospensione condizionale della pena. Ad avviso  del  giudice  a  quo,
sarebbe ingiustificato il trattamento deteriore di chi abbia ottenuto
l'estinzione del  reato  per  aver  positivamente  svolto  il  lavoro
sostitutivo  rispetto  a  chi,   avendo   ottenuto   la   sospensione
condizionale della pena, si limiti ad attendere il decorso del  tempo
necessario a determinare l'estinzione del reato. 
    1.4.- Non manifestamente infondato appare alla Sezione rimettente
anche il dubbio di compatibilita' delle  disposizioni  censurate  con
l'art. 27, terzo comma, Cost. 
    Il giudice a quo ricorda, a tal proposito, la sentenza n. 231 del
2018  con   cui   questa   Corte   ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni oggetto  di  odierna  censura,  nel
testo anteriore alle modifiche recate dal citato d.lgs.  n.  122  del
2018, nella parte in cui non prevedono che nel certificato generale e
nel  certificato   penale   del   casellario   giudiziale   richiesti
dall'interessato non siano riportate le iscrizioni dell'ordinanza  di
sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato ai  sensi
dell'art.  464-quater  del  codice  di  procedura  penale   e   della
successiva sentenza che dichiara  l'estinzione  del  reato  ai  sensi
dell'art. 464-septies cod. proc. pen. 
    Dal momento che l'istituto della messa alla prova  condividerebbe
con la declaratoria di estinzione di cui all'art. 186,  comma  9-bis,
cod. strada la base consensuale del procedimento  e  del  trattamento
che ne consegue, nonche' il necessario inquadramento  nel  «finalismo
rieducativo che l'art. 27,  terzo  comma,  Cost.  ascrive  all'intero
sistema sanzionatorio penale»,  il  giudice  a  quo  ritiene  che  le
ragioni poste dalla sentenza n.  231  del  2018  a  fondamento  della
dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'esclusione  del
beneficio   della   non   menzione   delle   sentenze    dichiarative
dell'estinzione del reato per esito positivo della messa  alla  prova
debbano valere anche per il caso  di  estinzione  del  reato  di  cui
all'art. 186 cod. strada. Infatti, una volta dichiarata  l'estinzione
del reato a seguito della prestazione del lavoro di pubblica utilita'
con finalita' di emenda e risocializzazione, non si  giustificherebbe
piu' «lo strascico pregiudizievole rappresentato dalla  menzione  del
reato estinto nei certificati rilasciati dal casellario, allo  stesso
modo dell'esito positivo  della  prova  ammessa  ai  sensi  dell'art.
464-quater del codice di rito». 
    In  tale  prospettiva,  la  menzione  dei  provvedimenti  di  cui
all'art. 186, comma 9-bis,  cod.  strada  risulterebbe  disfunzionale
all'obiettivo costituzionalmente imposto della rieducazione del  reo,
tale menzione essendo «suscettibile di risolversi in un  ostacolo  al
reinserimento sociale del soggetto che abbia ottenuto, e poi concluso
con successo, lo svolgimento del lavoro sostitutivo, creandogli [...]
piu' che prevedibili difficolta' nell'accesso  a  nuove  opportunita'
lavorative, senza che cio' possa ritenersi  giustificato  da  ragioni
plausibili   di   tutela   di   controinteressi    costituzionalmente
rilevanti». A tale ultimo proposito,  la  Sezione  rimettente  rileva
«che l'esigenza di garantire che la declaratoria di estinzione di cui
all'art. 186, comma 9-bis, cod. strada non sia concessa piu'  di  una
volta (ultimo periodo  della  disposizione  dianzi  citata)  e'  gia'
adeguatamente soddisfatta dall'obbligo di iscrizione  dei  menzionati
provvedimenti e della loro indicazione nel certificato  "ad  uso  del
giudice" (rispettivamente artt. 3, comma 1, lettera a), e  21,  comma
1, del T.U. casellario giudiziale)». 
    2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri non e'  intervenuto
nel giudizio. 
    3.- Con ordinanza del 10 settembre 2018, iscritta al n.  137  del
r.o.  2019,  il  Tribunale  ordinario  di  Napoli  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3 e  27,  terzo  comma,  Cost.,  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dei  medesimi  artt.  24  e   25   t.u.
casellario giudiziale, «nella parte in  cui  non  prevedono  che  nel
certificato generale del  casellario  giudiziale  e  nel  certificato
penale chiesti dall'interessato non  sia  riportata  l'ordinanza  che
dichiara l'estinzione del reato» ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis,
cod. strada. 
    3.1.- Il rimettente e' chiamato  a  giudicare  di  un'istanza  di
cancellazione  dai  certificati  generale  e  penale  del  casellario
richiesti dall'interessato della sentenza di condanna per il reato di
cui all'art. 186, comma 2, lettera c), cod.  strada,  poi  dichiarato
estinto a seguito del positivo svolgimento  del  lavoro  di  pubblica
utilita', ai sensi del comma 9-bis del medesimo articolo. 
    3.2.- Le questioni sarebbero  rilevanti,  posto  che  il  giudice
rimettente sarebbe «chiamato ad esercitare una effettiva  ed  attuale
potestas decidendi proprio in  relazione  alle  norme  sospettate  di
incostituzionalita', venendo le stesse  in  rilievo  nell'ambito  del
procedimento di esecuzione instaurato dal[l'istante] per ottenere  la
cancellazione  dell'iscrizione   ritenuta   [...]   pregiudizievole».
D'altra parte, stante la  tassativita'  della  elencazione  contenuta
nelle norme tacciate di incostituzionalita',  non  sarebbe  possibile
«addivenire ad una [loro] interpretazione conforme,  a  meno  di  non
cedere ad una manipolazione additiva delle previsioni relative a casi
analoghi espressamente contemplati fra le  "eccezioni"  previste  dai
due articoli». 
    3.3.- Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni,  il
rimettente svolge argomentazioni  in  larga  parte  sovrapponibili  a
quelle  piu'  estesamente  svolte  nell'ordinanza  della   Corte   di
cassazione di cui si e' dato conto in precedenza. 
    In riferimento al dubbio di  violazione  dell'art.  3  Cost.,  il
rimettente ritiene peraltro che l'irrazionalita'  delle  disposizioni
censurate emerga non solo dal raffronto con il patteggiamento, con il
decreto penale e la sospensione condizionale della pena, bensi' anche
dal raffronto con la disciplina relativa ai provvedimenti  giudiziari
che dichiarano la non punibilita' per particolare tenuita' del  fatto
ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen. Anche per tali provvedimenti, le
disposizioni in questione prevedono la non menzione  nei  certificati
del casellario giudiziale a  richiesta  dell'interessato  (artt.  24,
comma 1, lettera f-bis, e 25, comma 1, lettera f-bis, t.u. casellario
giudiziale). Ne deriverebbe l'irragionevole conseguenza per cui «[l]o
stesso fatto per il quale l'imputato chieda ed ottenga la conversione
della pena nel lavoro di  pubblica  utilita'  potrebbe  [...]  essere
considerato  di  particolare  tenuita'  dal  giudice  all'esito   del
processo - o anche prima di esso, ex art. 469 comma 1-bis  codice  di
procedura penale - con la conseguenza che non ve ne  sarebbe  traccia
nel casellario». 
    4.- Nemmeno in questo giudizio e' intervenuto il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    5.- Si e' invece costituita nel giudizio iscritto al n.  137  del
r.o. 2019 la parte privata  R.  R.,  la  quale  si  e'  espressamente
richiamata all'ordinanza della Corte di cassazione di cui al  n.  111
del r.o. 2019, concludendo per l'accoglimento delle questioni. 
    La parte riferisce, in particolare, di essere stata  inizialmente
destinataria di decreto penale  di  condanna  per  il  reato  di  cui
all'art. 186, comma 2, lettera c), cod. strada, e di essere stata poi
condannata, in esito al rigetto della propria opposizione avverso  il
decreto, alla sanzione sostitutiva del lavoro di  pubblica  utilita',
poi positivamente svolto. La  parte  osserva  dunque  che,  se  fosse
rimasta acquiescente al decreto penale, del reato non sarebbe rimasta
traccia sui propri certificati del casellario giudiziale a  richiesta
dell'interessato, come invece  e'  accaduto  nonostante  il  positivo
svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza iscritta al n. 111 del r.o. 2019, la Corte di
cassazione, sezione prima penale, ha sollevato, in  riferimento  agli
artt.  3  e  27,  terzo  comma,  della  Costituzione,  questioni   di
legittimita' costituzionale  degli  artt.  24  e  25  del  d.P.R.  14
novembre 2002,  n.  313,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di casellario  giudiziale,  di
casellario   giudiziale   europeo,   di   anagrafe   delle   sanzioni
amministrative dipendenti da reato e dei  relativi  carichi  pendenti
(Testo A)» (da ora in poi: t.u. casellario giudiziale),  nella  parte
in cui «non prevedono che nel certificato generale e nel  certificato
penale del casellario giudiziale richiesti dall'interessato non siano
riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per  il  reato  di
cui all'art. 186 cod. strada che sia stato dichiarato estinto ex art.
186, comma 9-bis, cod. strada per positivo svolgimento del lavoro  di
pubblica utilita'». 
    2.- Con  l'ordinanza  iscritta  al  n.  137  del  r.o.  2019,  il
Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato, in relazione agli artt. 3
e 27, terzo comma, Cost., questioni  di  legittimita'  costituzionale
dei medesimi artt. 24 e 25 t.u. casellario giudiziale,  «nella  parte
in cui non prevedono che  nel  certificato  generale  del  casellario
giudiziale e nel certificato penale chiesti dall'interessato non  sia
riportata l'ordinanza che dichiara l'estinzione del reato»  ai  sensi
dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30  aprile  1992,
n. 285 (Nuovo codice della strada). 
    3.- Le due ordinanze sollevano questioni analoghe  e  i  relativi
giudizi, pertanto, devono essere riuniti ai fini della decisione. 
    In sostanza, entrambe  le  ordinanze  si  dolgono  della  mancata
previsione della non menzione, nei certificati del casellario chiesti
dall'interessato,   dei   provvedimenti   concernenti   la   sanzione
sostitutiva del lavoro di pubblica utilita', applicabile in  caso  di
condanna  per  le  contravvenzioni   di   guida   sotto   l'influenza
dell'alcool di cui all'art. 186 cod. strada, e, piu' in  particolare,
della  sentenza  che  dispone  tale   sanzione   e   del   successivo
provvedimento che dichiara estinto il reato in caso  di  «svolgimento
positivo» del lavoro di  pubblica  utilita',  provvedimenti  entrambi
previsti dal comma 9-bis dello stesso art. 186. 
    4.- In via preliminare, va rilevato che  le  questioni  sollevate
dalla Corte di  cassazione  -  seppur  esplicitamente  riferite  alla
mancata previsione della non menzione della sola sentenza di condanna
al lavoro di pubblica utilita', una volta che sia dichiarato  estinto
il  reato  -  si  estendono   evidentemente   anche   al   successivo
provvedimento che dichiara l'estinzione del reato, al quale  fa  piu'
volte riferimento la motivazione dell'ordinanza. 
    Specularmente, l'ordinanza  del  Tribunale  ordinario  di  Napoli
formula le questioni con specifico riferimento al  provvedimento  che
dichiara estinto il reato in esito al positivo svolgimento del lavoro
di pubblica utilita', ma l'intera logica dell'ordinanza di rimessione
appare rivolta a sollecitare a questa Corte  un  intervento  additivo
dal quale discenda la non menzione di entrambi i provvedimenti. 
    In ciascuno dei due giudizi a quibus -  concernenti  persone  che
erano state  condannate  allo  svolgimento  del  lavoro  di  pubblica
utilita', e che avevano successivamente ottenuto la  declaratoria  di
estinzione del reato in seguito al  suo  positivo  svolgimento  -  la
domanda dei ricorrenti  non  puo'  d'altronde  che  mirare  alla  non
menzione di entrambi i provvedimenti in parola, dal  momento  che  la
menzione anche solo di uno di essi sarebbe comunque  suscettibile  di
produrre i pregiudizi che i ricorrenti stessi mirano ad evitare. 
    5.- In via ancora preliminare, occorre dare atto che, nelle  more
del presente giudizio, e' entrato in vigore il decreto legislativo  2
ottobre 2018, n. 122 (Disposizioni per la revisione della  disciplina
del  casellario  giudiziale  in  attuazione  della  delega   di   cui
all'articolo 1, commi 18 e 19, della legge 23 giugno 2017,  n.  103),
il cui art. 7 ha stabilito che le  disposizioni  dell'intero  decreto
legislativo acquistassero efficacia un anno dopo la sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. 
    Per  effetto  delle   modifiche   apportate   da   tale   decreto
legislativo, il certificato generale, di cui al  previgente  art.  24
t.u. casellario giudiziale,  e  il  certificato  penale,  di  cui  al
previgente art. 25 t.u. casellario giudiziale, sono  stati  unificati
in  un  solo  «certificato  del   casellario   giudiziale   richiesto
dall'interessato», regolato dall'art. 24 t.u.  casellario  giudiziale
nel testo modificato dal d.lgs. n. 122  del  2018.  Conseguentemente,
l'art. 25 t.u. casellario giudiziale e' stato abrogato. 
    Nonostante tali nova  normativi,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale in esame conservano la loro rilevanza  nei  giudizi  a
quibus. 
    Le  richieste  di  cancellazione  erano   state   formulate   dai
rispettivi ricorrenti  nel  vigore  della  normativa  antecedente  al
d.lgs. n. 122 del 2018. 
    Peraltro, le modifiche  apportate  all'art.  24  t.u.  casellario
giudiziale dal d.lgs. n. 122 del 2018  non  hanno  inciso  sul  punto
oggetto delle censure dei rimettenti,  ossia  la  mancata  previsione
della  non  menzione  dei  provvedimenti  concernenti  il  lavoro  di
pubblica utilita' disposto per le contravvenzioni di cui all'art. 186
cod. strada e la conseguente estinzione del  reato,  lasciando  cosi'
inalterato - anche nella attualmente vigente -  il  vulnus  lamentato
dai rimettenti. 
    Le  censure  dei  rimettenti  debbono  pertanto  essere  riferite
all'art.  24  t.u.  casellario  giudiziale  -  tanto  nella  versione
precedente, quanto in quella successiva alle modifiche apportate  dal
d.lgs. n. 122 del 2018 -, nonche' al successivo art. 25, nel testo in
vigore anteriormente alla  sua  abrogazione  ad  opera  dello  stesso
d.lgs. n. 122 del 2018. 
    6.-  Cosi'  precisate  nei  rispettivi   petita,   le   questioni
prospettate sono fondate  con  riferimento  a  entrambi  i  parametri
evocati. 
    6.1.- Con la sentenza n. 231 del 2018 questa  Corte  ha  ritenuto
lesiva dell'art. 3 Cost. l'omessa previsione della non  menzione  dei
provvedimenti relativi alla messa  alla  prova  nei  certificati  del
casellario  richiesti  da  privati,  omissione  che  comportava   «un
trattamento  deteriore  dei  soggetti  che  beneficiano   di   questi
provvedimenti,  orientati  anche  a  una  finalita'  deflattiva   con
correlativi risvolti premiali per l'imputato, rispetto a coloro che -
aderendo  o  non  opponendosi  ad   altri   procedimenti,   come   il
patteggiamento o il decreto penale di condanna,  ispirati  essi  pure
alla medesima finalita' - beneficiano gia' oggi  della  non  menzione
dei relativi provvedimenti nei certificati richiesti da privati». 
    Tali considerazioni valgono anche rispetto al lavoro di  pubblica
utilita', disposto quale sanzione sostitutiva per la  contravvenzione
di cui all'art. 186 cod. strada, che - proprio  come  la  messa  alla
prova - comporta  per  il  condannato  un  percorso  che  implica  lo
svolgimento di un'attivita' in favore della collettivita',  e  dunque
esprime una meritevolezza maggiore - in caso di svolgimento  positivo
dell'attivita' - rispetto a  quella  espressa  da  chi  si  limiti  a
concordare la propria pena con il pubblico ministero, ovvero  non  si
opponga al decreto penale di condanna, beneficiando per  cio'  stesso
della non menzione  nei  certificati  del  casellario  richiesti  dai
privati. 
    L'irragionevole  disparita'  di  trattamento   e'   ulteriormente
aggravata, come evidenziato nell'ordinanza della Corte di cassazione,
dal fatto  che  in  questi  casi  l'interessato  non  ha  nemmeno  la
possibilita'  di  ottenere  la  non  menzione   per   effetto   della
riabilitazione, che e' per definizione esclusa nel momento in cui  il
reato sia estinto (per un analogo rilievo rispetto  alla  messa  alla
prova, si veda ancora la sentenza n. 231 del 2018). 
    6.2.- Le questioni sono d'altronde fondate anche con  riferimento
all'art. 27,  terzo  comma,  Cost.,  per  le  medesime  ragioni  gia'
evidenziate dalla sentenza n. 231 del 2018 in  relazione  alla  messa
alla prova: una volta che il reato si sia  estinto  per  effetto  del
positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita', che  testimonia
il percorso rieducativo compiuto  dal  condannato,  la  menzione  nei
certificati del casellario richiesti dall'interessato  della  vicenda
processuale ormai definita «contrasterebbe con la ratio della  stessa
dichiarazione di  estinzione  del  reato,  che  comporta  normalmente
l'esclusione di ogni  effetto  pregiudizievole  -  anche  in  termini
reputazionali - a carico di colui al quale  il  fatto  di  reato  sia
stato in precedenza ascritto». La  menzione  della  condanna  per  il
reato ormai  estinto  finirebbe,  infatti,  per  creargli  «piu'  che
prevedibili difficolta' nell'accesso a nuove opportunita' lavorative,
senza che cio' possa ritenersi giustificato da ragioni plausibili  di
tutela  di  controinteressi  costituzionalmente  rilevanti»  (ancora,
sentenza n. 231 del 2018). 
    Analogamente a quanto affermato per la messa alla prova, infatti,
anche  in  questo  caso  l'esigenza  di  garantire  che  la  sanzione
sostitutiva del lavoro di pubblica utilita' non sia concessa piu'  di
una volta (art. 186, comma 9-bis, ultimo periodo, cod. strada) e  che
in caso di recidiva nel biennio sia revocata la  patente  (art.  186,
comma 2, lettera c, cod. strada) e'  gia'  adeguatamente  soddisfatta
dall'obbligo di iscrizione dei provvedimenti  in  questione  e  della
loro menzione nel certificato "ad uso del giudice". 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  24  del
d.P.R.  14  novembre  2002,  n.  313,  recante  «Testo  unico   delle
disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di  casellario
giudiziale, di  casellario  giudiziale  europeo,  di  anagrafe  delle
sanzioni amministrative dipendenti da reato e  dei  relativi  carichi
pendenti (Testo A)», nella parte in  cui  non  prevede,  tanto  nella
versione antecedente, quanto  in  quella  successiva  alle  modifiche
intervenute ad opera del decreto legislativo 2 ottobre 2018,  n.  122
(Disposizioni  per  la  revisione  della  disciplina  del  casellario
giudiziale in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 18
e 19, della legge 23 giugno 2017, n. 103), che  nel  certificato  del
casellario giudiziale richiesto dall'interessato non siano  riportate
le iscrizioni della sentenza di condanna per uno  dei  reati  di  cui
all'art. 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo
codice della strada) che sia stato dichiarato estinto in  seguito  al
positivo  svolgimento  del  lavoro  di  pubblica  utilita',   nonche'
dell'ordinanza che dichiara l'estinzione del reato medesimo ai  sensi
dell'art. 186, comma 9-bis, cod. strada; 
    2) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  25  t.u.
casellario giudiziale, nel testo in  vigore  anteriormente  alla  sua
abrogazione ad opera del d.lgs. n. 122 del 2018, nella parte  in  cui
non prevede che nel  certificato  penale  del  casellario  giudiziale
richiesto dall'interessato non siano riportate  le  iscrizioni  della
sentenza di condanna per uno dei  reati  di  cui  all'art.  186  cod.
strada che sia  stato  dichiarato  estinto  in  seguito  al  positivo
svolgimento del lavoro di pubblica utilita',  nonche'  dell'ordinanza
che dichiara l'estinzione del reato medesimo ai sensi dell'art.  186,
comma 9-bis, cod. strada. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                    Francesco VIGANO', Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA