N. 104 SENTENZA 23 febbraio - 22 aprile 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza e assistenza - Gestione separata dell'INPS  -  Obbligo  di
  iscrizione per i professionisti che, pur svolgendo attivita' il cui
  esercizio comporta l'iscrizione ad appositi albi  od  elenchi,  non
  sono  pero'  iscritti,  per  ragioni  reddituali,  alla  cassa   di
  previdenza professionale (nel caso di specie: avvocati  del  libero
  foro non iscritti alla Cassa di previdenza  forense)  -  Denunciata
  irragionevolezza - Non fondatezza della questione. 
Previdenza e assistenza - Gestione separata dell'INPS  -  Obbligo  di
  iscrizione per i professionisti che, pur svolgendo attivita' il cui
  esercizio comporta l'iscrizione ad appositi albi  od  elenchi,  non
  sono  pero'  iscritti,  per  ragioni  reddituali,  alla  cassa   di
  previdenza professionale (nel caso di specie: avvocati  del  libero
  foro non iscritti alla  Cassa  di  previdenza  forense)  -  Effetto
  retroattivo dell'obbligo, stabilito con  norma  di  interpretazione
  autentica, in difformita'  all'orientamento  giurisprudenziale  nel
  frattempo affermatosi - Esonero dal pagamento delle sanzioni civili
  per gli inadempienti nel periodo anteriore alla vigenza della norma
  interpretativa -  Omessa  previsione  -  Violazione  del  legittimo
  affidamento - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma  26,  come  interpretato
  dall'art. 18, comma 12, del decreto-legge 6  luglio  2011,  n.  98,
  convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n.  111;
  decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 18, comma 12. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.17 del 27-4-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma
26,  della  legge  8  agosto  1995,  n.  335  (Riforma  del   sistema
pensionistico  obbligatorio  e  complementare),   come   interpretato
dall'art. 18, comma 12,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio  2011,  n.  111,
promosso dal Tribunale ordinario di Catania, in funzione  di  Giudice
del lavoro, nel procedimento vertente tra G. L.  D.  M.  e  V.  A.  e
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS),  con  ordinanza
del 2 febbraio 2021, iscritta al n. 86 del registro ordinanze 2021  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  24,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti l'atto di  costituzione  dell'INPS,  nonche'  gli  atti  di
intervento  di  N.  A.  ed  altri,  dell'Associazione  del  sindacato
italiano degli ingegneri e architetti liberi  professionisti  nonche'
dipendenti - INAREDIS e del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2022  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    uditi gli avvocati Ilaria Gadaleta  per  N.  A.  e  altri,  Lelio
Maritato per l'INPS e l'avvocato dello Stato Federica Varrone per  il
Presidente del Consiglio dei ministri, quest'ultima  in  collegamento
da remoto, ai sensi del punto 1) del  decreto  del  Presidente  della
Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 febbraio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 febbraio 2021 (r. o. n. 86 del 2021),  il
Tribunale ordinario di Catania, in funzione di Giudice del lavoro, ha
sollevato, in termini  gradatamente  sequenziali,  due  questioni  di
costituzionalita'. 
    In via principale, ha sollevato, in riferimento all'art. 3  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,
comma 26, della legge 8 agosto 1995,  n.  335  (Riforma  del  sistema
pensionistico  obbligatorio  e  complementare),   come   interpretato
dall'art. 18, comma 12,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio  2011,  n.  111,
nella parte in cui prevede  l'obbligo  di  iscrizione  alla  Gestione
separata dell'Istituto nazionale della previdenza  sociale  (INPS)  a
carico degli avvocati del libero foro  non  iscritti  alla  Cassa  di
previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito
o di volume di affari di cui all'art. 22  della  legge  20  settembre
1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense). 
    In via subordinata, ha sollevato, in riferimento agli artt.  3  e
117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art.  6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  ratificata
e resa esecutiva con legge  4  agosto  1955,  n.  848,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 12, del  d.l.  n.  98
del 2011, come  convertito,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che
l'obbligo di  iscrizione  alla  Gestione  separata,  a  carico  degli
avvocati del libero  foro  non  iscritti  alla  Cassa  di  previdenza
forense per mancato raggiungimento  delle  soglie  di  reddito  o  di
volume di affari di cui all'art. 22 della  legge  n.  576  del  1980,
decorra dalla data della sua entrata in vigore. 
    L'art. 2, comma 26, della legge n. 335  del  1995,  prevede,  con
decorrenza dal 1° gennaio 1996, l'obbligo di iscrizione alla Gestione
separata  costituita  presso  l'INPS,   «finalizzata   all'estensione
dell'assicurazione  generale  obbligatoria  per   l'invalidita',   la
vecchiaia e i superstiti»,  sia  dei  «soggetti  che  esercitano  per
professione abituale, ancorche' non esclusiva,  attivita'  di  lavoro
autonomo, di cui al comma 1 dell'articolo 49 del  testo  unico  delle
imposte sui redditi,  approvato  con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917», sia dei «titolari  di  rapporti
di collaborazione coordinata e  continuativa,  di  cui  al  comma  2,
lettera a), dell'articolo 49» predetto (dopo  la  riforma  del  2004:
art. 53). 
    L'art.  18,  comma  12,  del  d.l.  n.  98  del  2011   -   norma
dichiaratamente di interpretazione autentica del citato art. 2, comma
26, della legge n.  335  del  1995  -  dispone  che  quest'ultimo  si
interpreta nel senso che i soggetti che  esercitano  per  professione
abituale, ancorche' non  esclusiva,  attivita'  di  lavoro  autonomo,
tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS, «sono
esclusivamente i soggetti che svolgono attivita' il cui esercizio non
sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero
attivita' non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al
comma 11, in base ai rispettivi statuti ed ordinamenti». 
    Gli enti a cui la norma interpretativa  fa  riferimento  sono  le
casse, gli enti e gli istituti previdenziali gia'  istituiti  per  le
diverse categorie professionali, trasformati  in  persone  giuridiche
private dal decreto legislativo 30 giugno 1994,  n.  509  (Attuazione
della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre
1993, n. 537, in materia  di  trasformazione  in  persone  giuridiche
private di  enti  gestori  di  forme  obbligatorie  di  previdenza  e
assistenza), nonche' quelli successivamente costituiti ai  sensi  del
decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (Attuazione della delega
conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995,  n.  335,
in materia di tutela  previdenziale  obbligatoria  dei  soggetti  che
svolgono attivita' autonoma di  libera  professione),  di  attuazione
della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge n. 335  del
1995. 
    Il rimettente espone che le  norme  in  esame  sono  state  fatte
oggetto  da  parte   dell'INPS   di   un'interpretazione   estensiva,
affermatasi in sede amministrativa gia' prima  dell'emanazione  della
disposizione interpretativa, in base alla quale dovrebbero  ritenersi
obbligati ad iscriversi alla Gestione separata non  solo  i  soggetti
che  svolgono  abitualmente  attivita'  di  lavoro  autonomo  il  cui
esercizio  non  sia  subordinato  all'iscrizione  ad  appositi   albi
professionali, ma anche i soggetti che, pur  svolgendo  attivita'  il
cui esercizio sia subordinato a tale iscrizione, non hanno  tuttavia,
per  ragioni  reddituali,  l'obbligo  di  iscriversi  alla  cassa  di
previdenza professionale e restano quindi obbligati al versamento del
solo contributo cosiddetto integrativo (comportante  l'erogazione  di
prestazioni assistenziali di carattere mutualistico),  non  anche  di
quello cosiddetto soggettivo, a cui consegue la costituzione  di  una
vera e propria posizione previdenziale. 
    L'obbligo di iscrizione, inoltre, vi  sarebbe  non  soltanto  nei
casi di esercizio per professione abituale dell'attivita'  di  lavoro
autonomo (conformemente al disposto testuale di cui all'art. 2, comma
26, della legge n. 335 del 1995) ma, con decorrenza  dal  1°  gennaio
2004, anche nei casi di esercizio di  attivita'  di  lavoro  autonomo
occasionale, allorche' il reddito  annuo  da  essa  derivante  superi
l'importo di euro 5.000,00, ai  sensi  dell'art.  44,  comma  2,  del
decreto-legge 30 settembre 2003, n.  269  (Disposizioni  urgenti  per
favorire lo sviluppo e per la  correzione  dell'andamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  24  novembre
2003, n. 326. 
    Tra questi  ultimi  professionisti  rientrano  gli  avvocati  del
libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato
raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari  di  cui
all'art. 22 della legge n. 576 del 1980, per  i  quali  l'obbligo  di
iscrizione alla Gestione separata INPS sussisterebbe,  in  base  alla
interpretazione    surricordata,    in    relazione     all'attivita'
professionale svolta sino al 2 febbraio  2013,  data  di  entrata  in
vigore della  legge  31  dicembre  2012,  n.  247  (Nuova  disciplina
dell'ordinamento della professione forense). 
    Prima di questa nuova disciplina  -  che  ha  fissato  la  regola
secondo  cui  «[l]'iscrizione  agli  Albi  comporta  la   contestuale
iscrizione alla Cassa di previdenza e assistenza forense»  (art.  21,
comma 8) - il regime previdenziale  forense  era,  infatti,  regolato
dalla legge n. 576 del 1980, la quale aveva introdotto un sistema  in
cui l'iscrizione all'albo di avvocato e di procuratore non comportava
anche l'obbligo di iscriversi alla relativa cassa  previdenziale,  ma
soltanto il diverso  obbligo  di  versare  il  contributo  cosiddetto
integrativo (art. 11), che costituiva presupposto  per  l'ottenimento
di prestazioni assistenziali di carattere mutualistico (art.  9),  ma
non anche delle prestazioni previdenziali per vecchiaia,  anzianita',
inabilita' e invalidita' (artt. 2, 3, 4, 5 e 6), nonche' di quelle di
reversibilita'  e  indirette   dovute,   per   il   caso   di   morte
dell'assicurato, al coniuge e ai figli minorenni superstiti (art. 7). 
    L'obbligo di iscriversi  alla  Cassa  forense  sarebbe  scattato,
invece, soltanto quando l'esercizio  della  professione  fosse  stato
svolto con carattere di «continuita'» (art. 22, comma 1)  e  soltanto
al raggiungimento del «minimo di reddito» o del «minimo di volume  di
affari», di natura  professionale,  fissati,  ogni  quinquennio,  con
delibera del Comitato dei delegati «per l'accertamento dell'esercizio
continuativo della professione» (art. 22, commi 2 e 3). 
    All'iscrizione  alla  Cassa  forense  sarebbe   stato   collegato
l'obbligo di pagamento  del  contributo  cosiddetto  soggettivo,  cui
sarebbe conseguita la costituzione della posizione previdenziale e il
diritto alle relative prestazioni per l'invalidita', la vecchiaia e i
superstiti (art. 10). 
    Il giudice  a  quo  riferisce  che,  sulla  base  della  predetta
interpretazione estensiva della portata dell'art. 2, comma 26,  della
legge n.  335  del  1995,  l'INPS,  nell'ambito  di  un'attivita'  di
accertamento denominata "Operazione  Poseidone",  iniziata  nel  2009
(dunque gia' prima dell'emanazione della norma interpretativa di  cui
all'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98  del  2011),  ha  proceduto  ad
iscrivere d'ufficio alla Gestione separata,  con  decorrenza  dal  1°
gennaio 2004, i professionisti, che, pur  essendo  iscritti  all'albo
professionale e versando il contributo  cosiddetto  integrativo,  non
erano tuttavia iscritti alla Cassa previdenziale  di  categoria  (ne'
erano tenuti ad iscriversi, in  ragione  del  mancato  raggiungimento
delle soglie di reddito o di volume di affari periodicamente  fissate
per l'accertamento dell'esercizio continuativo della  professione)  e
non versavano, pertanto, il contributo cosiddetto soggettivo. 
    L'ordinanza di rimessione e' stata emessa in un giudizio  in  cui
sono state riunite le cause separatamente introdotte da due  avvocati
del libero foro che si trovavano  nelle  dette  condizioni,  i  quali
avevano ricevuto dall'INPS intimazioni  di  pagamento  di  contributi
dovuti alla Gestione separata in ragione  del  reddito  da  attivita'
professionale maturato nell'anno 2010. 
    Precisamente, l'avvocato G. L. D. M. ha impugnato l'avviso del 22
giugno 2016, con cui  l'INPS  le  aveva  richiesto  il  pagamento  di
complessivi  euro  1.920,70  (di  cui  euro  1.098,46  a  titolo   di
contributi ed euro 822,24 a  titolo  di  sanzioni),  in  ragione  del
reddito   imponibile   di   euro   4.111,00   tratto   dall'attivita'
professionale nell'anno 2010. 
    L'avvocato V. A., a  sua  volta,  ha  impugnato  l'avviso  del  4
dicembre 2019 con cui l'INPS gli aveva richiesto il  pagamento  della
somma di euro 2.743,35 (di cui euro 1.511,00 a titolo  di  contributi
ed euro 1131,06  a  titolo  di  sanzioni),  in  ragione  del  reddito
imponibile  di  euro  5.655,00  tratto  dall'attivita'  professionale
nell'anno 2010. 
    Le domande proposte nel giudizio a quo sono, dunque,  domande  di
accertamento  negativo  dell'obbligo  di  iscrizione  alla   Gestione
separata INPS e della conseguente obbligazione di versare i  relativi
contributi. 
    Il rimettente espone  che  i  due  ricorrenti,  dopo  aver  posto
questioni  di  carattere  pregiudiziale  e  preliminare  (concernenti
l'illegittimita' formale degli avvisi ricevuti,  l'invalidita'  della
loro  notificazione,  il  decorso  del  termine  di   decadenza   per
l'iscrizione a ruolo dei  vantati  crediti  contributivi  e  la  loro
prescrizione), hanno dedotto, nel merito,  l'insussistenza  del  loro
obbligo di iscriversi alla Gestione separata  INPS,  sul  presupposto
che tale obbligo, alla luce dell'art. 18, comma 12, del  d.l.  n.  98
del 2011, recante l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma  26,
della legge n. 335 del 1995, dovrebbe reputarsi sussistente  soltanto
a carico dei professionisti che svolgono  abitualmente  attivita'  di
lavoro autonomo il cui esercizio non sia  subordinato  all'iscrizione
ad appositi albi, mentre essi, al contrario, pur  essendo  esonerati,
per  ragioni  reddituali,  dall'obbligo  di  iscrizione  alla   Cassa
forense, nondimeno erano iscritti all'albo degli avvocati ed erano in
regola con il  pagamento  del  contributo  cosiddetto  integrativo  a
favore della Cassa medesima. 
    L'INPS,  costituitosi  in  entrambi  i  giudizi   successivamente
riuniti, ha  resistito  alle  domande,  invocando  altresi',  in  via
riconvenzionale, previo accertamento della  legittimita'  degli  atti
impugnati, la condanna dei due ricorrenti al pagamento delle somme in
essi individuate. 
    Il giudice a quo riferisce che l'istituto - dopo  aver  eccepito,
in via pregiudiziale e preliminare, il difetto di giurisdizione e  di
competenza del  tribunale  adito,  la  tardivita'  del  deposito  del
ricorso introduttivo ove qualificabile come opposizione a  ruolo,  la
nullita' o inesistenza della notificazione del ricorso medesimo e  la
mancanza della propria  legittimazione  passiva  -  ha  dedotto,  nel
merito, che la norma interpretativa introdotta con il d.l. n. 98  del
2011 avrebbe individuato con chiarezza le due categorie di lavoratori
autonomi  soggetti  all'iscrizione  alla  Gestione   separata:   essi
sarebbero, precisamente, sia i soggetti che svolgono attivita' il cui
esercizio non e' subordinato all'iscrizione in albi (e  che  pertanto
non hanno un ente categoriale  preposto  alla  realizzazione  di  una
copertura previdenziale) sia i soggetti che, pur svolgendo  attivita'
il cui esercizio e' subordinato alla predetta iscrizione,  non  siano
tuttavia tenuti al versamento dei contributi cosiddetti soggettivi ai
corrispondenti enti di previdenza. 
    In questa seconda categoria rientrerebbero i due  ricorrenti,  in
quanto professionisti regolarmente iscritti all'albo  degli  avvocati
ma non gravati, per ragioni reddituali,  dall'obbligo  di  iscrizione
alla relativa cassa di previdenza e dal conseguente  pagamento  della
contribuzione soggettiva. 
    Tanto  evidenziato,  il  rimettente  ritiene  che  la  disciplina
legislativa della Gestione separata istituita presso l'INPS, invocata
da entrambe le parti sostanziali del giudizio a quo sulla base di due
interpretazioni reciprocamente  contrastanti,  non  si  sottragga  al
sospetto di illegittimita' costituzionale. 
    Questo  sospetto  riguarderebbe  in  primo  luogo   (e   in   via
principale) l'art. 2, comma 26, della legge n.  335  del  1995,  come
interpretato dall'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del  2011,  nella
parte in cui prevede l'obbligo di iscrizione alla  suddetta  Gestione
separata per gli avvocati del libero foro non obbligati ad iscriversi
alla Cassa di previdenza forense  per  mancato  raggiungimento  delle
previste soglie reddituali o di volume d'affari; in secondo luogo  (e
in via  subordinata),  il  dubbio  di  illegittimita'  costituzionale
concernerebbe soltanto l'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del  2011,
nella parte in cui non prevede che il predetto obbligo decorra  dalla
data della sua entrata in vigore. 
    Il giudice a quo, dopo aver posto in evidenza  l'inammissibilita'
o l'infondatezza di  tutte  le  questioni  pregiudiziali  di  rito  e
preliminari di merito sollevate tanto dai  professionisti  ricorrenti
quanto dall'Istituto resistente, rileva che tra le  due  contrapposte
interpretazioni, restrittiva ed estensiva, della norma costituita dal
combinato  disposto  tra  la  disposizione  interpretata   e   quella
interpretativa, e' prevalsa e si e' consolidata nella  giurisprudenza
lavoristica di legittimita' quella estensiva,  favorevole  alla  tesi
dell'INPS, secondo cui l'obbligo di iscrizione, con decorrenza dal 1°
gennaio 1996, graverebbe  non  solo  sui  soggetti  che,  in  ragione
dell'attivita'  esercitata,  non  devono  iscriversi   ad   un   albo
professionale, ma anche su quelli che, pur dovendo iscriversi  ad  un
albo, non  hanno  il  contestuale  obbligo  (o,  come  nel  caso  dei
professionisti titolari di rapporto di  pubblico  impiego,  subiscono
persino  il  divieto)  di  iscriversi  alla  cassa  previdenziale  di
riferimento, sempre che, naturalmente, l'attivita' sia esercitata  in
via abituale o, se  occasionale,  abbia  prodotto  un  reddito  annuo
superiore ad euro 5.000,00 (in quest'ultimo  caso  l'obbligo  decorre
dal 1° gennaio 2004, conformemente al disposto dell'art. 44, comma 2,
del d.l. n. 269 del 2003). 
    Il giudice  a  quo  ricorda  come  la  Corte  di  cassazione  sia
intervenuta sul tema a piu' riprese, a partire dal 2017, dapprima con
riguardo alle categorie degli ingegneri e degli  architetti  titolari
di rapporto di impiego  (cui  e'  preclusa  l'iscrizione  alla  cassa
previdenziale categoriale), poi con riguardo agli  avvocati  iscritti
in altri enti di previdenza, infine con riguardo  agli  avvocati  del
libero foro non iscritti ad alcun ente previdenziale. 
    Il  rimettente  osserva  che  il  giudice   della   nomofilachia,
nell'enunciare la regula iuris secondo la  quale  l'unico  versamento
contributivo  rilevante  ai  fini  dell'esclusione  dell'obbligo   di
iscrizione alla Gestione separata di cui all'art. 2, comma 26,  della
legge n. 335 del 1995,  sarebbe  quello  -  cosiddetto  soggettivo  -
correlato  all'obbligo  di  iscriversi  alla  propria   gestione   di
categoria e suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo
una  correlata  posizione  previdenziale,  ne   ha   individuato   il
fondamento  nel  «principio  di  universalizzazione  della  copertura
assicurativa» desumibile dagli artt. 35 e 38 Cost.,  in  ragione  del
quale ad ogni attivita'  lavorativa,  subordinata  o  autonoma,  deve
necessariamente collegarsi un'effettiva tutela previdenziale.  Questo
fondamento escluderebbe, pertanto, la rilevanza, ai fini dell'esonero
dall'obbligo di iscrizione alla  Gestione  separata,  del  versamento
della mera contribuzione integrativa, la  quale  non  attribuisce  al
lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia,
dell'invalidita' e della morte. 
    L'univocita' dell'interpretazione prevalsa  nella  giurisprudenza
lavoristica di legittimita' (vengono citate le pronunce  della  Corte
di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 12 dicembre  2018,  n.
32167; sezione lavoro, sentenza 17 dicembre 2018, n.  32608;  sezione
sesta civile, ordinanze 11 gennaio 2019, 509; 10 gennaio 2020, n. 317
e n. 318; 17 gennaio 2020, n. 1000 e n.  26021)  vanificherebbe  ogni
tentativo di accedere ad una diversa esegesi  delle  disposizioni  in
esame, mentre il consolidamento della predetta interpretazione in una
regola di diritto vivente aprirebbe  la  strada  al  sindacato  della
legittimita' costituzionale della regola medesima. 
    2.- Cio' posto,  il  rimettente  evidenzia  come  le  prospettate
questioni di costituzionalita' appaiano rilevanti nel giudizio a quo. 
    Ove, infatti, la disciplina recata dall'art. 2, comma  26,  della
legge n. 335 del 1995, come interpretato dall'art. 18, comma 12,  del
d.l. n. 98  del  2011,  secondo  l'interpretazione  giudiziale  ormai
consolidata in una situazione di diritto vivente,  dovesse  ritenersi
legittima, le domande  proposte  dai  due  professionisti  dovrebbero
essere  rigettate  in  applicazione  della  stessa,  trattandosi   di
avvocati del libero foro che nel 2010 (anno a cui  si  riferiscono  i
redditi tratti dall'attivita' professionale oggetto dell'accertamento
compiuto  dall'INPS)  erano  iscritti  all'albo  ma  non  alla  Cassa
previdenziale forense ed erano, pertanto, bensi' tenuti al versamento
del contributo integrativo, ma non  anche  al  versamento  di  quello
soggettivo, restando privi della correlata tutela previdenziale. 
    Il rimettente sottolinea, al riguardo, come sia incontroverso tra
le  parti  che  i  due  ricorrenti   hanno   esercitato   l'attivita'
professionale in forma  abituale,  sicche'  l'obbligo  di  iscrizione
presso la Gestione separata INPS dovrebbe essere accertato  non  solo
nei confronti dell'avvocato V. A., che nell'anno di riferimento aveva
tratto dalla sua attivita'  professionale  un  reddito  superiore  ai
5.000,00 euro, ma anche nei confronti dell'avvocato G. L. D. M.,  che
nello stesso anno aveva tratto dalla medesima attivita' un reddito di
poco superiore  ai  4.000,00  euro:  il  limite  reddituale  indicato
nell'art. 44, comma 2, del d.l. n. 269 del 2003,  non  costituirebbe,
infatti,  quello  oltre  il  quale  deve  ritenersi  sussistente   il
requisito dell'abitualita' (che  costituisce  invece  oggetto  di  un
accertamento di fatto desumibile dalle  modalita'  di  organizzazione
dell'esercizio dell'attivita' professionale e che  nella  fattispecie
risulterebbe,  comunque,  pacifico  tra  le  parti),  ma   servirebbe
soltanto ad  indicare  il  momento  a  partire  dal  quale  anche  il
lavoratore  occasionale  e'  tenuto  ad  iscriversi   alla   Gestione
separata. 
    Al contrario, ove le  questioni  di  costituzionalita'  dovessero
ritenersi  fondate,  le  domande  proposte  dai  due   professionisti
dovrebbero essere accolte, accertandosi l'insussistenza  del  credito
contributivo vantato dall'INPS  nei  loro  confronti:  l'accoglimento
della   questione   di   costituzionalita'    principale,    infatti,
comporterebbe  la  definitiva   espunzione   dall'ordinamento   della
disciplina sulla Gestione separata, cosicche' il regime previdenziale
applicabile ai ricorrenti, con riguardo  all'attivita'  professionale
svolta e  ai  redditi  prodotti  nell'anno  2010,  resterebbe  quello
stabilito  dalla  lex  specialis  di  categoria  applicabile  ratione
temporis, vale a dire la legge n. 576 del 1980; l'accoglimento  delle
questioni di costituzionalita' subordinata,  invece,  comportando  la
declaratoria di illegittimita' dell'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98
del 2011, nella parte in cui  esplica  effetti  retroattivi,  farebbe
decorrere l'obbligo di iscrizione nella Gestione separata dalla  data
della sua entrata in vigore, dovendosi, per  conseguenza,  nuovamente
escludere la sussistenza dell'obbligazione contributiva fatta  valere
dall'INPS con riguardo ai redditi tratti dall'attivita' professionale
esercitata nell'anno 2010. 
    3.-  Oltre  che   rilevanti,   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale sarebbero, altresi', non manifestamente infondate. 
    In primo luogo (con specifico riguardo alla  questione  sollevata
in via principale), sussisterebbe il dubbio che l'art  2,  comma  26,
della legge n. 335 del 1995, come interpretato  dall'art.  18,  comma
12, del d.l. n. 98 del 2011, nella parte in cui prevede l'obbligo  di
iscrizione alla Gestione separata dell'INPS a carico  degli  avvocati
del libero foro non iscritti alla Cassa  di  previdenza  forense  per
mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di  affari
di cui all'art. 22 della legge n. 576 del 1980, si ponga in contrasto
con l'art. 3 Cost., per i «profili di irragionevolezza,  illogicita',
incoerenza che esso provoca nel sistema normativo». 
    3.1.- Il rimettente espone che la speciale disciplina del sistema
di previdenza forense applicabile ratione temporis, introdotta con la
legge n. 576  del  1980,  realizza  una  graduazione  degli  obblighi
contributivi  degli  avvocati,  prevedendo  che   solo   quelli   che
raggiungono determinate soglie di reddito o di volume di affari (art.
22) abbiano l'obbligo di iscriversi alla  cassa  previdenziale  e  il
correlativo obbligo di pagare il  contributo  soggettivo  (art.  10),
mentre coloro che non raggiungono le  dette  soglie  sono  tenuti  al
pagamento del solo  contributo  integrativo  (art.  11),  ma  non  ad
iscriversi alla Cassa, pur essendo loro  attribuita  la  facolta'  di
determinarsi in tal senso, formulando apposita domanda di iscrizione. 
    Si  tratterebbe  di  un  sistema   perfettamente   coerente   con
l'autonomia regolamentare riconosciuta dal legislatore alla cassa  di
previdenza  professionale,  cui  sarebbe  demandato  il  compito   di
individuare i criteri in forza  dei  quali  assoggettare  l'attivita'
forense agli obblighi di iscrizione e  contribuzione  e  dimensionare
gli stessi secondo  le  finalita'  solidaristico-mutualistiche  della
Cassa medesima. 
    In relazione a questo sistema, l'art. 2, comma 26, della legge n.
335 del 1995, come interpretato dall'art. 18, comma 12, del  d.l.  n.
98 del  2011,  introdurrebbe  un  elemento  di  oggettiva  incoerenza
normativa, che renderebbe la norma  illogica,  irrazionale  e  dunque
irragionevole, in riferimento all'art. 3 Cost. 
    Per un verso, spezzando la graduazione  degli  obblighi  prevista
dalla  lex  specialis,  determinerebbe  l'attivazione  a  carico  del
professionista  di  ulteriori  oneri  previdenziali  cui   seguirebbe
l'obbligo di pagare contributi parametrati al  reddito  con  ritenute
piu' esose rispetto a quelle previste dall'art. 10 della legge n. 576
del 1980; per altro verso, violando l'autonomia  regolamentare  della
Cassa, comporterebbe,  a  carico  del  professionista,  l'obbligo  di
iscriversi in un separato ente previdenziale (non avente la finalita'
di assicurare una tutela assicurativa alla categoria degli  avvocati)
proprio quando e nella  misura  in  cui  il  suo  stesso  ordinamento
previdenziale di  riferimento,  in  base  a  disposizioni  di  legge,
esclude un tale obbligo nei confronti della cassa di categoria. 
    3.2.-  La   norma   di   cui   e'   sospettata   l'illegittimita'
costituzionale determinerebbe, inoltre, l'irragionevole disgregazione
del regime previdenziale dell'avvocato che non raggiunge le soglie di
cui all'art. 22 della legge n.  576  del  1980,  dando  luogo  ad  un
farraginoso  frazionamento  degli  enti  a  cui  egli  e'  tenuto   a
rapportarsi per assolvere agli  oneri  previdenziali  collegati  allo
svolgimento  della  medesima  attivita'  professionale:   l'avvocato,
infatti, da un  lato  deve  rivolgersi  alla  Cassa  forense  per  il
pagamento del contributo integrativo di cui all'art. 11  della  legge
n. 576 del 1980; dall'altro lato, invece,  deve  rivolgersi  all'INPS
per   il   versamento   dei   contributi   dovuti   in    conseguenza
dell'iscrizione nella Gestione separata di cui all'art. 2, comma  26,
della legge n. 335 del 1995. 
    L'effetto di ripartizione della tutela previdenziale tra due enti
sarebbe irragionevole,  perche'  l'obbligo  di  contribuzione  deriva
dall'esercizio  di  un'unica  attivita'  professionale,  sicche'  non
sarebbe invocabile, a suo fondamento, il principio  della  necessaria
duplicita' di iscrizione, che trova invece applicazione nelle ipotesi
in cui il  predetto  obbligo  discenda  dall'esercizio  di  attivita'
distinte. 
    3.3.-  La  norma,  infine,  produrrebbe  un   ulteriore   effetto
irragionevole,  ponendo  l'avvocato  che  non  raggiunga  le   soglie
reddituali previste per l'iscrizione alla cassa  categoriale  in  una
condizione previdenziale irrazionalmente diversa e deteriore rispetto
a  quella   dell'avvocato   che   raggiunga   le   predette   soglie:
quest'ultimo, infatti, dovendo necessariamente iscriversi alla  Cassa
forense, fruirebbe delle prestazioni previdenziali  ivi  regolate  in
favore degli avvocati; il primo, invece, non solo non potrebbe fruire
di  tali  prestazioni  (atteso  che  la  contribuzione  versata  alla
Gestione  separata  INPS,  benche'  applicata  su  redditi  derivanti
dall'esercizio della professione, non verrebbe riversata  alla  Cassa
forense), ma verosimilmente non  potrebbe  fruire  neppure  di  utili
prestazioni alternative  a  carico  dalla  Gestione  separata,  avuto
riguardo all'esiguita' del gettito contributivo (agganciato a redditi
marginali rimanenti sotto le soglie di cui all'art. 22 della legge n.
576 del 1980) e all'esiguita'  del  periodo  contributivo  maturabile
presso la Gestione  medesima  (sostanzialmente  circoscritto  tra  il
periodo interessato dall'attivita' di accertamento svolta  dall'INPS,
nell'ambito della cosiddetta "Operazione  Poseidone",  e  il  momento
dell'entrata in vigore della nuova legge n. 247 del 2012). 
    Gli effetti, obiettivamente irragionevoli, della norma  censurata
non potrebbero trovare giustificazione, secondo  il  rimettente,  nel
richiamo al «principio di universalizzazione  delle  tutele»  di  cui
all'art. 38 Cost., giacche' esso assumerebbe rilevanza esclusivamente
nei confronti delle categorie che non  possono  avere  una  copertura
assicurativa a causa della insussistenza di un ente previdenziale  di
riferimento  ovvero  della  sussistenza   di   espresse   preclusioni
all'iscrizione presso lo stesso.  Tale  situazione  non  vi  sarebbe,
invece, per gli avvocati del libero foro, ai quali, anche quando  non
abbiano l'obbligo di iscriversi alla Cassa forense  (per  il  mancato
raggiungimento  delle  previste  soglie  reddituali),   tuttavia   e'
attribuita la  facolta'  di  ottenere  l'iscrizione  medesima,  cosi'
accedendo, a  domanda,  alla  piena  tutela  assicurativa  presso  il
proprio ente previdenziale di riferimento. 
    4.- Di non minore consistenza (venendo alla  questione  sollevata
in via subordinata) sarebbero secondo il giudice a  quo  i  dubbi  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 12, del d.l. n.  98
del 2011, nella parte in cui non prevede che l'obbligo degli avvocati
del libero foro (non iscritti alla cassa di  previdenza  forense  per
mancato raggiungimento delle soglie di cui all'art. 22 della legge n.
576 del 1980) di iscriversi alla Gestione separata  istituita  presso
l'INPS decorra dalla data della sua entrata in vigore. 
    Il rimettente sospetta che la disposizione introdotta  nel  2011,
con il dichiarato intento di interpretare quella contenuta  nell'art.
2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, nel prevedere  il  predetto
obbligo  di  iscrizione  alla  Gestione  separata  INPS  con  effetto
retroattivo, si ponga in contrasto con  gli  artt.  3  e  117,  primo
comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU. 
    4.1.- Il contrasto con l'art. 3 Cost. deriverebbe da cio' che  la
disposizione   censurata,   qualificantesi    come    interpretativa,
attribuirebbe,  in  realta',  un  significato  innovativo  a   quella
interpretata,   cosi'   non   solo   incorrendo    nel    vizio    di
irragionevolezza, ma, soprattutto, ledendo il  legittimo  affidamento
dei destinatari nella certezza delle situazioni giuridiche. 
    Il giudice a quo sostiene che nell'orientamento giurisprudenziale
formatosi prima dell'entrata in vigore dell'art. 18,  comma  12,  del
d.l.  n.  98  del  2011  sarebbe  prevalsa  la  tesi   interpretativa
restrittiva in ordine all'ambito soggettivo di applicazione dell'art.
2, comma 26, della legge n. 335 del 1995. 
    Secondo questo orientamento, infatti, i soggetti che, ai sensi di
questa norma, erano tenuti all'iscrizione presso l'apposita  Gestione
separata INPS,  in  quanto  esercitavano  per  professione  abituale,
ancorche' non esclusiva, attivita' di lavoro autonomo,  si  sarebbero
dovuti identificare esclusivamente  con  i  soggetti  che  svolgevano
attivita' per la  quale  non  fosse  prevista  l'iscrizione  in  albi
professionali, atteso che, invece, per i soggetti esercenti attivita'
il cui svolgimento fosse subordinato a tale iscrizione, la  copertura
assicurativa  avrebbe  dovuto  essere  realizzata  all'interno  della
categoria professionale di riferimento,  o  mediante  gli  enti  gia'
precedentemente istituiti (e oggetto del processo di  privatizzazione
regolato  dal  d.lgs.  n.  509   del   1994)   oppure   mediante   la
predisposizione,  da  parte  del  legislatore,  di  norme  volte   ad
assicurare la tutela previdenziale dei  professionisti  per  i  quali
esisteva un  ente  deputato  alla  tenuta  dell'albo,  ma  non  anche
un'apposita cassa di  previdenza  categoriale,  in  attuazione  della
delega contenuta nell'art. 2, comma 25, della legge n. 335  del  1995
(delega poi attuata con il d.lgs. n. 103 del 1996). 
    In proposito, il giudice a  quo  richiama  la  giurisprudenza  di
legittimita' formatasi tra il 2007 e il 2008 (in  particolare,  Corte
di cassazione, sezione lavoro, sentenze 16 febbraio 2007, n.  3622  e
22  maggio  2008,  n.  13218),  in  cui  si  sarebbe  affermato  tale
orientamento interpretativo. 
    La norma introdotta nel  2011,  nella  ricordata  interpretazione
estensiva datane dal giudice della nomofilachia a far tempo dal 2017,
consolidatasi in una situazione di diritto vivente, nell'ampliare  il
perimetro  soggettivo  dei  professionisti  obbligati  all'iscrizione
nella Gestione separata (non piu'  limitato  a  coloro  che  svolgono
attivita' per la quale non e' prevista l'iscrizione ad albi ma esteso
anche a coloro che, benche' iscritti all'albo professionale, non sono
tenuti, per ragioni reddituali, a versare  il  cosiddetto  contributo
soggettivo alla cassa previdenziale di riferimento) avrebbe,  dunque,
una portata innovativa dell'ordinamento giuridico,  giacche'  non  si
limiterebbe a chiarire il significato della norma interpretata, ma ne
estenderebbe  il  contenuto  precettivo  ad   una   fattispecie   che
precedentemente non vi era ricompresa. 
    Realizzando  tale  innovazione  con  effetto  retroattivo,  essa,
peraltro, lederebbe il legittimo  affidamento  riposto  dai  predetti
professionisti in ordine alla certezza  delle  situazioni  giuridiche
derivanti   dall'ordinamento   previdenziale   di   riferimento    e,
segnatamente, in quanto rilevante nel giudizio a quo, quello  riposto
degli avvocati del libero foro in ordine al  regime  previdenziale  e
contributivo delineato dalla disciplina di cui alla legge n. 576  del
1980. 
    Facendo affidamento sulla certezza  di  tale  regime,  per  nulla
scalfito dall'art. 2, comma 26, della legge n. 335  del  1995,  nella
portata ad  esso  attribuita  dall'interpretazione  giurisprudenziale
formatasi prima dell'entrata in vigore della norma interpretativa,  i
professionisti che si trovavano nella  medesima  condizione  dei  due
ricorrenti avevano maturato la legittima convinzione  di  non  dovere
essere sottoposti ad alcun onere previdenziale ulteriore rispetto  al
pagamento del contributo cosiddetto integrativo e di poter  scegliere
se iscriversi o meno alla Cassa di previdenza forense. 
    L'introduzione dell'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98  del  2011,
con effetti retroattivi, avrebbe leso tale affidamento,  introducendo
oneri  ed  obblighi  ulteriori  ed  imprevedibili,   precludendo   ai
destinatari la possibilita' di valutarne gli effetti  e  di  compiere
eventualmente scelte diverse in ordine alle  modalita'  di  esercizio
dell'attivita' professionale (ad esempio: avrebbero potuto  scegliere
di non esercitarla o di esercitarla a condizioni diverse) e in ordine
all'esercizio  della  facolta'  di  iscriversi  o  meno  alla   cassa
categoriale. 
    L'efficacia retroattiva dell'art. 18, comma 12, del  d.l.  n.  98
del 2011 - qualificantesi  come  norma  interpretativa,  ma,  per  il
giudice rimettente, avente in realta' la natura di  norma  innovativa
con effetti retroattivi - non  troverebbe  giustificazione,  poi,  in
eventuali «motivi imperativi di carattere generale», giacche' la mera
esigenza di un maggior gettito contributivo (peraltro, nella  specie,
assai contenuto, avuto riguardo all'esiguita' dei  redditi  incisi  e
all'esiguita'  del  periodo  di  iscrizione)  non  costituirebbe   un
preminente  interesse  generale  idoneo  a  giustificare  l'incisione
retroattiva di posizioni giuridiche consolidate; ne' vi sarebbero  le
ulteriori condizioni che, secondo la giurisprudenza costituzionale  e
convenzionale, sono idonee a rivestire di ragionevolezza l'intervento
legislativo retroattivo, ovverosia la sussistenza di ragioni storiche
epocali, la necessita' di  porre  rimedio  ad  imperfezioni  tecniche
della  legge  interpretata   ristabilendo   un'interpretazione   piu'
aderente alla  volonta'  del  legislatore,  l'esigenza  di  eliminare
profili di illegittimita' costituzionale della disciplina  anteriore,
la sussistenza di manifeste  sperequazioni  determinate  da  istituti
extra ordinem di eccezionale favore. 
    4.2.-  Nella  parte  in  cui  esplica  gli  evidenziati   effetti
retroattivi, l'art. 18,  comma  11,  del  d.l.  n.  98  del  2011  si
porrebbe, inoltre, in contrasto con l'art. 117, primo  comma,  Cost.,
in relazione all'art. 6 CEDU. 
    In proposito, il rimettente  evidenzia  che  il  contenzioso  tra
l'INPS  e  le  categorie  dei  professionisti  che  versavano   nelle
condizioni dei due ricorrenti era sorto nel 2009, epoca  in  cui  era
stata  avviata  l'attivita'   di   accertamento   nell'ambito   della
cosiddetta "Operazione Poseidone". 
    In quel periodo, come posto in luce, si sarebbe gia'  consolidata
nella giurisprudenza di legittimita'  un'interpretazione  restrittiva
dell'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del  1995,  il  cui  ambito
soggettivo di applicazione sarebbe stato limitato  ai  professionisti
esercenti attivita' per le quali non  era  prevista  l'iscrizione  in
albi professionali. 
    Solo   per   effetto   dell'entrata   in   vigore   della   norma
interpretativa  del   2011,   l'orientamento   giurisprudenziale   di
legittimita' sarebbe mutato,  estendendosi  l'obbligo  di  iscrizione
nella Gestione separata anche ai professionisti  iscritti  agli  albi
categoriali, ma non iscritti alla relativa cassa previdenziale. 
    Attraverso l'art. 18, comma 12, del  d.l.  n.  98  del  2011,  il
legislatore avrebbe dunque introdotto una norma che avrebbe  alterato
la "parita' delle armi" nell'ambito di un contenzioso  gia'  in  atto
tra   l'INPS   e   i   professionisti,   ribaltando    l'orientamento
precedentemente formatosi nella giurisprudenza di legittimita'. 
    Sarebbe dunque evidente il contrasto della disposizione in  esame
- nella parte in cui non prevede che l'obbligo  di  iscrizione  nella
Gestione separata da parte degli avvocati iscritti all'albo,  ma  non
alla Cassa forense, decorra dalla data della sua entrata in vigore  -
con i principi di cui all'art. 6 CEDU, come richiamati dall'art. 117,
primo comma, Cost. 
    5.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo  a  questa  Corte  di  dichiarare  inammissibili  e,
comunque, manifestamente non fondate le questioni. 
    6.- Nel giudizio incidentale si e' costituito l'INPS invocando, a
sua volta, la declaratoria di non fondatezza delle questioni. 
    La principale deduzione svolta sia dall'Istituto che dal  Governo
richiama  il  fondamento  dell'istituto   della   Gestione   separata
introdotto con l'art. 2, comma 26,  della  legge  n.  335  del  1995,
ravvisabile  nel  «principio   di   universalita'   della   copertura
assicurativa», desumibile dagli artt. 35 e 38 Cost., in  ragione  del
quale ad ogni attivita'  lavorativa,  subordinata  o  autonoma,  deve
necessariamente collegarsi un'effettiva tutela previdenziale. 
    La Gestione separata, quindi, sarebbe stata istituita per colmare
i "vuoti" riscontrabili nella copertura assicurativa categoriale  dei
lavoratori autonomi, la quale sarebbe carente non solo per coloro che
svolgono attivita' per cui  non  e'  prevista  l'iscrizione  ad  albi
professionali, ma anche per coloro che,  pur  svolgendo  un'attivita'
subordinata a  tale  iscrizione,  non  sono  altresi'  iscritti,  per
ragioni reddituali, alla cassa  professionale  di  riferimento,  alla
quale versano soltanto il contributo cosiddetto integrativo, che  non
comporta la costituzione di una vera propria posizione  previdenziale
e non da', pertanto, diritto alle relative prestazioni. 
    Per  un  verso,  dunque,  lungi   dall'introdurre   elementi   di
incoerenza e  illogicita'  nel  sistema  normativo,  la  disposizione
contenuta nell'art. 2, comma 26, della legge n. 335  del  1995,  come
interpretata da quella recata dall'art. 18, comma 12, del d.l. n.  98
del 2011, avrebbe la funzione di chiusura del sistema,  ponendosi  in
posizione di complementarieta' (e  non  di  alternativita')  rispetto
alla disciplina  della  cassa  previdenziale  professionale  e  senza
incidere  sulla  graduazione   degli   obblighi   previdenziali   del
professionista. 
    Per altro  verso,  l'ampia  portata  soggettiva  dell'obbligo  di
iscrizione  alla  Gestione  separata  -  quale  obbligo  generalmente
previsto  in  capo  a  chiunque  eserciti  abitualmente  un'attivita'
professionale produttiva di un reddito che non sia gia' integralmente
oggetto di obbligo assicurativo gestito  dalla  cassa  categoriale  -
doveva ritenersi contenuta gia' nel precetto originario  della  norma
interpretata (l'art. 2, comma 26,  della  legge  n.  335  del  1995),
dovendosi conseguentemente escludere il  carattere  innovativo  della
disposizione recata dall'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98  del  2011
e, con esso, la capacita' di  ledere,  attraverso  la  sua  efficacia
retroattiva, il legittimo affidamento dei destinatari nella  certezza
delle  situazioni  giuridiche  derivanti  dal  regime   previdenziale
speciale,  nonche'  la  capacita'  di  alterare  illegittimamente  la
parita' delle armi nell'ambito di un contenzioso  in  atto,  mediante
l'introduzione di una soluzione non plausibile rispetto a quella gia'
consolidatasi nel diritto vivente. 
    7.- Sul presupposto della titolarita'  di  un  proprio  interesse
«qualificato»  alla  decisione  della   questione   di   legittimita'
costituzionale,  sono  intervenuti  nel  giudizio   incidentale   gli
avvocati  N.  A.  e  altri  158,   invocando   la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 26,  della  legge  8
agosto 1995, n. 335, come interpretato dall'art. 18,  comma  12,  del
d.l. n. 98  del  2011,  nella  parte  in  cui  prevede  l'obbligo  di
iscrizione alla Gestione separata dell'INPS a carico  degli  avvocati
del libero foro non obbligati ad iscriversi alla Cassa di  previdenza
forense per mancato raggiungimento  delle  soglie  di  reddito  o  di
volume di affari di cui all'art. 22 della legge n. 576 del 1980. 
    8.- Sul presupposto della titolarita' di un  interesse  parimenti
«qualificato», ai sensi dell'art. 4, comma 3, delle Norme integrative
per i giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale,  e'  intervenuta
l'Associazione sindacato italiano degli ingegneri e architetti liberi
professionisti nonche' dipendenti - INAREDIS, invocando, a sua volta,
l'accoglimento delle questioni. 
    9.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  l'INPS  hanno
depositato memorie. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 febbraio 2021 (r. o. n. 86 del 2021),  il
Tribunale ordinario di Catania, in funzione di Giudice del lavoro, ha
sollevato,  in  via  principale,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,
comma 26, della legge 8 agosto 1995,  n.  335  (Riforma  del  sistema
pensionistico  obbligatorio  e  complementare),   come   interpretato
dall'art. 18, comma 12,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio  2011,  n.  111,
nella parte in cui prevede  l'obbligo  di  iscrizione  alla  Gestione
separata dell'Istituto nazionale della previdenza  sociale  (INPS)  a
carico degli avvocati del libero foro  non  iscritti  alla  Cassa  di
previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito
o di volume di affari di cui all'art. 22  della  legge  20  settembre
1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense). 
    Con la medesima ordinanza, il  Tribunale  rimettente  ha  inoltre
sollevato, in via subordinata, in riferimento agli  artt.  3  e  117,
primo comma,  Cost.,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4  agosto  1955,  n.  848,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 12,  del
d.l. n. 98 del 2011, come convertito, nella parte in cui non  prevede
che l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata,  a  carico  degli
avvocati del libero  foro  non  iscritti  alla  Cassa  di  previdenza
forense per mancato raggiungimento  delle  soglie  di  reddito  o  di
volume di affari di cui all'art. 22 della  legge  n.  576  del  1980,
decorra dalla data della sua entrata in vigore. 
    1.1.- La prima disposizione (art. 2, comma 26, della legge n. 335
del 1995) prevede, con decorrenza dal 1° gennaio 1996 -  in  funzione
dell'estensione   dell'assicurazione   generale   obbligatoria    per
l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti - l'obbligo di  iscrizione
alla Gestione separata costituita  presso  l'INPS  dei  soggetti  che
esercitano  per  professione  abituale,  ancorche'   non   esclusiva,
attivita' di lavoro autonomo, di cui al  comma  1  dell'art.  49  del
decreto del Presidente della Repubblica  22  dicembre  1986,  n.  917
(Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi). 
    La seconda disposizione (art. 18, comma 12, del d.l.  n.  98  del
2011) - dichiaratamente di interpretazione autentica  della  prima  -
dispone che i  soggetti  che  esercitano  per  professione  abituale,
ancorche' non esclusiva, attivita' di lavoro autonomo, e che pertanto
sono tenuti all'iscrizione presso la  Gestione  separata  INPS,  sono
quelli che svolgono attivita' il cui  esercizio  non  e'  subordinato
all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero  attivita'  non
soggette al versamento contributivo agli enti previdenziali  previsti
per  le  diverse  categorie  professionali;  enti,   questi   ultimi,
istituiti sia in  base  a  leggi  preesistenti  -  e  trasformati  da
soggetti pubblici  in  persone  giuridiche  private  con  il  decreto
legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita
dall'art. 1, comma 32, della legge  24  dicembre  1993,  n.  537,  in
materia di trasformazione  in  persone  giuridiche  private  di  enti
gestori di forme obbligatorie  di  previdenza  e  assistenza)  -  sia
all'esito dell'attuazione della delega conferita dalla  stessa  legge
n. 335 del 1995 (art. 2, comma 25)  e  attuata  dal  Governo  con  il
decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (Attuazione della delega
conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995,  n.  335,
in materia di tutela  previdenziale  obbligatoria  dei  soggetti  che
svolgono attivita' autonoma di libera professione). 
    Il giudice a quo osserva che, a seguito  dell'entrata  in  vigore
della disposizione interpretativa, e' prevalsa e si  e'  consolidata,
nella giurisprudenza di legittimita', l'esegesi secondo cui l'obbligo
di iscrizione alla Gestione separata  INPS,  con  decorrenza  dal  1°
gennaio 1996, graverebbe  non  solo  sui  soggetti  che,  in  ragione
dell'attivita'  esercitata,  non  devono   iscriversi   a   un   albo
professionale, ma anche su quelli che, pur essendo a cio' tenuti, non
hanno il contestuale obbligo (o, come  nel  caso  dei  professionisti
titolari di  rapporto  di  pubblico  impiego,  subiscono  persino  il
divieto) di  iscriversi  alla  cassa  previdenziale  di  riferimento,
sempre che l'attivita' esercitata e' da  considerarsi  «abituale»  ai
fini fiscali dell'imposta sui redditi ai sensi dell'art. 49, comma 1,
del d.P.R. n. 917 del 1986, e successivamente - dopo la  riforma  del
2004 - dell'art. 53, comma 1, del medesimo d.P.R. 
    Secondo questa interpretazione, gia' fatta propria dall'INPS,  ma
successivamente  assurta  a   regola   di   diritto   vivente   nella
giurisprudenza di legittimita', consolidatasi a far tempo  dal  2017,
l'obbligo di iscrizione alla  Gestione  separata  incombe  anche  sui
professionisti che, pur svolgendo attivita' il cui esercizio comporta
l'iscrizione ad appositi albi od elenchi, non  sono  pero'  iscritti,
per ragioni reddituali, alla  cassa  di  previdenza  professionale  e
restano quindi obbligati al versamento del solo contributo cosiddetto
integrativo  (comportante   la   mera   erogazione   di   prestazioni
assistenziali di carattere mutualistico),  ma  non  anche  di  quello
cosiddetto soggettivo, ossia di quello a cui consegue la costituzione
di  una  vera   e   propria   posizione   previdenziale   a   seguito
dell'iscrizione alla cassa. 
    Tra  i  professionisti  obbligati  all'iscrizione  (in  relazione
all'attivita' professionale svolta sino al 2 febbraio 2013,  data  di
entrata in vigore della legge  31  dicembre  2012,  n.  247,  recante
«Nuova  disciplina  dell'ordinamento  della   professione   forense»)
rientrano, dunque, anche gli avvocati del libero  foro  i  quali,  in
base al previgente regime introdotto dalla legge n. 576 del 1980, pur
essendo    iscritti    all'albo    professionale     (e     versando,
conseguentemente, il contributo cosiddetto  integrativo),  non  hanno
tuttavia raggiunto le  soglie  di  reddito  o  di  volume  di  affari
necessarie ai fini della qualificazione  del  carattere  continuativo
della professione  e  hanno  scelto  di  non  iscriversi  alla  Cassa
previdenziale   categoriale,   restando   cosi'   non    assoggettati
all'obbligo di versamento del cosiddetto contributo soggettivo. 
    1.2.- Il contrasto con l'art.  3  Cost.  della  norma  risultante
dalla saldatura tra la disposizione interpretata  e  la  disposizione
interpretativa  (contrasto  della  cui  sussistenza   il   rimettente
sospetta con la  questione  di  costituzionalita'  sollevata  in  via
principale)  deriverebbe  dal   fatto   che   la   norma   censurata,
nell'esegesi prevalsa nella giurisprudenza di legittimita' e  assurta
a   regola   di   diritto   vivente,   introdurrebbe    profili    di
irragionevolezza, illogicita' e incoerenza nel sistema normativo. 
    Per  un  verso,  infatti,  verrebbe  innanzitutto   spezzata   la
graduazione degli obblighi contributivi, prevista, per  gli  avvocati
del libero foro, in base al regime speciale introdotto con  la  legge
n. 576 del 1980. Sarebbe inoltre  violata  l'autonomia  regolamentare
della cassa professionale di riferimento, con l'insorgenza,  in  capo
al  professionista,  di  ulteriori   oneri   previdenziali,   e   con
l'attribuzione,  a  suo  carico,  dell'obbligo  di  iscriversi  a  un
separato ente previdenziale (non avente la  finalita'  di  approntare
una tutela assicurativa alla categoria degli avvocati) proprio quando
il suo stesso ordinamento previdenziale di  riferimento,  in  base  a
disposizioni di legge, esclude un tale obbligo  nei  confronti  della
cassa di categoria. 
    Per altro verso, si determinerebbe un'ingiustificata ripartizione
della tutela previdenziale tra due enti  (non  ostante  l'obbligo  di
contribuzione   derivi   dall'esercizio   di    un'unica    attivita'
professionale), ponendosi, inoltre, l'avvocato, che non raggiunga  le
soglie reddituali previste per l'iscrizione alla  cassa  categoriale,
in una condizione previdenziale irrazionalmente diversa  e  deteriore
rispetto a quella dell'avvocato che  raggiunga  le  predette  soglie.
Mentre,  infatti,  quest'ultimo,  tenuto  ad  iscriversi  alla  Cassa
forense, fruirebbe delle prestazioni previdenziali  ivi  regolate  in
favore degli avvocati, il primo  non  potrebbe  fruire  ne'  di  tali
prestazioni  (posto  che  la  contribuzione  versata  alla   Gestione
separata INPS non verrebbe riversata  alla  Cassa  forense),  ne'  di
altre alternative a carico dalla Gestione  separata,  avuto  riguardo
all'esiguita' del gettito contributivo  e  del  periodo  contributivo
maturabile presso la Gestione medesima. 
    1.3.- Quanto al contrasto (della cui  sussistenza  il  rimettente
sospetta con le  questioni  di  costituzionalita'  sollevate  in  via
subordinata) tra l'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011  e  gli
artt. 3 e 117, primo comma, Cost. (quest'ultimo in relazione all'art.
6  CEDU),  esso  deriverebbe,  in   particolare,   dalla   proiezione
retroattiva dell'obbligo di iscrizione alla Gestione  separata  INPS.
La citata norma introdotta nel 2011, nella ricordata  interpretazione
datane dalla giurisprudenza di legittimita' a  far  tempo  dal  2017,
consolidatasi in una situazione di diritto vivente, ha in realta' una
portata innovativa, ampliando - secondo il giudice  rimettente  -  il
perimetro  soggettivo  dei  professionisti  obbligati  all'iscrizione
nella Gestione separata costituita presso l'INPS, atteso  che,  prima
della  sua  emanazione,  l'orientamento  giurisprudenziale  formatosi
sull'esegesi dell'art. 2, comma 26,  della  legge  n.  335  del  1995
sarebbe stato nel senso di circoscrivere l'ambito dei  professionisti
tenuti alla predetta iscrizione a quelli che svolgevano attivita' per
la quale non  fosse  prevista  l'iscrizione  in  albi  professionali,
ritenendosi, da parte della stessa giurisprudenza di legittimita' (in
diverse pronunce emesse tra il 2007 e il 2008),  che,  al  contrario,
per  i  soggetti  esercenti  attivita'  il  cui   svolgimento   fosse
subordinato all'iscrizione ad un apposito albo o elenco la  copertura
assicurativa  avrebbe  dovuto  essere  realizzata  all'interno  della
categoria professionale di riferimento. 
    La disposizione introdotta  nel  2011,  pur  qualificantesi  come
interpretativa,  assumerebbe,  pertanto,   una   portata   innovativa
dell'ordinamento giuridico, giacche' non si limiterebbe a chiarire il
significato della norma interpretata, ma ne estenderebbe il contenuto
precettivo  ad  una  fattispecie  che  precedentemente  non  vi   era
ricompresa. 
    Realizzando  tale  innovazione  con  effetto  retroattivo,   essa
lederebbe - secondo il giudice rimettente - il legittimo  affidamento
riposto dai predetti professionisti in  ordine  alla  certezza  delle
situazioni giuridiche  derivanti  dall'ordinamento  previdenziale  di
riferimento e, segnatamente, in quanto rilevante nel giudizio a  quo,
il legittimo affidamento riposto degli avvocati del  libero  foro  in
ordine  al  regime  previdenziale  e  contributivo  delineato   dalla
disciplina di cui alla legge n. 576 del 1980. 
    2.- Preliminarmente, deve essere confermata la  dichiarazione  di
inammissibilita' degli interventi degli avvocati N.  A.  ed  altri  e
dell'Associazione del sindacato italiano degli ingegneri e architetti
liberi professionisti nonche' dipendenti - INAREDIS, per  le  ragioni
esposte  nell'ordinanza  letta  nel  corso  dell'udienza  pubblica  e
allegata alla presente sentenza. 
    3.- Sempre in via  preliminare,  va  osservato  che  sussiste  la
rilevanza delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale. 
    Il  giudice  a  quo  ha  evidenziato  che  tutte   le   questioni
pregiudiziali di rito e preliminari di merito sollevate  dalle  parti
sono inammissibili o infondate, sicche' la causa deve  essere  decisa
nel  merito  in   applicazione   della   disciplina   sospettata   di
incostituzionalita'. 
    Avuto  riguardo  all'interpretazione  giurisprudenziale  di  tale
disciplina, consolidatasi in una situazione di diritto  vivente,  ove
la stessa  non  fosse  ritenuta  costituzionalmente  illegittima,  le
domande proposte dai due professionisti dovrebbero essere  rigettate,
confermandosi  la  sussistenza  del  credito   contributivo   vantato
dall'INPS e le sanzioni  civili  ad  esso  relative  per  il  mancato
tempestivo pagamento dei contributi dovuti. 
    Al contrario, ove  le  questioni  di  costituzionalita'  promosse
dovessero ritenersi fondate, le domande  medesime  dovrebbero  essere
accolte, accertandosi l'insussistenza del predetto  credito  e  delle
sanzioni. 
    Le questioni sollevate sono  pertanto  rilevanti  e  ammissibili,
avendone inoltre il giudice rimettente motivato  adeguatamente  anche
la non manifesta infondatezza. 
    4.- Prima di procedere ad esaminare il  merito  delle  questioni,
giova  premettere  una  ricostruzione   del   quadro   normativo   di
riferimento, quanto alla posizione della Gestione separata  INPS  nel
sistema generale di  tutela  previdenziale  dei  professionisti  (con
particolare  riferimento  ai  rapporti  tra  questa  nuova   gestione
previdenziale e le casse professionali categoriali),  nonche'  quanto
alla  interpretazione  giurisprudenziale   della   disciplina   posta
dall'art. 2, comma 26, della legge n. 335  del  1995,  prima  e  dopo
l'entrata in vigore della norma interpretativa introdotta con  l'art.
18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011. 
    4.1.- Sotto il primo profilo, va rilevato che l'art. 2, comma 26,
della legge n. 335 del 1995 ha istituito la Gestione separata  presso
l'INPS al fine di realizzare l'estensione dell'assicurazione generale
obbligatoria (per l'invalidita', la vecchiaia e  i  superstiti)  alle
attivita' di lavoro autonomo rimaste escluse dai regimi pensionistici
di categoria gia' precedentemente  operanti  o  che  sarebbero  stati
successivamente istituiti. 
    La disciplina introdotta con  questa  disposizione,  infatti,  si
affianca, per un verso, a quella contenuta nel d.lgs. n. 509 del 1994
che, in attuazione della delega  conferita  dall'art.  1,  comma  32,
della legge 24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi  correttivi  di
finanza pubblica), ha sottoposto a un  processo  di  privatizzazione,
con decorrenza dal 1° gennaio 1995, le casse, gli enti e gli istituti
previdenziali   professionali   gia'   esistenti,   prevedendone   la
trasformazione  da  enti  di  diritto  pubblico  in  associazioni   e
fondazioni  private  (art.  1,  Elenco  A);  per  altro  verso,  alla
disciplina  contestualmente  introdotta  nel  precedente   comma   25
dell'art. 2 della legge n. 335 del 1995, recante  delega  al  Governo
per emanare norme volte ad assicurare, a  decorrere  dal  1°  gennaio
1996, la  tutela  previdenziale  in  favore  dei  soggetti  esercenti
attivita' autonoma  di  libera  professione,  il  cui  esercizio  era
subordinato all'iscrizione ad appositi  albi  o  elenchi,  ma  ancora
privi di un'autonoma gestione categoriale. 
    Questa delega e' stata poi attuata con l'emanazione del d.lgs. n.
103 del 1996, il quale ha  prescritto  -  agli  enti  esponenziali  a
livello nazionale di quelli abilitati alla tenuta di albi o  elenchi,
di adottare delibere per  realizzare  forme  autonome  di  previdenza
obbligatoria sul modello delineato dal d.lgs. n. 509 del  1994  -  di
provvedere alla  copertura  assicurativa  degli  iscritti,  indicando
modalita' alternative: la costituzione di un ente  di  categoria,  la
partecipazione  ad  un  ente  pluricategoriale,  l'inclusione   della
categoria professionale in una delle forme di previdenza obbligatorie
gia' esistenti  per  categorie  similari,  oppure  finanche  mediante
l'inclusione della categoria nella forma di  previdenza  obbligatoria
di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 (artt.  3  e
4). Nel caso di mancata adozione di tali delibere, l'art. 3, comma 2,
dello stesso decreto legislativo ha previsto,  residualmente,  che  i
soggetti  appartenenti  alle  categorie   professionali   interessate
sarebbero  risultati  iscritti  ex  lege  nella   Gestione   separata
istituita presso l'INPS. 
    Si comprende, dunque, come l'istituto introdotto  con  l'art.  2,
comma 26, della legge n. 335 del 1995 abbia una funzione di  chiusura
del  sistema  e  trovi  il   suo   fondamento   nell'esigenza   della
"universalizzazione" della  tutela  previdenziale,  rispondendo  alla
finalita' di estendere la copertura assicurativa ai soggetti  e  alle
attivita' non coperti da forme  di  assicurazione  obbligatoria  gia'
realizzate o da realizzare nell'ambito della categoria  professionale
di riferimento. 
    In  questa  prospettiva,  l'istituto  della   Gestione   separata
rappresenta il punto di arrivo di  una  linea  evolutiva  tendenziale
dell'ordinamento  giuridico  previdenziale   verso   la   progressiva
estensione della tutela assicurativa sia sotto il profilo soggettivo,
in quanto riferita a tutte le categorie di lavoratori  autonomi,  sia
sotto il profilo oggettivo, in  quanto  riferita  ad  ogni  attivita'
esercitata, con eventuale pluralita' di iscrizioni nelle  ipotesi  di
pluralita' di attivita' svolte. 
    Sotto il profilo soggettivo,  la  norma  contenuta  nell'art.  2,
comma 26, della legge n. 335 del 1995, si pone come punto  di  arrivo
di una evoluzione normativa iniziata negli anni Cinquanta del  secolo
scorso,   nell'ambito   della   quale   la   tutela    previdenziale,
tradizionalmente afferente al lavoro  subordinato,  e'  stata  estesa
progressivamente ad  altre  categorie:  ai  coltivatori  diretti,  ai
coloni  e  mezzadri,  agli  artigiani   e   ai   commercianti,   agli
imprenditori agricoli a titolo principale  e,  infine,  a  tutti  gli
altri lavoratori autonomi. 
    Sotto il profilo oggettivo, l'istituto della Gestione separata ha
anche  la  funzione  di  coprire  i  vuoti  di  tutela  previdenziale
conseguenti all'esercizio di due o piu' attivita', di  cui  solo  una
risulti coperta  dal  punto  di  vista  assicurativo,  stabilendo  la
necessita' di iscrizione anche per l'ulteriore attivita'  esercitata,
purche' svolta in  forma  abituale,  facendo  cosi'  in  modo  che  a
ciascuna attivita' corrisponda una forma di assicurazione. 
    Inizialmente la  giurisprudenza  (Corte  di  cassazione,  sezioni
unite civili, sentenza 12 febbraio 2010, n. 3240) aveva incluso anche
la Gestione separata INPS  tra  le  diverse  forme  di  assicurazione
obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti,  per  le
quali  operava  il  criterio  speciale  derogatorio   dell'iscrizione
nell'assicurazione  prevista  per  l'attivita'  prevalente,   sancito
dall'art. 1, comma 208, della legge 23 dicembre 1996, n. 662  (Misure
di razionalizzazione della  finanza  pubblica).  Ma  il  legislatore,
interpretando autenticamente questa disposizione (art. 12, comma  11,
del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica»), ha stabilito, al contrario, che le  attivita'  autonome,
per le quali opera il principio di assoggettamento  all'assicurazione
prevista per l'attivita' prevalente, sono quelle esercitate in  forma
di impresa  dai  commercianti,  dagli  artigiani  e  dai  coltivatori
diretti, i  quali  vengono  iscritti  nelle  corrispondenti  gestioni
dell'INPS, mentre  restano  esclusi  dall'applicazione  dell'art.  1,
comma 208, della legge n. 662 del 1996 i rapporti  di  lavoro  per  i
quali  e'  obbligatoriamente  prevista  l'iscrizione  alla   gestione
previdenziale di cui all'art. 2, comma 26, della  legge  n.  335  del
1995, cosi' ripristinandosi la regola generale  della  duplicita'  di
iscrizione  e  accentuando  la  funzione  specifica  della   Gestione
separata di completamento del sistema previdenziale  (in  tal  senso,
Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 8 agosto 2011, n.
17076). 
    In particolare, l'art. 2, comma 26, della legge n. 335  del  1995
realizza la finalita' di estensione (soggettiva ed  oggettiva)  della
tutela previdenziale non attraverso la  definizione  delle  attivita'
professionali  destinate  ad  essere   assoggettate   alla   Gestione
separata, ma  mediante  riferimento  eteronomo  a  norme  fiscali:  i
soggetti tenuti, con decorrenza dal 1° gennaio 1996, ad iscriversi  a
tale  forma  di  assicurazione  obbligatoria  per  l'invalidita',  la
vecchiaia e i superstiti sono,  infatti:  a)  coloro  che  esercitano
abitualmente,  ancorche'  non  esclusivamente,  attivita'  di  lavoro
autonomo di cui al comma 1 dell'art. 49 (ora art.  53)  t.u.  imposte
redditi e successive modificazioni ed integrazioni; b) i titolari  di
rapporti di collaborazione, coordinata e continuativa di cui al comma
2, lettera a), dello stesso art. 49 (ora, dopo la riforma  del  2004:
art. 53). 
    L'obbligo   di   iscrizione   non    dipende,    dunque,    dalle
caratteristiche della  specifica  attivita'  esercitata  (come  nelle
gestioni  dell'assicurazione  generale  obbligatoria  dei  lavoratori
dipendenti  e  in  quelle  dei  lavoratori  autonomi,   commercianti,
artigiani, coltivatori diretti), ma esclusivamente dal reddito tratto
dal lavoro autonomo svolto che  puo'  essere  di  due  tipologie:  a)
reddito derivante dall'esercizio, abituale ancorche'  non  esclusivo,
di arti e professioni (art. 49, comma 1, t.u.  imposte  redditi);  b)
reddito tratto dall'ufficio di amministratore e sindaco di  societa',
nonche'  dagli  altri  rapporti  di   collaborazione   coordinata   e
continuativa (art. 49, comma 2, lettera a, t.u. imposte redditi). 
    La circostanza che il presupposto dell'obbligazione  contributiva
sia costituito dalla mera percezione di  un  reddito  differenzia  la
Gestione separata dalle altre forme  di  assicurazione  obbligatoria:
mentre per queste ultime sussiste un minimale  contributivo  (sicche'
la contribuzione non puo' scendere al disotto di una  certa  soglia),
lo stesso non e' previsto per la prima, in cui  la  contribuzione  si
commisura  esclusivamente  al  compenso  percepito  per   l'attivita'
svolta. 
    L'individuazione eteronoma, attraverso il riferimento alle  norme
fiscali, dei presupposti dell'obbligo  di  iscrizione  alla  Gestione
separata, ha consentito la progressiva realizzazione della  vocazione
universalistica del sistema di tutela  previdenziale,  in  quanto  il
rilievo   dato   dalle   norme   predette   alla   natura    autonoma
dell'attivita', nonche' la perimetrazione di tale obbligo in  ragione
del carattere abituale del suo svolgimento,  hanno  attratto  a  tale
sistema di protezione  l'esercizio  di  lavori  altrimenti  privi  di
protezione assicurativa. 
    In linea di continuita' con tale tendenza il legislatore  ha  col
tempo esteso l'operativita' della Gestione separata a varie categorie
ulteriori: agli spedizionieri doganali non dipendenti, agli associati
in partecipazione con apporto di lavoro, ai lavoratori  accessori,  a
coloro che svolgono attivita' in base alle discipline  del  contratto
di lavoro occasionale o del libretto  di  famiglia,  ai  fruitori  di
borse di studio e assegni di ricerca, ai medici che frequentano corsi
di  formazione  specialistica  e,  piu'  recentemente,   persino   ai
magistrati onorari. 
    Nella stessa ottica, l'art. 44, comma  2,  del  decreto-legge  30
settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo
e per la correzione dell'andamento dei conti  pubblici),  convertito,
con modificazioni, nella legge  n.  24  novembre  2003,  n.  326,  ha
previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2004, i  soggetti  esercenti
attivita' di  lavoro  autonomo  occasionale  e  gli  incaricati  alle
vendite a domicilio di cui all'art. 19  del  decreto  legislativo  31
marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore  del
commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4,  della  legge  15  marzo
1997, n. 59) sono iscritti alla Gestione separata di cui all'art.  2,
comma 26, della legge n. 335 del 1995, solo qualora il reddito  annuo
derivante da dette attivita' sia superiore ad euro  5.000,00.  Questo
limite reddituale e' rilevante nella fattispecie in esame perche'  e'
stato, infine, assunto dalla giurisprudenza di legittimita' (Corte di
cassazione, sezione lavoro, sentenza 8 febbraio 2019, n. 3799)  anche
al fine della sussistenza, o  no,  dell'obbligo  di  iscrizione  alla
Gestione separata degli avvocati del libero foro  non  iscritti  alla
cassa categoriale (nel regime precedente alla riforma del 2012). 
    Alla luce di queste disposizioni, si delinea l'ambito complessivo
di applicazione dell'istituto della Gestione separata INPS:  ad  essa
sono infatti assoggettati i redditi derivanti da tutte  le  attivita'
specificamente contemplate da singole norme di legge nonche', in  via
generale, i redditi  riconducibili  alle  due  tipologie  contemplate
dall'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, e,  segnatamente,
quelli derivanti da attivita'  libero-professionali  svolte  in  modo
abituale,   ancorche'   non   esclusivo   (o   anche   da   attivita'
libero-professionali svolte in forma occasionale, ove  si  tratti  di
redditi superiori a 5.000,00 euro annui), salvo che  in  relazione  a
quell'attivita' non siano gia' previsti obblighi di contribuzione  in
favore  dell'ente  previdenziale  della  categoria  professionale  di
riferimento. 
    Le attivita' libero-professionali si  sottraggono,  dunque,  alla
Gestione separata INPS, quale  gestione  previdenziale  di  carattere
residuale, solo qualora ricadano nell'ambito di operativita'  di  una
cassa di  riferimento  in  base  al  regime  categoriale  degli  enti
professionali tradizionali, privatizzati ai sensi del d.lgs.  n.  509
del 1994, o di quelli successivamente costituiti ai sensi del  d.lgs.
n. 103 del 1996; in tal senso l'art. 6 del decreto del  Ministro  del
lavoro e della previdenza sociale 2 maggio 1996 (Regolamento  recante
modalita'  e  termini  per  il  versamento  del  contributo  previsto
dall'art. 2, comma 30, della legge 8 agosto 1995, n. 335) ha statuito
che non sono soggetti alla contribuzione verso la predetta Gestione i
redditi  gia'  assoggettati   ad   altro   titolo   a   contribuzione
previdenziale obbligatoria. 
    L'esaminata collocazione della Gestione separata INPS nel sistema
generale di tutela previdenziale dei professionisti ne  evidenzia  il
campo di applicazione quale ambito residuale, la cui  vis  attractiva
si restringe o si espande a  seconda  dell'assoggettamento,  o  meno,
dell'attivita' professionale esercitata alla  copertura  contributiva
di categoria, secondo il regime della relativa cassa. 
    5.- Queste essendo in generale  le  peculiarita'  della  Gestione
separata INPS, va ora messo a fuoco il problema interpretativo che e'
al fondo delle sollevate questioni di legittimita'  costituzionale  e
che riguarda la delimitazione, in concreto, dell'area di applicazione
di tale nuovo istituto, introdotto dalla  riforma  previdenziale  del
1995. 
    In proposito va osservato che, in base  alla  disciplina  dettata
dalla relativa lex  specialis,  i  professionisti  in  generale  sono
tenuti a versare alle proprie casse di previdenza essenzialmente  due
contributi: quello soggettivo, commisurato al reddito  dichiarato  ai
fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), e quello
integrativo, rapportato  al  volume  di  affari  dichiarato  ai  fini
dell'imposta sul valore aggiunto (IVA). 
    L'obbligo di versare  il  contributo  integrativo  trova  il  suo
presupposto  nella  iscrizione  all'albo  professionale  e   al   suo
pagamento non segue la costituzione di una vera e  propria  posizione
previdenziale,  ma  solo  il  diritto  a  prestazioni  di   carattere
mutualistico-solidaristico;  l'obbligo  di  versare   il   contributo
soggettivo consegue, invece, all'iscrizione alla cassa  previdenziale
categoriale  e  il  suo  pagamento  attribuisce   il   diritto   alle
prestazioni   previste   dall'assicurazione   obbligatoria   per   la
vecchiaia, l'invalidita' e i superstiti. 
    L'iscrizione all'albo, di  norma,  non  comporta  automaticamente
l'iscrizione alla cassa professionale. Tale ultima iscrizione,  anzi,
puo' essere addirittura preclusa, non ostante l'iscrizione all'albo e
l'esercizio in concreto  di  attivita'  professionale,  allorche'  il
professionista sia iscritto ad altre forme di previdenza obbligatoria
in dipendenza di un rapporto di  lavoro  subordinato  o  comunque  di
altra  attivita'  esercitata  (come  accade,  ad  esempio,  per   gli
ingegneri e gli architetti). 
    Anche quando non e' preclusa, l'iscrizione alla cassa si basa, di
regola, su presupposti diversi da  quelli  dell'iscrizione  all'albo,
sicche' il professionista, pur  iscritto  a  quest'ultimo,  puo'  non
essere tenuto  all'iscrizione  alla  relativa  cassa  categoriale  di
previdenza, restando obbligato  al  versamento  del  solo  contributo
integrativo  e  senza  conseguire  la  costituzione  della  posizione
previdenziale. 
    5.1.- In questa condizione versavano gli avvocati del libero foro
nel periodo precedente alla riforma operata  con  legge  n.  247  del
2012, la quale ha previsto la regola dell'automatica iscrizione  alla
Cassa forense all'atto dell'iscrizione all'albo  professionale  (art.
21, comma 8). 
    Prima dell'introduzione di tale  automatismo,  infatti,  in  base
alla disciplina dettata dalla legge n.  576  del  1980,  l'iscrizione
all'albo di avvocato e di procuratore non comportava anche  l'obbligo
di iscriversi alla  relativa  cassa  previdenziale,  ma  soltanto  il
diverso obbligo di versare il contributo cosiddetto integrativo (art.
11), che costituiva  presupposto  per  l'ottenimento  di  prestazioni
assistenziali di carattere mutualistico (art. 9) ma non  anche  delle
prestazioni previdenziali per  vecchiaia,  anzianita',  inabilita'  e
invalidita'  (artt.  2,  3,  4,  5  e  6),  nonche'  di   quelle   di
reversibilita'  e  indirette   dovute,   per   il   caso   di   morte
dell'assicurato, al coniuge e ai figli minorenni superstiti (art. 7). 
    L'obbligo di iscriversi  alla  Cassa  forense  scattava,  invece,
soltanto  quando  l'esercizio  della  professione  era   svolto   con
carattere  di  «continuita'»  (art.  22,  comma  1)  e  soltanto   al
raggiungimento del «minimo di reddito» o del  «minimo  di  volume  di
affari», di natura  professionale,  fissati,  ogni  quinquennio,  con
delibera del Comitato dei delegati «per l'accertamento dell'esercizio
continuativo della professione» (art. 22, commi 2 e 3). 
    Con l'ultima delibera del 2007, le soglie di reddito e di  volume
di affari erano state fissate, rispettivamente,  in  10.000,00  e  in
15.000,00 euro annui. 
    5.2.- L'individuazione, in concreto, dei destinatari dell'obbligo
di iscrizione alla Gestione separata di cui  all'art.  2,  comma  26,
della legge n. 335 del 1995  poneva,  dunque,  il  problema  se  essi
andassero  identificati   esclusivamente   nei   professionisti   che
esercitavano un'attivita' per la quale non era prevista  l'iscrizione
ad un apposito albo professionale  oppure  anche  nei  professionisti
che, benche' iscritti all'albo ed aventi una cassa  previdenziale  di
riferimento,  non  avessero,  tuttavia,   per   ragioni   reddituali,
l'obbligo (o subissero addirittura il divieto) di iscriversi altresi'
alla  cassa  medesima,  alla  quale  versavano  solo  il   contributo
integrativo, ma non  anche  quello  soggettivo,  senza  acquisire  il
diritto alle prestazioni previdenziali propriamente dette. 
    Al fine di chiarire i dubbi circa l'effettiva  portata  dell'art.
2, comma 26, della  legge  n.  335  del  1995,  e'  intervenuto,  con
disposizione  dichiaratamente  di   interpretazione   autentica,   il
legislatore. 
    Con  l'art.  18,  comma  12,  del  d.l.  n.  98  del  2011,  come
convertito, e' stato, infatti, previsto che l'art. 2, comma 26, della
legge n. 335 del 1995 si interpreta nel  senso  che  i  soggetti  che
esercitano  per  professione  abituale,  ancorche'   non   esclusiva,
attivita' di lavoro autonomo, tenuti all'iscrizione presso l'apposita
Gestione separata INPS, «sono esclusivamente i soggetti che  svolgono
attivita' il cui esercizio  non  sia  subordinato  all'iscrizione  ad
appositi  albi  professionali,  ovvero  attivita'  non  soggette   al
versamento contributivo agli enti di cui al  comma  11,  in  base  ai
rispettivi statuti ed ordinamenti». 
    Il legislatore quindi non  si  e'  limitato  a  prevedere  che  i
soggetti tenuti ad iscriversi alla Gestione separata INPS sono quelli
che  svolgono  «attivita'  il  cui  esercizio  non  sia   subordinato
all'iscrizione ad appositi albi professionali», ma  ha  aggiunto  che
tale obbligo compete anche  a  coloro  che  svolgono  «attivita'  non
soggette  al  versamento  contributivo  agli  enti»  della  categoria
professionale di appartenenza. 
    Nella giurisprudenza di  legittimita'  (a  partire  da  Corte  di
cassazione, sezione lavoro, sentenze 18 dicembre 2017, n. 30344 e  n.
30345) e' prevalsa l'interpretazione, ormai consolidata in una regola
di diritto  vivente,  secondo  cui  l'unico  versamento  contributivo
rilevante ai fini dell'esclusione  dell'obbligo  di  iscrizione  alla
Gestione separata, e' quello  -  cosiddetto  soggettivo  -  correlato
all'obbligo di  iscriversi  alla  propria  gestione  di  categoria  e
suscettibile  di  costituire  in  capo  al  lavoratore  autonomo  una
correlata  posizione  previdenziale  e  non  gia'  quello  cosiddetto
integrativo,  che  non  attribuisce  al  lavoratore  il   diritto   a
prestazioni  pensionistiche   per   gli   eventi   della   vecchiaia,
dell'invalidita' e della morte (cosi', segnatamente  con  riferimento
agli avvocati del libero foro, a  partire  da  Corte  di  cassazione,
sezione lavoro, sentenza 14 dicembre 2018, n. 32508). 
    Il  fondamento  di  questo  principio  risiede  nell'esigenza  di
«universalizzazione della  copertura  assicurativa»,  espressa  dagli
artt. 35 e 38 Cost., la quale obbliga lo Stato  a  prevedere  che  ad
ogni   attivita'   lavorativa,   subordinata    o    autonoma,    sia
necessariamente collegata un'effettiva tutela previdenziale. 
    Costituisce, dunque, regola di diritto  vivente  -  assunta  come
tale anche dal giudice rimettente - quella secondo cui sono obbligati
ad iscriversi alla Gestione separata INPS non  solo  i  soggetti  che
svolgono abitualmente attivita' di lavoro autonomo il  cui  esercizio
non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ma
anche i soggetti che, pur svolgendo attivita' il  cui  esercizio  sia
subordinato a  tale  iscrizione,  non  hanno  tuttavia,  per  ragioni
reddituali,  l'obbligo  di  iscriversi  alla  cassa   di   previdenza
professionale e restano  quindi  obbligati  al  versamento  del  solo
contributo cosiddetto integrativo, non  anche  di  quello  cosiddetto
soggettivo, il solo a cui consegue la  costituzione  di  una  vera  e
propria posizione previdenziale (ex plurimis,  Corte  di  cassazione,
sezione lavoro, ordinanza 14 gennaio 2021, n. 544). 
    6.- Cio' premesso, puo' passarsi a esaminare nel merito la  prima
questione  di   legittimita'   costituzionale,   sollevata   in   via
principale, la  quale  pone  il  dubbio  che  il  precetto  normativo
risultante dalla saldatura tra la disposizione  interpretata  di  cui
all'art  2,  comma  26,  della  legge  n.  335  del  1995  e   quella
interpretativa di cui all'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011,
come convertito, nell'esegesi consolidatasi nella  giurisprudenza  di
legittimita'  e  assurta   a   regola   di   diritto   vivente,   sia
costituzionalmente illegittima, per contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
nella parte in cui prevede  l'obbligo  di  iscrizione  alla  Gestione
separata dell'INPS a carico degli avvocati del libero  foro  iscritti
al relativo albo, ma non iscritti - ne' tenuti a  iscriversi  -  alla
Cassa di previdenza forense (e non obbligati, quindi,  al  versamento
del contributo soggettivo) per mancato raggiungimento delle soglie di
reddito o di volume di affari di cui all'art. 22 della legge  n.  576
del 1980. 
    7.- La questione non e' fondata. 
    7.1.- Occorre considerare  la  funzione  e  il  fondamento  della
Gestione separata nel sistema generale della tutela previdenziale dei
professionisti. 
    Come si e' visto sopra (al punto 4 e seguenti), il legislatore ha
costantemente seguito una coerente linea di  progressiva  estensione,
oggettiva e soggettiva, della tutela previdenziale,  tradizionalmente
riferita ai lavoratori subordinati, dapprima attribuendola  anche  ai
lavoratori  autonomi,  successivamente  ampliando  le  categorie   di
attivita' autonome soggette ad assicurazione obbligatoria,  anche  in
caso di esercizio di due o piu' attivita', in modo che a ciascuna  di
esse corrisponda una forma di assicurazione. 
    Con specifico riguardo ai lavoratori autonomi, la  tendenza  alla
progressiva estensione della tutela previdenziale  ha  visto  innanzi
tutto la privatizzazione delle casse, degli  istituti  e  degli  enti
gia' istituiti per la gestione di forme obbligatorie di previdenza  e
assistenza in favore di specifiche categorie professionali  (art.  1,
comma 32, della legge n. 537 del 1993; d.lgs. n. 509  del  1994).  In
seguito sono state introdotte ulteriori regole volte ad assicurare la
tutela previdenziale dei soggetti esercenti attivita'  professionale,
il cui svolgimento era subordinato all'iscrizione in appositi albi  o
elenchi, ma ancora privi di un'autonoma gestione categoriale;  si  e'
prescritta la costituzione di nuovi enti previdenziali o l'inclusione
della categoria in forme di previdenza  obbligatorie  gia'  esistenti
per categorie similari (art. 2, comma 25,  della  legge  n.  335  del
1995; d.lgs. n. 103 del 1996). 
    A completamento di  tutto  cio'  e'  stato  previsto  l'istituto,
residuale e di nuovo conio, della Gestione  separata,  con  cui  sono
stati assoggettati  ad  obbligo  contributivo  i  redditi  tratti  da
attivita' autonome esercitate in forma abituale  e  considerati  tali
dalla normativa fiscale (art. 2, comma 26, della  legge  n.  335  del
1995). 
    La   finalita',   espressamente   dichiarata   in    quest'ultima
disposizione,   e'   stata   quella   di   realizzare   l'«estensione
dell'assicurazione  generale  obbligatoria  per   l'invalidita',   la
vecchiaia ed i superstiti»; finalita' questa che ha trovato ulteriore
attuazione nella successiva evoluzione normativa, volta  ad  ampliare
progressivamente - mediante continui e ripetuti interventi  normativi
- le categorie di lavoratori tenuti ad iscriversi  a  tale  Gestione,
con il risultato di estendere l'obbligo assicurativo a quasi tutti  i
lavoratori autonomi e a tutte le forme  di  attivita'  professionale,
anche se esercitate in via meramente occasionale, ove  produttive  di
un reddito superiore a una determinata soglia. 
    La norma censurata, risultante dalla disposizione interpretata  e
da quella interpretativa, si  iscrive  in  questa  coerente  tendenza
dell'ordinamento  previdenziale  verso  la  progressiva  eliminazione
delle  lacune   rappresentate   da   residui   vuoti   di   copertura
assicurativa. 
    Essa,  pertanto,  non  introduce  elementi   di   irrazionalita',
incoerenza e illogicita' nel sistema giuridico previdenziale  -  come
sospetta il giudice rimettente - ma,  al  contrario,  nel  rivolgersi
alle aree soggettive e  oggettive  non  coperte  da  altre  forme  di
assicurazione obbligatoria,  assume  una  funzione  di  chiusura  del
sistema  stesso  e  rinviene   il   suo   fondamento   costituzionale
nell'obbligo dello Stato  di  dare  concretezza  al  principio  della
universalita' delle tutele assicurative obbligatorie relative a tutti
i lavoratori, rispetto agli eventi  previsti  nell'art.  38,  secondo
comma, Cost., nei modi indicati  dallo  stesso  parametro  al  quarto
comma (che assegna tale missione a «organi ed istituti predisposti  o
integrati dallo Stato»). 
    La tutela previdenziale, infatti,  assume  rilevanza,  sul  piano
costituzionale, per i lavoratori subordinati e per  quelli  autonomi,
essendo il lavoro tutelato «in tutte le sue  forme  ed  applicazioni»
(art. 35, primo comma, Cost.). 
    7.2.-  Ne'  cio'  si  pone  in  contraddizione  con   l'autonomia
regolamentare riconosciuta dallo stesso legislatore in generale  alle
casse categoriali, laddove queste prevedano - cosi' come  faceva,  in
particolare, la Cassa di previdenza forense prima della  riforma  del
2012 - un perimetro dell'obbligo assicurativo meno esteso  di  quello
della Gestione separata. 
    Il rapporto tra il sistema  previdenziale  categoriale  e  quello
della  Gestione  separata  si   pone   in   termini   non   gia'   di
alternativita', bensi' di complementarita'. 
    Il legislatore della riforma del 1995, con  l'introduzione  della
Gestione separata, non ha fissato in astratto un  rigido  riparto  di
competenze tra essa e le casse professionali,  ma  ha  attribuito  un
carattere elastico alla capacita' di espansione del  nuovo  istituto,
in diretta  dipendenza  dal  concreto  esercizio  della  potesta'  di
autoregolamentazione della cassa professionale. 
    Si  ha  quindi  che,   se   la   cassa   professionale,   proprio
nell'esercizio  del  potere  di  autoregolamentazione  riconosciutole
dalla  legge,  decide  di   non   includere   taluni   professionisti
(eventualmente  per  mancato  raggiungimento  di  soglie   reddituali
stabilite da propri organi interni)  nell'obbligo  di  versamento  di
contributi  utili   a   costituire   una   posizione   previdenziale,
l'operativita' della Gestione separata, quale  istituto  residuale  a
vocazione  universalistica,  vede  espandersi   la   sua   sfera   di
operativita',  sempre  che,  beninteso,  ne  ricorrano   i   relativi
presupposti; ossia che ricorra l'esercizio abituale  di  un'attivita'
professionale  che  abbia  prodotto  un  reddito   superiore   a   un
determinato importo. 
    Il meccanismo posto in essere dalla norma censurata, dunque,  non
solo non si  pone  in  contraddizione  con  il  regime  previdenziale
categoriale, ma ne integra l'operativita' al fine dell'attuazione  di
una piu' ampia finalita' mutualistica. 
    Come ha gia'  sottolineato  questa  Corte,  «[i]l  sistema  della
previdenza forense [...] e' ispirato ad un criterio  solidaristico  e
non  gia'  esclusivamente  mutualistico»  ed  e'  «tale  connotazione
solidaristica che giustifica e legittima l'obbligatorieta' -  e  piu'
recentemente l'automaticita' ex lege - dell'iscrizione alla  Cassa  e
la  sottoposizione  dell'avvocato  al  suo  regime  previdenziale   e
segnatamente agli obblighi contributivi» (sentenza n. 67 del 2018). 
    Il regime speciale categoriale risulta coerentemente integrato  -
nella misura in  cui  in  concreto,  prima  della  riforma  del  2012
dell'ordinamento della professione forense,  non  raggiungeva  ancora
una piena estensione della tutela assicurativa - con  l'operativita',
in  funzione  complementare,  della  Gestione  separata  secondo   un
principio di gradualita'. 
    7.3.-  Ne'  vi  e'  alcuna  duplicita'  di  iscrizione  ai   fini
previdenziali a  fronte  dell'unicita'  dell'attivita'  professionale
esercitata. 
    Il professionista con reddito (o volume di affari)  "sottosoglia"
non incorre in un irragionevole  obbligo  di  duplice  iscrizione  in
corrispondenza di un'unica  attivita',  ma  e'  tenuto  a  iscriversi
unicamente alla Gestione separata proprio perche' non ha l'obbligo (e
neppure  ha  esercitato  la  facolta')  di  iscriversi   alla   cassa
categoriale, cui versa soltanto il contributo integrativo. 
    L'individuazione dell'ente previdenziale verso cui  l'obbligo  di
iscrizione deve essere adempiuto dipende dall'esercizio del potere di
autoregolamentazione della cassa professionale, la  quale,  in  piena
autonomia, puo' decidere di ampliare o restringere la  sua  sfera  di
operativita', cosi' determinando, per riflesso, il  restringimento  o
l'estensione dell'ambito, soggettivo  e  oggettivo,  di  applicazione
della Gestione separata. 
    7.4.- Deve escludersi, infine, che il principio di ragionevolezza
sia leso sotto l'ulteriore profilo prefigurato  dal  giudice  a  quo:
l'avvocato  con  reddito  "sottosoglia",   iscritto   alla   Gestione
separata, non potrebbe fruire delle prestazioni previdenziali erogate
dalla Cassa forense, atteso che la  contribuzione  versata  all'INPS,
benche'  applicata  su   redditi   derivanti   dall'esercizio   della
professione, non verrebbe riversata alla Cassa medesima. Cio' sarebbe
aggravato dalla brevita' del periodo  contributivo,  conclusosi,  per
gli avvocati, con l'entrata in vigore della legge n.  247  del  2012,
che  ha  introdotto  l'automatismo  tra   l'iscrizione   all'albo   e
l'iscrizione alla Cassa forense. 
    Il legislatore, pero',  si  e'  fatto  carico,  in  termini  piu'
generali, della sempre  piu'  frequente  interazione  della  Gestione
separata con le diverse forme di assicurazione obbligatoria  previste
nell'ambito  delle  singole  categorie,  nonche'  in  ragione   della
composita  realta'  sociale,  spesso   caratterizzata   da   percorsi
professionali  eterogenei,  che  danno  luogo  a   distinti   periodi
assicurativi presso diverse gestioni di previdenza. 
    Dinanzi  a  questa  realta',  il  legislatore,   perseguendo   la
finalita' di consentire il cumulo di tutte le posizioni  contributive
accantonate durante  la  vita  lavorativa  per  conseguire  un  unico
trattamento pensionistico, ha introdotto  -  accanto  agli  istituti,
sperimentati da tempo, quali la ricongiunzione dei  contributi  e  la
loro totalizzazione nell'erogazione delle  prestazioni  -  l'istituto
del cumulo gratuito (art. 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012,
n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato "Leggi di stabilita' 2013"»), prevedendone,
da ultimo, proprio l'estensione alle  casse  professionali  (art.  1,
comma 195, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante «Bilancio di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2017  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2017-2019»). 
    Per effetto di questa disciplina, il cumulo  contributivo  -  che
consente  al  lavoratore  la  possibilita'  di  cumulare  i   periodi
assicurativi accreditati presso differenti gestioni,  senza  oneri  a
suo carico, per il riconoscimento di un'unica pensione da  liquidarsi
secondo le regole di calcolo previste da ciascun fondo e  sulla  base
delle rispettive retribuzioni di  riferimento  -  e'  fruibile  anche
dagli  iscritti  alle  casse  professionali  e  dagli  iscritti  alla
Gestione separata. 
    In ogni caso, l'iscrizione alla Gestione separata attribuisce  di
per se', ricorrendone i presupposti, il  diritto  ai  trattamenti  di
vecchiaia, di inabilita' e ai superstiti  con  i  requisiti  previsti
dalla legge. 
    8.- Fondata e' invece, nei limitati termini di cui si  dira',  la
questione sollevata in via subordinata, per effetto  della  quale  e'
sospettata di illegittimita' costituzionale la  norma  interpretativa
introdotta dall'art. 18, comma 12, del d.l.  n.  98  del  2011,  come
convertito, nella parte  in  cui  non  prevede  che  l'obbligo  degli
avvocati del libero foro  (non  iscritti  alla  cassa  di  previdenza
forense per mancato raggiungimento delle soglie di  cui  all'art.  22
della legge n. 576 del 1980) di  iscriversi  alla  Gestione  separata
istituita presso l'INPS decorra  dalla  data  della  sua  entrata  in
vigore. 
    8.1.- Il denunciato contrasto della  disposizione  in  esame  con
l'art.  3  Cost.  si  fonda  sul  rilievo  che  inizialmente  si  era
affermata, nella giurisprudenza di legittimita'  (per  effetto  delle
sopra ricordate decisioni del 2007 e  del  2008),  un'interpretazione
restrittiva   della   disposizione   successivamente    oggetto    di
interpretazione autentica (l'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del
1995), nel senso che il suo ambito soggettivo di applicazione sarebbe
stato limitato ai professionisti esercenti attivita' per le quali non
era prevista l'iscrizione in albi professionali. 
    In seguito all'introduzione, nel 2011, di  tale  disposizione  di
interpretazione autentica - ma, secondo il giudice rimettente, avente
in   realta'   portata   innovativa   con   effetto   retroattivo   -
l'orientamento giurisprudenziale di  legittimita'  e'  mutato,  cosi'
estendendosi l'obbligo di iscrizione nella Gestione separata anche ai
lavoratori autonomi iscritti agli albi professionali, ma non iscritti
alla relativa cassa previdenziale. 
    L'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del  2011,  come  convertito,
secondo l'interpretazione della citata giurisprudenza di legittimita'
a far  tempo  dal  2017,  avrebbe  quindi  innovato  nell'ordinamento
giuridico  con  effetto   retroattivo,   ribaltando   la   precedente
interpretazione restrittiva dell'art. 2, comma 26, della legge n. 335
del 1995, cosi' ledendo  il  legittimo  affidamento  dei  destinatari
nella certezza delle situazioni giuridiche. 
    I professionisti in  regola  con  il  versamento  del  contributo
integrativo,  infatti,   facendo   affidamento   sull'interpretazione
restrittiva accolta dalla  giurisprudenza  anteriore  all'entrata  in
vigore  della  disposizione  interpretativa,  avrebbero  maturato  la
legittima  convinzione  di  non  dovere  iscriversi   alla   Gestione
separata, orientando in conseguenza le loro  scelte  in  ordine  alle
modalita' e ai limiti di  esercizio  dell'attivita'  professionale  e
alla decisione se esercitare, o meno, la facolta' di iscriversi  alla
cassa categoriale. 
    Introducendo retroattivamente  una  disposizione  innovativa  con
l'effetto  di  neutralizzare  e  ribaltare  una  precedente   regola,
inoltre,  il  legislatore  sarebbe  indebitamente   intervenuto   nel
contenzioso in atto tra l'INPS  e  i  professionisti,  alterando,  in
violazione del principio del giusto processo, la "parita' delle armi"
tra le  parti,  con  conseguente  violazione  -  secondo  il  giudice
rimettente - dell'art. 6 CEDU, quale parametro  interposto  ai  sensi
dell'art. 117, primo comma, Cost. 
    8.2.- Deve innanzi  tutto  considerarsi,  in  generale,  che  una
disposizione puo' qualificarsi di  interpretazione  autentica  quando
opera  la  selezione  di  uno  dei  plausibili  significati  di   una
precedente  disposizione,   quella   interpretata,   la   quale   sia
originariamente connotata da un certo tasso di polisemia  e,  quindi,
sia suscettibile di esprimere piu' significati secondo  gli  ordinari
criteri di interpretazione della legge. 
    In  tal  senso,  la  disposizione  interpretativa  si  limita  ad
estrarre una delle  possibili  varianti  di  senso  dal  testo  della
disposizione interpretata e la norma, che risulta dalla saldatura tra
le due disposizioni, assume tale significato sin dall'origine,  dando
luogo ad una retroattivita' che, nella logica del sintagma  unitario,
e' solo  apparente.  Lo  e'  nel  senso  che  il  sopravvenire  della
disposizione interpretativa non fa venir meno,  ne'  sostituisce,  la
disposizione interpretata, ma  l'una  e  l'altra  si  saldano  in  un
precetto normativo unitario (tra le molte, sentenze n. 61  del  2022,
n. 133 del 2020, n. 167 e n. 15 del 2018 e n. 525 del 2000). 
    Questa Corte, sin da epoca  risalente,  ha  riconosciuto  che  la
funzione   legislativa   puo'   esprimersi   talora    anche    nella
interpretazione di precedenti atti normativi, la quale, per il  fatto
di provenire dallo stesso potere legislativo che ha  posto  la  norma
interpretata, si connota come «interpretazione  autentica»  (sentenze
n. 41 del 2011, n. 71 del 2010 e n. 311 del 2009; inoltre tra le piu'
risalenti, sentenza n. 175 del 1974 e gia' sentenza n. 118 del 1957). 
    Invece,  allorche'  la   disposizione,   pur   autoqualificantesi
interpretativa,  attribuisce  alla   disposizione   interpretata   un
significato nuovo, non rientrante  tra  quelli  gia'  estraibili  dal
testo originario della disposizione medesima, essa e' innovativa  con
efficacia retroattiva (sentenze n. 61 del 2022, n. 133 del  2020,  n.
209 del 2010 e n. 155 del 1990). 
    In tale evenienza, l'autoqualificazione della  disposizione  come
norma  di  interpretazione  autentica,  esprime   la   volonta'   del
legislatore  di  assegnarle  un'efficacia  retroattiva,  soggetta   a
scrutinio   stretto   in   sede   di   sindacato   di    legittimita'
costituzionale. 
    Infatti,  il  principio  di  irretroattivita'  della  legge,  pur
ricevendo tutela espressa nella Costituzione in materia penale  (art.
25, secondo comma), costituisce pur sempre un principio  fondamentale
di civilta' giuridica, che deve essere tendenzialmente preservato, in
conformita' al disposto dell'art. 11 delle  disposizioni  preliminari
al codice civile. 
    Pertanto, al di fuori  della  materia  penale,  pur  non  essendo
precluso al legislatore di emanare norme retroattive,  e'  necessario
che la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano  della
ragionevolezza, «attraverso un puntuale bilanciamento tra le  ragioni
che ne hanno motivato la previsione e  i  valori,  costituzionalmente
tutelati, al contempo potenzialmente lesi  dall'efficacia  a  ritroso
della norma adottata» (sentenze n. 70 del 2020, n. 174 e n.  108  del
2019 e n. 73 del 2017). 
    Ma anche le disposizioni realmente di  interpretazione  autentica
non  si  sottraggono,  sotto   altro   aspetto,   al   sindacato   di
costituzionalita' in ragione della generale portata del principio  di
ragionevolezza, con riguardo specificamente - come  ora  si  viene  a
dire - alla tutela dell'affidamento in ipotesi sorto nei  destinatari
delle stesse. 
    8.3.- Orbene, nella fattispecie in esame puo'  ritenersi  innanzi
tutto che l'art. 18,  comma  12,  del  d.l.  n.  98  del  2011,  come
convertito, sia  una  disposizione  genuinamente  di  interpretazione
autentica,  in  quanto  il  significato  da  essa  espresso,  secondo
l'interpretazione prevalsa nella  giurisprudenza  di  legittimita'  a
partire dal 2017, poteva ritenersi gia' contenuto tra  i  significati
plausibilmente espressi dalla disposizione interpretata. 
    Quest'ultima (art. 2, comma 26, della legge  n.  335  del  1995),
infatti, per la sua collocazione immediatamente  dopo  il  comma  25,
poteva  orientare  verso  l'interpretazione  restrittiva,   volta   a
circoscrivere l'obbligo  di  iscrizione  alla  Gestione  separata  ai
lavoratori autonomi  esercenti  attivita'  per  la  quale  non  fosse
prevista l'iscrizione in albi od elenchi.  Tuttavia  la  ratio  della
disposizione,    mirata    all'attuazione    del     principio     di
"universalizzazione" della tutela assicurativa, di  cui  si  e'  piu'
diffusamente detto sopra, al punto 7, accreditava -  come  certamente
plausibile  -  un'interpretazione  piu'  ampia,  volta  ad  estendere
l'obbligo a tutti i professionisti che, benche' iscritti  all'albo  e
in regola con il versamento del contributo integrativo, non potessero
vantare,  mediante  l'iscrizione  alla  cassa  professionale   e   il
pagamento del contributo soggettivo, la costituzione di  una  vera  e
propria  posizione  previdenziale  nell'ambito  della  categoria   di
riferimento. 
    Questa  piu'   ampia   interpretazione   appariva   ulteriormente
legittimata  dal  tenore  letterale  della  disposizione,  la   quale
dichiarava    espressamente    la    finalita'     di     «estensione
dell'assicurazione  generale  obbligatoria  per   l'invalidita',   la
vecchiaia  ed  i  superstiti»,  finalita'  che  era  stata  colta  ed
evidenziata dalla giurisprudenza, in occasione della risoluzione  del
contrasto  sulla  questione  relativa  all'inclusione  o  meno  della
Gestione separata INPS tra le forme di assicurazione obbligatoria per
l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti, per le quali  operava  il
criterio speciale  dell'iscrizione  nell'assicurazione  prevista  per
l'attivita' prevalente (Cass., sez. un., n. 3240 del 2010). 
    Nel  recare  tale  interpretazione  qualificata  come  autentica,
l'art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011,  come  convertito,  ha,
dunque,  fatto  proprio  uno  dei  significati  che  la  disposizione
interpretata poteva gia' esprimere ex ante  secondo  un  criterio  di
plausibilita',    successivamente    confermato    dalla     costante
giurisprudenza di legittimita'; la norma sospettata di illegittimita'
costituzionale,   pertanto,   costituisce   disposizione   non   gia'
innovativa   con   efficacia   retroattiva,   bensi'   di   effettiva
interpretazione  autentica.  Essa  e'   sorretta   dalla   finalita',
perseguita dal legislatore, di assicurare - a partire  dalla  riforma
previdenziale del 1995 - una copertura previdenziale anche  nell'area
non coperta dal regime della  cassa  categoriale,  allorche'  vi  sia
l'esercizio   dell'attivita'   professionale   con    carattere    di
abitualita'; finalita' che  si  ricollega  all'esigenza,  di  rilievo
costituzionale, di garantire  che  ai  lavoratori  siano  «assicurati
mezzi adeguati alle loro esigenze di  vita  in  caso  di  infortunio,
malattia, invalidita' e vecchiaia, disoccupazione involontaria» (art.
38, secondo comma, Cost.). 
    9.- L'esercizio della funzione legislativa  con  disposizioni  di
interpretazione autentica, che siano realmente tali, puo' non di meno
richiedere che si debba tener conto  dell'affidamento  scusabile,  in
precedenza riposto dai destinatari delle stesse nella interpretazione
diversa da quella successivamente fissata dal legislatore. 
    9.1.- In generale,  una  volta  verificata  la  genuinita'  della
disposizione di  interpretazione  autentica,  escludendosi  che  essa
abbia in realta', al di la' della sua  autoqualificazione,  carattere
innovativo, si ha - come gia' osservato - che la norma espressa dalla
saldatura della disposizione interpretata e di quella  interpretativa
e' tale fin dall'inizio. Il fatto di aver, in  precedenza,  confidato
in un significato diverso da quello espresso  dalla  disposizione  di
interpretazione autentica non radica  di  per  se'  solo  un  vero  e
proprio affidamento, ma si iscrive nell'ordinario  relativismo  delle
interpretazioni possibili. 
    Significativo, in proposito,  e'  che  proprio  il  regime  della
Gestione separata, qui in esame, e' stato oggetto anche  di  un'altra
(pressoche' coeva) disposizione di interpretazione autentica - l'art.
12, comma 11, del d.l. n. 78 del  2010,  come  convertito  -  che  ha
escluso l'applicazione  ad  essa  del  principio  di  assoggettamento
all'assicurazione prevista per l'attivita' prevalente nell'ipotesi di
svolgimento contestuale di altra attivita' per la quale sia  prevista
l'iscrizione in altra gestione previdenziale dell'INPS. 
    La giurisprudenza di legittimita' (Cass., sez. un., n. 17076  del
2011) e quella di questa  Corte  (sentenza  n.  15  del  2012)  hanno
riconosciuto la  reale  natura  di  disposizione  di  interpretazione
autentica e la questione di  legittimita'  costituzionale,  sollevata
con riferimento anche alla (allora dedotta) lesione dell'affidamento,
e' stata dichiarata non fondata. Ha affermato  infatti  questa  Corte
che il ricorso alla disposizione  di  interpretazione  autentica  «ha
superato una situazione di oggettiva incertezza, contribuendo cosi' a
realizzare  principi  d'indubbio  interesse  generale  e  di  rilievo
costituzionale, quali sono la certezza del diritto e l'eguaglianza di
tutti i cittadini di fronte alla legge». 
    In quel caso, pero', non solo vi  era  stata  una  pluralita'  di
indirizzi giurisprudenziali, ma anche il legislatore era  intervenuto
prontamente  quando  il  contrasto  pareva  avviato  a   composizione
introducendo la disposizione di  interpretazione  autentica,  sicche'
l'affidamento in una  diversa  interpretazione  era  fisiologicamente
ricollegabile all'ordinaria esegesi di una qualsiasi disposizione  di
legge che presenti un margine di opinabilita' nella sua lettura. 
    9.2.- Nella fattispecie in esame, invece, inizialmente  la  Corte
di  cassazione  -  in  alcune  pronunce  precedenti  alla   censurata
disposizione  di  interpretazione  autentica  (Corte  di  cassazione,
sezione lavoro, sentenze 19 giugno 2006, n. 14069, 16 febbraio  2007,
n. 3622 e 22  maggio  2008,  n.  13218),  pur  rese  con  riferimento
all'ipotesi dell'esercizio di attivita' di lavoro autonomo in assenza
dell'obbligo di iscrizione ad albi o elenchi abilitanti - e'  apparsa
univocamente orientata ad  affermare  un'interpretazione  restrittiva
dell'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, secondo la  quale
l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata  non  avrebbe  trovato
applicazione nel caso di attivita' professionale forense, sussistendo
gia'  una  specifica   cassa   di   previdenza   con   una   relativa
regolamentazione speciale dell'obbligo di iscrizione e  di  pagamento
dei contributi. 
    L'affidamento in questa interpretazione trovava, quindi, l'avallo
della giurisprudenza di legittimita' e, in ragione di cio',  assumeva
una connotazione piu' pregnante, raggiungendo un livello di  maggiore
significativita', di cui il legislatore non poteva  non  tener  conto
nel momento in cui ha introdotto la disposizione  di  interpretazione
autentica in esame. 
    Prima di quest'ultima,  il  comportamento  dell'avvocato  con  un
reddito  (o  un  volume  d'affari)  "sottosoglia",  che  ometteva  di
iscriversi alla Gestione separata e che poi sarebbe risultato  essere
"inadempiente" per  effetto  della  disposizione  di  interpretazione
autentica censurata, trovava pero' una  scusante  proprio  nei  primi
arresti della giurisprudenza di legittimita', maturati peraltro in un
contesto in cui il regime previdenziale di categoria, centrato  sulla
regolamentazione della cassa di previdenza forense,  aveva  carattere
di specialita'. 
    Il legislatore, pur fissando legittimamente, con l'art. 18, comma
12, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, un  precetto  normativo
che la  disposizione  interpretata  era  fin  dall'inizio  idonea  ad
esprimere, avrebbe dovuto comunque tener conto, in questa particolare
fattispecie,  di  tale  gia'  insorto  affidamento  in  una   diversa
interpretazione;  cio',  peraltro,  in  sintonia  con   un   criterio
destinato ad affermarsi nell'ordinamento previdenziale. 
    Infatti, in  generale  l'art.  116,  comma  15,  della  legge  23
dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)»,
ha  prescritto  che,  fermo  restando   l'integrale   pagamento   dei
contributi, gli enti previdenziali  (innanzi  tutto,  l'INPS),  sulla
base di apposite direttive emanate dal Ministro del  lavoro  e  della
previdenza sociale, fissano criteri  e  modalita'  per  la  riduzione
delle sanzioni civili, tra l'altro, «nei casi di mancato o  ritardato
pagamento di contributi o premi  derivanti  da  oggettive  incertezze
connesse a  contrastanti  ovvero  sopravvenuti  diversi  orientamenti
giurisprudenziali». 
    Nella  fattispecie  in  esame  l'affidamento  dell'avvocato   con
reddito (o volume  d'affari)  "sottosoglia",  prima  dell'entrata  in
vigore  della  disposizione  di  interpretazione  autentica,  avrebbe
dovuto essere oggetto di specifica e generalizzata tutela ex lege per
adeguare la disposizione interpretativa al canone di  ragionevolezza,
deducibile dal principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.). 
    Nell'esercizio  della  legittima  funzione   di   interpretazione
autentica, il  legislatore  era  si'  libero  di  scegliere,  tra  le
plausibili varianti di senso della disposizione  interpretata,  anche
quella disattesa dalla giurisprudenza di legittimita' dell'epoca;  ma
avrebbe dovuto farsi carico, al contempo, di  tutelare  l'affidamento
che ormai era maturato in costanza di tale giurisprudenza. 
    La reductio ad legitimitatem della norma censurata puo',  quindi,
essere operata  mediante  l'esonero  dalle  sanzioni  civili  per  la
mancata iscrizione  alla  Gestione  separata  INPS  relativamente  al
periodo precedente l'entrata in vigore della norma di interpretazione
autentica.  In  tal  modo  e'  soddisfatta   l'esigenza   di   tutela
dell'affidamento scusabile, ossia con l'esclusione della possibilita'
per   l'ente   previdenziale   di   pretendere   dai   professionisti
interessati, oltre all'adempimento dell'obbligo  di  iscriversi  alla
Gestione separata e  di  versare  i  relativi  contributi,  anche  il
pagamento delle sanzioni civili dovute per  l'omessa  iscrizione  con
riguardo al periodo intercorrente tra l'entrata in vigore della norma
interpretata e quella della norma interpretativa. 
    10.- In questi limiti, dunque - assorbita la censura  prospettata
in riferimento all'art. 117, primo  comma,  Cost.,  con  riguardo  al
parametro interposto dell'art. 6 CEDU - va accolta  la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata in via subordinata dal  giudice
rimettente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  18,  comma
12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti  per
la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella
legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui non prevede che  gli
avvocati del libero  foro  non  iscritti  alla  Cassa  di  previdenza
forense per mancato raggiungimento  delle  soglie  di  reddito  o  di
volume di affari di cui all'art. 22 della legge 20 settembre 1980, n.
576 (Riforma del sistema previdenziale forense),  tenuti  all'obbligo
di iscrizione alla Gestione  separata  costituita  presso  l'Istituto
nazionale  della  previdenza  sociale  (INPS),  siano  esonerati  dal
pagamento, in favore dell'ente previdenziale, delle  sanzioni  civili
per l'omessa iscrizione con riguardo al periodo  anteriore  alla  sua
entrata in vigore; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto  1995,  n.
335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare),
come interpretato dall'art. 18, comma 12, del d.l. n.  98  del  2011,
come  convertito,  sollevata  in   riferimento   all'art.   3   della
Costituzione, dal Tribunale ordinario  di  Catania,  in  funzione  di
Giudice del lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                     Giovanni AMOROSO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA 
 
 
                                                            Allegato: 
                     Ordinanza letta all'udienza del 23 febbraio 2022 
 
                              ORDINANZA 
 
    Visti   gli   atti   relativi   al   giudizio   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto  1995,  n.
335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare),
come interpretato dall'art. 18, comma 12, del decreto-legge 6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, nella  legge  15  luglio
2011, n. 111, nonche', in via subordinata, dell'art.  18,  comma  12,
del d.l. n. 98 del 2011,  come  convertito,  promosso  dal  Tribunale
ordinario  di  Catania,  in  funzione  di  Giudice  del  lavoro,  con
ordinanza del 2 febbraio 2021, iscritta al  numero  86  del  registro
ordinanze 2021, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica
n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti  gli  atti  di  intervento  ad  adiuvandum  depositati  nel
predetto   procedimento   dagli   avvocati   N.   A.   e   altri,   e
dall'Associazione sindacato italiano  degli  ingegneri  e  architetti
liberi professionisti nonche' dipendenti - INAREDIS. 
    Ritenuto che gli avvocati N. A. e altri hanno dedotto di avere un
interesse qualificato che  ne  legittimerebbe  la  partecipazione  al
giudizio in quanto «ognuno di loro e' stato coinvolto nella questione
di cui si discute, alla stessa stregua e con  le  medesime  modalita'
offerte a codesto Organo Giudicante dal Tribunale di Catania»; 
    che essi sono, dunque, «singole  parti  private»  in  altrettanti
giudizi introdotti per l'accertamento dell'insussistenza del  credito
contributivo vantato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS) nei loro confronti ai sensi dell'art. 2, comma 26, della legge
8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio
e complementare), come  interpretato  dall'art.  18,  comma  12,  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 15 luglio 2011, n. 111, ossia le stesse disposizioni  censurate
dal giudice rimettente; 
    che  l'Associazione  sindacato   italiano   degli   ingegneri   e
architetti liberi professionisti nonche'  dipendenti  -  INAREDIS  ha
dedotto di  essere  titolare  di  un  interesse  qualificato  che  ne
legittimerebbe l'intervento nel giudizio incidentale di  legittimita'
costituzionale in quanto «ente esponenziale altamente  qualificato  e
riconosciuto come ente di tutela dei diritti fondamentali dei  Liberi
Professionisti Iscritti ad Albi»; 
    che tra le finalita' istituzionali dell'ente, in particolare,  vi
e' proprio quella di  tutelare  gli  interessi  e  l'attivita'  degli
ingegneri ed architetti dipendenti dinanzi alle pretese  contributive
avanzate dall'INPS con l'iscrizione d'ufficio alla Gestione  separata
loro destinata. 
    Considerato che, secondo il disposto dell'art. 4, comma 7,  delle
Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale del
7 ottobre 2008 (applicabile ratione temporis),  nei  giudizi  in  via
incidentale  «possono  intervenire  i  titolari   di   un   interesse
qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto
in giudizio»; 
    che tale disposizione recepisce  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte, secondo cui la partecipazione al  giudizio  incidentale
di legittimita' costituzionale e' circoscritta, di norma, alle  parti
del giudizio a  quo,  oltre  che  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente  della  Giunta
regionale (artt. 3 e 4 delle suddette Norme integrative); 
    che a questa regola e' possibile derogare soltanto  a  favore  di
terzi che siano titolari di un interesse qualificato,  immediatamente
inerente  al  rapporto  sostanziale  dedotto  in   giudizio   e   non
semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di
censura (ex multis, ordinanze n. 225, n. 191 e n. 24 del 2021, n. 202
del 2020); 
    che  tale  interesse  qualificato  sussiste  solo  allorche'   si
configuri una posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata
immediatamente   e   irrimediabilmente   dall'esito   del    giudizio
incidentale (ordinanze n. 225 del 2021, n. 111 del 2020 e n. 159  del
2019); 
    che pertanto - con riferimento all'intervento degli  avvocati  N.
A.  e  altri  -  non  puo'   reputarsi   sufficiente,   in   funzione
dell'ammissibilita' dell'intervento, la circostanza che  il  soggetto
interveniente sia titolare di interessi analoghi a quelli dedotti nel
giudizio principale o che  sia  parte  in  un  giudizio  analogo,  ma
diverso dal giudizio a quo; 
    che neppure puo' ritenersi ammissibile l'intervento ad adiuvandum
di un ente - quale, nella specie, l'Associazione  sindacato  italiano
degli ingegneri e architetti liberi professionisti nonche' dipendenti
- INAREDIS - esponenziale di un interesse comune ad una categoria  di
persone, quando tale interesse  non  sia  direttamente  azionato  nel
giudizio principale e neppure sia immediatamente e  irrimediabilmente
pregiudicato dall'esito del giudizio di costituzionalita'; 
    che, pertanto, sia l'intervento degli avvocati N. A. e altri, sia
l'intervento  dell'Associazione  INAREDIS  devono  essere  dichiarati
inammissibili. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibili gli interventi  degli  avvocati  N.  A.  e
altri  e  dell'Associazione  sindacato  italiano  degli  ingegneri  e
architetti liberi professionisti nonche' dipendenti  -  INAREDIS  nel
giudizio di cui all'ordinanza di rimessione iscritta al numero 86 del
registro generale dell'anno 2021. 
 
                  F.to: Giuliano Amato, Presidente