N. 208 SENTENZA 7 - 29 ottobre 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Giudizio abbreviato - Imputato  infermo  di  mente,
  riconosciuto incapace di intendere  e  di  volere  al  momento  del
  fatto, con perizia accertata in  sede  di  incidente  probatorio  -
  Reato  astrattamente  punibile  con  la   pena   dell'ergastolo   -
  Possibilita' di chiedere  di  definire  il  processo  con  giudizio
  abbreviato  -  Omessa  previsione  -  Denunciata   violazione   del
  principio della ragionevole durata del processo  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Codice di procedura penale, art. 438, comma 1-bis, come  introdotto
  dall'art. 1, comma 1, lettera a), della legge 12  aprile  2019,  n.
  33. 
- Costituzione, art. 111, secondo comma. 
(GU n.44 del 3-11-2021 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,   Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 438,  comma
1-bis, del codice di procedura penale, come introdotto  dall'art.  1,
comma  1,  lettera  a),  della  legge   12   aprile   2019,   n.   33
(Inapplicabilita' del giudizio abbreviato ai delitti  puniti  con  la
pena dell'ergastolo), promosso dal Giudice  dell'udienza  preliminare
del Tribunale ordinario di Rimini nel procedimento penale a carico di
A. B., con ordinanza del 19 gennaio  2021,  iscritta  al  n.  41  del
registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 6  ottobre  2021  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 ottobre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 19 gennaio 2021,  il  Giudice  dell'udienza
preliminare del Tribunale ordinario di Rimini ha sollevato  questione
di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 111,  secondo
comma, della Costituzione, dell'art. 438, comma 1-bis, del codice  di
procedura penale, come introdotto dall'art. 1, comma 1,  lettera  a),
della legge 12 aprile 2019,  n.  33  (Inapplicabilita'  del  giudizio
abbreviato ai delitti puniti con la  pena  dell'ergastolo),  «laddove
non prevede che l'imputato infermo di mente, riconosciuto incapace di
intendere e di volere al momento del fatto, con perizia accertata  in
sede di incidente probatorio, possa chiedere di definire il  processo
con giudizio abbreviato nel caso di reato astrattamente punibile  con
la pena dell'ergastolo». 
    1.1.- Il giudice  a  quo  deve  pronunciarsi  sulla  richiesta  -
formulata in apertura dell'udienza preliminare dal  difensore  di  A.
B., imputato di omicidio aggravato ai sensi degli artt.  575  e  577,
primo comma, numero 1), del codice penale - di essere  giudicato  con
rito abbreviato. 
    Rilevato che il giudizio abbreviato non e' ammesso per i  delitti
puniti in  astratto  con  la  pena  dell'ergastolo,  in  forza  della
disposizione di cui all'art.  438,  comma  1-bis,  cod.  proc.  pen.,
introdotta dall'art. 1, comma 1, lettera a), della legge  n.  33  del
2019, ed evidenziato come una perizia assunta in incidente probatorio
abbia gia' riconosciuto l'imputato nel giudizio a quo come totalmente
incapace di intendere e di volere al momento  della  commissione  del
fatto e socialmente pericoloso, ancorche' in grado di partecipare  al
processo, il rimettente sottopone  al  vaglio  di  questa  Corte,  su
conforme  richiesta  del  pubblico  ministero,  la  questione  se  la
disposizione in parola sia compatibile con l'art. 111, secondo comma,
Cost. anche in casi come quello all'esame. 
    1.2.- Dopo aver ricostruito le complesse vicende normative che, a
partire dall'entrata in vigore del nuovo codice di  procedura  penale
nel 1989, hanno  interessato  la  questione  dell'ammissibilita'  del
giudizio abbreviato per i reati puniti con la pena dell'ergastolo,  e
dopo aver dato conto della recente sentenza n. 260 del 2020 di questa
Corte, con la quale la disciplina in questa sede censurata  e'  stata
ritenuta  non  in  contrasto  con   una   pluralita'   di   parametri
costituzionali, il rimettente ritiene tuttavia  che  tale  disciplina
sia incompatibile con l'art. 111, secondo comma, Cost.  in  relazione
alla specifica situazione di un imputato gia'  riconosciuto,  con  le
garanzie del contraddittorio, incapace di intendere e di volere. 
    In tale ipotesi, infatti, ad avviso del  rimettente  sarebbe  del
tutto superflua la celebrazione  di  un  «processo  dibattimentale  e
collegiale, che nulla potrebbe  aggiungere  al  materiale  probatorio
gia' esistente, e non potrebbe rafforzare in  alcun  modo  i  diritti
della difesa»: nel caso di specie, l'incapacita' di  intendere  e  di
volere  dell'imputato  sarebbe  gia'   stata   «incontrovertibilmente
accertata», con conseguente inutilita'  del  dibattimento,  la  prova
essendo gia' «cristallizzata» e «non modificabile». Ed invero, l'art.
431, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. prevede  l'inserimento  nel
fascicolo  per  il  dibattimento  dei  verbali  degli  atti   assunti
nell'incidente probatorio, che saranno  pertanto  -  unitamente  alla
stessa perizia - pienamente utilizzabili dalla corte d'assise per  la
decisione,  in   quanto   assunti   con   tutte   le   garanzie   del
contraddittorio. 
    Ne'  la  celebrazione  di  un  dibattimento  innanzi  alla  corte
d'assise potrebbe condurre, osserva  il  rimettente,  ad  un  diverso
esito sul piano sanzionatorio rispetto  al  giudizio  abbreviato:  in
entrambi i casi, infatti, dovra' essere applicata soltanto una misura
di sicurezza. 
    Conclude,  pertanto,   il   giudice   a   quo   che   l'auspicata
dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  della  disposizione
censurata «consentirebbe di definire il processo in tempi brevi senza
inutile   dispendio   di   preziose   risorse   organizzative,    con
l'applicazione, in via definitiva, di una misura di sicurezza e senza
nessuna compressione del diritto di difesa». 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la   questione   sollevata   sia   dichiarata
inammissibile o, comunque, non fondata. 
    Osserva anzitutto l'interveniente che,  contrariamente  a  quanto
affermato dal giudice a quo, il difetto di imputabilita' ritenuto  da
una perizia assunta in incidente probatorio  non  puo'  ritenersi  un
dato processualmente accertato sino a che sia intervenuto  un  vaglio
da parte di un giudice,  il  quale  ben  potrebbe  discostarsi  dalle
conclusioni peritali, che non assurgono mai  alla  valenza  di  prova
legale. 
    In ogni caso, i profili di asserita illegittimita' costituzionale
della  disposizione  censurata  sarebbero  stati  gia'  esaminati  ed
esclusi da questa Corte con la sentenza n. 320 (recte: 260) del 2020,
anche  riguardo  al  parametro  ora  invocato  dell'art.  111   Cost.
L'allungamento dei tempi processuali  inevitabilmente  connesso  alla
necessaria  celebrazione  di  un  dibattimento  innanzi  alla   corte
d'assise non potrebbe dirsi irragionevole nemmeno  nei  casi  in  cui
l'esito decisorio sia  scontato,  dal  momento  che  il  dibattimento
sarebbe la sola forma di giudizio nella quale possono estrinsecarsi i
diritti  riconosciuti  alle  vittime  del   reato   dalla   direttiva
2012/29/UE del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del  25  ottobre
2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e
protezione delle vittime di reato  e  che  sostituisce  la  decisione
quadro 2001/220/GAI. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice dell'udienza
preliminare del Tribunale ordinario di Rimini ha sollevato  questione
di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 111,  secondo
comma, della Costituzione, dell'art. 438, comma 1-bis, del codice  di
procedura penale, come introdotto dall'art. 1, comma 1,  lettera  a),
della legge 12 aprile 2019,  n.  33  (Inapplicabilita'  del  giudizio
abbreviato ai delitti puniti con la  pena  dell'ergastolo),  «laddove
non prevede che l'imputato infermo di mente, riconosciuto incapace di
intendere e di volere al momento del fatto, con perizia accertata  in
sede di incidente probatorio, possa chiedere di definire il  processo
con giudizio abbreviato nel caso di reato astrattamente punibile  con
la pena dell'ergastolo». 
    2.-  La  questione  e'  ammissibile,   le   eccezioni   formulate
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  attenendo,  in  realta',  ai
profili di merito della decisione, come di seguito precisato. 
    3.- Essa, tuttavia, non e' fondata. 
    3.1.- Anzitutto, occorre  sottolineare  che  -  come  giustamente
rilevato dalla difesa statale - le risultanze di una perizia  assunta
in incidente probatorio, relativa allo stato mentale dell'imputato al
momento del fatto, attendono ancora di essere valutate dal giudice ai
fini della decisione, e  non  assurgono  certo  al  valore  di  prova
"incontrovertibile" in giudizio, come assume  invece  il  rimettente.
Quale che sia il rito adottato - giudizio abbreviato  o  dibattimento
-, le parti avranno infatti piena facolta' di porre in discussione le
valutazioni  peritali,  eventualmente  attraverso  propri  consulenti
tecnici, e il giudice  potra'  sempre  motivatamente  discostarsi  da
quelle valutazioni, eventualmente previa nomina di un diverso perito.
Cosi' come sara' evidentemente  possibile,  per  le  parti,  chiedere
l'ammissione di prove e discutere su quelle acquisite in relazione  a
tutti gli altri elementi  -  positivi  e  negativi  -  del  reato,  a
cominciare dalla sua effettiva commissione da parte dell'imputato. 
    La  questione  che  questa  Corte  e'  chiamata  a  decidere  e',
piuttosto, se debba essere giudicata manifestamente irragionevole  la
scelta legislativa di imporre la celebrazione del rito  ordinario  di
fronte a una corte di  assise,  anche  laddove  la  prova  dei  fatti
costitutivi  del  reato  e  delle  circostanze   che   escludono   la
responsabilita' dell'imputato - come, appunto,  il  vizio  totale  di
mente - sia (non gia' incontrovertibile, ma) particolarmente agevole,
sulla base delle risultanze di una perizia assunta mediante incidente
probatorio. 
    3.2.- Il rimettente muove dall'assunto - reiterato nella  recente
sentenza di questa Corte n. 260 del  2020  (Considerato  in  diritto,
punto 10.2.) -  secondo  cui  «una  violazione  del  principio  della
ragionevole durata del processo di cui all'art. 111,  secondo  comma,
Cost.  potra'  essere  ravvisata  soltanto  allorche'  l'effetto   di
dilatazione  dei  tempi  processuali  determinato  da  una  specifica
disciplina non sia sorretto da alcuna logica esigenza,  e  si  riveli
invece  privo  di  qualsiasi  legittima  ratio   giustificativa   (ex
plurimis, sentenze n. 12 del 2016, n. 159 del 2014, n. 63 e n. 56 del
2009)». 
    Il giudice a quo ritiene, per l'appunto,  che  in  un  caso  come
quello all'esame la regola  della  celebrazione  di  un  dibattimento
pubblico in corte d'assise non abbia alcuna  ragione  giustificativa,
risolvendosi in un allungamento dei tempi processuali non  funzionale
ad alcuna esigenza della difesa dell'imputato nonche', dal  punto  di
vista dell'intero ordinamento, in un «inutile dispendio  di  preziose
risorse organizzative». 
    3.3.- La sentenza n. 260 del 2020 ha gia' affrontato,  e  risolto
negativamente, la questione se la disposizione all'esame violi l'art.
111,  secondo  comma,  Cost.,   confrontandosi   specificamente   con
l'argomento dell'asserita  inutilita'  di  un  dibattimento  pubblico
nell'ipotesi in cui i fatti siano di agevole accertamento, ad esempio
per essere intervenuta la piena confessione dell'imputato. 
    L'ipotesi ora  all'esame  del  giudice  rimettente  e'  parimenti
caratterizzata  da  fatti   agevolmente   accertabili,   sebbene   il
prevedibile esito del  processo  in  questo  caso  sia  l'assoluzione
dell'imputato per vizio totale di mente, sulla base delle  risultanze
della perizia assunta in incidente probatorio. Cio',  ad  avviso  del
rimettente,  priverebbe  di   senso   l'obbligo   di   celebrare   il
dibattimento anche sotto il profilo del quantum della sanzione, posto
che all'imputato dovrebbe al piu'  essere  applicata  una  misura  di
sicurezza, la cui durata non dipende dalla tipologia del rito con  il
quale il processo sara' celebrato. 
    La sentenza n. 260 del 2020 (Considerato in diritto, punto  7.6.)
ha peraltro gia' sottolineato come tra le finalita' ispiratrici della
legge n. 33 del 2019 non vi fosse solo quella (emersa nella  proposta
di legge C.  392  del  27  marzo  2018)  di  conseguire  un  generale
inasprimento delle pene concretamente inflitte per reati punibili con
l'ergastolo, ma anche quella (evidenziata nella parallela proposta di
legge C. 460 del 3  aprile  2018,  poi  assorbita  nella  prima)  che
rispetto ai reati piu' gravi previsti dall'ordinamento sia  celebrato
un processo pubblico innanzi alla corte di assise e non a un  giudice
monocratico, «con le piene garanzie sia per l'imputato,  sia  per  le
vittime, di partecipare all'accertamento della verita'». 
    Quest'ultima finalita' non viene meno neppure a fronte  di  fatti
di  reato  per  i  quali  l'imputato  non   possa   essere   ritenuto
personalmente responsabile - in particolare perche' non imputabile -,
ma rispetto ai quali l'ordinamento puo' comunque  avere  interesse  a
svolgere un processo pubblico  avanti  a  una  corte  a  composizione
mista, con «partecipazione  diretta  del  popolo  all'amministrazione
della giustizia» (art. 102, terzo comma, Cost.). 
    Il perseguimento di  tale  finalita'  rientra  nel  novero  delle
scelte discrezionali del legislatore,  rispetto  alle  quali  non  e'
consentito  a  questa   Corte   sovrapporre   la   propria   autonoma
valutazione. 
    Si deve pertanto  ribadire,  in  questa  sede,  come  «non  possa
qualificarsi in termini di manifesta irragionevolezza o arbitrarieta'
la scelta legislativa - magari  discutibile  sotto  vari  profili,  e
certo foriera di aggravi  processuali  -  di  prevedere  comunque  la
celebrazione di un  pubblico  dibattimento,  nel  quale  trova  piena
garanzia il "diritto di difendersi provando", per accertare il  fatto
e ascrivere le relative responsabilita' » (sentenza n. 260 del  2021,
Considerato in diritto, punto 7.6.), restando ferma  la  possibilita'
per la corte d'assise di celebrare e concludere  il  dibattimento  in
modo  spedito,  sulla  base  dell'eventuale  consenso   dell'imputato
all'acquisizione  degli   atti   di   indagine   al   fascicolo   del
dibattimento. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 438, comma 1-bis, del  codice  di  procedura  penale,  come
introdotto dall'art. 1, comma 1, lettera a), della  legge  12  aprile
2019, n. 33 (Inapplicabilita'  del  giudizio  abbreviato  ai  delitti
puniti  con  la  pena  dell'ergastolo),  sollevata,  in   riferimento
all'art.  111,  secondo  comma,  della  Costituzione,   dal   Giudice
dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  ordinario  di  Rimini  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                    Francesco VIGANO', Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 29 ottobre 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA