N. 34 SENTENZA 9 febbraio - 11 marzo 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Enti locali deficitari -  Adozione
  del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP) -  Termine
  perentorio di 90 giorni dalla data di esecutivita'  della  delibera
  consiliare   di   ricorso   alla   relativa   procedura   -   Nuova
  amministrazione, subentrata in pendenza del termine -  Assegnazione
  di un nuovo termine di 60 giorni, decorrente  dalla  sottoscrizione
  della relazione  di  inizio  mandato,  come  previsto  in  caso  di
  rimodulazione  del  piano  gia'   presentato   dall'amministrazione
  precedente - Omessa previsione - Irragionevolezza e violazione  del
  mandato fiduciario conferito dal corpo elettorale, del principio di
  equilibrio di bilancio e della sua sana gestione finanziaria e  del
  buon  andamento   dell'azione   amministrativa   -   Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
- Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, artt. 243-bis, comma 5,
  secondo periodo, e 243-quater, comma 7. 
- Costituzione, artt. 1, 3, 81, 97, primo e  secondo  comma,  e  119,
  primo comma. 
(GU n.11 del 17-3-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   del   combinato
disposto degli artt. 243-quater, comma 7, e  243-bis,  comma  5,  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento degli enti locali), promosso dalla Corte dei  conti,
sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, nel
procedimento relativo al Comune di Buonabitacolo, con ordinanza del 6
dicembre 2019, iscritta al  n.  80  del  registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  28,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 27 gennaio  2021  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con l'ordinanza iscritta al n. 80 del registro ordinanze 2020
indicata in epigrafe, la Corte dei conti,  sezioni  riunite  in  sede
giurisdizionale  in  speciale  composizione,  solleva  questioni   di
legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto  degli   artt.
243-quater, comma 7, e 243-bis, comma 5, del decreto  legislativo  18
agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi  sull'ordinamento  degli
enti locali), in riferimento agli artt. 1, 2,  3,  81,  97,  primo  e
secondo comma, e 119, primo comma, della Costituzione. 
    L'art. 243-quater, comma 7, del d.lgs. n. 267  del  2000  prevede
che «[l]a mancata presentazione del piano entro  il  termine  di  cui
all'articolo 243-bis,  comma  5,  il  diniego  dell'approvazione  del
piano, l'accertamento da parte  della  competente  Sezione  regionale
della Corte dei conti di grave e  reiterato  mancato  rispetto  degli
obiettivi  intermedi   fissati   dal   piano,   ovvero   il   mancato
raggiungimento del riequilibrio finanziario dell'ente al termine  del
periodo  di  durata  del  piano  stesso,  comportano   l'applicazione
dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n.  149  del  2011,
con l'assegnazione al Consiglio dell'ente, da parte del Prefetto, del
termine non  superiore  a  venti  giorni  per  la  deliberazione  del
dissesto». 
    L'art. 243-bis, comma 5, del medesimo decreto dispone  che  «[i]l
consiglio dell'ente locale, entro il termine  perentorio  di  novanta
giorni dalla data di esecutivita' della delibera di cui al  comma  1,
delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale  di  durata
compresa  tra  quattro  e  venti  anni,  compreso  quello  in  corso,
corredato del parere dell'organo di revisione  economico-finanziario.
Qualora, in caso di inizio mandato, la delibera di  cui  al  presente
comma  risulti  gia'  presentata  dalla  precedente  amministrazione,
ordinaria o  commissariale,  e  non  risulti  ancora  intervenuta  la
delibera della Corte dei conti di approvazione o di  diniego  di  cui
all'articolo 243-quater, comma  3,  l'amministrazione  in  carica  ha
facolta' di rimodulare  il  piano  di  riequilibrio,  presentando  la
relativa delibera nei sessanta giorni successivi alla  sottoscrizione
della relazione di cui  all'articolo  4-bis,  comma  2,  del  decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 149». 
    Il rimettente riferisce di  essere  stato  adito  dal  Comune  di
Buonabitacolo in sede di impugnazione della deliberazione della Corte
dei  conti,  sezione  regionale  di  controllo  per  la  Campania  n.
80/2019/PRSP del 15 aprile  2019  con  cui,  conformemente  a  quanto
rilevato dalla Commissione per la finanza e gli organici  degli  enti
locali (pronunciatasi in data 5 febbraio 2019, dopo oltre cinquecento
giorni  dalla   richiesta),   e'   stata   accertata   l'intempestiva
presentazione  del  piano  di  riequilibrio  finanziario  pluriennale
(PRFP) da parte del Comune. Quest'ultimo, infatti, ha  presentato  il
PRFP il 7 settembre 2017, oltre  il  termine  perentorio  di  novanta
giorni decorrenti dal 30 maggio 2017,  data  in  cui  il  Commissario
straordinario  aveva  adottato   la   deliberazione,   immediatamente
esecutiva,  di  ricorrere  alla  procedura   di   riequilibrio,   con
conseguente necessario avvio, in virtu' dell'art.  243-quater,  comma
7, del t.u. enti locali, della procedura volta alla  declaratoria  di
dissesto dell'ente. Cio' a  prescindere  dalla  circostanza  che,  in
pendenza del termine perentorio indicato, si siano tenute le elezioni
comunali e una nuova compagine amministrativa si sia  insediata  alla
guida dell'ente (il 30 giugno 2017) e nonostante  l'affermazione  del
Comune di  aver,  nel  lasso  temporale  in  cui  e'  intervenuta  la
deliberazione impugnata (largamente oltre il termine  ordinatorio  di
sessanta giorni normativamente previsti per il procedimento), ridotto
notevolmente l'originario squilibrio finanziario. 
    Dopo aver deciso,  con  sentenza  non  definitiva,  le  questioni
preliminari e pregiudiziali proposte dalle parti, aver  affermato  la
propria legittimazione a sollevare  incidente  di  costituzionalita',
aver sinteticamente  illustrato  la  disciplina  della  procedura  di
riequilibrio  finanziario  -  segnatamente,   nella   sua   scansione
temporale  -  e  aver  escluso  di  poter  addivenire  a   un'esegesi
costituzionalmente  orientata  delle   disposizioni   censurate,   il
rimettente   ne   denuncia   l'illegittimita'   costituzionale    per
l'automatismo di avvio  della  declaratoria  del  dissesto  che  esse
determinerebbero a fronte del mero decorso  del  termine  di  novanta
giorni per la deliberazione del piano. 
    Anzitutto, risulterebbero violati gli artt. 81, 97, primo  comma,
e 119, primo comma, Cost. - in quanto i principi di equilibrio e sana
gestione finanziaria e di tutela del bilancio  quale  bene  pubblico,
presidiati  dagli   evocati   parametri,   finirebbero   per   essere
inevitabilmente  sacrificati   dal   diniego   della   procedura   di
riequilibrio, funzionale alla loro salvaguardia,  e  dal  conseguente
dissesto - quando, durante la pendenza del termine per deliberare  il
piano, sia subentrata una nuova compagine  amministrativa,  la  quale
puo' acquisire consapevolezza dell'effettiva situazione finanziaria e
patrimoniale nonche' della misura dell'indebitamento dell'ente,  solo
dopo le opportune  verifiche  il  cui  esito  viene  riversato  nella
relazione di inizio mandato, ai sensi dell'art. 4-bis, comma  1,  del
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori
e premiali relativi a regioni,  province  e  comuni,  a  norma  degli
articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e quando, nelle
lungaggini del procedimento, l'originaria  situazione  di  squilibrio
abbia perso  attualita'  in  ragione  della  continua  e  inevitabile
evoluzione  delle  condizioni  finanziarie   dell'ente,   dovute   al
dinamismo insito nella gestione. 
    Di  qui  la   necessita'   di   riconoscere   all'amministrazione
subentrante un termine analogo a quello accordato dall'art.  243-bis,
comma 5, secondo periodo, t.u. enti locali per la  rimodulazione  del
piano  gia'  presentato  da  quella  precedente  -  sessanta   giorni
decorrenti dalla sottoscrizione della relazione di inizio  mandato  -
ovvero di prevedere la possibilita' di una nuova valutazione, analoga
a  quella  indicata  per  le  altre   fattispecie   di   avvio   alla
dichiarazione del dissesto previste dall'art.  243-quater,  comma  7,
t.u. enti locali, quando la procedura di controllo sul piano  si  sia
protratta in un arco temporale eccessivamente lungo. 
    Gli artt.  81,  97,  primo  comma,  e  119,  primo  comma,  Cost.
risulterebbero violati anche  in  combinato  disposto  con  l'art.  1
Cost., per la stretta correlazione sussistente tra la  sana  gestione
finanziaria dell'ente e il mandato conferito agli amministratori  dal
corpo elettorale, atteso che il descritto automatismo, nelle  ipotesi
di subentro di una nuova compagine amministrativa, condizionerebbe il
potere programmatorio di  risanamento  della  situazione  finanziaria
ereditata  dalle  gestioni  pregresse,  esponendo   l'amministrazione
subentrante a una responsabilita' politica oggettiva. 
    L'automatismo contemplato dalle norme  censurate  confliggerebbe,
altresi', con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.)  che,  in
ambito pubblicistico, si coniugherebbe con quello del buon  andamento
(art. 97, secondo  comma,  Cost.),  in  quanto  l'avvio  al  dissesto
correlato al mero decorso del termine perentorio,  inadeguato  quando
sia subentrata una nuova compagine amministrativa e  quando  non  sia
rispettata la tempistica di controllo  normativamente  impressa  alla
procedura, sarebbe conseguenza scollegata dalla reale  situazione  in
cui versa l'ente  risultando,  in  tal  modo,  sproporzionata  e  non
coerente con la ratio perseguita dalla procedura di riequilibrio, che
e' quella di conseguire il risanamento finanziario. 
    Il combinato disposto delle  disposizioni  censurate  violerebbe,
inoltre, il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), in  quanto  alla
compagine amministrativa  subentrata  in  pendenza  del  termine  per
presentare il piano verrebbe riservato un trattamento  deteriore  sia
rispetto a  quello  riconosciuto  all'amministrazione  che  operi  in
continuita',   sia   rispetto   all'ipotesi   in   cui   una    nuova
amministrazione subentri quando il piano sia gia' stato presentato da
quella precedente e non ancora approvato  dall'organo  di  controllo,
potendo, la nuova compagine, rimodularlo entro sessanta giorni  dalla
sottoscrizione della relazione di inizio mandato, dopo aver acquisito
contezza  dell'effettiva  situazione   finanziaria   e   patrimoniale
dell'ente. Di qui la necessita'  del  riconoscimento  di  un  analogo
margine temporale per la delibera del piano. 
    Ad avviso del giudice rimettente, l'art. 3 Cost. sarebbe  violato
anche per  il  fatto  che,  nelle  ipotesi  normativamente  tipizzate
dall'art. 243-quater, comma  7,  t.u.  enti  locali  (intempestivita'
della presentazione del piano,  insostenibilita'  dello  stesso,  suo
andamento negativo, mancato raggiungimento del riequilibrio alla  sua
conclusione), l'avvio al dissesto e' subordinato a una valutazione di
carattere finanziario della Corte dei conti soltanto negli ultimi tre
casi, mentre nella prima ipotesi,  che  qui  interessa,  il  dissesto
opererebbe  in  modo  automatico,  indipendentemente   da   qualsiasi
valutazione. La conseguenza comune  del  passaggio  al  dissesto,  ad
avviso del rimettente, sarebbe ragionevole laddove la valutazione  di
tardivita' del piano intervenga nei  tempi  normativamente  stabiliti
(che prevedono una  valutazione  a  ridosso  dell'accertamento  dello
squilibrio strutturale operato dall'ente medesimo con la delibera  di
ricorrere alla procedura di riequilibrio) non  anche  allorche'  cio'
non accada, come nel caso di specie, occorrendo, a distanza di  molto
tempo, una nuova disamina della situazione  finanziaria.  Di  qui  la
necessita' di  introdurre  la  previsione  di  un  ulteriore  momento
valutativo. 
    Quanto alla rilevanza, il rimettente evidenzia che l'accoglimento
delle questioni sollevate consentirebbe l'accoglimento del ricorso  e
la restituzione degli atti per lo scrutinio  nel  merito  del  piano;
diversamente, l'impugnativa andrebbe respinta  e  andrebbe  accertato
l'obbligo del Comune di Buonabitacolo di deliberare il dissesto. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'inammissibilita' e, comunque, l'infondatezza delle
questioni sollevate. 
    A suo avviso, gli interventi di  carattere  manipolativo-additivo
invocati dal rimettente,  scalfendo  entrambi  la  perentorieta'  del
termine previsto per la  presentazione  del  piano  di  riequilibrio,
sarebbero anzitutto inammissibili, in  quanto  involgerebbero  scelte
rimesse alla valutazione discrezionale del legislatore, connotate  da
un alto tasso di creativita' e non costituzionalmente obbligate,  ben
potendosi   immaginare   soluzioni   diverse,   volte   a    incidere
sull'ordinarieta' dei termini che scandiscono le ulteriori  fasi  del
procedimento o a introdurre ipotesi di silenzio significativo. 
    La richiesta di riconoscimento all'amministrazione subentrante di
un ulteriore termine  sarebbe,  altresi',  inammissibile  perche'  il
margine temporale di cui essa disponeva  nella  fattispecie  concreta
sarebbe stato idoneo a consentirle di presentare il  piano  entro  il
termine perentorio, situazione non verificatasi  a  causa  di  errore
(ritenuto  inescusabile  dal  giudice  a  quo  con  la  sentenza  non
definitiva) in cui sarebbe incorsa l'amministrazione comunale. 
    Inoltre, secondo l'Avvocatura generale, sarebbe  stato  censurato
unicamente l'art. 243-quater, comma 7, t.u. enti locali e  non  anche
l'art. 243-bis, comma 5, cosicche' il riconoscimento di un  ulteriore
termine non conseguirebbe comunque all'accoglimento  della  questione
sul punto, ma richiederebbe un ulteriore intervento del legislatore. 
    Nel merito,  le  questioni  sarebbero  infondate,  in  quanto  la
perentorieta'  del  termine  sancita  dalla  disposizione   censurata
sarebbe  funzionale  alle  esigenze  di  certezza  e   concentrazione
connaturate alla  razionalita'  e  all'efficienza  di  una  procedura
avviata  a  fronte  di  uno  squilibrio  finanziario  dichiarato  dal
medesimo ente, a cui e' necessario, ove possibile,  porre  tempestivo
rimedio, pena, altrimenti, l'avvio del dissesto. 
    In particolare, l'addizione  volta  a  riconoscere  un  ulteriore
termine alla compagine amministrativa  subentrante  implicherebbe  la
comparazione di  situazioni  disomogenee,  in  quanto  funzionali  al
compimento di operazioni diverse in ordine al piano di riequilibrio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza iscritta al  n.  80  del  registro  ordinanze
2020, indicata in epigrafe, la Corte dei conti,  sezioni  riunite  in
sede giurisdizionale in speciale composizione, solleva  questioni  di
legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto  degli   artt.
243-quater, comma 7, e 243-bis, comma 5, del decreto  legislativo  18
agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi  sull'ordinamento  degli
enti locali), in riferimento agli artt. 1, 2,  3,  81,  97,  primo  e
secondo comma, e 119, primo comma, della Costituzione. 
    Le norme censurate, in combinato disposto tra loro, concorrono  a
disciplinare la procedura  di  riequilibrio  finanziario  pluriennale
degli enti locali nonche' l'esame del relativo piano e  il  controllo
sulla sua attuazione. 
    In particolare, l'art. 243-quater, comma 7, del d.lgs. n. 267 del
2000 prevede che «[l]a  mancata  presentazione  del  piano  entro  il
termine  di  cui  all'articolo   243-bis,   comma   5,   il   diniego
dell'approvazione del piano, l'accertamento da parte della competente
Sezione regionale della Corte dei conti di grave e reiterato  mancato
rispetto degli obiettivi  intermedi  fissati  dal  piano,  ovvero  il
mancato raggiungimento  del  riequilibrio  finanziario  dell'ente  al
termine  del  periodo  di  durata  del   piano   stesso,   comportano
l'applicazione dell'articolo 6, comma 2, del decreto  legislativo  n.
149 del 2011, con l'assegnazione al Consiglio dell'ente, da parte del
Prefetto,  del  termine  non  superiore  a  venti   giorni   per   la
deliberazione del dissesto». 
    L'art. 243-bis, comma 5, del medesimo decreto dispone  che  «[i]l
consiglio dell'ente locale, entro il termine  perentorio  di  novanta
giorni dalla data di esecutivita' della delibera di cui al  comma  1,
delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale  di  durata
compresa  tra  quattro  e  venti  anni,  compreso  quello  in  corso,
corredato del parere dell'organo di revisione  economico-finanziario.
Qualora, in caso di inizio mandato, la delibera di  cui  al  presente
comma  risulti  gia'  presentata  dalla  precedente  amministrazione,
ordinaria o  commissariale,  e  non  risulti  ancora  intervenuta  la
delibera della Corte dei conti di approvazione o di  diniego  di  cui
all'articolo 243-quater, comma  3,  l'amministrazione  in  carica  ha
facolta' di rimodulare  il  piano  di  riequilibrio,  presentando  la
relativa delibera nei sessanta giorni successivi alla  sottoscrizione
della relazione di cui  all'articolo  4-bis,  comma  2,  del  decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 149». 
    Secondo il giudice rimettente, il combinato disposto degli  artt.
243-quater, comma 7, e 243-bis, comma 5, del d.lgs. n. 267  del  2000
violerebbe gli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo  comma,  Cost.
nella parte in cui non consentirebbe agli enti  locali  di  avvalersi
del  termine  di  sessanta  giorni  per  deliberare   il   piano   di
riequilibrio  finanziario  pluriennale  (termine  riconosciuto,  come
visto, dal medesimo art. 243-bis, comma 5, secondo  periodo,  per  la
rimodulazione del piano, alle amministrazioni  insediatesi  dopo  che
esso sia stato presentato dalla precedente  amministrazione)  quando,
durante  la  pendenza  del  termine  per  deliberare  il  piano,  sia
subentrata una nuova compagine amministrativa, «e  comunque»  quando,
essendosi protratto eccessivamente il procedimento di  controllo  del
piano, l'originaria situazione di squilibrio abbia  perso  attualita'
in ragione della continua  evoluzione  delle  condizioni  finanziarie
dell'ente. Cio' in quanto i principi di equilibrio  e  sana  gestione
finanziaria e di tutela del bilancio quale bene pubblico,  presidiati
dagli  evocati  parametri,  finirebbero  per  essere  inevitabilmente
sacrificati,  mentre  la  procedura   di   riequilibrio   finanziario
pluriennale sarebbe, invece, finalizzata proprio alla salvaguardia di
tali principi. 
    Le norme censurate violerebbero gli artt. 81, 97, primo e secondo
comma, e 119, primo comma, Cost., anche  in  combinato  disposto  con
l'art. 1 Cost., per la stretta correlazione sussistente tra  la  sana
gestione  finanziaria  dell'ente  e   il   mandato   conferito   agli
amministratori  dal  corpo  elettorale,  atteso  che   il   descritto
automatismo,  nell'ipotesi  di  subentro  di  una   nuova   compagine
amministrativa, priverebbe la stessa di un margine temporale  analogo
a quello previsto dall'art. 243-bis, comma 5, secondo  periodo,  t.u.
enti locali e, in caso  di  eccessivo  scostamento  dai  termini  che
scandiscono  la  cronologia   del   procedimento   di   riequilibrio,
condizionerebbe  il  potere  programmatorio  di   risanamento   della
situazione finanziaria ereditata dalle gestioni pregresse,  esponendo
l'amministrazione  subentrante   a   una   responsabilita'   politica
oggettiva. 
    L'automatismo contemplato dalle norme  censurate  confliggerebbe,
altresi', con il principio di ragionevolezza (art.  3  Cost.)  e  con
quello di buon andamento (art. 97, secondo comma, Cost.),  in  quanto
l'avvio automatico al dissesto correlato al mero decorso del  termine
perentorio  -  inadeguato  quando  una  nuova   amministrazione   sia
subentrata e nel caso in cui la  tempistica  normativamente  impressa
alla procedura di  controllo  non  sia  stata  rispettata  -  sarebbe
conseguenza  scollegata  dalla   reale   situazione   finanziaria   e
patrimoniale dell'ente e, quindi, sproporzionata e non  coerente  con
la ratio perseguita dalla  procedura  di  riequilibrio,  che  sarebbe
proprio   quella   di   rimediare   alla    situazione    deficitaria
dell'amministrazione. 
    Il combinato  disposto  delle  norme  censurate  risulterebbe  in
contrasto anche con il principio di uguaglianza (art.  3  Cost.),  in
quanto alla  compagine  amministrativa  subentrata  in  pendenza  del
termine per presentare il piano  verrebbe  riservato  un  trattamento
diverso   e   deteriore,   sia   rispetto   a   quello   riconosciuto
all'amministrazione  che   opera   in   continuita',   sia   rispetto
all'ipotesi in cui una nuova amministrazione subentri quando il piano
sia gia' stato presentato dalla  precedente,  cui  e'  consentito  di
rimodularlo  entro  sessanta  giorni   dalla   sottoscrizione   della
relazione  di  inizio   mandato,   dopo   aver   acquisito   contezza
dell'effettiva  situazione  finanziaria  e   patrimoniale   dell'ente
locale. 
    La nuova compagine non disporrebbe, infatti, per cause a lei  non
imputabili, di un congruo lasso temporale per  redigere  ex  novo  il
piano di riequilibrio. 
    Il giudice  rimettente  ritiene  violato  l'art.  3  Cost.  anche
perche',  mentre  nella  prima  delle  ipotesi  tipizzate   dall'art.
243-quater, comma 7, t.u. enti locali  -  mancata  presentazione  del
piano - l'avvio al dissesto opererebbe in modo del tutto  automatico,
indipendentemente da qualsiasi valutazione finanziaria dell'organo di
controllo,  negli  altri  casi  -  insostenibilita'  del  piano,  suo
andamento negativo, mancato raggiungimento del riequilibrio alla  sua
conclusione -  il  dissesto  e'  subordinato  a  una  valutazione  di
carattere finanziario da parte della competente sezione di  controllo
della  Corte  dei  conti.  In   tal   modo   si   realizzerebbe   una
discriminazione  nel  trattamento  delle  varie  fattispecie  il  cui
verificarsi provoca il dissesto dell'ente locale. 
    2.- La disamina delle questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate richiede una preliminare, sia pur sintetica,  illustrazione
del  contesto  normativo  in  cui  si  inseriscono  le   disposizioni
censurate. 
    In  particolare,  l'art.  243-bis,  comma  l,  t.u.  enti  locali
stabilisce che  i  Comuni  e  le  Province  per  i  quali  sussistono
squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il  dissesto
finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli artt.  193  e  194
t.u. enti locali non siano sufficienti a superare  le  condizioni  di
squilibrio rilevate, possono ricorrere, con deliberazione consiliare,
alla procedura di riequilibrio  finanziario  pluriennale  (cosiddetto
predissesto). 
    In tal caso  l'ente  locale  deve  approvare,  entro  il  termine
perentorio  di  novanta  giorni  dalla  data  di  esecutivita'  della
delibera  di  ricorso  alla  procedura,  un  piano  di   riequilibrio
finanziario pluriennale (PRFP) di durata compresa tra quattro e venti
anni, incluso quello in corso, corredato del  parere  dell'organo  di
revisione economico-finanziaria (art. 243-bis, comma 5). 
    Secondo quanto disposto dal successivo art. 243-quater, comma  1,
e' compito della Commissione per la  stabilita'  finanziaria  di  cui
all'art.  155  t.u.   enti   locali   provvedere   allo   svolgimento
dell'istruttoria entro il termine di sessanta giorni  dalla  data  di
presentazione del piano; istruttoria che consiste nella  ponderazione
dei dati di  natura  finanziaria,  storici  e  previsionali,  per  la
valutazione delle misure previste nel piano ai fini del riequilibrio. 
    Tale  istruttoria  e'  necessaria  per  consentire  alla  sezione
regionale di controllo della Corte dei conti di pronunciarsi -  entro
trenta giorni dalla data di ricezione della  relazione  finale  della
richiamata  Commissione   -   sulla   legittimita'   del   piano   di
riequilibrio,  ossia  sulla  sua  congruita'  rispetto  al  fine   di
ripristinare l'equilibrio del bilancio, sulla copertura  della  spesa
nell'intero  periodo  di  rientro,  sul  rispetto   dei   limiti   di
indebitamento che vietano di utilizzare i prestiti per  la  copertura
della spesa corrente e, piu' in generale, sul rispetto dei vincoli di
finanza pubblica nazionali, eurounitari e convenzionali. 
    Il controllo che la sezione regionale della Corte dei conti  deve
svolgere per verificare l'attuazione del  piano  di  riequilibrio  si
fonda - come prescrivono le norme del Titolo  VIII  del  testo  unico
sugli  enti  locali  -  sull'andamento   dei   conti   dell'ente   in
predissesto, attivita' che deve essere formalizzata in una  pronuncia
con   cadenza   temporale    coerente    con    il    controllo    di
legittimità-regolarita' sul bilancio preventivo e successivo previsto
dall'art. 148 t.u. enti locali, come sostituito dall'art. 3, comma 1,
lettera e), del decreto-legge 10 ottobre 2012, n.  174  (Disposizioni
urgenti  in  materia  di   finanza   e   funzionamento   degli   enti
territoriali, nonche' ulteriori disposizioni  in  favore  delle  zone
terremotate nel maggio 2012), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 7 dicembre 2012, n. 213. 
    In  proposito,  questa  Corte  ha  piu'  volte  ricordato  che  i
controlli  «del  titolo  VIII  del  TUEL  (artt.  243-bis   rubricato
"Procedura  di  riequilibrio  finanziario  pluriennale";   243-quater
rubricato "Esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale  e
controllo sulla relativa attuazione";  [...]  246  "Deliberazione  di
dissesto";  248  rubricato  "Conseguenze   della   dichiarazione   di
dissesto") consistono appunto in controlli di legittimità-regolarita'
se  non  addirittura  in  attribuzioni  di  natura   giurisdizionale.
Appartengono alla prima categoria: a)  la  determinazione  di  misure
correttive per gli  enti  in  predissesto  (art.  243-bis,  comma  6,
lettera a, del TUEL); b) l'approvazione o il  diniego  del  piano  di
riequilibrio  (art.  243-quater,  comma  3,   del   TUEL);   c)   gli
accertamenti  propedeutici  alla  dichiarazione  di  dissesto   (art.
243-quater, comma 7, del TUEL)» (sentenza n. 228 del 2017). 
    E'   stato,   altresi',   sottolineato   che   i   controlli   di
legittimità-regolarita' - sia quelli inerenti al dissesto, sia quelli
sui bilanci preventivi e successivi - ove  tempestivamente  attivati,
potrebbero interdire quelle disfunzioni degenerative  dell'equilibrio
dei bilanci che hanno indotto piu' volte il legislatore a intervenire
per  il  prolungamento  dei  tempi  di  riequilibrio   oltre   quelli
fisiologici fissati dal decreto legislativo 23 giugno 2011,  n.  118,
recante  «Disposizioni  in  materia  di  armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n. 42» (in tal senso, sentenza n. 115 del 2020). 
    Il complesso impianto normativo di riferimento muove dalla  ratio
unitaria di evitare il dissesto  attraverso  un  fattivo  e  coerente
comportamento  economico-finanziario  dell'ente  locale   nel   tempo
ipotizzato di rientro dal deficit. 
    In  tale   contesto   teleologico   rientra   il   controllo   di
legittimità-regolarita' sui bilanci preventivi e successivi,  poiche'
tale coerente comportamento nel tempo  previsto  per  il  risanamento
deve trovare puntuale riscontro in ciascuno dei bilanci preventivi  e
successivi del predetto periodo. 
    3.- Il rimettente si duole del fatto che  il  combinato  disposto
degli artt. 243-quater, comma 7, e 243-bis, comma 5, t.u. enti locali
non permetta alla nuova amministrazione, insediatasi in pendenza  del
termine per la presentazione del PRFP, di predisporlo entro  sessanta
giorni dalla relazione di inizio mandato, cosi' come consentito  alle
nuove  amministrazioni  per  l'eventuale  rimodulazione   del   piano
deliberato      dall'amministrazione      precedente,      correlando
automaticamente il dissesto dell'ente all'inutile decorso del termine
originario. 
    Il  giudice  a  quo  prospetta,  altresi',  la  possibilita'   di
prevedere, nel caso in cui l'istruttoria del piano si  sia  protratta
oltre i termini ordinatori stabiliti dal legislatore,  un  esame,  da
parte della sezione regionale di controllo, del piano di rientro  dal
deficit sulla base della situazione  economico-finanziaria  esistente
al momento del giudizio di sua competenza e non di  quella  esistente
all'epoca della richiesta formulata dalla precedente amministrazione.
Cio' per evidenti motivi di carattere funzionale e di ragionevolezza:
la  situazione  dell'ente  locale  potrebbe  essere   mutata,   anche
positivamente, per effetto della  gestione  successiva  o  di  motivi
estrinseci allo stesso andamento della gestione. 
    I due interventi sono prospettati in via gradata come  dimostrato
dalla locuzione «e comunque» impiegata dal rimettente, relegando,  in
tal modo, la seconda addizione a un ruolo meramente subordinato. 
    Tanto evidenziato, e' indubbio che le norme censurate influiscano
in modo  determinante  sulla  decisione  del  giudice  rimettente  in
quanto, in applicazione del loro combinato  disposto,  egli  dovrebbe
ritenere tardiva la presentazione del  piano  (intervenuta  oltre  il
termine di novanta giorni dalla delibera di ricorso alla procedura di
riequilibrio da parte del Commissario straordinario), con conseguente
automatico avvio dell'ente locale al dissesto, mentre l'uno o l'altro
intervento additivo  consentirebbero  la  valutazione  del  PRFP  nel
merito. Di qui la rilevanza delle questioni sollevate. 
    Tali considerazioni, peraltro, escludono di  per  se'  che,  come
eccepito dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  possa  assumere
rilievo l'asserita congruita'  della  porzione  residua  del  termine
previsto per la presentazione del piano e la circostanza che esso non
sia stato rispettato per errore inescusabile. 
    L'Avvocatura   generale   dello    Stato    eccepisce    altresi'
l'inammissibilita'  delle  questioni   sollevate,   in   quanto   gli
interventi    manipolativo-additivi    invocati     non     sarebbero
costituzionalmente  obbligati,   implicando   scelte   rimesse   alla
valutazione discrezionale del legislatore, connotate da un alto tasso
di creativita', ben potendosi immaginare soluzioni diverse. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    E' ormai costante l'orientamento  di  questa  Corte  secondo  cui
«l'ammissibilita'  delle  questioni   e'   condizionata   non   tanto
dall'esistenza di un'unica  soluzione  costituzionalmente  obbligata,
quanto dalla  presenza  nell'ordinamento  di  una  o  piu'  soluzioni
costituzionalmente adeguate, che si inseriscano nel tessuto normativo
coerentemente con la logica perseguita dal legislatore» (ex plurimis,
sentenza n. 224 del 2020). 
    Entrambe le addizioni prospettate rispettano il citato requisito. 
    La prima corrisponde al termine  che,  sempre  nell'ambito  della
procedura di riequilibrio  finanziario,  viene  riconosciuto  proprio
alla compagine amministrativa subentrante per la rimodulazione di  un
piano gia' presentato ma non ancora approvato (art. 243-bis, comma 5,
secondo  periodo,   t.u.   enti   locali),   con   decorrenza   dalla
sottoscrizione della relazione di  inizio  mandato  di  cui  all'art.
4-bis del decreto legislativo 6 settembre 2011,  n.  149  (Meccanismi
sanzionatori e premiali relativi a  regioni,  province  e  comuni,  a
norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42). 
    A sua volta, l'addizione richiesta  in  via  subordinata  risulta
coerente con le altre ipotesi di avvio al dissesto previste dall'art.
243-quater, comma 7, t.u. enti locali (il  diniego  dell'approvazione
del piano; l'accertamento del  grave  e  reiterato  mancato  rispetto
degli obiettivi intermedi da esso fissati; il mancato  raggiungimento
del riequilibrio finanziario dell'ente  al  termine  del  periodo  di
durata del piano  stesso),  poiche'  ciascuna  di  esse  implica  una
valutazione di tipo finanziario quale quella che l'addizione  mira  a
introdurre. 
    Quanto all'ulteriore eccezione d'inammissibilita', secondo cui le
censure riguarderebbero unicamente l'art. 243-quater, comma 7, e  non
anche l'art. 243-bis, comma 5, t.u. enti locali, dalla prospettazione
del ricorrente si ricava, al contrario,  che  anche  quest'ultimo  e'
coinvolto nelle questioni sollevate, in quanto a essere inficiato dal
dubbio  di  costituzionalita'  e'  proprio  il  combinato  delle  due
disposizioni. 
    Pertanto, anche tale eccezione deve essere rigettata. 
    4.- Tanto premesso, passando all'esame del merito delle questioni
di legittimita' costituzionale sollevate, occorre evidenziare che  la
procedura di riequilibrio  finanziario  pluriennale  e'  strettamente
connessa all'attuazione dei principi di  equilibrio  del  bilancio  e
sana gestione finanziaria di cui agli artt. 1, 81, 97  e  119,  primo
comma,  Cost.,  essendo  finalizzata  a  superare  le  situazioni  di
squilibrio strutturale del bilancio e  a  riportare  gli  enti  nelle
condizioni di equilibrio e sostenibilita' della spesa. 
    Il PRFP costituisce un rimedio volto a  impedire,  attraverso  la
concreta  determinazione  di  un  graduale  percorso  di  risanamento
dell'ente nel rispetto delle disposizioni vigenti, che lo  squilibrio
strutturale evolva  nella  piu'  grave  patologia  del  dissesto.  Si
tratta,  in  sostanza,  di  uno   strumento   che   trova   copertura
costituzionale proprio nei parametri evocati dal rimettente,  essendo
funzionalmente orientato ad assicurare il  principio  di  continuita'
nella gestione amministrativa e dei servizi dell'ente locale,  in  un
contesto di legalita' finanziaria (in tal senso, sentenza n. 115  del
2020). 
    Infatti, il piano, proprio per la  sua  attitudine  a  conseguire
l'equilibrio  tendenziale  del  bilancio,  costituisce  strumento  di
sintesi   delle   decisioni   dell'ente   territoriale   in    ordine
all'acquisizione delle entrate e all'individuazione degli  interventi
necessari  a  garantire  l'erogazione  dei  servizi   pubblici   alla
collettivita'; rappresenta, altresi', un mezzo di verifica attraverso
il quale e' possibile confrontare i risultati conseguiti  e  valutare
l'operato degli amministratori nella gestione della  crisi  (sentenza
n. 184 del 2016). 
    Il principio della responsabilita' di mandato risulta ancor  piu'
articolato e bisognoso di una attuazione trasparente quando la  nuova
compagine dell'ente locale si trova a  fronteggiare  una  crisi  gia'
dichiarata dall'amministrazione precedente  e,  in  particolar  modo,
laddove il tempo impiegato per lo svolgimento dell'istruttoria  e  di
controllo del PRPF abbia consentito, come sostenuto dall'ente  locale
nella  fattispecie  in  esame,  un  miglioramento  della   situazione
economico-finanziaria. 
    E' alla stregua di tali considerazioni che occorre valutare se il
combinato  delle  disposizioni  censurate  vanifichi  in  radice   la
funzione della procedura di riequilibrio e sacrifichi  gli  interessi
alla cui  soddisfazione  essa  risponde,  pregiudicando  in  concreto
l'equilibrio di bilancio e la  sana  gestione  finanziaria  dell'ente
locale che, sotto tali profili, si trova nella particolare situazione
di una transizione amministrativa geneticamente patologica. 
    5.-  Rilevata  l'inammissibilita'  delle  censure  formulate   in
riferimento all'art. 2 Cost.  per  difetto  di  motivazione,  occorre
verificare se, nel merito, sia  fondato  il  dubbio  di  legittimita'
costituzionale in relazione alla mancata previsione  che  anche  alla
compagine  amministrativa  insediatasi  in   pendenza   del   termine
perentorio di novanta giorni - senza che sia stato ancora predisposto
e deliberato il PRFP - sia consentito di  avvalersi  del  termine  di
sessanta giorni, previsto per  l'eventuale  rimodulazione  del  piano
gia' deliberato dall'amministrazione precedente. 
    Il combinato disposto degli artt. 243-quater, comma 7, e 243-bis,
comma 5, t.u. enti locali, risulta in contrasto con gli artt.  1,  3,
81, 97, primo e secondo comma, e 119, primo comma, Cost. 
    5.1.- Seguendo l'ordine con cui le censure sono  state  sollevate
dal rimettente, con riguardo alla violazione dell'art.  3  Cost.,  le
disposizioni  impugnate  presentano  un'evidente  irragionevolezza  e
determinano una disparita' di trattamento. 
    Sotto il primo profilo, rispetto all'amministrazione che opera in
continuita' - la quale elabora il piano a seguito  del  ricorso  alla
procedura  di  riequilibrio  da  essa  stessa  deliberato  -   quella
successiva, pur ereditando un grave squilibrio e l'assenza totale  di
un progetto di risanamento, si trova costretta a  intervenire  in  un
lasso temporale gravemente ridotto  e  potenzialmente  insufficiente,
poiche' il termine di novanta giorni per deliberare il  PRFP  decorre
da un momento anteriore a quello del suo  insediamento,  ossia  dalla
data della delibera  di  ricorrere  alla  procedura  di  riequilibrio
assunta dalla precedente compagine. Mentre il legislatore  ha  tenuto
presente la complessa interrelazione delle vicende temporali inerenti
al procedimento di riequilibrio e alla successione nell'esercizio del
mandato elettorale per le amministrazioni che intendono rimodulare il
piano precedentemente approvato, una coerente fattispecie legale  non
e'  stata  presa  in  considerazione  per  il  caso  della  procedura
ereditata in assenza di un piano. 
    Quanto   all'ingiustificata   disparita'   di   trattamento,   la
fattispecie  normativa  inerente  all'amministrazione  che  opera  in
continuita' non puo' essere assunta quale  tertium  comparationis  in
quanto  strutturalmente  diversa:  il  termine  di  novanta   giorni,
intercorrente tra la data di ricorso alla procedura di riequilibrio e
quella di deliberazione del PRFP, si innesta in  un  procedimento  in
cui coincidono soggetto richiedente  e  soggetto  che  predispone  il
piano. 
    Diversamente va detto per  l'altra  fattispecie  legale  riferita
all'amministrazione subentrante interessata  alla  rimodulazione  del
piano, per  la  quale  l'art.  243-bis,  comma  5,  secondo  periodo,
contempla  un   termine   di   sessanta   giorni   decorrente   dalla
sottoscrizione della relazione di  inizio  mandato  di  cui  all'art.
4-bis, comma 2, del d.lgs. n. 149 del 2011  «volta  a  verificare  la
situazione finanziaria e patrimoniale e la misura  dell'indebitamento
dei medesimi enti» (comma 1) e sulla base delle  cui  risultanze,  in
generale, «il presidente della provincia o il sindaco in carica,  ove
ne sussistano i presupposti,  possono  ricorrere  alle  procedure  di
riequilibrio finanziario vigenti» (comma 2, secondo periodo). 
    E' evidente l'idoneita' di tale norma ad  assumere  la  veste  di
tertium comparationis, perche' riguarda  la  medesima  situazione  di
nuovo ingresso in pendenza  del  procedimento  di  risanamento  e  la
correlata presa in carico  della  gestione  amministrativo-contabile:
ponendosi   un'identica   esigenza   di   acquisire   un'apprezzabile
conoscenza  della  reale  situazione   finanziaria   e   patrimoniale
dell'ente locale, nonche' della misura del relativo  indebitamento  -
elementi  indefettibili  per  costruire  un'ipotesi  di   risanamento
affidabile e credibile, coerente con  la  disciplina  funzionale  del
predissesto  -  risulta  ingiustificato  soddisfare  tale  necessita'
accordando all'amministrazione subentrante il termine per  rimodulare
il piano gia' deliberato e non anche per formularlo ex novo. 
    E' bene in proposito richiamare alcune delle operazioni pregnanti
propedeutiche alla redazione del piano,  indicative  della  complessa
istruttoria dello stesso e del tempo necessario a provvedervi: «a) la
puntuale ricognizione, con relativa quantificazione, dei  fattori  di
squilibrio  rilevati,  dell'eventuale  disavanzo  di  amministrazione
risultante dall'ultimo rendiconto approvato  e  di  eventuali  debiti
fuori bilancio; b) l'individuazione, con relativa  quantificazione  e
previsione dell'anno  di  effettivo  realizzo,  di  tutte  le  misure
necessarie per ripristinare l'equilibrio  strutturale  del  bilancio,
per l'integrale ripiano del disavanzo di amministrazione accertato  e
per il finanziamento dei debiti fuori bilancio a partire da quello in
corso alla data di accettazione da parte dei creditori del piano;  c)
l'indicazione, per ciascuno degli anni  del  piano  di  riequilibrio,
della percentuale di ripiano  del  disavanzo  di  amministrazione  da
assicurare e degli  importi  previsti  o  da  prevedere  nei  bilanci
annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori bilancio.
E' altresi' previsto [...] che, ai  fini  della  predisposizione  del
piano, l'ente e' tenuto a effettuare  una  ricognizione  di  tutti  i
debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi dell'art. 194 del  TUEL.
Il perimetro costituzionale disegnato da tali  disposizioni  consiste
nella funzionalita' della procedura a  ridurre  il  deficit  fino  ad
azzerarlo nel  tempo  prescritto.  Cio'  mediante  la  scansione  del
percorso attraverso  i  risultati  conseguiti  nei  singoli  esercizi
attinenti al piano e la definizione di  una  proporzione  accettabile
dei  sacrifici  imposti  alle  future  generazioni  di   amministrati
affinche' l'oneroso rientro dal disavanzo sia comunque compensato dal
traguardo  dell'equilibrio,  presupposto  necessario  per   la   sana
amministrazione» (sentenza n. 115 del 2020). 
    5.2.- Quanto fin qui evidenziato  comporta  anche  la  fondatezza
delle censure sollevate in riferimento agli artt. 1, 81, 97, primo  e
secondo comma, e 119, primo comma, Cost. 
    Viola, infatti, i principi dell'equilibrio di  bilancio  e  della
sana gestione finanziaria dell'ente,  nonche'  il  mandato  conferito
agli amministratori  dal  corpo  elettorale,  l'automatico  avvio  al
dissesto quando una nuova amministrazione sia subentrata  alla  guida
dell'ente e, chiamata a farsi carico della pesante eredita'  ricevuta
dalle precedenti gestioni, non sia stata messa  nella  condizione  di
predisporre il PRFP per l'assegnazione di un termine che  decorre  da
epoca anteriore al suo insediamento ed e' sganciato  dal  momento  in
cui acquisisce, con  la  sottoscrizione  della  relazione  di  inizio
mandato, piena contezza della situazione finanziaria  e  patrimoniale
dell'ente   e   della   misura   dell'indebitamento.   Cio'   finisce
inevitabilmente  per  pregiudicare  il   potere   programmatorio   di
risanamento della situazione  finanziaria  ereditata  dalle  gestioni
pregresse  con  violazione  dell'art.  81,  Cost.,  e  impedisce   di
esercitare pienamente il mandato elettorale, confinando la  posizione
dei  subentranti  in  una  condizione  di  responsabilita'   politica
oggettiva, con pregiudizio dell'art. 1 Cost. 
    Oltre che  contrario  ai  citati  parametri  e  diseconomico,  il
meccanismo delineato dalla normativa censurata collide, altresi', con
il principio di ragionevolezza (sotto un  ulteriore  profilo)  e  con
l'interdipendente principio  di  buon  andamento  (art.  97,  secondo
comma, Cost.), in quanto costituisce conseguenza sproporzionata e non
coerente con la ratio sottesa alla procedura di riequilibrio, che  e'
proprio quella di porre rimedio alla situazione deficitaria dell'ente
locale ove sia concretamente possibile, mettendo i  nuovi  depositari
del mandato elettorale nella condizione di farsene pienamente carico. 
    Nel caso di specie, la violazione del principio di ragionevolezza
ben  si  coniuga  con  quello  di  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione (ex plurimis, sentenze n. 247 e n. 169 del 2017 e  n.
188 del 2015). 
    6.- La reductio ad legitimitatem del censurato combinato disposto
ben  puo'  essere  realizzata  incidendo   esclusivamente   sull'art.
243-bis,   comma   5,   t.u.   enti   locali,   che   va   dichiarato
costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che, in
caso di inizio mandato in  pendenza  del  termine  di  cui  al  primo
periodo, ove non vi abbia provveduto la  precedente  amministrazione,
quella in  carica  possa  deliberare  il  PRFP  nei  sessanta  giorni
successivi alla sottoscrizione della relazione di cui all'art. 4-bis,
comma 2, del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    7.- E' da sottolineare come la presente pronuncia,  nel  segmento
della sua operativita', contribuisca  a  semplificare  la  tormentata
evoluzione legislativa delle norme regolanti l'endemico fenomeno  del
dissesto degli enti locali. 
    In questo modo, gli enti locali possono operare in  coerenza  con
la situazione finanziaria in  cui  attualmente  versano,  permettendo
alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti di valutare
la congruita' del piano. 
    Inoltre, la pronuncia consente di  collegare  -  in  ragione  del
principio di continuita' dei bilanci e della gestione  finanziaria  -
l'eventuale redazione del PRFP con la situazione  giuridico-economica
esistente  al   momento   dell'effettiva   assunzione   del   mandato
realizzando la doverosa tensione verso un equilibrio strutturale  che
si conservi nel  tempo,  in  ossequio  al  principio  dell'equilibrio
tendenziale. 
    8.-  Stante  l'accoglimento  delle  questioni  sollevate  in  via
principale, sono assorbite quelle prospettate dal giudice  rimettente
in via subordinata. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  243-bis,
comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), nella parte  in  cui
non prevede che, in caso di inizio mandato in  pendenza  del  termine
perentorio di cui all'art. 243-bis, comma 5, primo periodo,  ove  non
vi abbia provveduto la precedente amministrazione, quella  in  carica
possa deliberare il piano di  riequilibrio  finanziario  pluriennale,
presentando la relativa delibera nei sessanta giorni successivi  alla
sottoscrizione della relazione di cui all'art. 4-bis,  comma  2,  del
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori
e premiali relativi a regioni,  province  e  comuni,  a  norma  degli
articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42); 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  del  combinato  disposto  degli  artt.  243-quater  e
243-bis del  d.lgs.  n.  267  del  2000,  sollevata,  in  riferimento
all'art. 2 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezioni riunite
in sede giurisdizionale in speciale composizione, con l'ordinanza  in
epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Angelo BUSCEMA, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 marzo 2021. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE