N. 96 SENTENZA 15 aprile - 11 maggio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale  -  Differimento  delle  udienze  e  sospensione  dei
  termini processuali a causa del rischio epidemiologico da  COVID-19
  - Svolgimento delle udienze penali mediante collegamento telematico
  a distanza (accesso  da  remoto)  -  Esclusione,  mediante  decreto
  legge, dell'accesso da remoto, salvo consenso delle parti,  per  le
  udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in  camera  di
  consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni,
  parti, consulenti o periti - Denunciata violazione  della  funzione
  legislativa esercitata dalle Camere e dei presupposti di necessita'
  e di urgenza legittimanti il ricorso alla decretazione d'urgenza  -
  Inammissibilita' delle questioni. 
- Decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni,
  nella legge 25 giugno 2020, n. 70, art. 3,  comma  1,  lettera  d),
  modificativo del comma 12-bis dell'art.  83  del  decreto-legge  17
  marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni,  nella  legge  24
  aprile 2020, n. 27. 
- Costituzione, artt. 70 e 77. 
(GU n.19 del 12-5-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1,
lettera d), del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28  (Misure  urgenti
per la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di  conversazioni
e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia  di  ordinamento
penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in
materia di giustizia civile,  amministrativa  e  contabile  e  misure
urgenti per l'introduzione del  sistema  di  allerta  Covid-19),  poi
convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, che
ha modificato l'art. 83, comma 12-bis,  del  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale
e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e  imprese  connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
modificazioni, nella legge  24  aprile  2020,  n.  27,  promosso  dal
Tribunale ordinario di Spoleto nel procedimento penale a carico di G.
C., con ordinanza del 21 maggio 2020, iscritta al n. 148 del registro
ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 14  aprile  2021  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 15 aprile 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario  di  Spoleto,  con  ordinanza  del  21
maggio 2020 iscritta al  n.  148  del  registro  ordinanze  2020,  ha
sollevato, in riferimento agli artt.  70  e  77  della  Costituzione,
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  comma  1,
lettera d), del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28  (Misure  urgenti
per la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di  conversazioni
e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia  di  ordinamento
penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in
materia di giustizia civile,  amministrativa  e  contabile  e  misure
urgenti per l'introduzione del  sistema  di  allerta  Covid-19),  poi
convertito, con modificazioni, nella legge 25  giugno  2020,  n.  70,
nella parte in cui, introducendo l'ultimo periodo  nel  comma  12-bis
dell'art. 83 del decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18  (Misure  di
potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e   di   sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, ha stabilito «in aperto  contrasto»  con
quanto da quest'ultima previsto che, nel periodo compreso  tra  il  9
marzo e il 31 luglio 2020, «la modalita' ordinaria di  partecipazione
all'udienza penale fosse quella "in presenza"». 
    1.1.- Il rimettente premette di procedere con giudizio  immediato
nei confronti di G. C., disposto con decreto del 25 maggio 2017,  per
i reati di cui agli artt. 572, 61, numero 5) e numero 11), e 609-bis,
primo comma, del codice penale. 
    L'ordinanza riferisce che dopo la dichiarazione di  apertura  del
dibattimento in data 8 marzo  2020  (recte:  2018),  si  sono  svolte
successive udienze, rivolte all'assunzione delle prove,  in  data  28
febbraio 2019 e,  di  fronte  a  diversa  composizione  del  collegio
giudicante, in data 9 settembre 2019, 11 novembre 2019 e  27  gennaio
2020. Esauriti  gli  incombenti  istruttori,  il  processo  e'  stato
aggiornato per la discussione finale all'udienza del 27 gennaio 2020,
ove ha subito un ulteriore  rinvio,  per  ragioni  organizzative  del
Tribunale, all'udienza del 21 maggio 2020. 
    Nel corso di tale ultima udienza -  svoltasi,  a  quanto  risulta
dall'ordinanza, alla presenza fisica delle parti in aula «non  avendo
[esse] formulato istanza di celebrazione dell'udienza "da remoto"» in
conformita' all'art. 83, comma 12-bis, ultimo periodo, del d.l. n. 18
del 2020, come convertito, introdotto dalla disposizione censurata -,
il Presidente del  collegio  giudicante  ha  chiesto  alle  parti  se
intendessero prestare il consenso alla trattazione "da remoto". Preso
atto del mancato consenso espresso  dalla  difesa  dell'imputato,  il
rimettente  ha  sospeso  il  giudizio,  ritenendo  rilevanti  e   non
manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 3, comma 1, lettera d), del d.l. n. 28 del 2020. 
    2.- Il giudice a  quo  osserva  come  tra  le  misure  rivolte  a
contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e a contenerne gli
effetti in materia di amministrazione della giustizia  penale  assuma
un particolare rilievo l'introduzione del cosiddetto "processo penale
telematico", con cui  si  e'  consentito,  nella  fase  di  emergenza
sanitaria,  lo  svolgimento   di   attivita'   processuali   mediante
collegamento telematico (cosiddetto accesso da remoto). 
    Sulla disciplina di tali modalita', introdotte dapprima  in  sede
di conversione del d.l.  n.  18  del  2020,  ha  tuttavia  inciso  il
successivo d.l. n. 28 del 2020, entrato in vigore il 1°  maggio  2020
e, quindi, pressoche' contestualmente all'entrata in  vigore  (il  30
aprile 2020) della richiamata legge n. 27 del  2020,  di  conversione
del d.l. n. 18 del 2020. Con quest'ultima si  era  infatti  previsto,
all'art. 83, comma 12-bis, che, nel periodo tra il 9 marzo  e  il  30
giugno  2020,  tutte  le  udienze  penali  che  non  richiedevano  la
partecipazione di soggetti  diversi  dal  pubblico  ministero,  dalle
parti  private  e  dai  rispettivi  difensori,  dagli  ausiliari  del
giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti,
consulenti o periti, potessero essere tenute mediante collegamento da
remoto. A seguito delle modifiche apportate a tale  previsione  dalla
disposizione censurata, entrata in  vigore  il  giorno  successivo  a
quello della entrata in  vigore  della  legge  n.  27  del  2020,  lo
svolgimento delle udienze penali e' stato  tuttavia  disciplinato  in
modo «diametralmente oppost[o]». Con l'art. 3, comma 1,  lettera  d),
del d.l. n. 28 del 2020,  infatti,  e'  stato  previsto  che  per  le
udienze deputate alla discussione finale e  all'esame  di  testimoni,
parti, consulenti e periti, si restringesse l'ambito operativo  delle
udienze da remoto e delle relative camere di  consiglio,  perche'  la
modalita'  in  presenza   era   individuata   «quale   modalita'   di
partecipazione  maggiormente   garantita»   e   quella   da   remoto,
subordinata al consenso di tutte le parti,  era  ormai  da  intendere
come modalita' di svolgimento  del  tutto  residuale  (restando  essa
nella sostanza applicabile alle sole udienze cosiddette "filtro"). 
    2.1.-  Il  rimettente  ritiene  le  questioni  rilevanti  perche'
l'udienza di discussione finale del 21 maggio  2020,  in  esito  alla
quale e' stato sospeso il giudizio  per  effetto  della  sollevazione
delle presenti questioni di legittimita' costituzionale, era deputata
alla sola discussione finale e si  e'  svolta  alla  presenza  fisica
delle parti in conseguenza del mancato  consenso  dell'imputato  alla
partecipazione al collegamento da remoto, espresso  nel  corso  della
stessa  a  seguito  dell'interpello  del  Presidente   del   collegio
giudicante. 
    A fronte di cio', il Tribunale rileva che, versandosi in uno  dei
casi per i quali il testo originario dell'art. 83, comma 12-bis,  del
d.l. n. 18 del 2020 aveva ammesso lo svolgimento dell'udienza tramite
collegamento  telematico  e  in  ragione   della   non   complessita'
dell'attivita' processuale da espletare, «avrebbe certamente disposto
di procedere tramite la modalita' alternativa di partecipazione»,  ma
il mancato consenso della difesa dell'imputato, previsto dalla  norma
censurata, ha reso necessaria la trattazione dell'udienza nelle forme
ordinarie. 
    Non sarebbe stata, peraltro, di ostacolo  alla  rimessione  delle
questioni la circostanza che l'ultimo  periodo  dell'art.  83,  comma
12-bis, del d.l. n. 18 del 2020, introdotto  dalla  norma  censurata,
avrebbe  cessato  di  essere  vigente,  secondo  quanto   deduce   il
rimettente, a far data dal  31  luglio  2020,  perche'  la  rilevanza
andrebbe valutata ex ante, vale a dire nel momento in cui il  giudice
solleva la questione. 
    2.2.- Poste tali premesse, il Tribunale di Spoleto ritiene che la
disposizione censurata sia in contrasto con gli artt. 70 e 77 Cost. 
    La disciplina  con  decretazione  d'urgenza  delle  modalita'  di
svolgimento delle udienze penali introdotta con la  norma  censurata,
intervenuta pressoche' contestualmente all'entrata  in  vigore  della
legge di conversione del precedente d.l. n. 18 del 2020, susciterebbe
infatti «forti perplessita' quantomeno sul piano  metodologico»,  per
il fatto di contenere una normativa di segno del  tutto  contrario  a
quella contenuta nell'atto legislativo approvato dal  Parlamento;  in
tal modo, si finirebbe con  l'attribuire  al  Governo  il  potere  di
disciplinare  in  maniera  diversa  la  medesima  materia  a  ridosso
dell'approvazione   parlamentare,   «cosi'   svilendo    l'essenziale
attribuzione  al  Parlamento,  quale  organo  il  cui  potere  deriva
direttamente dal popolo, nell'adozione di norme primarie,  in  aperta
violazione dell'art. 70 della Costituzione». 
    Ne', ad avviso del rimettente, il vizio potrebbe  escludersi  per
il fatto che la Camera dei  deputati,  al  momento  dell'approvazione
della legge n. 27 del 2020, aveva approvato un ordine del giorno  con
cui impegnava il Governo a modificare la disciplina appena approvata. 
    Quanto, poi, alla violazione dell'art. 77  Cost.,  risulterebbero
insussistenti i presupposti di necessita' e di urgenza  dell'adozione
della norma censurata. 
    Il brevissimo lasso di tempo  (un  solo  giorno)  intercorso  tra
l'entrata in vigore della legge di conversione  e  del  decreto-legge
imporrebbe di ritenere che non sia medio  tempore  intervenuto  alcun
elemento  di  novita',  tanto  piu'  che  l'originaria  finalita'  di
mitigazione del contagio che perseguiva la generalizzata introduzione
del processo da remoto sarebbe evidentemente frustrata nel momento in
cui si e' reintrodotta  quella  in  presenza,  come  modalita'  nella
sostanza ordinaria di svolgimento delle udienze penali. 
    Ne'  potrebbe   ritenersi   che   la   necessita'   e   l'urgenza
dell'intervento governativo siano ravvisabili alla luce dei dubbi  di
legittimita' costituzionale espressi da  piu'  parti  in  riferimento
alla disciplina del processo da remoto contenuta nel d.l. n.  18  del
2020, come convertito, «non essendo di  certo  il  Decreto  Legge  lo
strumento individuato  dall'ordinamento  per  fronteggiare  eventuali
vizi di costituzionalita' degli atti normativi». 
    3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  questioni  sollevate   siano   dichiarate
irrilevanti e manifestamente infondate. 
    L'Avvocatura eccepisce, innanzi tutto,  che  le  questioni  siano
state sollevate tardivamente e che il rimettente  non  potrebbe  piu'
dare applicazione alla norma censurata. 
    Secondo quanto prescrive l'art. 83, comma 12-bis, del d.l. n.  18
del  2020,  come  convertito,  infatti,  il  giudice  avrebbe  dovuto
comunicare  alle  parti  e  ai  soggetti  interessati  la   data   di
svolgimento dell'udienza da  remoto  prima  della  stessa,  cosi'  da
consentire a chi lo avesse ritenuto di opporvisi,  poiche'  la  ratio
della previsione e' quella di evitare agli interessati di presentarsi
fisicamente in udienza, laddove intendano procedere con  collegamento
telematico. 
    Cio', invece, non sarebbe avvenuto nel caso di specie, nel  quale
l'interpello alle parti e' stato effettuato  nel  corso  dell'udienza
stessa  e,  quindi,  dopo  che  le  parti  si  erano  presentate  per
partecipare alla medesima. Circostanza, quest'ultima, che  priverebbe
il giudice del potere di applicare la norma di  cui  questi  sospetta
l'illegittimita'  costituzionale,  riferita   invece   a   una   fase
precedente e ormai esaurita. Da qui,  ad  avviso  dell'interveniente,
l'irrilevanza delle questioni sollevate. 
    Nel merito, non vi sarebbe comunque alcuna menomazione dei poteri
del Parlamento, perche' un decreto-legge ben potrebbe, come nel  caso
di specie e tanto piu' al cospetto di  una  disciplina  destinata  ad
operare per un breve periodo, introdurre una  disciplina  diversa  da
quella contenuta in un atto approvato dal Parlamento, quando cio' sia
necessario per far fronte a esigenze medio tempore manifestatesi. Nel
caso di specie, tali esigenze scaturivano dalle critiche rivolte alla
generalizzata introduzione del processo da remoto ed erano  confluite
in diversi ordini  del  giorno  di  provenienza  parlamentare,  fatti
propri dal Governo, che cosi'  si  era  impegnato  a  modificarne  la
disciplina, evitando in tal modo la presentazione di emendamenti  che
avrebbero  ritardato  l'approvazione  della  legge  di   conversione,
eventualita'  tanto  piu'  da  scongiurare  in  quanto   l'intervento
normativo  in  questione  era  rivolto  a   contrastare   l'emergenza
pandemica. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario  di  Spoleto   ha   sollevato,   in
riferimento agli artt. 70  e  77  della  Costituzione,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma  1,  lettera  d),  del
decreto-legge  30  aprile  2020,  n.  28  (Misure  urgenti   per   la
funzionalita' dei  sistemi  di  intercettazioni  di  conversazioni  e
comunicazioni, ulteriori misure urgenti  in  materia  di  ordinamento
penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in
materia di giustizia civile,  amministrativa  e  contabile  e  misure
urgenti per l'introduzione del  sistema  di  allerta  Covid-19),  poi
convertito, con modificazioni, nella legge 25  giugno  2020,  n.  70,
nella parte in cui, introducendo l'ultimo periodo  nel  comma  12-bis
dell'art. 83 del decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18  (Misure  di
potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e   di   sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, ha stabilito «in aperto  contrasto»  con
tale legge di conversione che, nel periodo compreso tra il 9 marzo  e
il  31  luglio  2020,  «la  modalita'  ordinaria  di   partecipazione
all'udienza penale fosse quella "in presenza"». 
    1.1.- Il rimettente  premette  che,  nel  corso  dell'udienza  di
discussione finale svoltasi il 21 maggio 2020  alla  presenza  fisica
delle parti, la difesa dell'imputato non ha  manifestato  il  proprio
consenso allo svolgimento dell'udienza per il tramite di collegamento
telematico (cosiddetto accesso "da remoto"), secondo quanto  previsto
dall'art. 83, comma 12-bis, del d.l. n. 18 del 2020, come  modificato
dalla norma censurata. 
    A fronte di cio', ritenendo che la complessita'  delle  questioni
da trattare non rendesse necessaria l'udienza in presenza delle parti
e preso atto dell'avvicendamento normativo che aveva  interessato  la
disciplina delle udienze penali alla luce del rischio di contagio  da
COVID-19, il giudice a quo ritiene che  la  norma  censurata,  avendo
nella  sostanza  ripristinato  quella  in  presenza  come   modalita'
ordinaria di svolgimento di tali udienze, sia in  contrasto  con  gli
artt. 70 e 77 Cost. 
    Ad avviso del Tribunale di Spoleto,  l'introduzione  della  norma
censurata ad opera del d.l. n. 28 del 2020, adottata il giorno stesso
dell'entrata in vigore della legge n. 27 del 2020, che prevedeva,  al
contrario, che le udienze penali si svolgessero da remoto, svilirebbe
infatti «l'essenziale  attribuzione  al  Parlamento»  del  potere  di
adottare  norme  primarie  e,   inoltre,   risulterebbe   priva   dei
presupposti di necessita' e urgenza richiesti dall'art.  77,  secondo
comma, Cost. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, eccependo preliminarmente l'inammissibilita' delle questioni e
concludendo, comunque, nel senso della loro infondatezza. 
    Ad avviso della  difesa  dello  Stato,  difetterebbe  infatti  il
requisito  della  rilevanza   delle   questioni   perche'   sollevate
tardivamente. Secondo quanto previsto dall'art. 83, comma 12-bis, del
d.l. n. 18 del  2020,  sostiene  l'Avvocatura  generale,  il  giudice
avrebbe dovuto interpellare le parti in ordine  all'eventualita'  che
l'udienza si svolgesse tramite collegamento telematico in un  momento
antecedente, cosi' da consentire loro di manifestare il  consenso  o,
viceversa, la contrarieta'  a  tale  modalita'  di  trattazione,  con
l'effetto - in quest'ultimo caso - di procedere secondo la  modalita'
ordinaria di svolgimento dell'udienza. Nel giudizio a quo, invece, il
Tribunale procedente ha chiesto alle parti di manifestare il consenso
solamente quando queste erano  presenti  all'udienza  del  21  maggio
2020, gia' fissata per effetto del rinvio disposto all'udienza del 27
gennaio 2020, sicche', a quel punto,  il  giudice  non  avrebbe  piu'
potuto  dare  applicazione  alla   norma   della   cui   legittimita'
costituzionale egli dubita. 
    3.-  E'  necessario,  prima  di  vagliare  l'eccezione   avanzata
dall'Avvocatura dello Stato, inquadrare la  disposizione  oggetto  di
esame all'interno della successione dei provvedimenti  normativi  che
hanno  disciplinato,  nella  prima  fase  del  periodo   emergenziale
determinato dalla diffusione del contagio da COVID-19, lo svolgimento
delle udienze penali. 
    3.1.-  Nella  fase  iniziale  dell'emergenza  epidemiologica,  il
Governo ha optato, al fine di ridurre le occasioni di contagio  nelle
aule di giustizia penali, per lo  strumento  del  differimento  delle
udienze, cui si collegava la sospensione dei termini di  prescrizione
per i relativi giudizi. 
    In particolare, l'art. 10, comma 7,  del  decreto-legge  2  marzo
2020, n. 9 (Misure urgenti di sostegno  per  famiglie,  lavoratori  e
imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), prevedeva
il rinvio d'ufficio a data successiva al 31 marzo 2020 delle  udienze
nei  procedimenti  penali  pendenti  negli  uffici   giudiziari   dei
circondari dei Tribunali cui appartenevano i Comuni rientranti  nelle
prime "zone rosse" in Lombardia e Veneto,  elencati  dall'Allegato  1
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1°  marzo  2020
(Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020,
n. 6, recante misure urgenti in materia di  contenimento  e  gestione
dell'emergenza epidemiologica da COVID-19). 
    Un analogo differimento, ma a data successiva al 22  marzo  2020,
e' stato disposto  pochi  giorni  dopo  dall'art.  1,  comma  1,  del
decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 (Misure  straordinarie  ed  urgenti
per contrastare l'emergenza epidemiologica da  COVID-19  e  contenere
gli effetti negativi sullo  svolgimento  dell'attivita'  giudiziaria)
per la generalita' dei procedimenti civili e penali  pendenti  presso
gli  uffici  giudiziari,  con  l'eccezione  delle  udienze   elencate
dall'art. 2, comma 2, lettera g), del medesimo decreto. 
    Entrambi   i   decreti-legge   ora    menzionati    sono    stati
successivamente abrogati dall'art. 1, comma 2, della legge n. 27  del
2020, ove tuttavia si e' previsto che «[r]estano validi gli atti ed i
provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e  i
rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi». 
    3.2.-  In   una   fase   di   poco   successiva,   parallelamente
all'aggravamento  della  diffusione  del  contagio,  le  udienze  nei
procedimenti civili e penali sono  state  ulteriormente  differite  a
data successiva al 15 aprile 2020 dall'art. 83, comma 1, del d.l.  n.
18 del 2020, con l'eccezione delle udienze previste dal comma  3  del
medesimo articolo. L'art. 83, comma 7, lettera g), del d.l. n. 18 del
2020 attribuiva poi ai capi degli uffici giudiziari  la  facolta'  di
prevedere un rinvio ulteriore (a data successiva al 30  giugno  2020)
delle udienze civili e penali non rientranti nelle fattispecie di cui
al gia' richiamato comma 3 del medesimo articolo. 
    Inoltre, l'art. 83, comma 12, del d.l. n. 18 del 2020,  stabiliva
che, fermo lo svolgimento delle udienze penali non soggette al regime
di sospensione nelle forme dell'art. 472,  comma  3,  del  codice  di
procedura penale (cioe' "a porte chiuse"), nel periodo ricompreso tra
il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020 «la  partecipazione  a  qualsiasi
udienza delle persone detenute, internate  o  in  stato  di  custodia
cautelare e' assicurata, ove possibile,  mediante  videoconferenze  o
con collegamenti da remoto individuati e regolati  con  provvedimento
del Direttore generale dei sistemi informativi  e  automatizzati  del
Ministero della  giustizia,  applicate,  in  quanto  compatibili,  le
disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'art. 146-bis  delle  norme
di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271». 
    In sede di conversione del d.l. n. 18 del 2020, per effetto di un
emendamento governativo (n. 19.1000)  presentato  in  Commissione  al
Senato della Repubblica e successivamente approvato in aula, in prima
lettura, il 9 aprile 2020, e' stato introdotto tra l'altro, nel corpo
dell'art. 83, il comma 12-bis, che estendeva, per il medesimo periodo
dal 9 marzo al 30 giugno 2020, la modalita' di trattazione  «mediante
collegamenti da remoto» alle udienze penali «che  non  richiedono  la
partecipazione di soggetti  diversi  dal  pubblico  ministero,  dalle
parti  private  e  dai  rispettivi  difensori,  dagli  ausiliari  del
giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti,
consulenti o  periti».  L'estensione  generalizzata  della  modalita'
telematica alle udienze penali era poi accompagnata dalla  previsione
per cui «[p]rima dell'udienza il giudice fa comunicare  ai  difensori
delle parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti  di  cui  e'
prevista la partecipazione giorno, ora e modalita' del collegamento». 
    3.3.- Giunto all'esame della Camera dei deputati, il  disegno  di
legge di conversione del d.l. n. 18 del 2020 ha sollevato, sul  punto
relativo alla disciplina delle udienze  penali  da  remoto,  reazioni
confluite nella presentazione di piu' ordini del giorno,  provenienti
da deputati appartenenti  a  diversi  Gruppi  parlamentari,  volti  a
impegnare il Governo a delimitare i presupposti per il ricorso a tale
modalita' di svolgimento delle udienze penali. Gli ordini del  giorno
sono stati fatti propri dal Governo, previa riformulazione  del  loro
testo, nel corso della seduta finale del 24  aprile  2020,  in  esito
alla quale e' stato  approvato,  in  seconda  e  ultima  lettura,  il
disegno di  legge  di  conversione  (poi  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 29 aprile 2020 n. 110). A seguito di questa riformulazione,
tali ordini del giorno  impegnavano  il  Governo  «a  prevedere,  nel
prossimo provvedimento utile, che il ricorso a strumenti telematici -
processo da remoto - cosi'  come  previsto  dal  Decreto  di  cui  in
premessa non si applichi alle udienze di discussione e a quelle nelle
quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti  o  periti
salvo diverso accordo tra le parti». 
    Il giorno stesso dell'entrata in vigore (il 30 aprile 2020) della
legge n. 27 del 2020, di conversione del d.l.  n.  18  del  2020,  il
Governo e' quindi nuovamente intervenuto sulla materia, adottando  il
d.l. n. 28 del 2020, il cui art. 3, comma 1, lettera d),  oggetto  di
censura nel presente giudizio, ha  aggiunto  un  periodo  finale  nel
comma 12-bis dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020,  come  convertito,
il quale prevede che  «[f]ermo  quanto  previsto  dal  comma  12,  le
disposizioni di cui al presente comma non si applicano, salvo che  le
parti  vi  acconsentano,  alle  udienze  di  discussione  finale,  in
pubblica udienza e a  quelle  nelle  quali  devono  essere  esaminati
testimoni, parti, consulenti o periti». Nella  relazione  governativa
che accompagna il disegno di legge di conversione del d.l. n. 28  del
2020, comunicato alla Presidenza del Senato il  30  aprile  2020,  si
ribadisce espressamente, in relazione alla disposizione in esame, che
essa e' rivolta a dare «seguito all'impegno assunto dal  Governo  con
l'approvazione dell'ordine del giorno n.  37,  Vazio  e  altri,  come
riformulato nella seduta del  24  aprile  2020  dell'Assemblea  della
Camera dei deputati». 
    Lo stesso d.l. n. 28 del 2020 ha altresi' disposto  (all'art.  3,
comma 1, lettera i) il differimento del termine  di  efficacia  delle
previsioni contenute nell'art. 83 del d.l. n.  18  del  2020  dal  30
giugno al 31 luglio 2020. 
    La legge n. 70 del 2020, di conversione del d.l. n. 28 del  2020,
non ha apportato modificazioni alla disposizione contenuta  nell'art.
3, comma 1, lettera d),  censurata  nel  presente  giudizio,  che  ha
quindi  cessato  di  essere  efficace,  insieme  al  complesso  delle
previsioni contenute nell'art. 83, commi 12 e 12-bis, del d.l. n.  18
del 2020, il 1° luglio 2020, per effetto della soppressione, in  sede
di conversione, dell'art. 3, comma 1, lettera i), e  del  conseguente
ripristino del termine originario di efficacia al 30 giugno 2020.  La
medesima legge, all'art. 1, comma 2,  ha  tuttavia  fatto  salvi  gli
effetti prodottisi in forza dell'applicazione di tale previsione. 
    3.4.- Anche in momenti successivi, peraltro, il Governo, in  sede
di  decretazione  d'urgenza,  ha   disciplinato   le   modalita'   di
trattazione delle  udienze  penali,  prevedendo  che  alcune  udienze
potessero svolgersi mediante collegamento telematico subordinatamente
al consenso delle parti, previo interpello a cura del giudice. 
    In particolar modo in occasione del rinnovato aumento dei contagi
nell'autunno del 2020, e' stato infatti previsto che, fino al termine
dell'emergenza sanitaria, «[l]e udienze penali che non richiedono  la
partecipazione di soggetti  diversi  dal  pubblico  ministero,  dalle
parti private, dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice
possono essere tenute mediante collegamenti da remoto»,  stabilendosi
altresi'  che  il  giudice  sia  tenuto  a   far   comunicare   prima
dell'udienza ai difensori delle parti, al pubblico ministero  e  agli
altri soggetti di cui e' prevista la  partecipazione  giorno,  ora  e
modalita' del collegamento,  anche  al  fine  di  consentire  a  tali
soggetti di esprimere il loro consenso  allo  svolgimento,  con  tale
modalita', anche delle udienze preliminari e dibattimentali (art. 23,
comma  5,  del  decreto-legge  28  ottobre  2020,  n.  137,   recante
«Ulteriori misure in materia di  tutela  della  salute,  sostegno  ai
lavoratori  e  alle  imprese,   giustizia   e   sicurezza,   connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19»,   convertito,    con
modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176). 
    3.5.- Come e' agevole rilevare,  la  disciplina  succedutasi  sul
tema  ha  risentito,  oltre  che  della  necessita'  di  trovare   un
ragionevole punto di sintesi tra il contenimento del  contagio  e  la
garanzia dei diritti della difesa, anche della esigenza di  calibrare
le diverse risposte normative e, in particolare,  quella  riguardante
l'estensione dei presupposti per fare ricorso all'udienza  penale  da
remoto, sulla base dell'andamento della diffusione del contagio. 
    Si puo' sin d'ora,  peraltro,  osservare  che,  da  un  lato,  la
disposizione censurata, pur evidentemente  sovrapponendosi  a  quanto
deliberato dal Parlamento all'atto dell'approvazione della  legge  n.
27 del 2020, e' stata introdotta al fine di evitare  il  differimento
della  entrata  in  vigore  della  legge   di   conversione   di   un
decreto-legge contenente indispensabili misure per il contrasto della
pandemia (come era il d.l. n. 18 del 2020). Dall'altro lato, con essa
il Governo ha adempiuto, secondo  quanto  risulta  espressamente  dai
richiamati lavori preparatori, alla richiesta di  modifica  contenuta
negli ordini del giorno recepiti dal Governo medesimo nel  corso  del
procedimento di approvazione, da parte  della  Camera  dei  deputati,
della legge di conversione, poi pubblicata come legge n. 27 del 2020.
Non e' privo di rilievo, infine, che la  disposizione  censurata  sia
stata convertita dal Parlamento, senza modificazione alcuna,  con  la
legge n. 70 del 2020. 
    4.- Poste tali necessarie premesse ricostruttive, si puo' passare
a esaminare l'eccezione di inammissibilita' per difetto di  rilevanza
avanzata dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    L'eccezione di inammissibilita' e' fondata. 
    4.1.- La disposizione censurata, inserita come periodo aggiuntivo
nel testo dell'art. 83, comma 12-bis, del piu' volte richiamato  d.l.
n. 18  del  2020,  come  convertito,  non  puo'  infatti  che  essere
interpretata alla luce del contesto sistematico in cui essa e'  stata
chiamata a operare. In tale  contesto,  assume  rilievo  decisivo  la
previsione, contenuta nello stesso comma, secondo cui, in un  momento
necessariamente  antecedente  all'udienza  penale  da  svolgersi   da
remoto, al giudice incombeva l'onere di comunicare ai difensori delle
parti, al pubblico  ministero  e  agli  altri  soggetti  di  cui  era
prevista  la  partecipazione  all'udienza  il  giorno,  l'ora  e   le
modalita' di  collegamento.  Tale  previsione,  se  assolveva  a  una
finalita' essenzialmente informativa nel momento in cui si  prevedeva
che quella da remoto fosse l'unica  modalita'  di  trattazione  delle
udienze penali, ha assunto un rilievo ancora maggiore nel momento  in
cui con la norma censurata, una volta ripristinata la regola generale
delle udienze penali in presenza, si e'  introdotta  la  possibilita'
per le parti di esprimere il consenso all'udienza da remoto.  Ragioni
di ordine  sistematico,  infatti,  ma  anche  legate  a  una  lettura
costituzionalmente orientata  della  norma  in  esame,  impongono  di
ritenere che tale manifestazione di consenso non potesse che avvenire
prima dell'udienza, con la necessaria conseguenza che anche l'obbligo
di interpello da parte del giudice procedente dovesse essere  assolto
in un momento antecedente all'udienza. 
    La garanzia del diritto di difesa richiede che  le  parti,  e  in
particolare l'imputato,  debbano  essere  informate  con  ragionevole
anticipo della  data,  dell'ora  e  delle  modalita'  di  svolgimento
dell'udienza, cosi' da esprimere  il  loro  eventuale  consenso  alla
partecipazione alla medesima udienza da remoto. Tuttavia,  una  volta
che tale comunicazione sia mancata  e,  quindi,  le  parti  si  siano
presentate fisicamente all'udienza (tanto  piu',  come  nel  caso  di
specie, per effetto di un precedente rinvio), non puo' in alcun  modo
ritenersi che esse potessero, in quella sede, essere interpellate  in
ordine alla loro volonta' di  acconsentire  alla  celebrazione  della
medesima udienza da remoto. 
    Del resto, se  la  previsione  della  trattazione  delle  udienze
penali da remoto era rivolta a ridurre la  diffusione  del  contagio,
sarebbe stato contraddittorio consentire alle parti di manifestare il
loro  consenso  in  favore  di  tale  modalita'   di   partecipazione
all'udienza quando le stesse erano gia' fisicamente comparse  davanti
al giudice. 
    4.2.- Nel giudizio a quo, secondo  quanto  emerge  dall'ordinanza
introduttiva, le parti sono invece state informate dal giudice  della
possibilita' di prestare il loro consenso all'udienza da remoto  solo
quando si erano gia' presentate fisicamente all'udienza del 21 maggio
2020 e, pertanto, in un momento in cui il rimettente non poteva  piu'
dare applicazione alla disposizione di  cui  deduce  l'illegittimita'
costituzionale. 
    E  che  il  rimettente  abbia  erroneamente  ritenuto  di   poter
applicare tale disposizione in un momento in cui,  al  contrario,  si
era consumato qualsiasi suo potere al riguardo, non avendo  egli  per
tempo assolto all'obbligo di interpello alle parti previsto dall'art.
83, comma 12-bis, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, si deduce
chiaramente dal testo della stessa ordinanza di  rimessione,  laddove
si legge che alla celebrazione dell'udienza del 21 maggio 2020 si  e'
giunti  «non  avendo  le  parti  formulato  istanza  di  celebrazione
dell'udienza "da remoto"». 
    Le  questioni  sollevate  difettano   pertanto   del   necessario
requisito della rilevanza, perche' il giudice,  all'atto  della  loro
rimessione, non poteva in alcun modo  dare  applicazione  alla  norma
censurata, il che,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte, rende le questioni inammissibili, precludendo  cosi'  il  loro
esame nel merito (ex multis, sentenza n. 102 del 2016;  ordinanze  n.
214 del 2018 e n. 35 del 1998). 
    5.- Devono essere quindi dichiarate inammissibili le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma  1,  lettera  d),  del
d.l. n. 28 del 2020, come  convertito,  sollevate  dal  Tribunale  di
Spoleto. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera d), del decreto-legge 30
aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalita'  dei  sistemi
di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure
urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni
integrative e  di  coordinamento  in  materia  di  giustizia  civile,
amministrativa e contabile e misure urgenti  per  l'introduzione  del
sistema di allerta Covid-19), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 25 giugno 2020, n. 70,  che  ha  modificato  l'art.  83,  comma
12-bis,  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.   18   (Misure   di
potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e   di   sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, sollevate, in riferimento agli artt.  70
e 77 della Costituzione, dal  Tribunale  ordinario  di  Spoleto,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 aprile 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria l'11 maggio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA