N. 88 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 settembre 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 22 settembre 2020 (del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Impiego pubblico - Norme della Regione Toscana  -  Inquadramento  del
  personale giornalista appartenente  al  ruolo  unico  regionale  in
  servizio a tempo indeterminato  presso  l'Agenzia  di  informazione
  degli organi di governo della Regione e presso l'Ufficio stampa del
  Consiglio regionale - Definizione, in via transitoria, del relativo
  trattamento  giuridico  ed  economico,  con  efficacia  fino   alla
  sottoscrizione del contratto integrativo  successivo  al  CCNL  per
  l'attuazione dell'art. 18-bis del CCNL Funzioni locali 2016-2018  e
  dell'art. 1, comma 160, della legge n. 160 del 2019. 
- Legge della Regione Toscana 24 luglio 2020,  n.  69  (Inquadramento
  del personale giornalista assunto a tempo indeterminato.  Modifiche
  alla l.r. 43/2006 e alla l.r. 9/2011), artt. 1, commi 1, 2, 3 e  5;
  3 e 8. 
(GU n.46 del 11-11-2020 )
    Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei   ministri   in   carica,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  C.F.  80224030587,  n.  fax
0696514000  ed  indirizzo  p.e.c.  per  il  ricevimento  degli   atti
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici domicilia  in
Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta
regionale in carica, con sede in Firenze, Piazza del Duomo n. 10; 
    Per  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 1, comma 1, comma 2, comma 3 e conseguentemente il comma  5,
che contiene la clausola di cedevolezza, dell'art. 3  e  dell'art.  8
della  legge  della  Regione  Toscana  n.  69  del  2020,  intitolata
«Inquadramento   del   personale   giornalista   assunto   a    tempo
indeterminato. Modifiche alla legge regionale n. 43/2006 e alla legge
regionale n.  9/2011»,  pubblicata  nel  Bollettino  ufficiale  della
Regione Toscana n. 69 del 24 luglio 2020, pubblicata  nel  Bollettino
ufficiale  della  regione  n.  73  del  29   luglio   2020   recante:
«Inquadramento   del   personale   giornalista   assunto   a    tempo
indeterminato. Modifiche  alla  legge.regionale  n.  43/2006  e  alla
legge.regionale n. 9/2011», per contrasto  con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera 1) e terzo comma, della  Costituzione  in  materia  di
ordinamento civile e di coordinamento della finanza  pubblica,  anche
in relazione agli articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione  e
articoli 1, 2 e 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all'art.
9, della legge n. 150 del 2000, e con il principio di uguaglianza  di
cui all'art. 3 della Costituzione; 
    E cio' a seguito  ed  in  forza  della  delibera  di  impugnativa
assunta dal Consiglio dei ministri  nella  seduta  del  10  settembre
2020. 
 
                                Fatto 
 
    La legge dela Regione Toscana del 24 luglio 2020  n.  69  recante
«Inquadramento   del   personale   giornalista   assunto   a    tempo
indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006  e  alla  legge
regionale 9/2011» detta  disposizioni  inerenti  l'inquadramento  del
personale giornalista delle strutture speciali per  le  attivita'  di
informazione del Consiglio regionale e degli organi di governo  della
regione, definendone, in via  transitoria,  il  relativo  trattamento
giuridico ed economico. 
    La legge regionale in oggetto contempla talune  disposizioni  che
appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto  contrastanti  con
le norme generali inerenti la competenza esclusiva statale in materia
di ordinamento  del  lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche, riconducibile all'ordinamento civile  ai  sensi  dell'art.
117, comma 2,  lettera  1),  117  comma  3,  in  materia  di  finanza
pubblica, della Costituzione in materia di ordinamento  civile  e  di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  anche  in  relazione   agli
articoli 81 e 97, primo comma, della Costituzione e articoli 1,  2  e
40 del decreto legislativo 165 del 2001 e all'art. 9, della legge 150
del 2000, e con il principio di uguaglianza di cui all'art.  3  della
Costituzione. 
    In particolare, contrastano con le disposizioni summenzionate,  e
sono pertanto illegittime le norme di cui gli articoli  1,  comma  1,
comma 2, comma 3 e conseguentemente  il  comma  5,  che  contiene  la
clausola di cedevolezza, l'art. 3 e l'art. 8  della  legge  in  esame
della Regione Toscana n. 69 del 2020 e, giusta determinazione assunta
dal Consiglio dei ministri nella seduta del 10 settembre  2020,  sono
impugnate per i seguenti; 
 
                               Motivi 
 
    1. Illegittimita' degli articoli 1, comma 1, comma 2, comma  3  e
conseguentemente il comma 5, che contiene la clausola di cedevolezza,
della legge Regione Toscana n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento
del personale giornalista assunto a  tempo  indeterminato.  Modifiche
alla legge regionale 43/2006 e  alla  legge  regionale  9/2011»,  per
violazione degli articoli 117, secondo  comma,  lettera  1)  e  terzo
comma, della Costituzione in  materia  di  ordinamento  civile  e  di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  anche  in  relazione   agli
articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione e agli  articoli  1,
2, 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001  e  all'art.  9,  della
legge n. 150 del 2000, e del principio di uguaglianza di cui all'art.
3 della Costituzione. 
    L'art. 1, comma 1, della legge in esame n. 60  del  2020  recante
«Inquadramento  del  personale  giornalista»  inquadra  il  personale
giornalista nella categoria D del  CCNL  Funzioni  locali  mentre  il
comma 2, richiamando la legge di bilancio n. 160  del  2019  (che  ha
introdotto il  comma  5-bis  all'art.  9  della  legge  n.  150/2000)
attribuisce un assegno ad personam riassorbibile. 
    Il comma 3 affida ad una  deliberazione  della  Giunta  regionale
l'attuazione dei precedenti commi 1 e 2, ivi compresa la  definizione
di tabelle di equiparazione; il comma 5 poi  circoscrive  l'efficacia
dei predetti  commi  solo  fino  alla  sottoscrizione  del  contratto
integrativo  successivo  al  CCNL  Funzioni  locali   2016-2018   per
l'attuazione dell'art. 18-bis del medesimo CCNL recante  «Istituzione
dei nuovi profili per le attivita' di comunicazione e informazione». 
    Tali  previsioni  (disciplina  del  trattamento  economico,   ivi
compresa  la  materia  degli  inquadramenti   del   personale)   sono
disciplinate  dalle  disposizioni   del   codice   civile   e   della
contrattazione collettiva  di  competenza,  quindi,  del  legislatore
statale e pertanto si pongono in contrasto con gli articoli 1, 2,  40
del decreto legislativo n. 165 del 2001 e l'art. 9  della  legge  150
del 2000, in violazione dell'art. 117, comma 2, lettera 1) in materia
di ordinamento civile nonche' del principio  di  uguaglianza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione. 
    Lo stesso legislatore regionale mostra  di  avere  consapevolezza
che la disciplina  anche  di  tale  personale,  in  particolare,  con
espresso riferimento alla individuazione di tabelle di equiparazione,
riconducibili alla materia del trattamento giuridico ed economico del
personale,  non  puo'  che  essere  retta  dalle  disposizioni  della
contrattazione collettiva. 
    Quanto  alla  transitorieta'  della  norma,  c.d.   clausola   di
cedevolezza, si richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 81
del  2019  secondo  cui  «quanto  al  carattere   transitorio   della
disciplina regionale oggetto di impugnativa, e' da osservare  che  il
principio di riserva di contrattazione  collettiva  non  puo'  essere
derogato nemmeno in via provvisoria». 
    In  ordine  alla  predisposizione  delle  suddette   tabelle   di
equiparazione, da cui  discenderebbero  effetti  giuridico/economici,
sembrerebbe altresi' ricorrere l'ipotesi di  violazione  dell'art.  3
della Costituzione. 
    Ed infatti tale disciplina, in quanto  valevole  (seppur  per  un
periodo limitato) per il solo personale  della  Regione  Toscana,  si
porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza fra i cittadini
e, nella  specie,  fra  i  lavoratori  pubblici  della  categoria  in
argomento per i quali  solo  il  CCNL  assicurerebbe  uniformita'  di
trattamento su tutto il territorio nazionale. 
    Come noto, la vigente normativa in materia di rapporto di  lavoro
alle dipendenze  della  pubblica  amministrazione  e'  contenuta  nel
decreto legislativo n. 165  del  2001,  concernente  «Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche» e nella legge n.  150  del  2000  concernente  «Disciplina
delle attivita' di informazione e di  comunicazione  delle  pubbliche
amministrazioni». 
    Come piu' volte ribadito da codesta Ecc.ma Corte  costituzionale,
«a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, la
disciplina del rapporto di  lavoro  alle  dipendenze  della  pubblica
amministrazione e' retta dalle disposizioni del codice civile e dalla
contrattazione collettiva (tra le ultime, sentenze n. 62 e n. 10  del
2019)». 
    In particolare, dall'art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo, del
decreto legislativo n. 165 del 2001, emerge il principio per  cui  il
trattamento  economico  dei  dipendenti  pubblici  e'   affidato   ai
contratti collettivi. 
    «Anche la posizione dei dipendenti regionali  e'  attratta  dalla
citata  disciplina  del  trattamento  economico   e   giuridico   dei
dipendenti pubblici, ai sensi  dell'art.  1,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001. Di conseguenza, il rapporto  di  impiego
dello stesso personale delle Regioni e' regolato  dalla  legge  dello
Stato e, in virtu' del rinvio da questa operato, dalla contrattazione
collettiva» (Corte costituzionale sentenza n. 154 del 2019,  sentenze
nn. 72 e 160 del 2017). 
    Tale disciplina, peraltro,  «costituisce  norma  fondamentale  di
riforma economico-sociale della Repubblica, alla stregua dell'art. 1,
comma 3, del citato decreto legislativo n. 165  del  2001,  il  quale
rinvia in proposito ai principi desumibili dall'art. 2 della legge 23
ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la
revisione  delle  discipline  in  materia  di  sanita',  di  pubblico
impiego, di previdenza e di finanza territoriale), che, al  comma  1,
lettera a), stabilisce per l'appunto come  principio  la  regolazione
mediante contratti individuali e collettivi dei rapporti di lavoro  e
di impiego nel settore pubblico» (Corte  costituzionale  sentenza  n.
314 del 2003; cfr. anche sentenza n. 81 del 2019). 
    Pertanto, in relazione al  riparto  di  competenza  tra  Stato  e
Regione, cio' comporta che la disciplina del trattamento economico e,
piu' in generale di quella del  rapporto  di  impiego  pubblico,  ivi
compresa la materia degli inquadramenti del personale, rientra  nella
materia «ordinamento  civile»  riservata  alla  potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato (sentenze n. 213 del 2012, nn. 160  e  175  del
2017, sentenza n. 154 del 2019), che in tal modo fissa  principi  che
«costituiscono   tipici   limiti   di   diritto   privato,    fondati
sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di
garantire  l'uniformita'  nel  territorio  nazionale   delle   regole
fondamentali di diritto che  disciplinano  i  rapporti  tra  privati»
(Corte costituzionale sentenza n. 189 del 2007). 
    La  stessa  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale,   nella
recente sentenza n. 112 del 2020  e  nelle  precedenti  decisioni  di
analogo tenore, le nn. 10 e 81 del 2019, ha  cosi'  argomentato:  «In
riferimento all'art. 2, commi 2 e 6, della legge regionale impugnata,
la posizione degli addetti agli uffici stampa regionali va  esaminata
alla luce delle disposizioni del decreto legislativo 30  marzo  2001,
n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze
delle amministrazioni pubbliche) e della legge 7 giugno 2000, n.  150
(Disciplina delle attivita' di informazione e di comunicazione  delle
pubbliche amministrazioni) e successive modifiche e integrazioni». 
    Il decreto legislativo n. 165 del 2001 demanda la regolazione dei
rapporti  di  lavoro  dei  dipendenti  pubblici  alla  contrattazione
collettiva, secondo le modalita' dettate dall'art. 40,  il  quale,  a
sua volta, nel testo novellato dal  decreto  legislativo  27  ottobre
2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in  materia
di ottimizzazione  della  produttivita'  del  lavoro  pubblico  e  di
efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) dispone che
«[n]ell'ambito  dei  comparti  di   contrattazione   possono   essere
istituite    apposite    sezioni    contrattuali    per    specifiche
professionalita'». 
    Con  riferimento  ai  dipendenti  pubblici  che  siano   altresi'
giornalisti, rilevano l'art. 9, comma 2, della legge n. 150 del 2000,
che prevede che  «gli  uffici  stampa  sono  costituti  da  personale
iscritto all'albo nazionale dei giornalisti» e, il  successivo  comma
5,  secondo  cui  «negli  uffici   stampa   l'individuazione   e   la
regolamentazione  dei  profili  professionali  sono   affidate   alla
contrattazione  collettiva  nell'ambito  di  una  speciale  area   di
contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative
della categoria dei giornalisti». 
    Tale disposizione prevede per le sole Regioni a statuto  speciale
e per le province autonome di Trento  e  di  Bolzano  l'applicazione,
agli  addetti  agli   uffici   stampa,   del   contratto   collettivo
riconosciuto dai singoli ordinamenti, fino alla  definizione  di  una
specifica disciplina in sede di contrattazione collettiva e  comunque
non oltre il 31 ottobre 2019. 
    La peculiare posizione degli addetti agli uffici stampa regionali
trova oggi una regolamentazione  nell'intervenuta  normativa  di  cui
alla legge 27 dicembre 2019, n. 160  (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2020  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2020-2022), che ha introdotto il comma 5-bis nella legge  n.
150 del 2000, dove viene stabilito che  ai  dipendenti  di  ruolo  in
servizio presso gli uffici  stampa  delle  pubbliche  amministrazioni
che, prima dei contratti collettivi pubblici relativi  al  2016-2018,
godevano  del  contratto  nazionale  di  lavoro  giornalistico   piu'
favorevole  rispetto  a  quello  stabilito   dai   citati   contratti
collettivi,  puo'  essere  riconosciuto  il  mantenimento  del   piu'
favorevole trattamento  in  godimento  tramite  assegno  ad  personam
riassorbibile. 
    Tale norma, essendo contenuta nella legge  di  bilancio,  decorre
dal 1°  gennaio  2020,  con  riferimento  alla  possibilita'  per  le
amministrazioni  di  valutare   discrezionalmente   il   mantenimento
dell'assegno ad personam. 
    Si tratta di norma che «deve intendersi  riferita  unicamente  ai
rapporti  di  lavoro  dei  singoli  soggetti,   ancorche'   la   loro
regolazione con il contratto di lavoro  giornalistico  abbia  trovato
fonte  e  ragione  in  normative  regionali,  che  tale  applicazione
espressamente autorizzavano, mentre  non  potrebbe  intendersi  quale
ratifica di tali leggi regionali  anche  al  fine  di  autorizzazione
della spesa da parte dell'ente locale» (Corte costituzionale sentenza
n. 112 del 2020). 
    E', dunque, evidente che la regolazione del  rapporto  di  lavoro
del personale in questione e' riconducibile alla  competenza  statale
in materia di ordinamento civile, come codesta Corte ha avuto modo di
affermare con le sentenze n. 10 e n. 81  del  2019,  con  cui  si  e'
dichiarata  l'illegittimita'   costituzionale   di   due   previsioni
regionali analoghe a quelle  oggetto  del  presente  giudizio,  l'una
della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l'altra della  Regione
Lazio, che prevedevano  l'applicazione  del  contratto  giornalistico
agli  addetti  agli  uffici   stampa   regionali,   sul   presupposto
dell'illegittima invasione della sfera di competenza del  legislatore
statale, a cui spetta  in  via  esclusiva  porre  la  disciplina  del
rapporto di lavoro pubblico. 
    Ed in vero, il contratto collettivo  relativo  al  personale  del
comparto funzioni locali (negoziato dall'A RAN e dalle organizzazioni
sindacali del comparto) ha disciplinato la posizione dei  giornalisti
addetti  agli  uffici  stampa  regionali,  cosi'  da  escludersi   la
legittimita' di una legge regionale che  prevede  «l'applicazione  ai
giornalisti inquadrati, a seguito di concorso pubblico, nel personale
di ruolo della regione  di  un  contratto  collettivo  non  negoziato
dall'Agenzia  per  la  rappresentanza   negoziale   delle   pubbliche
amministrazioni  (ARAN),  ma  dalle  organizzazioni  datoriali  degli
editori e dalla Federazione nazionale della stampa italiana», poiche'
lesiva della sfera di competenza statale di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera l), Costituzione e delle leggi statali  di  disciplina
della contrattazione collettiva del pubblico impiego (sentenza n.  10
del 2019). 
    La particolare area di contrattazione prevista  dalla  disciplina
statale, peraltro, non e'  stata  mai  attuata  dalla  contrattazione
collettiva e la posizione degli addetti agli uffici stampa regionali,
come gia' detto, e' attualmente definita non  gia'  da  un  contratto
negoziato dal sindacato dei giornalisti, ma dal contratto  collettivo
nazionale di lavoro  relativo  al  personale  del  comparto  funzioni
locali per il triennio 2016-2018, non sottoscritto dalla  Federazione
nazionale della stampa italiana. 
    Non  risulta  attuata  la  speciale  sezione   contrattuale   per
specifiche professionalita', prevista dal comma 2  dell'art.  40  del
decreto legislativon. 165 del 2001.  Tuttavia,  come  Codesta  Ecc.ma
Corte ha gia' avuto modo  di  rilevare  con  riguardo  ad  un'analoga
previsione normativa della Regione Basilicata, «la mancata attuazione
della disciplina statale non esclude che  la  legge  regionale  della
Basilicata n. 7 del 2001, la quale  prevede  che  gli  uffici  stampa
regionali operano come redazioni giornalistiche e che agli addetti si
applica il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti  e  prevede,
altresi',  una  specifica  area  di  contrattazione  tra  gli  organi
regionali e l'associazione della  stampa  di  Basilicata,  invada  la
competenza statale, con riferimento all'ordinamento civile». 
    «La suddetta invasione di competenza e' funzionalmente  correlata
alla  violazione  degli  articoli  81  e  97,  primo   comma,   della
Costituzione, avendo determinato un incremento  delle  poste  passive
del bilancio in riferimento al  costo  del  personale  giornalistico,
originato  da  un  'autorizzazione  priva   di   valido   presupposto
normativo, non potendo la regione allocare le risorse in  difetto  di
competenza legislativa» (Corte costituzionale  sentenza  n.  112  del
2020). 
    Quindi, la definizione di  un  trattamento  economico  attraverso
legge regionale,  operato  mediante  la  tecnica  del  rinvio  ad  un
contratto collettivo nazionale del settore privato, quale quello  dei
giornalisti, non solo integra una fonte di disciplina  diversa  dalla
contrattazione collettiva del pubblico impiego regolata  dal  decreto
legislativo n. 165 del 2001,  ma,  nella  prospettiva  propria  dello
specifico giudizio a  qua,  comporta  un  aumento  illegittimo  della
spesa. 
    Tale aumento esorbita dalle risorse entro cui si muove la  stessa
contrattazione collettiva pubblica, risorse che  sono  assegnate  dal
legislatore statale tenendo conto dei principi di coordinamento della
finanza pubblica e che vedono nei limiti alla spesa per il  personale
un importante strumento di contenimento per  assicurare  l'equilibrio
di bilancio di tutto il settore pubblico allargato. 
    2. Illegittimita' dell'art. 3 della legge della  Regione  Toscana
n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento del  personale  giornalista
assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006
e alla legge regionale 9/2011», per violazione  degli  articoli  117,
secondo comma, lettera  1)  e  terzo  comma,  della  Costituzione  in
materia di  ordinamento  civile  e  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, anche in relazione agli articoli 81 e 97, primo comma della
Costituzione, agli articoli 1, 2, 40 del decreto legislativo  n.  165
del 2001, all'art. 9 della 1egge n. 150 del 2000 e all'art. 23, comma
2,  del  decreto  legislativo  75  del  2017,  e  del  principio   di
uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    L'art. 3 della legge n. 69  del  2020  in  esame  recante  «Fondo
salario   accessorio   del   personale   del   comparto»    introduce
espressamente una deroga al limite imposto dall'art. 23, comma 2, del
decreto legislativo 75 del 2017. 
    La disposizione prevede che il  limite  delle  risorse  destinate
annualmente al trattamento accessorio previsto dall'art. 23, comma 2,
del decreto legislativo n. 75/2017, e' stabilmente  incrementato  dei
risparmi che conseguono dal progressivo  riassorbimento  dell'assegno
«ad personam»  previsto  dall'art.  1,  comma  160,  della  legge  n.
160/2019 (legge di bilancio 2020), a seguito  dell'inquadramento  del
personale giornalista nel nuovo ordinamento  professionale,  i  quali
sono riconvertiti al  finanziamento  dei  fondi  per  il  trattamento
accessorio ai sensi di quanto previsto dall'art. 67, comma 2, lettera
d), del CCNL Funzioni locali relativo al triennio 2016-2018. 
    Sempre   la   medesima   disposizione   regionale   consente   di
incrementare il predetto limite previsto dall'art. 23, comma  2,  del
decreto legislativo  n.  75/2017,  anche  per  le  risorse  stanziate
nell'esercizio 2019 per le retribuzioni variabili di tale personale. 
    La norma regionale interviene sia  in  una  materia  disciplinata
dalla contrattazione collettiva, recante le modalita' di costituzione
e di  appostamento  delle  risorse  finanziarie  nel  «Fondo  risorse
decentrate» di cui all'art. 67 del CCNL Funzioni locali  relativo  al
triennio 2016-2018 sia in materia di limiti al trattamento accessorio
normativamente  disciplinati  dall'art.  23,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 75/2017, come peraltro anche espressamente  richiamati
dal comma 11, del art. 67, del citato CCNL. 
    Tale disposizione determina anche effetti emulativi da  parte  di
altre regioni, che dovranno applicare le modalita' di attribuzione  e
di riassorbimento del dell'assegno «ad personam»  previsto  dall'art.
1, comma 160, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020). 
    Inoltre, dal punto di vista  degli  effetti  finanziari,  con  la
disposizione regionale  in  esame  confluiscono  nel  «Fondo  risorse
decentrate» emolumenti retributivi  in  forma  duplicata  in  quanto,
nella quantificazione dell'assegno «ad personam» soggetto a  graduale
riassorbimento, risultano ricomprese anche  le  voci  retributive  di
parte variabile  del  Contratto  nazionale  di  lavoro  giornalistico
(CNLG)  che,  in  tale  ambito   negoziale   privatistico,   assumono
generalmente natura fissa e ricorrente,  con  cio'  determinando  una
evidente duplicazione di oneri a carico della finanza pubblica. 
    Infine, la citata norma regionale risulta  prevaricare  anche  le
future  determinazioni  che  saranno  assunte  in   sede   negoziale,
all'esito  dell'apposita   sequenza   contrattuale   prevista   dalla
dichiarazione  congiunta  n.  8  allegata  al  CCNL  Funzioni  locali
relativo  al  triennio  2016-2018,  sottoscritta  tra  l'Aran  e   le
Organizzazioni sindacali con l'intervento della FNSI, volta proprio a
disciplinare in maniera omogenea le modalita' di  attribuzione  e  di
riassorbimento del predetto dell'assegno «ad personam». 
    La disposizione regionale in  esame  contrasta  con  l'art.  117,
secondo comma, lett 1) della  Costituzione,  il  quale  riserva  alla
competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile  e,  quindi,  i
rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, nonche' con
il comma 3 del medesimo articolo, in materia di  coordinamento  della
finanza  pubblica,  cui  la  regione,  pur  nel  rispetto  della  sua
autonomia, non puo' derogare. 
    3. Illegittimita' dell'art. 8 della legge della  Regione  Toscana
n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento del  personale  giornalista
assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006
e alla legge regionale 9/2011», per violazione  degli  articoli  117,
secondo  comma,  lettera  1)  della  Costituzione   in   materia   di
ordinamento civile, anche in relazione agli articoli  1,  2,  40  del
decreto legislativo n. 165 del 2001, all'art. 9 della  1egge  n.  150
del 2000, e del principio di uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione. 
    L'art. 8  recante  «Inquadramento  del  personale  giornalistico.
Sostituzione dell'art. 5 della legge regionale 9/2011» nel modificare
l'art.  5  della  legge  regionale  n.   9   del   2011,   interviene
sull'inquadramento del personale giornalista  appartenente  al  ruolo
unico regionale in servizio a tempo  indeterminato  presso  l'ufficio
stampa del consiglio regionale. 
    Al riguardo, si richiamano le osservazioni formulate  per  l'art.
1, anche con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale  n.
213 del 2012, secondo cui anche la materia  degli  inquadramenti  del
personale, e' riservata dalla legge  alla  contrattazione  collettiva
(art. 40, comma 1, primo periodo, del decreto  legislativo  30  marzo
2001.n. 165). 
    Tali  previsioni  (disciplina  del  trattamento  economico,   ivi
compresa  la  materia  degli  inquadramenti   del   personale)   sono
disciplinate  dalle  disposizioni   del   codice   civile   e   della
contrattazione collettiva  di  competenza,  quindi,  del  legislatore
statale e pertanto si pongono in contrasto con gli articoli 1, 2 e 40
del decreto legislativo n.165 del 2001 e con l'art. 9 della 1egge  n.
150 del 2000, in violazione dell'art. 117, comma  2,  lettera  1)  in
materia di ordinamento civile nonche' del principio di uguaglianza di
cui all'art. 3 della Costituzione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Per le considerazioni esposte, il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, come sopra  rappresentato  e  difeso,  chiede  che  codesta
Ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia   dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale degli  articoli  1,  comma  1,  comma  2,  comma  3  e
conseguentemente il comma 5, che contiene la clausola di cedevolezza,
dell'articolo 3 e dell'articolo 8 della legge della  Regione  Toscana
n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento del  personale  giornalista
assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006
e alla legge regionale 9/2011», per violazione  degli  articoli  117,
secondo comma, lettera l) e 117, terzo comma, della  Costituzione  in
materia di  ordinamento  civile  e  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, anche in relazione agli articoli  81  e  97,  primo  comma,
della Costituzione, agli articoli 1, 2, 40 del decreto legislativo n.
165  del  2001,  all'articolo  9  della  1egge  n.  150  del  2000  e
all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 75 del 2017, e  del
principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    Con l'originale notificato del presente ricorso si deposita: 
      1. Originale estratto della determinazione  del  Consiglio  dei
ministri,  assunta  nella  seduta  del  10  settembre  2020  e  della
relazione allegata al verbale; 
      2. Copia della impugnata legge della Regione Toscana n. 69  del
2020. 
        Roma, 18 settembre 2020 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Mangia