N. 200 SENTENZA 22 luglio - 10 settembre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego pubblico - Norme della  Regione  Liguria  -  Assunzione  agli
  impieghi regionali - Modalita' di pubblicazione e comunicazione del
  diario delle prove - Ricorso del  Governo  -  Lamentata  violazione
  della  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  ordinamento
  civile, nonche' dei principi in  materia  di  accesso  agli  uffici
  pubblici e di buon andamento della pubblica amministrazione  -  Non
  fondatezza della questione. 
Impiego pubblico - Norme della  Regione  Liguria  -  Assunzione  agli
  impieghi regionali - Accertamento  discrezionale  della  conoscenza
  dell'uso delle apparecchiature e  delle  applicazioni  informatiche
  piu' diffuse - Ricorso del Governo  -  Lamentata  violazione  della
  competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento  civile,
  nonche' dei principi di parita' nell'accesso agli uffici pubblici e
  di buon  andamento  dell'amministrazione  -  Non  fondatezza  della
  questione. 
Impiego pubblico - Norme della  Regione  Liguria  -  Assunzione  agli
  impieghi  regionali  -  Candidati  che  si  trovino   nel   periodo
  corrispondente   all'interdizione   anticipata   dal    lavoro    e
  all'astensione obbligatoria per maternita' - Diritto a permanere in
  graduatoria e ad essere richiamati in caso  di  ulteriore  utilizzo
  della graduatoria, anziche' all'assunzione immediata in servizio  -
  Violazione dei principi a tutela dell'interesse dei minori e  della
  maternita' - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione   Liguria   -   Personale
  dell'ufficio  stampa  dell'Ufficio  di  presidenza   dell'Assemblea
  legislativa regionale assunto anteriormente al  21  maggio  2018  -
  Disciplina, con norma di interpretazione autentica  successivamente
  sostituita, del trattamento economico e  giuridico  -  Rinvio  alla
  contrattazione collettiva - Omessa previsione  -  Violazione  della
  competenza esclusiva statale  in  materia  di  ordinamento  civile,
  nonche' dei  principi  di  imparzialita'  e  buon  andamento  della
  pubblica amministrazione - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Liguria 27 dicembre 2018, n. 29, art. 2,  commi
  1 e 2, nella parte in cui rispettivamente sostituiscono  gli  artt.
  6, comma 1, e 16, commi 9, 10 e 11, della legge regionale 25  marzo
  1996, n. 15; legge della Regione Liguria 27 dicembre 2018,  n.  29,
  art. 30, comma 1; legge della Regione Liguria 19 aprile 2019, n. 5. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 31 51, primo comma, 97, quarto  comma,  e
  117, secondo comma, lettera l). 
(GU n.38 del 16-9-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 2, commi 1
e 2, e 30, comma 1, della legge della  Regione  Liguria  27  dicembre
2018, n. 29 (Disposizioni collegate  alla  legge  di  stabilita'  per
l'anno 2019), e della legge della Regione Liguria 19 aprile 2019,  n.
5 (Norma di interpretazione autentica), promossi dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorsi notificati  il  1°-8  marzo  e  il
24-27 giugno 2019,  depositati  in  cancelleria  rispettivamente  l'8
marzo e il 28 giugno 2019, iscritti ai numeri 41 e  74  del  registro
ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
numeri 22 e 34, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Liguria; 
    udito nella udienza  pubblica  del  22  luglio  2020  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Ettore Pafundi per la Regione
Liguria; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 luglio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso iscritto al registro ricorsi n. 41 del  2019,  il
Presidente del Consiglio dei ministri  ha  promosso,  tra  le  altre,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, commi  1,  2,
9, 10 e 11 (recte: gli articoli 2, commi 1 e  2)  e  30  (recte:  30,
comma 1) della legge della Regione Liguria 27 dicembre  2018,  n.  29
(Disposizioni collegate alla legge di stabilita' per l'anno 2019). 
    1.1.- L'art. 2, comma 1, della legge reg. Liguria n. 29 del  2018
e' impugnato per violazione degli artt. 51, primo comma,  97,  quarto
comma, e 117, secondo  comma,  lettera  l),  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 70 del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche) e all'art. 6 del d.P.R. 9 maggio 1994,  n.
487 (Regolamento  recante  norme  sull'accesso  agli  impieghi  nelle
pubbliche amministrazioni e le modalita' di svolgimento dei concorsi,
dei concorsi unici e delle altre forme  di  assunzione  nei  pubblici
impieghi). La disposizione regionale impugnata ha riscritto  l'intero
testo dell'art. 6 della legge della Regione Liguria 25 marzo 1996, n.
15  (Norme  sull'assunzione  agli  impieghi   regionali),   rubricato
«Calendario e  svolgimento  delle  prove».  Al  comma  1,  nel  testo
sostituito, si prevede  quanto  segue:  «Il  diario  delle  prove  e'
pubblicato nel sito internet istituzionale dell'Ente, con valenza  di
notifica ai candidati a tutti  gli  effetti,  non  meno  di  quindici
giorni prima dell'inizio delle prove scritte  e  non  meno  di  venti
giorni prima dell'inizio della prova orale. Qualora il ridotto numero
dei candidati lo consenta, la convocazione alle suddette  prove  puo'
essere effettuata con comunicazione scritta tramite posta elettronica
certificata o raccomandata con avviso di  ricevimento,  nel  rispetto
dei predetti termini di preavviso. La comunicazione del diario  delle
prove scritte puo' essere gia' contenuta nel bando di concorso». 
    Secondo il ricorrente, tale disposizione  contrasterebbe  con  la
normativa statale, in particolare, con l'art. 6, comma 1, del  d.P.R.
n. 487 del 1994, quale richiamato dall'art. 70, comma 13, del  d.lgs.
n. 165 del 2001. L'art. 6, comma  1,  del  d.P.R.  n.  487  del  1994
stabilisce quanto segue: «Il diario delle prove scritte  deve  essere
comunicato  ai  singoli  candidati  almeno  quindici   giorni   prima
dell'inizio delle prove  medesime.  Tale  comunicazione  puo'  essere
sostituita  dalla  pubblicazione  nella  Gazzetta   Ufficiale   della
Repubblica - 4a serie speciale - concorsi ed esami». Il contrasto tra
la norma regionale e quella statale starebbe nel fatto che la prima -
cosi'  afferma  il  ricorrente  -  «contempla,  in  alternativa  alla
comunicazione personale, la pubblicazione del diario  delle  predette
prove nella Gazzetta Ufficiale». Il ricorrente invoca, in  proposito,
il «consolidato  orientamento  della  giurisprudenza  amministrativa»
secondo cui «le forme di pubblicita' previste dal D.P.R. n.  487  del
1994 citato, che rappresentano una diretta attuazione degli  articoli
51 e 97 della Costituzione, non risultano in  alcun  modo  sostituite
dalle forme di "adeguata pubblicita'" della selezione e modalita'  di
svolgimento previste dall'articolo 35, comma 3, lett. a), del  D.lgs.
n. 165 del 2001 citato». 
    1.2.- L'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 29 del  2018
ha sostituito l'intero testo dell'art. 16 della legge reg. Liguria n.
15 del 1996, recante la disciplina della selezione  pubblica  per  le
assunzioni di personale regionale a  tempo  determinato.  Oggetto  di
censura da parte dello Stato sono i soli commi 9, 10 e 11  del  testo
cosi' introdotto. 
    Il comma 9 dell'art. 16, come sostituito  dalla  norma  regionale
impugnata,  prevede  come   meramente   facoltativo,   e   non   come
obbligatorio, l'accertamento - in sede  di  procedura  concorsuale  -
della   conoscenza   da   parte   dei   candidati   dell'uso    delle
apparecchiature  e  delle  applicazioni  informatiche  piu'  diffuse.
Questa previsione contrasterebbe con  quanto  stabilisce  l'art.  37,
comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, a norma del  quale  i  bandi  di
concorso  per  l'accesso  alle   pubbliche   amministrazioni   devono
prevedere,  quale  requisito  di  ammissione,  tra  gli   altri,   la
conoscenza  da   parte   dei   candidati   proprio   dell'uso   delle
apparecchiature e delle applicazioni informatiche  piu'  diffuse.  Si
avrebbe, pertanto, una violazione  degli  artt.  3,  51,  97  e  117,
secondo comma, lettera l), Cost. 
    Il comma 10 dello stesso art. 16 stabilisce che le  assunzioni  a
tempo determinato «avvengono per chiamata dei candidati nel  rispetto
dell'ordine  di  avviamento  o  graduatoria»  e  che,  nel  caso  sia
necessario assumere piu' dipendenti  con  uguale  decorrenza,  e  per
periodi di diversa durata, «l'assunzione per il  periodo  piu'  lungo
avviene  nei  confronti  dei  candidati  risultati  idonei   seguendo
l'ordine della graduatoria o dell'elenco». Secondo il  ricorrente  si
avrebbe, in tal modo, una disciplina difforme da quella  statale  (di
cui all'art. 1, comma 361, della legge  30  dicembre  2018,  n.  145,
recante «Bilancio di previsione dello Stato  per  l'anno  finanziario
2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021»),  che  limita
l'utilizzazione delle graduatorie dei concorsi esclusivamente per  la
copertura dei posti messi a concorso. Ne  deriverebbe  la  violazione
degli artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Il comma 11 dello stesso art.  16  stabilisce  quanto  segue:  «I
candidati che si trovino nel periodo corrispondente  all'interdizione
anticipata dal lavoro e all'astensione  obbligatoria  per  maternita'
hanno titolo a permanere in graduatoria e  ad  essere  richiamati  in
caso  di  ulteriore  utilizzo  della  graduatoria  stessa  da   parte
dell'Amministrazione  al  termine  del  predetto   periodo».   Questa
disposizione, a giudizio del ricorrente, detterebbe «regole peculiari
in relazione  alla  fattispecie  del  personale  in  aspettativa  per
maternita'», introducendo «una discriminazione in ragione dello stato
di gravidanza», con violazione del principio di  non  discriminazione
in base al sesso di cui all'art. 3 del decreto legislativo  26  marzo
2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative  in  materia
di tutela e sostegno della maternita' e  della  paternita',  a  norma
dell'articolo 15 della  legge  8  marzo  2000,  n.  53).  Secondo  il
ricorrente,  infatti,  la  norma  regionale  impugnata  consentirebbe
all'amministrazione di derogare, «per le candidate in astensione  per
maternita'», dall'ordine di  merito  della  graduatoria,  consentendo
altresi'  «di  non  utilizzare  la  stessa  graduatoria,  una   volta
trascorso il periodo  di  interdizione  anticipata  o  di  astensione
obbligatoria dal lavoro», in tal modo sostanzialmente «negando  [...]
il diritto alla assunzione in servizio». Ne deriverebbe la violazione
degli artt. 2, 3, 31 e 51 Cost. 
    1.3.- L'art. 30 della legge  reg.  Liguria  n.  29  del  2018  ha
introdotto, al comma 1,  una  norma  di  «interpretazione  autentica»
dell'art. 29, comma 2, lettera d), secondo periodo, della legge della
Regione Liguria 17 agosto 2006, n.  25  (Disposizioni  sull'autonomia
del Consiglio regionale Assemblea legislativa della Liguria). 
    Quest'ultima   disposizione,   nel   riferirsi    al    personale
dell'Ufficio  stampa  dell'Ufficio   di   Presidenza   dell'Assemblea
legislativa regionale, prevedeva che, «[s]ino alla data di entrata in
vigore dell'apposito accordo  collettivo  nazionale  quadro  relativo
alla costituzione del profilo  professionale  del  personale  addetto
alle  attivita'  di  informazione  e  comunicazione  delle  pubbliche
amministrazioni»,  al   personale   dell'Ufficio   stampa   venissero
attribuiti i  profili  professionali  dei  giornalisti  previsti  dal
vigente contratto collettivo nazionale  di  lavoro  dei  giornalisti,
nonche'  l'equivalente  economico  previsto  dal  medesimo  contratto
collettivo  nazionale  di  lavoro  dei  giornalisti  per  i  relativi
profili. 
    Con   la   norma    di    interpretazione    autentica    oggetto
dell'impugnativa  dello  Stato,  si  e'   stabilito   che   l'accordo
collettivo nazionale quadro  (la  cui  entrata  in  vigore  funge  da
spartiacque temporale per la  definizione  del  regime  giuridico  ed
economico del  personale  de  quo)  «e'  quello  definito  a  seguito
dell'apposita  sequenza  contrattuale  di  cui   alla   dichiarazione
congiunta n. 8 al CCNL funzioni locali del 21 maggio 2018». La stessa
norma   impugnata   ha   poi   aggiunto:   «Rimane   comunque   ferma
l'applicazione dei "profili professionali  dei  giornalisti  previsti
dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti,
nonche'  l'equivalente  economico  previsto  dal  medesimo  contratto
collettivo  nazionale  di  lavoro  dei  giornalisti  per  i  relativi
profili" nei confronti del personale assunto con  contratto  a  tempo
determinato anteriormente alla data del 21 maggio 2018». 
    In sostanza, sostiene il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
il regime giuridico ed economico che  la  legge  regionale  del  2006
aveva transitoriamente applicato  al  personale  dell'Ufficio  stampa
(quello previsto dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro
dei giornalisti) rimarrebbe comunque vigente  per  tutti  coloro  che
sono stati assunti prima del 21 maggio 2018,  nonostante  l'avverarsi
della condizione risolutiva che era stata prevista  dalla  norma  del
2006. 
    Secondo il ricorrente, la norma impugnata  avrebbe  un  contenuto
innovativo (e non di mera interpretazione)  dell'art.  29,  comma  2,
lettera d), secondo periodo, della legge reg. Liguria n. 25 del  2006
e finirebbe «per cristallizzare il trattamento economico e  giuridico
applicabile al personale assunto  in  data  anteriore  al  21  maggio
2018». Nel ricordare che l'individuazione e la  regolamentazione  dei
profili professionali presso gli uffici stampa  «sono  affidate  alla
contrattazione  collettiva  nell'ambito  di  una  speciale  area   di
contrattazione», secondo quanto prevede  l'art.  9,  comma  5,  della
legge  7  giugno  2000,  n.  150  (Disciplina  delle   attivita'   di
informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni),  il
ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui  il
rapporto di impiego alle dipendenze di Regioni  ed  Enti  locali,  in
seguito alla privatizzazione, e' retto dalla disciplina generale  dei
rapporti di lavoro tra privati ed e', percio', soggetto  alle  regole
che garantiscono l'uniformita'  di  tale  tipo  di  rapporti.  Quelli
derivanti dalla legge statale sarebbero, pertanto, «limiti di diritto
privato, fondati sull'esigenza, connessa al  precetto  costituzionale
di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel  territorio  nazionale
delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti  fra
privati». In tale quadro, si ricaverebbe  il  principio  per  cui  il
trattamento economico dei dipendenti pubblici  deve  essere  regolato
mediante contratti collettivi, principio che si porrebbe quale limite
alla potesta' legislativa regionale in materia. 
    La disposizione impugnata, pertanto,  risulterebbe  in  contrasto
con gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost.,  posto  che,
con riferimento al personale assunto entro il 21 maggio 2018, non  si
limiterebbe   a   rinviare   alla   contrattazione   collettiva,   ma
specificherebbe essa stessa il trattamento economico che deve  essere
riconosciuto, facendo di tale disciplina «il frutto, non  del  libero
esplicarsi    dell'autonomia     negoziale     collettiva,     bensi'
dell'intervento del legislatore». Essa infatti «non  dispone  che  il
rapporto di lavoro di detto personale  debba  essere  regolato  dalla
contrattazione collettiva, bensi' individua  il  trattamento  che  si
deve applicare a quel personale»,  non  consentendo  che  gli  agenti
negoziali  rappresentativi  delle   categorie   interessate   possano
contrattare alcunche' in proposito. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Liguria,  in  persona
del proprio Presidente pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso,
previa disamina, nel merito, delle singole  questioni  sollevate  dal
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    2.1.- Relativamente alla  prima  delle  questioni  sollevate,  la
Regione -  nel  lamentare  «una  sospetta  sinteticita'»  del  motivo
complessivamente   considerato    -    ha    innanzitutto    eccepito
l'inammissibilita' della censura concernente la violazione, da  parte
dell'art. 2, comma 1, della  legge  reg.  Liguria  n.  29  del  2018,
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto «generica»
e non argomentata «in alcun modo». 
    Nel merito, ha invocato la giurisprudenza di questa Corte secondo
cui la regolamentazione delle modalita' di accesso al lavoro pubblico
regionale rientrerebbe nella competenza  residuale  delle  Regioni  a
norma dell'art. 117, quarto comma, Cost. (in  specie,  e'  citata  la
sentenza n. 380 del 2004). 
    Quanto, poi, alle ulteriori censure ex artt. 51, primo  comma,  e
97, quarto comma, Cost., la Regione osserva che «e' proprio l'art. 6,
comma 1, del DPR n. 487 a consentire che la comunicazione al  singolo
ammetta  l'equipollente  della  pubblicazione  in  G.U.»,  con   cio'
introducendo «il principio di liberta' delle forme e di adeguatezza».
Del resto, aggiunge la resistente, l'art. 32, comma 1, della legge 18
giugno 2009, n.  69  (Disposizioni  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile) ha  stabilito  che,  con  decorrenza  1°  gennaio  2010,  gli
obblighi di pubblicazione  di  atti  e  provvedimenti  amministrativi
aventi effetto di pubblicita' legale  si  intendono  assolti  con  la
pubblicazione nei siti informatici delle amministrazioni stesse. 
    In definitiva, precisa la  Regione,  «nemmeno  la  norma  statale
esige la inderogabilita' della comunicazione del diario  delle  prove
ai singoli candidati». In  tale  quadro,  la  disposizione  regionale
impugnata sarebbe «pienamente in sintonia con i  principi  desumibili
dalle richiamate normative statali e rende per cio' solo adeguata  la
conoscibilita' dell'atto da parte di quanti, avendo avanzato  domanda
di partecipazione alla procedura concorsuale, siano gia' edotti della
pendenza della procedura». 
    2.2.- La Regione resistente eccepisce, inoltre, la genericita', e
quindi  l'inammissibilita',  delle  censure  avversarie   anche   con
riguardo  alla   seconda   questione   sollevata,   con   riferimento
all'impugnazione dell'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 29
del 2018, nella parte in cui introduce il comma 9 del nuovo  art.  16
della legge reg. Liguria  n.  15  del  1996  (concernente  la  natura
meramente facoltativa  dell'accertamento,  rimesso  alla  commissione
giudicatrice dei concorsi per l'assunzione di dipendenti regionali  a
tempo determinato, delle competenze informatiche dei candidati). Tale
impugnazione non sarebbe in alcun modo argomentata e  si  limiterebbe
«per lo piu' a mere affermazioni». 
    Nel merito, la Regione ribadisce che le  procedure  di  selezione
del personale dipendente delle Regioni non andrebbero  ascritte  alla
materia   dell'ordinamento   civile   ma,   collocandosi   a    monte
dell'instaurando rapporto di impiego, rientrerebbero nella competenza
regionale  residuale  in  materia  di  organizzazione  degli   uffici
regionali, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    Inammissibile, «in assenza di sviluppo, sia pur embrionale, delle
argomentazioni», sarebbe poi il profilo di dedotta  violazione  degli
artt. 3 e 51 Cost. 
    Quanto alla censura che fa leva sull'art. 97  Cost.,  la  Regione
resistente  -  sul  presupposto  che,  mediante  tale   censura,   il
ricorrente abbia voluto dolersi di una  selezione  non  adeguata  dei
candidati, in spregio al principio di buon andamento - obietta che la
norma impugnata riguarda solo  le  selezioni  di  personale  a  tempo
determinato, laddove l'art. 37 del d.lgs. n. 165 del  2001,  invocato
quale norma  interposta,  farebbe  riferimento  solo  alle  procedure
concorsuali per l'accesso  a  tempo  indeterminato.  Tale  diversita'
giustificherebbe, quindi, le diverse conoscenze richieste. Del resto,
secondo  la   Regione,   apparirebbe   ragionevole   rimettere   alla
discrezionalita'  dell'amministrazione  procedente   la   scelta   di
richiedere   la   valutazione   delle   cognizioni   informatiche   e
linguistiche  «in  considerazione  della  durata   dell'incarico   da
ricoprire e della mansione di maggiore o  minore  responsabilita'  da
occupare». 
    2.3.- Quanto, poi, ai commi  10  e  11  dell'art.  16  novellato,
introdotti anch'essi dall'impugnato art. 2, comma 2, della legge reg.
Liguria n. 29 del 2018, la Regione resistente riferisce che essi sono
stati abrogati «nella seduta del Consiglio  Regionale  del  9  aprile
u.s.». L'abrogazione,  in  effetti,  risulta  essere  stata  disposta
dall'art. 3, comma 1, della legge della  Regione  Liguria  19  aprile
2019, n. 4, recante «Modifiche alla legge regionale 27 dicembre 2018,
n. 29 (Disposizioni collegate alla legge  di  stabilita'  per  l'anno
2019) e altre disposizioni di adeguamento». Ne deriverebbe, ad avviso
della resistente, la cessazione della materia del contendere. 
    2.4.-  Quanto,  infine,  alla  terza  questione   sollevata   dal
Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  concernente  la  norma  di
interpretazione autentica di cui all'art. 30, comma  1,  della  legge
reg. Liguria n. 29 del 2018, la Regione resistente, nella memoria  di
costituzione in giudizio, ha annunciato il proprio «intendimento»  di
«abrogare la norma», omettendo, pertanto, di svolgere difese. 
    3.- Con ricorso iscritto al n. 74 del registro ricorsi  2019,  il
Presidente del Consiglio dei ministri  ha  successivamente  impugnato
l'intera legge della Regione Liguria 19 aprile 2019, n. 5  (Norma  di
interpretazione autentica). 
    Questa legge regionale - dopo che, con l'art. 1, comma  1,  della
coeva legge reg. Liguria n. 4 del 2019, era stata abrogata  la  norma
di interpretazione autentica di cui all'art. 30, comma 1, della legge
reg. Liguria n. 29 del 2018 - ha introdotto una nuova disposizione di
interpretazione autentica dell'art. 29, comma 2,  lettera  d),  della
legge reg. Liguria n. 25 del 2006. Essa dispone quanto  segue:  «Alla
lettera d) del comma 2 dell'articolo  29  della  legge  regionale  17
agosto  2006,  n.  25  (Disposizioni  sull'autonomia  del   Consiglio
regionale  Assemblea  Legislativa   della   Liguria)   e   successive
modificazioni e integrazioni, le parole: "sino alla data  di  entrata
in vigore dell'apposito accordo collettivo nazionale quadro  relativo
alla costituzione del profilo  professionale  del  personale  addetto
alle  attivita'  di  informazione  e  comunicazione  delle  pubbliche
amministrazioni" si interpretano nel senso che  l'accordo  collettivo
nazionale quadro e' quello definito a seguito dell'apposita  sequenza
contrattuale di cui alla dichiarazione congiunta n.  8  al  contratto
collettivo nazionale di lavoro (CCNL) funzioni locali del  21  maggio
2018». 
    In sostanza, la  nuova  norma  di  interpretazione  autentica  ha
riprodotto la prima parte di quella precedente -  ribadendo,  quindi,
che l'accordo collettivo nazionale  quadro  destinato  a  fungere  da
spartiacque temporale  per  il  regime  giuridico  ed  economico  del
personale dell'Ufficio Stampa deve  considerarsi  quello  definito  a
seguito della sequenza contrattuale di cui alla citata  dichiarazione
congiunta n. 8 - mentre ne ha espunto la seconda  parte,  quella  che
aveva formato oggetto  delle  censure  di  incostituzionalita'  dello
Stato, di cui al ricorso iscritto al n. 41 del reg. ric. 2019. 
    Cio' nondimeno, il Presidente del Consiglio dei ministri  ritiene
che anche  la  sopravvenuta  norma  regionale  del  2019  continui  a
presentare  «un  contenuto  non  limitato   a   una   mera   funzione
interpretativa», essendo anch'essa diretta ad innovare  il  contenuto
precettivo della disposizione del 2006. L'effetto della  novella  del
2019 sarebbe, infatti, quello  di  posticipare  l'applicazione  delle
previsioni del Contratto collettivo nazionale di lavoro  (da  ora  in
avanti:  CCNL)  del  comparto  «Funzioni  locali»,  per  il   periodo
2016-2018, sottoscritto in data 21 maggio 2018. Anche la nuova  norma
regionale, pertanto,  si  porrebbe  in  contrasto  con  il  principio
generale che riserva alla contrattazione  collettiva  il  trattamento
economico dei dipendenti  pubblici.  Cio'  avverrebbe  nel  solco  di
quanto previsto, a livello statale, dalla legge n. 150 del 2000,  con
connotati  di  specialita'  rispetto  al  d.lgs.  n.  165  del  2001.
Nell'ambito del processo di contrattualizzazione del lavoro pubblico,
essa ha previsto una specifica area di contrattazione per gli addetti
agli uffici stampa nella pubblica  amministrazione.  A  sua  volta  -
ricorda il ricorrente - l'art. 40 del d.lgs. n.  165  del  2001,  nel
testo novellato dal d.lgs. n. 150 del 2009, ha ridotto  a  quattro  i
comparti di contrattazione collettiva nazionale nel pubblico  impiego
e ha previsto che,  nell'ambito  di  tali  comparti,  possono  essere
istituite    apposite    sezioni    contrattuali    per    specifiche
professionalita'. 
    Le richiamate disposizioni statali  sarebbero  espressione  della
competenza esclusiva dello Stato nella  disciplina  del  rapporto  di
lavoro  pubblico,  anche  in  riferimento  al   personale   di   aree
professionali  specifiche,  e   della   riserva   di   contrattazione
collettiva. Ne deriverebbe l'illegittimita' dell'intervento normativo
regionale,  pur  se  caratterizzato  da   natura   transitoria,   per
violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.  Si
avrebbe,  inoltre,  una  disparita'  di  trattamento  tra  dipendenti
pubblici, in violazione del principio di eguaglianza di cui  all'art.
3 Cost., insieme al «contrasto con i principi di imparzialita' e buon
andamento della  pubblica  amministrazione  di  cui  all'articolo  97
Cost.». 
    Del resto, aggiunge il ricorrente,  la  richiamata  dichiarazione
congiunta n.  8  al  CCNL  sottoscritto  il  21  maggio  2018,  lungi
dall'escludere l'applicazione del medesimo CCNL al personale  addetto
agli uffici stampa,  si  sarebbe  limitata  a  prevedere  un'apposita
sequenza contrattuale, ovvero «una specifica regolazione di raccordo,
anche ai sensi dell'art. 2, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, che provveda a disciplinare l'applicazione della citata
disposizione contrattuale nei confronti del personale  al  quale,  in
forza di specifiche, vigenti norme di legge regionale in materia, sia
stata  applicata  una  diversa  disciplina  contrattuale   nazionale,
seppure in via transitoria». La disapplicazione del CCNL sottoscritto
il 21 maggio 2018, da parte del legislatore  regionale,  non  sarebbe
quindi,  a  giudizio  del  ricorrente,  «neppure  sotto  il   profilo
letterale, compatibile con il contenuto  della  citata  dichiarazione
congiunta». 
    4.- Anche  con  riferimento  al  ricorso  ora  in  esame,  si  e'
costituita in giudizio la Regione Liguria,  in  persona  del  proprio
Presidente pro tempore, chiedendo che la  questione  di  legittimita'
costituzionale sia dichiarata non fondata. 
    La Regione evidenzia,  anzitutto,  la  natura  transitoria  della
disposizione contenuta nell'art. 29, comma 2, lettera d), della legge
reg.  Liguria  n.  25  del  2006.  Tale   disposizione,   nell'attesa
dell'entrata in vigore della fonte  contrattuale  nazionale,  avrebbe
chiarito  che  i  profili  professionali  riguardanti  i  giornalisti
dell'Ufficio  stampa  avrebbero  dovuto   essere   disciplinati   dal
contratto collettivo valido per i giornalisti. A distanza di 18  anni
dalla legge statale e' stato  firmato  il  CCNL  sottoscritto  il  21
maggio 2018, relativo al comparto  «Funzioni  locali»,  il  cui  art.
18-bis ha descritto il profilo professionale di  giornalista  addetto
all'ufficio stampa di Regioni ed Enti locali. 
    Tale art. 18-bis, tuttavia, riguarderebbe - secondo la Regione  -
solo l'inquadramento del personale  da  assumere  presso  gli  uffici
stampa  regionali.  Esso  sarebbe  quindi  «inidoneo»  a  ricostruire
correttamente  la   posizione   economico-giuridica   raggiunta   dal
personale gia' in servizio, come risulterebbe  confermato  anche  dal
tenore della dichiarazione congiunta n.  8  con  la  quale  le  parti
firmatarie avrebbero convenuto di rimandare,  ad  apposita  e  futura
sequenza contrattuale di raccordo,  l'applicazione  dell'art.  18-bis
nei  confronti  del  personale  degli  uffici  stampa  che,  in   via
transitoria,  era  stato  destinatario  di  una  diversa   disciplina
contrattuale nazionale (come e'  accaduto  proprio  con  riguardo  ai
dipendenti  dell'Ufficio  stampa  oggetto   delle   norme   regionali
impugnate, cui  e'  stato  transitoriamente  applicato  il  contratto
collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti,  ai  sensi  dell'art.
29, comma 2, lettera d, della legge reg. Liguria n. 25 del 2006). 
    Il  tutto,  quindi,  si  iscriverebbe  nella  cornice  di  quanto
previsto dall'art. 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000,  ai  fini
dell'individuazione   e   della    regolamentazione    dei    profili
professionali indicati dalla contrattazione  collettiva,  nell'ambito
di una speciale area  di  contrattazione  separata  con  l'intervento
delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. 
    Di conseguenza, a giudizio della Regione, il  regime  transitorio
delineato dall'art. 29, comma 2, lettera d), secondo  periodo,  della
legge reg. Liguria n. 25 del 2006 non poteva dirsi cessato a  seguito
dell'entrata in vigore del CCNL sottoscritto il 21 maggio  2018.  Con
la norma di interpretazione  autentica  oggetto  di  impugnativa,  la
Regione si sarebbe limitata a trarre «le naturali  conseguenze  dalla
volonta' delle parti come espressamente manifestata nella sede  della
contrattazione  nazionale  con  la  dichiarazione  congiunta  n.   8,
volonta' orientata a dare attuazione al CCNL Funzioni Locali  secondo
una  sequenza  procedimentale  a   se'   stante,   che   proprio   la
dichiarazione congiunta  n.  8  descrive  ed  il  successivo  accordo
sottoscritto anche con la  FNSI  andra'  a  definire».  In  sostanza,
quindi, la Regione non avrebbe assunto  iniziative  autonome,  ma  si
sarebbe limitata a dare applicazione ad  una  volonta'  emersa  nella
competente sede contrattuale nazionale. Ne  deriverebbe  il  rispetto
del riparto di competenze di cui all'art. 117 Cost. 
    Del resto, aggiunge  la  Regione,  «sotto  il  profilo  pratico»,
l'applicazione di un contratto collettivo nazionale di lavoro, specie
laddove comporti nuovi inquadramenti di  personale,  non  e'  affatto
«automatica», poiche' e' necessaria l'adozione di «atti  interni»,  e
viene spesso definita in seguito a indicazioni  fornite  dall'Agenzia
per  la  rappresentanza  negoziale  delle  pubbliche  amministrazioni
(ARAN). 
    In conclusione, l'impugnata norma  di  interpretazione  autentica
regolerebbe solo i rapporti di lavoro in essere, rimanendo fermo  che
l'assunzione di nuovo personale presso gli  uffici  stampa  regionali
avverra' in esecuzione del CCNL sottoscritto il 21 maggio 2018. 
    5.- A seguito del rinvio di entrambe  le  cause  a  nuovo  ruolo,
disposto  con  decreto  presidenziale  del  9  marzo  2020,  sia   il
Presidente del Consiglio dei ministri, sia la  Regione  Liguria,  con
memorie successivamente depositate, hanno ribadito, con riferimento a
entrambi i ricorsi, le argomentazioni difensive gia' illustrate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  impugnato,  con
ricorso  iscritto  al  n.  41  del  registro  ricorsi  2019,   alcune
disposizioni della legge della Regione Liguria 27 dicembre  2018,  n.
29 (Disposizioni collegate alla legge di stabilita' per l'anno 2019),
nonche', con successivo  ricorso  iscritto  al  n.  74  del  registro
ricorsi 2019, l'intera legge della Regione Liguria 19 aprile 2019, n.
5 (Norma di interpretazione autentica), deducendo la violazione degli
artt. 2, 3, 31, 51, 97  e  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della
Costituzione. 
    Quanto al primo dei ricorsi, lo scrutinio e' limitato agli  artt.
2, commi 1 e 2, e 30, comma 1, della legge reg.  Liguria  n.  29  del
2018. 
    Resta riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori
questioni proposte con lo stesso. 
    Il secondo dei due ricorsi  riguarda  una  disciplina  che,  come
verra' chiarito  piu'  avanti,  e'  strettamente  connessa  a  quella
dettata dall'art. 30, comma 1, della legge reg.  Liguria  n.  29  del
2018. 
    I giudizi, cosi' delimitati, devono pertanto essere  riuniti,  in
ragione  della  loro  connessione  oggettiva,  per  essere   trattati
congiuntamente e decisi con un'unica pronuncia. 
    2.- L'art. 2, comma 1, della legge reg. Liguria n. 29  del  2018,
nel sostituire l'intero art. 6 della legge della Regione  Liguria  25
marzo 1996, n. 15 (Norme sull'assunzione agli impieghi regionali), ha
disciplinato, nel novellato comma 1 di quest'ultimo, le modalita'  di
pubblicazione e comunicazione del diario delle prove dei concorsi per
l'accesso agli impieghi regionali. 
    Il ricorrente ha dedotto la violazione degli artt.  117,  secondo
comma, lettera l),  51,  primo  comma,  e  97,  quarto  comma,  Cost.
Risulterebbe  violata  la  competenza  dello  Stato  in  materia   di
ordinamento civile, posto che le forme di pubblicita' indicate  dalla
norma regionale non corrisponderebbero a quelle previste dall'art. 6,
comma 1, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (Regolamento recante  norme
sull'accesso agli  impieghi  nelle  pubbliche  amministrazioni  e  le
modalita' di svolgimento dei concorsi, dei  concorsi  unici  e  delle
altre forme di assunzione nei  pubblici  impieghi),  come  richiamato
dall'art. 70, comma 13, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche). Inoltre, secondo il ricorrente, le  forme
di pubblicita' previste dall'art. 6, comma 1, del d.P.R. n.  487  del
1994 rappresenterebbero una «diretta attuazione» degli artt. 51 e  97
Cost., con conseguente violazione anche di tali parametri. 
    2.1.-   La   Regione   Liguria   ha   preliminarmente    eccepito
l'inammissibilita' della questione per genericita',  in  quanto  essa
risentirebbe di una «sospetta sinteticita'» e la censura dedotta  non
sarebbe argomentata «in alcun modo». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Le censure formulate dal ricorrente sono unitarie  e  denunciano,
con sufficiente chiarezza, la violazione della competenza legislativa
esclusiva dello Stato  nella  materia  dell'ordinamento  civile,  che
includerebbe, nella prospettazione del ricorso, anche  la  disciplina
delle forme di pubblicita' del calendario delle prove  di  esame,  in
quanto  attinente  al  lavoro   alle   dipendenze   delle   pubbliche
amministrazioni e diretta  espressione  dei  principi  sanciti  dagli
artt. 51 e 97 Cost. 
    2.2.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    La norma regionale impugnata, che  regola  la  pubblicazione  del
diario delle prove di concorso e le  modalita'  di  convocazione  dei
candidati,  rientra  nella  competenza  legislativa  residuale  della
Regione ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la disciplina
dei  concorsi  per  l'accesso  al  lavoro   pubblico   e'   sottratta
all'incidenza della privatizzazione del lavoro  presso  le  pubbliche
amministrazioni,  riferita  alla   disciplina   del   rapporto   gia'
instaurato.  I   profili   pubblicistico-organizzativi   dell'impiego
pubblico  regionale  «rientrano  nell'ordinamento  e   organizzazione
amministrativa  regionale,  e  quindi  appartengono  alla  competenza
legislativa residuale della Regione» (ex multis, sentenza n. 126  del
2020, punto 5.1 del Considerato in diritto; sentenza n. 191 del 2017,
punto 5.4 del Considerato in diritto; sentenza n. 149 del 2012, punto
4.2 del Considerato in diritto). 
    La  precisazione  delle  modalita'  con  cui  deve  avvenire   la
pubblicazione del diario delle prove,  nonche'  la  convocazione  dei
singoli candidati, costituisce un profilo  inerente  alla  disciplina
della procedura concorsuale  pubblicistica  per  l'accesso  ai  ruoli
regionali e, come tale,  rientra  nella  competenza  residuale  delle
Regioni. 
    Nel  caso  di  specie,  peraltro,  questa  competenza  e'   stata
esercitata dalla Regione Liguria adottando forme di  pubblicita'  che
appaiono non solo adeguate allo scopo, nel rispetto dei  principi  di
trasparenza  della  procedura  e  di  accessibilita'  in  favore  dei
candidati, ma anche in linea  con  gli  intendimenti  generali  fatti
propri dallo stesso legislatore statale.  E'  prevista,  infatti,  la
pubblicazione  del  diario  nel  sito  istituzionale  dell'ente,   in
coerenza con la regola generale dettata, in  materia  di  pubblicita'
legale degli atti e dei provvedimenti amministrativi,  dall'art.  32,
comma 1, della legge 18 giugno  2009,  n.  69  (Disposizioni  per  lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in
materia di processo civile), facendo ricorso comunque, «[q]ualora  il
ridotto numero dei candidati lo consenta», alla comunicazione scritta
personale ai singoli candidati. Nell'esercitare la propria competenza
residuale, pertanto, la Regione non  incorre  neanche  nella  dedotta
violazione degli artt. 51 e 97 Cost. 
    3.- L'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 29 del 2018 e'
censurato dal Presidente del Consiglio dei ministri  nelle  parti  in
cui riscrive i commi 9, 10 e 11 dell'art. 16 della legge reg. Liguria
n. 15 del 1996  (rubricato  «Selezione  pubblica  per  assunzioni  di
personale a tempo determinato»). 
    Il nuovo comma 9 dell'art. 16 della legge reg. Liguria n. 15  del
1996 stabilisce che, per le assunzioni «in tutte le categorie», «puo'
essere previsto anche l'accertamento della conoscenza dell'uso  delle
apparecchiature e  delle  applicazioni  informatiche  piu'  diffuse».
Secondo il ricorrente, la previsione di un simile  accertamento  come
facoltativo, e non come obbligatorio,  determinerebbe  la  violazione
degli artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettera l), Cost.,  avuto
riguardo a quanto prevede la corrispondente normativa statale in tema
di accesso agli impieghi  nelle  pubbliche  amministrazioni,  di  cui
all'art. 37, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001. 
    3.1.- La Regione Liguria  ha,  anche  in  questo  caso,  eccepito
l'inammissibilita' delle questioni, assumendo  la  genericita'  delle
censure statali,  in  quanto  non  argomentate  e  limitate  «a  mere
affermazioni». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Le censure proposte dall'Avvocatura dello Stato, pur  sintetiche,
seguono un'argomentazione idonea a prospettare la  dedotta  invasione
della  competenza  esclusiva  statale,  coerentemente  sorretta   dal
richiamo agli artt. 3, 51 e 97. 
    3.2.- La questione non e' fondata. 
    In sede  di  concorso  per  accedere  a  impieghi  regionali,  la
valutazione discrezionale circa la conoscenza da parte dei  candidati
delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche piu'  diffuse
costituisce   uno   degli   aspetti   riconducibili   alla    materia
dell'organizzazione  amministrativa  delle  Regioni  e   degli   enti
pubblici regionali. Tale discrezionalita' non puo'  che  manifestarsi
«nella fase anteriore all'instaurazione del  contratto  di  lavoro  e
incide  in  modo  diretto  sul  comportamento  delle  amministrazioni
nell'organizzazione  delle  proprie  risorse  umane  e  solo  in  via
riflessa ed eventualmente sulle  posizioni  soggettive»  (da  ultimo,
sentenza n. 241 del 2018). 
    La disposizione della legge regionale in esame e'  da  ricondurre
alla competenza residuale della  Regione  (art.  117,  quarto  comma,
Cost.). Nell'esercizio della propria discrezionalita' in materia  ben
puo' la Regione calibrare  i  requisiti  di  accesso  alle  selezioni
pubbliche in relazione al profilo professionale  di  volta  in  volta
valutato, affiancando le conoscenze informatiche ad  altri  requisiti
ritenuti pertinenti per lo svolgimento  delle  mansioni  dedotte  nel
contratto.  La  formulazione  della   disposizione   impugnata,   nel
prevedere come meramente facoltativo l'accertamento delle  conoscenze
informatiche, consente all'amministrazione di  valutarne  l'effettiva
necessita', in coerenza con i principi di parita'  nell'accesso  agli
uffici pubblici e di  buon  andamento  dell'amministrazione,  sottesi
agli invocati artt. 3, 51 e 97 Cost. 
    4.- L'art. 16, comma 10, della legge reg. Liguria n. 15 del 1996,
quale sostituito dall'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 29
del 2018, stabilisce quanto segue: «Le assunzioni a tempo determinato
avvengono per chiamata dei  candidati  nel  rispetto  dell'ordine  di
avviamento o graduatoria.  Nel  caso  sia  necessario  assumere  piu'
dipendenti con uguale decorrenza, e per periodi  di  diversa  durata,
l'assunzione per il periodo piu'  lungo  avviene  nei  confronti  dei
candidati risultati idonei  seguendo  l'ordine  della  graduatoria  o
dell'elenco». 
    Secondo il ricorrente, questa disposizione confliggerebbe con gli
artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., in relazione
all'art. 1, comma 361, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio
di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2019  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2019-2021), in quanto disciplinerebbe  la
fattispecie dello scorrimento  delle  graduatorie  in  modo  difforme
dalla normativa statale di riferimento. 
    4.1.- Nelle more del giudizio, la disposizione censurata e' stata
abrogata dall'art. 3 della legge  della  Regione  Liguria  19  aprile
2019, n. 4, recante «Modifiche alla legge regionale 27 dicembre 2018,
n. 29 (Disposizioni collegate alla legge  di  stabilita'  per  l'anno
2019) e altre disposizioni di adeguamento», con effetto dal 27 aprile
2019. La Regione, quindi, ha concluso  per  l'intervenuta  cessazione
della materia del contendere. 
    Questa Corte ha costantemente affermato che lo  ius  superveniens
determina la cessazione della  materia  del  contendere,  purche'  la
modifica sia satisfattiva delle pretese avanzate con il ricorso e  la
norma censurata non abbia, medio tempore, ricevuto  applicazione  (ex
plurimis, da ultimo, sentenze n. 70 e n. 25 del  2020;  ordinanza  n.
140 del 2020). 
    In sede di pubblica udienza,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in considerazione dell'intervenuta abrogazione della norma,
ha  dichiarato  di   non   coltivare   piu'   alcun   interesse   per
l'impugnazione. La Regione ha  inoltre  dichiarato  che,  durante  il
periodo di vigenza - peraltro assai breve (su  quest'ultimo  aspetto,
sentenza n. 32 del 2015, punto 3.2 del Considerato in diritto)  -  la
norma non ha ricevuto alcuna applicazione. 
    Da queste convergenti allegazioni si deve pertanto  desumere  che
esistono  i  presupposti  per  dichiarare  cessata  la  materia   del
contendere in relazione alla questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 29 del 2018. 
    5.- L'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 29 del 2018 e'
impugnato anche nella parte in cui sostituisce il comma 11  dell'art.
16 della legge reg. Liguria n. 15 del 1996. La norma cosi' introdotta
prevede quanto  segue:  «I  candidati  che  si  trovino  nel  periodo
corrispondente   all'interdizione    anticipata    dal    lavoro    e
all'astensione obbligatoria per maternita' hanno titolo  a  permanere
in graduatoria e ad essere richiamati in caso di  ulteriore  utilizzo
della graduatoria stessa da parte dell'Amministrazione al termine del
predetto periodo». 
    Secondo il ricorrente, questa disposizione violerebbe  gli  artt.
2, 3, 31 e 51 Cost., in relazione all'art. 3 del decreto  legislativo
26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative  in
materia di tutela e sostegno della maternita' e della  paternita',  a
norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53),  in  quanto,
nel dettare «regole peculiari» per la fattispecie del  «personale  in
aspettativa  per  maternita'»,   finirebbe   con   l'introdurre   una
«discriminazione in ragione dello stato di gravidanza». 
    5.1.- Deve premettersi che, nelle more  del  giudizio,  la  norma
impugnata e' stata abrogata dall'art. 3 della legge reg. Liguria n. 4
del 2019, con decorrenza  27  aprile  2019.  La  Regione  Liguria  ha
concluso  per  la  declaratoria  di  cessazione  della  materia   del
contendere, in ragione dell'intervenuta abrogazione. 
    Non ricorrono in questo caso gli estremi per la  declaratoria  di
cessazione della materia del contendere. In sede di pubblica udienza,
il ricorrente non ha esteso a questa disposizione la propria volonta'
di non coltivare l'impugnazione proposta. Inoltre, non c'e'  evidenza
alcuna  della  mancata  applicazione,  medio  tempore,  della   norma
impugnata. Essa, infatti, e' rimasta in vigore per  piu'  di  quattro
mesi (dal 1° gennaio al 26 aprile 2019), arco  temporale  durante  il
quale non puo' escludersi che l'effetto di discriminazione  lamentato
dallo Stato sia venuto in essere. Tanto basta per sostenere  che  non
vi e' cessazione della materia del contendere (da ultimo, sentenze n.
68 del 2018, punto n. 14.1 del Considerato in diritto, e n.  191  del
2017, punto n. 5.3 del Considerato in diritto). 
    5.2.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    La norma  impugnata  richiama  esplicitamente  gli  istituti  del
congedo obbligatorio di maternita',  disciplinato  dall'art.  16  del
d.lgs. n. 151 del 2001 (norma che prevede, come condizione ordinaria,
il «divieto di adibire  al  lavoro  le  donne»  durante  i  due  mesi
precedenti la data presunta del parto - ovvero, ove il parto  avvenga
oltre tale data, anche per  il  periodo  intercorrente  tra  la  data
presunta e la data effettiva del parto - nonche' durante i  tre  mesi
dopo il parto), e dell'interdizione anticipata  dal  lavoro,  di  cui
all'art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 151 del  2001  (disposizione  che
prevede per le  lavoratrici  in  stato  di  gravidanza  un  ulteriore
periodo di astensione dal lavoro, che si va ad aggiungere a quello di
congedo obbligatorio per maternita', in caso di gravi  o  particolari
motivi che sono valutati dalla Direzione territoriale  del  lavoro  e
dalla ASL). 
    Essa prevede che,  per  i  corrispondenti  periodi  di  tempo,  i
candidati gia' inclusi in una graduatoria hanno «titolo» a permanervi
e ad essere  «richiamati»  in  caso  di  «ulteriore»  utilizzo  della
graduatoria stessa. Il ricorrente assume che, in tal modo, si finisce
per negare  il  diritto  all'immediata  assunzione  in  servizio  dei
candidati che, pur inclusi in graduatoria,  si  trovino  nel  periodo
corrispondente  al  congedo  per  maternita',   ovvero   che   godano
dell'interdizione  anticipata  dal  lavoro,  poiche'   si   posticipa
l'accesso al lavoro al momento del successivo - ma solo  eventuale  -
«ulteriore» scorrimento della graduatoria. 
    Cosi'  ricostruita,  la  disposizione  censurata   si   pone   in
insanabile contrasto  con  i  principi  costituzionali  che  tutelano
l'interesse primario dei minori. I principi gia' espressi  da  questa
Corte, relativamente al  divieto  di  discriminazioni  connesse  allo
stato di gravidanza e alla maternita', nonche' alla cura del bambino,
intesa  come  valorizzazione  di  un  peculiare  legame  affettivo  e
relazionale (sentenza n. 158 del 2018, che richiama le sentenze n. 61
del 1991 e n. 423 del 1995),  devono,  peraltro,  seguendo  il  corso
dell'evoluzione legislativa, considerarsi estesi al padre lavoratore,
quando ricorrono le condizioni indicate dall'art. 28  del  d.lgs.  n.
151 del 2001. Secondo questa disposizione, in  caso  di  morte  o  di
infermita' grave della madre, ovvero di abbandono, nonche' in caso di
affidamento esclusivo  del  bambino  al  padre,  quest'ultimo  ha  il
diritto di astenersi dal  lavoro  per  un  periodo  corrispondente  a
quello del congedo obbligatorio di maternita'. 
    La previsione della legge della Regione  Liguria  secondo  cui  i
candidati non  possono  essere  immediatamente  assunti,  qualora  si
trovino nei periodi corrispondenti al congedo ovvero all'interdizione
dal lavoro, e'  in  contrasto  con  tutti  i  parametri  evocati  dal
ricorrente,  che  congiuntamente  esprimono   i   principi   di   non
discriminazione,  di  protezione  del  minore  e  di   tutela   della
maternita', piu' volte enunciati da questa Corte. Tale  disposizione,
nel privare i candidati di una concreta possibilita' di immissione in
ruolo, con la perdita dei connessi benefici giuridici  ed  economici,
compromette il loro  accesso  all'impiego,  nell'ipotesi  in  cui  la
graduatoria  non  divenga  oggetto  di  «ulteriore»  utilizzo.   Cio'
determina una  palese  discriminazione  in  ragione  dello  stato  di
gravidanza e di maternita', che si sostanzia nella perdita di chance,
collegata a un effettivo ingresso in ambito lavorativo. 
    Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 29 del 2018,  nella
parte in cui ha sostituito l'art. 16,  comma  11,  della  legge  reg.
Liguria n. 15 del 1996. 
    6.- Anche l'art. 30, comma 1, della legge reg. Liguria n. 29  del
2018 forma oggetto delle censure di cui al primo dei due  ricorsi  di
cui qui si discute. Con tale disposizione il legislatore regionale ha
introdotto una norma di  «interpretazione  autentica»  dell'art.  29,
comma 2, lettera d),  secondo  periodo,  della  legge  della  Regione
Liguria 17  agosto  2006,  n.  25  (Disposizioni  sull'autonomia  del
Consiglio  regionale  Assemblea  legislativa  della  Liguria).   Essa
interviene sul profilo professionale  (e  sul  connesso  «equivalente
economico»)   attribuibile   al   personale    dell'Ufficio    stampa
dell'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea legislativa  regionale.  La
norma di «interpretazione autentica» e'  impugnata  dallo  Stato  per
violazione degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost.,  in
quanto essa consisterebbe in una norma  innovativa,  e  non  di  mera
interpretazione, atta a cristallizzare  il  trattamento  economico  e
giuridico applicabile al personale assunto in data  anteriore  al  21
maggio 2018, senza alcun rinvio  alla  contrattazione  collettiva  di
settore (costituita, adesso, dal Contratto  collettivo  nazionale  di
lavoro del comparto «Funzioni  locali»,  per  il  periodo  2016-2018,
sottoscritto in data 21 maggio 2018). 
    Successivamente alla proposizione del  primo  ricorso,  la  norma
impugnata e' stata abrogata dall'art. 1, comma 1,  della  legge  reg.
Liguria n. 4 del 2019. L'art. 1 della coeva legge reg. Liguria  n.  5
del 2019, tuttavia, ha contestualmente introdotto una nuova norma  di
interpretazione autentica, simile  a  quella  abrogata,  oggetto  del
secondo ricorso promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    In questo caso, l'Avvocatura dello Stato - nell'impugnare, con il
secondo dei due ricorsi qui esaminati, l'intera legge regionale n.  5
del 2019 che, oltre all'art. 1, contiene anche  l'art.  2,  rubricato
«Dichiarazione d'urgenza» - ha dedotto la violazione degli  artt.  3,
97 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto la nuova  norma
di interpretazione autentica,  quale  introdotta  dall'art.  1  della
legge reg. Liguria n. 5 del 2019, comporterebbe  la  disapplicazione,
in parte qua, del CCNL sottoscritto il 21  maggio  2018.  Secondo  il
ricorrente, da cio' deriverebbe una  disparita'  di  trattamento  tra
dipendenti  pubblici,  oltre  che  la  violazione  dei  principi   di
imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. 
    6.1.-  Quanto  all'ammissibilita'   della   questione   sollevata
sull'intera legge reg. Liguria n.  5  del  2019,  si  deve  porre  in
evidenza che l'impugnazione del Presidente del Consiglio dei ministri
investe l'intera legge regionale, composta, come gia' detto,  da  due
articoli. Anche se le doglianze si riferiscono al contenuto del  solo
art. 1, e' di tutta evidenza che i due articoli sono  tenuti  insieme
da un forte e coerente nesso,  tanto  da  non  ingenerare  incertezze
circa il contenuto delle censure (da  ultimo,  sentenza  n.  128  del
2020). 
    Questa Corte ha chiarito che se «e'  inammissibile  l'impugnativa
di una intera legge ove cio' comporti la  genericita'  delle  censure
che non consenta la  individuazione  della  questione  oggetto  dello
scrutinio  di  costituzionalita'»,  sono,  invece,  ammissibili   «le
impugnative contro intere leggi caratterizzate da normative  omogenee
e tutte coinvolte dalle censure» (tra le tante, sentenze  nn.  143  e
128 del 2020, n. 247 del 2018, n. 14 del 2017 e n. 141 del 2010). 
    Questo e' il caso della legge regionale impugnata, poiche' l'art.
2, che prevede la  precisazione  del  giorno  della  sua  entrata  in
vigore,  riveste  una  funzione  meramente  accessoria  rispetto   al
contenuto dell'art. 1 (sentenze n. 128 del 2020, n. 14 del 2017 e  n.
201 del 2008). 
    6.2.- Nel passare al merito, si  impone  un  breve  inquadramento
delle questioni sollevate. 
    6.2.1.-  La  legge  7  giugno  2000,  n.  150  (Disciplina  delle
attivita'  di  informazione  e  di  comunicazione   delle   pubbliche
amministrazioni), prevede all'art. 9 che le pubbliche amministrazioni
possono dotarsi di un ufficio stampa che svolge attivita' indirizzata
ai mezzi di comunicazione di massa. A norma del comma 2 dell'art.  9,
il personale degli uffici stampa e' iscritto all'albo  nazionale  dei
giornalisti  ed  e'  costituito  da  dipendenti  di   amministrazioni
pubbliche, anche in comando  o  fuori  ruolo  (ovvero,  da  personale
estraneo alla p.a.). 
    Il   comma   5   dell'art.   9   ha,   inoltre,   stabilito   che
l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali  del
personale in questione «sono affidate alla contrattazione  collettiva
nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con  l'intervento
delle   organizzazioni   rappresentative    della    categoria    dei
giornalisti». Per molti anni successivi al  varo  della  legge,  tale
«speciale area di contrattazione» non e' stata creata. Alcune Regioni
- tra queste la Liguria - hanno stabilito pertanto  di  applicare  le
previsioni  del  vigente  contratto   collettivo   dei   giornalisti,
stipulato dalle organizzazioni  degli  editori  e  dalla  Federazione
nazionale della stampa italiana (FNSI). L'art. 29, comma  2,  lettera
d), secondo periodo, della legge reg. Liguria n.  25  del  2006,  con
specifico riguardo al personale dell'Ufficio stampa della  Presidenza
dell'Assemblea legislativa regionale, ha stabilito che, «[s]ino  alla
data di entrata in vigore dell'apposito accordo collettivo  nazionale
quadro relativo  alla  costituzione  del  profilo  professionale  del
personale addetto alle  attivita'  di  informazione  e  comunicazione
delle pubbliche amministrazioni», sono attribuiti a quel personale «i
profili professionali dei giornalisti previsti dal vigente  contratto
collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti, nonche' l'equivalente
economico previsto dal medesimo  contratto  collettivo  nazionale  di
lavoro dei giornalisti per i relativi profili». 
    In data  21  maggio  2018  e'  stato  sottoscritto  il  contratto
collettivo nazionale del comparto «Funzioni locali», per il  triennio
2016-2018 (d'ora innanzi: CCNL sottoscritto il 21 maggio 2018).  Tale
contratto, all'art. 18-bis, ha  istituito  i  nuovi  profili  per  le
attivita'  di  comunicazione  e  informazione  delle  amministrazioni
locali. Al tempo stesso, la allegata dichiarazione congiunta n. 8  ha
preso in considerazione la situazione di quel personale «al quale, in
forza di specifiche, vigenti norme di legge regionale in materia, sia
stata  applicata  una  diversa  disciplina  contrattuale   nazionale,
seppure  in  via  transitoria»,  e  ha  quindi  stabilito,  per  tale
personale,  di  rimandare  ad  «apposita  sequenza  contrattuale»  la
«specifica   regolazione   di   raccordo»   atta    a    disciplinare
l'applicazione delle norme di cui all'art. 18-bis. 
    6.2.2.- In tale  quadro  si  collocano  le  due  norme  regionali
oggetto dell'impugnazione del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Con la norma di «interpretazione autentica» di cui  all'art.  30,
comma 1, della legge regionale n. 29 del 2018 (impugnata con il primo
dei due ricorsi in decisione), il legislatore ligure ha stabilito che
l'inciso «sino alla data di entrata in vigore  dell'apposito  accordo
collettivo nazionale quadro relativo alla  costituzione  del  profilo
professionale del personale addetto alle attivita' di informazione  e
comunicazione delle pubbliche amministrazioni» (espressione contenuta
nel secondo periodo della lettera d del comma 2  dell'art.  29  della
legge reg. Liguria n. 25 del 2006), deve essere inteso «nel senso che
l'accordo collettivo nazionale quadro e' quello  definito  a  seguito
dell'apposita  sequenza  contrattuale  di  cui   alla   dichiarazione
congiunta n. 8 al CCNL funzioni locali del 21 maggio  2018».  In  tal
modo, si e' disposta  l'applicazione  del  contratto  collettivo  dei
giornalisti anche oltre l'entrata in vigore del CCNL sottoscritto  il
21 maggio 2018. 
    Lo stesso art. 30, comma 1, della legge reg. Liguria  n.  29  del
2018 ha  altresi'  stabilito,  nella  seconda  parte,  quanto  segue:
«Rimane comunque ferma l'applicazione dei "profili professionali  dei
giornalisti previsti dal vigente contratto  collettivo  nazionale  di
lavoro dei giornalisti, nonche' l'equivalente economico previsto  dal
medesimo contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti per
i relativi profili" nei confronti del personale assunto con contratto
a tempo determinato anteriormente alla data del 21 maggio  2018».  Si
e' cosi' confermata per tale personale l'applicazione  del  contratto
collettivo  dei  giornalisti  anche   per   il   periodo   successivo
all'entrata  in  vigore  della  specifica  regolazione  di   raccordo
preannunziata dalla dichiarazione congiunta  n.  8  di  cui  al  CCNL
sottoscritto il 21 maggio 2018. 
    Con la successiva disposizione di  cui  all'art.  1  della  legge
regionale n. 5 del 2019 (oggetto del secondo ricorso  presentato  dal
Presidente del Consiglio dei ministri) la Regione  Liguria,  abrogato
l'intero comma 1 dell'art. 30 della legge regionale n. 28  del  2019,
ne ha riproposto in modo identico la prima parte,  con  l'effetto  di
confermare l'applicazione del contratto  collettivo  dei  giornalisti
anche oltre l'entrata in vigore del CCNL sottoscritto  il  21  maggio
2018, ma pur  sempre  fino  all'entrata  in  vigore  della  specifica
regolazione di raccordo menzionata dalla dichiarazione  congiunta  n.
8. Non e' stata, invece, piu' riprodotta la (gia'  abrogata)  seconda
parte  della  stessa  disposizione,  che  manteneva  fermo,  per   il
personale assunto prima del 21 maggio 2018, il regime  dettato  dalla
contrattazione collettiva dei giornalisti. 
    Il quadro normativo si completa poi, a livello  statale,  con  la
novella introdotta dall'art. 1, comma 160, della  legge  27  dicembre
2019,  n.  160  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il  triennio  2020-2022).
Si tratta del nuovo comma 5-bis dell'art. 9 della legge  n.  150  del
2000, che ha stabilito, con decorrenza 1° gennaio 2020, quanto segue:
«Ai dipendenti di ruolo in servizio presso gli  uffici  stampa  delle
amministrazioni di cui al comma  1  ai  quali,  in  data  antecedente
all'entrata in vigore dei contratti collettivi  nazionali  di  lavoro
relativi  al  triennio  2016-2018,  risulti  applicato  il  contratto
collettivo nazionale di lavoro giornalistico per effetto di contratti
individuali  sottoscritti  sulla  base  di  quanto   previsto   dagli
specifici  ordinamenti  dell'amministrazione  di  appartenenza,  puo'
essere riconosciuto il mantenimento del trattamento in godimento,  se
piu' favorevole, rispetto a quello previsto  dai  predetti  contratti
collettivi nazionali  di  lavoro,  mediante  riconoscimento,  per  la
differenza, di un assegno ad personam riassorbibile, in attuazione di
quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, ultimo periodo, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con le modalita'  e  nelle  misure
previste dai futuri contratti collettivi nazionali di lavoro». 
    Come  recentemente  affermato  da  questa  Corte,  tale   novella
legislativa «deve  intendersi  riferita  unicamente  ai  rapporti  di
lavoro dei singoli soggetti, ancorche' la  loro  regolazione  con  il
contratto di lavoro giornalistico abbia trovato fonte  e  ragione  in
normative   regionali,   che    tale    applicazione    espressamente
autorizzavano, mentre non potrebbe intendersi quale ratifica di  tali
leggi regionali anche al fine di autorizzazione della spesa da  parte
dell'ente locale» (sentenza n. 112 del 2020, punto 5 del  Considerato
in diritto). 
    6.3.- Alla luce del quadro normativo  qui  ricostruito  nei  suoi
tratti essenziali, le due  questioni  sollevate  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri sono fondate. 
    Con riferimento a  leggi  regionali  simili  a  quelle  oggi  sub
iudice, questa Corte ha affermato che l'applicazione a una  categoria
di personale di ruolo della Regione di un  contratto  collettivo  non
negoziato  dall'Agenzia  per  la   rappresentanza   negoziale   delle
pubbliche  amministrazioni  (ARAN),  ma  dalle  organizzazioni  degli
editori e dalla Federazione nazionale della  stampa  italiana,  viola
l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  in  quanto  «[l]a
disciplina del rapporto di lavoro  dei  dipendenti  pubblici  rientra
[...] nella materia "ordinamento civile" e spetta in via esclusiva al
legislatore nazionale». Viene, infatti, in considerazione un rapporto
di lavoro che, a  seguito  della  privatizzazione,  «e'  disciplinato
dalle disposizioni del codice civile e dalla specifica contrattazione
collettiva, espressamente regolata dall'art. 2» del d.lgs. n. 165 del
2001 (sentenza n. 10 del 2019, punto 6 del Considerato in diritto). 
    L'art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni,
prevede, al comma 2, ultimo periodo, che «[n]ell'ambito dei  comparti
di  contrattazione  possono  essere   costituite   apposite   sezioni
contrattuali per specifiche professionalita'». Proprio alla  luce  di
tale  previsione,  il  CCNL  sottoscritto  il  21  maggio   2018   ha
disciplinato la posizione dei giornalisti addetti agli uffici  stampa
in questione, con la conseguenza che «la  legge  impugnata  viola  la
sfera  di  competenza  statale,  che  riserva   alla   contrattazione
collettiva la disciplina del pubblico impiego» (sentenza  n.  10  del
2019, punto 6 del Considerato in diritto). 
    Anche le disposizioni regionali  censurate,  nello  stabilire  le
condizioni  di   perdurante   applicabilita'   della   contrattazione
collettiva dei giornalisti, in luogo di quella del comparto «Funzioni
locali», determinano l'effetto di rendere  applicabile  un  contratto
collettivo che non coincide con quello indicato dalla  fonte  a  cio'
deputata, con conseguente violazione  delle  prerogative  statali  in
materia (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.) 
    Ne'  a  considerazioni  diverse  puo'  condurre  la  natura  solo
transitoria delle norme  impugnate  (ovvero,  l'avvenuta  abrogazione
dell'art. 30, comma 1, seconda parte, della legge reg. Liguria n.  29
del 2018, che regolava l'applicazione del  contratto  collettivo  dei
giornalisti per il personale assunto antecedentemente  al  21  maggio
2018),  poiche'  la   contrattazione   collettiva   cui   rinvia   la
legislazione statale non e' derogabile neanche in via provvisoria. 
    Queste conclusioni, ribadite dalla gia' citata  sentenza  n.  112
del 2020 (punto 12 del Considerato in diritto), chiariscono che e' la
contrattazione collettiva di settore la sede in cui  si  adottano  le
soluzioni piu' consone per regolamentare l'attivita' dei  giornalisti
alle dipendenze della pubblica amministrazione. 
    Si  deve  pertanto  dichiarare  l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 30, comma 1, della legge reg. Liguria  n.  29  del  2018  e
dell'intera legge reg. Liguria n. 5 del 2019. Restano  assorbiti  gli
ulteriori  parametri  evocati  dal  Presidente  del   Consiglio   dei
ministri. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a  separata  pronuncia  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale promosse dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con il ricorso n. 41 del 2019; 
    riuniti i giudizi; 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2,
della  legge  della  Regione  Liguria  27  dicembre   2018,   n.   29
(Disposizioni collegate alla legge di stabilita'  per  l'anno  2019),
nella parte in cui ha sostituito l'art. 16,  comma  11,  della  legge
della Regione Liguria 25 marzo 1996,  n.  15  (Norme  sull'assunzione
agli impieghi regionali); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  30,  comma
1, della legge reg. Liguria n. 29 del 2018 e dell'intera legge  della
Regione Liguria 19  aprile  2019,  n.  5  (Norma  di  interpretazione
autentica); 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge reg. Liguria  n.  29
del 2018, promossa, in riferimento agli artt. 51,  primo  comma,  97,
quarto comma, e 117, secondo comma, lettera l),  della  Costituzione,
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato  in
epigrafe; 
    4)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria  n.  29
del 2018, nella parte in cui ha sostituito l'art. 16, comma 9,  della
legge reg. Liguria n. 15 del  1996,  promossa,  in  riferimento  agli
artt. 3, 51,  97  e  117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    5) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alla
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2,  della
legge reg. Liguria n. 29 del 2018, nella parte in cui  ha  sostituito
l'art. 16, comma 10,  della  legge  reg.  Liguria  n.  15  del  1996,
promossa, in riferimento agli artt. 3, 51, 97 e 117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 luglio 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 settembre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA