N. 50 SENTENZA 25 gennaio - 24 marzo 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Rifiuti - Norme della Regione Lombardia -  Discariche  per
  la messa in sicurezza permanente - Realizzazione «in  coerenza  con
  gli obiettivi di tutela ambientale» previsti dal cod. ambiente,  in
  luogo del  precedente  «secondo  i  criteri  e  le  modalita'»  ivi
  previsti - Violazione della competenza esclusiva statale in materia
  di  tutela  dell'ambiente  e   dell'ecosistema   -   Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Lombardia 20 maggio 2022, n. 9, art. 12,  comma
  1, lettera  a),  sostitutivo  del  secondo  periodo  del  comma  12
  dell'art. 21 della legge della Regione Lombardia 12 dicembre  2003,
  n. 26. 
- Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lettera s);  decreto
  legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. art. 3;  direttiva  1999/31/CE,
  art. 3. 
(GU n.13 del 29-3-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  12,  comma
1, lettera a), della legge della Regione Lombardia 20 maggio 2022, n.
9 (Legge  di  semplificazione  2022),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  25  luglio  2022,
depositato in cancelleria il 25 luglio 2022, iscritto al  n.  46  del
registro ricorsi 2022 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  25  gennaio  2023  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Alessandra Zimmitti e Piera
Pujatti per la Regione Lombardia; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 gennaio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 27 luglio 2022 (reg. ric. n. 46 del
2022), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 1, lettera a),  della
legge della  Regione  Lombardia  20  maggio  2022,  n.  9  (Legge  di
semplificazione 2022), nella parte in cui modifica il secondo periodo
del comma 12 dell'art. 21 della  legge  della  Regione  Lombardia  12
dicembre 2003, n. 26 (Disciplina  dei  servizi  locali  di  interesse
economico generale. Norme in materia  di  gestione  dei  rifiuti,  di
energia, di utilizzo  del  sottosuolo  e  di  risorse  idriche),  per
violazione  dell'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, in relazione all'art.  3  del  decreto  legislativo  13
gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva  1999/31/CE  relativa
alle discariche di rifiuti),  nonche'  dell'art.  117,  primo  comma,
Cost.,  in  relazione  all'art.  3  della  direttiva  1999/31/CE  del
Consiglio, del 26 aprile 1999, relative alle discariche di rifiuti. 
    1.1.- L'art. 21, comma 12, della legge reg. Lombardia n.  26  del
2003 individua, nel primo periodo,  alcune  eccezioni  all'ambito  di
applicazione  dei  criteri  di  localizzazione  degli   impianti   di
smaltimento e recupero dei rifiuti, per i quali l'art.  8,  comma  7,
della legge della Regione Lombardia 12 luglio 2007,  n.  12,  recante
«Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n.  26  (Disciplina
dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in  materia
di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e  di
risorse idriche) ed altre disposizioni in  materia  di  gestione  dei
rifiuti», ha previsto che la Giunta regionale  provvedesse,  mediante
propria delibera e sentita la commissione consiliare  competente,  ad
integrare la deliberazione della Giunta della  Regione  Lombardia  27
giugno 2005, n. 220, recante «Approvazione del Programma Regionale di
Gestione dei Rifiuti (P.R.G.R) ai sensi degli artt. 19, 20 e 55 della
l.r. 26 del 23  dicembre  2001  e  in  applicazione  delle  direttive
75/442/CEE, 91/689/CEE, 94/62/CEE nonche' del rapporto ambientale  di
valutazione ambientale strategica ai sensi della direttiva 2001/42/CE
del Parlamento Europeo e del consiglio del 27 giugno 2001». 
    In particolare,  a  norma  del  primo  periodo  della  menzionata
disposizione, fanno eccezione  ai  criteri  di  localizzazione  cosi'
individuati «le discariche per la messa in sicurezza permanente e gli
impianti di trattamento dei rifiuti realizzati nell'area  oggetto  di
bonifica e destinati esclusivamente alle operazioni di  bonifica  dei
relativi siti contaminati [...]». 
    Il secondo periodo della medesima disposizione  prevedeva,  nella
previgente versione,  che  «[t]ale  messa  in  sicurezza  permanente»
dovesse essere realizzata «secondo i criteri e le modalita'» previsti
dal d.lgs. n. 36 del 2003. 
    L'impugnato art. 12 della legge reg. Lombardia n. 9 del 2022,  al
comma 1, lettera  a),  ha  introdotto  una  modifica  a  quest'ultima
disposizione, prevedendo che «[t]ale messa in  sicurezza  permanente»
debba essere realizzata «in coerenza  con  gli  obiettivi  di  tutela
ambientale» fissati dal d.lgs. n. 36 del 2003. 
    Il ricorrente sostiene che la precedente formulazione, prevedendo
«l'applicazione automatica» dei criteri e  delle  modalita'  disposti
dal citato decreto legislativo alla  messa  in  sicurezza  permanente
effettuata a traverso le tipologie di  impianti  elencate  nel  primo
periodo, fosse piu' coerente con la normativa statale, mentre  quella
attualmente in vigore, piu' generica e meno aderente a  quest'ultima,
violerebbe diversi parametri costituzionali. 
    1.2.- In primo luogo, la  disposizione  impugnata  entrerebbe  in
contrasto  con  l'art.  3  del  d.lgs.  n.  36  del  2003,  il  quale
stabilisce, al comma 1, che «[l]e disposizioni del  presente  decreto
si applicano a tutte le discariche, come  definite  dall'articolo  2,
comma  1,  lettera  g)»,  riproducendo  sul  punto  quanto   previsto
dall'art. 3, paragrafo 1, della direttiva 1999/31/CE. 
    La disposizione costituirebbe una distorsione  applicativa  delle
due previsioni normative da ultimo richiamate,  poiche'  l'ambiguita'
semantica dell'espressione «in coerenza con gli obiettivi  di  tutela
ambientale» sarebbe foriera di sostanziali dubbi  interpretativi  che
renderebbero  concreto  il  rischio  di  un'elusione   dei   principi
fondamentali stabiliti dalla normativa statale; distorsione censurata
da questa Corte nelle sentenze n. 107 del 2017, n. 449 del  2005,  n.
412 del 2004 e n. 228 del 2003. 
    Il ricorrente sostiene, inoltre, che la disposizione regionale si
riferisca a tipologie di impianti che,  seppur  realizzati  nell'area
oggetto di bonifica e destinati  esclusivamente  alle  operazioni  di
bonifica, sono, comunque sia, soggetti all'applicazione integrale del
d.lgs. n. 36 del 2003 e della direttiva 1999/31/CE. Per tale  motivo,
il citato art. 3, nel  prevedere  l'ambito  applicativo  del  decreto
legislativo, rivestirebbe la qualita' di parametro interposto per  la
verifica del rispetto  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., il quale assegna alla potesta' legislativa  esclusiva  statale
la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    La difesa statale richiama, a tal  proposito,  la  giurisprudenza
costituzionale che, in materia di  bonifica  di  siti  inquinati,  ha
affermato  che  la  relativa  disciplina  rientra  nella  materia  di
competenza esclusiva statale della «tutela  dell'ambiente»,  nel  cui
ambito la legislazione regionale puo' solo introdurre norme idonee  a
realizzare un  innalzamento  dei  livelli  di  tutela  ambientale  o,
comunque sia, non derogatorie in senso peggiorativo rispetto a quelle
contenute nel codice dell'ambiente (sentenze n. 251 del 2021, n.  215
del 2018, n. 247 del 2009 e n. 214 del 2008). 
    1.3.- Per le medesime ragioni, la novella legislativa  entrerebbe
in contrasto anche con l'art. 117, primo comma, Cost.,  in  relazione
all'art. 3 della direttiva 1999/31/CE. 
    Con riguardo a quest'ultimo profilo, la  difesa  statale  precisa
che manca, nella delibera del Consiglio dei ministri, il  riferimento
al parametro costituzionale  in  questione.  Cio'  nonostante,  sulla
scorta di quanto affermato da questa Corte nelle sentenze n. 272  del
2020 e n. 128 del 2018, ritiene di poter integrare la  solo  parziale
individuazione dei motivi di censura ivi svolta, spettando alla parte
ricorrente, nella discrezionalita'  della  difesa  tecnica,  la  piu'
puntuale indicazione dei parametri del giudizio. 
    1.4.- Il  ricorrente  sostiene,  altresi',  che  la  disposizione
regionale impugnata violi gli  standard  di  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema posti dal legislatore  statale  nell'esercizio  della
competenza  legislativa  esclusiva  lui  attribuita  dall'art.   117,
secondo comma, lettera s), Cost., precisando che  a  quest'ambito  di
competenza va ricondotta la disciplina dei  rifiuti.  A  sostegno  di
quest'ultima affermazione sono citate, fra le altre, le  sentenze  di
questa Corte n. 227 del 2020, n. 289, n. 231, n. 142, n. 129 e n.  28
del 2019, n. 215, n. 151, n. 150 e n. 126 del 2018, n. 244 e  n.  154
del 2016 e n. 58 del 2015. 
    Quanto alle ulteriori competenze regionali sulle quali la  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema possa incidere  in  ragione  del  suo
carattere trasversale (ex multis, sentenze n. 215 e n. 151 del  2018,
n. 54 del 2012, n. 151 del 2011, n. 225 del 2009, n. 380 del 2007, n.
62 del 2005 e n. 259 del 2004), l'Avvocatura sottolinea che,  pur  se
le regioni mantengono una  competenza  legislativa  finalizzata  alla
cura di interessi funzionalmente collegati con quelli ambientali,  la
disciplina statale «costituisce, anche in attuazione  degli  obblighi
comunitari, un livello di tutela uniforme  e  si  impone  sull'intero
territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e
le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per
evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale  stabilito
dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenza n. 58 del 2015). 
    2.- Con atto depositato in data 26 agosto 2022, si e'  costituita
in giudizio la Regione Lombardia, eccependo  la  non  fondatezza  del
ricorso. 
    2.1.- In primo luogo,  la  resistente  sostiene  che  l'impugnata
disposizione regionale, a differenza di quanto sostenuto dallo Stato,
non concerna la materia dei rifiuti (e delle discariche di  rifiuti),
ma  quella  dei  cosiddetti  volumi  confinati,  realizzati  per  gli
interventi  di  messa  in  sicurezza  permanente  nell'ambito   delle
bonifiche dei  siti  contaminati,  contenenti  solo  terreni.  Questi
"volumi confinati",  secondo  la  difesa  regionale,  non  dovrebbero
essere necessariamente realizzati secondo i criteri  e  le  modalita'
previste dal d.lgs. n. 36 del 2003. 
    Tale ricostruzione e' sostenuta, innanzitutto, sulla  base  della
suddivisione del modificato art.  21,  comma  12,  della  legge  reg.
Lombardia n. 26 del 2003, in diversi  periodi,  dei  quali  il  primo
avrebbe ad oggetto le discariche contenenti materiale  costituito  da
rifiuti e realizzate per la messa in sicurezza permanente nelle  aree
oggetto  di  bonifica;  il  secondo  -   modificato   dalla   novella
legislativa oggi impugnata - avrebbe invece ad oggetto i soli  volumi
confinati in  sito  e  contenenti  materiale  costituito  da  matrici
ambientali  (in  particolare  terreni)  per  la  messa  in  sicurezza
permanente nelle  aree  oggetto  di  bonifica.  Sostiene  infatti  la
Regione che, a differenza di quanto ritenuto dalla difesa statale, in
questa parte dell'articolo non  vi  sarebbe  alcun  riferimento  alle
«discariche» per la messa in sicurezza permanente. 
    2.2.-  In  secondo  luogo  (e  a  sostegno  della   ricostruzione
proposta), la Regione Lombardia ritiene  che  la  modifica  normativa
impugnata non si presterebbe all'obiezione di scarsa chiarezza  o  di
ambiguita'   semantica   mossa   dal    ricorrente.    L'orientamento
interpretativo regionale emergerebbe,  infatti,  dalla  deliberazione
della Giunta della  Regione  Lombardia  15  dicembre  2021,  n.  5703
(Indirizzi per  interventi  di  messa  in  sicurezza  permanente  con
realizzazione di volume confinato  negli  interventi  di  bonifica  -
Modifica dell'allegato 1 alla d.g.r. 2789 del 31  gennaio  2020),  la
quale distingue i procedimenti e le misure da adottare secondo che  i
materiali rinvenuti nel corso della messa in sicurezza siano  terreni
o rifiuti, precisando che gli indirizzi in essa contenuti  riguardano
esclusivamente la prima ipotesi, mentre, nella seconda ipotesi,  «non
oggetto dei presenti indirizzi», «e' possibile inquadrare l'area come
sito di discarica o luogo di  abbandono  rifiuti».  In  questo  senso
moverebbe, in particolare, l'Allegato  1  alla  menzionata  delibera,
recante «Indirizzi per la messa in sicurezza permanente nei  casi  in
cui sia prevista la realizzazione di un volume confinato  on  site  a
servizio di un intervento di bonifica (art. 240, comma 1, lettera  o)
D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)». 
    Tali indirizzi per la messa in sicurezza permanente, che, a detta
della  resistente,  cristallizzerebbero  la   prassi   interpretativa
regionale  di  distinzione  dei  volumi  confinati  secondo  il  loro
contenuto,  offrirebbero  una  chiave  interpretativa   per   dedurre
l'applicabilita' delle disposizioni regionali alla  sola  fattispecie
di confinamento di matrici ambientali (e non di rifiuti). 
    Cosi' inteso l'intervento normativo, non verrebbe allora messa in
dubbio l'applicabilita' del d.lgs. n.  36  del  2003  all'ipotesi  di
confinamento di materiale contenente rifiuti, mentre,  per  l'ipotesi
di messa in sicurezza permanente riguardante matrici ambientali,  cui
il decreto non si applicherebbe, la Regione Lombardia avrebbe  inteso
offrire   una   disciplina   cautelativa,   ponendo   l'obbligo   del
raggiungimento degli obiettivi da esso perseguiti. 
    2.3.- Movendo dalla proposta ricostruzione, la Regione resistente
ritiene che la disposizione impugnata non  riguardi  la  materia  dei
rifiuti, secondo la nozione offerta dal diritto statale e  da  quello
dell'Unione europea, e che,  pertanto,  non  si  ponga  in  contrasto
neppure con l'art. 117, primo comma, Cost. 
    2.4.- La difesa regionale argomenta, poi, le ragioni per le quali
la materia dei suoli  e  delle  matrici  ambientali  di  riporto  non
sarebbe ricompresa nell'ambito di applicazione del d.lgs. n.  36  del
2003,  per  come  definito  dall'art.  3  addotto  dal  ricorrente  a
parametro interposto. 
    Il comma 1 di quest'ultimo articolo prevede, infatti,  che  «[l]e
disposizioni del presente decreto si applicano a tutte le discariche,
come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera g)», ossia alle  aree
adibite «a smaltimento dei rifiuti mediante  operazioni  di  deposito
sul suolo  o  nel  suolo,  compresa  la  zona  interna  al  luogo  di
produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte
del produttore degli stessi, nonche' qualsiasi  area  ove  i  rifiuti
sono sottoposti a deposito temporaneo per piu' di un anno». 
    Ne consegue, ad avviso  della  Regione  resistente,  uno  stretto
collegamento tra il concetto di discarica e quello di rifiuto, la cui
nozione viene ricavata dagli artt. 183 e 185 del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). 
    Il primo offre la relativa definizione ai fini  dell'applicazione
della Parte IV  del  decreto,  intendendo  per  "rifiuto"  «qualsiasi
sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione
o abbia l'obbligo di disfarsi»; il secondo, invece, prevede una serie
di esclusioni dall'ambito di applicazione della  medesima  Parte  IV,
ossia un elenco di sostanze soggette a normative speciali. Fra queste
ultime, la difesa regionale si sofferma sulla lettera b) del comma  1
dell'art. 185, il quale esclude «il terreno  (in  situ),  inclusi  il
suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente
al terreno, fermo restando quanto previsto  dagli  artt.  239  e  ss.
relativamente alla bonifica di siti contaminati». Lo stesso art.  185
e'  stato  oggetto  di   interpretazione   autentica,   sostiene   la
resistente, ad opera dell'art.  3,  comma  1,  del  decreto-legge  25
gennaio 2012, n. 12 (recte: n. 2) (Misure straordinarie e urgenti  in
materia ambientale), convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo
2012, n. 28, il quale  precisa  che  i  riferimenti  al  «suolo»  ivi
contenuti  devono  essere  interpretati  «come  riferiti  anche  alle
matrici materiali di riporto di cui all'allegato 2 alla parte IV  del
medesimo decreto legislativo». 
    Da questo complesso normativo, la difesa regionale trae  conferma
dell'ipotesi interpretativa secondo cui suoli e matrici materiali  di
riporto sono attratti alla normativa specifica in tema  di  bonifiche
(di cui al Titolo V,  Parte  IV,  del  d.lgs.  n.  152  del  2006)  e
sottratti alla normativa dedicata, in generale, ai  rifiuti  (di  cui
alla Parte IV). 
    Cosi'  interpretata,  la  disposizione   regionale   rientrerebbe
nell'ambito  della  competenza  legislativa   regionale,   per   come
delineata dall'art. 196, comma 1, lettera h),  cod.  ambiente,  ossia
nell'ambito della redazione di  linee  guida  e  di  criteri  per  la
predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di  messa
in sicurezza e, integrando in  ottica  ulteriormente  cautelativa  la
disciplina delle bonifiche  e  del  ripristino  ambientale  dei  siti
inquinati, detterebbe criteri che rendono  gli  obiettivi  di  tutela
ambientale piu' rigorosi di quanto previsto dalla normativa  statale,
soprattutto al  fine  di  garantire  la  tutela  della  salute  anche
nell'ambito della messa in sicurezza permanente con realizzazione  di
volumi confinati on site non contenenti rifiuti. 
    2.5.- Infine, la Regione Lombardia  sostiene  la  non  fondatezza
della  questione  di  legittimita'  costituzionale   in   riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Avendo riguardo alla messa in  sicurezza  permanente  di  matrici
ambientali (e non contenenti rifiuti), la resistente ricostruisce  la
finalita' dell'intervento nel senso della realizzazione  di  un'opera
conclusiva,  volta  a  porre  rimedio  in  modo  permanente  ad   una
situazione di criticita' ambientale, e  menziona  l'Allegato  3  alla
Parte IV del «d.lgs. n. 157/07» (recte: d.lgs. n. 152 del 2006) quale
punto  di  riferimento  per  l'individuazione  dei  criteri  per   la
selezione e l'esecuzione degli interventi necessari. 
    In questo quadro, la previsione dell'obbligo del  rispetto  degli
obiettivi di tutela ambientale fissati dal  d.lgs.  n.  36  del  2003
costituirebbe uno strumento efficace nell'ottica  dell'obiettivo  del
miglior  rapporto  costi-benefici  e  non  metterebbe  in  dubbio  la
competenza  legislativa  statale  esclusiva  in  materia  di   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, pur fermo il  carattere  trasversale
della normativa ambientale, che comporta  sovrapposizioni  con  altri
ambiti di competenza (sono citate le sentenze di questa Corte  n.  20
del 2012, n. 191 del 2011, n. 378 del 2007, n. 226 del 2003 e n.  536
del 2002). In questi ambiti, le regioni conservano infatti poteri  di
scelta nelle materie di propria spettanza (nel  caso  di  specie,  la
disciplina di dettaglio in materia di tutela della  salute),  purche'
questi poteri siano esercitati in  senso  piu'  rigoroso  rispetto  a
quanto previsto dalla normativa statale posta a tutela  dell'ambiente
e dell'ecosistema (sono richiamate, di questa Corte, la  sentenza  n.
378 del 2007, nonche', ex plurimis, le sentenze n. 21  del  2022,  n.
189 del 2021, n. 178 del 2019 e n. 121 del 2018). 
    3.- In data 3 gennaio 2023, la Regione  Lombardia  ha  presentato
una  memoria  nella  quale,  oltre  a  ribadire  gli  argomenti  gia'
sostenuti  nell'atto  di  costituzione,  vengono  prospettate  alcune
conseguenze  che  potrebbero  derivare  dalla  qualificazione   delle
matrici ambientali quali rifiuti, ritenendo che una tale  inclusione,
per un verso, comporterebbe oneri economici  sproporzionati  rispetto
alla natura dell'intervento e richiederebbe la realizzazione di  vere
e proprie discariche anche in  caso  di  piccoli  cumuli  di  matrici
ambientali, mentre,  per  altro  verso,  impedirebbe  di  gestire  il
materiale in situ, come  richiesto  dalla  normativa  in  materia  di
bonifiche. 
    Sostiene la resistente, a tale ultimo proposito, che  i  siti  di
bonifica  non  presentano  caratteristiche  geomorfologiche  tali  da
ospitare una discarica,  ragion  per  cui  il  materiale  contaminato
dovrebbe essere spostato in discarica autorizzata,  aprendo  cosi'  a
rischi di inquinamento del territorio esterno all'area da  bonificare
e di spargimento  di  inquinanti  pericolosi  per  la  salute  umana.
Inoltre, la difesa regionale osserva che l'impossibilita' tecnica  di
realizzare operazioni di questo genere  ha,  in  numerose  occasioni,
ritardato le operazioni di  bonifica,  con  conseguente  aumento  del
rischio per la salute umana. 
    Per tali ragioni, la difesa regionale ha insistito  affinche'  il
ricorso venga respinto. 
    4.- In data 3 gennaio 2023, l'Avvocatura generale dello Stato  ha
presentato una memoria, nella  quale  ribatte  agli  argomenti  della
controparte  e   ribadisce   quelli   che   sorreggono   il   ricorso
introduttivo. 
    4.1.- In primo luogo, la difesa statale contesta, sulla  base  di
un  argomento  letterale  e   di   un   argomento   sistematico,   la
ricostruzione della Regione Lombardia secondo la quale il primo e  il
secondo periodo del modificato art. 21, comma 12,  della  legge  reg.
Lombardia n.  26  del  2003  verterebbero  su  due  ambiti  oggettivi
distinti, adducendo, in sintesi, che il mancato riferimento esplicito
alle «discariche per la messa in  sicurezza  permanente»  all'interno
del secondo  periodo  della  disposizione  varrebbe  ad  evitare  una
«inutile ripetizione». 
    4.2.- La difesa statale contesta,  inoltre,  che  il  riferimento
alla delib. Giunta reg. Lombardia n. 5703 del  2021  possa  valere  a
sostegno dell'interpretazione proposta  dalla  resistente.  In  primo
luogo, per ragioni di ordine cronologico, ritenendo implausibile  che
un atto precedente rispetto alla modifica normativa possa offrire una
valida  «chiave  interpretativa»  di   un   provvedimento   normativo
inesistente al momento della sua  adozione.  In  secondo  luogo,  per
ragioni  di  ordine  gerarchico,  non  ritenendo  che  una  possibile
interpretazione  della  legge   regionale   in   contrasto   con   la
Costituzione   possa   essere   esclusa    per    il    tramite    di
un'interpretazione  conforme  ad   un   atto   avente   mera   natura
amministrativa,  il  quale  potrebbe  peraltro  essere  modificato  e
riformulato nel tempo. 
    4.3.-   Il   ricorrente   adduce   inoltre   che,    a    partire
dall'interpretazione  della  disposizione  sostenuta   dalla   difesa
statale, verrebbe a  cadere,  di  conseguenza,  anche  l'affermazione
della Regione resistente della riconducibilita' della stessa all'art.
196, comma 1, lettera h), cod. ambiente. Si tratterebbe, infatti,  di
disposizione afferente ad un ambito materiale di esclusiva competenza
legislativa dello Stato e rivolta, peraltro,  non  gia'  a  garantire
livelli piu' rigorosi di tutela ambientale o di tutela  della  salute
umana, ma, all'opposto, a determinare un significativo  peggioramento
degli standard di tutela, nella  misura  in  cui  si  presterebbe  ad
essere interpretata nel senso di escludere i  piu'  volte  menzionati
impianti dall'ambito di applicazione dei criteri e delle modalita' di
cui al d.lgs. n. 36 del 2003. 
    4.4.-  Per  tali  ragioni,  il  ricorrente   ha   insistito   per
l'accoglimento del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  12  della  legge
reg. Lombardia n. 9 del 2022, nella parte in cui, con la  lettera  a)
del comma 1, ha sostituito il secondo periodo del comma 12  dell'art.
21 della legge reg. Lombardia n. 26 del 2003. 
    Il citato comma 12, dopo aver previsto, al primo periodo, che  le
«discariche per la messa in sicurezza permanente e  gli  impianti  di
trattamento dei rifiuti realizzati nell'area oggetto  di  bonifica  e
destinati esclusivamente alle operazioni  di  bonifica  dei  relativi
siti  contaminati»  non  sono   soggetti   ai   comuni   criteri   di
localizzazione  delle  discariche  di  rifiuti  stabiliti  a  livello
regionale, disponeva, al secondo periodo: «[t]ale messa in  sicurezza
permanente deve essere realizzata secondo i criteri  e  le  modalita'
previste dal D.Lgs. 36/2003». 
    A  seguito  della  novella  legislativa  impugnata,  quest'ultima
disposizione risulta cosi' riformulata: «[t]ale  messa  in  sicurezza
permanente deve essere realizzata in coerenza con  gli  obiettivi  di
tutela ambientale, fissati dal D.Lgs. 36/2003». 
    Ad  avviso  del   ricorrente,   la   nuova   formulazione   della
disposizione  regionale,  nella   sua   maggiore   genericita',   non
assicurerebbe piu' l'applicazione  automatica  dei  criteri  e  delle
modalita' previsti dal citato d.lgs. n. 36 del 2003, ponendosi  cosi'
in contrasto  con  l'art.  3  dello  stesso  decreto,  che  definisce
l'ambito applicativo della relativa disciplina in termini comprensivi
degli interventi oggetto della normativa regionale. 
    La disposizione impugnata violerebbe, di conseguenza, l'art. 117,
secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  che  riserva  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato la materia «tutela dell'ambiente  e
dell'ecosistema», entro la quale si colloca la disciplina dei rifiuti
e della bonifica dei siti contaminati. 
    Sarebbe violato, inoltre, l'art. 117, primo comma, Cost.,  stante
il contrasto della disposizione impugnata con l'art. 3  della  citata
direttiva 1999/31/CE, che fissa in termini analoghi  a  quelli  della
norma statale il campo applicativo delle proprie disposizioni. 
    2.- In via preliminare occorre esaminare, ancorche' non  eccepita
dalla  resistente,  la  mancata  corrispondenza   tra   i   parametri
costituzionali evocati nel ricorso e quelli indicati  nella  delibera
del 21 luglio 2022, con cui il Consiglio dei ministri ha  autorizzato
la proposizione dell'impugnativa. Quest'ultima delibera, difatti, non
riporta espressamente l'art. 117, primo comma, Cost. fra i  parametri
in  riferimento  ai  quali  promuovere  questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    Cio' non determina, tuttavia, l'inammissibilita' della censura. 
    Diversi passaggi della relazione ministeriale,  cui  la  delibera
rinvia, rendono evidente la volonta' dell'organo  politico,  titolare
del  potere  di  impugnativa,  di  porre  a  questa  Corte,  a  mezzo
dell'intermediazione tecnica dell'Avvocatura generale dello Stato, la
questione di legittimita' costituzionale  concernente  la  violazione
del parametro in discorso. Cio' si evince, ad esempio, dal  passaggio
in cui «si evidenzia che la normativa  in  questione,  risultando  in
contrasto con la normativa dell'Unione,  precedentemente  richiamata,
potrebbe, conseguentemente, comportare il  rischio  dell'apertura  di
una   procedura   di   infrazione   a    carico    dell'Italia»,    o
dall'affermazione secondo cui, «per i motivi  esposti,  la  norma  in
questione oltre a porsi in  contrasto  con  la  normativa  statale  e
unionale sopra indicata, viola gli standard di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema posti dal legislatore statale». In presenza  di  tale
manifestazione di volonta', per  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte (ex plurimis, sentenze n. 272 del 2020 e n. 228 del 2017), deve
ritenersi consentito all'Avvocatura dello Stato effettuare una  «piu'
puntuale  indicazione  dei  parametri  del  giudizio,   giacche'   la
discrezionalita' della difesa tecnica ben  puo'  integrare  una  solo
parziale individuazione dei motivi di censura» (sentenze n.  128  del
2018, n. 290 del 2009, n. 365 e n. 98 del 2007 e n. 533 del 2002). 
    3.- Nel merito, la questione proposta  con  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. e' fondata. 
    3.1.- Per meglio  intendere  i  termini  della  questione,  giova
premettere che l'istituto della messa in sicurezza permanente,  nella
sua originaria configurazione,  consisteva,  secondo  la  definizione
offerta dall'art. 2, lettera i), del decreto ministeriale 25  ottobre
1999, n. 471 (Regolamento recante criteri, procedure e modalita'  per
la messa in sicurezza, la bonifica e  il  ripristino  ambientale  dei
siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17 del decreto  legislativo  5
febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni),  in
un insieme di interventi, posti in essere nel corso della bonifica di
un sito inquinato, atti  ad  isolare  in  modo  definitivo  le  fonti
inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti,  qualora  le
fonti inquinanti fossero costituite da rifiuti stoccati e  non  fosse
possibile procedere alla rimozione degli stessi a costi sopportabili,
pur applicando  le  migliori  tecnologie  disponibili.  La  messa  in
sicurezza permanente era, dunque, originariamente  riferita  ai  soli
materiali, presenti in un sito inquinato, qualificabili come rifiuti. 
    Fra le misure che contraddistinguevano i richiamati interventi di
isolamento vi era, in  particolare,  quella  della  realizzazione  di
discariche per la messa in sicurezza  permanente  e  di  impianti  di
trattamento dei rifiuti prodotti in corso di bonifica; operazione  da
effettuare seguendo i criteri e le modalita' prescritti dal d.lgs. n.
36 del 2003, di attuazione della direttiva 1999/31/CE. 
    Secondo l'art. 3, comma  1,  dello  stesso  decreto  legislativo,
infatti, «[l]e disposizioni del presente decreto si applicano a tutte
le discariche, come definite dall'articolo 2, comma 1,  lettera  g)»,
ossia alle «are[e]  adibit[e]  a  smaltimento  dei  rifiuti  mediante
operazioni di deposito sul  suolo  o  nel  suolo,  compresa  la  zona
interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita  allo  smaltimento
dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonche'  qualsiasi
area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per piu'  di
un anno. Sono esclusi da tale  definizione  gli  impianti  in  cui  i
rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il  successivo
trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo
stoccaggio di rifiuti in attesa di  recupero  o  trattamento  per  un
periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio  di
rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno».
Dal combinato disposto di queste previsioni normative emerge, dunque,
che  le  discariche  per  la  messa  in  sicurezza  permanente   sono
ricomprese nell'ambito di applicazione del d.lgs. n. 36  del  2003  e
che ad esse si applicano criteri e modalita' ivi previsti. 
    3.2.- Piu' di recente, il d.lgs. n. 152 del 2006,  all'art.  240,
comma 1, lettera o), ha ridefinito la messa in  sicurezza  permanente
in termini maggiormente comprensivi, stabilendo che essa si  concreta
nell'«insieme degli interventi atti a isolare in modo  definitivo  le
fonti inquinanti rispetto alle matrici  ambientali  circostanti  e  a
garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone
e  per  l'ambiente».  Attualmente,  pertanto,   gli   interventi   in
questione,  in  aggiunta  a  quelli  gia'  sopra  delineati,  possono
riguardare anche fonti inquinanti  non  qualificabili  come  rifiuti,
come, ad esempio, il suolo contaminato (art. 185, comma 1, lettera b,
cod. ambiente) o matrici materiali di riporto (art. 3, comma  1,  del
d.l. n. 2 del 2012, come convertito). 
    3.3.- Cosi'  ricostruito  il  quadro  normativo  di  riferimento,
possono  meglio  comprendersi  le  diverse   opzioni   interpretative
proposte dallo  Stato  e  dalla  Regione  con  riguardo  al  rapporto
intercorrente fra il primo e il secondo periodo dell'art.  21,  comma
12, della legge reg.  Lombardia  n.  26  del  2003,  come  modificato
dall'impugnato art.  12,  comma  1,  lettera  a),  della  legge  reg.
Lombardia n. 9 del 2022. 
    Il primo periodo del menzionato comma 12, introdotto dall'art. 3,
comma 1, lettera i), della legge della Regione  Lombardia  29  giugno
2009, n. 10  (Disposizioni  in  materia  di  ambiente  e  servizi  di
interesse economico  generale  -  Collegato  ordinamentale),  tuttora
immodificato, stabilisce che le «discariche per la messa in sicurezza
permanente e gli  impianti  di  trattamento  dei  rifiuti  realizzati
nell'area  oggetto  di  bonifica  e  destinati  esclusivamente   alle
operazioni di bonifica dei relativi siti  contaminati,  approvati  ed
autorizzati ai sensi delle procedure previste dal titolo V, parte  VI
[recte: IV], del D.lgs.  152/2006»  restano  esclusi  dall'ambito  di
applicazione dei criteri generali di localizzazione degli impianti di
smaltimento e recupero dei rifiuti  fissati  dall'art.  8,  comma  7,
della legge reg. Lombardia n. 12 del 2007. Tale  ultima  disposizione
richiede che la Giunta regionale, nella delibera di approvazione  del
programma di gestione dei rifiuti,  preveda  per  tali  impianti  una
distanza minima dalle discariche gia' in  esercizio,  esaurite  o  da
bonificare, dalle zone di protezione speciale, dai siti di importanza
comunitaria e dalle  aree  protette,  tenendo  conto,  altresi',  che
«nelle aree di pregio agricolo e, in  particolare,  per  quelle  DOC,
DOCG, per quelle coltivate a riso e in quelle limitrofe, non  possono
essere autorizzate discariche». 
    Ne consegue che, a norma del primo periodo del  citato  art.  21,
comma 12, le discariche per la messa in sicurezza  permanente  e  gli
impianti di trattamento dei rifiuti prodotti  in  corso  di  bonifica
possono essere collocati anche in aree particolarmente "sensibili". 
    Il secondo periodo,  oggetto  dell'intervento  di  modifica  oggi
impugnato, prevede poi che «[t]ale  messa  in  sicurezza  permanente»
debba essere realizzata «in coerenza  con  gli  obiettivi  di  tutela
ambientale» fissati dal d.lgs. n. 36 del 2003, mentre  in  precedenza
stabiliva che essa  dovesse  aver  luogo  «secondo  i  criteri  e  le
modalita'» previste dallo stesso decreto. 
    4.- Il ricorrente, movendo dal presupposto interpretativo per cui
il secondo periodo della disposizione in questione verte sullo stesso
oggetto del primo (ossia: le «discariche per la  messa  in  sicurezza
permanente» e «gli impianti di  trattamento  dei  rifiuti  realizzati
nell'area oggetto di bonifica»), ritiene che la  novella  legislativa
restringa il campo di applicazione del d.lgs. n. 36  del  2003,  come
definito dal suo art. 3.  La  genericita'  dell'attuale  formulazione
della disposizione - che si limita a richiedere la «coerenza con  gli
obiettivi  di  tutela  ambientale»  di  cui  al  menzionato   decreto
legislativo - consentirebbe, infatti, di sottrarre  le  discariche  e
gli impianti in parola alla osservanza del citato decreto legislativo
in ogni  sua  prescrizione.  Di  qui,  la  denunciata  lesione  della
competenza  legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    5.- La Regione Lombardia, invece, sostiene che il secondo periodo
della disposizione modificata abbia una sfera applicativa  differente
da quella del primo: mentre il primo periodo riguarderebbe discariche
e impianti di trattamento di rifiuti realizzati  nell'ambito  di  una
messa in sicurezza permanente, il secondo  riguarderebbe  soltanto  i
cosiddetti "volumi confinati in sito" contenenti  matrici  ambientali
(in particolare terreni), ossia impianti  per  i  quali  non  sarebbe
necessario osservare le modalita' e i criteri previsti dal d.lgs.  n.
36 del 2003. 
    Questa ricostruzione interpretativa viene sostenuta sulla base di
due principali argomenti. In primo luogo,  sul  piano  letterale,  la
Regione assume che, se la disposizione  avesse  voluto  riferirsi  ai
rifiuti, avrebbe utilizzato l'espressione  «tali  discariche  per  la
messa  in  sicurezza  permanente»,  piuttosto  che  «tale  messa   in
sicurezza permanente». Sul piano  sistematico,  la  difesa  regionale
allega poi l'esistenza di una prassi interpretativa che distingue  le
discariche (di rifiuti) dai "volumi confinati" (di matrici ambientali
e matrici materiali di riporto), in ambito di bonifica.  Tale  prassi
si troverebbe emblematicamente  cristallizzata  nella  delib.  Giunta
reg. Lombardia n. 5703 del  2021,  la  quale  -  in  particolar  modo
all'Allegato 1 - dichiara di occuparsi dei soli casi di  confinamento
di  matrici  ambientali  e  non  di  rifiuti.  Queste  considerazioni
varrebbero, altresi', a fugare  le  censure  di  scarsa  chiarezza  e
ambiguita'  semantica  mosse   dal   ricorrente   alla   disposizione
impugnata. 
    L'intervento normativo  viene  dunque  inquadrato  dalla  Regione
Lombardia nell'ambito della tutela  della  salute  umana  e  ritenuto
pienamente legittimo, perche' riconducibile alla  competenza  per  la
redazione di linee guida  e  di  criteri  per  la  predisposizione  e
l'approvazione dei progetti di  bonifica  e  di  messa  in  sicurezza
(assegnata alle regioni dall'art.  196,  comma  1,  lettera  h,  cod.
ambiente) e volto ad innalzare i livelli di tutela  dell'ambiente  in
un ambito materiale di competenza legislativa concorrente fra Stato e
regioni. 
    6.- Gli argomenti prospettati dalla difesa regionale  a  sostegno
dell'ipotesi interpretativa della distinzione di oggetti fra primo  e
secondo periodo del modificato art. 21, comma 12,  della  legge  reg.
Lombardia n. 26 del 2003 non sono persuasivi. 
    6.1.-  Dal  punto  di  vista  letterale,   non   e'   convincente
l'argomento della necessaria ripetizione,  nel  secondo  periodo  del
comma,  dell'intero  oggetto   riportato   nel   primo:   l'aggettivo
dimostrativo «tale», anteposto all'espressione  «messa  in  sicurezza
permanente», assume proprio una  valenza  relazionale  con  l'oggetto
indicato nella prima parte del comma e vale  dunque  ad  evitare  una
inutile ripetizione. 
    6.2.- Dal punto di vista sistematico, occorre poi  ricordare  che
il comma 12  dell'art.  21,  nel  suo  complesso,  appare  diretto  a
disciplinare  la  realizzazione  degli  impianti  di  contenimento  e
trattamento dei rifiuti in corso di bonifica di sito  contaminato  (i
quali  vengono  sottratti,  con  il  primo  periodo,  dall'ambito  di
applicazione  dei  criteri  di  localizzazione  delle  discariche  di
rifiuti). E', quindi, ragionevole dedurre  che  il  suo  oggetto  non
cambi nel secondo periodo poiche', all'opposto, se questa fosse stata
l'intenzione del legislatore regionale, tale intento  avrebbe  dovuto
essere esplicitato in maniera chiara. 
    6.3.- Ne' convince, sempre sul piano sistematico, la  tesi  della
Regione Lombardia secondo  cui  la  disposizione  si  presterebbe  ad
un'interpretazione conforme  a  Costituzione  poiche'  in  tal  senso
deporrebbe la prassi interpretativa regionale,  cristallizzata  nella
citata deliberazione n. 5703 del  2021.  La  circostanza  che,  nella
prassi, la Regione Lombardia abbia interpretativamente  distinto  gli
oggetti del  primo  e  del  secondo  periodo  della  disposizione  in
discorso, non toglie che tale adeguamento  interpretativo  sia  stato
effettuato con un atto agilmente  modificabile  e  riformulabile  nel
corso del tempo. 
    6.4.- A tutto cio' va aggiunto che dai lavori  preparatori  della
legge reg. Lombardia n.  9  del  2022  emergono  plurimi  riferimenti
espliciti ai «criteri costruttivi  delle  discariche»  quali  oggetto
dell'intervento normativo oggi impugnato. Nella relazione al progetto
di legge si afferma espressamente, in particolare, che la modifica in
questione era volta ad «aggiornare il riferimento in legge ai criteri
e  alle  modalita'  previste  dal  D.lgs.  36/2003  a  seguito  delle
sopravvenute modifiche normative intervenute con il  d.lgs.  121/2020
"Attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la  direttiva
1999/31/CE  relativa  alle  discariche  di  rifiuti"»  e  alla   luce
«dell'evoluzione delle tecniche di bonifica  e  dell'attenzione  alla
sito-specificita' dei luoghi e dei progetti» che avrebbero richiesto,
nell'ottica del legislatore regionale, di  non  considerare  piu'  il
d.lgs. n. 36 del 2003 «l'unico riferimento per i criteri  costruttivi
delle discariche». 
    6.5.-    La    rilevata     plausibilita'     e     persuasivita'
dell'interpretazione, secondo cui la disposizione  concerne  rifiuti,
si fa ancor piu' rilevante nella sede del sindacato  di  legittimita'
costituzionale in via principale, dove, come piu' volte  sottolineato
da  questa  Corte,  «"vanno  tenute  presenti  anche   le   possibili
distorsioni applicative di determinate disposizioni  legislative",  a
maggior  ragione  quando   "l'ambiguita'   semantica   riguardi   una
disposizione regionale foriera di sostanziali dubbi  interpretativi"»
che rendono concreto il  rischio  di  una  lesione  della  competenza
legislativa statale (ex multis, sentenze n. 231 del 2019 e n. 107 del
2017; nello stesso senso, sentenze n. 449 del 2005, n. 412 del 2004 e
n. 228 del 2003). 
    7.- A partire dal  presupposto  interpretativo  cosi'  precisato,
occorre infine ricordare che, per costante giurisprudenza  di  questa
Corte, la disciplina dei rifiuti va ricondotta alla  materia  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema»,  affidata  dall'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato (ex plurimis, sentenze n. 191 del 2022, n.  227  del  2020,  n.
289, n. 231, n. 142, n. 129 e n. 28 del 2019, n. 215  e  n.  151  del
2018). 
    Pertanto, l'attenuazione del vincolo al rispetto del d.lgs. n. 36
del 2003, operata dalla norma impugnata, costituisce  una  violazione
di tale competenza esclusiva. 
    7.1.- Cio', a prescindere da ogni rilievo  circa  la  correttezza
delle conseguenze che  la  Regione  resistente  fa  discendere  dalla
propria opposta prospettiva ermeneutica e, in particolare,  circa  la
possibilita' per essa di prevedere una disciplina  piu'  rigorosa  in
relazione alla tutela dell'ambiente,  in  vista  della  tutela  della
salute umana, ove gli interventi di messa in sicurezza permanente non
abbiano ad oggetto rifiuti. Questa Corte ha,  infatti,  costantemente
inquadrato nella materia  «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»
anche, e in modo specifico, la disciplina  della  bonifica  dei  siti
contaminati (sentenze n. 251 del 2021, n. 126 del 2018,  n.  247  del
2009 e n. 214 del 2008), negando fondamento alla  rivendicazione,  in
tale ambito, di una competenza legislativa della regione in relazione
alla tutela della salute (sentenza n. 247 del 2009) e rilevando  come
spetti «alla disciplina statale tener  conto  degli  altri  interessi
costituzionalmente rilevanti contrapposti alla tutela  dell'ambiente»
(sentenza n. 214 del 2008). 
    8.-  Va,  pertanto,  dichiarato  costituzionalmente   illegittimo
l'art. 12, comma 1, lettera a), della legge reg. Lombardia n.  9  del
2022, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    La questione sollevata in riferimento all'art. 117, primo  comma,
Cost. resta assorbita. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12,  comma  1,
lettera a), della legge della Regione Lombardia 20 maggio 2022, n.  9
(Legge di semplificazione 2022). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2023. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA