N. 225 SENTENZA 5 ottobre - 7 novembre 2022

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Banche e istituti di credito - Avvio e svolgimento della liquidazione
  coatta amministrativa di Banca popolare  di  Vicenza  e  di  Veneto
  Banca, con cessione a favore di Banca Intesa San Paolo - Interventi
  dello Stato pari a 4,785 miliardi complessivi posto  a  carico  dei
  soggetti in liquidazione - Possibilita' di ristoro  anche  per  gli
  azionisti  -  Omessa  previsione   -   Denunciati   disparita'   di
  trattamento, eccesso di potere legislativo, violazione  del  dovere
  di solidarieta' economica, della normativa europea sugli  aiuti  di
  Stato, del diritto di proprieta' come riconosciuto anche a  livello
  europeo e convenzionale, del principio della tutela del risparmio e
  della  funzione   sociale   della   cooperazione,   del   principio
  costituzionale  sull'imposizione  delle  prestazioni  personali   e
  patrimoniali - Inammissibilita' delle questioni. 
Banche e istituti di credito - Avvio e svolgimento della liquidazione
  coatta amministrativa di Banca popolare  di  Vicenza  e  di  Veneto
  Banca, con cessione a favore di Banca Intesa  San  Paolo  -  Intera
  disciplina, ricomprendente interventi dello Stato, l'esclusione  di
  alcune  passivita',  debiti  e   controversie   dall'ambito   della
  cessione, l'omesso ristoro per gli azionisti delle banche cedute  -
  Denunciati   disparita'   di   trattamento,   eccesso   di   potere
  legislativo, violazione del dovere di solidarieta' economica, della
  normativa europea sugli aiuti di Stato, del diritto  di  proprieta'
  come riconosciuto anche a  livello  europeo  e  convenzionale,  del
  principio della tutela del risparmio e della funzione sociale della
  cooperazione, del principio costituzionale  sull'imposizione  delle
  prestazioni  personali  e  patrimoniali  -  Inammissibilita'  delle
  questioni. 
Banche e istituti di credito - Avvio e svolgimento della liquidazione
  coatta amministrativa di Banca popolare  di  Vicenza  e  di  Veneto
  Banca, con cessione a favore di Banca Intesa San Paolo - Esclusione
  della cessione  di  alcune  passivita',  debiti  e  controversie  -
  Denunciati   disparita'   di   trattamento,   eccesso   di   potere
  legislativo, violazione del dovere di solidarieta' economica, della
  normativa europea sugli aiuti di Stato, del diritto  di  proprieta'
  come riconosciuto anche a  livello  europeo  e  convenzionale,  del
  principio della tutela del risparmio e della funzione sociale della
  cooperazione, del principio costituzionale  sull'imposizione  delle
  prestazioni  personali  e  patrimoniali  -  Inammissibilita'  delle
  questioni. 
Banche e istituti di credito - Avvio e svolgimento della liquidazione
  coatta amministrativa di Banca popolare  di  Vicenza  e  di  Veneto
  Banca -  Censura  di  norme  senza  indicazione  di  motivazione  e
  parametri - Inammissibilita' delle questioni. 
- Decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, convertito, con modificazioni,
  nella legge 31 luglio 2017, n. 121, intero testo; artt. 3, comma 1,
  lettere a), b) e c), 4, commi 1, lettere b) e d), e 3, e 6. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 23, 41, 42,  43,  45,  47  e  111,  primo
  comma; Protocollo addizionale alla Convenzione per la  salvaguardia
  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 1;  Carta
  dei diritti fondamentali dell'Unione europea, art. 17. 
(GU n.45 del 9-11-2022 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'intero testo del
decreto-legge  25  giugno  2017,  n.  99  (Disposizioni  urgenti  per
assicurare la parita' di trattamento dei creditori  nel  contesto  di
una ricapitalizzazione precauzionale nel settore  creditizio  nonche'
per la  liquidazione  coatta  amministrativa  di  Banca  Popolare  di
Vicenza  S.p.A.  e  di  Veneto   Banca   S.p.A.),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 31 luglio 2017, n. 121; nonche'  dei  suoi
artt. 2, commi 1, lettera c), e 2; 3, commi 1, lettere a), b)  e  c),
2, 3 e 4; 4, commi 1, lettere b) e d), 3, 4 e 5; e  6,  promosso  dal
Tribunale ordinario di Firenze nel procedimento vertente tra A. P.  e
Intesa Sanpaolo spa e  altro,  con  ordinanza  del  20  luglio  2021,
iscritta al n. 179 del registro ordinanze  2021  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  47,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2021. 
    Visti gli atti di costituzione di Intesa  Sanpaolo  spa  e  della
Banca Popolare di Vicenza spa in liquidazione coatta  amministrativa,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  4  ottobre  2022  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    uditi gli avvocati Massimo Luciani, Gian Michele Roberti e  Carlo
Pedersoli per Intesa Sanpaolo spa, Mario Esposito per Banca  Popolare
di Vicenza spa  in  liquidazione  coatta  amministrativa,  l'avvocato
dello Stato  Paolo  Gentili  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 5 ottobre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 20 luglio 2021,  iscritta  al  n.  179  del
registro  ordinanze  2021,  il  Tribunale  ordinario  di  Firenze  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'intero  testo
del decreto-legge 25 giugno 2017, n.  99  (Disposizioni  urgenti  per
assicurare la parita' di trattamento dei creditori  nel  contesto  di
una ricapitalizzazione precauzionale nel settore  creditizio  nonche'
per la  liquidazione  coatta  amministrativa  di  Banca  Popolare  di
Vicenza  S.p.A.  e  di  Veneto   Banca   S.p.A.),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 31 luglio 2017, n. 121, nonche'  dei  suoi
artt. 2, commi 1, lettera c), e 2; 3, commi 1, lettere a), b)  e  c),
2, 3 e 4; 4, commi 1, lettere b) e d), 3, 4 e 5; e 6, nella parte  in
cui non prevede la possibilita' di ristoro anche  per  gli  azionisti
(cosi' il dispositivo dell'ordinanza di rimessione). 
    Dalla  motivazione  dell'ordinanza,  secondo  quanto  agevolmente
emerge dai capi di essa, si ricava tuttavia  che  censure  specifiche
sono rivolte nei confronti: 
    a) dell'art. 4, commi 1, lettere b) e d), e 3, e dell'art. 6  del
d.l. n. 99 del 2017, come convertito, in riferimento agli artt. 2, 3,
23, 41, 42, 45 e  47  della  Costituzione,  nonche'  all'art.  1  del
Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo
e all'art.  17  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea; 
    b) del d.l. n. 99 del 2017, come convertito, nella sua interezza; 
    c) dell'art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), del d.l. n. 99  del
2017, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 45, 47  e
111, primo comma, Cost. e all'art. 47 CDFUE. 
    2.- Il Tribunale di Firenze espone  che,  con  citazione  del  13
febbraio 2019, A.P. aveva convenuto Intesa Sanpaolo  spa  per  sentir
dichiarare l'invalidita' o l'inefficacia delle operazioni di acquisto
di azioni emesse da Banca Popolare  di  Vicenza  spa  per  violazione
degli obblighi informativi di cui all'art. 21 del decreto legislativo
24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli  8  e  21  della
legge 6 febbraio 1996, n. 52) e all'art. 26 della deliberazione della
Commissione nazionale per le societa' e la borsa  (CONSOB)  n.  11522
del 1° luglio  1998  (Adozione  del  regolamento  di  attuazione  del
decreto  legislativo  24  febbraio  1998,  n.  58,   concernente   la
disciplina degli intermediari), anche ai  sensi  dell'art.  1322  del
codice civile, e altresi' per la mancata verifica dell'adeguatezza di
dette operazioni, nonche' per ottenere la condanna di Intesa Sanpaolo
spa al risarcimento dei danni. 
    Espone,  ancora,  che  quest'ultima  aveva  eccepito  il  proprio
difetto di legittimazione passiva, e che in giudizio era  intervenuta
volontariamente Banca Popolare di Vicenza spa in liquidazione  coatta
amministrativa (da ora,  anche:  LCA),  anch'essa  eccependo  in  via
pregiudiziale il difetto di legittimazione  passiva  della  convenuta
Intesa Sanpaolo spa. 
    3.- Il giudice a quo ricorda che il d.l. n.  99  del  2017,  come
convertito, richiama nel preambolo le decisioni della Banca  centrale
europea del 23 giugno 2017, con le  quali  era  stato  accertato  che
Banca Popolare di Vicenza spa e Veneto Banca spa erano in dissesto  o
a rischio di dissesto ai sensi dell'art. 18, paragrafo 1, lettera a),
del regolamento (UE) 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi  per  la
risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di  investimento
nel quadro del  meccanismo  di  risoluzione  unico  e  del  Fondo  di
risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010. 
    Ricorda ancora che, con le  decisioni  n.  SRB/EES/2017/11  e  n.
SRB/EES/2017/12 del 23 giugno 2017, il Comitato di risoluzione  unico
aveva accertato la non configurabilita'  di  misure  alternative  che
permettessero di superare la situazione di dissesto o di  rischio  di
dissesto in tempi  adeguati  ai  sensi  dell'art.  18,  paragrafo  1,
lettera b), del citato regolamento n. 806/2014/UE e che l'avvio della
risoluzione nei confronti di Banca  Popolare  di  Vicenza  spa  e  di
Veneto Banca spa non era necessario nell'interesse pubblico ai  sensi
dell'art. 18, paragrafi 1, lettera c), e 5, del medesimo regolamento;
che, a seguito delle citate decisioni della Banca centrale europea  e
del Comitato di risoluzione unico, la Banca d'Italia aveva  ravvisato
la  necessita'  di  avviare  la  procedura  di  liquidazione   coatta
amministrativa nei confronti di Banca Popolare di Vicenza  spa  e  di
Veneto Banca spa; che il d.l. n. 99 del  2017,  come  convertito,  al
fine  di  consentire  l'ordinato  svolgimento  delle  operazioni   di
fuoriuscita dal mercato delle banche sottoposte a liquidazione coatta
amministrativa ed evitare un  grave  turbamento  dell'economia  nella
loro  area  di  operativita',  aveva  quindi  dettato  la  disciplina
dell'avvio e dello svolgimento delle procedure, nonche' le  modalita'
e le condizioni delle misure a sostegno  delle  banche  coinvolte  in
conformita' con la disciplina europea in materia di aiuti  di  Stato,
ai sensi dell'art. 107 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea. 
    3.1.- Il  Tribunale  di  Firenze  evidenzia  che  le  individuate
finalita' sono state perseguite imponendo ai  commissari  liquidatori
di cedere l'azienda, suoi  singoli  rami,  nonche'  beni,  diritti  e
rapporti  giuridici  individuabili  in  blocco,  ovvero  attivita'  e
passivita', anche parziali o per una quota di ciascuna  di  esse,  di
uno dei soggetti in liquidazione o di  entrambi,  a  Intesa  Sanpaolo
spa, individuata, ai sensi del comma 3 dell'art. 3 del d.l. n. 99 del
2017,  come  convertito,  sulla  base  di  trattative  svolte   prima
dell'entrata in vigore del medesimo  decreto-legge,  che  ne  ha  poi
integralmente recepito il contenuto. In particolare, l'art. 3,  comma
1, del d.l. n. 99 del 2017, come convertito, ha previsto che  restano
in ogni caso esclusi dalla cessione, anche in  deroga  all'art.  2741
cod. civ.: 
    - le passivita' indicate all'art. 52, comma 1, lettera a),  punti
i), ii), iii) e iv), del decreto legislativo  16  novembre  2015,  n.
180, recante «Attuazione della direttiva  2014/59/UE  del  Parlamento
europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro
di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese  di
investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio,  e
le  direttive   2001/24/CE,   2002/47/CE,   2004/25/CE,   2005/56/CE,
2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti  (UE)
n. 1093/2010 e  (UE)  n.  648/2012,  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio»; 
    - i debiti delle banche nei  confronti  dei  propri  azionisti  e
obbligazionisti   subordinati   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle banche
o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei  servizi  di
investimento   riferite   alle   medesime   azioni   o   obbligazioni
subordinate; 
    - le controversie relative ad atti o fatti  occorsi  prima  della
cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passivita'. 
    3.2.- L'ordinanza di rimessione sostiene, quindi, che in tal modo
la cessionaria Intesa Sanpaolo spa  avrebbe  acquisito  a  un  prezzo
simbolico Banca Popolare di Vicenza spa e Veneto Banca spa,  depurate
da ogni criticita' e compreso il loro avviamento, ricevendo la  somma
di euro 4,785 miliardi circa a  titolo  di  aiuti  provenienti  dagli
stessi soggetti sottoposti a liquidazione. 
    3.3.-  Tanto  premesso,   il   Tribunale   di   Firenze   dubita,
innanzitutto, della legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1,
lettere b) e d), e 3, e dell'art. 6 del d.l. n.  99  del  2017,  come
convertito, in riferimento agli artt. 2, 3,  23,  41,  42,  45  e  47
Cost., nonche' all'art. 1 Prot. addiz. CEDU e all'art. 17 CDFUE. 
    Il giudice  rimettente  ravvisa  l'irragionevolezza  delle  norme
indicate e l'eccesso di potere  legislativo,  in  quanto  l'aiuto  di
Stato affiancato alla procedura di liquidazione coatta amministrativa
avrebbe dovuto gravare sulla generalita' dei cittadini e non  su  una
categoria  ristretta  di  soggetti,  il  cui  risparmio  risulterebbe
integralmente annullato. 
    L'ordinanza  lamenta,  ancora,  la  «violazione  della  normativa
europea sugli aiuti di Stato»  e  l'eccesso  di  potere  legislativo,
perche' i risparmi degli azionisti e dei creditori subordinati  delle
due Banche sarebbero rimasti nelle liquidazioni non per assorbire  le
perdite nella massima misura necessaria, ma allo scopo di trasferirli
alla cessionaria Intesa Sanpaolo spa sotto la voce fittizia di «aiuti
di Stato». 
    Il  sostanziale  azzeramento  del  capitale  azionario  e   delle
obbligazioni subordinate, per  effetto  del  trasferimento  a  Intesa
Sanpaolo spa, si risolverebbe altresi' in una  espropriazione,  senza
indennizzo, a favore di un soggetto privato per l'esclusivo interesse
dello stesso, non prevedendo l'art. 6 del d.l. n. 99 del  2017,  come
convertito, alcuna possibilita' di ristoro  per  gli  azionisti,  con
violazione dell'art. 42  Cost.,  dell'art.  1  Prot.  addiz.  CEDU  e
dell'art. 17 CDFUE. 
    L'aiuto di Stato realizzato mediante l'annullamento del  capitale
azionario e delle obbligazioni subordinate delle due  Banche  sarebbe
inoltre  lesivo  degli  artt.  45  e  47  Cost.,  che   tutelano   la
cooperazione  e  il  risparmio,  atteso  che  il  costo  della  crisi
aziendale e' stato fatto ricadere in primo luogo  sugli  azionisti  e
sui detentori di obbligazioni subordinate delle  due  Banche,  i  cui
diritti sono stati mantenuti nella  liquidazione  e  potranno  essere
soddisfatti  solo  nell'eventualita'  in  cui   lo   Stato   recuperi
integralmente quanto versato a supporto dell'intervento e siano stati
soddisfatti gli altri creditori. 
    E' quindi dedotta  la  violazione  dell'art.  23  Cost.,  essendo
imposta agli azionisti e obbligazionisti subordinati una  prestazione
patrimoniale nell'interesse privato  di  una  societa'  con  fini  di
lucro, nonche' degli artt.  3,  41  e  45  Cost.  per  disparita'  di
trattamento tra gli azionisti  delle  banche  poste  in  liquidazione
coatta amministrativa, i cui diritti sono regolati dalla legge n. 121
del 2017, di conversione del d.l. n. 99 del 2017, e quelli  di  altre
banche, in particolare del Monte dei Paschi di Siena (da ora,  anche:
MPS) che e' stato ricapitalizzato «salvando gli azionisti». 
    3.4.-  Il  Tribunale  di  Firenze  solleva   poi   questione   di
legittimita' costituzionale del d.l. n. 99 del 2017, come convertito,
«nella  sua  interezza»,  atteso  che  esso  recepisce  la   proposta
vincolante di acquisto delle due Banche presentata da Intesa Sanpaolo
spa, della quale e' parte integrante la  concessione  dell'«aiuto  di
stato» per  l'importo  di  euro  4,785  miliardi.  Ne  conseguirebbe,
secondo il rimettente, «la caducazione del  decreto-legge  nella  sua
interezza, in modo  che  il  governo  possa  nuovamente  valutare  la
soluzione piu' conforme all'interesse pubblico perseguito». 
    3.5.-  Da  ultimo,  il  rimettente  dubita   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), del d.l. n.
99  del  2017,  come  convertito,  e  cioe'  delle  disposizioni  che
escludono espressamente dalla cessione: 
    - le passivita' indicate all'art. 52, comma 1, lettera a),  punti
i), ii), iii) e iv), del d.lgs. n. 180 del 2015 (lettera a); 
    - i debiti delle banche nei  confronti  dei  propri  azionisti  e
obbligazionisti   subordinati   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle banche
o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei  servizi  di
investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate
(lettera b); 
    - le controversie relative ad atti o fatti  occorsi  prima  della
cessione, sorte successivamente ad essa,  e  le  relative  passivita'
(lettera c). 
    Tali disposizioni, ad avviso del Tribunale di Firenze,  sarebbero
costituzionalmente illegittime per eccesso di  potere  legislativo  e
per violazione degli artt. 3, 24, 42, 45,  47  e  111,  primo  comma,
Cost. 
    Verrebbe violata la  parita'  di  trattamento  tra  i  creditori,
restando sacrificati quelli individuati dalle norme censurate, mentre
sarebbero assimilati i creditori di cui alle indicate  lettere  a)  e
b), «pur  essendo  radicalmente  diversa  la  situazione  di  chi  ha
effettuato  un  investimento  con  la  consapevolezza   di   assumere
determinati rischi e quella invece di chi vanta un  credito  nascente
dalla illegittimita' nella specie del comportamento della Banca». 
    Secondo il giudice a quo, se e' vero che «i rischi di  una  crisi
bancaria  dovrebbero  ricadere  su  creditori   che   hanno   assunto
consapevolmente il rischio», questa argomentazione non avrebbe potuto
essere utilizzata proprio «nei confronti dei creditori  di  cui  alla
lettera b), il cui investimento in azioni e obbligazioni  subordinate
e' stato effettuato sulla base di informazioni non corrette da  parte
delle rispettive banche o subordinando la  concessione  di  mutui  al
loro acquisto, con  violazione  in  generale  della  normativa  sulla
prestazione dei servizi di investimento come nel caso di specie». 
    L'ordinanza di rimessione osserva che il decreto-legge  in  esame
non contiene alcuna motivazione sulla disparita' di  trattamento  cui
sono assoggettati i debiti delle banche  esclusi  dalla  cessione,  a
fronte dell'intenzione, dichiarata nella  relazione  del  Governo  al
disegno di legge di conversione, di dare  tutela,  senza  distinzione
alcuna, ai creditori chirografari. 
    La  disparita'  di  trattamento  nella  tutela  dei   correntisti
violerebbe anche l'art. 47 Cost., per l'eccezione creata in danno dei
creditori di cui alla lettera b) dell'art. 3, comma 1, del d.l. n. 99
del 2017, come convertito. 
    Ad avviso  del  rimettente,  infatti,  posto  che  l'attore,  nel
giudizio a quo, ha promosso una causa per far valere la nullita'  del
contratto quadro e dell'ordine di  acquisto  delle  azioni  di  Banca
Popolare di Vicenza spa,  l'accoglimento  di  tale  domanda  dovrebbe
determinare   l'invalidita'   delle   operazioni   contestate,    con
conseguente riaccredito sul suo conto corrente di un importo  pari  a
quello indebitamente prelevato per il corrispettivo delle azioni. 
    Tuttavia, poiche' la lettera b) del censurato art.  3,  comma  1,
esclude dalla cessione i debiti della banca cedente  derivanti  dalla
nullita' delle  operazioni  di  commercializzazione  delle  azioni  e
obbligazioni subordinate, si creerebbe una palese discriminazione tra
questi rapporti di conto corrente, cui di fatto sarebbe  negata  ogni
tutela, e la tutela di  tutti  gli  altri  depositi  derivante  dalla
cessione dei relativi rapporti a Intesa Sanpaolo spa. 
    Il  Tribunale  estende  le  sue  doglianze   agli   effetti   che
l'esclusione dalla cessione implicata dal «combinato disposto di  cui
alla  lettera  b)  e  alla  lettera  c)»  dell'art.   3,   comma   1,
comporterebbe per le cosiddette «operazioni baciate»,  in  quanto  in
tali casi il credito per il rimborso del finanziamento contratto  per
l'acquisto delle azioni si trasmette in capo alla cessionaria  Intesa
Sanpaolo spa, mentre il debito nei confronti dell'azionista rimane in
capo  alla  cedente,  anche  se  i  due  rapporti   sono   tra   loro
indissolubilmente connessi. 
    Il giudice a quo deduce infine la  violazione  del  principio  di
eguaglianza e del diritto di difesa, ai sensi  degli  artt.  3  e  24
Cost. e dell'art. 47 CDFUE, giacche' la  mancata  cessione  a  Intesa
Sanpaolo   spa   dei   debiti   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione   delle   azioni   e   obbligazioni   subordinate
comporterebbe che ogni azione giudiziaria  degli  azionisti  e  degli
obbligazionisti potrebbe essere intrapresa solo nei  confronti  della
societa' posta in liquidazione coatta amministrativa. 
    4.- Intesa Sanpaolo spa si e' costituita in giudizio e ha chiesto
di  dichiarare  inammissibili,  o,  in  subordine,  non  fondate,  le
sollevate questioni di legittimita' costituzionale. 
    4.1.- La difesa di Intesa Sanpaolo spa deduce  l'inammissibilita'
di tutte le censure per plurimi motivi. 
    Innanzitutto, per l'insufficiente descrizione  della  fattispecie
oggetto del giudizio principale e, dunque, per difetto di motivazione
sulla rilevanza, non avendo il Tribunale di Firenze argomentato circa
la  fondatezza  delle   allegate   violazioni   delle   norme   sulla
commercializzazione dei titoli di credito, ne' specificato la  natura
e la portata delle pretese attoree. 
    Ulteriore ragione di inammissibilita' discenderebbe  dall'ambigua
determinazione   dell'oggetto   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale, indicato  anche  in  maniera  ancipite  nel  petitum,
avendo  il  rimettente  chiesto  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale «della legge di conversione  del  decreto-legge  nella
sua interezza», ovvero di alcune disposizioni di esso, senza  nemmeno
porre in rapporto di subordinazione le due domande, ne'  chiarire  se
la  mancata  cessione  dei  rapporti  azionari  od  obbligatori  alla
cessionaria  sia  dovuta  all'intero  decreto  o  a  specifiche   sue
previsioni.  Sarebbe,  inoltre,   inammissibile   la   questione   di
legittimita' costituzionale riferita genericamente  all'intero  testo
normativo. 
    Intesa  Sanpaolo  spa   sottolinea   anche   gli   errori   nella
illustrazione del contenuto delle disposizioni del  d.l.  n.  99  del
2017, come convertito, in cui sarebbe incorso il giudice a quo. 
    Altri profili di inammissibilita' discenderebbero dalle oscurita'
nell'individuazione dei parametri di  legittimita'  costituzionale  e
dal difetto di motivazione delle censure, meramente  postulate  senza
adeguata indicazione  delle  ragioni  di  ritenuto  contrasto  con  i
medesimi parametri. 
    Mancherebbe del tutto l'analisi del quadro di diritto dell'Unione
europea inerente alla disciplina degli aiuti di Stato nel settore dei
servizi  finanziari,  cui  l'ordinanza  di  rimessione  fa   comunque
riferimento quale fondamento delle sollevate censure. 
    4.2.- La difesa di Intesa Sanpaolo spa sostiene, altrimenti,  che
le censure sarebbero tutte non fondate. 
    Si  sottolinea  che,  a  differenza  di  quanto  prospettato  dal
Tribunale di Firenze, il  beneficiario  dell'aiuto  di  Stato  e'  da
individuare negli asset aziendali oggetto di vendita  o,  per  meglio
dire, nell'"Insieme Aggregato" di rapporti e beni ceduti  e  non  nel
cessionario, come si evince dalla decisione 25 giugno 2017  C  (2017)
4501 della Commissione europea, che  ha  autorizzato  e  disciplinato
l'aiuto di Stato relativo alla vicenda in esame. 
    Quanto alla posizione degli  azionisti  e  degli  obbligazionisti
subordinati, era  la  stessa  decisione  della  Commissione  europea,
inoltre, a precisare che dovesse trovare applicazione  nella  vicenda
il principio del «burden sharing» degli  azionisti  e  dei  creditori
subordinati, costantemente applicato dalla Commissione in  una  serie
di decisioni che hanno autorizzato, nel corso degli anni,  gli  aiuti
di Stato concessi da vari Stati membri a imprese bancarie in crisi. 
    La ragionevolezza di tale principio andrebbe ravvisata nel  fatto
che i detentori di  capitale  di  rischio  o  di  titoli  di  credito
subordinati non possono vantare un diritto a un intervento attivo  da
parte dello Stato a salvaguardia di un'attivita' economica  rischiosa
e, per contro,  non  possono  pretendere  un  intervento  pubblico  a
sostegno della propria posizione. 
    Non   sussisterebbe,   poi,   alcuna   violazione   del   diritto
eurounitario in materia di aiuti di Stato, visto che il  d.l.  n.  99
del 2017, come convertito, da'  precisa  attuazione  allo  schema  di
aiuti oggetto  di  notificazione  e  autorizzazione  da  parte  della
Commissione  europea.  Ne'  la  prospettata  liberazione  dei  titoli
azionari e obbligazionari subordinati costituirebbe in alcun modo  la
provvista per l'aiuto di Stato  concesso,  in  quanto  le  passivita'
corrispondenti restano opponibili all'ente in stato  di  liquidazione
coatta amministrativa. 
    Neppure si sarebbe verificata una espropriazione in  danno  degli
azionisti e dei detentori di titoli obbligazionari subordinati  delle
Banche venete. Il meccanismo  del  cosiddetto  «burden  sharing»  non
pregiudicherebbe la posizione di fatto e giuridica degli azionisti  e
creditori  interessati,  atteso  che  essi  non   subiscono   perdite
superiori a quelle che avrebbero  sostenuto  se  l'ente  fosse  stato
liquidato  quando  e'  stata  decisa  la  risoluzione.  Con  il   che
resterebbe esclusa anche la ipotizzata violazione degli artt. 45 e 47
Cost. 
    Il  principio  di  tutela  del  risparmio   non   imporrebbe   al
legislatore un obbligo di  tutela  attiva  di  ogni  investimento  in
capitale di rischio, ne' assicurerebbe al creditore  la  salvaguardia
dai rischi di  insolvenza  del  debitore.  D'altro  canto,  nel  caso
specifico degli aiuti di Stato alla  liquidazione,  il  rispetto  del
principio  del  «burden  sharing»  richiede  necessariamente  che  le
pretese degli azionisti e  degli  obbligazionisti  subordinati  siano
lasciate in capo alla banca cedente, senza possibilita'  di  un  loro
trasferimento al cessionario. 
    Cosi'  come  dovrebbe  escludersi  la  ravvisata  disparita'   di
trattamento tra gli azionisti delle Banche venete e quelli  di  altri
istituti di credito in sofferenza,  «in  particolare  del  Monte  dei
Paschi di  Siena»,  perche'  quest'ultimo  si  trovava  in  stato  di
ricapitalizzazione precauzionale;  intervento,  questo,  che,  quanto
alle Banche venete,  risultava  invece  impedito  dall'assenza  delle
condizioni necessarie. Viene infine contestata anche la disparita' di
trattamento tra i creditori, non essendo azionisti e  obbligazionisti
subordinati equiparabili ad altre categorie di creditori dell'impresa
bancaria. 
    Intesa Sanpaolo spa sottolinea, da ultimo, che nelle procedure di
risoluzione e ristrutturazione degli istituti  di  credito  primeggia
l'interesse a «garantire la stabilita'  del  sistema  bancario  della
zona  euro  nel  suo  complesso»,  interesse  cui  e'  funzionale  la
celerita' di tali procedure. In questa prospettiva,  la  possibilita'
che vi sia incertezza sulla cessione anche solo di  una  quota  parte
dei titoli azionari e obbligazionari subordinati metterebbe a rischio
l'efficienza del procedimento di ristrutturazione. I crediti  cui  si
riferiscono le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal
Tribunale di Firenze  rappresenterebbero  «passivita'  occulte»,  non
iscritte in contabilita' e non note al momento  della  cessione,  ne'
prevedibili,  e  percio'  ragionevolmente   queste   passivita'   non
sarebbero  comprese  dal  d.l.  n.  99  del  2017,  come  convertito,
nell'Insieme aggregato oggetto di cessione. 
    5.- Con atto depositato il 13 dicembre 2021, anche Banca Popolare
di Vicenza spa in liquidazione coatta amministrativa si e' costituita
in  giudizio,  chiedendo  di  dichiarare  inammissibili,  o  comunque
irrilevanti e non fondate, le  sollevate  questioni  di  legittimita'
costituzionale. 
    6.- Ha depositato atto di intervento nel giudizio  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo  che  le  questioni  sollevate  siano
dichiarate inammissibili o comunque non fondate. 
    6.1.-  Il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   deduce
l'inammissibilita' della  questione  di  legittimita'  costituzionale
riferita al decreto-legge censurato nella sua  interezza,  posto  che
questo  comprende  una  serie  di  disposizioni  non  collegate   con
l'oggetto della causa pendente davanti al Tribunale di Firenze e  che
il giudice a quo non specifica quali siano  i  vizi  di  legittimita'
costituzionale che colpirebbero l'intero testo normativo, ne' critica
la decisione di porre in liquidazione coatta  amministrativa  le  due
Banche. 
    L'ordinanza  del  Tribunale  di  Firenze,  secondo   l'Avvocatura
generale, non conterrebbe una motivazione  idonea  a  conseguire  una
ipotetica pronuncia di illegittimita' costituzionale del d.l.  n.  99
del 2017, limitandosi a prefigurarne gli effetti. 
    Emergerebbe poi l'irrilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale riferita all'art. 4, comma 1, del d.l. n. 99 del 2017,
come convertito, nella parte in cui prevede  l'erogazione  dell'aiuto
di Stato e la liquidazione coatta amministrativa  delle  due  Banche,
giacche' il giudizio principale  ha  ad  oggetto  esclusivamente  una
richiesta di nullita' e di risarcimento per  cosiddetto  «misselling»
di strumenti di investimento, e dunque non riguarda  l'azzeramento  o
meno del valore delle azioni Banca Popolare di Vicenza  a  titolo  di
«burden sharing». La  questione  sarebbe  comunque  non  fondata,  in
quanto la  concessione  degli  aiuti  di  Stato  a  banche  in  crisi
presuppone inderogabilmente il  previo  azzeramento  delle  azioni  e
delle obbligazioni subordinate. 
    6.2.- L'interesse degli azionisti e  obbligazionisti  subordinati
puo' trovare tutela soltanto all'interno dei procedimenti  codificati
di soluzione delle crisi bancarie, a carico  della  liquidazione  del
soggetto insolvente, senza  che,  peraltro,  sia  loro  riservato  un
trattamento deteriore rispetto a quello che  avrebbero  ricevuto  nel
caso di liquidazione della banca senza  continuita'  o  trasferimento
dell'azienda. 
    Poiche' l'assoggettabilita' dei  diritti  degli  azionisti  delle
banche alle misure di «condivisione degli oneri» configura un  limite
intrinseco di tali diritti, e non una loro  ablazione  nell'interesse
pubblico, risulterebbe  smentito,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  ogni
dubbio di legittimita' costituzionale del quadro normativo  in  esame
rispetto sia all'art. 42 Cost.,  sia  alla  normativa  europea  sugli
aiuti di Stato, sia alla normativa CEDU a  tutela  della  proprieta',
sia, infine, al principio della tutela del risparmio di cui  all'art.
47 Cost. 
    L'Avvocatura rileva, ancora, che l'art. 3, comma 1,  lettere  a),
b), e c), del d.l. n. 99  del  2017,  come  convertito,  non  fa  che
specificare il principio generale enunciato dall'art. 2560 cod.  civ.
per i debiti relativi all'azienda ceduta, non  chiarendo  l'ordinanza
di rimessione, del resto,  se  i  debiti  restitutori  e  risarcitori
oggetto del giudizio a quo risultassero  dai  libri  contabili  della
cedente al momento della cessione, sicche' dovesse risponderne  anche
la cessionaria. 
    Non avrebbe inoltre rilevanza la  questione  posta  in  relazione
alla lettera a) dell'art. 3, comma 1, citato, che rinvia all'art. 52,
comma 1, lettera a) punti i), ii), iii) e iv) del d.lgs. n.  180  del
2015, atteso che nella causa principale si discute del rimborso o del
risarcimento  del  prezzo  di  azioni  ordinarie,  e  non  del   loro
trasferimento o meno, come passivita', dal  patrimonio  di  vigilanza
della cedente a quello della cessionaria, non avendo la normativa  in
esame contemplato una successione universale di Intesa Sanpaolo spa a
Banca Popolare di Vicenza spa. 
    Manifestamente  infondate  sarebbero  altresi'  le  questioni  di
legittimita' costituzionale poste con riguardo alle lettere b)  e  c)
dell'art. 3, comma 1, citato, in quanto il d.l. n. 99 del 2017 non ha
affatto annullato i crediti restitutori e risarcitori degli azionisti
della Banca Popolare di Vicenza spa conseguenti  alle  operazioni  di
acquisto di azioni, ma li ha lasciati  in  capo  alla  cedente  e  ha
escluso il subentro in  essi,  nella  qualita'  di  debitrice,  della
cessionaria dell'azienda. 
    D'altra  parte,  avverte  l'Avvocatura,  l'acquisto   di   azioni
costituisce  pur  sempre  una  scelta  di  investimento  che  implica
l'assunzione di un rischio  nella  sua  massima  intensita',  perche'
comporta la  piena  e  incondizionata  condivisione  del  rischio  di
impresa della societa' emittente le azioni. 
    Sarebbe, da ultimo, inammissibile il profilo  di  censura  basato
dal giudice a quo  sulle  ipotesi  denominate  in  gergo  «operazioni
baciate», vale a dire operazioni in cui l'acquisto  di  azioni  della
banca viene contemplato come condizione piu' o meno vincolante per la
concessione da parte  della  banca  stessa  di  un  finanziamento  al
cliente che le acquista. Il Tribunale di Firenze non avrebbe chiarito
nell'ordinanza di rimessione se nella causa principale si  discutesse
di un acquisto di azioni avvenuto nel quadro di una simile operazione
o se, al contrario, l'acquisto delle azioni non fosse in nessun  modo
collegato alla concessione di un finanziamento all'attore. 
    La  questione  apparirebbe  comunque  non  fondata,  poiche'   il
finanziamento concesso in correlazione all'acquisto di  azioni  della
stessa banca finanziatrice avviene a condizioni piu' vantaggiose  per
il cliente rispetto ai finanziamenti non correlati con tali  acquisti
e sarebbe percio' ragionevole che i crediti per tali finanziamenti si
trasferiscano alla banca cessionaria al pari di tutti  gli  altri,  e
che invece  a  questa  non  si  trasferiscano  gli  eventuali  debiti
restitutori o  risarcitori  connessi  all'acquisto  e  al  successivo
deprezzamento delle azioni. 
    7.- La Banca d'Italia ha  depositato  opinione  scritta  ex  art.
4-ter delle Norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale, vigente ratione temporis. 
    L'opinione, ammessa con decreto presidenziale del 6 luglio  2022,
offre elementi utili alla conoscenza e  alla  valutazione  del  caso,
anche in ragione della sua complessita', e si  sofferma  sui  profili
affrontati dall'ordinanza di rimessione. 
    7.1.- L'opinione della Banca d'Italia osserva: 
    a) quanto alla ragionevolezza e all'opportunita'  dell'intervento
realizzato con il decreto, che la  scelta  del  Governo  italiano  di
affiancare un aiuto di Stato alla procedura  di  liquidazione  coatta
era giustificata dall'esigenza di consentire l'individuazione  di  un
acquirente del «complesso sano» delle due Banche ed evitare cosi'  la
liquidazione "atomistica" delle stesse, che avrebbe comportato  costi
molto piu' elevati anche per azionisti e creditori subordinati; 
    b) quanto alla violazione della normativa europea sugli aiuti  di
stato, che il Governo ha erogato a Intesa Sanpaolo  spa,  selezionata
come cessionaria delle  due  Banche,  un  sostegno  finanziario,  con
iniezione di liquidita' e concessione di garanzie statali,  approvato
dalla stessa Commissione UE; 
    c) quanto alla violazione del  principio  di  legalita'  e  delle
norme  a  tutela  del  diritto   di   proprieta',   per   la   natura
sostanzialmente espropriativa della  misura  di  «burden  sharing»  a
carico  degli  azionisti  e  creditori   subordinati   prevista   dal
decreto-legge censurato, che ricorrevano interessi generali  e  della
collettivita' legittimanti un simile intervento; 
    d) quanto al trattamento deteriore subito dagli  azionisti  delle
due Banche rispetto agli azionisti  di  Monte  dei  Paschi  di  Siena
(oggetto di una ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato
italiano), che la situazione patrimoniale in  cui  versavano  le  due
Banche - le quali, a differenza di MPS,  erano  state  dichiarate  in
dissesto o a rischio dissesto - ha impedito il ricorso agli strumenti
utilizzati per la gestione di MPS  e  che  comunque  anche  a  questa
vennero applicate misure di «burden sharing»; 
    e) quanto al mancato trasferimento a Intesa  Sanpaolo  spa  degli
azionisti e creditori subordinati delle due Banche in dissesto,  esso
si giustificava in forza della regola del «burden sharing»; 
    f) quanto al mancato trasferimento dei  debiti  per  risarcimento
del misselling, che tali pretese risarcitorie sono relative a diritti
di azionisti e obbligazionisti subordinati che sono  stati  azzerati,
in ossequio sempre al principio del «burden  sharing»,  come  sarebbe
avvenuto in una ordinaria LCA, e che sarebbe percio'  non  pertinente
il richiamo  all'art.  2741  cod.  civ.,  essendo  la  diversita'  di
trattamento dei creditori chirografari giustificata  nelle  procedure
di gestione della crisi; 
    g) quanto al mancato trasferimento a Intesa  Sanpaolo  spa  delle
controversie  nei   confronti   delle   due   Banche   venete   sorte
successivamente al momento della dichiarazione di dissesto, l'effetto
sarebbe analogo a cio' che accade in sede di LCA ordinaria; 
    h) che, in caso di declaratoria di illegittimita'  costituzionale
delle norme concernenti gli aiuti di  Stato,  pur  autorizzati  dalla
Commissione UE, e delle norme concernenti  le  esclusioni  di  alcuni
debiti dal perimetro delle passivita' trasferite, Intesa Sanpaolo spa
dovrebbe restituire l'aiuto  e  potrebbe  impugnare  il  contratto  e
chiedere  i  danni,  senza  peraltro  che  il  giudice  a  quo  possa
includervi il  rapporto  controverso,  perche'  cio'  imporrebbe  una
modifica consensuale delle condizioni di  contratto.  Si  prospettano
anche gli effetti a cascata che si avrebbero in  caso  di  estinzione
del contratto di cessione. 
    8.- Intesa Sanpaolo spa ha  depositato  memoria  illustrativa  in
data 13 settembre 2022, ribadendo le considerazioni svolte  nell'atto
di  costituzione  in  punto  di  inammissibilita'  o   di   manifesta
infondatezza delle questioni  sollevate  e  ponendovi  a  corredo  il
richiamo di numerose pronunce giurisprudenziali di merito. 
    Anche la Banca Popolare di Vicenza spa ha depositato in pari data
memoria illustrativa, ribadendo le ragioni di inammissibilita' o  non
fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 20 luglio 2021,  iscritta  al  n.  179  del
registro  ordinanze  2021,  il  Tribunale  ordinario  di  Firenze  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'intero  testo
del d.l. n. 99 del 2017, convertito, con modificazioni,  nella  legge
n. 121 del 2017, nonche' dei suoi artt. 2, commi 1, lettera c), e  2;
3, commi 1, lettere a), b) e c), 2, 3 e 4; 4, commi 1, lettere  b)  e
d), 3, 4 e 5; e 6, nella parte in cui non prevede la possibilita'  di
ristoro anche per gli azionisti, del medesimo decreto-legge (cosi' il
dispositivo dell'ordinanza di rimessione). 
    Dalla  motivazione  dell'ordinanza,  secondo  quanto  agevolmente
emerge dai capi di essa, si ricava tuttavia  che  censure  specifiche
sono rivolte nei confronti: 
    a) dell'art. 4, commi 1, lettere b) e d), e 3, e dell'art. 6  del
d.l. n. 99 del 2017, come convertito, in riferimento agli artt. 2, 3,
23, 41, 42, 45, 47  della  Costituzione,  nonche'  all'art.  1  Prot.
addiz. CEDU e all'art. 17 CDFUE; 
    b) del d.l. n. 99 del 2017, come convertito, nella sua interezza; 
    c) dell'art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), del d.l. n. 99  del
2017, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 45, 47  e
111, primo comma, Cost. e all'art. 47 CDFUE. 
    2.-  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sono  state
sollevate nel corso di un giudizio civile introdotto nei confronti di
Intesa  Sanpaolo  spa   per   sentir   dichiarare   l'invalidita'   o
l'inefficacia delle operazioni di acquisto di azioni emesse da  Banca
Popolare di Vicenza spa, per violazione degli obblighi informativi  e
per la mancata verifica di adeguatezza delle operazioni, nonche'  per
sentirla condannare al risarcimento dei danni. In  tale  giudizio  la
convenuta ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva. 
    3.- Il giudice a quo premette che il d.l. n. 99  del  2017,  come
convertito, e' stato adottato a seguito delle decisioni  della  Banca
centrale europea  e  del  Comitato  di  risoluzione  unico,  e  della
determinazione della Banca d'Italia,  la  quale  aveva  ravvisato  la
necessita'  di  avviare   la   procedura   di   liquidazione   coatta
amministrativa nei confronti di Banca Popolare di Vicenza  spa  e  di
Veneto Banca spa. Alla luce di cio', lo stesso decreto-legge, al fine
di consentire l'ordinato svolgimento delle operazioni di  fuoriuscita
dal  mercato  delle   banche   sottoposte   a   liquidazione   coatta
amministrativa ed evitare un  grave  turbamento  dell'economia  nella
loro area di operativita', ha  dettato  la  disciplina  dell'avvio  e
dello  svolgimento  delle  procedure,  nonche'  le  modalita'  e   le
condizioni delle misure a sostegno delle banche in conformita' con la
disciplina europea in materia di aiuti di Stato, ai  sensi  dell'art.
107 TFUE. 
    3.1.- Tanto premesso, il Tribunale di Firenze  evidenzia  che  le
individuate finalita' sono state perseguite imponendo  ai  commissari
liquidatori di cedere l'azienda, suoi  singoli  rami,  nonche'  beni,
diritti  e  rapporti  giuridici  individuabili  in   blocco,   ovvero
attivita' e passivita', anche parziali o per una quota di ciascuna di
esse, di uno dei soggetti in liquidazione o  di  entrambi,  a  Intesa
Sanpaolo spa, individuata, ai sensi del comma 3 dell'art. 3 del  d.l.
n. 99 del 2017, come convertito,  sulla  base  di  trattative  svolte
prima dell'entrata in vigore del medesimo decreto, che ne  aveva  poi
integralmente recepito il contenuto. 
    In particolare, il citato art. 3, al comma 1, prevede che restano
in ogni caso esclusi dalla cessione, anche in  deroga  all'art.  2741
cod. civ.: 
    - le passivita' indicate all'art. 52, comma 1, lettera a),  punti
i), ii), iii) e iv), del d.lgs. n. 180 del 2015 (lettera a); 
    - i debiti delle banche nei  confronti  dei  propri  azionisti  e
obbligazionisti   subordinati   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle banche
o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei  servizi  di
investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate
(lettera b); 
    - le controversie relative ad atti o fatti  occorsi  prima  della
cessione, sorte successivamente ad essa,  e  le  relative  passivita'
(lettera c). 
    3.2.- L'ordinanza di  rimessione  osserva  che  in  tal  modo  la
cessionaria Intesa  Sanpaolo  spa  avrebbe  acquisito  ad  un  prezzo
simbolico Banca Popolare di Vicenza spa e Veneto Banca spa,  depurate
da ogni criticita' e compreso il loro avviamento, ricevendo la  somma
di euro 4,785 miliardi circa a  titolo  di  aiuti  provenienti  dagli
stessi soggetti sottoposti a liquidazione. 
    3.3.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,
commi 1, lettere b) e d), e 3, nonche' dell'art. 6 del d.l. n. 99 del
2017,  come  convertito,  sono  poste  dal   Tribunale   di   Firenze
denunciando il contrasto con gli artt. 2, 3, 23,  41,  42,  45  e  47
Cost., nonche' con l'art. 1 Prot. addiz. CEDU e con l'art. 17 CDFUE. 
    Il rimettente ravvisa l'irragionevolezza delle norme  indicate  e
l'eccesso  di  potere  legislativo,  in  quanto  l'aiuto   di   Stato
affiancato  alla  procedura  di  liquidazione  coatta  amministrativa
avrebbe dovuto gravare sulla generalita' dei cittadini e non  su  una
categoria  ristretta  di  soggetti,  quali  gli   azionisti   e   gli
obbligazionisti subordinati, il cui risparmio  risulta  integralmente
annullato. 
    L'ordinanza  lamenta,  ancora,  la  «violazione  della  normativa
europea sugli aiuti di Stato»  e  l'eccesso  di  potere  legislativo,
perche' i risparmi degli azionisti e dei creditori subordinati  delle
due banche sono rimasti  nelle  liquidazioni  non  per  assorbire  le
perdite nella massima misura necessaria, ma allo scopo di trasferirli
alla cessionaria Intesa Sanpaolo spa sotto la voce fittizia di «aiuti
di Stato». 
    Il  sostanziale  azzeramento  del  capitale  azionario  e   delle
obbligazioni   subordinate   si   risolverebbe   altresi'   in    una
espropriazione, senza indennizzo, a favore di un soggetto privato per
l'esclusivo interesse dello stesso, non prevedendo l'art. 6 del  d.l.
n. 99 del 2017, come convertito, alcuna possibilita' di  ristoro  per
gli azionisti, con violazione dell'art. 42 Cost., dell'art.  1  Prot.
addiz. CEDU e dell'art. 17 CDFUE. 
    L'aiuto di Stato realizzato mediante l'annullamento del  capitale
azionario e delle obbligazioni subordinate delle due  Banche  sarebbe
inoltre  lesivo  degli  artt.  45  e  47  Cost.,  che   tutelano   la
cooperazione e il risparmio, in quanto il costo della crisi aziendale
sarebbe stato fatto ricadere in primo luogo  sugli  azionisti  e  sui
detentori di obbligazioni subordinate delle due Banche, i cui diritti
sono stati mantenuti nella liquidazione e potranno essere soddisfatti
solo nell'eventualita' in cui lo Stato recuperi integralmente  quanto
versato a supporto dell'intervento  e  siano  stati  soddisfatti  gli
altri creditori. 
    E' poi dedotta la violazione dell'art. 23 Cost., essendo  imposta
agli  azionisti  e  obbligazionisti   subordinati   una   prestazione
patrimoniale nell'interesse privato  di  una  societa'  con  fini  di
lucro, e degli artt. 3, 41 e 45 Cost., lamentandosi la disparita'  di
trattamento tra gli azionisti delle due Banche poste in  liquidazione
coatta amministrativa, i cui diritti sono regolati dalla legge n. 121
del 2017, di conversione del d.l. n. 99 del 2017, e quelli  di  altre
banche, in particolare del Monte dei Paschi di Siena,  che  e'  stato
ricapitalizzato «salvando gli azionisti». 
    3.4.- Il  Tribunale  di  Firenze  solleva  inoltre  questione  di
legittimita' costituzionale del d.l. n. 99 del 2017, come convertito,
«nella  sua  interezza»,  atteso  che  esso  recepisce  la   proposta
vincolante di acquisto delle due Banche presentata da Intesa Sanpaolo
spa, della quale e' parte integrante la  concessione  dell'«aiuto  di
Stato»  per  l'importo  di  euro   4,785   miliardi.   Accertata   la
illegittimita'  costituzionale  del  decreto,  ne  conseguirebbe,  ad
avviso del rimettente, «la caducazione del  decreto-legge  nella  sua
interezza, in modo  che  il  governo  possa  nuovamente  valutare  la
soluzione piu' conforme all'interesse pubblico perseguito». 
    3.5.- Da ultimo sono  illustrate  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), del d.l. n.
99 del 2017, come convertito. 
    Si ha riguardo alla disciplina delle  passivita',  dei  debiti  e
delle  controversie  che  non  rientrano   nella   cessione.   Queste
disposizioni  sarebbero,  ad  avviso  del   Tribunale   di   Firenze,
costituzionalmente illegittime per eccesso di  potere  legislativo  e
per violazione degli artt. 3, 24, 42, 45,  47  e  111,  primo  comma,
Cost. 
    Verrebbe violata la  parita'  di  trattamento  tra  i  creditori,
restando sacrificati quelli individuati dalle norme censurate, mentre
sarebbero assimilati i creditori di cui alle  lettere  a)  e  b)  del
censurato art. 3, comma  1,  «pur  essendo  radicalmente  diversa  la
situazione di chi ha effettuato un investimento con la consapevolezza
di assumere determinati rischi  e  quella  invece  di  chi  vanta  un
credito nascente dalla illegittimita' nella specie del  comportamento
della Banca». 
    L'ordinanza di rimessione  osserva  che  non  vi  sarebbe  alcuna
motivazione del diverso trattamento cui sono  assoggettati  i  debiti
delle banche esclusi dalla cessione.  La  disparita'  di  trattamento
nella tutela dei correntisti violerebbe pure  l'art.  47  Cost.,  per
l'eccezione creata in danno dei creditori  di  cui  alla  lettera  b)
dell'art. 3, comma 1, del d.l. n. 99 del 2017, come convertito. 
    Viene infine dedotta la violazione del principio di eguaglianza e
del diritto di difesa ai sensi degli artt. 3 e 24 Cost.  e  dell'art.
47 CDFUE, giacche' la mancata cessione  a  Intesa  Sanpaolo  spa  dei
debiti derivanti dalle operazioni di commercializzazione delle azioni
e obbligazioni subordinate comporterebbe che ogni azione  giudiziaria
degli azionisti e degli obbligazionisti possa essere intrapresa  solo
nei  confronti  della   societa'   posta   in   liquidazione   coatta
amministrativa. In tal modo, nelle cosiddette  «operazioni  baciate»,
nelle quali cioe' l'acquisto delle azioni e' finanziato dalla  stessa
emittente, il credito per il rimborso del finanziamento contratto per
l'acquisto delle azioni rimarrebbe in capo  alla  cessionaria  Intesa
Sanpaolo, mentre il debito nei confronti dell'azionista resterebbe in
capo  alla  cedente,  anche  se  i  due  rapporti   sono   tra   loro
indissolubilmente connessi. 
    4.- Intesa Sanpaolo spa, Banca popolare di Vicenza spa in  LCA  e
il Presidente del Consiglio dei ministri, rispettivamente  costituite
e intervenuto in giudizio,  hanno  formulato  numerose  eccezioni  di
inammissibilita' delle ora ricordate questioni. 
    4.1.- Appare opportuno premettere un chiarimento in  ordine  alla
portata  normativa  delle  disposizioni  di  legge  che  maggiormente
vengono  invocate  nell'ordinanza  di   rimessione,   la   quale   fa
riferimento ad una vicenda che ha avuto anche risvolti drammatici per
una moltitudine di risparmiatori. Dal preambolo del d.l.  n.  99  del
2017,  come  convertito,  si  evince,  del  resto,  che  l'intervento
normativo ha avuto  riguardo  alle  gravi  ripercussioni  di  rilievo
sociale ed economico per persone, famiglie e imprese, derivanti dalla
sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare
di Vicenza spa e Veneto Banca spa, ravvisate in  termini  di  perdite
per i creditori non professionali chirografari e  di  cessazione  dei
rapporti di affidamento creditizio. 
    4.2.- Il d.l. n. 99 del 2017, come convertito, all'art. 1 (Ambito
di applicazione), comma  1,  specifica  che  il  decreto  «disciplina
l'avvio e lo svolgimento della liquidazione coatta amministrativa  di
Banca Popolare di Vicenza spa e di Veneto Banca spa [...] nonche'  le
modalita' e le condizioni delle misure a sostegno di queste ultime in
conformita' con la disciplina europea in materia di  aiuti  di  Stato
[...]». Ai sensi dell'art. 2  (Liquidazione  coatta  amministrativa),
comma 1, lettera c), i commissari liquidatori dovevano procedere alla
cessione di cui all'art.  3  in  conformita'  all'offerta  vincolante
formulata dal cessionario selezionato ai sensi dell'art. 3, comma  3,
ovvero  «anche  sulla  base  di  trattative  a  livello  individuale,
nell'ambito di una procedura, anche se svolta prima  dell'entrata  in
vigore   del   presente   decreto,   aperta,   concorrenziale,    non
discriminatoria  di   selezione   dell'offerta   di   acquisto   piu'
conveniente, nonche' avendo riguardo agli  impegni  che  esso  dovra'
assumersi ai fini del rispetto della disciplina europea  sugli  aiuti
di Stato». L'art. 3 (Cessioni) del citato decreto-legge, al comma  1,
stabilisce che  i  commissari  liquidatori  provvedano  a  cedere  al
soggetto individuato «l'azienda, suoi  singoli  rami,  nonche'  beni,
diritti  e  rapporti  giuridici  individuabili  in   blocco,   ovvero
attivita' e passivita', anche parziali o per una quota di ciascuna di
esse, di  uno  dei  soggetti  in  liquidazione  o  di  entrambi».  Si
aggiunge, tuttavia,  che  «[a]lla  cessione  non  si  applica  quanto
previsto ai sensi degli articoli 58, commi 1, 2, 4, 5, 6 e  7,  salvo
per quanto espressamente richiamato nel presente decreto, e 90, comma
2, del Testo unico bancario». L'ultima parte  del  medesimo  comma  1
dell'art. 3 precisa, peraltro, che «[r]estano in  ogni  caso  esclusi
dalla cessione anche in deroga all'articolo 2741  cod.  civ.:  a)  le
passivita' indicate all'articolo 52, comma 1, lettera a),  punti  i),
ii), iii) e iv), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180; b)
i  debiti  delle  Banche  nei  confronti  dei  propri   azionisti   e
obbligazionisti   subordinati   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche
o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei  servizi  di
investimento   riferite   alle   medesime   azioni   o   obbligazioni
subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso  i  soggetti
destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse;
c) le controversie relative ad  atti  o  fatti  occorsi  prima  della
cessione, sorte successivamente ad essa, e le  relative  passivita'».
Il comma 2 dell'art. 3 chiarisce, fra l'altro, che «[i]l  cessionario
risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della  cessione  ai
sensi del comma 1». Gli artt. 4 e 6  del  decreto-legge  recano  poi,
rispettivamente, la disciplina degli  «[i]nterventi  dello  Stato»  e
delle  «[m]isure  di  ristoro»  in  favore  degli   investitori   che
«detenevano strumenti finanziari di debito subordinato  emessi  dalle
Banche e acquistati nell'ambito di un rapporto negoziale diretto  con
le medesime Banche emittenti» (art. 6, comma 1). 
    5.- Il d.l. n. 99 del 2017, come convertito,  per  quanto  emerge
dal suo stesso preambolo, era dunque volto ad attuare una manovra  di
«salvataggio pubblico» di Banca Popolare di Vicenza spa e  di  Veneto
Banca  spa,  sottoposte  a  liquidazione  coatta  amministrativa  sul
presupposto della sussistenza del «dissesto o rischio  di  dissesto»,
come accertato dalla Banca centrale europea, ai sensi  dell'art.  32,
paragrafo 1, lettera a), della direttiva  2014/59/UE  del  Parlamento
europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa all'istituzione
di un quadro di risanamento e  risoluzione  degli  enti  creditizi  e
delle imprese di investimento. Il Comitato di risoluzione unico aveva
escluso che vi fossero i requisiti per  una  risoluzione  secondo  la
medesima direttiva europea, ai sensi del regolamento n.  806/2014/UE,
che fissa le norme e la procedura uniformi per la  risoluzione  degli
enti creditizi e di talune imprese di  investimento  nel  quadro  del
meccanismo di risoluzione unico e del  Fondo  di  risoluzione  unico,
sicche' avrebbe dovuto avviarsi nei confronti di  Banca  Popolare  di
Vicenza spa e di Veneto Banca spa la procedura di liquidazione coatta
amministrativa in conformita' al diritto nazionale.  In  particolare,
il Governo ha  ritenuto  che,  in  assenza  di  misure  pubbliche  di
sostegno, la sottoposizione delle due Banche  a  liquidazione  coatta
amministrativa avrebbe comportato la  distruzione  del  valore  delle
aziende bancarie coinvolte,  con  conseguenti  gravi  perdite  per  i
creditori non professionali chirografari, che non sono  protetti  ne'
preferiti,  e  avrebbe  determinato  una  improvvisa  cessazione  dei
rapporti di  affidamento  creditizio  per  imprese  e  famiglie,  con
conseguenti forti ripercussioni negative sul tessuto produttivo e  di
carattere  sociale,  nonche'  occupazionali.  Esigenze,  queste,  che
rendevano necessaria l'adozione di disposizioni  volte  a  consentire
l'ordinato svolgimento delle operazioni di  fuoriuscita  dal  mercato
delle banche ed evitare un grave turbamento  dell'economia  nell'area
di operativita'  delle  Banche  in  questione  (cosi'  il  richiamato
preambolo del d.l. n. 99 del 2017). 
    L'intervento  legislativo  statale  ha  cosi'   previsto   misure
pubbliche a sostegno di una gestione ordinata della crisi  delle  due
Banche, nel contesto di una speciale procedura d'insolvenza, mediante
«aiuti alla liquidazione»,  approvati  dalla  Commissione  europea  e
subordinati alle condizioni da questa  indicate  nella  comunicazione
2013/C - 216/01, che  impegnano,  tra  l'altro,  gli  azionisti  e  i
creditori  subordinati  a  condividere  l'onere   dell'operazione   e
tutelano le capacita' operative del  terzo  che  acquisisca  un  ramo
d'azienda. 
    In particolare,  il  punto  6.2.3.  (Condivisione  degli  oneri),
paragrafo 77, della comunicazione della Commissione europea 2013/C  -
216/01, elabora la regola del «burden sharing»,  secondo  cui  «[n]el
contesto di una liquidazione ordinata, e' necessario far in  modo  di
ridurre al  minimo  il  cosiddetto  rischio  morale,  in  particolare
evitando  la  concessione  di  aiuti  aggiuntivi  a  beneficio  degli
azionisti e dei creditori subordinati». 
    Il d.l. n. 99 del 2017, come convertito, ha  rimesso  alle  parti
delle  convenzioni  di  cessione  di  determinare  le   attivita'   e
passivita' cedute, ponendo un  divieto  di  trasferimento  di  alcune
poste.  Nella  specie,  quale  conseguenza  del  limite  inderogabile
imposto  all'autonomia  negoziale  delle  parti  degli   accordi   di
trasferimento, il perimetro della cessione ha lasciato  fuori  sia  i
debiti  delle  banche  nei   confronti   dei   propri   azionisti   e
obbligazionisti   subordinati   derivanti   dalle    operazioni    di
commercializzazione  di  azioni  o  obbligazioni  subordinate   delle
banche, sia i debiti correlati alle violazioni della normativa  sulla
prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni
o obbligazioni subordinate, nonche',  in  generale,  le  controversie
relative  ad  atti  o  fatti  occorsi  prima  della  cessione,  sorte
successivamente ad essa, e le relative passivita'. 
    Il legislatore statale ha ravvisato, quale misura di tutela delle
capacita' operative della cessionaria, che la stessa dovesse  restare
esonerata anche dalle pretese di terzi e dalle passivita' collegate a
condotte  di  misselling  nella  commercializzazione  di   azioni   o
obbligazioni subordinate delle due Banche, seppure  si  trattasse  di
«atti o fatti» verificatisi prima della cessione, ma non gia' oggetto
di controversia. 
    6.- Venendo ora all'esame delle questioni sollevate dal Tribunale
di Firenze, deve precisarsi che  esse  sono  circoscritte  da  quanto
esposto nella motivazione dell'ordinanza di rimessione. L'indicazione
in dispositivo di norme del d.l. n. 99 del 2017, come convertito, per
le  quali  non  vi  e'  alcuno  sviluppo  argomentativo   nel   testo
dell'ordinanza - l'art. 2, commi 1, lettera c), e 2; l'art. 3,  commi
2, 3 e 4; l'art. 4, commi 3, 4 e  5  -  non  da'  luogo  a  questioni
scrutinabili nel merito,  tanto  piu'  per  l'omessa  evocazione  dei
parametri costituzionali. 
    Le relative questioni vanno dunque dichiarate  inammissibili  per
assoluta mancanza di motivazione quanto alla  rilevanza  e  alla  non
manifesta infondatezza. 
    7.- Poste tali premesse puo' ora passarsi all'esame pregiudiziale
delle  plurime  eccezioni  di  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale,  come  individuate  nella   motivazione
dell'ordinanza  di  rimessione,  formulate  dalle  difese  di  Intesa
Sanpaolo spa  e  di  Banca  Popolare  di  Vicenza  spa,  nonche'  dal
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    7.1.-  E'  anzitutto   fondata   l'eccezione   d'inammissibilita'
formulata sul rilievo che il rimettente avrebbe sottoposto  a  questa
Corte una pluralita' di  questioni  di  legittimita'  costituzionale,
senza in alcun modo chiarire l'ordine nel quale le stesse  dovrebbero
essere esaminate e la relazione tra le stesse esistente. 
    Come visto, il Tribunale di Firenze  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale con riferimento sia all'art. 4, commi  1,
lettere b) e d), e 3, e all'art. 6 del  d.l.  n.  99  del  2017;  sia
all'art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), del d.l. n.  99  del  2017;
sia al medesimo decreto-legge, come convertito, nella sua interezza. 
    Il rimettente non ha operato  alcun  tipo  di  graduazione  nella
prospettazione delle doglianze. 
    L'auspicato  accoglimento   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate dal Tribunale di Firenze e'  finalizzato  ad
ampliare il «perimetro della cessione», al fine di comprendervi anche
la domanda  risarcitoria  e  restitutoria  proposta  dall'attore  nei
confronti di Intesa Sanpaolo spa. Il giudice a quo, senza evidenziare
alcun nesso di subordinazione logico-giuridica, ha chiesto  a  questa
Corte di scegliere tra i  diversi  interventi  prospettati,  e  cioe'
dichiarare costituzionalmente illegittimi l'intero  d.l.  n.  99  del
2017,  ovvero  singole  norme  di  esso,  secondo   un'alternativita'
irrisolta che impedisce di identificare il  verso  delle  censure,  e
percio' fornisce una  prospettazione  ancipite  in  ordine  alla  non
manifesta infondatezza delle plurime questioni,  con  la  conseguenza
che esse sono inammissibili (sentenze n. 136 e n. 66 del 2022, n. 123
del 2021, n. 168 e n. 152 del 2020; ordinanza n. 104 del 2020). 
    Ove, peraltro, volesse intendersi che il nesso di  subordinazione
logico-giuridica degli interventi richiesti a questa Corte sia quello
evincibile dalla sequenza adoperata nel dispositivo dell'ordinanza di
rimessione, le questioni  sarebbero  comunque  inammissibili  per  le
ragioni di seguito indicate. 
    7.2.- Sono, invero,  fondate  le  eccezioni  di  inammissibilita'
delle questioni di legittimita' costituzionale che investono il  d.l.
n. 99 del 2017, come convertito, nella sua interezza. 
    Il  d.l.  n.  99  del  2017,  come  convertito,  contiene   norme
eterogenee rispetto agli ambiti incisi dalle piu' specifiche  censure
formulate dal rimettente, quali quelle sulle  procedure  concorsuali,
sulle cessioni, sugli interventi  dello  Stato,  sulla  cessione  dei
crediti deteriorati, sulle misure di  ristoro,  nonche'  disposizioni
fiscali, finanziarie e  di  attuazione.  Tuttavia,  le  questioni  di
legittimita'  costituzionale  sollevate  in   via   incidentale   non
riguardano tutte le norme contenute nel provvedimento censurato. 
    Secondo la costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  risultano
inammissibili le questioni sollevate avverso interi atti  legislativi
allorquando le leggi impugnate, come  nella  vicenda  in  esame,  non
siano «caratterizzate da normative omogenee e tutte  coinvolte  dalle
censure» (sentenze n. 128 del 2020 e n. 247 del  2018;  nello  stesso
senso, sentenza n. 143 del 2010); in tal caso,  infatti,  le  censure
devono  ritenersi  generiche  e  tali   da   non   «consent[ire]   la
individuazione   della   questione   oggetto   dello   scrutinio   di
costituzionalita'» (sentenze n. 128 del 2020 e n. 14 del 2017). 
    7.2.1.- Sotto altro e concorrente profilo, non puo' non rilevarsi
che  la  questione,  sollevata  con  riguardo  all'intero  testo  del
decreto-legge, come convertito, e della  legge  di  conversione,  non
mira  ad  evidenziare  un  vizio  di  legittimita'  della  disciplina
legislativa, quanto piuttosto a criticare la scelta di  opportunita',
effettuata dal Governo e ratificata dal Parlamento con  la  legge  di
conversione, di procedere proprio con  le  modalita'  descritte  alla
liquidazione  ordinata  delle  Banche   venete.   Nell'ordinanza   di
rimessione, infatti, si afferma che la caducazione del  decreto-legge
nella sua interezza mira a far si' che «il governo  possa  nuovamente
valutare  la   soluzione   piu'   conforme   all'interesse   pubblico
perseguito». Risulta, quindi, posto in discussione  il  merito  della
scelta politica effettuata dal  Governo  per  fronteggiare  la  crisi
delle Banche  venete  e  non  la  legittimita'  costituzionale  della
disciplina in concreto adottata (in  violazione  dell'art.  28  della
legge 11 marzo 1953, n. 87, recante «Norme sulla costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale»).  Significativamente,  del
resto, la questione di legittimita' costituzionale in  esame  non  e'
accompagnata  nell'ordinanza  di  rimessione  dalla  indicazione  dei
parametri costituzionali che risulterebbero violati. 
    7.3.- Sono altresi'  fondate  le  eccezioni  di  inammissibilita'
delle questioni di legittimita' costituzionale che  investono  l'art.
4, commi 1, lettere b) e d), e 3, e l'art. 6 del d.l. n. 99 del 2017,
come convertito. 
    L'ordinanza  di  rimessione   non   illustra   le   ragioni   che
giustifichino l'applicazione  di  tali  disposizioni  e  che  percio'
possano  dimostrare  la  pregiudizialita'  delle  relative  questioni
rispetto alla definizione del processo principale, concernendo queste
norme, rispettivamente, l'attuazione di un aiuto di  Stato,  mediante
la  fornitura  di  un  supporto  finanziario,  volto  a  coprire   il
fabbisogno di capitale generatosi in capo alla cessionaria in seguito
all'acquisizione di parte delle due Banche e a sostenere le misure di
ristrutturazione aziendale da attivare; l'acquisizione di crediti  in
capo alla cessionaria e allo  Stato  verso  la  LCA;  le  «misure  di
ristoro» stabilite per gli investitori persone fisiche,  imprenditori
individuali, nonche' imprenditori agricoli o  coltivatori  diretti  o
loro successori mortis causa. 
    Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale   sollevate   dal
Tribunale di Firenze relative al regime degli interventi dello  Stato
e alla disciplina delle misure di ristoro predisposti dal d.l. n.  99
del 2017, come convertito, risultano tuttavia  avulse  dai  caratteri
delle pretese avanzate nel giudizio a quo,  atteso  che  il  giudizio
principale  ha  ad  oggetto   una   domanda   risarcitoria   proposta
dall'attore nei confronti della sola cessionaria Intesa Sanpaolo  spa
(ex plurimis, sentenze n. 109 del 2022 e n. 283 del 2016). 
    7.4.-  Devono  ora  affrontarsi  i  profili  di  inammissibilita'
prospettati   con   riguardo   alle   questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), del d.l. n.
99 del 2017, come convertito. 
    7.4.1.-  L'ordinanza  di  rimessione  denota  in  proposito   una
insufficiente descrizione della fattispecie oggetto  del  giudizio  a
quo e una incompleta ricostruzione del quadro normativo rilevante, il
che comporta un difetto di motivazione sulla rilevanza. 
    Il giudice  rimettente  illustra  i  termini  della  controversia
riportando le conclusioni dell'atto di  citazione  notificato  il  13
gennaio 2019, con il quale l'attore aveva convenuto  Intesa  Sanpaolo
spa  per  sentir  dichiarare  l'invalidita'  o   l'inefficacia,   per
violazione degli obblighi informativi di cui all'art. 21  del  d.lgs.
n. 58 del 1998 e all'art. 26 della deliberazione CONSOB n. 11522  del
1998, anche ai sensi dell'art. 1322 cod.  civ.,  e  altresi'  per  la
mancata verifica dell'adeguatezza, delle operazioni  di  acquisto  di
azioni emesse dalla Banca Popolare  di  Vicenza  spa,  domandando  la
condanna della Banca Intesa Sanpaolo spa al risarcimento  dei  danni.
Nella  ordinanza  di  rimessione  si  riferisce  unicamente  che   le
violazioni degli obblighi informativi da parte di Banca  Popolare  di
Vicenza spa erano relativi ad investimenti effettuati tra il  2010  e
il 2014 in azioni emesse  dalla  banca  stessa  (a  pagina  2)  e  si
sostiene  che  i  «debiti»  oggetto  del  giudizio  principale  erano
riferibili alla lettera b) del  comma  1  dell'art.  3  censurato  (a
pagina 7). 
    Le trascritte conclusioni della citazione introduttiva chiedevano
altresi' di accertare il grave inadempimento  della  Banca  convenuta
per  tutti  i  comportamenti   posti   in   essere   all'atto   della
sollecitazione di sottoscrizione delle azioni della Banca Popolare di
Vicenza spa per cui e' causa, nonche' di  risolvere  i  contratti  de
quibus e, per l'effetto, di condannare Banca Intesa Sanpaolo spa alle
conseguenti  restituzioni  e  comunque  al  risarcimento  dei   danni
patrimoniali. 
    L'ordinanza di rimessione da' poi conto delle conclusioni dedotte
da Intesa Sanpaolo spa in sede  di  costituzione,  ovvero:  accertare
l'estraneita' della stessa all'oggetto del  processo,  dichiarare  il
difetto di titolarita' del rapporto dedotto in  giudizio  in  capo  a
Intesa Sanpaolo  e/o  il  difetto  di  legittimazione  passiva  della
stessa; altrimenti disporne l'estromissione; nel  merito,  respingere
tutte le domande. 
    Infine,   vengono    trascritte    le    conclusioni    precisate
dall'interventrice Banca Popolare  di  Vicenza  spa  in  liquidazione
coatta  amministrativa:   difetto   di   legittimazione   passiva   e
conseguente   estromissione   di   Banca   Intesa    Sanpaolo    spa;
inammissibilita'  e/o  improcedibilita'   e/o   improseguibilita'   o
improponibilita' di tutte le domande  dell'attore  nei  confronti  di
Banca Popolare di Vicenza spa in LCA; in  subordine,  non  fondatezza
delle medesime domande. 
    7.4.2.- Cio' esposto, il Tribunale di Firenze invoca il sindacato
di  legittimita'  costituzionale  su  tutte  le  diverse  ipotesi  di
esclusione dalla cessione contenute nell'art. 3, comma 1, lettere a),
b) e c), del d.l. n. 99 del 2017, come convertito. 
    Il giudice a quo motiva la rimessione  supponendo  che  le  norme
censurate abbiano comportato che, con l'azienda bancaria, siano state
trasferite tutte le attivita' e passivita' aziendali,  tranne  quelle
risarcitorie e restitutorie analoghe al debito oggetto  del  giudizio
civile pendente. Si e' pero' gia' evidenziato  che  il  decreto-legge
censurato,  in  una  logica  esattamente   opposta,   consentiva   ai
commissari liquidatori di cedere al soggetto  individuato  l'azienda,
suoi  singoli  rami,  nonche'  beni,  diritti  e  rapporti  giuridici
individuabili  in  blocco,  ovvero  attivita'  e  passivita',   anche
parziali o per una quota di ciascuna di esse, di uno dei soggetti  in
liquidazione o di entrambi, per l'effetto obbligando il cessionario a
rispondere solo dei debiti ricompresi nel  perimetro  della  cessione
concretamente attuata dalle parti del contratto. 
    Deve infatti considerarsi l'espressa deroga che l'art.  3,  comma
1, contempla sia rispetto al  regime  generale  della  cessione  alle
banche di aziende e rapporti giuridici  stabilito  dall'art.  58  del
decreto legislativo 1° settembre 1993,  n.  385  (Testo  unico  delle
leggi in materia bancaria e creditizia), sia rispetto alla disciplina
della cessione di attivita' e  passivita'  ad  opera  dei  commissari
liquidatori della banca in LCA delineata dall'art. 90, comma 2, dello
stesso t.u. bancario. 
    Cosi'  come,  nel  delineare  il  presupposto   normativo   delle
questioni, occorre soffermarsi sul comma 2 dell'art. 3 del d.l. n. 99
del 2017, come convertito, che chiama  il  cessionario  a  rispondere
solo dei debiti ricompresi nel «perimetro della  cessione»  ai  sensi
del comma 1, e ulteriormente restringe la  vicenda  traslativa  e  la
responsabilita'  del  cessionario  con  riguardo  ad  altri  rapporti
giuridici. 
    7.4.3.- Per offrire  una  complessiva  ricostruzione  del  quadro
normativo rilevante (il  cui  difetto  compromette  irrimediabilmente
l'iter  logico  argomentativo  posto  a  fondamento  delle   censure,
precludendone lo scrutinio, secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte: sentenze n. 150 del 2019, n. 27 del 2015,  n.  165  del
2014 e n. 276 del 2013; ordinanze n. 108 del 2020 e n. 244 del 2017),
sarebbe  occorsa  una  esauriente  valutazione  dei   termini   della
«liquidazione ordinata» dettata nella disciplina del d.l. n.  99  del
2017, come convertito, tenendo conto: 
    - dell'oggetto della cessione  («l'azienda,  suoi  singoli  rami,
nonche' beni, diritti e rapporti giuridici individuabili  in  blocco,
ovvero attivita' e passivita', anche parziali  o  per  una  quota  di
ciascuna  di  esse,  di  uno  dei  soggetti  in  liquidazione  o   di
entrambi»); 
    - della deroga agli artt. 58, commi 1, 2, 4, 5,  6  e  7,  e  90,
comma 2, t.u. bancario; 
    - delle  passivita'  e  dei  debiti  esclusi,  «anche  in  deroga
all'articolo 2741 del codice civile»; 
    - dell'applicazione della regola del «burden  sharing»  elaborata
nel punto 6.2.3. (Condivisione  degli  oneri),  paragrafo  77,  della
comunicazione della Commissione europea 2013/C - 216/01; 
    - dell'esonero da responsabilita' del cessionario  per  i  debiti
non ricompresi nel «perimetro della cessione»; 
    - degli ulteriori rapporti comunque sottratti al trasferimento; 
    - degli oneri di cessione posti a carico della cessionaria; 
    - delle diverse forme dell'aiuto di Stato predisposto. 
    7.4.4.- Quanto alla disciplina delle  passivita',  dei  debiti  e
delle controversie che non rientrano nella cessione, il giudice a quo
ravvisa un'arbitraria assimilazione  tra  i  creditori  di  cui  alle
lettere a) e b) del censurato art. 3, comma 1,  evidenziando  come  i
creditori di cui alla lettera  b)  avessero  investito  in  azioni  e
obbligazioni subordinate sulla  base  di  informazioni  non  corrette
ricevute  dalle  rispettive  banche  o  della  subordinazione   della
concessione di mutui al loro acquisto. 
    Verrebbero in particolare penalizzati coloro che,  come  l'attore
del giudizio principale, vogliono far valere la nullita'  dell'ordine
di  acquisto  delle  azioni  della  banca  in  LCA  per  ottenere  il
riaccredito in conto dell'importo versato a titolo di  corrispettivo,
ma la lettera b) dell'art. 3, comma 1, nega tutela a costoro. 
    Anche questo profilo sconta una insufficiente  ricostruzione  del
sistema normativo, in quanto la scelta di non  trasferire  i  crediti
degli azionisti  e  dei  creditori  subordinati  nel  patrimonio  del
cessionario dell'azienda bancaria in dissesto deve essere  verificata
alla  luce  delle  regole  europee  che  chiamano  gli  Stati  membri
dell'Unione, nella risoluzione delle crisi del settore creditizio, ad
assicurare  il  funzionamento  della  vigilanza  prudenziale   e   la
stabilita' finanziaria. 
    7.4.5.- L'ordinanza di rimessione investe di censure anche l'art.
3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 99 del 2017, come convertito,  il
quale  sottrae  alla  vicenda  traslativa  «le  passivita'   indicate
all'art. 52, comma 1, lettera a), punti  i),  ii),  iii)  e  iv)  del
decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180», e cioe' gli  strumenti
di capitale per  «fondi  propri»,  cui  corrispondono  crediti  degli
azionisti e dei creditori subordinati delle due Banche in LCA, dunque
«passivita'»  accertate  e  conosciute  al  momento  della  cessione,
escluse da essa  secondo  la  regola  del  «burden  sharing»,  e  che
peraltro  beneficiano  delle  «misure  di   ristoro»   previste   dal
successivo art. 6 del d.l. n. 99 del 2017, come convertito, in favore
degli investitori persone fisiche che, al  momento  dell'avvio  della
liquidazione coatta amministrativa, detenessero strumenti  finanziari
di debito subordinato emessi dalle banche e acquistati nell'ambito di
un rapporto negoziale diretto con le medesime banche emittenti. 
    7.4.6.- E' congiuntamente censurata la lettera  b)  del  comma  1
dell'art. 3, del d.l. n. 99 del 2017, come convertito, senza tuttavia
che l'ordinanza di  rimessione  specifichi  a  quale  delle  distinte
categorie di «debiti» della banca  ceduta  possa  ricondursi  la  res
litigiosa. 
    Il Tribunale non spiega, invero, se il debito, rispetto al  quale
la convenuta Intesa Sanpaolo spa si dichiara estranea,  ovvero  priva
di titolarita' del rapporto  o  carente  di  legittimazione  passiva,
rientri fra  quelli  restitutori  nei  confronti  degli  azionisti  e
obbligazionisti subordinati della ceduta Banca  Popolare  di  Vicenza
spa, derivanti da  operazioni  di  commercializzazione  di  azioni  o
obbligazioni subordinate, i quali, in quanto  passivita'  consolidate
anteriori al trasferimento,  rimangono  esclusi  dalla  cessione  per
l'operativita' della regola del «burden sharing», secondo  la  logica
che chiama i clienti-azionisti a sopportare il rischio di impresa. 
    Il giudice a quo neppure illustra  se,  invece,  ritiene  che  la
fattispecie di  causa  subisca  gli  effetti  della  seconda  ipotesi
contemplata dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 3, quella,  cioe',
che colloca al di fuori del  «perimetro  della  cessione»  i  debiti,
restitutori   o   risarcitori   nei   confronti   di   azionisti    e
obbligazionisti subordinati delle banche cedute derivanti, piuttosto,
dalle violazioni della normativa sulla  prestazione  dei  servizi  di
investimento   riferite   alle   medesime   azioni   o   obbligazioni
subordinate,   debiti,   cioe',   di   clienti-investitori    rimasti
danneggiati in sede di fruizione del servizio di investimento. 
    Non viene chiarito dal rimettente se la  pretesa  restitutoria  e
risarcitoria  su  cui  deve  pronunciare,  fondata  su  condotte   di
misselling nella commercializzazione di azioni della  Banca  Popolare
di Vicenza spa, e  in  ordine  alla  quale  il  Tribunale  rimettente
lamenta l'esonero  da  responsabilita'  per  mancato  subentro  della
cessionaria,  si  ricolleghi  a  posizione  contrattuale  non  ancora
definita al momento della cessione, o se invece si tratti,  in  senso
proprio, di «debito» che risultava preesistente e consolidato a  tale
momento. 
    Nemmeno e' riferito se  l'attore  del  giudizio  a  quo,  che  si
dichiara  ignaro  della  rischiosita'  degli   strumenti   finanziari
acquistati, fosse, o meno, un «investitore professionale». Cio',  pur
considerati i limiti del  sindacato  di  legittimita'  costituzionale
sulle relative scelte legislative, sarebbe occorso per  differenziare
eventualmente le tutele di coloro che ebbero ad acquistare azioni  od
obbligazioni subordinate per effetto di comportamenti posti in essere
in violazione delle regole  dettate  in  materia  di  intermediazione
finanziaria,  di  informazione  e  di  valutazione   dell'adeguatezza
dell'operazione proposta da parte di Banca Popolare di Vicenza spa. 
    7.4.7.- Viene quindi in modo promiscuo sottoposta  al  vaglio  di
legittimita' costituzionale anche la lettera c) dell'art. 3, comma 1,
del d.l. n.  99  del  2017,  come  convertito,  distinta  ipotesi  di
perimetrazione della cessione, che concerne gli «atti o fatti occorsi
prima della cessione [...] e  le  relative  passivita'»,  nonche'  le
«controversie relative  [...]  sorte  successivamente  ad  essa».  Al
riguardo,  l'unico  elemento  fornito  nell'ordinanza  di  rimessione
attiene alla data della notificazione della  citazione  (13  febbraio
2019, dunque successiva alla cessione, avvenuta il 26  giugno  2017),
che segna l'inizio  della  lite  in  sede  giudiziaria.  Non  risulta
peraltro specificato nell'ordinanza di rimessione  se  fossero  stati
instaurati  in  precedenza   procedimenti   stragiudiziali   per   le
passivita' attualmente oggetto di giudizio. 
    7.4.8.- Il Tribunale di Firenze - anche  in  conseguenza  di  una
prospettazione complessivamente irrisolta  delle  diverse  censure  e
finalizzata, in realta', a sollecitare questa Corte a una valutazione
di merito sulle scelte legislative, che le e' preclusa (supra,  punto
7.2.1) - omette di  indicare  su  quale  delle  diverse  ipotesi  che
delimitano legislativamente il  «perimetro  della  cessione»  trovino
fondamento le difese  pregiudiziali  e  preliminari  della  convenuta
Intesa Sanpaolo  spa,  cosi'  impedendo  di  valutare  quale  tra  le
disposizioni censurate sia da applicare nel  giudizio  principale  e,
dunque, di apprezzare la rilevanza delle  questioni  prospettate  (ex
multis, sentenze n. 109, n. 28 e n. 13 del 2022, n. 259 del 2021 e n.
267 del 2020; ordinanze n. 76 del 2022 e n. 108 del 2020). 
    7.4.9.- Il giudice a quo estende le sue  doglianze  agli  effetti
che l'esclusione dalla cessione implicata dal «combinato disposto  di
cui alla lettera b) e alla lettera c)» dell'art. 3, comma 1, comporta
per le cosiddette «operazioni baciate», in quanto  in  tali  casi  il
credito per il rimborso del finanziamento  contratto  per  l'acquisto
delle azioni si trasmette in capo alla  cessionaria  Intesa  Sanpaolo
spa, mentre il debito nei confronti  dell'azionista  rimane  in  capo
alla cedente, anche se i due rapporti sono tra loro indissolubilmente
connessi. 
    L'ordinanza di rimessione, tuttavia, non riferisce  che  l'attore
avesse acquistato le azioni al fine di ottenere la concessione di  un
finanziamento «subordinato» e  «strumentale»,  ne'  che  avesse  gia'
restituito la  somma  finanziata  nel  contesto  di  una  «operazione
baciata» e che ora chieda in ripetizione quanto  versato,  stante  la
nullita' dell'acquisto ex art. 2358 cod. civ., sicche'  la  questione
in tali termini sollevata risulta  estranea  al  thema  decidendum  e
appare meramente ipotetica e astratta. 
    7.4.10.- Le questioni sollevate, concernenti l'art. 3 del d.l. n.
99 del 2017, come convertito, sono, peraltro, inammissibili anche con
riguardo  alla  lacunosa   e   contraddittoria   prospettazione   del
rimettente quanto al tipo di intervento richiesto onde porre  rimedio
alla  dedotta  illegittimita'  costituzionale,  non  desumendosi   in
maniera  univoca,  ne'  dal  dispositivo,   ne'   dalla   motivazione
dell'ordinanza di  rimessione,  se  il  giudice  a  quo  invochi  una
generale ablazione  di  tutti  i  casi  esclusi  dalla  cessione,  o,
piuttosto,  un  intervento  manipolativo-additivo  che   estenda   la
responsabilita' della cessionaria rispetto alle pretese  risarcitorie
o restitutorie degli acquirenti di azioni  emesse  dalle  due  Banche
venete. 
    Quale che sia l'intentio del Tribunale di Firenze,  esso  non  ha
comunque considerato, come gia' si e' detto, che l'art. 3 del d.l. n.
99 del 2017, come convertito, non e', di per se', rivolto a  regolare
direttamente  tali  rapporti,   perche'   rimetteva   ai   commissari
liquidatori e al cessionario  individuato  di  determinare  l'oggetto
della cessione, e cioe' se  si  dovesse  trasferire  l'azienda,  suoi
singoli rami, ovvero beni, diritti e rapporti giuridici individuabili
in blocco, oppure attivita' e passivita', anche parziali o per quote,
ponendo pero' ai contraenti un limite oggettivo  e  inderogabile,  in
forza  del  quale  dovevano  restare  «in  ogni  caso  esclusi»   dal
trasferimento le passivita' e i debiti elencati nelle lettere a),  b)
e c). 
    La individuazione  della  legittimazione  passiva  in  capo  alla
convenuta Intesa Sanpaolo spa, o, meglio, della riferibilita' ad essa
della titolarita' sostanziale della posizione giuridica cui  inerisce
la  pretesa  dedotta  in  giudizio,  non  discende,   quindi,   dalla
necessaria e immediata applicazione  delle  norme  di  legge  su  cui
cadono i dubbi di  legittimita'  costituzionale,  quanto  dall'ambito
oggettivo  del  programma  obbligatorio  regolato  dalle  parti   del
contratto di cessione. 
    Nella specie, il contratto di cessione perfezionato  in  data  26
giugno 2017 fra  le  due  Banche  venete  in  liquidazione  e  Intesa
Sanpaolo spa, prodotto nel giudizio a quo, richiamava in premessa  la
manifestazione di interesse di quest'ultima di cui alla  lettera  del
21 giugno 2017, limitata all'acquisto «di certe attivita', passivita'
e rapporti giuridici facenti capo a BP  Vicenza  e  Veneto  Banca»  e
condizionata  alla  sussistenza  e   alla   permanenza   di   «alcuni
presupposti essenziali»,  in  ragione  dell'aspettativa  della  banca
cessionaria di non caricarsi di passivita' non  gradite,  secondo  la
logica di convenienza economica che e' propria del contratto. 
    Le disposizioni dettate dal d.l. n. 99 del 2017, come convertito,
possono, pertanto,  essere  qualificate  come  «norme-provvedimento»:
esse si occupano di un singolo contratto, in  quanto  incidono  sulla
sola convenzione di cessione tra i commissari liquidatori  delle  due
Banche venete in LCA e il soggetto individuato ai sensi dell'art.  3,
comma 3, disciplinano un numero limitato di fattispecie e rivelano un
contenuto concreto, ispirato da  particolari  esigenze,  ponendo  per
tale  singolo  evento  regole  specifiche  innovative   nel   sistema
legislativo vigente. 
    L'ordinanza di rimessione, tuttavia, non solo non  da'  conto  di
tale concatenazione di atti, ma, per l'effetto, omette del  tutto  di
motivare sul nesso  di  condizionamento  e  sulle  implicazioni  che,
dall'accoglimento  delle  questioni  sollevate,   deriverebbero   sul
rapporto contrattuale, che costituisce l'effettiva fonte  regolatoria
presupposta del rapporto dedotto nel giudizio principale. 
    Per il fatto,  pertanto,  di  non  confrontarsi  con  l'intreccio
intercorrente fra le norme censurate  e  il  contratto  di  cessione,
nulla  argomentando  sulla  possibile  ricaduta,  che,  in   ipotesi,
dovrebbe avere  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
della disposizione censurata sull'atto negoziale, il rimettente offre
una  «prospettazione  non  adeguata  delle  conseguenze   applicative
derivanti da un eventuale  accoglimento  della  questione  sollevata»
(ordinanza n. 280  del  2020),  che  si  risolve  in  un  difetto  di
motivazione sulla  rilevanza  tale  da  inficiare,  anche  da  questa
ulteriore prospettiva, l'ammissibilita' delle questioni. 
    8.-  Tutte  le  questioni  devono,  dunque,   essere   dichiarate
inammissibili per le ragioni esposte. 
    Cio' assorbe le ulteriori eccezioni di inammissibilita'  avanzate
nelle difese delle  parti  costituite  in  giudizio  e  nell'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale: 
    - degli artt. 2, commi 1, lettera c), e 2; 3, commi 2, 3 e 4;  4,
commi 3, 4 e 5, del decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99 (Disposizioni
urgenti per assicurare la parita' di trattamento  dei  creditori  nel
contesto  di  una  ricapitalizzazione   precauzionale   nel   settore
creditizio nonche' per la liquidazione coatta amministrativa di Banca
Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.), convertito, con
modificazioni, nella legge 31 luglio 2017, n. 121; 
    - del d.l. n. 99 del 2017 come convertito nella sua interezza; 
    - dell'art. 4, commi 1, lettere b) e d), e 3, e dell'art.  6  del
d.l. n. 99 del 2017 come convertito, in riferimento agli artt. 2,  3,
23, 41, 42,  45,  47  della  Costituzione,  nonche'  all'art.  1  del
Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo
e all'art.  17  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea; 
    - dell'art. 3, comma 1, lettere a), b) e c), del d.l. n.  99  del
2017, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 45, 47  e
111, primo comma, Cost. e all'art. 47 CDFUE; 
    questioni tutte sollevate dal Tribunale ordinario di Firenze  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2022. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA