N. 50 SENTENZA 15 febbraio - 2 marzo 2022

Giudizio sull'ammissibilita' dei referendum. 
 
Referendum  -   Richiesta   di   referendum   abrogativo   denominata
  «Abrogazione parziale dell'art. 579 del codice penale (Omicidio del
  consenziente)»  -  Effetto  di  liceizzazione,  in  caso  di  esito
  referendario positivo, non circoscritto alla causazione, con il suo
  consenso, della morte di una persona affetta da  malattie  gravi  e
  irreversibili   -   Incidenza   su   normativa   costituzionalmente
  necessaria, a tutela del diritto alla vita - Impossibilita' di  una
  semplice abrogazione - Inammissibilita' della richiesta. 
- Codice penale, approvato con regio  decreto  19  ottobre  1930,  n.
  1398,  art.  579  (Omicidio   del   consenziente),   comma   primo,
  limitatamente alle parole "la reclusione da sei a  quindici  anni";
  comma  secondo,  integralmente;  comma  terzo,  limitatamente  alle
  parole "Si applicano". 
- Costituzione, art. 75; legge costituzionale 11 marzo  1953,  n.  1,
  art. 2, primo comma. 
(GU n.9 del 2-3-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  ammissibilita',  ai  sensi  dell'art.  2,  primo
comma,  della  legge  costituzionale  11  marzo  1953,  n.  1  (Norme
integrative della Costituzione concernenti la Corte  costituzionale),
della richiesta di referendum popolare  per  l'abrogazione  dell'art.
579 del codice penale  (Omicidio  del  consenziente),  approvato  con
regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, limitatamente  alle  seguenti
parti: 
    a) comma primo, limitatamente alle parole: «la reclusione da  sei
a quindici anni.»; 
    b) comma secondo: integralmente; 
    c)  comma  terzo,  limitatamente  alle  parole  «Si   applicano»,
giudizio iscritto al n. 179 del registro referendum. 
    Vista l'ordinanza del 15 dicembre 2021  con  la  quale  l'Ufficio
centrale  per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione   ha
dichiarato conforme a legge la richiesta; 
    udito nella camera di consiglio del 15 febbraio 2022  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi  gli   avvocati   Tommaso   Romano   Valerio   Politi   per
l'Associazione PRO VITA E FAMIGLIA Onlus e per il Comitato per il  No
all'eutanasia legale, Alessandro Benedetti per l'Associazione Scienza
& Vita e per l'Unione giuristi  cattolici  italiani  (UGCI),  Carmelo
Domenico  Leotta  per  il  Comitato  per  il  no   all'omicidio   del
consenziente, Giovanni Doria  per  l'Associazione  Movimento  per  la
Vita, Mario Esposito per il  Comitato  per  il  no  all'omicidio  del
consenziente, Piercarlo Peroni per il Comitato Famiglie per il no  al
referendum sull'omicidio del consenziente,  Siro  Centofanti  per  il
Comitato per il NO all'uccisione della persona anche se consenziente,
Tullio Padovani per l'Associazione La Societa' della Ragione APS, per
l'Associazione Liberi di Decidere, per  l'Associazione  Mobilitazione
Generale degli Avvocati (MGA), per l'Associazione Walter  Piludu  Ets
Aps e per l'Associazione Chi si cura di te  Aps,  Marcello  Cecchetti
per l'Associazione A  Buon  Diritto  Onlus  Aps,  per  l'Associazione
Utenti e Consumatori Aps, per  l'Associazione  Consulta  di  Bioetica
Ets, per la Confederazione generale italiana del lavoro  (CGIL),  per
l'Associazione ArciAtea Aps e per l'Associazione VOX  -  Osservatorio
italiano sui Diritti, Alfonso Celotto e Guido Aldo Carlo  Camera  per
l'Associazione +EUROPA, Gianni Baldini  e  Gian  Ettore  Gassani  per
l'Associazione avvocati matrimonialisti italiani per la tutela  delle
persone, dei minorenni e  della  famiglia  (AMI),  Filomena  Gallo  e
Massimo Clara per il Comitato promotore Referendum  eutanasia  legale
(Filomena Gallo, Marco Cappato, Wilhelmine Schett  e  Rocco  Berardo,
nella qualita' di promotori e presentatori,  Matteo  Mainardi,  Mario
Staderini,  Carlo  Troilo,  Mario  Riccio,  Monica  Coscioni,   Marco
Gentili, Valeria Imbrogno, Vincenzo Maraio e Massimiliano  Iervolino,
nella qualita' di presentatori); 
    deliberato nella camera di consiglio del 15 febbraio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 15 dicembre 2021, depositata il 16 dicembre
2021, l'Ufficio centrale per  il  referendum,  costituito  presso  la
Corte di cassazione, ai sensi dell'art.  12  della  legge  25  maggio
1970, n. 352 (Norme sui  referendum  previsti  dalla  Costituzione  e
sulla iniziativa legislativa del popolo) e successive  modificazioni,
ha dichiarato conforme alle disposizioni di  legge  la  richiesta  di
referendum popolare abrogativo sul seguente quesito: «Volete voi  che
sia abrogato l'art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente)
approvato con regio decreto  19  ottobre  1930,  n.  1398,  comma  1,
limitatamente alle seguenti parole "la reclusione da sei  a  quindici
anni"; comma 2 integralmente; comma  3  limitatamente  alle  seguenti
parole "Si applicano"?». 
    2.- L'Ufficio centrale  ha  attribuito  al  quesito  il  seguente
titolo:  «Abrogazione  parziale  dell'art.  579  del  codice   penale
(omicidio del consenziente)». 
    3.- Ricevuta comunicazione dell'ordinanza  dell'Ufficio  centrale
per il  referendum,  il  Presidente  della  Corte  costituzionale  ha
fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di consiglio del
15 febbraio 2022, disponendo  che  ne  fosse  data  comunicazione  ai
presentatori della  richiesta  di  referendum  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo  comma,  della
legge n. 352 del 1970. 
    4.- In data 26 gennaio  2022,  i  promotori  della  richiesta  di
referendum hanno depositato una memoria, nella quale,  dopo  un'ampia
premessa sulla natura e sulle finalita'  del  referendum  abrogativo,
argomentano a sostegno dell'ammissibilita' dell'odierno quesito. 
    4.1.-  L'obiettivo  espresso  dal  quesito  referendario  sarebbe
quello di «eliminare parzialmente dall'ordinamento il rilievo  penale
della  condotta  dell'omicidio  del  consenziente,  tranne  nei  casi
specifici gia' previsti al medesimo art. 579, terzo comma, c.p. e per
i quali e' gia' stabilita la sanzione  penale  di  cui  all'art.  575
c.p.». 
    La  richiesta  sarebbe  ancorata  a  una  «matrice  razionalmente
unitaria», idonea al raggiungimento dello scopo  dichiarato  e  anche
esaustiva, essendo incentrata sulla sola e unica  fattispecie  penale
dell'omicidio del consenziente. Il quesito non presenterebbe  neppure
un asserito taglio manipolativo: la sua formulazione e l'esito cui si
intenderebbe   pervenire   -   l'eliminazione    della    fattispecie
dell'omicidio del consenziente  -  ne  confermerebbero,  infatti,  la
natura meramente ablativa, «niente  affatto  innovativa  o  tantomeno
sostitutiva di norme». 
    4.2.-   Riguardo   agli   eventuali   effetti    dell'abrogazione
referendaria, la difesa dei promotori, richiamando diversi precedenti
di questa Corte, ricorda, da un  lato,  che  eventuali  criticita'  o
profili di illegittimita' costituzionale delle normativa  di  risulta
non potrebbero condurre,  per  cio'  solo,  a  una  dichiarazione  di
inammissibilita' del quesito e, dall'altro, che questa Corte, pur non
potendo  compiere  in  sede  di  valutazione  di  ammissibilita'  del
referendum  abrogativo  un  giudizio   anticipato   di   legittimita'
costituzionale, ben  potrebbe  rivolgere  specifiche  indicazioni  al
legislatore, al fine di  superare  eventuali  profili  di  criticita'
conseguenti all'abrogazione referendaria. 
    4.3.- I  promotori  precisano,  inoltre,  che  con  l'abrogazione
referendaria  non  verrebbe  affatto  «totalmente  depenalizzata»  la
condotta  dell'omicidio  del  consenziente,  perche'   non   verrebbe
eliminata la rilevanza penale per le ipotesi, sia di condotte  contro
persone che si trovino in un  particolare  stato  di  vulnerabilita',
ossia i minori e le persone inferme di mente o affette da  deficienza
psichica, sia per le  ipotesi  di  consenso  non  libero,  estorto  o
carpito con l'inganno, in base a quanto  previsto  dall'attuale  art.
579, terzo comma, cod.  pen.,  il  quale  non  sarebbe  inciso  dalla
odierna richiesta di referendum. 
    In altri termini, il  presidio  penale  non  verrebbe  eliminato,
bensi' perimetrato sulla base di quelle medesime esigenze che  questa
stessa Corte, fissando  le  condizioni  che  renderebbero  lecita  la
condotta  dei   terzi   cooperanti   all'attuazione   del   proposito
suicidario, avrebbe individuato con la sentenza n. 242 del 2019. 
    Si sottolinea, infatti, come l'odierno  quesito  referendario  si
porrebbe in linea di ideale e concreta continuita' rispetto a  quanto
affermato da questa Corte con la sentenza n. 242 del 2019 per l'aiuto
al suicidio e, stante la  «perdurante  inerzia  del  legislatore»  in
materia, mirerebbe a superare  la  punizione  di  una  condotta  che,
seppur differente rispetto a quella dell'aiuto al  suicidio,  risulta
certamente a essa contigua, se si considerano  le  analoghe,  se  non
identiche, condizioni in cui versa la persona che richiede  di  porre
fine alla propria vita. 
    Il quesito referendario mirerebbe, pertanto, anche  ad  eliminare
la discriminazione oggi in atto verso quei malati che  «non  sono  in
condizione   di   ottenere   una    morte    volontaria    attraverso
l'autosomministrazione del farmaco» e, in  tal  modo,  i  profili  di
irragionevolezza fra le fattispecie  dell'aiuto  al  suicidio,  cosi'
come risultante dall'intervento di questa Corte, e dell'omicidio  del
consenziente.  Fattispecie  che,  sebbene  differenziate  per  taluni
elementi, risultano omogenee e analoghe, sia rispetto  all'esito  cui
in entrambi i casi si perverrebbe, sia in ordine  al  rilievo  -  che
questa Corte avrebbe valorizzato nella sentenza n.  242  del  2019  -
della dignita' soggettiva personale del paziente.  Ferma  restando  -
cosi' si continua - la possibilita' per il legislatore di intervenire
al fine di introdurre  una  regolamentazione  tesa  a  sistematizzare
complessivamente la materia, seppur nel rispetto di quanto sancito da
questa Corte in merito  all'aiuto  al  suicidio  e  dell'esito  della
stessa consultazione referendaria. 
    4.4.- Cio' chiarito, la difesa dei promotori ritiene che in  caso
di abrogazione per via referendaria, e  ancor  prima  dell'intervento
del  legislatore,  assumerebbe  decisiva   importanza   la   funzione
interpretativa dei  giudici  e  non  vi  sarebbe  nessun  rischio  di
«allenta[re] per via referendaria» la «"cintura di  protezione"»  che
questa Corte ha configurato nella piu' volte citata sentenza  n.  242
del 2019. 
    Si sostiene,  infatti,  che  l'analisi  della  giurisprudenza  di
merito  e  di  legittimita',  chiamata  a  dare   applicazione   alla
disposizione oggetto del quesito referendario,  farebbe  emergere  un
quadro univoco, in forza del quale il consenso di  cui  all'art.  579
cod. pen. deve presentare  alcune  peculiari  caratteristiche,  ossia
deve essere serio, esplicito, non equivoco, attuale e perdurante fino
al momento della realizzazione della condotta dell'omicida. In linea,
poi, con tali requisiti, sarebbero  previsti  una  valutazione  e  un
accertamento estremamente rigorosi  in  sede  processuale.  Verrebbe,
quindi, certamente esclusa la possibilita'  di  desumere  l'esistenza
del consenso da semplici ed estemporanee manifestazioni di sofferenza
e, in modo del tutto  conseguente,  sarebbe  possibile  «intercettare
(facendole  ricadere  nel  perimetro  della  piu'  gravemente  punita
fattispecie di omicidio volontario) tutte quelle situazioni in cui la
formazione della  volonta'  sia  stata  in  qualche  modo  viziata  e
condizionata»; con cio', in definitiva, scongiurando  il  rischio  di
una mancata tutela delle persone fragili e vulnerabili. 
    Proprio rispetto a tali categorie  di  soggetti,  la  difesa  dei
promotori  ricorda  che,  anche  «a   fronte   della   richiesta   di
manipolazione  dell'art.  579   c.p.»,   sarebbero,   comunque   sia,
presidiati a livello penale i casi di coinvolgimento del  minore,  di
persone che versano nelle condizioni  di  deficienza  psichica  e  di
infermita', di consenso estorto con violenza, minaccia,  suggestione,
o carpito con inganno, ossia le  categorie  protette  dall'art.  579,
terzo  comma,  cod.  pen.,  non  interessate   dall'odierno   quesito
referendario. E si precisa che, anche  per  la  seconda  e  la  terza
categoria, le  quali  «sollecitano  interrogativi  di  non  marginale
portata», sussisterebbe «un contesto - normativo e giurisprudenziale»
- idoneo ad offrire «solide sponde per assicurare una tutela piena ed
effettiva» alle persone che in esse potrebbero essere ricomprese. 
    Sui concetti di deficienza psichica,  infermita'  psichica  e  di
suggestione, l'interpretazione della giurisprudenza  di  legittimita'
formatasi attorno alla fattispecie incriminatrice delle  condotte  di
circonvenzione di incapace di cui all'art. 643 cod. pen., offrirebbe,
infatti, idonee garanzie al fine di «intercettare» le ipotesi in  cui
la capacita' della persona di esprimere un valido consenso sia  stata
in qualsiasi forma condizionata  ab  exeterno  (si  citano  Corte  di
cassazione,  sezione  seconda  penale,  sentenze  9  novembre  2016-8
febbraio 2017, n. 5791 e 26 maggio-9 settembre 2015, n. 36424). 
    Inoltre, proprio la giurisprudenza  di  legittimita'  che  si  e'
formata sull'art. 579 cod. pen. (si cita Corte di cassazione, sezione
prima penale,  sentenza  19  aprile  2018-9  gennaio  2019,  n.  747)
indurrebbe ad escludere che l'abrogazione parziale dell'omicidio  del
consenziente possa esplicare  «effetti  di  depenalizzazione»  per  i
fatti commessi contro persone che non abbiano piena  coscienza  della
propria richiesta. Si mette in evidenza, infatti, che, a  viziare  il
consenso, sarebbe sufficiente anche una non totale diminuzione  della
capacita' psichica che renda, sia pure momentaneamente,  il  soggetto
non  pienamente  consapevole  delle  conseguenze  del  suo  atto.  La
giurisprudenza di legittimita', infatti,  intenderebbe  «l'infermita'
psichica e la  deficienza  psichica»  quale  una  minorata  capacita'
psichica,  anche  con  compromissione  del  potere   di   critica   e
minorazione della sfera volitiva  ed  intellettiva,  che  agevoli  la
suggestione della vittima e ne riduca i poteri di  difesa  contro  le
altrui insidie. Da cio', si conclude  che  «tutti  quei  casi  spesso
citati  per   destare   perplessita'   sulla   tenuta   del   quesito
referendario,  come  la  delusione  amorosa,  la  crisi   finanziaria
dell'imprenditore», sarebbero considerati, in sede processuale, quali
circostanze che determinerebbero la contestazione «del  comma  3»,  e
quindi indurrebbe ad escludere che il consenso eventualmente prestato
possa considerarsi  valido,  cosi'  determinando  l'applicazione  del
reato di omicidio doloso.  E,  allorche'  dovessero  scaturire  delle
difficolta' applicative dalla disciplina risultante  dall'abrogazione
referendaria, difficolta' che i giudici non  sarebbero  in  grado  di
dirimere con  gli  ordinari  strumenti  interpretativi  e  in  specie
ricorrendo  ad  una  interpretazione  costituzionalmente   orientata,
rimarrebbe pur sempre la  possibilita'  di  sollevare  «questione  di
costituzionalita'». 
    4.5.-  Da  ultimo,  la  difesa  del  comitato  promotore   prende
posizione  sulla  asserita   natura   costituzionalmente   obbligata,
vincolata o necessaria della tutela penale del bene della  vita,  con
particolare riguardo  alle  persone  che  versano  in  condizioni  di
vulnerabilita' o fragilita', secondo una visione che si e' sviluppata
«nel dibattito che ha recentemente interessato la tematica  del  fine
vita». Si sostiene, infatti, che secondo la tesi  contestata,  alcune
posizioni soggettive reclamerebbero,  sempre  e  incondizionatamente,
ossia a prescindere dalla specificita'  del  caso  concreto  e  dalla
capacita'  della  persona  di  esprimere  un  valido  consenso,   una
protezione di tipo penale, data la «rilevanza  sistematica  del  bene
vita». In altri termini, questa tesi sembrerebbe  fondarsi  sull'idea
che l'unico  strumento  normativo  idoneo  a  proteggere  le  persone
fragili e vulnerabili sia quello penale. 
    Tuttavia, «un simile ragionamento»  -  cosi'  si  continua  -  si
scontrerebbe, sia con la giurisprudenza costituzionale (si citano  le
sentenze n. 447 del 1998, n. 411 del 1995, n. 49 del 1985  e  n.  226
del 1983), sia con «la piu' autorevole dottrina  (costituzionalistica
e penalistica)» la quale, invece, avrebbe negato la  possibilita'  di
ricavare  dal  testo  costituzionale  «degli  obblighi  positivi   di
incriminazione».  Si  ricorda,  inoltre,  come  questa  Corte,  nella
sentenza  n.  447  del  1998,  abbia  affermato  che   le   «esigenze
costituzionali di tutela non si esauriscono [...]  nella  (eventuale)
tutela penale, [...];  che'  anzi  l'incriminazione  costituisce  una
extrema ratio». Posizione analoga sarebbe  stata  assunta  anche  dal
Tribunale costituzionale tedesco, in due distinte occasioni in cui e'
stato chiamato a  pronunciarsi  in  materia  di  aborto.  Il  giudice
costituzionale tedesco, infatti, seppur «in una prima decisione,  del
1975,» avrebbe riscontrato l'incostituzionalita'  delle  disposizioni
impugnate, in quanto non tutelavano il diritto  alla  vita  del  feto
attraverso «il  ricorso  allo  strumento  penale»,  in  una  «seconda
pronuncia,  invece,  che  risale  al  1993»   avrebbe   «imposto   al
legislatore di considerare l'aborto "illegittimo, ma  non  penalmente
punibile"». 
    In tale prospettiva, quindi, le riflessioni portate  avanti,  sia
in Italia, sia in Germania, darebbero conferma dell'idea che la norma
penale  non  possa  essere  strumentalmente  piegata  alla   positiva
realizzazione dei diritti fondamentali. 
    Conclusione,  questa,  che,  secondo  i   promotori,   troverebbe
conferma anche nella sentenza n. 242 del 2019  (recte:  ordinanza  n.
207 del 2018), nella parte in cui questa Corte ha  affermato  che  al
«legislatore penale  non  puo'  ritenersi  inibito,  dunque,  vietare
condotte che spianino la strada a scelte  suicide,  in  nome  di  una
concezione  astratta  dell'autonomia  individuale   che   ignora   le
condizioni concrete di disagio o di abbandono  nelle  quali,  spesso,
simili decisioni vengono concepite».  Si  ritiene,  infatti,  che  un
conto sarebbe riconoscere uno spazio  in  cui  possa  dispiegarsi  la
discrezionalita' del Parlamento, altro  sarebbe  ipotizzare  che,  in
quello  stesso  spazio,  su  quest'ultimo   gravi   un   obbligo   di
penalizzazione direttamente discendente dalla Costituzione. 
    In definitiva,  alla  luce  della  richiamata  giurisprudenza  di
questa Corte,  sarebbe  da  escludere  la  natura  costituzionalmente
imposta, necessaria o obbligatoria del presidio penale. 
    5.-  In  data  27  gennaio  2022,  hanno  depositato  memoria  le
associazioni La societa'  della  ragione  Aps,  Liberi  di  decidere,
Mobilitazione generale degli avvocati (MGA), Walter Piludu Ets Aps  e
Chi si cura di te Aps, chiedendo che la richiesta di  referendum  sia
dichiarata ammissibile. 
    6.- In pari data, hanno presentato memoria A buon  diritto  Onlus
Aps, Associazione utenti e consumatori Aps, Consulta  di  bioetica  -
Ets, Confederazione generale italiana del  lavoro  (CGIL)  -  Ufficio
nuovi  diritti,  ArciAtea  -  rete  per  la  laicita'  Aps  e  VOX  -
Osservatorio    italiano    sui    diritti,    deducendo    anch'esse
l'ammissibilita' della richiesta referendaria. 
    7.-  In  data  2  febbraio   2022,   hanno   depositato   memorie
l'associazione +EUROPA, chiedendo che  il  quesito  referendario  sia
dichiarato ammissibile, e l'associazione Pro Vita &  Famiglia  Onlus,
deducendo, invece, l'inammissibilita' del ricorso. 
    8.- In prossimita' della camera di  consiglio,  hanno  depositato
memorie, chiedendo che il referendum sia dichiarato inammissibile, il
Comitato per il no all'uccisione della persona anche se consenziente,
il Comitato per il no  all'omicidio  del  consenziente,  il  Comitato
Famiglie per il 'no' al referendum  sull'omicidio  del  consenziente,
l'Associazione movimento per la vita, l'associazione Scienza &  Vita,
il Comitato per  il  No  all'eutanasia  legale  e  l'Unione  giuristi
cattolici italiani. 
    Ha  depositato,   altresi',   memoria   l'associazione   Avvocati
matrimonialisti italiani per la tutela delle persone, dei minorenni e
della famiglia (AMI). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La richiesta di referendum  abrogativo,  dichiarata  conforme
alle disposizioni di legge dall'Ufficio centrale  per  il  referendum
con ordinanza del 15 dicembre 2021 e denominata «Abrogazione parziale
dell'art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente)», investe
l'art. 579 del codice penale (Omicidio  del  consenziente)  approvato
con regio decreto  19  ottobre  1930,  n.  1398,  limitatamente  alle
seguenti parti: 
    a) comma primo, limitatamente alle parole: «la reclusione da  sei
a quindici anni.»; 
    b) comma secondo: integralmente; 
    c) comma terzo, limitatamente alle parole «Si applicano». 
    2.- In via preliminare, si deve rilevare  che,  nella  camera  di
consiglio del 15 febbraio 2022, questa Corte, come gia' avvenuto piu'
volte in passato, non solo ha consentito l'illustrazione orale  delle
memorie depositate dai soggetti presentatori del referendum ai  sensi
dell'art. 33, terzo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352  (Norme
sui  referendum  previsti  dalla  Costituzione  e  sulla   iniziativa
legislativa del popolo), ma - prima ancora - ha altresi' ammesso  gli
scritti presentati da soggetti diversi da  quelli  contemplati  dalla
disposizione  citata,   e   tuttavia   interessati   alla   decisione
sull'ammissibilita' delle  richieste  referendarie,  come  contributi
contenenti argomentazioni ulteriori rispetto a  quelle  altrimenti  a
disposizione della Corte (da ultimo: sentenze n. 10 del  2020,  n.  5
del 2015, n. 13 del 2012). 
    Tale ammissione non si traduce in un diritto di  questi  soggetti
di partecipare al procedimento - che, comunque sia, «deve tenersi,  e
concludersi, secondo una scansione temporale definita»  (sentenza  n.
31 del 2000) -  e  di  illustrare  le  relative  tesi  in  camera  di
consiglio, ma comporta solo la facolta' della Corte, ove  lo  ritenga
opportuno, di consentire brevi integrazioni orali degli scritti, come
e' appunto avvenuto nella camera di consiglio del 15  febbraio  2022,
prima che  i  soggetti  di  cui  al  citato  art.  33  illustrino  le
rispettive posizioni. 
    3.- Per costante giurisprudenza di questa Corte, il  giudizio  di
ammissibilita' della richiesta di referendum abrogativo si propone di
«verificare che non sussistano eventuali ragioni di  inammissibilita'
sia indicate, o rilevabili in via sistematica, dall'art. 75,  secondo
comma, della Costituzione, attinenti alle  disposizioni  oggetto  del
quesito  referendario;  sia  relative  ai  requisiti  concernenti  la
formulazione    del    quesito    referendario,    come    desumibili
dall'interpretazione logico-sistematica della Costituzione  (sentenze
n. 174 del 2011, n. 137 del 1993, n. 48 del 1981 e n. 70  del  1978):
omogeneita',  chiarezza   e   semplicita',   completezza,   coerenza,
idoneita' a conseguire il  fine  perseguito,  rispetto  della  natura
ablativa dell'operazione referendaria» (sentenza n. 17 del 2016). 
    Ai  fini  di  tale  valutazione,   e'   necessario   innanzitutto
individuare la portata del quesito. 
    Come questa Corte ha chiarito, «la richiesta referendaria e' atto
privo di motivazione e, pertanto, l'obiettivo dei sottoscrittori  del
referendum va desunto non dalle dichiarazioni eventualmente rese  dai
promotori (dichiarazioni,  oltretutto,  aventi  spesso  un  contenuto
diverso in sede di campagna per  la  raccolta  delle  sottoscrizioni,
rispetto a quello delle difese scritte od orali espresse in  sede  di
giudizio  di  ammissibilita'),  ma  esclusivamente  dalla   finalita'
"incorporata  nel  quesito",  cioe'  dalla  finalita'  obiettivamente
ricavabile  in  base  alla  sua  formulazione  ed  all'incidenza  del
referendum sul quadro normativo di riferimento  [...]  (ex  plurimis,
sentenze n. 16 e n. 15 del 2008, n. 37 del 2000,  n.  17  del  1997)»
(sentenza n. 24 del  2011;  nello  stesso  senso,  piu'  di  recente,
sentenza n. 28 del 2017). 
    Al  riguardo,  va  altresi'   ribadito   che   il   giudizio   di
ammissibilita' che questa Corte e' chiamata a svolgere  si  atteggia,
per  costante  giurisprudenza,  «con  caratteristiche  specifiche  ed
autonome nei confronti degli altri giudizi riservati a questa  Corte,
ed in particolare rispetto ai  giudizi  sulle  controversie  relative
alla legittimita' costituzionale delle leggi e degli atti  con  forza
di legge» (sentenze n. 26 del 2011, n. 45 del 2005, n. 16 del 1978  e
n. 251 del 1975). Non sono pertanto in discussione, in  questa  sede,
profili di illegittimita' costituzionale, sia della legge oggetto  di
referendum, sia della normativa risultante dall'eventuale abrogazione
referendaria (sentenze n. 27 del 2017, n. 48,  n.  47  e  n.  46  del
2005). Quel che puo' rilevare, ai fini del giudizio di ammissibilita'
della richiesta referendaria, e' soltanto una  «valutazione  liminare
ed inevitabilmente limitata del rapporto tra oggetto  del  quesito  e
norme costituzionali, al fine di verificare se [...] il venir meno di
una determinata disciplina non comporti ex se un  pregiudizio  totale
all'applicazione di un precetto costituzionale» (sentenze n.  24  del
2011, n. 16 e n. 15 del 2008 e n. 45 del 2005). 
    3.1.- Nella specie, il quesito referendario verte  sull'art.  579
cod. pen., che configura il delitto di omicidio del consenziente.  Si
tratta    di    norma    incriminatrice    strettamente     finitima,
nell'ispirazione, a quella del successivo art.  580  cod.  pen.,  che
incrimina l'aiuto (oltre  che  l'istigazione)  al  suicidio.  Le  due
disposizioni riflettono, nel loro insieme, l'intento del  legislatore
del codice penale del 1930 di tutelare la vita umana anche  nei  casi
in cui il titolare del diritto  intenderebbe  rinunciarvi,  sia  manu
alius, sia manu propria, ma  con  l'ausilio  di  altri.  Esclusa  una
reazione sanzionatoria nei confronti dello  stesso  autore  dell'atto
abdicativo,  anche  nei  casi  in  cui  essa  sarebbe   materialmente
possibile (per essere il fatto rimasto allo stadio del tentativo), il
legislatore erige una  "cintura  di  protezione"  indiretta  rispetto
all'attuazione di decisioni in suo danno, inibendo, comunque sia,  ai
terzi di cooperarvi, sotto minaccia di sanzione penale. 
    In quest'ottica, l'art. 579 cod. pen.  punisce  segnatamente,  al
primo comma, con la reclusione da sei  a  quindici  anni  «[c]hiunque
cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui». In  tal  modo,  la
norma  esclude  implicitamente,  ma  univocamente,  che  rispetto  al
delitto  di  omicidio  possa  operare  la  scriminante  del  consenso
dell'offeso, la quale presuppone la disponibilita' del  diritto  leso
(art. 50 cod. pen.), accreditando, con cio', il bene della vita umana
del connotato dell'indisponibilita' da parte del suo titolare. 
    L'omicidio del consenziente e' configurato,  pur  tuttavia,  come
fattispecie autonoma di reato, punita con pena piu'  mite  di  quella
prevista in via generale per il delitto di omicidio  (art.  575  cod.
pen.), in ragione del ritenuto minor disvalore del fatto. 
    Nella  medesima  prospettiva  di  mitigazione   del   trattamento
sanzionatorio, il  secondo  comma  dell'art.  579  cod.  pen.  rende,
altresi', inapplicabili all'omicidio del consenziente le  circostanze
aggravanti comuni indicate nell'art. 61 cod. pen. 
    Il successivo  terzo  comma  dell'art.  579  cod.  pen.  sottrae,
peraltro, al perimetro applicativo della fattispecie meno severamente
punita, riportandole nell'alveo della fattispecie comune, le  ipotesi
nelle quali il consenso  sia  prestato  da  un  soggetto  incapace  o
risulti affetto da un vizio che lo rende  invalido.  La  disposizione
stabilisce, in  particolare,  che  «[s]i  applicano  le  disposizioni
relative all'omicidio se il fatto e' commesso: 1) contro una  persona
minore degli anni diciotto; 2) contro una persona inferma di mente, o
che si trova in  condizioni  di  deficienza  psichica,  per  un'altra
infermita' o per l'abuso di sostanze alcooliche  o  stupefacenti;  3)
contro una persona il cui consenso sia stato  dal  colpevole  estorto
con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno». 
    3.2.- Il quesito  referendario  in  esame  e'  costruito  con  la
cosiddetta tecnica del ritaglio,  ossia  chiedendo  l'abrogazione  di
frammenti lessicali della disposizione attinta, in modo da  provocare
la saldatura dei brani  linguistici  che  permangono.  Agli  elettori
viene, infatti, chiesto se vogliano una  abrogazione  parziale  della
norma incriminatrice che investa il primo comma  dell'art.  579  cod.
pen., limitatamente alle parole «la  reclusione  da  sei  a  quindici
anni»; l'intero secondo comma; il  terzo  comma,  limitatamente  alle
parole «Si applicano». 
    Per effetto  del  ritaglio  e  della  conseguente  saldatura  tra
l'incipit del primo comma e la parte  residua  del  terzo  comma,  la
disposizione risultante dall'abrogazione stabilirebbe  quanto  segue:
«Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, e' punito
con le disposizioni relative all'omicidio se il fatto e' commesso: 1)
contro una persona minore degli anni diciotto; 2) contro una  persona
inferma di  mente,  o  che  si  trova  in  condizioni  di  deficienza
psichica,  per  un'altra  infermita'  o  per  l'abuso   di   sostanze
alcooliche o stupefacenti; 3) contro una persona il cui consenso  sia
stato dal colpevole estorto con  violenza,  minaccia  o  suggestione,
ovvero carpito con inganno». 
    Il risultato oggettivo del successo dell'iniziativa  referendaria
sarebbe, dunque, quello di rendere penalmente lecita  l'uccisione  di
una persona con il consenso della stessa, fuori dai casi  in  cui  il
consenso risulti invalido per  l'incapacita'  dell'offeso  o  per  un
vizio  della  sua  formazione.   Eliminando   la   fattispecie   meno
severamente   punita   di    omicidio    consentito    e    limitando
l'applicabilita' delle disposizioni sull'omicidio  comune  alle  sole
ipotesi  di  invalidita'  del  consenso  dianzi  indicate,  il  testo
risultante    dall'approvazione    del    referendum     escluderebbe
implicitamente, ma univocamente,  a  contrario  sensu,  la  rilevanza
penale dell'omicidio del consenziente  in  tutte  le  altre  ipotesi:
sicche'  la  norma  verrebbe  a  sancire,   all'inverso   di   quanto
attualmente avviene, la piena disponibilita' della vita da  parte  di
chiunque sia in grado di prestare un  valido  consenso  alla  propria
morte, senza alcun riferimento limitativo. 
    L'effetto  di  liceizzazione   dell'omicidio   del   consenziente
oggettivamente conseguente alla vittoria  del  si'  non  risulterebbe
affatto circoscritto alla causazione,  con  il  suo  consenso,  della
morte di una persona affetta da malattie gravi e irreversibili. 
    Alla luce della normativa di risulta, la  "liberalizzazione"  del
fatto prescinderebbe dalle motivazioni che possono indurre a chiedere
la propria morte, le quali non dovrebbero  risultare  necessariamente
legate  a  un  corpo  prigioniero  di  uno  stato  di  malattia   con
particolari caratteristiche, potendo connettersi anche  a  situazioni
di  disagio  di  natura  del  tutto  diversa  (affettiva,  familiare,
sociale, economica e via dicendo), sino al mero taedium vitae, ovvero
pure a scelte che  implichino,  comunque  sia,  l'accettazione  della
propria morte per mano altrui. Egualmente irrilevanti  risulterebbero
la  qualita'  del  soggetto  attivo  (il  quale  potrebbe  bene   non
identificarsi in un esercente la professione sanitaria),  le  ragioni
da cui questo e' mosso, le forme di manifestazione del consenso  e  i
mezzi usati per provocare la morte  (potendo  l'agente  servirsi  non
solo di farmaci che garantiscano una morte indolore, ma anche di armi
o mezzi violenti di altro  genere).  Ne'  puo'  tacersi  che  tra  le
ipotesi di liceita' rientrerebbe anche il caso del consenso  prestato
per errore spontaneo e non indotto da suggestione. 
    3.3.- Al riguardo, non puo' essere, infatti,  condivisa  la  tesi
sostenuta dai promotori nel presente giudizio, e ripresa anche  nelle
difese di alcuni degli intervenuti, stando alla quale la normativa di
risulta andrebbe reinterpretata alla luce  del  quadro  ordinamentale
nel quale si inserisce: porterebbe a ritenere che, ai fini della  non
punibilita' dell'omicidio  del  consenziente,  il  consenso  dovrebbe
essere espresso nelle forme previste dalla legge 22 dicembre 2017, n.
219 (Norme  in  materia  di  consenso  informato  e  di  disposizioni
anticipate di trattamento) e in presenza delle condizioni alle  quali
questa Corte, con la citata sentenza n. 242 del 2019, ha  subordinato
l'esclusione della punibilita' per il  finitimo  reato  di  aiuto  al
suicidio, di cui all'art. 580 cod.  pen.,  non  attinto  dal  quesito
referendario (di modo che il consenziente dovrebbe  identificarsi  in
una  persona  affetta  da  una  patologia  irreversibile,  fonte   di
sofferenze   fisiche   o   psicologiche   per    lei    assolutamente
intollerabili, e tenuta in vita a mezzo di  trattamenti  di  sostegno
vitale, ma capace di prendere decisioni libere e consapevoli). 
    A fronte della limitazione della rilevanza  penale  dell'omicidio
del   consenziente   alle   sole   ipotesi   espressamente   indicate
dall'attuale   terzo   comma   dell'art.   579   cod.   pen.,   nulla
autorizzerebbe a ritenere che l'esenzione  da  responsabilita'  resti
subordinata al rispetto della "procedura  medicalizzata"  prefigurata
dalla legge n. 219 del 2017  per  l'espressione  (o  la  revoca)  del
consenso a un trattamento terapeutico (o del rifiuto di esso). 
    Del resto, anche l'Ufficio centrale per il referendum  presso  la
Corte di cassazione, dopo aver proposto, con ordinanza non definitiva
del 30 novembre 2021,  una  denominazione  del  quesito  referendario
nella quale non compariva la parola «eutanasia» - in  specie,  quella
di «Abrogazione parziale dell'art. 579 del codice di penale (omicidio
del consenziente)» -, non ha poi accolto, con l'ordinanza  conclusiva
del 15 dicembre 2021, la richiesta dei promotori di aggiungere a tale
denominazione la frase «Disponibilita' della  propria  vita  mediante
consenso  libero,  consapevole,  informato».  Ha  rilevato,  infatti,
l'Ufficio  centrale  che  l'integrazione  proposta   prospettava   un
bilanciamento tra i due diritti che vengono in  gioco  (diritto  alla
vita e diritto all'autodeterminazione) che non trova fondamento nella
sentenza n. 242 del 2019 e  non  «e'  rispettoso  dei  limiti  di  un
quesito di natura abrogativa, spingendosi piuttosto  sul  terreno  di
scelte  eventualmente   spettanti   agli   organi   istituzionalmente
competenti all'adozione di una disciplina organica della materia». 
    4.- A quest'ultimo proposito, non e' neppure significativo,  agli
odierni fini, che l'iniziativa referendaria  -  nata  quale  reazione
all'inerzia del legislatore nel disciplinare la materia delle  scelte
di fine vita, anche dopo i  ripetuti  moniti  provenienti  da  questa
Corte (sentenza n. 242 del 2019 e ordinanza n. 207 del  2018)  -  sia
destinata, nell'idea dei promotori, a fungere da volano per  il  varo
di una legge che riempia i vuoti lasciati dal referendum. 
    Come precisato, infatti, da questa  Corte,  sono  irrilevanti  in
sede di giudizio di ammissibilita' del referendum «i propositi e  gli
intenti dei promotori circa  la  futura  disciplina  legislativa  che
potrebbe o dovrebbe eventualmente sostituire quella abrogata; ne'  ad
una richiesta  referendaria  abrogativa,  quale  e'  quella  prevista
dall'art. 75 della Costituzione, e' possibile di per  se'  attribuire
un significato ricostruttivo di una nuova e diversa disciplina.  Cio'
che conta e' la domanda abrogativa, che va valutata nella sua portata
oggettiva e nei suoi effetti diretti, per esaminare, tra l'altro,  se
essa abbia per avventura  un  contenuto  non  consentito  perche'  in
contrasto con la Costituzione» (sentenza n. 17 del 1997). 
    5.- Proprio questa, in effetti, e' l'ipotesi che ricorre nel caso
in esame, venendo il quesito referendario ad  incidere  su  normativa
costituzionalmente necessaria. 
    5.1.- A partire dalla sentenza n. 16 del 1978,  questa  Corte  ha
costantemente   affermato   l'esistenza   di   «valori   di    ordine
costituzionale, riferibili alle strutture od ai temi delle  richieste
referendarie, da tutelare escludendo i relativi referendum, al di la'
della lettera dell'art. 75 secondo comma Cost.». Una delle  categorie
allora individuate consisteva  nei  «referendum  aventi  per  oggetto
disposizioni legislative  ordinarie  a  contenuto  costituzionalmente
vincolato, il cui  nucleo  normativo  non  possa  venire  alterato  o
privato di efficacia, senza che ne risultino  lesi  i  corrispondenti
specifici disposti  della  Costituzione  stessa  (o  di  altre  leggi
costituzionali)». 
    All'interno di questa categoria  di  norme  legislative  che  non
possono essere oggetto di richieste referendarie, la sentenza  n.  27
del 1987 ha chiarito  che  debbono  essere  enucleate  «due  distinte
ipotesi: innanzitutto  le  leggi  ordinarie  che  contengono  l'unica
necessaria disciplina attuativa conforme alla  norma  costituzionale,
di modo  che  la  loro  abrogazione  si  tradurrebbe  in  lesione  di
quest'ultima (cfr. sentenze n. 26/1981 e 16/1978); in secondo  luogo,
le leggi ordinarie, la  cui  eliminazione  ad  opera  del  referendum
priverebbe  totalmente  di  efficacia  un  principio  o   un   organo
costituzionale "la cui esistenza e' invece voluta e  garantita  dalla
Costituzione (cfr. sentenza n. 25/1981)"». 
    Successivamente,  la  sentenza  n.  35  del  1997   ha   riferito
quest'ultima  ipotesi  anche  a  quelle  «leggi  ordinarie   la   cui
eliminazione determinerebbe la soppressione di una tutela minima  per
situazioni che tale tutela esigono secondo  la  Costituzione»,  e  la
sentenza  n.  49   del   2000   ha   puntualizzato   che   le   leggi
«costituzionalmente necessarie»,  poiche'  sono  «dirette  a  rendere
effettivo un diritto fondamentale della persona, una volta venute  ad
esistenza  possono  essere  dallo  stesso  legislatore  modificate  o
sostituite con altra disciplina, ma non possono  essere  puramente  e
semplicemente abrogate, cosi' da eliminare la tutela  precedentemente
concessa, pena  la  violazione  diretta  di  quel  medesimo  precetto
costituzionale della cui attuazione costituiscono strumento». 
    Con la sentenza n. 45  del  2005,  infine,  si  e'  ulteriormente
precisato, per un verso, che la natura  di  legge  costituzionalmente
necessaria puo' anche essere determinata  dal  fatto  che  una  certa
disciplina  «coinvolg[a]  una  pluralita'  di   rilevanti   interessi
costituzionali, i quali, nel loro complesso, postulano quanto meno un
bilanciamento tra di essi che assicuri un livello  minimo  di  tutela
legislativa», e per l'altro,  che  «il  vincolo  costituzionale  puo'
anche riferirsi solo a parti  della  normativa  oggetto  del  quesito
referendario o anche al fatto che una disciplina legislativa comunque
sussista». 
    5.2.- Nel caso oggi in esame viene in  considerazione  un  valore
che  si  colloca  in  posizione  apicale  nell'ambito   dei   diritti
fondamentali della persona. 
    Come questa Corte ha avuto modo di chiarire in piu' occasioni, il
diritto alla vita, riconosciuto implicitamente dall'art. 2 Cost.,  e'
«da iscriversi tra i diritti inviolabili, e cioe'  tra  quei  diritti
che  occupano  nell'ordinamento  una  posizione,   per   dir   cosi',
privilegiata, in quanto appartengono - per usare l'espressione  della
sentenza n. 1146 del 1988 - "all'essenza dei valori supremi sui quali
si fonda la Costituzione italiana"» (sentenza n. 35 del  1997).  Esso
«concorre a costituire  la  matrice  prima  di  ogni  altro  diritto,
costituzionalmente protetto, della  persona»  (sentenza  n.  238  del
1996). 
    Posizione, questa, confermata da ultimo, proprio per la  tematica
delle scelte di fine vita, nell'ordinanza n. 207  del  2018  e  nella
sentenza n. 242 del 2019, ove si e'  ribadito  che  il  diritto  alla
vita, riconosciuto implicitamente dall'art. 2 Cost. (sentenza  n.  35
del 1997), nonche', in modo esplicito, dall'art. 2 della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848,  e'  il  «"primo  dei
diritti inviolabili dell'uomo" (sentenza n. 223 del 1996), in  quanto
presupposto per l'esercizio di tutti gli altri», ponendo altresi'  in
evidenza come da esso discenda «il dovere dello Stato di tutelare  la
vita di ogni individuo: non quello  -  diametralmente  opposto  -  di
riconoscere all'individuo la possibilita' di ottenere dallo  Stato  o
da terzi un aiuto a morire». 
    5.3.- Rispetto al  reato  di  omicidio  del  consenziente,  puo',
d'altro canto, ripetersi quanto gia' osservato  da  questa  Corte  in
rapporto alla figura finitima dell'aiuto al  suicidio  (ordinanza  n.
207 del 2018). Se e' ben vero, cioe', che il  legislatore  del  1930,
mediante la norma incriminatrice  di  cui  all'art.  579  cod.  pen.,
intendeva tutelare la vita umana intesa come bene indisponibile anche
in funzione dell'interesse che lo Stato riponeva nella  conservazione
della vita dei propri cittadini, non e' pero' affatto arduo cogliere,
oggi, la ratio di tutela della norma «alla  luce  del  mutato  quadro
costituzionale, che guarda alla persona umana come  a  un  valore  in
se', e non come  a  un  semplice  mezzo  per  il  soddisfacimento  di
interessi collettivi». 
    Vietando ai terzi di farsi esecutori delle  altrui  richieste  di
morte, pur validamente espresse, l'incriminazione  dell'omicidio  del
consenziente assolve, in effetti, come quella dell'aiuto al  suicidio
(ordinanza n. 207 del 2018), allo scopo, di perdurante attualita', di
proteggere il diritto alla vita, soprattutto - ma occorre aggiungere:
non soltanto - delle persone piu' deboli e vulnerabili, in  confronto
a scelte estreme e irreparabili, collegate a situazioni, magari  solo
momentanee,  di  difficolta'  e  sofferenza,  o  anche  soltanto  non
sufficientemente meditate. 
    A questo riguardo, non puo' non  essere  ribadito  il  «cardinale
rilievo del valore della vita», il quale, se non puo' tradursi in  un
dovere di vivere a tutti i costi,  neppure  consente  una  disciplina
delle scelte di fine vita che, «in nome di  una  concezione  astratta
dell'autonomia  individuale»,  ignori  «le  condizioni  concrete   di
disagio o di abbandono nelle quali, spesso, simili decisioni  vengono
concepite» (ordinanza n. 207 del 2018). Quando viene  in  rilievo  il
bene della vita umana, dunque, la liberta' di autodeterminazione  non
puo' mai prevalere incondizionatamente sulle ragioni  di  tutela  del
medesimo bene, risultando, al  contrario,  sempre  costituzionalmente
necessario un bilanciamento che assicuri una sua tutela minima. 
    Discipline come quella dell'art. 579 cod. pen.,  poste  a  tutela
della vita, non possono, pertanto, essere puramente  e  semplicemente
abrogate, facendo cosi'  venir  meno  le  istanze  di  protezione  di
quest'ultima a tutto vantaggio della liberta'  di  autodeterminazione
individuale. 
    La  norma  incriminatrice  vigente  annette  a  quest'ultima  una
incidenza limitata, che si risolve nella mitigazione  della  risposta
sanzionatoria, in capo all'autore del fatto di omicidio,  in  ragione
del consenso prestato dalla vittima. Non si tratta  di  una  legge  a
contenuto  costituzionalmente  vincolato,  non  essendo  quella   ora
indicata l'unica disciplina della materia compatibile con il  rilievo
costituzionale del bene della  vita  umana.  Discipline  come  quella
considerata possono  essere  modificate  o  sostituite  dallo  stesso
legislatore con altra disciplina, ma non possono essere  puramente  e
semplicemente abrogate, perche' non verrebbe in tal  modo  preservato
il livello minimo di tutela richiesto dai referenti costituzionali ai
quali esse si saldano. 
    Gia' in occasione di uno dei referendum  sull'interruzione  della
gravidanza, questa Corte ha del  resto  dichiarato  inammissibile  la
richiesta referendaria,  richiamando  la  necessita'  di  una  tutela
minima  per  situazioni  che   tale   tutela   esigono   secondo   la
Costituzione,  con  specifico  riferimento  al  diritto   alla   vita
(sentenza n. 35 del 1997). 
    5.4.- Non gioverebbe opporre - come fanno i  promotori  e  alcuni
degli intervenienti -  che  l'abrogazione  dell'art.  579  cod.  pen.
richiesta dal quesito  referendario,  non  essendo  totale,  ma  solo
parziale, garantirebbe i soggetti vulnerabili, in quanto resterebbero
ancora puniti gli omicidi perpetrati in danno dei  soggetti  indicati
dall'attuale terzo comma: e cio' tanto piu' alla luce del rigore  con
il  quale  la  giurisprudenza  ha  mostrato  sinora  di  valutare  la
ricorrenza dei presupposti di  operativita'  della  fattispecie  meno
gravemente punita dell'omicidio del consenziente. 
    Le ipotesi alle  quali  rimarrebbe  circoscritta  la  punibilita'
attengono, infatti, a casi in cui il  consenso  e'  viziato  in  modo
conclamato  per  le  modalita'  con  le  quali  e'  ottenuto,  oppure
intrinsecamente invalido per la menomata capacita' di chi lo  presta.
Le situazioni di vulnerabilita' e debolezza alle  quali  hanno  fatto
riferimento  le  richiamate  pronunce  di   questa   Corte   non   si
esauriscono, in ogni caso, nella  sola  minore  eta',  infermita'  di
mente e deficienza psichica, potendo connettersi a fattori  di  varia
natura (non solo di salute fisica,  ma  anche  affettivi,  familiari,
sociali o economici); senza  considerare  che  l'esigenza  di  tutela
della vita umana contro la collaborazione da parte di terzi a  scelte
autodistruttive del titolare  del  diritto,  che  possono  risultare,
comunque  sia,  non  adeguatamente  ponderate,  va  oltre  la  stessa
categoria dei soggetti vulnerabili. 
    In  tutte   queste   ipotesi,   l'approvazione   della   proposta
referendaria - che,  come  rilevato,  renderebbe  indiscriminatamente
lecito l'omicidio  di  chi  vi  abbia  validamente  consentito  senza
incorrere nei vizi indicati, a prescindere dai motivi per i quali  il
consenso e' prestato, dalle forme in cui e' espresso, dalla  qualita'
dell'autore del fatto e dai modi in  cui  la  morte  e'  provocata  -
comporterebbe il venir meno di ogni tutela. 
    6.-  Alla  luce  delle   considerazioni   svolte,   deve   quindi
concludersi  per  la  natura  costituzionalmente   necessaria   della
normativa oggetto del quesito, che, per  tale  motivo,  e'  sottratta
all'abrogazione referendaria, con  conseguente  inammissibilita'  del
quesito stesso. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile la richiesta di  referendum  popolare  per
l'abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe,  dell'art.  579  del
codice  penale  (Omicidio  del  consenziente),  dichiarata  legittima
dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso  la  Corte
di cassazione, con ordinanza del 15 dicembre 2021. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 febbraio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA