N. 103 SENTENZA 27 aprile - 20 maggio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e pene -  Casi  di  estinzione  del  reato  -  Oblazione  nelle
  contravvenzioni punite con pene alternative - Possibilita', per  il
  giudice,  di  determinare  la  misura   massima   dell'ammenda   in
  considerazione delle condizioni economiche  dell'imputato  e  della
  gravita' del fatto contestato  -  Omessa  previsione  -  Denunciata
  disparita' di trattamento e violazione del principio della funzione
  rieducativa della pena - Inammissibilita' delle questioni. 
- Codice penale, art. 162-bis. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma. 
(GU n.21 del 26-5-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 162-bis del
codice penale, promosso  dal  Tribunale  ordinario  di  Cagliari,  in
composizione monocratica, nel procedimento  penale  a  carico  di  E.
L.d.S.S. e altro, con ordinanza del 10 dicembre 2019, iscritta al  n.
49 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti l'atto di costituzione di E. L.d.S.S.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  27  aprile  2021  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    uditi l'avvocato Carlo Monaldi per E. L.d.S.S. e l'avvocato dello
Stato Salvatore Faraci, quest'ultimo in collegamento  da  remoto,  ai
sensi del punto 1) del decreto del  Presidente  della  Corte  del  16
marzo 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 27 aprile 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 10 dicembre 2019, iscritta  al  n.  49  del
registro ordinanze 2020,  il  Tribunale  ordinario  di  Cagliari,  in
composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
27,  terzo  comma,  della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 162-bis del codice penale,  nella  parte  in
cui non prevede la possibilita' in capo al giudice di determinare  la
misura dell'ammenda ai fini dell'oblazione  in  considerazione  delle
condizioni  economiche  dell'imputato  e  della  gravita'  del  fatto
contestato. 
    2.- L'ordinanza del Tribunale di Cagliari  e'  stata  pronunciata
nel corso di un processo penale nei confronti di E. L.d.S.S. e di  P.
M., imputati della contravvenzione di  cui  all'art.  712  cod.  pen.
(Acquisto di cose di sospetta provenienza). Il difensore di uno degli
imputati  ha  eccepito  l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.
162-bis cod. pen., per violazione degli artt. 3 e 27 Cost.,  giacche'
tale norma, in spregio alla ratio sottesa all'art. 133-bis cod. pen.,
non  consente  al  giudice   di   individualizzare   il   trattamento
sanzionatorio, sicche',  nel  caso  di  specie,  la  possibilita'  di
ottenere l'effetto estintivo dell'oblazione passerebbe attraverso  la
dazione di euro 5.000,00, importo uguale sia per le persone  abbienti
che per quelle indigenti. 
    2.1.- Quanto alla rilevanza, il giudice  a  quo  espone  che  gli
imputati versano entrambi in una documentata condizione di  manifesta
indigenza. Osserva inoltre che, ai sensi dell'art. 162-bis cod. pen.,
l'oblazione  nelle  contravvenzioni  punite  con   pene   alternative
comporta il pagamento, prima dell'apertura del dibattimento,  di  una
somma corrispondente alla meta' del  massimo  dell'ammenda  stabilita
per la contravvenzione commessa. Orbene, poiche',  nella  specie,  e'
contestato il reato di cui all'art. 712 cod. pen., il  quale  prevede
la pena dell'arresto fino a sei mesi o  dell'ammenda  in  misura  non
inferiore  a  10  euro,  gli  imputati  per  poter   essere   ammessi
all'oblazione dovrebbero pagare la somma di 5.000,00  euro.  Infatti,
posto che l'art. 712 cod. pen. non  prevede  il  massimo  della  pena
pecuniaria, tale importo va determinato ai sensi  dell'art.  26  cod.
pen., che fissa appunto il limite massimo dell'ammenda nella somma di
10.000,00 euro. E, ad avviso del Tribunale, la somma di 5.000,00 euro
sarebbe inesigibile dagli imputati, date le loro  comprovate  modeste
condizioni economiche. 
    2.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione,  il
rimettente osserva che  l'art.  162-bis  cod.  pen.,  non  prevedendo
l'opportunita' per il giudice  di  determinare  la  pena  tenendo  in
considerazione  la  capacita'  economica  dell'imputato,   violerebbe
l'art. 27, terzo  comma,  Cost.  Il  Tribunale  di  Cagliari  ritiene
infatti   che   un   trattamento   sanzionatorio   sproporzionato   e
irragionevole in un caso come quello di specie,  avente  una  modesta
offensivita',  confliggerebbe  con  il   principio   della   funzione
rieducativa della pena, il  quale  impone  l'individualizzazione  del
trattamento sanzionatorio, attraverso la considerazione della  figura
del reo in ogni momento della dinamica punitiva. 
    2.3.- La norma censurata, secondo il  rimettente,  contrasterebbe
altresi' con l'art. 3 Cost., atteso che, per una questione  meramente
economica, ed in ragione della potenziale  irrogazione  di  una  pena
decisamente sproporzionata rispetto alle loro  capacita'  economiche,
gli  imputati  non  potrebbero   ricorrere   alla   causa   estintiva
dell'oblazione,   ovvero,   pur   ricorrendovi,   sentirebbero    una
frustrazione  tale  da  percepire  come  illegittima  la  pena   loro
inflitta. 
    Di fronte alla commissione di un  medesimo  reato,  la  causa  di
estinzione di cui all'art.  162-bis  cod.  pen.  sarebbe  allora  non
accessibile a chiunque, ma solamente  alle  persone  abbienti  o  che
comunque versino in discrete  condizioni  economiche.  Il  rimettente
evidenzia ancora come per un medesimo fatto commesso in  concorso  da
piu' persone potrebbe essere applicata una pena  per  nulla  incisiva
per certi imputati, perche' particolarmente abbienti, ed allo  stesso
tempo molto gravosa per altri, perche' indigenti. Ulteriore paradosso
ravvisato nell'ordinanza di rimessione e' che, in caso di commissione
di piu' contravvenzioni, dunque con lesione  piu'  intensa  del  bene
giuridico tutelato, il giudice, considerati gli artt. 78 e 81,  terzo
comma, cod. pen., non potrebbe irrogare un'ammenda superiore ad  euro
3.098,00, sicche' la domanda di oblazione presentata  nell'ambito  di
un  procedimento  instaurato  per  piu'  fatti  di  incauto  acquisto
potrebbe essere concessa dietro il pagamento di una somma inferiore a
quella da corrispondere nel caso di contestazione unica. 
    3.-  E.  L.d.S.S.  ha   depositato   memoria   di   costituzione,
trascrivendo le deduzioni svolte nella memoria  del  7  ottobre  2019
prodotta nel giudizio a quo e chiedendo di accogliere la questione di
legittimita' costituzionale come sollevata. 
    4.- E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o  sia
comunque rigettata per la sua infondatezza. 
    4.1.- Ad avviso della difesa statale, l'ordinanza  di  rimessione
presenterebbe   profili   d'inammissibilita'   in   relazione    alla
motivazione  dell'effettiva  rilevanza   della   questione   per   la
descrizione lacunosa del procedimento principale e della  fattispecie
concreta sottoposta a giudizio. Non verrebbe specificata la  fase  in
cui si trova il procedimento principale ai fini  della  verifica  del
termine per la proponibilita' delle domande  di  oblazione  avanzate,
ne' indicata la sussistenza dei presupposti di cui  al  terzo  ed  al
quarto comma dell'art. 162-bis cod. pen. Altrettanto carente, secondo
l'Avvocatura generale, sarebbe la descrizione  della  fattispecie  di
incauto acquisto contestata ai due imputati. 
    4.2.- L'atto di intervento sottolinea,  peraltro,  l'infondatezza
della questione, richiamando la sentenza n. 207 del  1974  di  questa
Corte, che nego' l'illegittimita' costituzionale dell'art.  162  cod.
pen. in rapporto all'art. 3 Cost., rilevando come all'interesse dello
Stato a definire i procedimenti aventi ad oggetto contravvenzioni, il
cui trattamento sanzionatorio edittale non  contempla  l'obbligatorio
ricorso a  pene  detentive  e  che  attengono  tutte  a  condotte  di
contenuta offensivita', corrisponda il vantaggio  per  l'imputato  di
addivenire  automaticamente  a  godere  dell'estinzione   del   reato
commesso, diversamente da quanto avviene con il ricorso ad altri riti
speciali. E poiche' il contravventore ammesso all'oblazione  gode  di
una serie di effetti favorevoli ulteriori, non sarebbe  irragionevole
che sia il legislatore ad individuare in modo fisso  l'entita'  della
sanzione da versare per la contravvenzione commessa, con l'esclusione
di qualunque concreta determinazione della pena da parte del giudice,
come della possibilita' di valutazione  delle  connotazioni  fattuali
della condotta e delle condizioni economiche del reo. Queste  ultime,
d'altro canto, sono state espunte  dall'ambito  edittale  della  pena
dopo la modifica apportata agli artt. 24 e 26 cod. pen. dall'art. 101
della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale). 
    4.3.- Vengono ancora smentite le illogicita' del sistema  che  il
Tribunale di Cagliari allega a supporto delle proprie argomentazioni,
quanto alla diversa incidenza che l'entita' della somma richiesta per
l'oblazione potrebbe rivestire nei confronti  dei  concorrenti  nella
medesima contravvenzione, a seconda  delle  capacita'  economiche  di
costoro, visto che le cause  estintive  riferiscono  l'estinzione  al
rapporto giuridico  base  della  pretesa  punitiva,  la  quale,  pure
essendo unico il reato, e' invece plurima rispetto ai concorrenti. Il
principio di personalita' della causa estintiva, di cui all'art.  182
cod.  pen.,  non  puo',  dunque,  portare  all'irragionevolezza   del
meccanismo dell'oblazione per la diversa  afflittivita'  dell'accesso
ad esso nei confronti dei diversi autori di un medesimo reato. 
    Quanto alla diversa incidenza che l'entita' della somma richiesta
per l'oblazione potrebbe  rivestire  nei  confronti  dei  concorrenti
nella medesima contravvenzione, a seconda delle capacita'  economiche
di costoro, osserva che il  principio  di  personalita'  della  causa
estintiva,  di  cui  all'art.  182  cod.  pen.   non   puo'   portare
all'irragionevolezza del meccanismo  dell'oblazione  per  la  diversa
afflittivita' dell'accesso ad esso nei confronti dei  diversi  autori
di un medesimo reato. 
    Infine, quanto al paradosso ravvisato dal giudice a quo,  secondo
cui la somma da versare per oblare una pluralita' di  contravvenzioni
sarebbe inferiore a quella necessaria  per  estinguere  una  sola  di
essa, la difesa statale sostiene che lo stesso sarebbe frutto  di  un
erroneo  presupposto  interpretativo,  in  quanto,  secondo  costante
principio giurisprudenziale, nelle ipotesi di concorso formale  o  di
reato continuato, la somma occorrente per  addivenire  all'oblazione,
ai sensi dell'art.  162-bis  cod.  pen.,  si  determina  senza  alcun
riferimento all'art. 78 cod. pen. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario  di   Cagliari,   in   composizione
monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3  e  27,  terzo
comma, della Costituzione, questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 162-bis del codice penale, nella parte in cui  non  prevede
in  capo  al  giudice  la  possibilita'  di  determinare  la   misura
dell'ammenda  ai  fini   dell'oblazione   in   considerazione   delle
condizioni  economiche  dell'imputato  e  della  gravita'  del  fatto
contestato. 
    Il rimettente e' chiamato a decidere sulla domanda degli imputati
di oblazione ai sensi della  censurata  disposizione,  attraverso  il
pagamento di una  somma  pari  alla  meta'  del  massimo  della  pena
pecuniaria prevista per il reato contestato. E poiche', nella specie,
tale reato e' quello di cui all'art. 712 cod. pen. (Acquisto di  cose
di sospetta provenienza), gli imputati dovrebbero pagare la somma  di
euro 5.000,00, in considerazione del fatto che la sanzione pecuniaria
massima prevista per quel reato,  alternativa  a  quella  della  pena
dell'arresto,  non  essendo  determinata  nel  massimo  edittale,  va
quantificata in euro 10.000,00 in base all'art. 26 cod. pen. 
    1.1.-  Ad  avviso  del  giudice  a  quo,   la   norma   censurata
contrasterebbe  con  l'art.  27,  terzo  comma,  Cost.,  poiche'   il
trattamento sanzionatorio per casi  come  quello  sottoposto  al  suo
esame, in quanto sproporzionato e irragionevole,  confliggerebbe  con
il principio della funzione rieducativa della pena. La  stessa  norma
contrasterebbe altresi' con l'art. 3 Cost., atteso  che,  in  ragione
della potenziale irrogazione di una pena sproporzionata rispetto alle
rispettive  capacita'  economiche,  gli  imputati  non  abbienti  non
potrebbero ricorrere alla causa estintiva dell'oblazione, o  comunque
percepirebbero come illegittima la sanzione loro inflitta. 
    2.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  intervenuto  in
giudizio per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, ha  eccepito
l'inammissibilita' delle  questioni  in  relazione  alla  motivazione
della rilevanza, e comunque ne ha chiesto  la  dichiarazione  di  non
fondatezza. 
    3.- Le questioni sono inammissibili per  distinte  e  concorrenti
ragioni. 
    3.1.- E', in primo luogo,  fondata  l'eccezione  formulata  dalla
difesa statale per omessa descrizione della  fattispecie  concreta  e
conseguente carenza di motivazione sulla rilevanza. 
    L'ordinanza  di  rimessione  difetta,  infatti,  non  solo  della
descrizione del  fatto  contestato  -  essendosi  il  giudice  a  quo
limitato a riferire che gli imputati devono rispondere del  reato  di
cui all'art. 712 cod. pen., del quale si afferma comunque la  modesta
offensivita' - ma anche di  ogni  indicazione  circa  la  sussistenza
delle  altre  condizioni  cui  l'art.  162-bis  cod.  pen.  subordina
l'ammissibilita' dell'oblazione nel caso di  reati  contravvenzionali
puniti  alternativamente  con  la  pena  detentiva   o   con   quella
pecuniaria. 
    L'art. 162-bis cod. pen., invero, dispone, al  primo  comma,  che
«il contravventore puo' essere ammesso a pagare, prima  dell'apertura
del dibattimento, ovvero prima del decreto  di  condanna,  una  somma
corrispondente alla meta' del massimo  dell'ammenda  stabilita  dalla
legge  per  la  contravvenzione  commessa,   oltre   le   spese   del
procedimento»; al terzo comma,  che  «[l']oblazione  non  e'  ammessa
quando ricorrono i casi previsti dal  terzo  capoverso  dell'articolo
99, dall'articolo 104 o  dall'articolo  105,  ne'  quando  permangono
conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da  parte  del
contravventore»; e, al quarto comma, che «[i]n  ogni  altro  caso  il
giudice puo' respingere con ordinanza la domanda di oblazione,  avuto
riguardo alla gravita' del fatto». 
    Orbene, al di la' della affermazione della  modesta  offensivita'
del reato contestato, il  Tribunale  rimettente  non  ha  argomentato
sulla sussistenza delle altre  condizioni,  soggettive  e  oggettive,
alle quali e' subordinato l'accoglimento della domanda di  oblazione.
In particolare, difetta ogni indicazione in ordine alla tempestivita'
della istanza formulata dagli imputati nel giudizio a  quo,  al  bene
oggetto  dell'incauto  acquisto  e  alla  eventuale  sussistenza   di
conseguenze dannose o pericolose  del  reato,  eliminabili  da  parte
dell'imputato. 
    Proprio  con  riferimento  ad  una  questione   di   legittimita'
costituzionale concernente l'art. 162-bis cod. pen., questa Corte  ne
ha dichiarato la manifesta inammissibilita',  perche'  il  giudice  a
quo, in relazione alla descrizione della fattispecie concreta,  aveva
riferito soltanto che si procedeva per la contravvenzione di guida in
stato di ebbrezza  e  che  l'imputato  aveva  presentato  istanza  di
ammissione all'oblazione, «entrando subito dopo nel merito della  non
manifesta infondatezza della questione, senza dunque  in  alcun  modo
accennare  alla  sussistenza  delle  condizioni  imprescindibili  per
l'ammissibilita' all'oblazione facoltativa di  cui  all'art.  162-bis
cod. pen. e senza conseguentemente  motivare  sulla  rilevanza  della
questione» (ordinanza n. 183 del 2005). 
    In conformita' a tale precedente specifico, sussiste, quindi, una
prima ragione  di  inammissibilita'  delle  questioni  sollevate  dal
Tribunale di Cagliari (ex multis, ordinanze n. 210 e n. 92 del  2020,
n. 103 e n. 71 del 2019, n. 85 e n. 7 del 2018, n. 210 e  n.  46  del
2017, n. 237 del 2016). 
    3.2.-  Le  questioni  sono,  peraltro,  inammissibili  anche  per
l'omessa ricostruzione del  contesto  normativo  entro  il  quale  la
disposizione censurata e' ricompresa  e  per  il  tipo  di  pronuncia
richiesta,  che  comporterebbe,  ove  accolta,   la   necessita'   di
rideterminare le coordinate dell'oblazione ex art. 162-bis cod. pen.,
fino al punto di invadere lo spazio riservato  alla  discrezionalita'
legislativa. 
    3.2.1.- Giova premettere che oggetto  mediato  delle  censure  di
sproporzione  e  di  irragionevolezza  sollevate  dal  Tribunale   di
Cagliari sono, in realta', la mancata quantificazione della  sanzione
pecuniaria massima per la contravvenzione di cui  all'art.  712  cod.
pen. e l'eccessivita' della misura massima dell'ammenda, pari ad euro
10.000,00, stabilita integrativamente in base all'art. 26  cod.  pen.
E' infatti con riguardo all'importo della  meta'  del  massimo  cosi'
individuato che il rimettente formula i propri dubbi di  legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma,  Cost.
Ma proprio  la  riferibilita'  dei  lamentati  vulnera  agli  evocati
parametri, rende evidente come cio' di cui si duole il giudice a  quo
non sia soltanto il meccanismo delineato dall'art. 162-bis cod. pen.,
quanto  piuttosto  la  determinazione  della  somma  da  pagare   per
l'oblazione per  effetto  delle  richiamate  disposizioni,  l'una  di
carattere speciale, l'altra di carattere generale. 
    Peraltro, questa Corte, con l'ordinanza  n.  207  del  2019,  non
considerata dal rimettente, ha dichiarato manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 712 cod. pen.,  in
riferimento agli artt. 3 e 27, terzo  comma,  Cost.,  proprio  «nella
parte in cui non e'  previsto  il  massimo  edittale  ovvero  non  e'
prevista l'ammenda non superiore a 516 euro»,  evidenziando  come  la
relativa cornice edittale permetta al  giudice  un'ampia  modulazione
della pena da irrogare nel caso concreto. 
    3.2.2.-  Tanto   premesso,   il   rimettente   non   valuta   che
l'irrilevanza delle condizioni economiche del contravventore ai  fini
della   indicazione   della   somma   da   pagare   per   beneficiare
dell'oblazione, della quale egli si duole,  e'  frutto,  in  realta',
della scelta piu' generale compiuta dal legislatore con gli artt. 100
e 101 della legge 24 novembre 1981,  n.  689  (Modifiche  al  sistema
penale).  Con  tale  intervento  normativo,  infatti,  le  condizioni
economiche del reo, originariamente contemplate nel  quadro  edittale
dagli artt. 24 e 26 cod. pen. (i quali  disponevano  che,  quando  in
relazione a tali condizioni la  multa  o  l'ammenda  stabilita  dalla
legge poteva presumersi inefficace, anche se applicata  nel  massimo,
il giudice aveva la facolta' di  aumentarla  sino  al  triplo),  sono
state trasferite al momento giudiziale di determinazione della pena. 
    L'art. 100 della legge  n.  689  del  1981,  in  particolare,  ha
aggiunto l'art. 133-bis cod. pen., il  quale  include  le  condizioni
economiche del reo tra i criteri  generali  di  commisurazione  della
pena pecuniaria operanti gia'  all'interno  delle  cornici  edittali.
Tale articolo, del resto, segue una disposizione che detta i criteri,
oggettivi e soggettivi, dei quali il giudice deve  fare  applicazione
ai fini della valutazione della gravita' del reato,  in  vista  della
concreta determinazione della pena all'esito  dello  svolgimento  del
processo o dei procedimenti speciali, come disciplinati dal codice di
procedura  penale.  E',  quindi,  da  ricondurre   a   tale   opzione
sistematica la conseguenza applicativa, censurata dal rimettente, che
porta a privare di significativita' le condizioni economiche del  reo
in sede di determinazione  della  somma,  corrispondente  alla  terza
parte o alla meta' del massimo dell'ammenda  stabilita  dalla  legge,
che il contravventore e' ammesso a pagare, in virtu' degli artt.  162
e 162-bis cod. pen., ai  fini  dell'estinzione  per  oblazione  delle
contravvenzioni (cosi', Corte di cassazione,  sezione  terza  penale,
sentenze 8 marzo 2011, n. 8973, e 21 ottobre 1987, n. 10998). 
    3.2.3.- Sotto un diverso profilo, deve  rilevarsi  che,  come  da
questa  Corte  gia'  affermato,   l'istituto   dell'oblazione   trova
fondamento «nell'interesse dello Stato di definire  con  economia  di
tempo  e  di  spese  i  procedimenti  relativi  ai  reati  di  minore
importanza,  e  nell'interesse  del  contravventore  di  evitare   il
procedimento penale e la condanna con tutte le conseguenze  di  essa»
(sentenze n. 192 del 2020, n. 530 del 1995  e  n.  207  del  1974)  .
Rispetto  a  tali  esigenze,  l'introduzione,  come   richiesto   dal
rimettente, della possibilita' per il giudice di determinare la somma
da pagare a titolo di oblazione in  considerazione  delle  condizioni
economiche  dell'imputato,  pur  se  rispondente   alla   diversa   e
meritevole esigenza di non discriminare chi si trova in condizioni di
indigenza nell'accesso alla definizione semplificata dei procedimenti
relativi a reati contravvenzionali, sanzionati  alternativamente  con
la pena detentiva o  con  quella  pecuniaria,  darebbe  luogo  ad  un
intervento additivo di carattere significativamente manipolativo. 
    Posto  che  il  beneficio  che  consegue  per  l'imputato   dalla
definizione del procedimento  a  suo  carico  mediante  oblazione  e'
l'estinzione del reato, la detta verifica richiederebbe, pur  sempre,
la individuazione di una somma  minima  correlata  all'entita'  della
pena pecuniaria prevista, la cui determinazione non puo'  che  essere
riservata alla discrezionalita' del legislatore; nella quale rientra,
comunque, prevedere, o meno, l'estinzione per oblazione dei reati, in
relazione al disvalore ad essi assegnato (ordinanza n. 462 del 1987),
e  parimenti  determinare  la  frazione  della  pena  pecuniaria  che
l'imputato  deve  pagare  per  beneficiare  dell'oblazione  ai  sensi
dell'art. 162-bis cod. pen. (sentenza n. 76 del 2019). 
    Del resto, la mera previsione della  necessita'  che  il  giudice
debba tenere conto delle condizioni economiche dell'imputato ai  fini
della determinazione, in riduzione (ma, in ipotesi, anche in aumento)
rispetto  alla  frazione  legislativamente  prevista,  finirebbe  per
rendere  l'istituto  dell'oblazione  altro  da  quello  delineato   e
disciplinato dal legislatore. Non puo', invero, non considerarsi  che
l'effetto  voluto  dal  rimettente  potrebbe  essere  conseguenza  di
diverse modulazioni da parte del legislatore: da  quella  in  cui  la
frazione prevista per l'oblazione sia correlata non  gia'  alla  pena
edittale ma a quella che il giudice, in concreto,  tenuto  conto  dei
criteri di cui agli artt. 133 e 133-bis cod. pen.,  ritenga  adeguata
nel caso di specie, tanto piu' quando la  disposizione  sanzionatoria
non preveda un massimo edittale per la pena pecuniaria; a  quella  in
cui le condizioni economiche degli imputati  potrebbero  rilevare  ai
fini della individuazione  di  una  percentuale  di  riduzione  o  di
aumento rispetto alla misura ordinaria stabilita per l'oblazione. 
    L'integrazione sollecitata dal rimettente,  quindi,  da  un  lato
pone in discussione la struttura stessa dell'istituto  dell'oblazione
di cui all'art. 162-bis cod. pen.,  dall'altro  interferisce  con  le
scelte sistematiche operate discrezionalmente dal legislatore,  nella
configurazione  degli  illeciti  penali  e   del   loro   trattamento
sanzionatorio, nonche' delle cause di estinzione dei reati e, piu' in
generale, nella configurazione degli istituti processuali  attraverso
i quali dette cause possono operare. 
    Tali  aspetti  determinano  l'inammissibilita'  delle   questioni
sollevate dal rimettente, poiche' con esse si chiede a  questa  Corte
un intervento  che  assumerebbe  il  carattere  di  una  "novita'  di
sistema", che si pone invece al di fuori dell'area del  sindacato  di
legittimita'  costituzionale  ed  e'  rimesso  a  scelte  di  riforma
demandate al legislatore (sentenze n. 250 del 2018, n. 252 del  2012;
ordinanze n. 266 del 2014, n. 136 del 2013). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 162-bis del  codice  penale,  sollevate,  in
riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della  Costituzione,  dal
Tribunale ordinario di Cagliari,  in  composizione  monocratica,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 aprile 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA