N. 79 SENTENZA 23 febbraio - 28 marzo 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Adozione e affidamento - Adozione di minori  in  casi  particolari  -
  Riconoscimento  dei  rapporti  civili  del  minore  con  i  parenti
  dell'adottante  -  Esclusione  -  Violazione  dei  principi,  anche
  convenzionali, di eguaglianza e di parita' di trattamento tra tutti
  i figli, nati all'interno o  fuori  dal  matrimonio  e  adottivi  -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 55. 
- Costituzione, artt. 3, 31 e 117, primo comma;  Convenzione  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  art. 8. 
(GU n.13 del 30-3-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  55  della
legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del  minore  ad  una  famiglia),
nella parte in cui, mediante rinvio all'art. 300, secondo comma,  del
codice civile, prevede che l'adozione in casi particolari non  induce
alcun rapporto civile tra  l'adottato  e  i  parenti  dell'adottante,
promosso dal Tribunale ordinario per i minorenni dell'Emilia Romagna,
sede di Bologna, nel procedimento instaurato da M. M., con  ordinanza
del 26 luglio 2021, iscritta al n. 143 del registro ordinanze 2021  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti l'atto di costituzione di  M.  M.  e  S.  V.  e  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udita nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2022  la  Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    uditi l'avvocato Massimo Clara per M. M. e  S.  V.  e  l'avvocato
dello Stato Chiarina Aiello  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 febbraio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 26 luglio 2021,  iscritta  al  n.  143  del
relativo registro  dell'anno  2021,  il  Tribunale  ordinario  per  i
minorenni dell'Emilia Romagna, sede  di  Bologna,  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 31 e 117, primo comma, della  Costituzione,
quest'ultimo  in  relazione  all'art.  8  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, questioni di  legittimita'
costituzionale dell'art.  55  della  legge  4  maggio  1983,  n.  184
(Diritto del minore ad una famiglia), nella parte  in  cui,  mediante
rinvio all'art. 300, secondo comma, del codice civile, stabilisce che
l'adozione in casi particolari non induce alcun rapporto  civile  tra
l'adottato e i parenti dell'adottante. 
    2.- Il rimettente riferisce che, con ricorso del 29 ottobre 2020,
M. M. ha chiesto l'adozione della minore M. V. E.,  figlia  biologica
di S. V., ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera d), della legge  n.
184 del 1983, nonche' il riconoscimento, quale effetto della sentenza
di adozione, dei rapporti civili della minore con i propri parenti. 
    L'ordinanza  riporta  che  M.  M.  si  e'  unito  in   matrimonio
all'estero con S. V., ha conseguito la  trascrizione  in  Italia  del
relativo atto come unione civile e, di seguito, ha condiviso, insieme
al partner, un percorso di fecondazione assistita, effettuato  sempre
all'estero, che si e' concluso con la nascita di  M.  V.  E.,  legata
biologicamente a S. V. 
    Il rimettente aggiunge che, nel corso del procedimento, S. V., in
qualita' di genitore esercente  la  responsabilita'  genitoriale,  ha
prestato il proprio assenso all'adozione da parte di M. M. 
    2.1.- Il giudice a quo afferma di poter accogliere la domanda  di
adozione, sulla  scorta  della  giurisprudenza  di  legittimita'  che
applica la fattispecie di cui all'art. 44, comma 1, lettera d), della
legge n. 184 del 1983 anche alle ipotesi di impossibilita'  giuridica
di affidamento preadottivo, consentendo al componente di  una  coppia
dello stesso sesso, privo di un legame biologico con  il  figlio  del
partner, di accedere all'adozione in casi particolari (e'  citata  la
giurisprudenza della  Corte  di  cassazione,  sezioni  unite  civili,
sentenza 8 maggio 2019, n. 12193; sezione  prima  civile,  26  maggio
2016, n. 12962). 
    Per converso, ritiene di non poter riconoscere, sulla base  della
legislazione vigente, i rapporti civili della minore  con  i  parenti
della parte ricorrente, quale effetto del vincolo adottivo in  esame.
Ravvisa, infatti, un elemento ostativo nel rinvio che l'art. 55 della
legge n. 184 del 1983 opera alla disciplina codicistica sull'adozione
delle persone maggiori  di  eta'  e,  specificamente,  all'art.  300,
secondo comma, cod. civ., che testualmente dispone: «[l]'adozione non
induce alcun  rapporto  civile  [...]  tra  l'adottato  e  i  parenti
dell'adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge». 
    2.2.- Il rimettente, d'altro canto, esclude che l'art.  55  della
legge n. 184 del 1983, nel suo univoco rinvio all'art.  300,  secondo
comma, cod. civ., lasci spazio a letture alternative. In particolare,
rigetta  l'ipotesi  di  una  tacita  abrogazione  della  disposizione
censurata  ad  opera  dell'art.  74  cod.  civ.,  nella   sua   nuova
formulazione introdotta dall'art. 1, comma 1, della legge 10 dicembre
2012, n. 219 (Disposizioni in materia  di  riconoscimento  dei  figli
naturali), secondo cui: «[l]a parentela e' il vincolo tra le  persone
che discendono da  uno  stesso  stipite,  sia  nel  caso  in  cui  la
filiazione e' avvenuta all'interno del matrimonio, sia  nel  caso  in
cui e' avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio e'
adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di  adozione  di
persone maggiori di eta', di cui agli articoli 291 e seguenti». 
    Ad avviso del rimettente, l'abrogazione tacita presupporrebbe una
incompatibilita'  tale   da   rendere   impossibile   la   simultanea
applicazione  della  vecchia  e  della  nuova  disposizione.   Simile
evenienza  non  sussisterebbe,  nel  caso  di  specie,   poiche'   il
legislatore, all'atto di regolare le unioni civili con  la  legge  20
maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra  persone
dello stesso sesso e disciplina delle convivenze),  avrebbe  ribadito
la distinzione fra l'adozione piena (o legittimante),  preclusa  alle
coppie dello stesso sesso, e  l'adozione  in  casi  particolari,  cui
farebbe invece implicito  riferimento  l'art.  1,  comma  20,  ultimo
periodo, della citata legge n. 76 del  2016,  che  fa  salvo  «quanto
previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». 
    3.-  Ritenendo  di  non  potersi  avvalere  di   tale   soluzione
ermeneutica, il giudice a quo solleva, con riferimento agli artt.  3,
31, 117, primo comma, Cost., quest'ultimo  in  relazione  all'art.  8
CEDU, questioni di legittimita' costituzionale del rinvio che  l'art.
55 della legge n. 184 del 1983 opera  all'art.  300,  secondo  comma,
cod. civ., nella parte  in  cui  esclude  l'instaurarsi  di  rapporti
civili tra l'adottato e i parenti dell'adottante. 
    Secondo il rimettente, la  domanda  avanzata  dal  ricorrente  in
merito al sorgere di tali vincoli parentali puo' trovare accoglimento
solo all'esito di una declaratoria di illegittimita'  costituzionale,
dal che inferisce la rilevanza delle questioni sollevate. 
    4.- Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, il giudice
a quo ritiene che l'esclusione,  nella  disciplina  dell'adozione  in
casi particolari, di rapporti  civili  fra  l'adottato  e  i  parenti
dell'adottante arrechi un vulnus agli artt. 3 e 31 Cost.,  in  quanto
contrasterebbe «con il principio di parita' di trattamento di tutti i
figli, nati all'interno o fuori dal matrimonio e adottivi, che  trova
la sua fonte costituzionale negli artt. 3 e  31  Cost.  ed  e'  stato
inverato dalla riforma sulla filiazione (l. 219/2012) e dal rinnovato
art. 74 cc  che  ha  reso  unico  senza  distinzioni  il  vincolo  di
parentela che scaturisce dagli status filiali con la  sola  eccezione
dell'adozione del maggiorenne». 
    Il rimettente aggiunge, con specifico  riferimento  alla  vicenda
oggetto del  giudizio  a  quo,  che  «la  possibilita'  di  ricorrere
all'adozione in casi particolari lett. d) [in] situazioni in cui  non
vi e' alcun legame familiare preesistente da  preservare»  renderebbe
discriminatorio il diniego di rapporti civili fra adottato e  parenti
dell'adottante  e  paleserebbe  una  «irragionevole   disparita'   di
trattamento tra i figli di coppie unite  in  matrimonio  ed  i  figli
adottivi di coppie unite civilmente». 
    La   norma   censurata   contrasterebbe,   sempre   limitatamente
all'esclusione  dei  diritti  civili  fra  l'adottato  e  i   parenti
dell'adottante, con l'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione
all'art 8 della CEDU, «in quanto  impedi[rebbe]  al  minore  inserito
nella famiglia costituita dall'unione  civile  di  godere  pienamente
della  sua  "vita  privata  e  familiare"  intesa  in  senso   ampio,
comprensiva di ogni espressione della personalita' e  dignita'  della
persona ed anche del diritto alla identita' dell'individuo». 
    5.- Si sono costituiti in giudizio con il medesimo atto M.  M.  e
S.  V.,  padre  biologico  della  minore,  che  hanno  condiviso   le
motivazioni dell'ordinanza di rimessione e hanno lamentato la lesione
anche di ulteriori parametri costituzionali. 
    In particolare, hanno denunciato la violazione degli artt. 3 e 30
Cost., in quanto la norma censurata contrasterebbe con  il  principio
di unicita' dello status di figlio,  accolto  con  la  riforma  della
disciplina sulla filiazione, di cui alla legge n. 219 del 2012  e  al
decreto  legislativo  28  dicembre  2013,  n.  154  (Revisione  delle
disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma  dell'articolo
2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219). 
    Il   vulnus   ai   parametri   costituzionali   viene    ritenuto
particolarmente evidente  con  riferimento  allo  status  del  minore
adottato dal «partner omosessuale del  genitore  legale»,  in  quanto
l'adozione  in  casi  particolari  sarebbe  «l'unico  strumento   che
consente al minore di veder riconosciuto il  proprio  legame  con  il
genitore d'intenzione». 
    In subordine alla declaratoria di  illegittimita'  costituzionale
parziale,   viene   invocata   l'interpretazione   costituzionalmente
orientata della disposizione censurata, nel suo rinvio all'art.  300,
secondo comma, cod. civ., in adesione  alla  tesi  che,  per  effetto
della nuova formulazione dell'art. 74 cod.  civ.,  ritiene  possibile
una interpretatio  abrogans.  In  via  ulteriormente  gradata,  viene
espresso l'auspicio che questa Corte adotti un'ordinanza con rinvio a
data certa del presente giudizio  costituzionale,  onde  chiedere  al
legislatore di predisporre, nelle more, una regolamentazione conforme
a Costituzione. 
    6.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto di dichiarare le questioni inammissibili o,  in
subordine, non fondate. 
    6.1.- L'Avvocatura ha  eccepito,  innanzitutto,  una  carenza  di
motivazione in ordine alla competenza del tribunale per i minorenni a
pronunciarsi sugli effetti inerenti alla parentela del  provvedimento
che decide l'adozione in casi particolari. 
    L'atto di intervento muove dalla considerazione che  la  domanda,
relativa ai rapporti civili tra l'adottato e i parenti  del  genitore
adottante, riguardi lo status del minore e rientri,  pertanto,  nella
competenza  del  tribunale,  ai  sensi  dell'art.  9  del  codice  di
procedura civile. 
    Argomenti in senso  contrario  non  sarebbero  rinvenibili  nella
legislazione vigente, poiche' la legge sulle adozioni non prevede che
il tribunale per i minorenni debba pronunciarsi anche  sugli  effetti
conseguenziali all'attribuzione della filiazione e  l'art.  55  della
stessa legge n. 184 del 1983 non opererebbe un  rinvio  all'art.  277
cod. civ., secondo  cui  «la  sentenza  che  dichiara  la  filiazione
produce gli effetti del riconoscimento».  Inoltre,  l'art.  38  delle
disposizioni per l'attuazione del codice civile, di recente novellato
dalla legge n. 219 del 2012, non ascriverebbe quella in esame fra  le
attribuzioni del tribunale per i minorenni,  stabilendo  che  debbano
essere emessi dal tribunale «i provvedimenti relativi ai minori per i
quali non e' espressamente stabilita la  competenza  di  una  diversa
autorita' giudiziaria». 
    L'Avvocatura ne trae la conclusione che il  giudice  a  quo,  una
volta dichiarata l'adozione, avrebbe dovuto declinare  la  competenza
sulla domanda avente a oggetto la parentela, sicche'  il  non  averlo
fatto e il non aver motivato a  riguardo  renderebbero  le  questioni
sollevate inammissibili. 
    6.2.- Quanto al merito, il Presidente del Consiglio dei  ministri
chiede che le questioni siano giudicate non fondate, sul  presupposto
che l'ordinamento giuridico vigente sia  incentrato  su  due  diversi
modelli di adozione, tra di loro non omologabili. 
    L'adozione piena e legittimante presuppone - si  legge  nell'atto
di intervento - «lo stato di  abbandono  del  minore  e  comporta  la
recisione  di  qualunque  legame  tra  la  famiglia  di   origine   e
l'adottato», che «entra  a  tutti  gli  effetti  a  far  parte  della
famiglia  dell'adottante».   Per   converso,   l'adozione   in   casi
particolari  «conserva  i  legami  dell'adottato  con   la   famiglia
d'origine e, allo stesso tempo, non  comporta  l'ingresso  del  primo
nella famiglia dell'adottante». 
    A cio' si aggiunge che l'adozione piena e' consentita «alle  sole
coppie coniugate e non anche alle coppie  unite  civilmente»,  mentre
l'accesso all'adozione  in  casi  particolari  e'  permesso  anche  a
persone non coniugate e a coppie unite civilmente. 
    L'Avvocatura, infine, sottolinea come «un ulteriore  elemento  da
considerare nel caso in esame, che il Tribunale per i  minorenni  non
ha preso in considerazione, e' il fatto che  il  minore  oggetto  del
procedimento e' stato concepito tramite il ricorso alla  surrogazione
di maternita': pratica vietata e sanzionata penalmente dall'art.  12,
comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 e che il diritto vivente
ha riconosciuto contraria all'ordine pubblico, in  quanto  lesiva  di
valori  fondamentali  quali  la  dignita'  umana  della  gestante   e
l'istituto dell'adozione». 
    L'insieme di questi fattori renderebbe ragionevole la  disciplina
differenziata della parentela che caratterizza i due regimi adottivi. 
    7.-  Le  parti  hanno  successivamente  depositato  una   memoria
integrativa di replica,  volta  a  confutare  le  tesi  della  difesa
erariale. 
    Quanto all'eccezione di inammissibilita' per  omessa  motivazione
sulla competenza, ha osservato che i  presupposti  di  ammissibilita'
del giudizio a quo sono sindacabili dalla  Corte  solo  quando  siano
incontrovertibilmente carenti,  mentre  nella  specie  il  rimettente
avrebbe in realta' affrontato, sia pure in via implicita, il problema
della competenza. 
    Nel  merito,  e'   stato   poi   ribadito   che   un'applicazione
indiscriminata  dell'art.  55   della   legge   n.   184   del   1983
determinerebbe effetti fortemente  e  irragionevolmente  penalizzanti
per l'interesse del minore. 
    8.- Infine, sono state ammesse, con decreto presidenziale del  18
gennaio 2022, due opinioni scritte, ai sensi  dell'art.  4-ter  delle
Norme integrative per i giudizi davanti  alla  Corte  costituzionale,
vigente ratione temporis,  che  provengono  da  due  associazioni  di
promozione  sociale:  "Famiglie  arcobaleno:  associazione   genitori
omosessuali" e "Rete Lenford Avvocatura per i diritti  delle  persone
LGBTI+ Associazione di promozione sociale". 
    Gli amici  curiae,  oltre  a  rimarcare  che  un  intervento  del
legislatore  sia  ormai  improcrastinabile,  auspicano  una  sentenza
interpretativa  di  rigetto  o  una   pronuncia   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 55 della legge n. 184 del 1983, in combinato
disposto con l'art. 300, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui
impedisce il sorgere  di  rapporti  civili  fra  adottato  e  parenti
dell'adottante. 
    9.- Nell'udienza del 23 febbraio 2022  le  parti  e  l'Avvocatura
hanno insistito per l'accoglimento delle conclusioni rassegnate negli
scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 26 luglio 2021,  iscritta  al  n.  143  del
relativo registro  dell'anno  2021,  il  Tribunale  ordinario  per  i
minorenni dell'Emilia Romagna, sede  di  Bologna,  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 31 e 117, primo comma, della  Costituzione,
quest'ultimo  in  relazione  all'art.  8  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, questioni di  legittimita'
costituzionale dell'art.  55  della  legge  4  maggio  1983,  n.  184
(Diritto del minore ad una famiglia), nella parte  in  cui,  mediante
rinvio all'art. 300, secondo comma, del codice civile, stabilisce che
l'adozione in casi particolari non induce alcun rapporto  civile  tra
l'adottato e i parenti dell'adottante. 
    2.- Il rimettente riferisce che il ricorrente nel giudizio a  quo
ha chiesto, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera d),  della  legge
n. 184 del 1983, di adottare una minore, che e' figlia biologica  del
partner a cui e' legato con  un'unione  civile  e  con  il  quale  ha
condiviso  un  percorso   di   fecondazione   assistita,   effettuato
all'estero, che ha consentito la nascita della bambina. 
    Il giudice a quo  afferma  di  poter  accogliere  la  domanda  di
adozione, ma non la richiesta di riconoscimento dei  rapporti  civili
della minore con  i  parenti  del  ricorrente.  Di  ostacolo  a  tale
accoglimento sarebbe il rinvio che l'art. 55 della legge n.  184  del
1983 opera all'art. 300, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui
stabilisce che «[l]'adozione non induce alcun rapporto  civile  [...]
tra  l'adottato  e  i  parenti  dell'adottante,  salve  le  eccezioni
stabilite dalla legge». 
    Il rimettente,  dopo  aver  escluso  che  il  combinato  disposto
normativo sopra menzionato possa ritenersi parzialmente e tacitamente
abrogato dall'art. 74 cod. civ., come novellato dall'art. 1, comma 1,
della legge 10 dicembre 2012, n.  219  (Disposizioni  in  materia  di
riconoscimento dei figli naturali), solleva questioni di legittimita'
costituzionale in riferimento agli artt. 3, 31 e  117,  primo  comma,
Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 CEDU. 
    2.1.- Constatata la rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale, il giudice  a  quo  passa  a  motivare  la  loro  non
manifesta infondatezza, osservando anzitutto che l'esclusione,  nella
disciplina dell'adozione in casi particolari, dei rapporti civili fra
l'adottato e i parenti dell'adottante  arrecherebbe  un  vulnus  agli
artt. 3 e 31 Cost., in quanto contrasterebbe  «con  il  principio  di
parita' di trattamento di tutti i figli, nati all'interno o fuori dal
matrimonio e adottivi, che trova la sua  fonte  costituzionale  negli
artt. 3  e  31  Cost.  ed  e'  stato  inverato  dalla  riforma  sulla
filiazione (l. 219/2012) e dal rinnovato art. 74 cc che ha reso unico
senza distinzioni il vincolo di parentela che scaturisce dagli status
filiali con la sola eccezione dell'adozione del maggiorenne». 
    Aggiunge, inoltre, che la norma censurata violerebbe l'art.  117,
primo comma,  Cost.,  in  riferimento  all'art  8  CEDU,  «in  quanto
impedi[rebbe]  al   minore   inserito   nella   famiglia   costituita
dall'unione civile di godere pienamente della  sua  "vita  privata  e
familiare" intesa in senso ampio,  comprensiva  di  ogni  espressione
della personalita' e dignita' della persona ed anche del diritto alla
identita' dell'individuo». 
    3.- Preliminarmente, in rito, l'Avvocatura generale  dello  Stato
ha  ravvisato  una  carenza   di   motivazione,   nell'ordinanza   di
rimessione, in ordine alla competenza del tribunale per  i  minorenni
ad adottare la pronuncia  relativa  al  riconoscimento  dei  rapporti
civili tra l'adottato e i parenti del genitore adottivo. 
    Tale richiesta - secondo l'Avvocatura -  atterrebbe  allo  status
del minore e dunque rientrerebbe nella competenza del  tribunale,  ai
sensi dell'art. 9 del codice di procedura civile. 
    L'Avvocatura ne  inferisce  che  il  giudice  a  quo,  una  volta
dichiarata  l'adozione,   avrebbe   dovuto   declinare   la   propria
competenza: il non averlo fatto e il non aver motivato sulle  ragioni
di tale scelta renderebbero le questioni sollevate inammissibili. 
    3.1- L'eccezione non e' fondata. 
    3.1.1.-  Come  piu'  volte  affermato  da   questa   Corte,   per
determinare  l'inammissibilita'  della   questione   incidentale   di
legittimita' costituzionale il difetto di competenza  del  giudice  a
quo, cosi' come quello di giurisdizione, deve essere macroscopico  e,
quindi,  rilevabile  ictu  oculi  (con  specifico  riferimento   alla
competenza, si vedano le sentenze n. 68 del 2021 e n. 136  del  2008,
nonche' le ordinanze n. 144 del 2011 e n. 134 del  2000,  mentre  con
riguardo alla giurisdizione ex plurimis, sentenze n. 267, n. 99 e  n.
24 del 2020, n. 189 del 2018, n. 269 del 2016, n. 106 del 2013  e  n.
179 del 1999). 
    Qualora sussista l'evidenza del vizio, o nel processo a quo siano
state sollevate specifiche eccezioni  a  riguardo,  e'  richiesta  al
rimettente una motivazione esplicita (sentenze n. 65 del  2021  e  n.
267 del 2020), rispetto alla quale il giudizio  di  questa  Corte  si
ferma alla valutazione del suo carattere «non implausibile, ancorche'
opinabile» (sentenza n. 99 del 2020; nello stesso senso, sentenze  n.
24 del 2020, n. 269 del 2016, n. 106 del 2013, n. 179 del 1999). 
    Qualora,  invece,  difetti  l'evidenza  ictu  oculi  del   vizio,
l'ammissibilita' della questione non e' inficiata dalla  mancanza  di
una motivazione espressa, la' dove possa  inferirsi  che  il  giudice
abbia non implausibilmente ritenuto implicita  la  sussistenza  della
sua competenza o giurisdizione (sentenza n. 189 del 2018). 
    3.1.2.-  Ebbene,  nel  caso  di  specie,  occorre,  innanzitutto,
rilevare che l'art. 38 cod. proc. civ. prevede una rigida preclusione
- costituita dalla prima udienza di trattazione - al  rilievo,  anche
officioso, della competenza per materia. Lo scopo di tale previsione,
piu' volte  evidenziato  dalla  giurisprudenza  di  legittimita',  e'
quello di accelerare i tempi di risoluzione delle controversie  e  di
impedire che le basi per pervenire a una decisione sul  merito  della
causa possano essere rimesse in discussione, a tempo indefinito,  per
ragioni di rito (ex plurimis,  Corte  di  cassazione,  sezione  sesta
civile, ordinanze 16 novembre 2021, n. 34569, 21  novembre  2019,  n.
30473 e 15 aprile 2019, n. 1051). 
    In particolare, la giurisprudenza di legittimita' considera  tale
barriera  temporale,  che  ha  natura  preclusiva,  applicabile   non
soltanto ai processi contenziosi di cognizione ordinaria, ma anche  a
quelli di volontaria giurisdizione da trattare in camera di consiglio
(Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 22 maggio 2003,
n. 8115). 
    Ne consegue che, nel giudizio a quo,  dove  non  risulta  che  il
giudice o le parti abbiano sollevato  un  rilievo  sulla  competenza,
quest'ultima dovrebbe oramai reputarsi radicata e non dovrebbe essere
rimessa   in   discussione   con   il   giudizio   di    legittimita'
costituzionale. 
    3.2.- Occorre, inoltre, osservare che  l'instaurarsi  dei  legami
parentali e' un effetto legale automatico della filiazione,  come  si
evince, in materia di adozione piena, dagli artt. 27 e 35 della legge
n. 184 del 1983, che si raccordano all'art. 74 cod. civ. Non a  caso,
nell'ipotesi dell'adozione in casi particolari, la  legge  interviene
espressamente per escludere l'instaurarsi di un simile  effetto  (per
l'appunto con l'art. 55 della  legge  n.  184  del  1983  che  rinvia
all'art. 300, secondo comma, cod. civ.). 
    Or dunque, se la competenza a decidere con riguardo  all'adozione
in casi particolari spetta al  tribunale  per  i  minorenni,  non  e'
implausibile ritenere che, sulla richiesta di pronunciarsi in  merito
alla  produzione  ex  lege  dei  legami  parentali  dalla  filiazione
adottiva, debba decidere lo stesso giudice competente  a  riconoscere
il vincolo adottivo. Non si palesa,  pertanto,  un  vizio  rilevabile
ictu oculi. 
    3.3.- Tanto premesso, si deve ritenere che l'odierno  rimettente,
sollevando la questione di  legittimita'  costituzionale,  abbia  non
implausibilmente  reputato  implicita   la   propria   competenza   a
pronunciarsi  sul  possibile  effetto  legale  della   pronuncia   di
adozione. 
    L'eccezione di inammissibilita' va, dunque, rigettata. 
    4.- Nel merito le questioni sono fondate. 
    5.- Al fine di esaminare i dubbi di  legittimita'  costituzionale
sollevati, si rende necessario,  in  via  preliminare,  richiamare  i
tratti distintivi dell'adozione in casi particolari, che emergono sia
dall'originario  disegno  legislativo  sia  dal  percorso   evolutivo
tracciato dal diritto vivente. 
    5.1.- L'istituto e' stato introdotto dalla legge n. 184 del  1983
per fare fronte  a  situazioni  particolari,  nelle  quali  versa  il
minore, che inducono a consentire l'adozione a condizioni  differenti
rispetto a quelle richieste per l'adozione cosiddetta piena. 
    L'adozione in esame aggrega una varieta' di  ipotesi  particolari
riconducibili a due fondamentali rationes. 
    La prima consiste nel valorizzare l'effettivita' di  un  rapporto
instauratosi con il minore. 
    «La particolare adozione del[l']art. 44»  -  ha  rilevato  questa
Corte  nella  sentenza  n.  383  del  1999  -  offre  al  minore  «la
possibilita' di rimanere nell'ambito della nuova  famiglia  che  l'ha
accolto,  formalizzando  il  rapporto  affettivo   instauratosi   con
determinati soggetti che si stanno effettivamente occupando di lui». 
    A tale esigenza risponde l'adozione del bambino, orfano di ambo i
genitori, da parte di persone a lui unite o «da vincolo di  parentela
fino al sesto grado o da preesistente rapporto  stabile  e  duraturo,
anche maturato nell'ambito di un prolungato periodo  di  affidamento»
(art. 44, comma 1, lettera a). Si  ascrive,  inoltre,  alla  medesima
ratio l'adozione del bambino da parte del «coniuge nel caso in cui il
minore sia figlio del genitore  anche  adottivo  dell'altro  coniuge»
(art. 44, comma 1, lettera b), poiche' il bambino vive in quel nucleo
familiare. 
    La seconda ragione giustificativa, che emerge dal dato normativo,
risiede nella difficolta' o nella impossibilita' per taluni minori di
accedere all'adozione piena. 
    Vi rientrano il caso dell'orfano di entrambi i genitori, che  «si
trovi nelle condizioni indicate dall'art. 3,  comma  1,  della  l.  5
febbraio 1992, n. 104» (art. 44, comma 1,  lettera  c)  -  sia  cioe'
persona «che presenta una minorazione fisica, psichica o  sensoriale,
stabilizzata  o  progressiva,  che  e'  causa   di   difficolta'   di
apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa  e  tale  da
determinare un processo di svantaggio sociale o di  emarginazione»  -
nonche'  l'ipotesi  del  minore  non  adottabile  in  ragione   della
«constatata impossibilita'  di  affidamento  preadottivo»  (art.  44,
comma 1, lettera d). 
    Le  situazioni  particolari  richiamate  e  le  motivazioni   che
sottendono giustificano l'accesso a questa adozione anche  -  o,  nel
caso della lettera b), solo - a persone singole, oltre che a  persone
coniugate (art. 44, comma 3). 
    Al   contempo,   i   suoi   presupposti    applicativi,    avulsi
dall'accertamento di uno stato di  abbandono  -  che  pure  nel  caso
dell'art. 44, comma  1,  lettera  d),  puo'  di  fatto  sussistere  -
spiegano il necessario assenso dei genitori, ove questi vi  siano,  e
il persistere di legami con la famiglia d'origine. Non  si  rinviene,
infatti, nell'adozione in casi particolari una disposizione di tenore
analogo all'art. 27, comma 3, della legge n. 184  del  1983,  secondo
cui, con l'adozione piena, «cessano i rapporti dell'adottato verso la
famiglia d'origine, salvi i divieti matrimoniali». 
    5.2.- Al dato legislativo, che evoca i lineamenti di un  istituto
marginale  e  peculiare,  e'  subentrata  un'evoluzione  del  diritto
vivente, che ha iniziato a valorizzare alcune  specificita'  di  tale
adozione  e  ad  ampliarne  gradualmente   il   raggio   applicativo.
Estendendo in via ermeneutica la nozione di  impossibilita',  di  cui
all'art. 44, comma 1, lettera d), della legge n. 184 del 1983  -  che
viene riferita all'impedimento giuridico, oltre che a quello di fatto
- la giurisprudenza ha aperto due nuovi itinerari interpretativi  nel
solco delle originarie rationes. 
    5.2.1.-   Il   primo   e'   racchiuso   nell'efficace    immagine
dell'adozione aperta o mite. 
    Il minore non abbandonato, ma i cui genitori biologici versino in
condizioni  che  impediscono  in   maniera   permanente   l'effettivo
esercizio    della    responsabilita'     genitoriale     (cosiddetto
«semi-abbandono permanente»), puo' sfuggire al destino  del  ricovero
in istituto  o  al  succedersi  di  affidamenti  temporanei,  tramite
l'adozione in casi particolari, che viene applicata  sul  presupposto
dell'impossibilita' di accedere all'adozione piena (art. 44, comma 1,
lettera  d),  impossibilita'  dovuta  proprio  alla  mancanza  di  un
abbandono in senso stretto. 
    L'adozione in casi particolari, che non recide i  legami  con  la
famiglia d'origine, consente, pertanto, di  non  forzare  il  ricorso
all'adozione piena. Quest'ultima, in difetto di  un  vero  e  proprio
abbandono, andrebbe a ledere  il  «diritto  al  rispetto  della  vita
familiare» dei genitori biologici, come sottolinea la Corte  EDU,  la
quale cautamente  suggerisce  proprio  il  percorso  della  «adozione
semplice» (Corte EDU, sentenza 21 gennaio 2014, Zhou  contro  Italia,
paragrafo 60; di seguito, in senso analogo, Corte EDU, grande camera,
sentenza 10 settembre 2019, Strand Lobben e  altri  contro  Norvegia,
paragrafi 202-213 e sentenza 13 ottobre  2015,  S.H.  contro  Italia,
paragrafi 48-50 e 57). 
    Inizia, dunque, a rovesciarsi - come osserva la giurisprudenza di
legittimita' (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanze 15
dicembre 2021, n. 40308, 22 novembre 2021, n. 35840, 25 gennaio 2021,
n. 1476 e 13 febbraio 2020, n. 3643)  -  l'originaria  raffigurazione
dell'istituto in esame  quale  extrema  ratio  rispetto  all'adozione
piena. 
    5.2.2.- Il secondo itinerario  introdotto  dal  diritto  vivente,
sempre nel solco dell'art. 44, comma 1, lettera d),  della  legge  n.
184 del 1983, riguarda, invece, la situazione di minori che hanno una
relazione affettiva con il partner del genitore biologico, quando  il
primo e' giuridicamente impossibilitato ad adottare il minore. 
    Si tratta, per un verso, del  convivente  di  diverso  sesso  del
genitore biologico, che non rientra nella lettera b) riferita al solo
coniuge. Per un altro verso, vengono in considerazione il partner  in
un'unione civile o il convivente  dello  stesso  sesso  del  genitore
biologico, che hanno spesso condiviso con quest'ultimo un percorso di
procreazione  medicalmente  assistita  (PMA)  effettuata  all'estero,
posto che la legge 19 febbraio 2004,  n.  40  (Norme  in  materia  di
procreazione medicalmente assistita) consente l'accesso alla PMA alle
sole coppie di diverso sesso. 
    Il combinarsi delle due finalita' sottese  all'adozione  in  casi
particolari - quella  volta  a  tutelare  l'interesse  del  minore  a
preservare rapporti gia' instaurati  e  quella  diretta  a  risolvere
situazioni di giuridica impossibilita' ad accedere all'adozione piena
- ha indotto la  giurisprudenza  a  consentire,  anche  nelle  citate
ipotesi, l'accesso all'adozione in casi particolari. 
    5.2.3.- Rispetto a questo secondo percorso evolutivo del  diritto
vivente,   che   interseca   questioni   legate   alla   procreazione
medicalmente assistita e al ricorso all'estero alla PMA e talora alla
surrogazione  di  maternita',  questa  Corte  ha  gia'   in   passato
evidenziato  diverse  sfaccettature  del   fenomeno   tra   di   loro
interconnesse. 
    Innanzitutto,  ha  inteso  escludere   che   il   «desiderio   di
genitorialita'», attraverso il ricorso alla procreazione medicalmente
assistita   «lasciata   alla    libera    autodeterminazione    degli
interessati»,   possa   legittimare   un   presunto   «diritto   alla
genitorialita' comprensivo non solo dell'an e del  quando,  ma  anche
del quomodo» (sentenza n. 221 del 2019). Inoltre, questa Corte ha, in
particolare, ribadito le  ragioni  del  divieto  di  surrogazione  di
maternita', che «offende in  modo  intollerabile  la  dignita'  della
donna e mina nel profondo le relazioni umane» (sentenza  n.  272  del
2017  e,  da  ultimo,  sentenza  n.  33   del   2021),   assecondando
un'inaccettabile mercificazione del corpo,  spesso  a  scapito  delle
donne maggiormente vulnerabili sul  piano  economico  e  sociale  (in
senso analogo, ancora, sentenza n. 33 del 2021). 
    D'altro canto, lo sforzo di arginare tale pratica  -  sforzo  che
richiede impegni anche a livello internazionale  -  non  consente  di
ignorare la realta' di minori che vivono di fatto  in  una  relazione
affettiva con il partner del genitore biologico. 
    Anche questa Corte - confrontandosi con il diritto vivente  -  ha
ritenuto che l'adozione in casi particolari, lungi dal dare rilevanza
al solo consenso e dall'assecondare attraverso  automatismi  il  mero
desiderio  di  genitorialita',  dimostri  una  precipua  vocazione  a
tutelare  «l'interesse  del  minore  [...]  a   mantenere   relazioni
affettive gia' di fatto instaurate e consolidate» (sentenze n. 32 del
2021, n. 221 del 2019; nello stesso senso, sentenza n. 272 del 2017).
L'adozione in casi particolari presuppone, infatti, un  giudizio  sul
miglior  interesse  del  minore  e  un  accertamento   sull'idoneita'
dell'adottante, fermo restando che non puo' una valutazione  negativa
sull'idoneita'  all'assunzione  della   responsabilita'   genitoriale
fondarsi  sul  mero   «["]orientamento   sessuale   del   richiedente
l'adozione e del suo partner  (Corte  di  cassazione,  sezione  prima
civile, sentenza 22 giugno 2016, n.  12962)"  (sentenza  n.  221  del
2019)» (sentenza n. 230 del 2020). 
    Il focus del diritto vivente e  della  giurisprudenza  di  questa
Corte si e', dunque, concentrato sul primario interesse  del  minore,
principio che e' riconducibile agli artt. 2, 30 (sentenze n. 102  del
2020 e n. 11 del 1981) e 31 Cost. (sentenze n. 102 del 2020, n.  272,
n. 76 e n. 17 del 2017, n. 205 del 2015, n. 239 del 2014) e che viene
proclamato anche da molteplici fonti internazionali, indirettamente o
direttamente vincolanti il nostro  ordinamento  (la  Convenzione  sui
diritti del fanciullo, firmata  a  New  York  il  20  novembre  1989,
ratificata e resa esecutiva con legge 27  maggio  1991,  n.  176;  la
Dichiarazione sui principi sociali e legali riguardo alla  protezione
e sicurezza sociale dei bambini, approvata a New York il  3  dicembre
1986; il Patto internazionale relativo ai diritti economici,  sociali
e culturali, adottato a New York il 16 dicembre  1966,  ratificato  e
reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881; la  Convenzione  di
Strasburgo in materia di adozione, elaborata dal Consiglio  d'Europa,
entrata in vigore il 26 aprile 1968 e ratificata dall'Italia  con  la
legge 22 maggio 1974, n. 357, nonche' da fonti  europee  (l'art.  24,
comma 2, della Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  europea,
CDFUE, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a  Strasburgo
il 12 dicembre 2007; gli artt. 8 e  14  CEDU),  come  rispettivamente
interpretate dalla Corte di  giustizia  e  dalla  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo. 
    Proprio l'attenzione rivolta all'interesse del minore ha indotto,
pertanto, di recente, questa Corte ad allargare lo sguardo  dai  meri
presupposti  di  accesso  all'adozione  in  casi   particolari   alla
condizione giuridica del minore adottato in tali casi. 
    Simile piu' ampia prospettiva ha portato, dunque, a rilevare che,
se l'istituto in esame offre «una forma di tutela degli interessi del
minore certo significativa», nondimeno esso non  appare  ancora  «del
tutto   adeguat[o]   al   metro   dei   principi   costituzionali   e
sovranazionali» (sentenza n. 33 del 2021; in senso conforme, sentenze
n. 32 del 2021 e n. 230 del 2020). 
    Fra le criticita' segnalate spicca quella  oggetto  del  presente
giudizio. L'adozione in casi particolari «non assicura  la  creazione
di  un  rapporto  di  parentela  tra   l'adottato   e   la   famiglia
dell'adottante» (sentenza n. 32  del  2021),  «stante  il  perdurante
richiamo operato dall'art. 55 della legge n. 184  del  1983  all'art.
300 cod. civ.» (sentenza n. 33 del 2021). 
    6.- Il chiaro dato testuale della disposizione di rinvio e la sua
incidenza su uno snodo centrale  della  disciplina  dell'adozione  in
casi particolari inducono questa Corte a escludere - come  del  resto
gia' in precedenza rilevato (sentenze n. 33 e n. 32 del 2021) e  come
sostenuto anche dal giudice rimettente - che la norma censurata possa
ritenersi tacitamente abrogata per effetto della  modifica  dell'art.
74 cod. civ., introdotta dall'art. 1, comma 1, della legge n. 219 del
2012. 
    Vero e' che  il  nuovo  art.  74  cod.  civ.  prevede  che  «[l]a
parentela e' il vincolo tra le persone che discendono da  uno  stesso
stipite, sia nel caso in cui la filiazione  e'  avvenuta  all'interno
del matrimonio, sia nel caso in cui e' avvenuta al di fuori di  esso,
sia nel caso in cui il figlio e' adottivo. Il  vincolo  di  parentela
non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di  eta',  di  cui
agli articoli 291 e seguenti». E non  puo'  negarsi  che,  stante  il
riconoscimento al minore adottato con l'adozione piena  dello  «stato
di figlio nato nel matrimonio degli adottanti» (art. 27  della  legge
n. 184 del 1983), l'art. 74 cod.  civ.,  dove  evoca  «la  filiazione
[...] avvenuta nel matrimonio», dovrebbe gia' ricomprendere il figlio
che e' considerato «nato  nel  matrimonio»  in  virtu'  dell'adozione
legittimante. Sembrerebbe, dunque, potersi inferire che il successivo
richiamo al figlio «adottivo», con la sola  esclusione  dell'adozione
di persone maggiori d'eta', riguardi in effetti i minori adottati  in
casi particolari. 
    Cio' nondimeno -  come  gia'  anticipato  -  la  presenza  di  un
ostacolo chiaro e inequivoco, qual e' il  rinvio  della  disposizione
censurata all'art. 300, secondo comma,  cod.  civ.,  la  sua  mancata
inclusione nell'art. 106 del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n.
154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a
norma dell'articolo 2 della legge 10  dicembre  2012,  n.  219),  che
indica le  disposizioni  abrogate  dalla  riforma  della  filiazione,
nonche'  il  carattere  fortemente  innovativo  della  previsione  di
rapporti civili tra il  minore  adottato  in  casi  particolari  e  i
parenti dell'adottante portano a escludere che  un  simile  mutamento
normativo possa ritenersi realizzato con una mera abrogazione  tacita
e che la via ermeneutica sia sufficiente  a  superare  il  dubbio  di
legittimita' costituzionale. 
    7.-  Escluso  tale  itinerario,  questa  Corte  deve,   pertanto,
valutare se il diniego di relazioni  familiari  tra  l'adottato  e  i
parenti dell'adottante determini, in contrasto con gli artt. 3  e  31
Cost., un trattamento discriminatorio del  minore  adottato  rispetto
all'unicita' dello status di figlio e alla condizione  giuridica  del
minore, avendo riguardo alla ratio della normativa che associa a tale
status il sorgere dei rapporti parentali (sul giudizio che indaga  il
carattere discriminatorio di una disposizione si vedano, ex plurimis,
le sentenze di questa Corte n. 276 del 2020, n. 241 del  2014,  n.  5
del 2000 e n. 89 del 1996 e l'ordinanza n. 43 del 2021). 
    7.1.- L'attuale disciplina dei rapporti parentali e'  espressione
della unicita' dello status di figlio e,  al  contempo,  risponde  al
bisogno  di  tutela  dell'interesse  del   minore,   vero   principio
ispiratore della riforma della  filiazione,  introdotta  nel  biennio
2012-2013 (legge n. 219 del 2012 e d.lgs. n. 154 del 2013). 
    7.1.1.- «Tutti i figli hanno lo stesso stato  giuridico»,  recita
il nuovo art. 315 cod. civ., e lo stato giuridico  di  figlio  e'  il
fulcro da cui si diramano i legami familiari, accomunati dal medesimo
stipite (art. 74 cod. civ.). 
    Il soggetto, divenuto figlio, entra nella rete parentale  che  fa
capo allo stipite da cui discende ciascuno dei suoi  genitori,  senza
che le linee parentali siano condizionate dalla  relazione  giuridica
fra i genitori. Il figlio nato fuori dal matrimonio e'  partecipe  di
due rami familiari tra di loro giuridicamente non comunicanti. 
    La spinta del principio di eguaglianza, alla luce dell'evoluzione
della coscienza sociale, ha, dunque, inciso sulla  concezione  stessa
dello status di figlio,  che  in  se'  attrae  l'appartenenza  a  una
comunita' familiare, secondo una logica fondata sulle responsabilita'
che discendono dalla filiazione  e  sull'esigenza  di  perseguire  il
miglior interesse del minore. 
    Il legislatore della riforma del  2012-2013,  nel  valorizzare  i
legami parentali attratti dalla filiazione, ha disegnato un complesso
di diritti e di doveri facenti capo ai parenti, che  accompagnano  il
percorso di crescita del minore, con l'apporto di relazioni personali
e di tutele patrimoniali. 
    Il figlio ha diritto «a mantenere rapporti  significativi  con  i
parenti» (art. 315-bis cod. civ.), a prescindere  dal  sussistere  di
legami fra i genitori (art. 337-ter cod.  civ.).  In  particolare,  i
nonni sono tenuti a concorrere al  mantenimento  dei  nipoti  in  via
sussidiaria (art. 316-bis cod. civ.) e hanno «il diritto di mantenere
rapporti  significativi  con  i  nipoti  minorenni»,   nel   rispetto
dell'«esclusivo interesse del minore» (art. 317-bis cod. civ.). 
    A questo  nucleo  di  previsioni  riformate,  che  accentuano  il
rilievo personalistico delle relazioni familiari, si aggiungono, poi,
gli ulteriori effetti che, a partire dalle  relazioni  parentali,  si
diramano nell'intero sistema giuridico e concorrono alla  tutela  del
figlio e alla costruzione dell'identita' del minore. 
    7.1.2.- La normativa appena richiamata  e',  dunque,  espressione
sia  del  principio  di  eguaglianza  sia  del  principio  di  tutela
dell'interesse del minore che - come piu' volte ha evidenziato questa
Corte (sentenze n. 102 del 2020, n. 272, n. 76 e n. 17 del  2017,  n.
205 del 2015, n. 239 del  2014)  -  si  radica  anche  nell'art.  31,
secondo  comma,  Cost.,  che  impegna  la  Repubblica  a   proteggere
«l'infanzia e la gioventu', favorendo gli istituti necessari  a  tale
scopo». 
    Non vi e' dubbio, infatti, che la riforma della disciplina  della
parentela e dei suoi effetti sul piano personale,  prima  ancora  che
patrimoniale, siano focalizzati proprio sulla protezione del minore e
sull'esigenza che egli cresca con il sostegno di un adeguato ambiente
familiare, fermo poi restando che lo  stato  di  figlio  perdura  per
l'intera esistenza del soggetto. 
    La rete dei legami parentali incarna, dunque, uno  dei  possibili
istituti che  la  Repubblica  e'  chiamata  a  favorire  al  fine  di
proteggere,   con   una   proiezione    orizzontale    dell'obiettivo
costituzionale, l'interesse del minore. 
    8.- Chiariti i tratti della disciplina che  opera  quale  tertium
comparationis e la ratio della normativa sui legami parentali, con il
suo ispirarsi a principi costituzionali, occorre ora verificare se la
condizione giuridica del minore adottato in  casi  particolari  possa
essere equiparata allo status di figlio minore e se sussistano o meno
ragioni che giustifichino il mancato instaurarsi di  rapporti  civili
«tra l'adottato e i parenti  dell'adottante»,  si'  da  escludere  la
irragionevolezza della disparita' di trattamento. 
    8.1.- Innanzitutto, l'adozione in  casi  particolari  riguarda  i
minori e si fonda sull'accertamento giudiziale che essa  realizza  il
«preminente interesse del minore» (art. 57, comma 1, della  legge  n.
184 del 1983), obiettivo primario  e  principio  ispiratore  di  tale
istituto, come costantemente ribadito anche da questa Corte (sentenze
n. 33 e 32 del 2021; n. 221 del 2019; n. 272 del  2017;  n.  183  del
1994). 
    Quanto agli effetti che l'adozione in  casi  particolari  genera,
numerosi indici legislativi depongono nel  senso  del  riconoscimento
dello stato di figlio. 
    La  condizione  di  figlio  adottivo  presenta,  innanzitutto,  i
caratteri  della  tendenziale  stabilita'   e   permanenza,   nonche'
dell'indisponibilita', come e' tipico di uno status. 
    Il legislatore, inoltre,  si  avvale  di  un  lessico  inequivoco
nell'identificare il rapporto fra genitore e figlio;  utilizza  cioe'
un linguaggio ben diverso da quello che adopera  per  altri  istituti
anch'essi finalizzati a proteggere il minore,  quali  la  nomina  del
tutore o l'affidamento temporaneo. 
    L'adottante, ai sensi dell'art. 48, commi 1 e 2, della  legge  n.
184 del 1983, assume la «responsabilita' genitoriale» e ha «l'obbligo
di mantenere l'adottato, di istruirlo  ed  educarlo  conformemente  a
quanto prescritto dall'art. 147 del codice civile», vale  a  dire  la
norma che contempla i «doveri verso i figli». Si applicano,  inoltre,
gli artt. 330 e seguenti cod. civ. (art. 51, comma 4, e 52, comma  4,
della legge n. 184 del 1983). 
    In sostanza, si sommano la responsabilita' genitoriale e i doveri
verso i figli agli altri molteplici effetti dell'adozione di  matrice
codicistica: l'adottante trasmette il suo cognome  all'adottato,  che
diviene suo erede non solo legittimo, ma legittimario; se  il  figlio
adottivo non puo' o non  vuole  ereditare  dall'adottante,  opera  la
rappresentazione  a  beneficio  dei  suoi   discendenti;   l'adozione
determina l'automatica revoca del testamento dell'adottante;  sorgono
fra adottato e adottante reciproci  obblighi  alimentari;  il  figlio
adottivo e' ricompreso nell'«ambito della famiglia» di  cui  all'art.
1023 cod. civ.; i vincoli parentali  rilevano  ai  fini  dei  divieti
matrimoniali. 
    E ancora, se  e'  vero  che  lo  status  e'  appartenenza  a  una
comunita', non puo' tacersi che il legislatore, ancor  prima  che  la
novella di riforma dell'art. 74  cod.  civ.  alludesse  al  possibile
sorgere di rapporti familiari, ha palesato, con l'art. 57,  comma  2,
della legge n. 184 del 1983, che l'adozione di  un  minore  non  puo'
prescindere  dal  suo  inserimento  in  un  contesto  familiare.  Nel
decidere  sull'adozione  in  casi  particolari,   il   giudice   deve
verificare non soltanto «l'idoneita'  affettiva  e  la  capacita'  di
educare e istruire  il  minore»  dell'adottante,  ma  anche  valutare
«l'ambiente familiare degli adottanti». 
    8.2.- Il quadro  normativo  richiamato  palesa,  dunque,  che  il
minore adottato ha lo status di figlio e nondimeno  si  vede  privato
del  riconoscimento  giuridico  della  sua  appartenenza  proprio   a
quell'ambiente familiare, che il giudice e' chiamato, per legge (art.
57, comma 2, della legge n. 184 del 1983), a  valutare,  al  fine  di
deliberare in merito all'adozione. Ne consegue che, a dispetto  della
unificazione dello status di figlio, al solo minore adottato in  casi
particolari vengono negati i legami parentali  con  la  famiglia  del
genitore adottivo. 
    Irragionevolmente un profilo cosi' rilevante per  la  crescita  e
per la stabilita' di un bambino viene regolato con la  disciplina  di
un istituto, qual e' l'adozione  del  maggiore  d'eta',  plasmato  su
esigenze prettamente patrimoniali e successorie. 
    La norma censurata priva, in tal modo, il minore  della  rete  di
tutele  personali  e  patrimoniali  scaturenti   dal   riconoscimento
giuridico dei legami parentali,  che  il  legislatore  della  riforma
della filiazione, in attuazione degli artt. 3,  30  e  31  Cost.,  ha
voluto garantire a tutti i figli a  parita'  di  condizioni,  perche'
tutti i minori possano crescere in un ambiente solido e  protetto  da
vincoli familiari, a partire da quelli piu' vicini, con i fratelli  e
con i nonni. 
    Al   contempo,   la   disciplina   censurata   lede   il   minore
nell'identita'  che   gli   deriva   dall'inserimento   nell'ambiente
familiare del genitore adottivo e, dunque, dall'appartenenza a quella
nuova rete di relazioni, che di fatto vanno a  costruire  stabilmente
la sua identita'. 
    8.3.- La connotazione discriminatoria della norma  censurata  non
puo', d'altro canto,  reputarsi  superata  adducendo,  quale  ragione
giustificativa della diversita' di trattamento del minore adottato in
casi particolari, la circostanza  che  tale  adozione  non  recide  i
legami con la famiglia d'origine. 
    In realta', l'aggiunta  dei  legami  familiari  accomunati  dallo
stipite, da cui deriva il  genitore  adottivo,  a  quelli  accomunati
dallo stipite, da cui discende il genitore biologico, non e'  che  la
naturale conseguenza di un tipo di  adozione  che  puo'  pronunciarsi
anche in presenza dei genitori  biologici  e  che  vede,  dunque,  il
genitore  adottivo,  che  esercita  la  responsabilita'  genitoriale,
affiancarsi a quello biologico. 
    Come sottolinea la piu' recente giurisprudenza  di  legittimita',
«l'adozione in casi particolari ex art. 44 l. adoz. crea  un  vincolo
di filiazione giuridica che si sovrappone a  quello  di  sangue,  non
estinguendo il  rapporto  con  la  famiglia  di  origine»  (Corte  di
cassazione, sezione prima civile,  ordinanza  22  novembre  2021,  n.
35840; Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 13  maggio
2020, n. 8847). 
    Deve, allora, ritenersi che, se l'unicita' dello status di figlio
si spiega dove serve a evitare il contrasto fra due  diverse  verita'
(art. 253 cod. civ.), viceversa, quando e' lo stesso  legislatore  ad
affiancare al genitore biologico il genitore adottivo e a sovrapporre
due vincoli di filiazione, l'unicita' della famiglia si tramuta in un
dogma, che tradisce il retaggio di una logica di appartenenza in  via
esclusiva. 
    Sennonche' l'idea per cui si possa avere una sola famiglia appare
smentita  proprio  dalla  riforma  della  filiazione  e  da  come  il
principio di eguaglianza si e' riverberato sullo status  filiationis.
Il figlio nato fuori dal matrimonio ha, infatti, a  ben  vedere,  due
distinte famiglie giuridicamente tra di loro non comunicanti. 
    Occorre, poi, ulteriormente precisare che la disciplina censurata
non trova alcuna giustificazione nell'assunto di evitare una distonia
nell'avere una famiglia adottiva, oltre a quella d'origine. 
    Tale  motivazione  e',  invero,  contraddetta  dall'esigenza   di
proteggere l'identita' del minore, che e' quella di  un  bambino  che
vive in un nuovo nucleo familiare, anche se talora continua ad  avere
dei rapporti con  i  parenti  d'origine  o  con  lo  stesso  genitore
biologico. L'identita' stessa del  bambino  e'  connotata  da  questa
doppia appartenenza, e disconoscere i  legami  che  scaturiscono  dal
vincolo adottivo, quasi fossero compensati dai rapporti familiari  di
sangue, equivale a disconoscere tale  identita'  e,  dunque,  non  e'
conforme ai principi costituzionali. 
    Del resto,  proprio  l'esigenza  di  rispettare  l'identita'  del
minore spiega la necessita' di riconoscere i nuovi legami  familiari,
anche nel caso in cui il  bambino  orfano  venga  adottato  dai  suoi
stessi parenti. 
    L'adozione  gia'  oggi   incide   giuridicamente   sul   rapporto
dell'adottante con il minore, sicche' nel caso in cui, ad esempio, la
zia adotta il nipote, al suo precedente ruolo si sovrappone quello di
madre adottiva, con tutti gli effetti giuridici  che  ne  conseguono.
Non si comprende, allora, perche' questo non debba coinvolgere  anche
gli altri componenti del nucleo familiare. 
    Ma, soprattutto, se si ripercorre la casistica  che  da'  accesso
all'adozione in casi particolari  ci  si  avvede  che  si  tratta  di
situazioni che richiedono di potenziare le  tutele  e  non  certo  di
ridurle.  Vengono  in  considerazione  minori  orfani  o  orfani  con
disabilita', che  sono  adottati  da  terzi  quando  non  vi  sia  la
disponibilita' dei parenti (art. 44, comma 1, lettere a e c);  minori
abbandonati (e dunque senza una famiglia che si prenda cura di loro),
ma  non  adottabili  (art.  44,   comma   1,   lettere   d);   minori
semi-abbandonati, con  genitori  e  famiglie  inidonei  ad  occuparsi
adeguatamente di loro (art. 44,  comma  1,  lettera  d);  minori  che
vivono in un nuovo nucleo familiare (art. 44, comma  1,  lettera  b);
minori che hanno un solo genitore (art. 44, comma 1, lettera d). 
    Si tratta, in sostanza, di bambini o ragazzi per i quali la nuova
rete di  rapporti  familiari  non  e'  certo  un  privilegio,  quanto
piuttosto costituisce,  oltre  che  un  consolidamento  della  tutela
rispetto   a   situazioni   peculiari   e   delicate,   il   doveroso
riconoscimento  giuridico  di  relazioni,  che  hanno  una   notevole
incidenza sulla crescita e sulla formazione di tali minori e che  non
possono essere  negate,  se  non  a  costo  di  incidere  sulla  loro
identita'. 
    9.- Evidenziate le ragioni del contrasto con gli artt.  3  e  31,
secondo comma, Cost., la norma censurata palesa una violazione  anche
dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, come
interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. 
    La Corte EDU, oltre  ad  aver  interpretato  in  senso  ampio  il
concetto di vita familiare, di cui all'art. 8 CEDU,  includendovi  le
relazioni adottive che devono creare vincoli non  diversi  da  quelli
biologici    (Corte    EDU,    sentenza,    28     novembre     2011,
Negrepontis-Giannisis contro Grecia; sentenza 15 dicembre 2004,  Plau
e Puncernau contro Andorra; sentenza 13 giugno  1979,  Marckx  contro
Belgio), ha anche precisato - in una  risalente  e  storica  sentenza
relativa a una disciplina, che consentiva alla madre non coniugata di
creare un legame con la figlia "illegittima" solo tramite  l'adozione
semplice  -  che   simile   istituto   determinava   una   violazione
dell'obbligo positivo a garantire la vita  familiare.  Tale  adozione
era, infatti, inidonea a far sorgere legami parentali, che -  secondo
la Corte EDU - rappresentano  «una  parte  considerevole  della  vita
familiare» (Corte EDU sentenza 13 giugno 1979, Marckx contro  Belgio,
paragrafo 45, secondo cui «[i]n the Court's  opinion,  "family  life"
within the meaning of  Article  8  includes  the  ties  between  near
relatives, for instance those between grandparents and grandchildren,
since such relatives may play a considerable  part  in  family  life.
"Respect" for a family life so understood implies an  obligation  for
the State to act in a  manner  calculated  to  allow  these  ties  to
develop normally»). 
    Al contempo, la Corte EDU ha messo in  luce  come  la  filiazione
riguardi un profilo basilare dell'identita' stessa del minore, il che
attrae tale concetto nella nozione di vita privata e familiare (Corte
EDU, sentenza 26 settembre 2014, Mennesson contro Francia,  paragrafi
96-101;  sentenza  26  settembre  2014,  Labassee   contro   Francia,
paragrafi 75-80). 
    Di recente, poi,  la  Corte  EDU  e'  intervenuta  con  specifico
riferimento alla posizione dei minori nati a seguito del ricorso alla
tecnica della surrogazione di maternita' - la fattispecie oggetto del
giudizio a quo - e ha fornito, a riguardo,  una  duplice  indicazione
ermeneutica. 
    Da un lato, ha escluso che dall'art. 8 CEDU si possa inferire  un
diritto al  riconoscimento  dei  rapporti  di  filiazione  conseguiti
all'estero, facendo ricorso alla surrogazione  di  maternita',  e  ha
dato atto di un ampio margine di apprezzamento spettante  agli  Stati
membri in merito alla possibilita' di riconoscere  tali  rapporti  di
filiazione (Corte EDU, sentenza 18 agosto 2021, Valdis  Fjölnisdottir
e altri contro Islanda, paragrafi 66-70 e  75;  sentenza  24  gennaio
2017,  Paradiso  e  Campanelli  contro  Italia,  paragrafi   197-199;
sentenza Mennesson, paragrafo 74; sentenza Labassee, paragrafo 58). 
    Da un altro lato, ove emerga l'esigenza di  tutelare  l'interesse
del minore a preservare un legame  che  de  facto  si  sia  venuto  a
consolidare  con  il  genitore  d'intenzione,   la   Corte   EDU   ha
sottolineato che, in tal caso, debba essere riconosciuto un  rapporto
di filiazione anche a tutela della stessa identita' del minore (Corte
EDU, sentenza  Mennesson,  paragrafi  80,  87  e  seguenti;  sentenza
Labassee, paragrafi  75-80;  nonche',  sulle  circostanze  che  fanno
emergere l'interesse del minore da preservare, si veda anche sentenza
Paradiso e Campanelli, paragrafo 148). 
    A fronte di tale interesse, la Corte EDU ha poi precisato che gli
Stati membri, pur restando  liberi  di  individuare  l'istituto  piu'
consono a garantire la tutela del minore, nel  bilanciamento  con  le
varie esigenze implicate, incontrano  nondimeno  un  limite  al  loro
margine di apprezzamento nella «condizione che le modalita'  previste
dal diritto interno garantiscano l'effettivita' e la celerita'  della
sua  messa  in  opera,  conformemente  all'interesse  superiore   del
bambino» (sentenza di questa Corte n. 33 del 2021,  che  richiama  il
paragrafo 51, della sentenza della Corte  EDU,  16  luglio  2020,  D.
contro Francia; in senso conforme si vedano  anche  la  decisione  12
dicembre 2019, C. ed E. contro Francia, paragrafo 42,  nonche'  Corte
EDU, grande camera, parere consultivo 9 aprile  2019,  paragrafo  54,
reso ai sensi del Protocollo n. 16, non ratificato dall'Italia). 
    Ebbene, poiche' il riconoscimento al minore di  legami  familiari
con i parenti del genitore, in  conseguenza  dell'acquisizione  dello
stato di figlio, riveste - come si e' sopra evidenziato  (Corte  EDU,
sentenza Marckx, paragrafo 45) - un significato pregnante e rilevante
nella nozione di "vita familiare" e va a comporre la stessa identita'
del bambino (sentenza Mennesson, paragrafi 96-101; sentenza Labassee,
paragrafi 75-80), si deve ritenere che la norma censurata,  ponendosi
in contrasto con l'art. 8 CEDU, violi gli obblighi internazionali  di
cui all'art. 117, primo comma, Cost. 
    La declaratoria di illegittimita' costituzionale rimuove, dunque,
un ostacolo all'effettivita' della tutela  offerta  dall'adozione  in
casi particolari (Corte EDU, sentenza D.  contro  Francia,  paragrafo
51; decisione C. ed E.  contro  Francia,  paragrafo  42;  nonche'  il
parere del 9 aprile 2019, paragrafo 54) e consente a  tale  istituto,
la cui disciplina tiene in equilibrio  molteplici  istanze  implicate
nella  complessa  vicenda,  di   garantire   una   piena   protezione
all'interesse del minore. 
    10.- In conclusione, l'art. 55 della legge n. 184 del 1983, nella
parte in cui esclude, attraverso  il  rinvio  all'art.  300,  secondo
comma, cod. civ., l'instaurarsi di  rapporti  civili  tra  il  minore
adottato in casi particolari e i parenti  dell'adottante,  viola  gli
artt. 3, 31, secondo comma, e 117, primo comma,  Cost.,  quest'ultimo
in relazione all'art. 8 CEDU. 
    La rimozione della disposizione censurata nel suo rinvio all'art.
300, secondo comma, cod. civ non richiede coordinamenti  sistematici,
poiche', con riferimento alle relazioni parentali, e' l'art. 74  cod.
civ., come novellato nel 2012, che svolge tale precipua funzione. 
    La declaratoria di parziale illegittimita' costituzionale non  fa
che rimuovere l'ostacolo legislativo  che  impediva  di  riferire  il
richiamo al figlio adottivo, di cui all'art. 74 cod. civ., al  minore
adottato in casi particolari. 
    Tale esito consente, pertanto, l'espansione dei legami  parentali
tra il figlio adottivo e  i  familiari  del  genitore  adottante  che
condividono il medesimo stipite, mantenendo - grazie alla definizione
adamantina dell'art. 74 cod. civ. -  la  distinzione  fra  i  parenti
della linea adottiva e quelli della linea biologica. 
    La chiarezza del meccanismo  disegnato  dall'art.  74  cod.  civ.
permette, di riflesso, di applicare, in maniera del tutto lineare, le
conseguenze  e  gli  effetti  giuridici  che  nel  sistema  normativo
discendono dalla sussistenza dei legami familiari,  sicche'  potranno
applicarsi  al  figlio  adottivo  tutte  le  norme  che  hanno  quale
presupposto l'esistenza di rapporti civili fra l'adottato e i parenti
dell'adottante. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge
4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore  ad  una  famiglia),  nella
parte in cui, mediante rinvio all'art. 300, secondo comma, del codice
civile, prevede che l'adozione in casi particolari non  induce  alcun
rapporto civile tra l'adottato e i parenti dell'adottante. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                   Emanuela NAVARRETTA, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA