N. 12 SENTENZA 20 dicembre 2022- 2 febbraio 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Tributi - Imposta comunale sugli immobili (ICI)  -  Esenzione  per  i
  fabbricati rurali - Condizione per accedere al regime agevolativo -
  Necessaria annotazione dell'attributo  sugli  atti  del  catasto  -
  Previsione, con norma di interpretazione autentica,  dell'efficacia
  retroattiva sino al  quinto  anno  antecedente  alla  presentazione
  della  domanda  -  Applicabilita'  dell'agevolazione   anche   alle
  particelle catastali soppresse e confluite in un nuovo subalterno -
  Omessa  previsione  -  Denunciata  violazione   dei   principi   di
  ragionevolezza, di uguaglianza e di capacita'  contributiva  -  Non
  fondatezza delle questioni. 
- Decreto-legge  31  agosto  2013,  n.  102,  art.  2,  comma  5-ter,
  convertito, con modificazioni, nella legge 28 ottobre 2013, n. 124. 
- Costituzione, artt. 3 e 53. 
(GU n.6 del 8-2-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma
5-ter, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 (Disposizioni urgenti
in materia di IMU, di altra fiscalita' immobiliare, di sostegno  alle
politiche  abitative  e  di  finanza   locale,   nonche'   di   cassa
integrazione guadagni e di  trattamenti  pensionistici),  convertito,
con modificazioni, nella legge 28  ottobre  2013,  n.  124,  promosso
dalla  Commissione  tributaria  regionale   dell'Emilia-Romagna   nel
procedimento vertente tra il Caseificio sociale La Cappelletta di San
Possidonio - societa' cooperativa agricola e il Comune  di  Concordia
sulla Secchia, con ordinanza del 15 novembre 2021, iscritta al n. 215
del registro ordinanze 2021 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visti  l'atto  di  costituzione   del   Caseificio   sociale   La
Cappelletta  di  San  Possidonio  -  societa'  cooperativa  agricola,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  29  novembre  2022  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    udito l'avvocato Livia  Salvini  per  il  Caseificio  sociale  La
Cappelletta di San  Possidonio  -  societa'  cooperativa  agricola  e
l'avvocato dello Stato Giammario  Rocchitta  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 20 dicembre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 15 novembre 2021, iscritta al  n.  215  del
registro ordinanze del  2021,  la  Commissione  tributaria  regionale
dell'Emilia-Romagna   ha   sollevato   questioni   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 5-ter, del decreto-legge 31  agosto
2013, n. 102 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  IMU,  di  altra
fiscalita' immobiliare, di sostegno alle  politiche  abitative  e  di
finanza  locale,  nonche'  di  cassa  integrazione  guadagni   e   di
trattamenti  pensionistici),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 28 ottobre 2013, n. 124, denunziandone  il  contrasto  con  gli
artt. 3 e 53 della Costituzione. 
    1.1.- Il rimettente premette di essere investito del giudizio  di
rinvio  conseguente  alla  cassazione,  disposta   dalla   Corte   di
legittimita' con ordinanza della sezione  sesta  civile,  31  ottobre
2019, n. 28135, di  una  precedente  sentenza  d'appello,  che  aveva
confermato   l'accoglimento,   in   prime   cure,   dell'impugnazione
dell'avviso di accertamento con il quale il Comune di Concordia sulla
Secchia aveva contestato al Caseificio sociale La Cappelletta di  San
Possidonio  -  societa'  cooperativa  agricola  l'omesso   versamento
dell'imposta comunale sugli immobili per  l'anno  2006  (recte:  anni
2007, 2008 e 2009) in relazione a sei fabbricati. 
    In  primo  grado,  soggiunge  il   rimettente,   la   Commissione
tributaria provinciale di Modena,  in  linea  con  le  deduzioni  del
contribuente,  aveva  ritenuto  dimostrata  la  natura   rurale   dei
fabbricati e,  quindi,  operante  l'esenzione  dall'imposta  comunale
sugli  immobili  (ICI)  prevista  dall'art.  23,  comma  1-bis,   del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni  legislative  e  disposizioni  finanziarie  urgenti),
convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009, n. 14. 
    La CTR riferisce,  quindi,  di  essere  chiamata  a  decidere  la
controversia in applicazione del principio  di  diritto  -  enunciato
dalla Corte di cassazione con la citata ordinanza di  cassazione  con
rinvio, in continuita' con l'orientamento inaugurato  dalla  sentenza
della stessa Corte, sezioni unite civili, 21 agosto 2009, n. 18565  -
secondo il quale,  ai  fini  dell'esenzione  dall'ICI,  il  carattere
rurale dei fabbricati deve risultare dall'apposita annotazione  negli
atti del catasto, nella specie non sussistente. 
    Espone, ancora, il  rimettente  che  nel  giudizio  riassunto  il
contribuente ha chiesto, in via principale, dichiararsi  la  nullita'
dell'avviso di accertamento riguardante quattro degli  originari  sei
fabbricati, «non oggetto di autotutela da parte del  Comune»,  e,  in
via  subordinata,   sottoporsi   allo   scrutinio   di   legittimita'
costituzionale «la norma di riferimento»,  nella  parte  in  cui  non
prescrive la possibilita' di ottenere l'esenzione  dei  fabbricati  a
destinazione rurale che  non  siano  piu'  censiti  in  catasto,  per
violazione degli artt. 3 e 53 Cost. 
    Il Comune di Concordia sulla Secchia ha, invece, concluso per  la
declaratoria di inammissibilita' del ricorso per riassunzione  e,  in
subordine, per il rigetto  dello  stesso,  sul  presupposto  che,  in
relazione ai quattro fabbricati privi di  annotazione  di  ruralita',
l'ICI fosse, invece, dovuta. 
    1.2.- In punto di rilevanza, la CTR  rimettente  osserva  che  la
risoluzione delle questioni sollevate  appare  determinante  ai  fini
della decisione del giudizio sottoposto al suo  esame,  vincolata  al
principio di  diritto  affermato  dalla  Corte  di  cassazione  nella
ordinanza sopra indicata,  che  «condurrebbe  inevitabilmente  a  una
pronuncia di rigetto che appare ingiusta». 
    Chiarisce, al riguardo, il rimettente che «non e' in  discussione
il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione», secondo
il quale l'annotazione costituisce condizione per  il  riconoscimento
della  destinazione  rurale  dell'immobile   soggetto   all'ICI,   ma
piuttosto  la  possibilita'  che  sia  proprio   tale   principio   a
determinare la lesione di diritti tutelati dalla Costituzione. 
    1.3.- Quanto alla non manifesta infondatezza, secondo il  giudice
a quo la norma censurata sarebbe irragionevole nella  parte  in  cui,
secondo la riferita esegesi, richiede l'inserimento  dell'annotazione
negli atti catastali ai fini  del  riconoscimento  retroattivo  della
ruralita'  anche  nei  casi,  come   quello   di   specie,   in   cui
l'annotazione, pur in  presenza  dei  presupposti  sostanziali  della
ruralita', non possa essere effettuata, in quanto, al  momento  della
presentazione  della  relativa  istanza,  la   particella   catastale
identificativa dell'unita' immobiliare  sia  stata  soppressa  e  sia
confluita in un nuovo subalterno. 
    Sotto  altro  profilo,  involgente  ancora  l'art.  3  Cost.,  la
disposizione censurata determinerebbe una  ingiustificata  disparita'
di  trattamento  tra  le  situazioni,  sostanzialmente  uguali,   dei
proprietari   degli   immobili   che,   prima   della   presentazione
dell'istanza  di  ruralita',  siano  stati  oggetto   di   variazioni
catastali nel periodo dal 2006 al 2011 e dei titolari di immobili  di
identica tipologia che non abbiano subito alcuna modifica. 
    Da ultimo, la norma censurata, imponendo prestazioni patrimoniali
diverse  a  contribuenti  nella  medesima   situazione   sostanziale,
recherebbe vulnus al principio della capacita' contributiva enunciato
dall'art. 53 Cost. 
    2.- Nel  giudizio  innanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,   concludendo   per    la
inammissibilita' e comunque per la non fondatezza delle questioni. 
    2.1.- L'interveniente eccepisce, anzitutto, la genericita'  della
prospettazione della questione «per il ritenuto contrasto con  l'art.
97 Cost.». 
    Osserva, inoltre, la difesa statale che  le  censure  svolte  dal
rimettente investono una norma di interpretazione autentica  che  non
ha introdotto l'obbligo di annotazione negli atti catastali, ma si e'
limitata  a  chiarirne  la   portata   effettuale,   precisando   che
l'inserimento di tale annotazione ha efficacia  retroattiva  sino  al
quinto anno antecedente alla presentazione della relativa domanda. 
    Un ulteriore profilo di inammissibilita' investirebbe, ad  avviso
dell'interveniente,  da  un  lato,  la  riproposizione  di  questione
analoga, gia' decisa da questa Corte con  la  ordinanza  n.  115  del
2015,  dall'altro,  la  ricostruzione   del   quadro   normativo   di
riferimento, essendo la CTR incorsa nella medesima  carenza  rilevata
da questa Corte in riferimento alla questione decisa nella  occasione
ricordata,  in  quanto  avrebbe  omesso  di   verificare   se   fosse
concretamente applicabile  nella  fattispecie  in  scrutinio  lo  ius
superveniens  costituito  dalla  disciplina   del   procedimento   di
annotazione  della  ruralita'  posta   dal   decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze 26 luglio  2012  (Individuazione  delle
modalita' di inserimento negli atti catastali della  sussistenza  del
requisito della ruralita'). 
    La difesa statale eccepisce, altresi',  l'inammissibilita'  delle
questioni per difetto di motivazione sulla rilevanza. 
    La CTR Emilia-Romagna, pur avendo dato atto che, nel  costituirsi
in giudizio, il Comune di  Concordia  sulla  Secchia  aveva  eccepito
l'inammissibilita' del ricorso per riassunzione del giudizio, avrebbe
omesso di verificare l'incidenza  di  tale  eccezione,  astrattamente
ostativa alla decisione di merito, sulla  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Sostiene, al riguardo,  l'interveniente  che  l'inammissibilita',
ove sussistente, determinerebbe l'estinzione  del  processo,  con  la
conseguenza  che  il  giudizio  potrebbe  essere  definito  con   una
pronuncia  in  rito,  senza  alcuno  scrutinio   della   disposizione
sospettata di illegittimita' costituzionale. 
    Ancora,  ad  avviso  della   difesa   statale,   l'ordinanza   di
rimessione, assumendo che i fabbricati  oggetto  di  causa  sarebbero
stati soppressi perche' «confluiti in  altro  subalterno  catastale»,
senza, tuttavia chiarire se tale soppressione abbia riguardato i soli
dati catastali oppure se sia stata la conseguenza della demolizione e
ricostruzione degli stessi immobili ovvero di interventi  edilizi  di
trasformazione  in  un  organismo  in  tutto  o  in  parte   diverso,
esibirebbe un'ulteriore carenza motivazionale. 
    In aggiunta, la CTR - posto che, quale  giudice  del  rinvio,  e'
vincolata  al  principio  di  diritto  affermato   dalla   Corte   di
cassazione,  secondo  il  quale   l'esenzione   dall'ICI   presuppone
necessariamente l'annotazione catastale - non si sarebbe fatta carico
di verificare se la normativa di riferimento  escluda  effettivamente
la  possibilita'  di  ottenere  l'annotazione  della   ruralita'   in
riferimento a immobili che nei cinque anni anteriori  all'entrata  in
vigore  della  legge  abbiano  subito   trasformazioni   o   comunque
variazioni catastali a seguito delle quali siano confluiti  in  altre
particelle. 
    L'Avvocatura generale dello Stato rileva, poi, che il  giudice  a
quo non ha chiarito se la contribuente abbia effettivamente proposto,
in relazione ai fabbricati in questione, la domanda di riconoscimento
della ruralita' ai sensi dell'art. 7, comma 2-bis, del  decreto-legge
13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni  urgenti
per l'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio
2011, n. 106,  se  questa  sia  stata  respinta  dall'amministrazione
finanziaria e se il relativo provvedimento sia stato  tempestivamente
impugnato dinanzi alla CTP. 
    2.1.1.-  Le  censure  sarebbero,   inoltre,   inammissibili   per
inadeguata o carente motivazione sulla non manifesta infondatezza. 
    Con riferimento alla denunziata irragionevolezza,  il  giudice  a
quo avrebbe omesso di analizzare  la  ratio  della  norma  indubbiata
rispetto al fine perseguito dal legislatore. 
    Parimenti carente sarebbe, poi, la motivazione  sulla  violazione
del principio di uguaglianza, non avendo la CTR svolto argomentazioni
sufficienti in merito alla omogeneita' delle situazioni comparate. 
    Tale  rilievo  si  rifletterebbe  anche  sulle  censure  relative
all'art. 53 Cost. 
    In ultimo, l'interveniente imputa  al  rimettente  di  non  avere
tentato  un'interpretazione  della  normativa  censurata  conforme  a
Costituzione. 
    2.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  reputa,  in  ogni
caso, le questioni non fondate. 
    Ad avviso dell'interveniente, dalla disciplina sul riconoscimento
della ruralita' dei fabbricati - riveniente dal d.l. n. 70 del  2011,
come convertito, dal  decreto  del  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze del 14 settembre 2011 (Modalita' applicative e documentazione
necessaria  per  la  presentazione  della   certificazione   per   il
riconoscimento della ruralita' dei fabbricati), dal  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 e dal  menzionato
d.m.  26  luglio  del  2012  -,  come  chiarita   dalle   indicazioni
interpretative   fornite   dall'amministrazione   finanziaria   nella
circolare dell'Agenzia del territorio del 22 settembre  2011,  n.  6,
nella  «lettera  circolare  (prot.  24818  del   17   maggio   2012),
indirizzata alle strutture territoriali dipendenti»  della  Direzione
centrale catasto e cartografia dell'Agenzia del  territorio  e  nella
«lettera circolare prot. 13845 del 5 aprile  2013»  indirizzata  alle
medesime strutture territoriali, si ricaverebbe che, con  riferimento
agli  identificativi  catastali  associati  ad   unita'   immobiliari
soppresse, l'annotazione del carattere rurale dell'edificio, di norma
apposta dal sistema informatico a fronte della sola presentazione, da
parte del richiedente, della  prescritta  documentazione,  non  operi
automaticamente,   ma   venga,   comunque,   inserita    manualmente,
«menzionando  lo  stadio  superato».  L'informazione  viene,  quindi,
associata all'unita' immobiliare derivata, con la precisazione che il
requisito deve essere riferito all'unita' originaria  da  cui  questa
proviene, al  fine  di  offrire  un'adeguata  rappresentazione  della
vicenda. 
    Pertanto, secondo la difesa dello Stato, il presupposto su cui si
fonda il sollevato dubbio di legittimita' costituzionale,  costituito
dalla   ritenuta   impossibilita'   di    effettuare    materialmente
l'annotazione in relazione agli immobili  soppressi,  non  troverebbe
riscontro nella disciplina censurata. 
    Sostiene, infine, la difesa statale che gli speciali procedimenti
di variazione catastale e di annotazione della  ruralita'  introdotti
dalla normativa in scrutinio, configurando una  sorta  di  sanatoria,
sarebbero il frutto di una scelta discrezionale del legislatore,  che
non risulta arbitraria, ne' irragionevole. 
    3.- Nel giudizio di legittimita' costituzionale si e'  costituito
il Caseificio sociale La Cappelletta di  San  Possidonio  -  societa'
cooperativa  agricola,  ricorrente  in  riassunzione   nel   giudizio
principale,  chiedendo  dichiararsi  l'illegittimita'  costituzionale
della disposizione censurata. 
    La parte ricorda, anzitutto, che  lo  scrutinio  di  legittimita'
costituzionale concerne sei fabbricati «indubitabilmente destinati ad
attivita' agricola», i quali, fino al 2009, non risultavano  iscritti
in catasto nelle categorie A/6 o D/10; che, in seguito alla  sentenza
della Corte di cassazione, sezioni unite civili, n. 18565  del  2009,
la  societa'  cooperativa  agricola  aveva  presentato  richiesta  di
variazione di classamento e, nell'ambito di  tale  riclassificazione,
quattro dei sei immobili originari avevano  subito  un  frazionamento
dal quale erano stati generati  altri  subalterni;  che  l'avviso  di
accertamento  notificato  dal  Comune  di  Concordia  sulla   Secchia
riguardava i  fabbricati  cosi'  come  individuati  anteriormente  al
frazionamento, poiche' si riferiva  ad  annualita'  di  imposta  allo
stesso antecedenti; che nel 2011, in seguito all'emanazione del  d.l.
n. 70 del 2011,  la  stessa  societa'  cooperativa  aveva  presentato
domanda  di  accatastamento,  valevole  anche   per   le   annualita'
precedenti, producendo l'autocertificazione sulla ruralita' richiesta
dalla  novella  legislativa;   che,   in   applicazione   dello   ius
superveniens, l'amministrazione comunale aveva annullato, in  via  di
autotutela,  l'avviso  di  accertamento  con  riguardo  a  soli   due
fabbricati, non avendo per i restanti  riscontrato  l'annotazione  di
ruralita' negli atti del catasto; che detta annotazione  non  si  era
potuta materialmente eseguire perche' le relative particelle - la cui
destinazione rurale non era mai stata in discussione tra le  parti  -
erano state soppresse nel 2009, in seguito al  frazionamento  citato,
che aveva generato dei subalterni, pur essendo  la  destinazione  dei
fabbricati rimasta invariata. 
    3.1.- Secondo la parte, la norma in scrutinio, ricollegando  alla
mancata  annotazione  in  catasto  l'automatica   impossibilita'   di
conseguire il requisito  della  ruralita'  «ora  per  allora»,  anche
quando tale annotazione sia impossibile per cause meramente formali e
non legate al mutamento di destinazione d'uso, determinerebbe effetti
irragionevoli e arbitrari perche' non riconducibili  ad  una  diversa
capacita' contributiva, cosi' ponendosi in contrasto con gli artt.  3
e 53 Cost. 
    3.2.- Cio' premesso, la parte  ritiene  che  il  principio  della
preminenza  dell'annotazione,   come   enunciato   dalla   Corte   di
cassazione, si ponga  in  contrasto  con  la  ratio  della  normativa
sull'autocertificazione di ruralita'. 
    L'annotazione costituirebbe una  semplice  modalita'  procedurale
attraverso la quale viene data adeguata pubblicita'  alla  situazione
di fatto preesistente, onde assicurare l'esenzione  dall'ICI.  L'art.
2, comma 5-bis, del d.l. n. 102 del 2013, come  convertito,  sarebbe,
dunque, volto a regolamentare il procedimento di  acquisizione  della
ruralita' attraverso una sorta  di  «sanatoria-trascrizione»  basata,
per un verso,  sull'autocertificazione,  in  omaggio  a  esigenze  di
semplificazione, e, per l'altro, su un'annotazione catastale intesa a
garantire  la  pubblicita'  erga  omnes  della  situazione  di  fatto
preesistente. 
    Un sistema siffatto, argomenta  la  parte,  lascerebbe  privi  di
copertura casi, come quello in scrutinio, in cui una particella,  non
essendo  piu'  censita,  non  puo'  essere   oggetto   di   materiale
annotazione, pur avendo avuto la  relativa  unita'  immobiliare,  nel
corso degli anni, carattere di ruralita'. 
    La disposizione censurata travalicherebbe, dunque,  l'effetto  da
essa stessa perseguito, trasformando  il  procedimento  che  consente
l'acquisizione del requisito della  ruralita'  in  uno  strumento  di
irragionevole discriminazione. 
    Cio' in quanto,  si  sottolinea,  l'annotazione  negli  atti  del
catasto, rappresentando l'unica  modalita'  per  attestare,  ora  per
allora, la ricorrenza dei requisiti  della  ruralita',  introduce  un
automatismo  che  impedisce  al  giudice  di   tenere   conto   delle
peculiarita' del caso concreto e di modulare  in  base  ad  esse  gli
effetti della norma. 
    3.3.-  Con   memoria   depositata   nell'imminenza   dell'udienza
pubblica, la parte ha replicato alle difese svolte dal Presidente del
Consiglio dei ministri, insistendo per l'accoglimento delle questioni
sollevate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  La  Commissione  tributaria  regionale   dell'Emilia-Romagna
solleva questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma
5-ter, del d.l. n. 102 del 2013, come  convertito,  denunziandone  il
contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. 
    La norma censurata, auto-qualificandosi come  di  interpretazione
autentica, interviene sulla disciplina dell'annotazione catastale del
carattere  di   ruralita'   dei   fabbricati,   necessaria   per   il
conseguimento dell'esenzione  dall'imposta  comunale  sugli  immobili
prevista dall'art. 23, comma 1-bis, del d.l. n. 207  del  2008,  come
convertito. 
    La  disposizione  in  scrutinio  stabilisce   che   «[a]i   sensi
dell'articolo 1, comma  2,  della  legge  27  luglio  2000,  n.  212,
l'articolo 13, comma 14-bis, del decreto-legge 6  dicembre  2011,  n.
201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,  n.
214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale
presentate ai sensi dell'articolo 7, comma 2-bis,  del  decreto-legge
13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge  12
luglio 2011, n. 106,  e  l'inserimento  dell'annotazione  negli  atti
catastali producono gli effetti previsti per  il  riconoscimento  del
requisito di ruralita' di cui all'articolo  9  del  decreto-legge  30
dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni,  a  decorrere  dal
quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda». 
    1.1.-  In  particolare,  la   CTR   dubita   della   legittimita'
costituzionale  dell'interpretazione   della   citata   norma,   come
risultante  dal  principio  di  diritto,  enunciato  dalla  Corte  di
cassazione, sezione sesta civile, con l'ordinanza 31 ottobre 2019, n.
28135 - al quale essa e' tenuta ad attenersi  in  quanto  giudice  di
rinvio - secondo il quale, ai fini  dell'operativita'  dell'esenzione
dall'imposta comunale sugli immobili,  la  ruralita'  dei  fabbricati
deve risultare dalla prescritta annotazione catastale. 
    1.1.1.- Ad avviso del rimettente, la disciplina dalla quale  tale
principio e' stato tratto sarebbe irragionevole nella  parte  in  cui
prescrive che, ai fini del riconoscimento  retroattivo  della  natura
rurale dei fabbricati, necessario per accedere al regime agevolativo,
tale attributo deve essere annotato negli atti  del  catasto,  senza,
tuttavia, prevedere un'eccezione per il caso  in  cui  l'annotazione,
pur in presenza dei  presupposti  sostanziali  della  ruralita',  non
possa essere effettuata, in quanto, al  momento  della  presentazione
della  relativa  istanza,  la  particella  catastale   identificativa
dell'unita' immobiliare sia stata soppressa e  sia  confluita  in  un
nuovo subalterno. 
    1.1.2.- La  normativa  censurata  determinerebbe,  altresi',  una
ingiustificata  disparita'  di   trattamento   tra   le   situazioni,
sostanzialmente uguali, dei proprietari  dei  fabbricati  che,  prima
della presentazione dell'istanza di riconoscimento  della  ruralita',
siano stati oggetto di variazioni catastali,  e  dei  titolari  degli
immobili di identica tipologia che, invece, non abbiano subito alcuna
modifica. 
    1.1.3.- Il giudice a  quo  ritiene,  infine,  violato  l'art.  53
Cost., in quanto la  disposizione  censurata,  imponendo  prestazioni
patrimoniali  diverse  a  contribuenti  che  versano  nella  medesima
situazione  sostanziale,  recherebbe  vulnus   al   principio   della
capacita' contributiva. 
    2.- In via preliminare devono essere esaminate  le  eccezioni  di
inammissibilita' formulate dalla difesa statale. 
    2.1.- La deduzione  con  la  quale  l'interveniente  contesta  la
genericita' della censura involgente l'art. 97 Cost.  e'  palesemente
inconferente, in quanto verte su un parametro non evocato dal giudice
a quo. 
    2.2.- Neppure puo' essere accolta l'ulteriore  eccezione  con  la
quale l'Avvocatura generale dello Stato evidenzia  che  le  questioni
promosse si incentrano su una disposizione, quale e' l'art. 2,  comma
5-ter, del d.l.  n.  102  del  2013,  come  convertito,  che  non  ha
introdotto l'obbligo di annotazione  catastale  ritenuto  all'origine
del vulnus denunziato, ma ha soltanto chiarito, in  quanto  norma  di
interpretazione autentica, che l'inserimento di  tale  scritturazione
negli atti del catasto ha efficacia retroattiva sino al  quinto  anno
anteriore a quello di presentazione della domanda. 
    2.2.1.-   Come   ripetutamente   affermato   da   questa   Corte,
un'interpretazione  non  formalistica  del  canone   dell'esatta   ed
esaustiva  indicazione  della  disposizione   censurata,   ricavabile
dall'art. 23, primo e terzo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), impone di identificare il thema  decidendum  tenendo
conto della motivazione  e  dell'intero  contesto  dell'ordinanza  di
rimessione (sentenze n. 258 del 2012 e n. 181 del 2011). 
    In  tale  ottica,  l'imprecisa  indicazione  della   disposizione
indubbiata non inficia di per se'  l'ammissibilita'  della  questione
ove questa Corte sia posta comunque in condizione di  individuare  il
contesto normativo effettivamente investito dalle  censure  formulate
(sentenze n. 107 del 2021 e n. 14 del 2019). 
    2.2.1.1.- Cio' premesso, e' ben vero che la CTR Emilia-Romagna ha
sollevato le questioni di legittimita' costituzionale in  riferimento
al solo art.  2,  comma  5-ter,  del  d.l.  n.  102  del  2013,  come
convertito. 
    Tuttavia, le argomentazioni svolte nell'ordinanza  di  rimessione
rendono palese che l'oggetto delle censure e' costituito  dal  plesso
normativo che disciplina l'annotazione della ruralita',  dalla  quale
la Corte di legittimita' ha tratto il principio di diritto vincolante
nel giudizio a quo. 
    La disciplina sottoposta  a  scrutinio  puo',  quindi,  ritenersi
identificata con sufficiente precisione, pur mancando, nell'ordinanza
di rimessione, un esplicito riferimento a tutte le  disposizioni  che
la compongono. 
    2.3.- Parimenti non fondata e' l'eccezione con la quale la difesa
dello Stato lamenta che la CTR Emilia-Romagna avrebbe  reiterato  una
questione  gia'  dichiarata  inammissibile  da   questa   Corte   con
l'ordinanza n. 115  del  2015,  e  sarebbe,  inoltre,  incorsa  nella
medesima carenza rilevata con la predetta ordinanza, avendo omesso di
verificare l'applicabilita' nella specie del d.m. 26 luglio 2012. 
    2.3.1.-   Occorre,   anzitutto,   ribadire,    in    linea    con
un'enunciazione gia' espressa  dalla  giurisprudenza  costituzionale,
che le precedenti pronunce di inammissibilita' non  comportano  alcun
effetto  impeditivo  nei  confronti  di  successive   censure,   pure
analoghe, relative alla medesima norma, posto che  la  riproposizione
della stessa questione e' preclusa soltanto nel  corso  del  medesimo
giudizio (sentenza n. 99 del 2017). 
    2.3.2.- In ogni caso, la questione all'odierno esame si  incentra
su profili della normativa in materia di annotazione della  ruralita'
diversi rispetto a quelli affrontati dal precedente richiamato  dalla
difesa statale. 
    La questione decisa da questa Corte con l'ordinanza  n.  115  del
2015 riguardava, infatti, l'art. 13, comma 14-bis, del  d.l.  n.  201
del 2011, come convertito, e l'art. 2, comma 5-ter, del d.l.  n.  102
del 2013, come convertito, in riferimento agli  artt.  3,  24  e  97,
primo comma, Cost., «nella parte in cui tali disposizioni  consentono
al  contribuente  di  ottenere,  con  un  semplice,   proprio   atto,
l'esenzione dall'[ICI], senza che l'Erario comunale possa, davanti al
giudice tributario, essere ammesso a sostenere e a provare  l'assenza
delle condizioni sostanziali di  legge  alle  quali  dovrebbe  essere
subordinato il beneficio di cui trattasi». 
    A  fondamento  della  statuizione  di   inammissibilita'   allora
assunta, la Corte evidenzio' la mancata considerazione, da parte  del
giudice  rimettente,  della  regolamentazione  del  procedimento   di
annotazione dettata dal d.m. 26 luglio 2012 in  attuazione  dell'art.
13, comma 14-bis, del d.l. n. 201 del 2011, come  convertito,  e,  in
particolare, quanto previsto dall'art. 4, comma 1,  del  regolamento,
ai  sensi  del  quale  «[l]'Ufficio  provinciale   dell'Agenzia   del
territorio, per gli aspetti di diretta competenza, provvede, anche  a
campione,  alla  verifica  delle  autocertificazioni  allegate   alle
domande di cui all'art. 2, comma 3 e alle richieste di  cui  all'art.
2, comma 6, nonche' alla verifica del classamento e dei requisiti  di
ruralita' per gli immobili dichiarati con le modalita'  previste  dal
decreto del Ministro delle finanze n. 701 del 1994». 
    Il rilievo della  difesa  statale,  secondo  il  quale  l'odierno
rimettente non avrebbe preso in esame la  regolamentazione  suddetta,
non risulta, pertanto, conferente nel caso di specie,  in  cui,  come
evidenziato,  la  disciplina  dell'annotazione  della  ruralita'   e'
denunziata sotto il diverso profilo dell'inidoneita' dell'automatismo
procedimentale delineato dalla normativa in scrutinio ad attestare la
ruralita' del fabbricato nell'ipotesi in cui la particella alla quale
riferire l'annotazione sia stata soppressa a seguito di frazionamento
e abbia assunto un diverso identificativo catastale. 
    2.4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce,  altresi',
che l'omessa delibazione,  da  parte  della  CTR,  dell'eccezione  di
inammissibilita' del ricorso per riassunzione del giudizio di rinvio,
formulata dall'amministrazione comunale resistente, inciderebbe sulla
rilevanza   delle   questioni   sollevate,    giacche'    l'eventuale
accoglimento  di  tale  eccezione  condurrebbe   all'estinzione   del
processo principale. 
    2.4.1.- Anche questa eccezione e' priva di fondamento. 
    Il  rilievo  risulta,  infatti,  formulato  in  modo  del   tutto
generico, in assenza di qualsivoglia indicazione sul contenuto  della
eccezione di  inammissibilita'  sulla  quale  il  rimettente  avrebbe
omesso di pronunciarsi. 
    2.5.- Sono, inoltre, non fondate le eccezioni di inammissibilita'
con le quali l'Avvocatura generale dello Stato, da un lato, evidenzia
che il rimettente non ha verificato se la  normativa  di  riferimento
escluda effettivamente  la  possibilita'  di  ottenere  l'annotazione
della ruralita' per i  fabbricati  che,  nei  cinque  anni  anteriori
all'entrata in vigore del d.l.  n.  70  del  2011,  come  convertito,
abbiano subito variazioni  catastali  a  seguito  delle  quali  siano
confluiti in altre particelle; dall'altro, rileva che  il  giudice  a
quo non ha chiarito le ragioni della soppressione dei  subalterni  in
questione - e in particolare se essa abbia riguardato soltanto i dati
catastali ovvero se sia conseguita ad una vera e propria soppressione
materiale  dei  fabbricati  -,  ne'  ha  precisato  se  la   societa'
cooperativa agricola ricorrente in riassunzione abbia  effettivamente
presentato, in relazione agli immobili in questione,  la  domanda  di
annotazione della ruralita' ai sensi dell'art. 7,  comma  2-bis,  del
d.l. n. 70 del 2011, come convertito, e se questa sia stata respinta. 
    2.5.1.- La prima eccezione e' destituita di fondamento, posto che
- contrariamente a quanto assume la difesa statale - il rimettente ha
esaminato  la   disciplina   dell'annotazione   e   ne   ha   escluso
l'operativita' nel caso sottoposto al suo  esame,  in  ragione  della
intervenuta soppressione delle  particelle  oggetto  della  richiesta
annotazione. 
    2.5.2.- Quanto alla seconda, deve osservarsi che entrambi i fatti
di cui  l'interveniente  lamenta  l'omessa  deduzione  risultano,  al
contrario, descritti in modo esaustivo nell'ordinanza di  rimessione,
avendo la CTR chiarito che «[n]el corso del processo  si  riscontrava
un  ridimensionamento  della  pretesa  comunale  a  quattro  dei  sei
fabbricati in quanto, dagli atti  di  causa,  emergeva  l'annotazione
della ruralita' per due di essi, mentre per gli altri quattro, pur in
presenza dell'istanza di cui al D.L. ex art. 7, comma 2-bis del  D.L.
70/2011, non risultava alcuna annotazione, dato che detti fabbricati,
a tale data, non  erano  piu'  censiti  nel  catasto  dei  fabbricati
rurali, in seguito a  un  frazionamento  che  aveva  originato  altri
subalterni». 
    3.- La difesa dello Stato imputa ancora al  rimettente  di  avere
omesso  di  riferire  se  fosse  stata  presentata  la   domanda   di
annotazione  della   ruralita'   dei   fabbricati   interessati   dal
frazionamento e, in caso affermativo, di precisarne  l'esito,  e  se,
avverso lo  stesso,  fosse  stata  proposta  tempestiva  impugnazione
dinanzi alla CTP. 
    3.1.- Il rilievo dell'Avvocatura involge il tema -  peraltro  non
esplicitamente evocato nell'atto di intervento -  della  possibilita'
per la CTR,  chiamata  a  decidere  sull'impugnazione  di  avvisi  di
accertamento per mancato  versamento  dell'ICI,  di  conoscere  della
questione catastale relativa alla ruralita'  dei  fabbricati  gravati
dal tributo, sulla quale si innestano le  censure  di  illegittimita'
costituzionale in scrutinio. 
    3.1.1.- Occorre, al riguardo, rammentare che, a  norma  dell'art.
2, comma  2,  del  decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre  1991,  n.
413),  le  controversie  concernenti  le  operazioni  catastali,  pur
appartenendo alla giurisdizione tributaria ed  essendo  soggette,  in
forza di quanto previsto dall'art.  19,  comma  1,  lettera  f),  del
citato d.lgs. n. 546 del 1992, alle medesime  forme  del  contenzioso
tributario,  sono  dotate,  rispetto  a  quest'ultimo,  di   spiccata
autonomia, sia sul piano oggettivo,  concernendo  specificamente  gli
atti relativi alle operazioni catastali, sia  su  quello  soggettivo,
vertendo tra il proprietario dell'immobile e l'Agenzia delle  entrate
- Ufficio provinciale del territorio, senza che l'ente impositore sia
parte del rapporto controverso. 
    3.1.1.1.- Tra il giudizio relativo alle  operazioni  catastali  e
quello concernente la pretesa  impositiva  intercorre,  tuttavia,  un
vincolo di pregiudizialità-dipendenza in senso tecnico, in forza  del
quale il secondo processo deve essere sospeso ai sensi dell'art.  295
del codice di procedura civile fino alla definizione  del  primo  con
autorita' di giudicato  (ex  multis,  Corte  di  cassazione,  sezione
quinta civile, sentenza 9 ottobre 2019, n. 25250). 
    3.1.2.- Coerente con tali premesse ermeneutiche e' il  principio,
enunciato dalle sezioni unite civili della Corte di cassazione  nella
citata sentenza n. 18565 del 2009,  secondo  cui  l'accertamento  dei
requisiti della ruralita'  in  difformita'  all'attribuita  categoria
catastale  non  puo'  essere  compiuto  incidentalmente  dal  giudice
tributario che sia stato investito dell'impugnazione  dell'avviso  di
accertamento relativo all'ICI o della domanda  di  rimborso  di  tale
tributo. Cio' in quanto, rispetto alla pretesa fiscale  concretamente
opposta, il classamento  costituisce  l'atto  presupposto,  alla  cui
cognizione  da  parte   del   giudice   investito   dell'accertamento
dell'imposta osta «il carattere impugnatorio del processo tributario,
avente un oggetto circoscritto agli atti  che  scandiscono  le  varie
fasi del rapporto di imposta» (Corte di  cassazione,  sezione  quinta
civile, sentenza 27 marzo 2019, n. 8534). 
    3.1.3.-  Sulla  scorta  di  tali  enunciazioni  consolidate  -  e
cristallizzate nel  principio  di  diritto  dettato  dalla  Corte  di
cassazione nel giudizio a quo -, il Collegio rimettente non puo'  che
limitarsi  al   riscontro   dell'esistenza   e   dell'efficacia   del
provvedimento di classamento sul quale si fonda la pretesa impositiva
opposta.  Cio'  in  quanto  dovrebbe  essere  ad  esso  preclusa   la
cognizione sulle questioni afferenti al procedimento  catastale,  tra
le quali rientra,  evidentemente,  anche  il  quesito  sul  quale  si
innesta l'odierno incidente di legittimita' costituzionale. 
    Tale  questione  rientrerebbe,  infatti,  nella  competenza   del
giudice  tributario  eventualmente  investito  dell'impugnazione,  ai
sensi dell'art. 19, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 546 del  1992,
del diniego tacito di annotazione ex art. 13, comma 14-bis, del  d.l.
n. 201 del 2011, come convertito (Corte di cassazione, sezione  sesta
civile,  ordinanza  13  febbraio  2015,  n.  3001),  o  comunque  del
classamento   non   modificato   dall'amministrazione    finanziaria,
nonostante la richiesta di riconoscimento della ruralita'. 
    3.2.- Ritiene, tuttavia, questa Corte che  nella  fattispecie  in
esame la mancata  applicazione  delle  regole  sulla  cognizione  del
giudice tributario sopra richiamate non incida sulla rilevanza  delle
sollevate questioni. 
    Va, infatti, evidenziato che il giudice rimettente, rivolgendo le
proprie censure alla  disciplina  sull'annotazione  della  ruralita',
come interpretata alla stregua del principio di diritto enunciato  ai
sensi  dell'art.  384  cod.  proc.  civ.,  ha  inteso  contestare  la
validita' costituzionale della stessa ricostruzione che  ne  e'  alla
base, secondo la quale il giudice investito  dell'accertamento  della
sussistenza dell'obbligo di  versamento  dell'ICI  deve  limitarsi  a
prendere   atto   dell'oggettiva   classificazione   catastale    del
fabbricato,  in  quanto  e'  onere  del  contribuente   che   invochi
l'esenzione dall'imposta impugnare l'atto di classamento, rimanendovi
altrimenti assoggettato. 
    La CTR afferma motivatamente  di  dubitare  della  conformita'  a
Costituzione della normativa, cui inerisce  il  richiamato  punto  di
diritto, che esclude la propria competenza  a  compiere  direttamente
l'accertamento della ruralita' anche nella specifica ipotesi  in  cui
l'annotazione in catasto di tale destinazione funzionale sarebbe resa
impossibile dalla soppressione della particella gravata dal tributo. 
    Poiche', dunque,  le  censure  di  illegittimita'  costituzionale
investono, a ben vedere, la  regula  iuris  dalla  quale  dipende  la
stessa potestas iudicandi del giudice rimettente,  non  si  configura
una macroscopica carenza dei presupposti della stessa incidente sulla
rilevanza e quindi sull'ammissibilita' delle questioni sollevate (per
un'applicazione del principio in tema di giurisdizione,  sentenze  n.
112 del 1993 e n. 314 del 1992). 
    4.-   Devono,   infine,   essere   respinte   le   eccezioni   di
inammissibilita'  per  carente  motivazione   sulla   non   manifesta
infondatezza  delle  questioni  e   per   omessa   ricerca   di   una
interpretazione costituzionalmente adeguata, posto che il  rimettente
ha, da un lato, sia pure sinteticamente, illustrato  le  ragioni  del
ritenuto  contrasto  della  disciplina  censurata  con  gli   evocati
parametri costituzionali, e dall'altro, ha escluso la percorribilita'
di una interpretazione conforme a Costituzione. 
    5.- Va, da ultimo, rilevato che l'ordinanza  di  rimessione,  nel
ricomporre lo svolgimento  del  giudizio  principale,  impropriamente
menziona snodi  processuali  non  pertinenti  alla  controversia,  ma
riferibili  all'analogo  e  piu'  articolato  contenzioso   originato
dall'impugnazione dell'avviso di accertamento, pur sempre  notificato
dal Comune di  Concordia  sulla  Secchia  al  Caseificio  sociale  La
Cappelletta di San Possidonio  -  societa'  cooperativa  agricola  in
riferimento ai fabbricati per cui e'  causa,  ma  avente  ad  oggetto
l'annualita' ICI 2006. 
    Tale    errore    ricostruttivo    non     infirma,     tuttavia,
l'intellegibilita' della motivazione sulla rilevanza,  in  quanto  la
lettura coordinata dell'ordinanza di rimessione e della pronuncia  di
cassazione con rinvio, ivi riportata  per  ampi  stralci,  arricchita
delle indicazioni offerte dall'atto di intervento del Presidente  del
Consiglio dei ministri e dall'atto di costituzione della parte, cosi'
come illustrato dalla memoria  da  questa  depositata  nell'imminenza
dell'udienza  pubblica,  consente  di   individuare   agevolmente   i
lineamenti essenziali della res controversa. 
    6.- Nel merito, le questioni sollevate non sono fondate. 
    6.1.- Il presupposto ermeneutico sul quale si basano i  dubbi  di
illegittimita' costituzionale risulta, infatti, non corretto. 
    Il  rimettente  suppone  che  la  soppressione,   conseguente   a
frazionamento, delle particelle catastali relative ad immobili per  i
quali e' richiesto  il  riconoscimento  della  ruralita'  e  la  loro
confluenza in nuovi subalterni  renda  impossibile  l'annotazione  ai
sensi dell'art. 13, comma 14-bis, del d.l.  n.  201  del  2011,  come
convertito. 
    Tale  conclusione  e',  tuttavia,  da  escludere  sulla  base  di
argomenti  sistematici  che  tengono  conto  sia  della  ratio  della
disciplina censurata, sia della funzione del  sistema  catastale,  al
quale l'istituto dell'annotazione della ruralita', qui in  esame,  e'
strettamente correlato. 
    6.1.1.- A tale riguardo, e' utile ricordare che l'assunzione  del
carattere della ruralita' presuppone che il fabbricato sia dotato dei
requisiti sostanziali prescritti dall'art.  9  del  decreto-legge  30
dicembre 1993, n. 557 (Ulteriori  interventi  correttivi  di  finanza
pubblica per l'anno 1994), convertito, con modificazioni, nella legge
26 febbraio 1994, n. 133  e  identificabili,  sostanzialmente,  nella
destinazione dell'edificio a servizio di terreni agricoli, oppure nel
suo impiego in una delle attivita' indicate nell'art. 2135 del codice
civile  ovvero  nella  sua   utilizzazione   quale   abitazione   del
coltivatore, ed e' attuata attraverso  un  apposito  procedimento  di
annotazione negli atti del catasto. 
    Tale sistema e' scaturito dalla riforma avviata con il d.l. n. 70
del 2011, come convertito, e conclusasi con l'art.  2,  comma  5-ter,
del d.l. n. 102 del 2013, come convertito, qui in scrutinio. 
    L'art. 7, comma 2-bis, del citato  d.l.  n.  70  del  2011,  come
convertito, stabiliva, infatti, che  «[a]i  fini  del  riconoscimento
della  ruralita'  degli  immobili  ai  sensi  dell'articolo   9   del
decreto-legge   30   dicembre   1993,   n.   557,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994,  n.  133,  e  successive
modificazioni, i soggetti interessati possono presentare  all'Agenzia
del territorio una domanda di variazione  della  categoria  catastale
per l'attribuzione all'immobile della categoria A/6 per gli  immobili
rurali ad uso abitativo o  della  categoria  D/10  per  gli  immobili
rurali ad uso strumentale. Alla domanda, da presentare  entro  il  30
settembre 2011, deve essere allegata un'autocertificazione  ai  sensi
del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica  28
dicembre 2000, n.  445,  nella  quale  il  richiedente  dichiara  che
l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto  anno
antecedente a quello di presentazione della domanda, i  requisiti  di
ruralita' dell'immobile necessari ai sensi del citato articolo 9  del
decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 133 del 1994, e successive modificazioni». 
    Lo stesso art. 7, al comma 2-ter, disponeva che  «[e]ntro  il  20
novembre   2011,   l'Agenzia   del   territorio,   previa    verifica
dell'esistenza dei requisiti di ruralita' di cui all'articolo  9  del
decreto-legge   30   dicembre   1993,   n.   557,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994,  n.  133,  e  successive
modificazioni, convalida la certificazione di cui al comma 2-bis  del
presente  articolo  e  riconosce   l'attribuzione   della   categoria
catastale richiesta. Qualora entro  il  termine  di  cui  al  periodo
precedente l'amministrazione finanziaria non si sia  pronunciata,  il
contribuente puo' assumere, in via provvisoria per  ulteriori  dodici
mesi, l'avvenuta attribuzione della  categoria  catastale  richiesta.
Qualora tale attribuzione sia negata dall'amministrazione finanziaria
entro il 20 novembre 2012, con provvedimento motivato, il richiedente
e' tenuto al pagamento delle imposte non versate, degli  interessi  e
delle sanzioni determinate in misura raddoppiata  rispetto  a  quelle
previste dalla normativa vigente». 
    Infine, il comma 2-quater demandava ad un  decreto  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  la   fissazione   delle   modalita'
applicative  e   la   documentazione   necessaria   ai   fini   della
presentazione della certificazione di cui al comma 2-bis  nonche'  ai
fini della convalida della certificazione medesima, anche sulla  base
della documentazione acquisita, in sede  di  accertamento,  da  parte
dell'Agenzia del territorio e dell'amministrazione comunale. 
    In base alla procedura delineata dall'art. 7 del d.l. n.  70  del
2011, come  convertito,  i  soggetti  interessati  potevano,  quindi,
presentare all'Agenzia del territorio - la  quale,  dal  1°  dicembre
2012,  e'  stata  incorporata  nell'Agenzia  delle  entrate  a  norma
dell'art. 23-quater, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135  -  una  domanda  di
variazione  della  categoria  catastale  per   l'attribuzione   della
categoria A/6 (classe 'R') agli immobili rurali ad  uso  abitativo  o
della categoria D/10 agli immobili rurali ad uso strumentale. 
    La domanda doveva essere presentata entro il 30  settembre  2011,
allegando un'autocertificazione ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000,
n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di documentazione amministrativa), nella quale il richiedente
avrebbe  dovuto  dichiarare  che   l'immobile   possedeva,   in   via
continuativa, a decorrere dal quinto anno  antecedente  a  quello  di
presentazione dell'istanza, i requisiti  di  ruralita'  indicati  nel
citato art. 9 del d.l. n. 557 del 1993, come convertito. 
    Era, inoltre, previsto un meccanismo, per effetto  del  quale  il
contribuente, in mancanza di  convalida  da  parte  dell'Agenzia  del
territorio entro il 20 novembre 2011, avrebbe  potuto  assumere,  «in
via provvisoria», l'avvenuta attribuzione della rendita catastale per
un ulteriore periodo di dodici  mesi  (sino  al  20  novembre  2012),
termine entro il quale  la  stessa  Agenzia  del  territorio  avrebbe
potuto negare l'attribuzione di siffatta rendita,  con  provvedimento
motivato, dal che sarebbe derivato,  per  il  medesimo  contribuente,
l'obbligo  di  corresponsione  delle  imposte  non   versate,   degli
interessi e delle sanzioni determinate in misura raddoppiata rispetto
a quella prevista dalla normativa previgente. 
    Le disposizioni appena richiamate sono state abrogate dal d.l. n.
201 del 2011, come convertito, il quale, all'art. 13,  comma  14-bis,
ha  stabilito  che  «[l]e  domande  di  variazione  della   categoria
catastale presentate, ai sensi del comma 2-bis  dell'articolo  7  del
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2011,  n.  106,  anche  dopo  la  scadenza  dei
termini originariamente posti e fino alla data di entrata  in  vigore
della legge  di  conversione  del  presente  decreto,  producono  gli
effetti previsti in relazione  al  riconoscimento  del  requisito  di
ruralita', fermo restando il classamento  originario  degli  immobili
rurali ad uso abitativo. Con decreto  del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata
in vigore della legge  di  conversione  del  presente  decreto,  sono
stabilite le modalita' per l'inserimento negli atti  catastali  della
sussistenza del requisito di ruralita', fermo restando il classamento
originario degli immobili rurali ad uso abitativo». 
    Successivamente, il d.m. 26 luglio 2012, all'art. 1, comma 2,  ha
stabilito che, ai fini dell'iscrizione negli atti del  catasto  della
sussistenza del requisito di ruralita' dei fabbricati di cui al comma
1 - ossia  dei  fabbricati  rurali  destinati  ad  abitazione  e  dei
fabbricati  strumentali  all'esercizio  dell'attivita'  agricola   -,
diversi da quelli censibili  nella  categoria  D/10  (fabbricati  per
funzioni produttive connesse alle attivita' agricole), e' apposta una
specifica annotazione. 
    In particolare, l'art.  5  del  citato  decreto  ministeriale  ha
previsto che «[v]iene fatta menzione negli atti del catasto, mediante
specifica annotazione, con riferimento  ad  ogni  unita'  immobiliare
interessata,  dell'avvenuta  presentazione  delle  domande   di   cui
all'art. 2 del  presente  decreto  ai  fini  del  riconoscimento  del
requisito di ruralita'» (comma 1) e che «[i]l mancato  riconoscimento
del requisito di ruralita', anche a seguito di segnalazione  motivata
del  comune  o  dell'Agenzia  delle   entrate,   e'   accertato   con
provvedimento  motivato  del   direttore   dell'Ufficio   provinciale
dell'Agenzia del territorio, registrato negli atti catastali mediante
specifica annotazione e notificato agli interessati. Il provvedimento
e'  impugnabile  dinanzi  alle  Commissioni  tributarie  provinciali,
secondo le modalita' e i termini previsti dal decreto legislativo  31
dicembre 1992, n. 546» (comma 2). 
    In ultimo, l'art. 5 del d.m. 26  luglio  2012,  al  comma  3,  ha
prescritto che, per le  dichiarazioni  di  ruralita',  l'Agenzia  del
territorio procede ad effettuare l'accertamento,  anche  a  campione,
apponendo specifica annotazione. 
    L'assetto  normativo  cosi'  ricomposto   e'   stato   completato
dall'art. 2, comma 5-ter, del d.l. n. 102 del 2013, come  convertito,
qui in scrutinio, il quale ha definito  la  portata  temporale  degli
effetti  dell'annotazione  della  ruralita',  nel  senso   di   farla
retroagire al quinquennio anteriore a quello di  presentazione  della
relativa richiesta. 
    6.1.2.- Come si  evince  dai  lavori  preparatori  relativi  alla
descritta disciplina, la ratio della riforma in esame e' duplice e va
rinvenuta,  da  un   lato,   nella   finalita'   di   semplificazione
procedimentale   dell'accertamento   della    ruralita'    ai    fini
dell'esenzione dall'ICI e, dall'altro,  nelle  esigenze  di  certezza
giuridica e  di  deflazione  del  contenzioso  sorto  a  causa  della
disorganicita'  del  previgente  quadro  normativo  risultante  dalla
stratificazione    di    diversi     interventi     legislativi     e
giurisprudenziali. 
    In linea con tali finalita', la normativa in  esame,  attribuendo
efficacia  retroattiva  alla  richiesta   di   riconoscimento   della
ruralita' e  alla  conseguente  registrazione  catastale,  ha  inteso
definire i rapporti di imposta sorti nel quinquennio  anteriore  alla
sua introduzione, anche in vista dell'anticipo, in via  sperimentale,
gia' a far data dal 2012, dell'imposta  municipale  unica  (IMU),  la
quale, in  forza  del  decreto  legislativo  14  marzo  2011,  n.  23
(Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale),  ha  poi
sostituito definitivamente l'imposta comunale sugli immobili. 
    6.1.3.- Alla esigenza di certezza  giuridica  risponde  anche  la
previsione che ricollega il conseguimento  del  riconoscimento  della
ruralita' ai fini dell'esenzione  dall'ICI  all'inserimento  di  tale
qualita' negli atti del catasto. 
    In linea con  l'orientamento  di  legittimita'  inaugurato  dalla
richiamata sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite  civili,
n. 18565 del 2009, la normativa censurata dispone,  infatti,  che  il
riconoscimento del carattere rurale dei fabbricati sia cristallizzato
in un'iscrizione. 
    Quest'ultima  e'   soggetta   alle   variazioni   indotte   dalla
sopravvenienza di mutamenti materiali e giuridici del cespite cui  si
riferisce. L'aggiornamento delle risultanze rientra,  infatti,  nella
funzione di conservazione propria del catasto, la  quale  e'  assolta
dall'amministrazione  finanziaria  tenendo  in   evidenza,   mediante
operazioni di voltura e di verificazione, le mutazioni  soggettive  e
dello stato degli immobili e delle correlate rendite. 
    Alla stregua di tale sistema, ogni iscrizione relativa ad atti di
aggiornamento viene  registrata  e  rimane  accessibile  al  fine  di
consentire in ogni tempo la ricostruzione storica delle  vicende  che
hanno interessato ciascun immobile censito. 
    Tra le variazioni tracciabili in catasto deve, quindi, includersi
anche il frazionamento da cui derivi la soppressione della particella
oggetto  di  ripartizione  e  l'assunzione,  da   parte   dell'unita'
immobiliare derivata, di un nuovo identificativo. 
    In tale evenienza, le  annotazioni  storicamente  afferenti  alla
particella soppressa non possono  che  essere  effettuate  su  quella
derivata,  sia  pure   con   espresso   riferimento   al   precedente
identificativo catastale. 
    6.1.4.- Il diverso avviso del giudice  rimettente,  intravvedendo
in tale ultima vicenda un  ostacolo  all'iscrizione  della  ruralita'
dell'unita'  catastale  originaria,  omette  di  considerare  che  la
registrazione retrospettiva rientra nella funzione  di  aggiornamento
propria del catasto, e trascura la finalita' di agevolazione  sottesa
alla portata retroattiva della normativa censurata. 
    Essa, infatti, al fine di fornire ai contribuenti  una  copertura
rispetto  agli  accertamenti  fiscali  effettuati   nel   quinquennio
antecedente alla richiesta di variazione o di annotazione, detta  una
disciplina procedimentale che e' rivolta essenzialmente  al  passato,
perche' consente di dare evidenza catastale alla circostanza  che  un
determinato  fabbricato,  che  nel  periodo   considerato   risultava
censito,  possedesse  i  requisiti  di  ruralita',  essendo,  invece,
irrilevante che in un  momento  successivo  esso  abbia  assunto  una
diversa configurazione catastale. 
    6.2.- La premessa interpretativa da cui muove  il  rimettente  si
discosta,   altresi',   dalle   indicazioni   fornite    sul    punto
dall'amministrazione finanziaria, di cui ha dato  conto  l'Avvocatura
generale dello Stato. 
    L'interveniente  ha,  infatti,  evidenziato   che,   secondo   le
istruzioni elaborate dalla Direzione centrale catasto  e  cartografia
dell'Agenzia del territorio nelle lettere circolari prot.  24818  del
17 maggio 2012 e prot. 13845 del  5  aprile  2013,  indirizzate  alle
strutture territoriali dipendenti, per gli  identificativi  associati
alle unita' immobiliari soppresse, l'annotazione  della  destinazione
rurale ai sensi della disciplina in scrutinio  deve  essere  inserita
manualmente «menzionando lo stadio superato». 
    L'informazione viene, quindi,  associata  all'unita'  immobiliare
derivata, con la precisazione che il requisito deve  essere  riferito
all'unita' originaria da cui questa  proviene,  al  fine  di  offrire
un'adeguata rappresentazione della vicenda. 
    6.2.1.- Sono inconferenti i rilievi svolti sul punto dalla parte,
secondo cui  l'annotazione  di  ruralita'  sulle  unita'  immobiliari
derivate non risulterebbe possibile ove il contribuente, ancor  prima
di presentare la domanda ai sensi del  d.l.  n.  70  del  2011,  come
convertito, abbia gia' provveduto a far confluire l'originaria unita'
immobiliare in un nuovo subalterno accatastato nelle categorie A/6  o
D/10, in quanto  non  si  potrebbe,  in  tal  caso,  apporre  nessuna
ulteriore annotazione. 
    6.2.2.- Tale affermazione  contrasta,  invero,  con  la  funzione
tipica  della  registrazione  catastale,  attraverso  la   quale   e'
possibile dare evidenza all'inquadramento assegnato al cespite in  un
preciso momento storico, in modo da aggiornare il quadro  informativo
dato dall'ordine cronologico delle iscrizioni. 
    La ruralita', non essendo una qualita' connaturata al fabbricato,
ma scaturendo da una  serie  di  condizioni  soggettive  e  oggettive
previste dalla  legge  (art.  9  del  d.l.  n.  557  del  1993,  come
convertito), puo'  non  permanere  nel  tempo,  cosi'  che  l'attuale
esistenza  di   tale   destinazione   funzionale   non   ne   implica
necessariamente la sussistenza anteriore. 
    6.3.- Alla luce di quanto precede, il contrasto della  disciplina
in scrutinio con i principi di ragionevolezza  e  di  uguaglianza  si
palesa insussistente e cadono, al contempo, i sospetti di  violazione
del principio della  capacita'  contributiva  espresso  dall'art.  53
Cost. 
    7.- Sulla base delle argomentazioni esposte, le questioni  vanno,
pertanto, dichiarate non fondate. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 5-ter, del decreto-legge 31 agosto  2013,  n.  102
(Disposizioni  urgenti  in  materia  di  IMU,  di  altra   fiscalita'
immobiliare, di  sostegno  alle  politiche  abitative  e  di  finanza
locale, nonche' di  cassa  integrazione  guadagni  e  di  trattamenti
pensionistici), convertito, con modificazioni, nella legge 28 ottobre
2013, n. 124, sollevate, in riferimento  agli  artt.  3  e  53  della
Costituzione,     dalla     Commissione     tributaria      regionale
dell'Emilia-Romagna con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 dicembre 2022. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore 
                      Valeria EMMA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023. 
 
                           Il Cancelliere 
                         F.to: Valeria EMMA