N. 125 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 giugno 2021

Ordinanza del 3 giugno 2021  del  Tribunale  di  Savona  sul  reclamo
proposto da Riccio Cinzia contro Aziz Es Salmi. 
 
Esecuzione forzata - Misure connesse all'emergenza epidemiologica  da
  COVID-19  -  Sospensione  dell'esecuzione  dei   provvedimenti   di
  rilascio degli immobili, anche ad  uso  non  abitativo  -  Proroga,
  limitatamente ai provvedimenti di  rilascio  adottati  per  mancato
  pagamento del canone alle scadenze, inizialmente sino al 30  giugno
  2021  -  Ulteriore  proroga:  fino  al  30  settembre  2021  per  i
  provvedimenti di rilascio adottati  dal  28  febbraio  2020  al  30
  settembre 2020; fino al 31 dicembre 2021  per  i  provvedimenti  di
  rilascio  adottati  dal  1°  ottobre  2020  al  30  giugno  2021  -
  Denunciata previsione di una sospensione automatica e generalizzata
  con preclusione per il giudice di ogni margine di prudente  margine
  di  apprezzamento  del  caso  concreto,  sotto  il  profilo   della
  valutazione comparativa delle condizioni economiche di conduttore e
  locatore e della meritevolezza dei contrapposti interessi. 
- Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (Misure  di  potenziamento  del
  Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per  famiglie,
  lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza  epidemiologica  da
  COVID-19), convertito, con modificazioni,  nella  legge  24  aprile
  2020, n. 27, art. 103, comma 6; decreto-legge 31 dicembre 2020,  n.
  183 ("Disposizioni urgenti in materia di  termini  legislativi,  di
  realizzazione  di  collegamenti  digitali,  di   esecuzione   della
  decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio,  del  14  dicembre
  2020, nonche' in materia di recesso  del  Regno  Unito  dall'Unione
  europea"), convertito, con modificazioni, nella legge  26  febbraio
  2021, n. 21, art. 13, comma 13; decreto-legge 22 marzo 2021, n.  41
  (Misure  urgenti  in  materia  di  sostegno  alle  imprese  e  agli
  operatori economici, di  lavoro,  salute  e  servizi  territoriali,
  connesse all'emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni,
  nella legge 21 maggio 2021, n. 69, art. 40-quater. 
(GU n.33 del 18-8-2021 )
 
                         TRIBUNALE DI SAVONA 
 
    Il Tribunale di Savona, nella persona del Giudice  dott.  Eugenio
Tagliasacchi a scioglimento della riserva ha pronunciato la  seguente
ordinanza di rimessione alla ecc.ma Corte costituzionale nella  causa
civile iscritta al n. 268/2021 R.G. 
 
                                Fatto 
 
    L'odierna    ricorrente    Riccio    Cinzia    -     proprietaria
dell'appartamento sito in Albenga, via Roma n. 19, iscritto al NCEU a
f. 19, part. 201, sub. 7, cat. A/4,  condotto  in  locazione  ad  uso
abitativo da Aziz Es Salmi, nato in Marocco e residente  in  Albenga,
al canone annuo di euro 4.560,00, intimava, con atto notificato il 20
novembre 2020, sfratto per morosita' e contestuale citazione  per  la
convalida nei confronti del predetto conduttore, per l'udienza del 20
gennaio 2021 dinanzi a questo Tribunale, instando per la pronuncia di
ingiunzione di pagamento, immediatamente esecutiva, per la  somma  di
euro 1.600,00 a titolo di canoni scaduti ed euro 889,00 a  titolo  di
oneri non rimborsati (bolletta acqua, euro 112,00;  rata  TARI,  euro
188,00; spese condominiali, euro 589,78). 
    Con  decreto  del  20  gennaio  2021   l'intimato   sfratto   era
convalidato con la fissazione della data del  19  febbraio  2021  per
l'esecuzione nonche' venivano  liquidate  in  favore  dell'Erario  le
spese processuali, essendo, altresi', in pari data apposta la formula
esecutiva. 
    Frattanto, il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Savona,  in
accoglimento dell'istanza della locatrice,  pervenuta  il  9  ottobre
2020, aveva ammesso la richiedente al patrocinio a spese dello Stato,
con deliberazione assunta nella seduta del 23 ottobre 2020. 
    Nell'inerzia del conduttore, la locatrice notificava in  data  15
marzo 2021 il titolo munito di formula esecutiva e l'atto di precetto
per  rilascio  nonche',  decorsi  i  termini  di  legge,   richiedeva
all'U.N.E.P. territorialmente competente di procedere  all'esecuzione
del  provvedimento  di  rilascio,   ricevendo   verbalmente   notizia
dell'attuale  impossibilita'  ex  lege   di   procedere,   donde   la
proposizione del presente reclamo al Giudice dell'esecuzione  avverso
il  diniego  dell'Ufficiale  giudiziario,  con  prospettazione  della
questione di legittimita' costituzionale del  regime  di  sospensione
dell'esecuzione  dei  provvedimenti  di  rilascio   degli   immobili,
disposta in origine dall'art. 103, comma 6, del decreto-legge  n.  18
del 2020,  convertito  nella  legge  n.  27  del  2020  e  successive
proroghe. 
    A scioglimento della riserva, devesi  preliminarmente  dare  atto
della  corretta   individuazione,   ad   opera   dell'attuale   parte
ricorrente,  del  referente  normativo  applicabile   nella   specie,
afferente  al  rifiuto  dell'Ufficiale  giudiziario  in   ordine   al
compimento dell'atto richiestogli, consistente nel reclamo al giudice
dell'esecuzione, con l'avvertenza che, soltanto in caso di rigetto di
detto reclamo, sarebbe proponibile l'opposizione agli atti esecutivi.
Per risalenti enunciazioni del principio cfr. Cassazione civ. n. 7674
del  2008,  secondo  cui:  «Il  rimedio  dell'opposizione  agli  atti
esecutivi, di cui all'art. 617 c.p.c., e' esperibile soltanto  contro
atti riferibili al  giudice  dell'esecuzione,  il  quale  e'  l'unico
titolare del potere di impulso e controllo  del  processo  esecutivo.
Quando, invece, l'atto (anche eventualmente omissivo) che  si  assume
contrario a diritto sia riferibile non  al  giudice,  ma  ad  un  suo
ausiliario,   ivi   compreso   l'ufficiale   giudiziario,   esso   e'
sottoponibile al  controllo  del  giudice  dell'esecuzione  ai  sensi
dell'art. 60 del codice di procedura civile o nelle forme  desumibili
dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato e solo dopo  che
il giudice stesso si sia  pronunciato  sull'istanza  dell'interessato
sara' possibile impugnare il suo provvedimento con  le  modalita'  di
cui all'art. 617 c.p.c.» (In applicazione  dell'enunciato  principio,
la S.C. ha ritenuto inammissibile l'opposizione ex art. 617 codice di
procedura civile avverso il  rifiuto  dell'Ufficiale  giudiziario  di
procedere ad un secondo accesso al domicilio del debitore, al fine di
individuare ulteriori beni mobili da pignorare). 
    In ordine all'art. 103, comma 6,  del  decreto-legge  n.  18  del
2020, convertito nella legge n. 27 del  2020  -  secondo  cui,  nella
formulazione originaria, «L'esecuzione dei provvedimenti di  rilascio
degli immobili, anche ad uso non abitativo, e'  sospesa  fino  al  31
dicembre 2020»  -  e'  intervenuto,  dapprima,  il  provvedimento  di
proroga del termine fino al 30 giugno 2021, di cui all'art. 13, comma
13, del decreto-legge 31 dicembre  2020  ,n.  183,  convertito  nella
legge 26 febbraio 2021 n. 21 e, successivamente, l'ulteriore  proroga
disposta dall'art.  40-quater  del  decreto-legge  n.  41  del  2021,
convertito nella legge n. 69 del 2021. 
    La  disposizione  da  ultimo  citata,  indicata  con  la  rubrica
«Disposizioni  in  materia   di   sospensione   dell'esecuzione   dei
provvedimenti di rilascio degli immobili», stabilisce  quanto  segue:
«La sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di  rilascio  degli
immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall'art.  103,  comma
6,  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n.  27,  limitatamente  ai
provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento  del  canone
alle  scadenze   e   ai   provvedimenti   di   rilascio   conseguenti
all'adozione, ai sensi dell'art. 586, secondo comma,  del  codice  di
procedura civile, del decreto di trasferimento di immobili  pignorati
ed abitati dal debitore e dai suoi familiari, e' prorogata: 
        a) fino al 30 settembre 2021 per i provvedimenti di  rilascio
adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; 
        b) fino al 31 dicembre 2021 per i provvedimenti di'  rilascio
adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021». 
    Questo Giudice condivide i dubbi di  legittimita'  costituzionale
delle disposizioni che precedono, sollevati  dalla  difesa  di  parte
reclamante  e,  in  particolare,  di  tale  ulteriore  proroga  della
sospensione  dell'esecuzione  dei  provvedimenti  di  rilascio  degli
immobili, ritenendo sussistente  il  requisito  della  non  manifesta
infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  delle
stesse, che, con la presente ordinanza, ritiene di dover sottopone al
vaglio della ecc.ma Corte costituzionale  per  i  motivi  di  seguito
esposti. 
 
                               Diritto 
 
    Preliminarmente, con riferimento alla rilevanza  della  questione
di legittimita' costituzionale rispetto al processo in corso, occorre
osservare che le  norme  di  cui  trattasi  risultano  di  necessaria
applicazione,  atteso  che  con  l'atto  introduttivo  del   presente
procedimento  e'  stato   proposto   reclamo   avverso   il   diniego
dell'Ufficiale   giudiziario   di    procedere    alla    liberazione
dell'immobile bacato e  che  tale  rifiuto  e'  condizionato  proprio
dall'applicazione delle disposizioni in  questione,  con  l'ulteriore
precisazione  che,  essendo  stato  il  provvedimento  di   convalida
adottato in data 20 gennaio2021, il caso di specie ricade nell'ambito
dell'ulteriore e piu' estesa proroga  prevista  dal  legislatore  con
l'art. 40-quater del decreto-legge n. 41 del 2021,  convertito  nella
legge n. 69 del 2021, destinata a protrarsi fino al 31 dicembre 2021.
Ne consegue che  soltanto  l'eventuale  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale della norma implicherebbe l'accoglimento del  proposto
reclamo, laddove una diversa valutazione della Corte ne comporterebbe
la reiezione, stante, in  tale  secondo  caso,  la  legittimita'  del
rifiuto di procedere all'esecuzione  del  provvedimento  di  rilascio
dell'immobile. 
    Con riferimento alla non manifesta infondatezza della  questione,
si deve rilevare che la sospensione della liberazione degli  immobili
pone un dubbio  di  legittimita'  costituzionale  in  relazione  alle
disposizioni di seguito indicate. 
1) Art. 3, commi 1 e 2 della Costituzione. 
    Sotto un primo profilo, le norme censurate appaiono in  contrasto
con l'art. 3 della Costituzione, commi 1 e 2, atteso che  introducono
una misura sproporzionata  e  irragionevole  per  una  pluralita'  di
ragioni. 
    In  primo  luogo,  si   tratta   di   una   disciplina   riferita
indistintamente a tutti i provvedimenti di sfratto per morosita', ivi
inclusi quelli rispetto ai quali l'inadempimento si e' manifestato in
epoca antecedente alla pandemia  da  COVID-19  e,  dunque,  non  puo'
ovviamente essere ad essa causalmente  ricollegabile.  In  tal  modo,
dunque, il legislatore ha collocato sul medesimo piano e ha  trattato
nello stesso modo  situazioni  tra  loro  del  tutto  diverse,  senza
distinguere le ipotesi in cui la situazione di incolpevole  morosita'
del conduttore e' effettivamente dipesa dall'emergenza  pandemica  da
quelle in cui l'inadempimento risulta, invece,  del  tutto  privo  di
relazioni causali con essa, sicche', in tale prospettiva, si  delinea
un dubbio di legittimita' costituzionale con riferimento all'art.  3,
comma 1 della Costituzione. 
    In secondo luogo, le norme censurate impongono una  generalizzata
sospensione della liberazione degli immobili,  precludendo  qualsiasi
valutazione del giudice in ordine alla comparazione delle  condizioni
economiche  delle  parti  e  della  meritevolezza   degli   interessi
contrapposti, accordando una tutela assoluta, in  via  preordinata  e
aprioristica, esclusivamente alla  posizione  del  conduttore,  senza
alcuna considerazione per quella del locatore. Questo Giudice ritiene
che l'impostazione seguita dal legislatore con le norme censurate sia
irragionevole  perche'  impedisce  un  prudente  apprezzamento  della
situazione  concreta  e  preclude  conseguentemente  un   equilibrato
contemperamento degli interessi delle parti. 
    Inoltre,  la   preferenza   automaticamente   riconosciuta   alla
posizione del conduttore risulta ingiustificata ove si consideri  che
la pandemia ha avuto effetti pregiudizievoli  generalizzati,  laddove
il  legislatore  sembra  muovere   dall'infondato   presupposto   che
l'emergenza pandemica abbia colpito esclusivamente la  categoria  dei
conduttori,  categoria  peraltro  del  tutto  eterogenea,  lasciando,
invece, indenne quella - parimenti eterogenea - dei locatori. 
    L'irragionevolezza della scelta del legislatore di non  riservare
al giudice alcun margine di apprezzamento del caso concreto, sotto il
profilo della valutazione comparativa delle condizioni  delle  parti,
risulta  particolarmente  evidente  nelle  situazioni  estreme,  come
quella oggetto del presente  procedimento,  ove  la  parte  locatrice
risulta economicamente debole, trattandosi  di  persona,  ammessa  al
patrocinio  a  spese  dello  Stato,  che  trae  il  proprio   reddito
esclusivamente dalla locazione  dell'immobile  in  questione  e  che,
dunque, e' posta in seria difficolta'  economica  dall'impossibilita'
di percepire i relativi canoni per oltre un anno, fino al 31 dicembre
2021. Invero, le disposizioni  censurate,  impedendo  la  liberazione
dell'immobile quando anche la parte  locatrice,  o  addirittura  solo
quest'ultima,  si  trovi  in  stato  di  indigenza  o   comunque   di
difficolta' economica, accordano  un'irragionevole  e  sproporzionata
automatica preferenza  unilaterale  alla  posizione  del  conduttore,
finanche  agevolando  condotte  abusive  di  quest'ultimo.  In   tale
prospettiva,  il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale  riguarda,
pertanto, non solo il comma 1, ma anche il comma 2 dell'art. 3  della
Costituzione, poiche', oltre ad  esservi  l'irragionevole  preferenza
automatica sopra segnalata, vi e' anche  la  totale  omissione  della
considerazione di una possibile situazione di  particolare  debolezza
della parte locatrice, omissione  che,  appunto,  assume  rilievo  in
relazione al comma 2 dell'art. 3 della Costituzione. 
    Tali  considerazioni  pongono  anche  in  luce  le  significative
differenze  rispetto  alle  precedenti  disposizioni  di  sospensione
dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio, gia'  esaminate  dalla
Corte costituzionale con la sentenza n.  310/2003,  richiamata  nella
successiva n. 155/2004, ove la Corte si era pronunciata in  relazione
alla  questione  legittimita'   costituzionale   sollevata   in   via
incidentale con riferimento all'art. 1 del decreto-legge 27  dicembre
2001, n. 450  (Proroga  di  termini  in  materia  di  sospensione  di
procedure esecutive  per  particolari  categorie  di  locatari  e  di
copertura assicurativa per le imprese nazionali di trasporto  aereo),
convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2002,  n.  14,
che aveva  prorogato  (per  la  terza  volta)  la  sospensione  delle
procedure di esecuzione  forzata  di  rilascio  di  immobili  ad  uso
abitativo nei  confronti  di  inquilini  appartenenti  a  determinate
categorie ritenute  suscettibili  di  particolare  protezione.  Dette
categorie erano individuate attraverso i requisiti indicati dall'art.
80, comma 20, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
finanziaria 2001), consistenti  nell'annoverare  nel  proprio  nucleo
familiare ultrasessantacinquenni  o  handicappati  gravi  e  nel  non
disporre di altra abitazione o di  redditi  sufficienti  ad  accedere
all'affitto di una nuova casa. 
    Appare rilevante, infatti, la circostanza che in quell'ipotesi la
sospensione  della  liberazione   degli   immobili   era   non   gia'
generalizzata, come  quella  prevista  dalle  norme  che  vengono  in
rilievo in questa  sede,  bensi'  limitata  a  precise  e  delimitate
categorie di soggetti in considerazione delle  specifiche  situazioni
di particolare debolezza in cui gli stessi si trovavano. 
    Peraltro, e' molto  significativo  che,  proprio  con  la  citata
sentenza  n.  310/2003,  la   stessa   Corte   costituzionale   aveva
evidenziato  la  necessita'  di  una  valutazione  comparativa  delle
condizioni economiche di conduttore e locatore, affermando  che  «Non
si intende con cio' negare che  il  legislatore  debba  farsi  carico
delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni  di
disagio, in quanto appartenenti a categoria protetta,  ricorrendo  ad
iniziative  del  settore  pubblico  o   accordando   agevolazioni   o
ricorrendo ad ammortizzatori sociali;  ma  non  puo'  indefinitamente
limitarsi, per  di  piu'  senza  alcuna  valutazione  comparativa,  a
trasferire l'onere relativo in via esclusiva  a  carico  del  privato
locatore,  che  potrebbe  trovarsi  in  identiche  o  anche  peggiori
situazioni di disagio». 
    In definitiva, dunque, puo' affermarsi che, con  le  disposizioni
censurate, il legislatore abbia inteso far gravare su  una  parte  di
cittadini,  indebitamente  e  indistintamente  ritenuti   capaci   di
sopportarne le conseguenze, una misura di  carattere  sostanzialmente
assistenziale,  che  avrebbe  dovuto  essere  posta  a  carico  della
fiscalita' generale. 
2) Articoli 41, 42 e 117  della  Costituzione  e  art.  1  Protocollo
addizionale 1 CEDU. 
    Sotto un secondo profilo, le norme censurate paiono in  contrasto
con le disposizioni costituzionali e convenzionali  che  tutelano  il
diritto  di  proprieta'  e  l'autonomia  negoziale,  atteso  che   la
sospensione della liberazione dell'immobile in  seguito  all'adozione
di un provvedimento di  sfratto  per  morosita'  divenuto  definitivo
svuota il contenuto sostanziale del diritto del  proprietario,  senza
prevedere alcun indennizzo in suo favore. 
    La sospensione in questione, infatti, preclude al locatore, da un
lato, di utilizzare per se' l'immobile ovvero di  altrimenti  goderne
in via mediata attraverso la locazione ad altri e,  dall'altro  lato,
gli impedisce di  percepire  il  canone  di  locazione,  atteso  che,
appunto, trattandosi di sfratto per morosita', si verte in situazioni
in  cui  per  definizione  il  conduttore  non  versa  il  canone  di
locazione. Ne' puo' obiettarsi che  il  locatore  abbia  comunque  la
ragionevole possibilita' di recuperare in futuro i canoni non  pagati
nella loro interezza, poiche', in via di  fatto,  secondo  l'id  quod
plerumque  accidit,  risulta  particolarmente   difficile,   se   non
impossibile, per  il  locatore  ottenere  la  soddisfazione  del  suo
credito, soprattutto qualora,  come  nel  presente  procedimento,  il
conduttore sia insolvibile. Al riguardo il legislatore, prevedendo la
sospensione della liberazione dell'immobile locato, non  si  e'  dato
cura di introdurre  disposizioni  volte  a  tutelare  il  diritto  di
credito del locatore per i canoni non pagati ne' ha previsto forme di
garanzia per l'ipotesi di conduttori insolvibili. 
    Va ulteriormente evidenziato, sotto questo profilo, che la misura
della sospensione risulta ulteriormente irragionevole  ove  si  tenga
conto che, a fronte del mancato percepimento dei canoni di locazione,
resta immutato l'obbligo del proprietario locatore  di  sostenere  le
spese e gli altri oneri, anche fiscali, derivanti  dalla  titolarita'
del diritto di proprieta' dell'immobile, salvo  il  solo  credito  di
imposta riconosciuto dall'art. 6-septies del decreto-legge n. 41/2021
convertito nella legge n. 69/2021. 
3) Articoli 11, 24, 111, 117 della Costituzione, art. 6 CEDU, art. 47
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 
    Sotto un ulteriore profilo, le disposizioni censurate  paiono  in
contrasto con le norme costituzionali e convenzionali  che  delineano
il sistema di tutela giurisdizionale dei diritti, poiche'  sospendono
l'esecuzione  del  provvedimento  di  convalida  di  sfratto  per  un
rilevante periodo di tempo  (circa  dodici  mesi),  privando  di  una
tutela giurisdizionale effettiva, anche in relazione alla ragionevole
durata del processo, il soggetto che abbia gia'  ottenuto  il  titolo
esecutivo per il rilascio dell'immobile. 
    Sul punto, va sottolineato, in particolare, che l'art.  24  della
Costituzione  e'  volto  a  garantire  una   tutela   giurisdizionale
effettiva anche nella fase  esecutiva,  come  affermato  dalla  Corte
costituzionale nelle sentenze n. 321/1998 e n. 198/2010 nonche' dalle
Sezioni unite della Corte di cassazione (cfr. Cassazione SU numeri da
19883 a 19888 del 2019). 
    Con riferimento all'art. 6  CEDU,  occorre  preliminarmente  dare
atto che esso deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza
«consolidata» della Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo,  secondo
quanto ha avuto modo di precisare la Corte costituzionale  da  ultimo
nella sentenza n. 49/2015. 
    Per quanto rileva in questa sede, non puo' dubitarsi che  si  sia
formata una giurisprudenza consolidata  circa  la  riferibilita'  del
diritto all'accesso alla giustizia  di  cui  all'art.  6  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali anche al processo esecutivo, atteso  che  e'  la  stessa
Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  a  richiamare  il  suo  primo
precedente sul punto, Hornsby contro Grecia del 19 marzo 1997,  nelle
sue successive pronunce (come avvenuto per esempio nella sentenza  De
Trana contro Italia del 16 ottobre 2007). La circostanza che  sia  la
stessa Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  a  richiamare  propri
precedenti pare di per se'  suggerire  che  si  sia  in  presenza  di
un'interpretazione sufficientemente consolidata  nel  senso  indicato
dalla Corte costituzionale nella gia' citata sentenza n. 49/2015.  Si
deve dunque ritenere che, come affermato in  Horsnby  contro  Grecia,
l'esecuzione di  una  sentenza  o  di  una  decisione,  di  qualsiasi
autorita' giudiziaria si tratti, deve essere considerata come facente
parte  integrante  del  «processo»  ai  sensi   dell'art.   6   della
Convenzione. Sebbene tale diritto non sia  assoluto  e  sia  per  sua
stessa natura soggetto alla necessita' di  una  disciplina  da  parte
dello Stato, le limitazioni introdotte con le disposizioni  censurate
e le successive proroghe comprimono le possibilita' di  accesso  alla
giustizia in modo tale da compromettere il diritto nella  sua  stessa
sostanza. 
    La Corte europea ha avuto  altresi'  modo  di  precisare  che  le
limitazioni  del  diritto  di  accedere  alla  giustizia  si  possono
conciliare con l'art. 6 della Convenzione solo se perseguono un  fine
legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalita' tra
i mezzi impiegati e il fine perseguito (cfr. Popescu contro  Romania,
del 2 marzo 2004). Nel  caso  di  specie,  poiche'  viene  totalmente
preclusa l'esecuzione di una decisione giudiziaria definitiva, e'  da
ritenersi che la limitazione dell'accesso alla giustizia sia tale  da
compromettere in radice la  stessa  sostanza  del  diritto  garantito
dall'art. 6 della  Convenzione  e  questo  Giudice  dubita  che  tale
limitazione - protratta per la  durata  di  un  anno  -  soddisfi  il
rapporto   di   ragionevole   proporzionalita'    menzionato    dalla
giurisprudenza della Corte europea, pur alla  luce  del  contesto  di
emergenza e tenuto conto della  rado  legittima  dell'intervento  del
legislatore, volto a contenere gli effetti economici e sociali  della
pandemia. 
    Al riguardo, appare, inoltre, rilevante  quanto  affermato  dalla
stessa Corte costituzionale nelle gia' citate pronunce n. 310/2003  e
n. 155/2004,  relative  a  precedenti  provvedimenti  di  sospensione
dell'esecuzione dei provvedimenti di' rilascio degli immobili. 
    In quell'occasione, la Corte costituzionale, pur dichiarando  non
fondata la questione di legittimita' costituzionale  sollevata,  ebbe
modo di precisare che «la sospensione della esecuzione  per  rilascio
costituisce un intervento eccezionale che puo' incidere solo  per  un
periodo transitorio  ed  essenzialmente  limitato  sul  diritto  alla
riconsegna di immobile sulla base di un provvedimento giurisdizionale
legittimamente ottenuto. 
    In tale periodo transitorio  (con  oneri,  si  noti,  come  nella
specie, a carico di soggetti  privati)  puo'  rientrare  la  proroga,
stabilita con la disposizione contestata. 
    In altri termini, la procedura esecutiva, attivata da  parte  del
singolo soggetto provvisto di titolo esecutivo  giurisdizionale,  non
puo' essere paralizzata indefinitamente  con  una  serie  di  pure  e
semplici proroghe, oltre un ragionevole limite di tollerabilita'». 
    Ne consegue che, sebbene la sospensione della  liberazione  degli
immobili possa essere astrattamente valutata come  costituzionalmente
legittima, tale  legittimita'  risulta  subordinata,  per  la  stessa
giurisprudenza della Corte costituzionale, al necessario rispetto  di
parametri di ragionevolezza e di proporzionalita', parametri che  nel
caso di specie  non  paiono  sussistere  in  relazione  alla  plurima
reiterazione delle proroghe a danno  del  proprietario  locatore.  Ad
avviso di questo Giudice,  infatti,  tale  reiterazione  di  proroghe
automatiche della sospensione in  questione  richiede  uno  scrutinio
progressivamente piu'  severo,  per  l'ovvia  considerazione  che  il
sacrificio   imposto   al   proprietario    locatore    si    aggrava
progressivamente  con  la  proroga  della   sospensione   e   diventa
particolarmente  significativo  ove  questi  si  trovi  in  stato  di
difficolta' economica, come avviene nel  caso  oggetto  del  presente
procedimento. 
    Alla  luce  di  tutte  le  considerazioni  sopra  esposte  e'  da
ritenersi rilevante e non manifestamente infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale delle disposizioni in  esame,  quantomeno
nella  parte  in  cui  prevedono   una   sospensione   automatica   e
generalizzata dell'esecuzione dei  provvedimenti  di  rilascio  degli
immobili locati e precludono al  giudice  ogni  margine  di  prudente
apprezzamento del caso concreto, sotto il profilo  della  valutazione
comparativa delle condizioni economiche di conduttore  e  locatore  e
della meritevolezza dei contrapposti interessi. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Il Tribunale di Savona, in composizione  monocratica,  visti  gli
articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11  marzo  1953,  n.
87, 
    Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza per le ragioni
di cui in motivazione; 
    Solleva questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  103,
comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18,  convertito  nella
legge  24  aprile  2020,  n.  27;  dell'art.  13,   comma   13,   del
decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183,  convertito  nella  legge  26
febbraio 2021, n. 21; dell'art. 40-quater del decreto-legge 22  marzo
2021, n. 41,  convertito  nella  legge  21  maggio  2021,  n.  69  in
relazione  agli  articoli  3,  11,  24,  41,  42,  111,   117   della
Costituzione, art. 6 CEDU, art. 1 Protocollo addizionale 1 CEDU, art.
47 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nella parte in
cui   prevedono   una   sospensione   automatica   e    generalizzata
dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili locati e
precludono al giudice ogni margine di prudente apprezzamento del caso
concreto,  sotto  il  profilo  della  valutazione  comparativa  delle
condizioni economiche di conduttore e locatore e della  meritevolezza
dei contrapposti interessi; 
    Sospende il processo in corso; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
nonche' comunicata al presidente  della  Camera  dei  deputati  e  al
presidente del Senato della Repubblica. 
        Savona, 3 giugno 2021 
 
                      Il Giudice: Tagliasacchi