N. 52 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 luglio 2022
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 luglio 2022 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione Molise - Modifiche alla legge regionale n. 25 del 2008 - Interventi per il recupero dei sottotetti, dei locali interrati e seminterrati e dei porticati - Previsione che, nelle more dell'adozione di provvedimenti conseguenziali all'accordo stipulato tra la Regione e il Ministero competente e comunque fino al 30 aprile 2023, sono ammessi gli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici, anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica. Impiego pubblico - Assunzioni a tempo determinato - Norme della Regione Molise - Nuovo ordinamento della formazione professionale - Previsione che le relative attivita' possono essere espletate anche mediante ricorso a figure esterne all'amministrazione regionale. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione Molise - Intervento regionale straordinario volto a rilanciare il settore edilizio - Modifiche alla legge regionale n. 30 del 2009 (c.d. Piano casa) - Interventi su singole unita' immobiliari - Facolta' di mutare la destinazione d'uso dei locali non destinati a civile abitazione in una ad uso residenziale - Previsione che detta variazione debba realizzarsi alle condizioni e per le finalita' ivi indicate sull'edificio esistente, anche in corso di costruzione - Interventi per il recupero degli edifici ricadenti nei centri storici - Possibilita' di ampliamento degli edifici esistenti alla data del 31 dicembre 2014, fino al 20 per cento del pertinente volume, se diretto all'esclusivo scopo di migliorarne la vivibilita' o l'efficienza energetica oppure la fruibilita' attraverso la eliminazione delle barriere architettoniche - Interventi per la realizzazione di nuovi programmi costruttivi - Comuni sprovvisti di aree libere destinate all'edilizia economica o convenzionata o agevolata o che non ne dispongano in misura sufficiente - Previsione di una facolta' straordinaria di presentazione, da parte di privati, imprese o consorzi, di programmi costruttivi finalizzati alla richiesta di nuove abitazioni da parte di cooperative edilizie e/o sociali - Ambito di applicazione - Presentazione della segnalazione certificata di inizio attivita' o della denuncia di inizio attivita' di tutti gli interventi previsti entro il 31 dicembre 2024 - Ammissibilita' degli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici, anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica, nelle more dell'adozione di provvedimenti conseguenziali all'accordo stipulato tra la Regione e il Ministero competente e comunque fino al 30 aprile 2023. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione Molise - Tutela, valorizzazione e gestione del demanio tratturi - Modifiche alla legge regionale n. 9 del 1997 - Previsione di una procedura di sdemanializzazione, trasferimento e vendita dei suoli tratturali - Priorita' dei soggetti che ricevono, per trasferimento o vendita, le aree tratturali su cui ricadono fabbricati e dei proprietari di fabbricati confinanti con le medesime aree nella fase di rinnovo delle concessioni riguardanti aree adiacenti e/o confinanti con gli immobili - Piano di alienazione. Impiego pubblico - Assunzioni a tempo indeterminato - Norme della Regione Molise - Agenzia regionale per la ricostruzione post-sisma e per le opere strategiche e la tutela del territorio (ARPS) - Modifica alla legge regionale n. 8 del 2015 - Competenze - Assunzione di personale, previa predisposizione del piano triennale dei fabbisogni di personale e nel rispetto dei vincoli assunzionali - Prevista copertura degli ulteriori posti della dotazione organica dell'Agenzia mediante procedura selettiva riservata a coloro che sono in possesso di specifica esperienza professionale nelle materie di competenza dell'Agenzia medesima. Paesaggio - Aree costiere - Norme della Regione Molise - Disposizioni in materia di valorizzazione e utilizzazione commerciale e turistica del trabucco molisano - Modifiche alla legge regionale n. 12 del 2020 - Previsione che i Comuni devono redigere piani per il recupero, il ripristino, la conservazione e la costruzione dei trabucchi, disponendo gli ambiti localizzativi per le nuove costruzioni e le norme tecniche attuative. Impiego pubblico - Stabilizzazione di personale precario - Norme della Regione Molise - Prevista attuazione, in coerenza con la prescritta ricognizione nella Regione Molise, negli enti strumentali del sistema regione e nell'azienda sanitaria regionale (A.S.Re.M.), con le modalita', i tempi e i requisiti soggettivi previsti dall'art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017. - Legge della Regione Molise 23 maggio 2022, n. 7 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2022 - 2024 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali), artt. 6, commi 2, 3, 6, 11, 12 e 14; e 8.(GU n.39 del 28-9-2022 )
Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Molise, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 6, 11, 12 e 14 e dell'art. 8 della legge della Regione Molise n. 7, del 23 maggio 2022, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 26 del 25 maggio 2022, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2022 - 2024 in materia di entrate e di spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali», come da delibera del Consiglio dei ministri del 21 luglio 2022. In data 25 maggio 2022 e' stata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 26 la legge regionale n. 7 del 23 maggio 2022, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2022 - 2024 in materia di entrate e di spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali». Il provvedimento in esame, agli articoli 6, commi 2, 3, 6, 11, 12 e 14 e 8 si pone in contrasto con diverse disposizioni costituzionali. Pertanto, con il presente atto, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la citata legge regionale n. 7/2022, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, sulla base dei seguenti Motivi 1) Art. 6, comma 2: illegittimita' per violazione del principio di leale collaborazione, nonche' per contrasto con i principi di copianificazione obbligatoria (articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo n. 42/2004, norme interposte) e con gli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma 2 della legge regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 2. Alla legge regionale 18 luglio 2008, n. 25 (Interventi per il recupero dei sottotetti, dei locali interrati e seminterrati e dei porticati), sono apportate le seguenti modifiche: a) all'art. 1, comma 1, ultimo periodo, le parole «30 aprile 2022» sono sostituite dalle seguenti parole «30 aprile 2023»;[..] 1. L'art. 6, comma 2, apporta modifiche e integrazioni alla legge regionale 18 luglio 2008, n. 25, recante «Interventi per il recupero dei sottotetti, dei locali interrati e seminterrati e dei porticati». In particolare, la lettera a) prevede che, all'art. 1, comma 1, ultimo periodo, le parole «30 aprile 2022» sono sostituite dalle seguenti parole «30 aprile 2023». Per effetto di tale modifica, il periodo in questione - inserito dall' art. 7, comma 8, della legge regionale 4 maggio 2021, n. 1 - viene ad essere cosi' formulato: «Nelle more dell'adozione di provvedimenti conseguenziali al predetto accordo e comunque fino al 30 aprile 2023, sono ammessi gli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici, anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica sulla base di decreti ministeriali ove vigenti.». Tale previsione e' stata inserita in chiusura del comma 1, dell'art. 1 della legge regionale n. 25/2008, dopo che la Regione Molise, in adempimento di un precedente impegno, aveva inserito nel medesimo comma, per mezzo della legge regionale n. 14/2020, i seguenti periodi: «Rimane fermo il rispetto delle disposizioni di cui alla Parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Con riferimento ai beni tutelati ai sensi della Parte III del decreto legislativo n. 42/2004, gli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici sono ammessi soltanto nei casi e nei limiti previsti dai piani paesaggistici di cui agli articoli 135, comma 1, e 143, comma 2, ovvero dalla disciplina d'uso dei beni paesaggistici, di cui agli articoli 140, 141 e 141-bis, ovvero nei casi e nei limiti individuati mediante apposito accordo stipulato tra la Regione e il Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo, destinato a confluire nei piani paesaggistici». Orbene, il Governo aveva gia' osservato in sede di interlocuzioni riguardanti la legge regionale n. 1 del 2021, che la regione, con la disciplina transitoria prevista in chiusura del comma 1, adottata unilateralmente, aveva in sostanza «sterilizzato» l'impegno adempiuto per il tramite delle modifiche apportate con la legge regionale n. 14/2020, questo volto a riportare interventi edilizi straordinari, che impattano anche sul paesaggio vincolato, nell'alveo della pianificazione paesaggistica. A fronte della prospettata impugnativa della predetta disposizione per violazione del principio di leale collaborazione, oltreche' per contrasto con i principi di copianificazione obbligatoria (articoli 135, 143 e 145 del codice) e con gli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione, il Presidente della Regione Molise, con nota prot. 104241 del 23 giugno 2021 (All. 2), aveva assunto l'impegno a riformulare la previsione in questione nei seguenti termini: «Nelle more della stipulazione dell'accordo di cui al periodo precedente, e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2021, sono ammessi gli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica, ferma restando la necessita' di acquisire l'autorizzazione paesaggistica.». Sulla scorta di tale impegno e confidando nell'adempimento dello stesso, il Presidente del Consiglio non ha proceduto all'impugnativa dell'art. 7, comma 8, della legge regionale n. 1/2021 che ha inserito il periodo in questione. Senonche' la regione, con l'art. 6, comma 2, lettera a), della legge regionale ora impugnata non solo non ha modificato l'ultimo periodo dell'art. 1, comma 1 della legge regionale n. 25/2008 nei termini concordati, ma ha altresi' disposto la proroga di un anno della disciplina transitoria ivi prevista. La modifica apportata si pone in netto contrasto con l'impegno puntuale assunto, e pertanto viola il principio di leale collaborazione. Occorre infatti considerare che la prassi di evitare l'impugnazione di una legge regionale incostituzionale, allorche' la regione si impegni a modificarne il contenuto per emendarla dai vizi da cui e' affetta, ha una rilevante finalita' deflattiva del contenzioso costituzionale, che consente di raggiungere un obiettivo analogo ad una sentenza di accoglimento del ricorso del Presidente del Consiglio, mediante il (corretto) riesercizio del potere legislativo da parte della stessa regione. Ma affinche' tale virtuoso modo di operare possa dare i suoi frutti, e' pero' necessario che gli impegni presi vengano poi rispettati. Se cio' non accade - come nel caso in esame - e' innegabile che risulti violato il principio di leale collaborazione che deve caratterizzare il rapporto tra Stato e regioni. Ne consegue che la disciplina transitoria di cui all'ultimo periodo dell'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 25/2008, come prorogata dalla legge regionale in esame, si pone in contrasto con l'impegno puntuale assunto in occasione della legge n. 1/2020, e poi adempiuto con la legge regionale n. 14/2020, e quindi, nuovamente, in violazione del principio di leale collaborazione. Tale ultimo impegno si colloca infatti nella scia degli accordi di pianificazione assunti tra la regione e lo Stato, che vengono disattesi con questo intervento; si deve pertanto ritenere applicabile il principio, anche di recente affermato dalla Corte, in base al quale «alle regioni non sono certamente preclusi interventi legislativi nella materia del "governo del territorio" nelle more dell'adozione del piano paesaggistico, sempre che essi non contrastino con i puntuali contenuti delle eventuali intese raggiunte prima dell'approvazione dell'accordo definitivo» (sentenza n. 54/2021, che richiama la n. 86/2019). L'impegno assunto dal Presidente della regione ben puo' essere considerato, nei contenuti, (non solo un comportamento, bensi') anche parte integrante delle suddette intese. L'elaborazione unilaterale, da parte della regione, della disciplina applicabile agli immobili paesaggisticamente tutelati, al di fuori del piano paesaggistico, sebbene transitoria, contrasta inoltre con il principio di copianificazione obbligatoria e del ruolo di vertice conferito al piano di cui agli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio. Non spetta infatti alla regione disciplinare unilateralmente i beni paesaggisticamente tutelati, in quanto la sede di tale disciplina e' individuata dal codice nel piano paesaggistico, da elaborarsi congiuntamente tra la regione e lo Stato. Si ritiene che questo vizio si estenda conseguentemente anche alle ipotesi ampliative sopra descritte. Il legislatore nazionale, nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio, ha assegnato infatti al piano paesaggistico una posizione di assoluta preminenza nel contesto della pianificazione territoriale. L'art. 135, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio dispone, in particolare, che: «Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: "piani paesaggistici". L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo art. 143». I successivi articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del codice citato sanciscono, poi, l'inderogabilita' delle previsioni del predetto strumento da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico e la loro cogenza rispetto agli strumenti urbanistici, nonche' l'immediata prevalenza del piano paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica (cfr. sentenza n. 180/2008). Mediante la suddetta disciplina statale, e' stata effettuata una scelta di principio la cui validita' e importanza e' gia' stata evidenziata piu' volte dalla Corte, in occasione dell'impugnazione di leggi regionali che intendevano mantenere uno spazio decisionale autonomo agli strumenti di pianificazione dei comuni e delle regioni, eludendo la necessaria condivisione delle scelte attraverso uno strumento di pianificazione sovracomunale, definito d'intesa tra lo Stato e la regione. La Corte ha infatti affermato l'esistenza di un vero e proprio obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione statale, di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con riferimento ai beni vincolati (sentenza n. 86/2019) e ha rimarcato come l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (sentenze n. 182/2006 e 272/2009). Pertanto la disposizione in esame deve ritenersi illegittima per violazione del principio di leale collaborazione, oltreche' per contrasto con i principi di copianificazione obbligatoria (articoli 135, 143 e 145 del codice) e con gli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. Stante il generale abbassamento del livello di tutela, la novella contrasta anche con il valore primario e assoluto del paesaggio, riconosciuto dall'art. 9 della Costituzione (sentenza n. 367/2007). 2) Art. 6, comma 3: illegittimita' per violazione degli articoli 97 e 117, comma 2, lettera 1) della Costituzione nonche' del decreto legislativo n. 165/2001 (norma interposta). L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma 3 della legge regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 3. All'art. 21 della legge regionale 30 marzo 1995, n. 10 (Nuovo ordinamento della formazione professionale), il comma 2 e' sostituito dal seguente comma: «2. Tutte le attivita' di cui al comma 1 possono essere espletate anche mediante ricorso a figure esterne all'Amministrazione regionale, ove il dirigente del settore istruzione e formazione professionale ne ravvisi l'opportunita'.». In virtu' della novella legislativa, viene disposto che le funzioni inerenti all'accertamento dei requisiti per il riconoscimento del Centro di formazione professionale, delle sedi di svolgimento dei corsi e la vigilanza ed il controllo tecnico, didattico, amministrativo e contabile sullo svolgimento delle attivita' concorsuali di competenza della regione o delle province - nel caso in cui il dirigente del settore istruzione e formazione professionale ne ravvisi l'opportunita' - possono essere espletate anche mediante ricorso a figure esterne all'Amministrazione regionale. La disposizione non chiarisce in virtu' di quali istituti giuridici possa eventualmente attuarsi il suddetto «ricorso a figure esterne dell'Amministrazione regionale», tenuto peraltro conto che il ricorso a personale esterno, qualora attuato mediante contratti di collaborazione, deve avvenire nel rispetto della normativa statale vigente, contenuta nell'art. 7, commi 6 e 6-bis del decreto legislativo n. 165/2001, nonche' nell'art. 19, commi 6, 6-bis, 6-ter del medesimo decreto legislativo per le ipotesi di incarichi dirigenziali. Tali disposizioni dettano specifici requisiti di legittimita' che trovano applicazione nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni in quanto afferiscono alla materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato, posto che l'avvalimento del personale di cui trattasi avviene mediante la stipulazione di un contratto di diritto privato. Alla luce di quanto sopra, la disposizione deve ritenersi illegittima in quanto si pone in contrasto con gli articoli 97 e 117, comma 2, lettera 1) della Costituzione. 3) Art. 6, comma 6: illegittimita' per violazione del principio di leale collaborazione, degli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonche' degli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturale e del paesaggio, costituenti norme interposte. L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma 6 della legge regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 6. Alla legge regionale 11 dicembre 2009, n. 30 (Intervento regionale straordinario volto a rilanciare il settore edilizio, a promuovere le tecniche di bioedilizia e l'utilizzo di fonti di energia alternative e rinnovabili, nonche' a sostenere l'edilizia sociale da destinare alle categorie svantaggiate e l'edilizia scolastica), sono apportate le seguenti modifiche: a) all'art. 2, comma 10, secondo periodo, dopo la parola «anche» e prima della parola «limitatamente» sono aggiunte le seguenti parole «in corso di costruzione e»; b) all'art. 2-bis, comma 1, le parole ricomprese tra «ampliamento degli edifici» ed «esistenti alla data del 31 dicembre 2014» sono soppresse; c) all'art. 6, il comma 1 e' sostituito dal seguente comma: «1. Nei comuni sprovvisti di aree libere destinate all'edilizia economica o convenzionata o agevolata o che non ne dispongano in misura sufficiente, in via straordinaria e' consentita la presentazione, da parte di privati, imprese o consorzi, di programmi costruttivi finalizzati alla richiesta di nuove abitazioni da parte di cooperative edilizie e/o sociali.»; d) all'art. 11, comma 1, sono apportate le seguenti modifiche: 1) al primo periodo, le parole «31 dicembre 2022» sono sostituite dalle parole «31 dicembre 2024»; 2) all'ultimo periodo, le parole «30 aprile 2022» sono sostituite dalle parole «30 aprile 2023». L'art. 6, comma 6, apporta modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 30/2009 (c.d. piano casa), che prevede la possibilita' di realizzare numerosi interventi edilizi, di ampliamento, di recupero, di rinnovamento, anche nei centri storici, in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici comunali, con l'effetto di ampliare ulteriormente le ipotesi previste, da considerare invece frutto di un intervento legislativo del tutto eccezionale, la cui durata (ipotizzata nell'intesa Stato-regioni del 1° aprile 2009) era temporalmente limitata, fino a un massimo di soli 18 mesi. In particolare, la lettera b) del comma 6, interviene sull'art. 2-bis, comma 1. Tale comma, prima della novella portata dalla legge di cui all'oggetto, prevedeva che: «1. Al fine di rigenerare il patrimonio edilizio ricadente nei centri storici di cui all'art. 2 del decreto ministeriale n. 1444/1968, e' consentito l'ampliamento degli edifici ad uso residenziale esistenti alla data del 31 dicembre 2014, fino al 20 per cento del volume esistente, se diretto all'esclusivo scopo di migliorarne la vivibilita' o l'efficienza energetica oppure la fruibilita' attraverso la eliminazione delle barriere architettoniche». Orbene, la lettera b) del comma 6 ha previsto che le parole ricomprese tra «ampliamento degli edifici» ed «esistenti alla data del 31 dicembre 2014» sono soppresse. In disparte l'incongrua formulazione della previsione normativa, l'effetto sostanziale della novella e' quello di consentire l'incremento volumetrico fino al 20 per cento per tutti gli edifici, e non gia' soltanto per quelli a uso residenziale. Inoltre, l' ambito applicativo della disposizione non e' piu' limitato ai soli edifici esistenti alla data del 31 dicembre 2014, ma e' esteso a qualsivoglia costruzione, realizzata in qualunque tempo, e persino a quelle di futura realizzazione. Ancora, la lettera d) del comma 6, interviene sull'art. 11, comma 1, della legge regionale n. 30/2009, apportando le seguenti modifiche: 1) al primo periodo, le parole «31 dicembre 2022» sono sostituite dalle parole «31 dicembre 2024»; 2) all'ultimo periodo, le parole «30 aprile 2022» sono sostituite dalle parole «30 aprile 2023». Per effetto di tali modifiche, viene dunque anzitutto prorogata l'operativita' temporale della legge sul piano casa, disponendo che le segnalazioni certificate di inizio attivita' o la denuncia di inizio attivita' di tutti gli interventi previsti nella legge possono essere presentate non piu' fino al 31 dicembre 2022, bensi' fino 31 dicembre 2024. La seconda modifica interviene sull'ultimo periodo del comma 1 dell' art. 11, introdotto dall' art. 7, comma 7, lettera d) della legge regionale n. 1/2021, prevedendo, come visto, che le parole «30 aprile 2022» sono sostituite dalle parole «30 aprile 2023». Per effetto di tale modifica, il periodo risulta dunque cosi' formulato: «Nelle more dell'adozione di provvedimenti conseguenziali al predetto accordo e comunque fino al 30 aprile 2023, sono ammessi gli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici, anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica sulla base di decreti ministeriali ove vigenti.». Tale previsione e' stata inserita in chiusura del comma 1, del citato art. 11, dopo che la Regione Molise aveva inserito, in precedenza, nel medesimo comma, per mezzo della legge regionale n. 14/2020, i seguenti periodi: «Rimane fermo il rispetto delle disposizioni di cui alla Parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Con riferimento ai beni tutelati ai sensi della Parte III del decreto legislativo n. 42/2004, gli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici sono ammessi soltanto nei casi e nei limiti previsti dai piani paesaggistici di cui agli articoli 135, comma 1, e 143, comma 2, ovvero dalla disciplina d'uso dei beni paesaggistici, di cui agli articoli 140, 141 e 141-bis, ovvero nei casi e nei limiti individuati mediante apposito accordo stipulato tra la regione e il Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo destinato a confluire nei piani paesaggistici». Tale intervento normativo era seguito, a sua volta, a un preciso impegno del Presidente della Regione Molise, assunto, su proposta del Governo, in sede di interlocuzione in ordine alla legge regionale n. 1/2020, con la quale si era prorogata l'efficacia del piano casa. In tale occasione si era infatti evidenziato che la continua proroga di interventi non assentibili in via ordinaria presentava delle criticita' con la disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel codice dei beni culturali e del paesaggio, e quindi con la potesta' legislativa esclusiva spettante allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Infatti tali interventi, proprio a fronte della loro ammissibilita', in origine, per un arco di tempo limitato, sono collocati al di fuori del necessario quadro di riferimento che dovrebbe essere costituito dalle previsioni del piano paesaggistico, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del codice di settore. Soltanto a quest'ultimo strumento, elaborato d'intesa tra Stato e regione, spetta infatti di stabilire, per ciascuna area tutelata, le c.d. prescrizioni d'uso (e cioe' i criteri di gestione del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria) e di individuare la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. Si era pertanto concordato con la regione di inserire nel testo normativo il necessario quadro di riferimento, costituito dal piano paesaggistico regionale. Ciononostante la regione, con l'art. 7, comma 7, lettera d), della legge regionale n. 1/2021 ha introdotto una disciplina transitoria, appunto prevedendo che, nelle more dell'adozione di provvedimenti conseguenziali al predetto accordo e comunque fino al 30 aprile 2022, fossero ammessi gli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici, anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica sulla base di decreti ministeriali ove vigenti. In sede di interlocuzioni riguardanti la legge n. 1 del 2021, il Governo aveva gia' stigmatizzato la legittimita' di tale ultima previsione. L'impegno puntuale assunto in occasione della legge n. 1/2020, e poi concretizzato con la LR. 14/2020, si collocava infatti sulla scia degli accordi di pianificazione assunti tra la regione e lo Stato, che venivano a essere disattesi con l'anzidetto intervento. A fronte della prospettata impugnativa della predetta disposizione, il Presidente della Regione Molise, con la gia' citata nota prot. 104241 del 23 giugno 2021 (All.2), aveva assunto l'impegno a riformulare la previsione in questione nei seguenti termini: «Nelle more della stipulazione dell'accordo di cui al periodo precedente, e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2021, sono ammessi gli interventi comportanti modifiche all'aspetto esteriore degli edifici anche nei territori assoggettati a tutela paesaggistica, ferma restando la necessita' di acquisire l'autorizzazione paesaggistica.». Sulla scorta di tale impegno e confidando nell'adempimento dello stesso, il Presidente del Consiglio non ha proceduto con l'impugnativa dell'art. 7, comma 7, lettera d), della citata legge regionale n. 1/2021, che ha inserito il periodo in questione. Senonche' la regione, con l'art. 6, comma 6, lettera d), della legge regionale in esame, non solo non ha modificato l'ultimo periodo dell'art. 1, comma 1 della legge regionale 18 luglio 2008, n. 25, nei termini concordati, ma ha altresi' disposto una proroga di un anno della disciplina transitoria ivi prevista. La modifica apportata si pone in netto contrasto con l'impegno puntuale assunto, e pertanto in violazione del principio di leale collaborazione. Inoltre, la stessa disciplina transitoria, elaborata unilateralmente dalla regione, risulta illegittima, in quanto in contrasto con l'impegno puntuale assunto in occasione della legge n. 1/2020, e poi adempiuto con la legge regionale n. 14/2020. Tale impegno si colloca nello stesso solco degli accordi finalizzati alla elaborazione congiunta del piano, e si deve pertanto ritenere applicabile il principio, anche di recente affermato dalla Corte, in base al quale: «alle regioni non sono certamente preclusi interventi legislativi nella materia del «governo del territorio» nelle more dell'adozione del piano paesaggistico, sempre che essi non contrastino con i puntuali contenuti delle eventuali intese raggiunte prima dell'approvazione dell'accordo definitivo» (sentenze n. 54/2021 e 86/2019). Anche tale impegno, come gia' evidenziato, deve essere considerato parte integrante delle suddette intese. L'elaborazione unilaterale, da parte della regione, della disciplina applicabile agli immobili paesaggisticamente tutelati, al di fuori del piano paesaggistico, sebbene transitoria, contrasta inoltre con il principio di copianificazione obbligatoria e del ruolo di vertice conferito al piano di cui agli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio. Non spetta infatti alla regione, unilateralmente, disciplinare i beni paesaggisticamente tutelati, la cui disciplina e' rimessa dal codice inderogabilmente al piano paesaggistico, da elaborarsi congiuntamente tra la regione e lo Stato. Parimenti illegittima deve ritenersi la proroga della legge sul piano casa disposta fino al 31 dicembre 2024. Finalita' della legge regionale n. 30/2009, recante il c.d. piano casa, era quella di consentire interventi «straordinari» per un periodo temporalmente limitato. Com'e' noto la Corte, intervenuta al riguardo, ha evidenziato come il c.d. piano casa si configuri alla stregua di «misura straordinaria di rilancio del mercato edilizio» predisposta nel 2008 dal legislatore statale, contenuta nell'art. 11 del decreto-legge n. 112/2008 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133. In particolare l'art. 11, comma 5, lettera b), prevedeva che detto piano potesse realizzarsi anche attraverso possibili: «incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, spazi pubblici e di miglioramento della qualita' urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444». Nel 2009, per dare attuazione a tale norma fece seguito l'intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata, stipulata in data 1° aprile 2009, che ha consentito ai legislatori regionali «( ... ) aumenti volumetrici (pari al 20 per cento o al 35 per cento in caso di demolizione e ricostruzione) a fronte di un generale miglioramento della qualita' architettonica e/o energetica del patrimonio edilizio esistente.» (sentenza n. 70/2020). La predetta finalita' risulta tuttavia snaturata dalla regione, la quale, attraverso le continue proroghe apportate con le leggi regionali che si sono susseguite nel tempo - da ultimo quella prevista con la legge regionale in esame - ha determinato la sostanziale stabilizzazione delle deroghe consentite dalla legge n. 30 del 2009, con il risultato di accrescere enormemente, per sommatoria, il numero degli interventi assentibili in deroga alla pianificazione urbanistica. La scelta cosi' operata dalla regione si pone in contrasto con la disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004), risultando invasiva della potesta' legislativa esclusiva spettante allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Cio' in quanto gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia, proprio a fronte della loro ammissibilita', in origine, per un arco di tempo estremamente limitato, sono collocati al di fuori del necessario quadro di riferimento che dovrebbe essere costituito dalle previsioni del piano paesaggistico, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del codice di settore. Soltanto a quest'ultimo strumento, elaborato d'intesa tra Stato e regione, spetta infatti di stabilire, per ciascuna area tutelata, le c.d. prescrizioni d'uso (e cioe' i criteri di gestione del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria) e di individuare la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. L'art. 11, comma 1 della legge regionale n. 30/2009, come modificato dalla legge regionale in esame, contrasta dunque con la scelta del legislatore statale di rimettere alla pianificazione la disciplina d'uso dei beni paesaggistici (c.d. vestizione dei vincoli) ai fini dell'autorizzazione degli interventi, come esplicitata negli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturale e del paesaggio, costituenti norme interposte rispetto al parametro costituzionale di cui agli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione Al riguardo, occorre tenere presente che la parte III del codice dei beni culturali e del paesaggio delinea un sistema organico di tutela paesaggistica, inserendo i tradizionali strumenti del provvedimento impositivo del vincolo e dell'autorizzazione paesaggistica nel quadro della pianificazione paesaggistica del territorio, che deve essere elaborata concordemente da Stato e regione. Il legislatore nazionale, nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva in materia, ha assegnato al piano paesaggistico una posizione di assoluta preminenza nel contesto della pianificazione territoriale. Gli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del codice di settore sanciscono infatti l'inderogabilita' delle previsioni del predetto strumento da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico e la loro cogenza rispetto agli strumenti urbanistici, nonche' l'immediata prevalenza del piano paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica (cfr. sentenza n. 180/2008). Come gia' ricordato, la Corte ha affermato l'esistenza di un vero e proprio obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione statale, di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con riferimento ai beni vincolati (sentenza n. 86/2019) e ha rimarcato che l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (sentenze n. 182/2006 e n. 272/2009). In linea con la propria costante giurisprudenza, la Corte, anche di recente, ha affermato, con riguardo alla proroga delle normative di c.d. piano casa, che: «E' proprio l'indefinito succedersi delle proroghe, ancorate all'entrata in vigore di una nuova legge regionale sul governo del territorio o a termini di volta in volta differiti, che interferisce con la tutela paesaggistica e determina il vulnus denunciato dal ricorrente. La previsione impugnata, nel sancire per un tempo apprezzabile un'ulteriore proroga di disposizioni che derogano alla pianificazione urbanistica, consente reiterati e rilevanti incrementi volumetrici del patrimonio edilizio esistente, isolatamente considerati e svincolati da una organica disciplina del governo del territorio, che lo stesso legislatore regionale individua come la sede piu' appropriata per la regolamentazione di interventi di consistente impatto, nel rispetto dei limiti posti dallo statuto di autonomia alla potesta' legislativa primaria. La legge regionale, consentendo interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, trascura l'interesse all'ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica, e cosi' danneggia "il territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente, nel suo aspetto paesaggistico e ambientale» (sentenza n. 219 del 2021, punto 4.2. del Considerato in diritto)"» (sentenza n. 24/2022, § 6.5.2. in diritto). Per quanto esposto le disposizioni indicate devono ritenersi illegittime laddove dispongono la proroga di interventi non assentibili in via ordinaria in quanto si pongono in contrasto con la disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel codice dei beni culturali e del paesaggio, e quindi con la potesta' legislativa esclusiva spettante allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. In conclusione, l'elaborazione unilaterale regionale, della disciplina applicabile agli immobili paesaggisticamente tutelati, al di fuori del piano paesaggistico contrasta con il principio di copianificazione obbligatoria e del ruolo di vertice conferito al piano di cui agli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto non spetta alla regione, unilateralmente, disciplinare i beni paesaggisticamente tutelati, la cui disciplina e' rimessa dal codice inderogabilmente al piano paesaggistico, da elaborarsi congiuntamente tra la regione e lo Stato. E' inoltre illegittima la proroga della legge sul piano casa disposta fino al 31 dicembre 2024. Finalita' della legge regionale n. 30 del 2009, recante il c.d. piano casa, era infatti quella di consentire interventi «straordinari» per un periodo temporalmente limitato. La scelta operata dalla regione contrasta con la disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, risultando invasiva della potesta' legislativa esclusiva spettante allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. L'art. 11, comma 1 della legge regionale n. 30/2009, come modificato dalla legge regionale in esame, contrasta dunque con la scelta del legislatore statale di rimettere alla pianificazione la disciplina d'uso dei beni paesaggistici (c.d. vestizione dei vincoli) ai fini dell'autorizzazione degli interventi, come esplicitata negli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturale e del paesaggio, costituenti norme interposte rispetto al parametro costituzionale di cui agli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 4) Art. 6, comma 11: illegittimita' per violazione degli articoli 3 e 9 della Costituzione, nonche' 117, comma 1, lettera e) della Costituzione. L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma 11 della legge regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 11. Alla legge regionale 11 aprile 1997, n. 9 (Tutela, valorizzazione e gestione del demanio tratturi), sono apportate le seguenti modifiche: a) all'art. 5, il comma 2 e' sostituito dal seguente comma: «2. Tutti gli oneri connessi alle operazioni di cui al comma 1, inclusi gli interventi per la salvaguardia della continuita' del percorso tratturale, sono a carico degli enti pubblici e territoriali a cui verranno trasferiti i suoli.»; b) l'art. 6 e' sostituito dal seguente: «Art. 6 (Tratturi da sclassificare e alienare). - 1. La Giunta regionale, sulla base dei piani di alienazione trasmessi dai comuni interessati entro e non oltre il 31 dicembre di ogni anno, provvede ad elaborare l'elenco dei suoli fratturali irrimediabilmente compromessi dalla presenza di manufatti e strutture non amovibili. Per tali suoli si prevede la sdemanializzazione, il trasferimento e la vendita. 2. A seguito dell'approvazione da parte del Consiglio regionale dell'elenco di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale provvede alla sclassificazione e alla alienazione dei suoli tratturali per i quali e' prevista la vendita e il trasferimento, tutelando comunque la continuita' del percorso tratturale, secondo le seguenti priorita': a) enti pubblici territoriali; b) possessori attuali o loro eredi sulla base di titolo legittimo. 3. Il prezzo di vendita e' calcolato sulla base della normativa vigente in materia di esproprio ed e' riferito al valore del suolo. 4. I soggetti che ricevono, per trasferimento o vendita, le aree tratturali su cui ricadono fabbricati e i proprietari di fabbricati confinanti con le medesime aree hanno priorita' nella fase di rinnovo delle concessioni riguardanti aree adiacenti e/o confinanti con gli immobili.»; c) l'art. 7 e' sostituito dal seguente: «Art. 7 (Piano di alienazione). - 1. A seguito dell'approvazione dei piani di alienazione, i soggetti di cui all'art. 6, comma 2, lettere a) e b), interessati all'acquisto o al trasferimento dei suoli tratturali, possono presentare apposita domanda al competente servizio regionale. 2. Con cadenza annuale, la regione elabora il piano di alienazione dei propri suoli. 3. Il piano contiene: a) l'elenco dei potenziali acquirenti, anche di quelli a titolo gratuito, secondo quanto stabilito dall'art. 6; b) i prezzi di vendita stabiliti sulla base di quanto previsto dal comma 3 dell'art. 6; c) una relazione generale. 4. I possessori dei suoli tratturali, che intendono procedere all'acquisto degli stessi ai sensi della presente legge, sono comunque tenuti al pagamento delle somme dovute e non corrisposte per canoni pregressi a norma delle disposizioni delle leggi vigenti in materia.»; d) all'art. 8, il comma 1 e' sostituito dal seguente comma: «1. La Giunta regionale, sentiti gli enti locali interessati nonche' le organizzazioni professionali agricole, ambientaliste e del tempo libero maggiormente rappresentative, provvede all'elaborazione del piano di valorizzazione dei tratturi costituenti il "Parco dei tratturi" che puo' collegarsi con altri piani similari.»; e) all'art. 10, il comma 2 e' sostituito dal seguente comma: «2. Le attivita' di controllo e vigilanza, nonche' quelle di accertamento degli abusi, sono demandate agli organi di cui alla normativa vigente in materia. L'applicazione delle sanzioni e' demandata alle strutture regionali competenti.»; f) all'art. 13, comma 1, le parole «alle previsioni dell'elenco formulato ai sensi dell'art. 4 ed al Piano di cui all'art. 8» sono sostituite dalle seguenti parole «alla normativa vigente.»; g) all'art. 13, dopo il comma 3, e' aggiunto il seguente comma: «3-bis. Le norme tecniche e procedurali della presente legge sono disciplinate con provvedimento della Giunta regionale.». L'art. 6, comma 11, apporta molteplici modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 aprile 1997, n. 9, recante «Tutela, valorizzazione e gestione del demanio tratturi». In particolare, in questa sede rilevano le lettere b) e c), che sostituiscono, rispettivamente, gli articoli 6 e 7 della legge regionale n. 9/1997. Tali previsioni si inseriscono nell'ambito di una legge che, all'art. 4, riconosce espressamente che i tratturi, in quanto beni di notevole interesse storico, archeologico, naturalistico e paesaggistico, nonche' utili all'esercizio dell'attivita' armentizia, vengono conservati al demanio regionale e costituiscono un sistema organico della rete tratturale denominato «Parco dei tratturi del Molise». Ancora, il comma 2 del medesimo articolo prosegue prevedendo che i tratturi, come sopra definiti, vengono gestiti e amministrati dalla regione nel rispetto dei vincoli disposti dal Ministero per i beni culturali ed ambientali (ora Ministero della cultura), ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Orbene, nonostante tale espresso riconoscimento, la regione, agli articoli 6 e 7 della legge regionale n. 9/1997, come sostituiti dalla legge regionale in esame, prevede l'alienazione dei suoli tratturali compromessi, senza fare salva la disciplina di cui al Titolo I, Capo IV, Sezione I, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante disposizioni in tema di alienazione e altri modi di trasmissione dei beni sottoposti a tutela. Al riguardo, giova rammentare come l'art. 53, comma 2, del codice prevede espressamente che i beni del demanio culturale non possono essere alienati, ne' formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei limiti e con le modalita' previsti dal codice stesso. In particolare, secondo quanto statuito dall'art. 54, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004 sono inalienabili i beni del demanio culturale di seguito indicati: gli immobili e le aree di interesse archeologico; gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente; le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e biblioteche; gli archivi; gli immobili dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi dell'art. 10, comma 3, lettera d); le cose mobili che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni, se incluse in raccolte appartenenti ai soggetti di cui all'art. 53. Il comma 2 del medesimo articolo prevede, inoltre, che sono altresi' inalienabili le cose appartenenti ai soggetti indicati all'art. 10, comma 1, che siano opera di autore non piu' vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, fino alla conclusione del procedimento di verifica di interesse culturale di cui all'art. 12 del codice. Se il procedimento si conclude con esito negativo, le cose medesime sono liberamente alienabili, ai fini del codice, ai sensi dell'art. 12, commi 4, 5 e 6. E, ancora, si prevede che sono inalienabili i singoli documenti appartenenti ai soggetti di cui all'art. 53, nonche' gli archivi e i singoli documenti di enti ed istituti pubblici diversi da quelli indicati al medesimo art. 53. Quanto ai beni culturali immobili appartenenti al demanio culturale diversi da quelli innanzi indicati, l'art. 55 del codice prevede che essi non possono essere alienati senza l'autorizzazione del Ministero. Con riguardo ai tratturi, aventi ordinariamente la natura di immobili di interesse archeologico, l'alienabilita' e', pertanto, esclusa espressamente dal citato art. 54 del codice. Inoltre, come sopra indicato, anche al di fuori delle fattispecie di cui al predetto art. 54, la sdemanializzazione e l'alienazione di tali beni non potrebbe avvenire in ogni caso senza l'autorizzazione dei competenti organi del Ministero della cultura. Deve, infine, aggiungersi che l'eventuale compromissione dei tratturi di proprieta' demaniale giustificherebbe l'adozione di iniziative volte al recupero e alla valorizzazione dei tracciati, e non certo la sdemanializzazione e l'alienazione degli stessi; misura, questa, che determina un arbitrario abbassamento della tutela, in violazione degli articoli 3 - anche sotto il profilo della irragionevolezza di una tale scelta normativa - e 9 della Costituzione. Alla luce di tutto quanto sopra, le disposizioni sopra indicate devono ritenersi illegittime per violazione degli articoli 3 e 9 della Costituzione. Sotto altro profilo, l'art. 6, comma 11, lettera b) nel prevedere una nuova formulazione dell'art. 6 della legge regionale n. 9/1997, comporta - in favore dei soggetti che ricevono per trasferimento o vendita le aree tratturali su cui ricadono fabbricati e dei proprietari dei fabbricati confinanti con le medesime aree - la priorita' in sede di rinnovo delle concessioni riguardanti aree adiacenti e/o confinanti con gli immobili (art. 6, comma 4 della legge regionale n. 9/1997 nuova formulazione). Al riguardo, il dato normativo non e' chiaro nell'indicare se la priorita' in sede di rinnovo sia da intendersi come prelazione, a parita' di prezzo offerto da piu' soggetti. La regione, a fronte delle richieste di chiarimento sul punto formulate dal Governo, ha risposto tra l'altro: «si conferma che il diritto di prelazione in sede di rinnovo, previsto nella nuova formulazione dell'art. 6, comma 4 della legge regionale n. 9/1997, sia da intendersi come prelazione, a parita' di prezzo offerto da piu' soggetti». In realta', nella nuova formulazione dell'art. 6, comma 4 citato non si parla di prelazione, bensi' di «priorita' nella fase di rinnovo delle concessioni» in favore dei proprietari di fabbricati e aree tratturali adiacenti. Questa differenza sostanziale non puo' essere superata, se non con una modifica della norma in questione. Ne consegue che la disposizione in esame, avendo l'effetto di restringere la concorrenza nelle procedure di concessione di aree pubbliche, si pone in contrasto con l'art. 117, comma 1, lettera e) della Costituzione. 5) Art. 6, comma 12: illegittimita' per violazione degli articoli 97, 117, comma 2, lettera l) e 117, comma 3, della Costituzione, nonche' articoli 6 e 6-ter decreto legislativo n. 165/2001 (norma interposta). L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma 12 della legge regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 12. Alla legge regionale 4 maggio 2015, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali), sono apportate le seguenti modifiche: a) al «Capo II» dopo le parole «per la ricostruzione post-sisma» sono aggiunte le seguenti parole «e per le opere strategiche e la tutela del territorio (ARPS)»; b) all'art. 11, comma 3, dopo le parole «l'ultimazione della ricostruzione post-sisma» sono aggiunte le seguenti parole «nonche' l'accelerazione delle procedure per l'individuazione degli interventi pubblici di rilevanza strategica regionale, per la realizzazione delle opere strategiche, il potenziamento e l'adeguamento infrastrutturale della Regione Molise» e dopo le parole «post-sisma» sono aggiunte le seguenti parole «e per le opere strategiche e la tutela del territorio»; c) all'art. 11, dopo il comma 3-bis, sono aggiunti i seguenti commi: «3-ter. Nell'ambito degli indirizzi forniti dalla regione, l'agenzia esercita compiti esclusivi di studio, progettazione e realizzazione delle opere pubbliche di competenza e di interesse regionale. In particolare: a) individua le opere di rilevanza strategica in relazione a finanziamenti regionali, statali o derivanti da strumenti finanziari europei da sottoporre all'approvazione del Consiglio regionale e ne studia la fattibilita'; b) provvede alla valutazione della fattibilita', alla progettazione e realizzazione delle opere di cui alla lettera a), previa approvazione e relativo stanziamento delle risorse finanziarie; c) svolge ogni altro compito affidato al Comitato tecnico amministrativo regionale di cui alla legge regionale 14 luglio 1979, n. 19 (Norme per l'esecuzione dei lavori e delle opere pubbliche di interesse regionale). Con deliberazione della Giunta regionale sono disciplinate le modalita' di svolgimento delle predette funzioni. 3-quater. All'Agenzia regionale per la ricostruzione post-sisma e per le opere strategiche e la tutela del territorio (ARPS) sono assegnate anche le competenze in materia di: a) indagini sul territorio per il censimento, la conoscenza e il monitoraggio delle aree instabili; b) studi di microzonazione sismica ed elaborati cartografici; c) analisi per la Condizione limite per l'emergenza (CLE) per gli insediamenti urbani; d) attivita' di previsione, prevenzione e salvaguardia del territorio dal rischio idrogeologico, idraulico e sismico; e) partecipazione a progetti europei attinenti alle tematiche sopra elencate nei programmi della cooperazione territoriale; f) altre competenze in materia che, volta per volta, la Giunta regionale, con apposito provvedimento, provvede ad assegnare.»; d) all'art. 15, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti commi: «2-bis. L'Agenzia, al ricorrere delle condizioni previste dalla vigente normativa, previa predisposizione del piano triennale dei fabbisogni di personale e nel rispetto dei vincoli assunzionali, puo' assumere personale. 2-ter. La copertura degli ulteriori posti della dotazione organica dell'Agenzia avviene con procedura selettiva riservata a coloro che sono in possesso di specifica esperienza professionale nelle materie di cui all'art. 11, comma 3-quater, della presente legge.»; e) all'art. 16, comma 3, dopo le parole «ricostruzione post-sisma» sono aggiunte le parole «e per le opere strategiche e la tutela del territorio»; f) all'art. 19, dopo il comma 2, e' aggiunto il comma: «2-bis. Agli oneri finanziari derivanti dall'attuazione della presente legge concorre altresi' la quota regionale prevista per la microzonazione.». L'art. 6, comma 12, lettera d) introduce i commi 2-bis e 2-ter nel corpo dell'art. 15 della legge regionale 4 maggio 2015, n. 8 (recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali»), i quali dispongono (comma 2-bis) che l'Agenzia regionale di protezione civile, al ricorrere delle condizioni previste dalla vigente normativa possa assumere personale, previa predisposizione del piano triennale dei fabbisogni di personale e nel rispetto dei vincoli assunzionali, nonche' (comma 2-ter): che la copertura degli ulteriori posti della dotazione organica dell'Agenzia avvenga mediante procedura selettiva riservata a coloro che sono in possesso di specifica esperienza professionale nelle materie di cui all'art. 11, comma 3-quater, della medesima legge regionale n. 8 del 2015. Al riguardo, va evidenziata la scarsa chiarezza della norma in esame, la quale non consente di individuare quali siano gli ulteriori posti della dotazione organica dell'Agenzia che esulino da quelli citati al comma 2-ter, ne', conseguentemente, la ratio della «riserva di esperienza professionale «, cosi' come sancita al nuovo comma 3-quater dell'art. 11, legge regionale n. 8 del 2015. Non appare infatti chiaro quali siano, a chi siano destinati e in che modo la regione intenda prevedere «gli ulteriori posti della dotazione organica»; in particolare l'uso del termine «ulteriori» ingenera perplessita', inducendo a ritenere, tenuto altresi' conto della previsione di una procedura selettiva riservata a coloro che sono in possesso di specifica esperienza professionale nelle materie di cui all'art. 11, comma 3-quater della stessa legge regionale, che la regione voglia procedere ad una surrettizia stabilizzazione di personale. Al riguardo e' opportuno ricordare che e' la valutazione dei fabbisogni di personale a orientare la definizione della successiva dotazione organica. Funzionale a tale obiettivo e' lo strumento del Piano triennale dei fabbisogni di personale (PTFP), che ogni amministrazione e' chiamata a elaborare in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attivita' e della performance e con le linee di indirizzo emanate ai sensi del nuovo art. 6-ter del decreto legislativo n. 165/2001. Tale percorso, regolato dall'art. 6 del decreto legislativo n. 165/2001 non appare rispettato dalla regione il che pone la normativa richiamata in contrasto con gli articoli 97 e 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. Si evidenzia inoltre che la previsione di una procedura selettiva riservata a coloro che sono in possesso di specifica esperienza professionale nelle materie di cui all'art. 11, comma 3-quater, stante la non meglio circostanziata formulazione della norma e in assenza di chiarimenti da parte della regione, appare porsi al di fuori del perimetro tracciano per tutte le pubbliche amministrazioni, in materia di procedere concorsuali riservate, dall'art. 35, comma 3-bis del decreto legislativo n. 165/2001 che, allo scopo pone chiare condizioni procedurali e finanziarie che debbono essere rispettate, nonche' specifici requisiti soggettivi ai fini dell'ammissione alla procedura; dispone infatti la norma: «3-bis. Le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, nonche' del limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni ovvero di contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e, per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui al comma 4, possono avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico: a) con riserva dei posti, nel limite massimo del 40 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando; b) per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare, con apposito punteggio, l'esperienza professionale maturata dal personale di cui alla lettera a) e di coloro che, alla data di emanazione del bando, hanno maturato almeno tre anni di contratto di lavoro flessibile nell'amministrazione che emana il bando». Anche in questo caso e' ravvisabile pertanto un contrasto con gli articoli 97 e 117, comma 2, lettera l) e 117, comma 3, della Costituzione con riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica. E' opportuno ricordare che in tema di stabilizzazioni la Corte ha piu' volte qualificato le norme statali in materia come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, poiche' si ispirano alla finalita' del contenimento della spesa pubblica nello specifico settore del personale (cfr. le sentenze numeri 310, 108, 69 e 68 del 2011; 51/2012; 277/2013; 231/2017; n. 194/2020). In particolare la Corte: «ha riconosciuto come principi di coordinamento della finanza pubblica le disposizioni statali che stabiliscono limiti e vincoli al reclutamento del personale delle amministrazioni pubbliche ovvero relative alla stabilizzazione del personale precario, in quanto incidono sul rilevante aggregato di finanza pubblica costituito dalla spesa per il personale» (sentenze n. 1 del 2018, 277 e 18 del 2013, 148 e 139 del 2012; 251 del 2020). Inoltre la Corte ha ricondotto il tema in argomento alla materia dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione posto che le norme regionali in tema di stabilizzazioni incidono sulla regolamentazione del rapporto precario (in particolare, sugli aspetti connessi alla sua durata) e determinano, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico (il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione). In tale prospettiva la Corte ha chiarito che la disciplina della fase costitutiva del contratto di lavoro, cosi' come quella del rapporto sorto per effetto dello stesso, si realizzano mediante la stipulazione di un contratto di diritto privato e, pertanto, appartengono alla materia dell'ordinamento civile (cfr. sentenze n. 324/2010 e n. 69/2011). 6) Art. 6, comma 14: illegittimita' per violazione degli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonche' le previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio che specificamente disciplinano la pianificazione paesaggistica, e in particolare gli articoli 135, 143 e 145 (norme interposte). L'art. 6 («Modifiche di leggi regionali») comma 14 della legge regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 14. Alla legge regionale 11 novembre 2020, n. 12 (Disposizioni in materia di valorizzazione e utilizzazione commerciale e turistica del trabucco molisano), sono apportate le seguenti modifiche: a) all'art. 1, il comma 2 e' abrogato; b) all'art. 2, il comma 1 e' sostituito dal seguente comma: «1. I comuni, per le finalita' di cui all'art. 1, devono redigere piani per il recupero, il ripristino, la conservazione e la costruzione dei trabucchi, disponendo gli ambiti localizzativi per le nuove costruzioni e le norme tecniche attuative, nel rispetto delle prescrizioni contenute nel Piano regionale di utilizzazione degli arenili (PRUA) e nel Piano spiaggia comunale (PSC) che devono essere modificati in recepimento della disciplina di cui alla presente legge, nonche' di quanto previsto dalla legge regionale 22 dicembre 1999, n. 44 (Interventi per il recupero della tradizione dei trabucchi della costa molisana).»; c) all'art. 2, il comma 2 e' abrogato; d) all'art. 4, sono apportate le seguenti modifiche: 1) al comma 1, dopo la lettera d) e' aggiunta la seguente lettera: «d-bis. Studio meteo marino per la verifica della fattibilita' dell'intervento, in particolare dal punto di vista statico e di resistenza alle mareggiate, nel tratto di mare interessato dalla realizzazione del trabucco.»; 2) dopo il comma 3, e' aggiunto il seguente comma: «3-bis. La competenza al rilascio delle concessioni demaniali marittime dei trabucchi e' delegata ai comuni.». L'art. 6, comma 14, della legge regionale in esame apporta modifiche alla legge regionale 11 novembre 2020, n. 12, recante «Disposizioni in materia di valorizzazione e utilizzazione commerciale e turistica del trabucco molisano». Proprio con riferimento alla legge regionale n. 12 del 2020, si segnala che e' di recente intervenuta la sentenza n. 45 del 2022 della Corte, che ha dichiarato l'illegittimita' degli articoli 1, comma 2, e 2, commi 1 e 2. L'art. 1, comma 2, prevedeva che «[i] trabucchi e l'area circostante fino ad una fascia di 50 metri dal sedime sono considerati beni culturali sottoposti alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 42/2004». Al riguardo, la Corte ha evidenziato come l'inequivoco tenore letterale della norma tradisse l'intento del legislatore regionale di sostituirsi allo Stato nello svolgimento di compiti che sono rimessi alla competenza esclusiva di quest'ultimo, procedendo direttamente all'individuazione di «beni culturali» che tali non sono secondo la normativa di settore. In particolare, la Corte ha evidenziato che, cosi' facendo, e prescindendo dal rispetto delle apposite procedure amministrative, indicate e disciplinate dalla Parte seconda del codice dei beni culturali, i trabucchi molisani venivano fatti rientrare, ex lege, nella categoria dei beni culturali, e sottoposti - per espressa previsione della norma impugnata - alla disciplina dettata dal decreto legislativo n. 42 del 2004. L'effetto giuridico era quello di produrre, in relazione a tali beni, i vincoli tipici della speciale tutela dei beni culturali, che e' prevista da quella stessa fonte statale, ai fini, tra l'altro, di «preservare la memoria della comunita' nazionale» (art. 1, comma 2, del codice dei beni culturali e del paesaggio). La Corte ha quindi riconosciuto che, intervenendo nella funzione di «individuazione» dei beni culturali, il legislatore molisano aveva violato la competenza legislativa che la Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato nella materia della tutela dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione). L'art. 2 della medesima legge regionale disponeva, invece, che: «I comuni, per le finalita' di cui all'art. 1, devono redigere piani per il recupero, il ripristino, la conservazione e la costruzione dei trabucchi, disponendo gli ambiti localizzativi per le nuove costruzioni e le norme tecniche attuative, nel rispetto delle prescrizioni contenute nel Piano degli arenili comunale (PSC), nonche' di quanto previsto dalla legge regionale 22 dicembre 1999, n. 44 (Interventi per il recupero della tradizione dei trabucchi della costa molisana)» (comma 1); e che «I Piani di cui al comma 1 devono essere recepiti nel "Piano paesaggistico regionale"» (comma 2). Al riguardo, la Corte ha evidenziato come il trasferimento delle decisioni operative concernenti il paesaggio alla dimensione pianificatoria comunale si ponesse in contraddizione con il sistema di organizzazione delle competenze delineato dalla legge statale, che stabilisce un livello uniforme di tutela, non derogabile dalla regione, nell'ambito di una materia a legislazione esclusiva statale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Era, inoltre, violata anche la legislazione di principio nelle materie concorrenti del governo del territorio e della valorizzazione dei beni culturali. In particolare, la Corte ha escluso che la legge regionale potesse riservare alla pianificazione comunale interi contenuti del piano paesaggistico regionale, quale quello delle aree costiere su cui insistono i trabucchi. Nel dettaglio, la Corte ha statuito che la prevalenza del piano paesaggistico rispetto agli strumenti urbanistici dei comuni, stabilita dall'art. 145, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004, conduce ad escludere che, all'inverso, un piano comunale debba essere «recepito» - come impone la norma molisana impugnata - nel piano paesaggistico regionale. Con l'art. 6, comma 14, della legge regionale in esame, la regione, per un verso - con le lettere a) e c) - interviene ad abrogare, rispettivamente, l'art. 1, comma 2, e l'art. 2, comma 2; per l'altro, con la lettera b), sostituisce il comma 1 dell'art. 2 (come detto, dichiarato incostituzionale) con il seguente comma: «1. I comuni, per le finalita' di cui all'art. 1, devono redigere piani per il recupero, il ripristino, la conservazione e la costruzione dei trabucchi, disponendo gli ambiti localizzativi per le nuove costruzioni e le norme tecniche attuative, nel rispetto delle prescrizioni contenute nel Piano regionale di utilizzazione degli arenili (PRUA) e nel Piano spiaggia comunale (PSC) che devono essere modificati in recepimento della disciplina di cui alla presente legge, nonche' di quanto previsto dalla legge regionale 22 dicembre 1999, n. 44 (Interventi per il recupero della tradizione dei trabucchi della costa molisana).». Orbene, il contenuto di tale comma ricalca in sostanza il contenuto del comma dichiarato incostituzionale dalla Corte. In particolare, la regione continua a rimettere ai Comuni la disciplina pianificatoria inerente ai trabucchi e agli ambiti paesaggistici interessati dai manufatti, con cio' sovvertendo il sistema di competenze, nonche' il rapporto di gerarchia tra gli strumenti di pianificazione stabilito dal codice di settore, che attribuisce al piano paesaggistico regionale la disciplina pianificatoria dei contesti tutelati, conferendogli altresi' una posizione di primazia rispetto a tutti gli altri piani. L'art. 135, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio prevede la pianificazione paesaggistica di tutto il territorio regionale, stabilendo inoltre che, almeno per i beni paesaggistici vincolati, tale pianificazione debba avvenire congiuntamente fra il Ministero e la regione. L'art. 143, comma 9, dello stesso codice stabilisce poi che, a far data dall'approvazione del piano paesaggistico, «le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici», mentre il successivo art. 145, comma 3, dispone che: «Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle citta' metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresi' vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette». Conseguentemente, il comma 4 del medesimo art. 145 prevede che: «I comuni, le citta' metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione. I limiti alla proprieta' derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo». In contrasto con i suddetti principi, il comma 1 dell'art. 2, della legge regionale n. 12 del 2020, come riscritto dall' art. 6, comma 14, lettera b), della legge regionale in esame, rimette esclusivamente ai comuni la disciplina d'uso degli ambiti tutelati, finalizzata al recupero e alla realizzazione di trabucchi, che dovrebbe essere invece dettata dal piano paesaggistico da approvarsi previa intesa con lo Stato. Il descritto profilo di illegittimita' non viene meno per il fatto che l'art. 2, della legge regionale n. 12 del 2020, una volta rimessa ai comuni la redazione dei piani per il recupero, il ripristino, la conservazione e la costruzione dei trabucchi non prevede - a differenza della previgente formulazione sottoposta al vaglio della Corte - che detti piani debbano essere recepiti nel Piano paesaggistico regionale. E cio' in quanto a essere compromessa e' la necessita' che la disciplina d'uso degli ambiti tutelati, finalizzata al recupero e alla realizzazione di trabucchi, venga dettata dal Piano paesaggistico da approvarsi previa intesa con lo Stato. Alla luce di quanto sopra e per le ragioni esposte, la norma in esame si pone in violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio, di cui all' art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, disposizione rispetto alla quale costituiscono norme interposte le previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio che specificamente disciplinano la pianificazione paesaggistica, e in particolare gli articoli 135, 143 e 145. La norma inoltre viola anche l'art. 9 della Costituzione, in quanto la disciplina regionale determina un abbassamento del livello della tutela del paesaggio, costituente valore primario e assoluto (sentenza n. 367/2007). 7) Art. 8: illegittimita' per violazione degli articoli 3, 97 e 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. L'art. 8 («Stabilizzazioni») della legge regionale n. 7/2022 cosi' dispone: 1. La Regione Molise, in coerenza con la prescritta ricognizione nella Regione Molise, negli enti strumentali del sistema regione e nell'A.S.Re.M. attua le stabilizzazioni di personale precario con le modalita', i tempi e i requisiti soggettivi previsti dall'art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, come modificato dall'art. 1, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di spese per il personale delle pubbliche amministrazioni e di pianificazione delle assunzioni. 2. La regione trasmette le disposizioni di cui al comma 1 a tutti gli enti strumentali della Regione Molise e all'A.S.Re.M. per i relativi adempimenti. Preliminarmente, si rileva che la Regione Molise e' una regione sottoposta a Piano di rientro ed inoltre e' commissariata; ne consegue che e' compito del commissario ad acta predisporre tutti gli interventi necessari a garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualita'. Alla luce di cio', si osserva preliminarmente che le previsioni in esame, essendo adottate dalla regione, potrebbero interferire con i compiti affidati al commissario ad acta per l'attuazione del predetto Piano di rientro; il presente articolo dovrebbe inoltre essere coerente con quanto previsto dal suddetto Piano e dal punto ix) del mandato commissariale, li' dove prevede la garanzia dell'intervento rivolto alla «gestione ed efficientamento della spesa per il personale in coerenza con l'effettivo fabbisogno, in applicazione della normativa vigente in materia». Nel merito va poi rilevato il disallineamento, circa l'estensione fino al 31 dicembre 2023 della finestra temporale per le stabilizzazioni anche per il personale del Servizio sanitario, cio' in contrasto con quanto previsto dai commi 11 e 11-bis dell'art. 20 del decreto legislativo n. 75/2017 che fissano il limite temporale per l'applicabilita' delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del medesimo art. 20 al 31 dicembre 2022. Nelle more di un'eventuale proroga di detto termine (rispetto al quale il legislatore statale e' di recente intervenuto, prorogando con il decreto-legge n. 36/2022, convertito dalla legge n. 79/2022, solo i termini previsti dal comma 2 dell'art. 20 del decreto legislativo n. 75/2017), la disposizione in esame, consentendo la stabilizzazione del personale precario al di fuori dei termini consentiti dalla disciplina nazionale, risulta in contrasto sia con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, sia con i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.
P.Q.M. Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, gli articoli 6, commi 2, 3, 6, 11, 12 e 14 e 8 della legge della Regione Molise n. 7 del 23 maggio 2022 Con l'originale notificato del ricorso si depositera': 1) l'estratto della delibera del Consiglio dei ministri 21 luglio 2022; 2) nota del Presidente della Regione Molise, prot. 104241 del 23 giugno 2021. Roma, 25 luglio 2022 Il Vice Avvocato generale dello Stato: De Bellis L'Avvocato dello Stato: Peluso