N. 14 SENTENZA 14 gennaio - 5 febbraio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo  penale  -  Accertamento  di  delitti  contro   l'assistenza
  familiare  o   la   liberta'   individuale   -   Assunzione   della
  testimonianza di minorenne - Necessita' di provvedere  a  mezzo  di
  incidente probatorio, anche se la stessa non rivesta  il  ruolo  di
  persona offesa dal reato - Denunciata irragionevolezza e violazione
  del principio del  pieno  contraddittorio  nella  formazione  della
  prova - Non fondatezza della questione. 
- Codice di procedura penale, art. 392, comma 1-bis. 
- Costituzione, artt. 3 e 111. 
(GU n.6 del 10-2-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,   Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 392,  comma
1-bis, del codice di procedura penale, promosso dal  Giudice  per  le
indagini  preliminari  del  Tribunale  ordinario  di   Macerata   nel
procedimento penale a carico di M. M., con ordinanza del 18  febbraio
2020, iscritta al n. 98 del  registro  ordinanze  2020  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  35,  prima   serie
speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 13 gennaio  2021  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 18 febbraio 2020, iscritta  al  n.  98  del
registro ordinanze 2020, il Giudice per le indagini  preliminari  del
Tribunale ordinario di Macerata solleva, in riferimento agli artt.  3
e 111 della Costituzione, questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 392, comma 1-bis, del codice  di  procedura  penale,  nella
parte in  cui  prevede  che,  nei  procedimenti  per  i  delitti  ivi
indicati, l'assunzione  della  testimonianza  in  sede  di  incidente
probatorio, richiesta dal pubblico ministero o dalla  persona  offesa
dal reato, debba riguardare la persona minorenne che  non  sia  anche
persona offesa dal reato. 
    1.1.- Il rimettente, in qualita' di GIP, premette di essere stato
investito dal pubblico ministero della  richiesta  di  procedere  con
incidente probatorio, secondo  quanto  prevede  la  norma  censurata,
all'assunzione della testimonianza di A. P., persona offesa dal reato
di cui all'art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne)  del  codice
penale, e di A. T., minorenne gia'  escussa  in  precedenza  mediante
sommarie  informazioni  testimoniali  in  quanto  a   conoscenza   di
circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. 
    Preliminarmente, l'ordinanza introduttiva del  presente  giudizio
prende atto della circostanza che, secondo  un  recente  orientamento
giurisprudenziale del giudice di legittimita' (e' richiamata Corte di
cassazione, sezione terza penale, sentenza 26 luglio 2019, n. 34091),
il  provvedimento  con  cui  il  giudice  rigetta  la  richiesta   di
ammissione  all'incidente  probatorio  presentata  ai   sensi   della
disposizione censurata sarebbe da qualificarsi come abnorme. 
    Anche  muovendo  da  cio',  il  rimettente  ritiene   di   dubbia
ragionevolezza «la previsione di imporre  la  anticipazione  in  sede
predibattimentale  della  audizione  di  minorenni  che  siano   meri
testimoni rispetto ai fatti per i quali si procede»,  soprattutto  in
considerazione del fatto che cio' avverrebbe «a prescindere  da  ogni
valutazione in concreto in ordine alla specificita' del singolo caso,
alla  concreta  prevedibilita'  o  meno  di   possibili   conseguenze
traumatiche della loro audizione, alla esigenza o meno di  anticipata
audizione degli stessi». 
    Il  fine  di  evitare  possibili  fenomeni   di   vittimizzazione
secondaria non si ravviserebbe, infatti, nel caso in cui il testimone
da audire in sede di  incidente  probatorio  non  sia  anche  persona
offesa, non essendovi motivo di presumere necessariamente ne' che  la
audizione dibattimentale possa essere di per se' traumatizzante,  ne'
che la memoria del teste (nel caso concreto ultrasedicenne) «si perda
nei   tempi   ordinariamente    necessari    per    la    istruttoria
dibattimentale», fermo restando che, ove  cio'  rischi  di  avvenire,
l'escussione  anticipata  del  testimone  minorenne  potrebbe  essere
disposta sulla base dei presupposti di cui  all'art.  392,  comma  1,
lettere  a)  e  b),  cod.  proc.  pen.  (e'  richiamata,  sul  punto,
l'ordinanza di questa Corte n. 108 del 2003). 
    Una volta che  l'incidente  probatorio  del  testimone  minorenne
risulti invece «correlato solo ed esclusivamente alla  tipologia  dei
reati ed alla eta' del testimone», se ne dovrebbe ricavare ad  avviso
del  rimettente  una  «immotivata  perdita  del   contatto   tra   il
dichiarante e l'organo deputato a emettere sentenza, con  violazione,
senza  alcuna  necessita'  o  utilita'  processuale,   dell'ordinaria
necessita'  che  le  dichiarazioni  siano  rese  davanti  al  giudice
dibattimentale nel prosieguo competente a decidere»  (e'  evocata  la
sentenza di questa Corte n. 205 del 2010). 
    Secondo l'ordinanza di rimessione,  tale  vulnus  non  troverebbe
peraltro rimedio nella previsione  dell'art.  190-bis,  comma  1-bis,
cod. proc. pen., secondo il quale nel caso in  cui  si  proceda,  tra
l'altro, per il reato di cui all'art. 609-quater cod. pen., la  parte
puo' essere risentita solamente «se il giudice o taluna  delle  parti
lo ritengono  necessario  sulla  base  di  specifiche  esigenze».  Si
tratterebbe  infatti  di  norma   eccezionale   e   suscettibile   di
applicazione discrezionale da parte del giudice del dibattimento, che
per l'effetto non rileverebbe «ai fini della immotivata  deroga  alla
regola generale per cui la prova si forma  nel  dibattimento»  e  che
finirebbe per determinare, in uno  con  la  rinnovata  audizione  del
teste, una «doppia sollecitazione emotiva e mnemonica dello  stesso»,
tanto piu' da evitare quando quest'ultimo sia minorenne. 
    Analogamente non  dirimente  ai  fini  della  prospettazione  del
dubbio di  legittimita'  costituzionale  sarebbe  poi  la  previsione
contenuta nell'art. 398,  comma  5-bis,  cod.  proc.  pen.  che,  nel
prevedere   la   documentazione   integrale    delle    dichiarazioni
testimoniali con mezzi di produzione fonografica o  audiovisiva,  non
consentirebbe la percezione diretta e immediata dei contenuti  emersi
nel corso  della  testimonianza,  ne'  consentirebbe  al  giudice  di
gestire direttamente l'esame del teste, «cogliendo  nell'immediatezza
le  sfumature  e  valutando  gli  eventuali  profili  meritevoli   di
approfondimento». 
    Peraltro, osserva il  rimettente,  gia'  gli  artt.  472,  ultimo
comma, e 498 cod. proc. pen. prevedono, anche in sede dibattimentale,
modalita' di escussione del testimone minorenne idonee a tutelarne la
condizione di fragilita'. 
    La norma censurata, pertanto, non troverebbe giustificazione  ne'
nella «mera veste di minorenne del teste»,  ne'  nella  gravita'  dei
reati per i quali si procede, ne' «in una necessita'  di  tutela  del
teste, che ove non sia persona offesa non vi e' motivo di ritenere (a
priori e indistintamente, per il solo titolo di reato, peraltro anche
meno grave di altri per i quali non e' imposta  la  effettuazione  di
incidente probatorio) abbia necessita' di particolare attenzione,  al
fine di evitare allo stesso traumatizzazioni secondarie». 
    Dall'arbitrarieta' della scelta  legislativa,  consistente  nella
mancata previsione «anche per la persona minorenne [del]la necessita'
che la stessa rivesta il ruolo di persona offesa» e nella conseguente
sottrazione della  audizione  del  mero  teste  alla  ordinaria  sede
dibattimentale, discenderebbe pertanto, ad avviso del rimettente,  la
violazione degli evocati parametri costituzionali di cui agli artt. 3
e 111 Cost. 
    La questione sarebbe altresi' rilevante, anche in  considerazione
del fatto che il giudice rimettente non ravvisa, nel caso di  specie,
la sussistenza della necessita' di procedere a  incidente  probatorio
correlata a  situazioni  di  pregiudizio  per  la  veridicita'  delle
dichiarazioni della  testimone  minorenne  ove  differite  alla  sede
dibattimentale o a esigenze di particolare tutela della stessa,  tali
da   giustificare   comunque   il   ricorso   all'assunzione    della
testimonianza anticipata alla sede incidentale. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sollevata con l'ordinanza  indicata
in epigrafe sia dichiarata manifestamente infondata. 
    Il  presupposto  da  cui  muove  il  rimettente,  vale   a   dire
l'obbligatorieta' dell'ammissione della testimonianza  del  minorenne
che non sia anche persona offesa in sede di incidente probatorio, nel
caso in cui si proceda per uno dei reati elencati nel censurato  art.
392,  comma  1-bis,  cod.  proc.  pen.,  e'  ritenuto   insussistente
dall'Avvocatura, ad avviso della quale la  ratio  della  disposizione
censurata  e  i  progressivi  ampliamenti  dei  suoi  presupposti  di
operativita' non sono tali da privare  il  giudice  per  le  indagini
preliminari  di  un  margine  di  discrezionalita'  nel  valutare  il
possibile rigetto della richiesta. 
    Cio' si ricaverebbe, innanzi tutto,  dal  tenore  testuale  della
norma censurata che,  prevedendo  che  il  pubblico  ministero  o  la
persona sottoposta alle indagini  abbiano  la  facolta'  di  chiedere
l'assunzione della testimonianza del minorenne in sede  di  incidente
probatorio, non potrebbe non attribuire un'analoga facolta' anche  al
giudice  chiamato  a  pronunciarsi  sulla  richiesta,  che   verrebbe
altrimenti privato del potere  di  effettuare  un  bilanciamento  dei
valori  in  gioco  «che  gli  consenta  di  optare  per   l'incidente
probatorio solo laddove ricorrano effettive esigenze  di  tutela  del
minore». 
    La sussistenza di un simile spazio di  valutazione  discrezionale
sarebbe altresi' comprovata dalla molteplicita' delle tutele previste
per le modalita' di  assunzione  della  testimonianza  delle  vittime
vulnerabili, e dei minori in particolare.  In  tal  senso  andrebbero
infatti considerati sia lo stesso art. 392, comma 1-bis,  cod.  proc.
pen.  per  il  fatto  di  consentire   l'attivazione   dell'incidente
probatorio al di fuori delle ragioni di  urgenza  e  indifferibilita'
richieste nei casi di cui al comma 1 del medesimo  articolo,  sia  la
«legittimazione di modalita' di audizione tutelanti, volte ad evitare
tanto l'esame diretto, tanto i contatti tra accusato  e  dichiarante»
di cui all'art.  398,  comma  5-bis,  cod.  proc.  pen.  Tale  ultima
previsione,  in  particolare,  abilita  il   giudice   a   conformare
discrezionalmente le modalita' di escussione  del  minore  tanto  con
riferimento al luogo dell'assunzione della prova (che  puo'  avvenire
anche extra moenia), quanto al tempo dell'esame  (che  puo'  avvenire
anche oltre il termine di dieci giorni stabilito dall'art. 398, comma
2, lett.  c,  cod.  proc.  pen.),  quanto,  infine,  alle  specifiche
«modalita' particolari» di escussione. 
    Con riguardo alle medesime finalita' andrebbero  poi  considerati
gli specifici presupposti per la  rinnovazione  dibattimentale  della
testimonianza prevista dal richiamato art. 190-bis, comma 1-bis, cod.
proc. pen. 
    Dalle  disposizioni  richiamate  e   da   quella   censurata   in
particolare, tutte poste a tutela dei  soggetti  minorenni  coinvolti
nel processo penale, non si potrebbe tuttavia ricavare alcun  obbligo
del giudice a fare ricorso alle forme e modalita' di assunzione delle
prove ivi previste, «dovendosi lasciare spazio alla  discrezionalita'
del  giudice  nel  valutare  il  corretto  bilanciamento  dei  valori
costituzionali in gioco». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del   Tribunale
ordinario di Macerata, con l'ordinanza indicata in epigrafe, solleva,
in riferimento agli artt. 3 e 111 della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 392, comma 1-bis, del codice di
procedura penale, nella parte in cui prevede  che,  nei  procedimenti
per i delitti ivi indicati, l'assunzione della testimonianza in  sede
di incidente probatorio, richiesta dal  pubblico  ministero  o  dalla
persona offesa dal reato, debba riguardare la persona  minorenne  che
non sia anche persona offesa dal reato. 
    1.1.- Il rimettente ritiene  che  l'ammissione,  ai  sensi  della
norma censurata e nei casi  ivi  previsti,  della  testimonianza  del
minorenne mero testimone in sede di incidente probatorio sottrarrebbe
l'audizione del teste alla ordinaria sede dibattimentale,  senza  che
cio' possa trovare una giustificazione  ne'  nella  «mera  veste»  di
minorenne del teste, ne' nella gravita' dei  reati  per  i  quali  si
procede, ne', infine, nella necessita' che questi  venga  tutelato  a
priori e indistintamente nel caso in cui non sia  la  persona  offesa
dal reato. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  venga  dichiarata  manifestamente
infondata. L'ordinanza  di  rimessione,  infatti,  muoverebbe  da  un
erroneo   presupposto   interpretativo,   consistente   nell'asserito
obbligo, per il giudice, di ammettere l'assunzione  anticipata  della
testimonianza richiesta ai sensi  della  disposizione  censurata.  Al
contrario,  dalla  ricostruzione  del  tessuto   normativo   in   cui
quest'ultima si inserisce si ricaverebbe che al giudice debba  essere
attribuito il potere di valutare discrezionalmente  se  ammettere  la
testimonianza del minorenne mero testimone e di stabilire  le  idonee
modalita' di assunzione, alla luce del bilanciamento  che  questi  e'
chiamato a operare tra le esigenze di tutela del minore e il rispetto
delle garanzie dell'indagato. 
    2.1.-  Preliminarmente,  occorre  rilevare  come   la   questione
sollevata nell'odierno giudizio,  contrariamente  a  quanto  eccepito
dall'Avvocatura, muova da un presupposto interpretativo non privo  di
plausibilita'.   L'interpretazione   della   disposizione   censurata
contenuta nell'ordinanza di rimessione, nella parte in cui assume che
il giudice sia tenuto ad ammettere la testimonianza del minorenne  in
sede di incidente probatorio, pur in assenza di diritto vivente trova
riscontro nella giurisprudenza di legittimita' (Corte di  cassazione,
sezione terza penale, sentenza 26 luglio 2019, n.  34091,  richiamata
nell'ordinanza di  rimessione,  sezione  terza  penale,  sentenza  22
novembre 2019, n. 47572), sebbene in riferimento  alla  testimonianza
della  persona  offesa  minorenne  e  nonostante  il  contrasto,  sul
distinto  profilo  dell'impugnabilita'  o  meno  del  rigetto   della
richiesta di incidente probatorio, con altra giurisprudenza, peraltro
successiva all'ordinanza di rimessione (Corte di cassazione,  sezione
sesta penale, sentenza 2  settembre  2020,  n.  25996).  E  cio',  in
ossequio alla costante giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi
sufficiente  ai  fini  della  valutazione  di  ammissibilita'   della
questione prospettata (ex multis, sentenze n. 187 del  2019,  n.  135
del 2018, n. 42 del 2017, n. 262 del 2015). 
    3.- Cio' chiarito, e' necessario, prima di esaminare le  censure,
ricostruire il tenore e la ratio della disposizione censurata,  oltre
che le  caratteristiche  essenziali  del  sistema  normativo  al  cui
interno essa si inserisce. 
    3.1.- L'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen. prevede che «[n]ei
procedimenti per i delitti di cui agli articoli  572,  600,  600-bis,
600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico  di
cui all'articolo  600-quater.1,  600-quinquies,  601,  602,  609-bis,
609-quater, 609-quinquies, 609-octies,  609-undecies  e  612-bis  del
codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona
offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si
proceda con incidente probatorio all'assunzione  della  testimonianza
di persona minorenne ovvero della persona offesa  maggiorenne,  anche
al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. In ogni caso,  quando
la persona offesa versa in condizione di particolare  vulnerabilita',
il pubblico ministero, anche su richiesta della stessa, o la  persona
sottoposta  alle  indagini  possono  chiedere  che  si  proceda   con
incidente probatorio all'assunzione della sua testimonianza». 
    Con tale disposizione, introdotta dall'art.  13  della  legge  15
febbraio  1996,  n.  66  (Norme  contro  la  violenza  sessuale),  il
legislatore  ha  inteso  dettare   presupposti   e   condizioni   per
l'assunzione  in  sede  di  incidente   probatorio   del   contributo
testimoniale   proveniente   da    soggetti    vulnerabili    (quali,
elettivamente, i minorenni) in vario modo coinvolti  in  procedimenti
penali  diretti  all'accertamento  di  reati  riguardanti  la   sfera
sessuale. La deroga che in questo modo e' stata  introdotta  rispetto
agli ordinari presupposti  che  governano  la  formazione  anticipata
della prova rispetto al dibattimento (disciplinati dal  comma  1  del
medesimo art. 392 cod. proc. pen.) ha visto allargarsi nel  tempo  la
sua portata, come e' dimostrato dalle numerose modifiche legislative,
che non solo hanno  ampliato  il  novero  dei  reati  indicati  quali
presupposto per  la  formulazione  della  richiesta  dello  strumento
incidentale, ma hanno anche esteso la categoria dei soggetti tutelati
da audire.  L'originaria  limitazione  alla  testimonianza  resa  dal
minore di anni sedici, in particolare, e' venuta meno a seguito della
sostituzione del comma in  parola  disposta  dall'art.  9,  comma  1,
lettera b), del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti
in materia  di  sicurezza  pubblica  e  di  contrasto  alla  violenza
sessuale, nonche'  in  tema  di  atti  persecutori)  convertito,  con
modificazioni, nella legge 23 aprile 2009, n. 38,  che  ha  esteso  a
tutti i minori, anche ultrasedicenni (siano o meno persone offese dal
reato), nonche' alle persone offese maggiorenni, la  possibilita'  di
essere auditi come testimoni in  sede  di  incidente  probatorio.  Da
ultimo, per effetto della modifica apportata dall'art.  1,  comma  1,
lettera  h),  del  decreto  legislativo  15  dicembre  2015,  n.  212
(Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio, del 25  ottobre  2012,  che  istituisce  norme  minime  in
materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato  e
che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI), tale  possibilita'
e' stata ulteriormente estesa, senza che peraltro rilevi il reato per
cui si procede, alla  persona  offesa  che  versi  in  condizione  di
«particolare vulnerabilita'». 
    3.2.- Strettamente correlate  a  quella  censurata  sono  poi  le
disposizioni mediante le quali  il  legislatore  ha  disciplinato  le
modalita' speciali di acquisizione della testimonianza del minore  in
sede di incidente probatorio. 
    A tal riguardo, viene innanzi tutto in rilievo l'art. 398,  comma
5-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 14, comma 2, della legge
n. 66 del 1996, secondo il quale ove  si  proceda  per  i  reati  ivi
elencati (oggi in larga parte coincidenti, pur non senza  difetti  di
coordinamento, con quelli di cui  all'art.  392,  comma  1-bis,  cod.
proc. pen. a seguito delle modifiche medio tempore intervenute),  «il
giudice, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi
siano minorenni, con l'ordinanza di cui al  comma  2,  stabilisce  il
luogo, il tempo e le modalita' particolari attraverso  cui  procedere
all'incidente probatorio, quando le esigenze di tutela delle  persone
lo rendono necessario od opportuno». Tale previsione  costituisce  il
correlato procedurale della norma censurata, nel senso che prevede la
necessita'  di  apprestare  modalita'  e  condizioni  "protette"   di
assunzione della testimonianza del minore (e non piu' del solo minore
di sedici anni, per effetto  della  modifica  disposta  dall'art.  9,
comma 1, lettera c,  n.  2  del  d.l.  n.  11  del  2009)  che  siano
rispettose della sua liberta' e  dignita',  demandandone  al  giudice
l'individuazione in concreto. 
    Nella medesima direzione,  perche'  caratterizzate  dallo  stesso
intento legislativo, devono poi  essere  richiamate  le  disposizioni
contenute nell'art.  498,  commi  4  e  seguenti,  cod.  proc.  pen.,
mediante le quali il legislatore ha introdotto modalita' di audizione
del testimone minorenne incentrate sull'esame "attutito"  di  cui  al
comma 4 (che assegna al presidente il compito di condurre l'esame «su
domande e contestazioni  proposte  dalle  parti»,  anche  avvalendosi
dell'ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia
infantile) e su quello "protetto" di cui al comma 4-bis  (che  a  sua
volta rimanda alle modalita' previste dal gia' richiamato  art.  398,
comma 5-bis, cod. proc. pen.). Entrambe tali previsioni,  applicabili
anche all'esame testimoniale condotto in sede di incidente probatorio
per effetto del rinvio contenuto nell'art. 401, comma 5,  cod.  proc.
pen., unitamente a quella contenuta  nel  comma  4-ter  del  medesimo
articolo, riferita pero' all'esame del minore ovvero del  maggiorenne
infermo  di  mente  che  siano  vittime  del  reato,   sono   infatti
contrassegnate da un'analoga esigenza di graduazione delle  modalita'
di protezione dei testimoni minorenni in  sede  di  assunzione  della
testimonianza, la cui individuazione in concreto e',  anche  rispetto
ad esse, affidata al giudice procedente. 
    3.3.- Come emerge dai  lavori  parlamentari  che  hanno  condotto
all'approvazione della citata legge n. 66  del  1996,  l'introduzione
della nuova ipotesi di incidente probatorio di cui  alla  norma  oggi
censurata - ritenuto «speciale o atipico» (sentenza n. 92  del  2018)
perche' svincolato dall'ordinario presupposto della non rinviabilita'
della prova al dibattimento - era rivolta soprattutto a  tutelare  la
personalita' del minore, consentendogli di uscire al piu' presto  dal
circuito processuale per aiutarlo a liberarsi piu' rapidamente  dalle
conseguenze  psicologiche   dell'esperienza   vissuta.   Tale   ratio
giustificatrice  e'  stata,  in  seguito,  ulteriormente   avvalorata
dall'introduzione, operata con l'art. 13,  comma  2,  della  legge  3
agosto  1998,  n.   269   (Norme   contro   lo   sfruttamento   della
prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale  in  danno  di
minori, quali nuove forme di  riduzione  in  schiavitu'),  del  comma
1-bis all'art. 190-bis, cod. proc. pen.,  che  stabilisce  oggi  che,
laddove si proceda per alcuni dei reati di cui  all'art.  392,  comma
1-bis, cod. proc. pen., il minore degli anni diciotto,  gia'  escusso
in sede di incidente probatorio,  possa  essere  chiamato  a  deporre
nuovamente in  dibattimento  «solo  se  [l'esame]  riguarda  fatti  o
circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti  dichiarazioni
ovvero se il giudice o taluna delle  parti  lo  ritengano  necessario
sulla base di specifiche esigenze». 
    4.- Poste tali premesse, la questione deve essere dichiarata  non
fondata. 
    4.1.- La disposizione censurata disciplina  i  presupposti  e  le
condizioni  per  l'ammissione  della   testimonianza   del   soggetto
minorenne in sede di incidente probatorio, nel caso in cui si proceda
per alcuni delitti contro l'assistenza familiare (art. 572 cod. pen.)
ovvero contro la liberta' individuale (artt. 600, 600-bis, 600-ter  e
600-quater, anche  se  relativi  al  materiale  pornografico  di  cui
all'articolo  600-quater.1,   600-quinquies,   601,   602,   609-bis,
609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e  612-bis,  cod.
pen.). Essa si inserisce, come si e' visto, in un piu' ampio  sistema
normativo, che testimonia nel suo  complesso,  anche  in  conseguenza
dell'adozione di normative  di  fonte  sovranazionale  (tra  cui,  in
particolare, la direttiva n. 2012/29/UE del Parlamento europeo e  del
Consiglio  che  istituisce  norme  minime  in  materia  di   diritti,
assistenza e protezione delle vittime di reato e che  sostituisce  la
decisione quadro  2001/220/GAI),  lo  spazio  dato  dall'ordinamento,
anche con riguardo al processo penale, a «provvedimenti e misure tesi
a garantire una risposta  piu'  efficace  verso  i  reati  contro  la
liberta' e l'autodeterminazione sessuale,  considerati  di  crescente
allarme  sociale,  anche  alla  luce  della   maggiore   sensibilita'
culturale e giuridica in materia di violenza  contro  le  donne  e  i
minori», cui si e' associata «la volonta' di  approntare  un  sistema
piu'   efficace   per   sostenere   le   vittime,   agevolandone   il
coinvolgimento  nell'emersione  e  nell'accertamento  delle  condotte
penalmente rilevanti» (sentenza n. 1 del 2021). 
    4.2.- Questa Corte ha piu' volte  preso  in  esame  il  complesso
normativo in cui si inserisce la norma censurata e ha  rinvenuto,  in
particolare, il fondamento  dei  presupposti  e  delle  modalita'  di
assunzione della testimonianza del minorenne  in  sede  di  incidente
probatorio, nonche' dei  bilanciamenti  che  esso  sottende,  in  due
ordini di concomitanti finalita'. 
    4.2.1.- La prima finalita', di natura extraprocessuale, e' quella
di tutelare la liberta' e  la  dignita'  del  minorenne  rispetto  al
rischio che l'assunzione della testimonianza esponga quest'ultimo  al
trauma psicologico associato  alla  sua  esperienza  in  un  contesto
giudiziario penale, nel quale  «[i]  fattori  atti  a  provocare  una
maggiore tensione  emozionale  sono  il  dover  deporre  in  pubblica
udienza nell'aula del tribunale, l'essere sottoposti all'esame  e  al
controesame condotto dal pubblico ministero  e  dai  difensori  e  il
trovarsi a testimoniare di fronte all'imputato, la cui sola  presenza
puo' suggestionare e intimorire il dichiarante» (sentenza n.  92  del
2018). 
    Come questa Corte ha infatti ritenuto nella sentenza  n.  63  del
2005,  «[r]endere  testimonianza  in  un  procedimento  penale,   nel
contesto  del  contraddittorio,  su  fatti   e   circostanze   legati
all'intimita' della persona e connessi a ipotesi di violenze  subite,
e' sempre esperienza difficile e psicologicamente pesante: se poi chi
e' chiamato a deporre e' persona particolarmente vulnerabile, piu' di
altre esposta ad influenze e a condizionamenti  esterni,  e  meno  in
grado di controllare  tale  tipo  di  situazioni,  puo'  tradursi  in
un'esperienza fortemente traumatizzante e lesiva della personalita'».
Tale assunto, che come si  e'  detto  era  all'origine  delle  scelte
compiute con la legge n. 66 del 1996,  costituisce  quindi  la  prima
ratio   giustificatrice   di   un'opzione   legislativa   che,    pur
rappresentando «una eccezione rispetto alla regola generale  per  cui
la prova si forma nel dibattimento»  (ordinanza  n.  108  del  2003),
trova nondimeno la sua giustificazione nel fatto che essa e' riferita
a «reati rispetto  ai  quali  si  pone  con  maggiore  intensita'  ed
evidenza  l'esigenza  di  proteggere  la  personalita'  del   minore,
nell'ambito del suo coinvolgimento processuale» (sentenza n. 529  del
2002). 
    L'assunzione  anticipata  della  testimonianza   del   minorenne,
attraverso il ricorso all'incidente probatorio speciale, deve  essere
pertanto in primo  luogo  ricondotta  al  rilievo  costituzionale  da
attribuirsi ad  «esigenze  di  salvaguardia  della  personalita'  del
minore» (sentenza n. 262 del 1998),  che  nella  norma  censurata  si
traducono  in  una  presunzione  di   indifferibilita'   o   di   non
ripetibilita' del relativo contributo testimoniale, rivolta in  prima
battuta a  preservare  il  minore  «dagli  effetti  negativi  che  la
prestazione dell'ufficio di testimone puo' produrre in rapporto  alla
[sua] peculiare condizione» (sentenza n. 92 del  2018),  mediante  la
sua sottrazione, in linea di principio,  allo  strepitus  fori  e  la
previsione di una sua rapida fuoriuscita dal circuito processuale. 
    4.2.2.- La seconda e concorrente finalita'  perseguita  dall'art.
392,  comma  1-bis,  cod.   proc.   pen.,   e'   invece   di   natura
endoprocessuale ed e' connessa alla circostanza  che  l'anticipazione
della testimonianza alla sede  incidentale,  tanto  piu'  laddove  si
proceda per reati attinenti alla sfera sessuale, e' rivolta  anche  a
garantire la genuinita' della formazione della prova, atteso  che  la
assunzione  di  essa  in  un  momento  quanto  piu'   prossimo   alla
commissione del fatto costituisce anche una garanzia per  l'imputato,
perche' lo tutela dal rischio di deperimento  dell'apporto  cognitivo
che contrassegna, in particolare, il  mantenimento  del  ricordo  del
minore.  Come  questa  Corte  ha  ritenuto,  da  ultimo,  nella  gia'
richiamata sentenza n. 92 del 2018, «[i]l trauma  cui  il  minore  e'
esposto  durante  l'esame  testimoniale  si  ripercuote,  d'altronde,
negativamente sulla  sua  capacita'  di  comunicare  e  di  rievocare
correttamente e con precisione i fatti che lo hanno coinvolto,  o  ai
quali ha assistito, rischiando cosi' di compromettere  la  genuinita'
della prova». Ma gia' nell'ordinanza di questa Corte n. 583 del 2000,
il  meccanismo  di  cui  alla  norma   censurata,   pur   nella   sua
eccezionalita'  rispetto  alle  ordinarie  forme   e   modalita'   di
assunzione delle prove, e' stato giustificato sulla base dell'assunto
per cui «la possibilita'  -  prevista  dalla  norma  impugnata  -  di
anticipare,   attraverso   il   ricorso   all'incidente   probatorio,
l'assunzione  di  testimonianze  appare,  piuttosto,   essenzialmente
intesa ad assicurare efficacia e genuinita' della  prova,  quando  si
tratti di raccogliere testimonianze potenzialmente soggette a subire,
col decorso del tempo, per  le  particolari  condizioni  del  minore,
condizionamenti che le possano rendere meno genuine o meno  utili  al
fine  degli  accertamenti  cui  e'   volto   il   processo»   (cosi',
analogamente, sentenze n. 529 del 2002 e n. 114 del 2001). 
    Va inoltre considerato che ove la richiesta, presentata ai  sensi
del  citato  art.  392,  comma  1-bis,  sia  avanzata  dal   pubblico
ministero, l'art. 393,  comma  2-bis,  cod.  proc.  pen.  (introdotto
dall'art.  13,  comma  2,  della  legge  n.  66  del  1996)   obbliga
quest'ultimo a depositare, all'atto della richiesta, tutti  gli  atti
di indagine compiuti, e l'art. 398,  comma  3-bis,  cod.  proc.  pen.
(introdotto dall'art. 14, comma  1,  della  legge  n.  66  del  1996)
attribuisce alla persona sottoposta  alle  indagini  e  ai  difensori
delle parti il diritto di ottenere copia degli atti depositati.  Cio'
consente che l'indagato abbia quindi accesso agli  atti  di  indagine
compiuti sino a quel  momento,  cosi'  da  essere  in  condizione  di
esercitare il  suo  diritto  al  contraddittorio  in  sede  di  esame
testimoniale del minorenne. 
    5.- Il concorso di  tali  finalita',  peraltro,  se  da  un  lato
sorregge la disposizione censurata e il sistema normativo in cui essa
si inserisce, dall'altro lato non fa tuttavia venir meno la sua  gia'
richiamata natura eccezionale,  poiche'  essa,  nel  momento  in  cui
consente l'ingresso di contenuti testimoniali in una fase antecedente
a quella dibattimentale, sulla base, peraltro, di una presunzione  di
indifferibilita' e di non rinviabilita'  di  essi  in  ragione  della
natura dei reati contestati e della condizione di vulnerabilita'  dei
soggetti da audire, introduce una deroga al principio fondamentale di
immediatezza della prova. Tale principio «postula - salve le  deroghe
espressamente previste dalla legge - l'identita' tra il  giudice  che
acquisisce le prove e quello che decide (ordinanze n. 431  e  n.  399
del 2001)» (ordinanza n. 318 del 2008) e risulta anche  «strettamente
correlato al principio di oralita'» (sentenza n. 132 del 2019). 
    La natura eccezionale dell'istituto in  parola  si  apprezza,  in
particolare, anche in relazione allo specifico profilo oggetto  della
censura di illegittimita' costituzionale  sollevata  dal  rimettente,
poiche' l'equiparazione che, almeno in  linea  di  principio,  l'art.
392, comma  1-bis,  cod.  proc.  pen.  introduce  tra  il  contributo
testimoniale del minorenne persona offesa  dal  reato  e  quello  del
minorenne mero testimone non appare affatto priva di giustificazione,
poiche' la presunzione di un'analoga condizione di vulnerabilita' che
avvince le due categorie di soggetti, per il fatto di essere chiamati
a testimoniare su fatti legati all'intimita' e  connessi  a  violenze
subite o alle quali si e' assistito, e' da ritenersi conforme a  dati
di esperienza generalizzati, riassumibili nella formula dell'id  quod
plerumque accidit (tra le altre, sentenze n. 253 del 2019  e  n.  268
del 2016). E' infatti tutt'altro che implausibile  che  una  medesima
esigenza  di  protezione  induca  il  giudice  ad  assumere  in   via
anticipata, ove i soggetti indicati dalla disposizione  censurata  lo
richiedano, la testimonianza non solo del minorenne che  sia  persona
offesa dal reato, ma anche del minorenne mero testimone,  poiche'  la
vulnerabilita' che qualifica quasi in re ipsa la posizione del primo,
in ragione della tipologia dei reati elencati  nell'art.  392,  comma
1-bis,  cod.  proc.  pen.,  puo'  ritenersi   non   irragionevolmente
sussistente anche in  relazione  al  secondo,  tenuto  conto  che  il
minorenne puo' ben essere chiamato a riferire su fatti che ha appreso
(senza poterne spesso elaborare adeguatamente la  portata)  o  a  cui
addirittura ha assistito, e che peraltro si  svolgono  con  frequenza
nell'ambiente domestico o comunque familiare. 
    Tale  circostanza,  seppure  conduce  a  ritenere  che  la  norma
censurata non sia in parte qua costituzionalmente  imposta,  la  pone
tuttavia    al    riparo     dall'incostituzionalita'     prospettata
dall'ordinanza di rimessione di cui al presente giudizio.  L'aver  in
linea    di    principio    presuntivamente    equiparato,     quanto
all'anticipazione dell'assunzione testimoniale, il minorenne  vittima
del reato al minorenne mero testimone risponde infatti ad una  scelta
che  non  trascende  la  sfera  di  discrezionalita'   riservata   al
legislatore nella conformazione degli istituti processuali  anche  in
materia penale (sentenze n. 137 del 2020, n. 31 e n. 20 del 2017,  n.
216 del 2016), con la conseguenza che essa non puo'  essere  ritenuta
manifestamente irragionevole. 
    5.1.- E'  doveroso  infine  osservare  come  l'eccezione  che  la
disposizione   censurata   introduce   rispetto   al   principio   di
immediatezza  della  prova  e  alla  sua  conseguente  formazione  in
dibattimento risulta compensata dalla circostanza che le modalita' di
assunzione anticipata della prova testimoniale del minore e, piu'  in
generale,  del   soggetto   vulnerabile   sono   disciplinate   dalle
disposizioni codicistiche sopra richiamate in modo tale da  garantire
il diritto di difesa della  persona  sottoposta  alle  indagini,  con
particolare riferimento al  contributo  che  questi  puo'  dare  alla
formazione della prova nel rispetto del principio costituzionale  del
contraddittorio. 
    La natura non manifestamente irragionevole, nel senso  anzidetto,
dell'eccezione costituita dalla disposizione oggetto di scrutinio  si
ricava, innanzi tutto,  dal  disposto  dell'art.  398,  comma  5-bis,
secondo periodo, cod. proc. pen., la' dove  esso  prevede  che  «[l]e
dichiarazioni testimoniali debbono essere  documentate  integralmente
con mezzi di produzione fonografica o audiovisiva». Contrariamente  a
quanto assume il rimettente, che vede in  tale  norma  un  vulnus  al
potere del giudice, privato della percezione diretta ed immediata del
dichiarante, essa si pone in  realta'  a  presidio  dei  diritti  del
soggetto indagato, perche' scongiura l'eventualita' che  i  contenuti
della  testimonianza  assunta  in  sede   incidentale   nelle   forme
dell'audizione  protetta  vengano  documentati,  in  vista  del  loro
utilizzo in dibattimento, nelle ordinarie  forme  solamente  scritte,
connotando  cosi'  ulteriormente   l'incidente   probatorio,   e   in
particolar modo quello speciale,  quale  «istituto  che  si  proietta
verso l'utilizzazione dibattimentale» (ordinanza n. 358 del 2004). 
    Anche alla luce di tali modalita' piu' garantite di  utilizzo  in
dibattimento delle dichiarazioni testimoniali rese dal minore in sede
di incidente probatorio, secondo quanto prevede  la  disposizione  da
ultimo richiamata, assume  rilievo  la  circostanza  che  al  giudice
spetta un ampio margine di flessibilita' nel  definire  modalita'  di
escussione del testimone minorenne idonee  a  garantire  un  adeguato
bilanciamento tra l'esigenza di preservare la liberta' e la  dignita'
di quest'ultimo e le garanzie difensive dell'imputato. 
    Il combinato disposto dei richiamati articoli 398, comma 5-bis, e
498, commi 4 e 4-bis, cod. proc. pen. attribuisce infatti al  giudice
procedente  un  vasto  spettro  di   soluzioni,   che   vanno   dalla
possibilita' di impiegare un contraddittorio pieno, con facolta'  per
il pubblico ministero e per il difensore di porre domande dirette  al
minorenne, in particolare laddove il  giudice  ritenga  che  «l'esame
diretto del minore non possa nuocere alla serenita' del teste»  (art.
498,  comma  4,  secondo  periodo,  cod.  proc.  pen.),  alle   forme
contrassegnate da un grado via via crescente  di  protezione  per  il
soggetto vulnerabile, di cui si e' dato conto. 
    Cosi', ove il giudice ritenga che ne' la condizione personale del
minorenne mero testimone chiamato a deporre (magari perche'  prossimo
alla maggiore eta', come nel giudizio a quo), ne'  la  delicatezza  o
scabrosita' del suo contributo testimoniale  giustifichino  forme  di
audizione  protetta,  tali  da  comprimere  legittime   esigenze   di
contraddittorio con la difesa della persona sottoposta alle indagini,
egli potra' pur sempre evitare che l'escussione avvenga  nelle  forme
protette di cui al citato art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen.  (da
disporre solo quando «le esigenze di tutela delle persone lo  rendono
necessario  od  opportuno»)  o  anche  solo  nella  forma  dell'esame
attutito di cui all'art. 498, comma  4,  primo  periodo,  cod.  proc.
pen., ripristinando cosi' il contraddittorio pieno con l'indagato. 
    6.- In conclusione, la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen.  deve  essere  dichiarata
non  fondata  in  riferimento  a   entrambi   i   parametri   evocati
dall'ordinanza di rimessione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale, sollevata
dal Giudice per le indagini preliminari del  Tribunale  ordinario  di
Macerata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della  Costituzione,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2021. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE