N. 166 SENTENZA 24 maggio - 27 luglio 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ordinamento giudiziario - Giudice onorario - Dispensa dal servizio  -
  Casi - Individuazione mediante decreto legislativo -  Dispensa  per
  impedimenti di durata superiore a sei mesi anziche' «per infermita'
  che impedisce in modo definitivo l'esercizio delle  funzioni  oltre
  che per altri  impedimenti  di  durata  superiore  a  sei  mesi»  -
  Violazione di principi e criteri direttivi dettati dalla  legge  di
  delegazione - Illegittimita' costituzionale parziale. 
- Decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, art. 21, comma 2. 
- Costituzione, art. 76. 
(GU n.31 del 2-8-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Giulio PROSPERETTI, Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  21,  comma
2, del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116  (Riforma  organica
della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace,
nonche' disciplina transitoria  relativa  ai  magistrati  onorari  in
servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n.  57),  promosso  dal
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione  prima,  nel
procedimento  vertente  tra  C.  I.,  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, Consiglio superiore della magistratura  e  Ministero  della
giustizia, con ordinanza del 6 ottobre 2022, iscritta al n.  129  del
registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  C.  I.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  24  maggio  2023  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    udito l'avvocato Calogero Ingrilli' per C. I. e l'avvocato  dello
Stato Giustina Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 maggio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 6 ottobre 2022,  iscritta  al  n.  129  del
registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio, sezione prima, ha sollevato - in riferimento all'art. 76 della
Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21,
comma 2, del decreto legislativo 13  luglio  2017,  n.  116  (Riforma
organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici
di  pace,  nonche'  disciplina  transitoria  relativa  ai  magistrati
onorari in servizio, a norma della legge  28  aprile  2016,  n.  57),
nella  parte  in  cui  dispone  che  «[i]l  magistrato  onorario   e'
dispensato, anche d'ufficio, per impedimenti di  durata  superiore  a
sei mesi», in difformita' dal criterio stabilito dall'art.  2,  comma
10, lettera a), della legge 28 aprile 2016, n. 57 (Delega al  Governo
per  la  riforma  organica  della  magistratura  onoraria   e   altre
disposizioni sui giudici di pace), che rinvia all'art.  9,  comma  2,
della legge 21 novembre 1991, n.  374  (Istituzione  del  giudice  di
pace),  e  successive   modificazioni,   secondo   cui   l'infermita'
costituisce  causa  di  dispensa  solo  quando  impedisca  «in   modo
definitivo» l'esercizio delle  funzioni,  mentre  la  durata  massima
semestrale e' prevista solo per gli «altri impedimenti», e quindi per
quelli diversi dall'infermita'. 
    2.- Il giudice a quo riferisce  di  essere  stato  investito  nel
giudizio principale dell'impugnazione del decreto del Ministero della
giustizia emesso il 3 marzo 2020, e della  presupposta  delibera  del
Consiglio superiore della magistratura, con cui il ricorrente, C. I.,
era stato dispensato dall'incarico di vice procuratore onorario della
Repubblica presso il Tribunale ordinario di Trento. 
    Il TAR Lazio espone che il magistrato onorario assumeva  di  aver
fruito, nello svolgimento del proprio  incarico,  di  un  periodo  di
assenza per malattia  (con  diagnosi  di  «dilatazione  aneurismatica
dell'arteria media ds dell'encefalo») dal  19  settembre  2017  al  6
luglio 2018, senza risultare, tuttavia, «impedito in modo definitivo»
all'esercizio delle funzioni. 
    Il 4 giugno 2018 il Procuratore della Repubblica di Trento  aveva
comunicato, ai sensi dell'art. 21, comma 6, del  d.lgs.  n.  116  del
2017, che era stato superato il periodo di sei mesi  di  assenza  per
malattia, con proposta di dispensa dall'incarico che  il  Procuratore
generale presso  la  Corte  d'appello  di  Trento  aveva  inviato  al
competente consiglio giudiziario. 
    Il successivo 8 luglio  C.  I.  aveva  chiesto  la  revoca  della
proposta di dispensa e di poter riprendere immediatamente il servizio
essendosi  concluso  il  periodo  di  convalescenza  dalla   sofferta
patologia,  ma  il  consiglio  giudiziario  aveva  fatto  propria  la
proposta  di  dispensa  del  Procuratore  generale  e   disposto   la
trasmissione degli atti al Consiglio superiore della magistratura. 
    Nel    corso    del    procedimento,    espletata     l'audizione
dell'interessato, il consiglio giudiziario aveva confermato  in  data
20 giugno 2019 la precedente delibera,  e  il  CSM  aveva  dispensato
dall'incarico C. I. Era seguito il pedissequo  decreto  del  Ministro
della giustizia. 
    3.- Il  Collegio  rimettente  riferisce  di  aver  rigettato  con
sentenza non definitiva il secondo motivo di ricorso  -  con  cui  la
parte denunciava violazione, falsa ed errata applicazione  di  legge,
per mancata trasmissione del testo definitivo  della  legge  delegata
dal Consiglio dei ministri al Presidente della Repubblica nel termine
previsto dall'art. 14, comma 2, della legge 23 agosto  1988,  n.  400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della  Presidenza
del Consiglio dei ministri), oltre che per inosservanza di  oneri  di
comunicazione  propri  del  procedimento  amministrativo  e   mancati
adempimenti endo-procedimentali - e costruisce sul  primo  motivo  di
ricorso il sollevato  dubbio  di  legittimita'  costituzionale  della
norma delegata. 
    3.1.- Espone il TAR Lazio che con la prima censura il  ricorrente
aveva denunciato eccesso di  potere  da  sviamento,  straripamento  e
travisamento dei fatti, nel rilievo che la delibera con cui era stata
disposta la dispensa del magistrato onorario era viziata,  in  quanto
adottata in applicazione dell'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 116 del
2017,  a  sua  volta  emanato  «in  violazione  dell'art.  76   della
Costituzione per eccesso di delega  con  riferimento  alla  legge  28
aprile 2016, n. 57». 
    3.2.- Osserva il giudice a quo, in adesione al  dubbio  sollevato
dal ricorrente, che la legge n. 57 del 2016, nel  dettare  i  criteri
direttivi della delega al  Governo  per  la  riforma  organica  della
magistratura  onoraria,  aveva  previsto  che,  nell'esercizio  della
stessa,  si  provvedesse  a  disciplinare   i   casi   di   decadenza
dall'incarico, revoca e dispensa dal servizio, nel senso di applicare
il regime di cui all'art. 9, comma 2, della legge n. 374 del 1991,  e
successive modificazioni,  secondo  cui  «[i]l  giudice  di  pace  e'
dispensato, su sua domanda o d'ufficio, per infermita' che  impedisce
in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o per altri impedimenti
di durata superiore a sei mesi». 
    Il legislatore delegato, invece, in contrasto con  la  richiamata
previsione, ha stabilito, con la disposizione  censurata,  che  «[i]l
magistrato onorario e' dispensato, anche d'ufficio,  per  impedimenti
di durata superiore a sei mesi», senza distinguere tra  infermita'  e
altri impedimenti. 
    4.- Quanto alla rilevanza della questione, il rimettente  osserva
che, sulla base del tenore letterale della disposizione,  il  gravame
dovrebbe  essere  rigettato  essendosi   prolungata   l'assenza   del
ricorrente dal servizio oltre il semestre,  mentre  dall'accertamento
della illegittimita' costituzionale della disposizione scrutinata per
eccesso di delega deriverebbe l'esito  favorevole  del  gravame,  con
l'annullamento dei provvedimenti impugnati. 
    5.- In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente  rileva
che la legge di delega n. 57 del 2016 - dopo aver disposto, al  comma
1 dell'art. 1 (rubricato «Contenuto della delega»), che «[i]l Governo
e' delegato ad adottare, entro un  anno  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge  con  l'osservanza  dei  principi  e  dei
criteri  direttivi  di  cui  all'articolo  2,  uno  o  piu'   decreti
legislativi diretti a: [...] i) regolamentare  i  casi  di  decadenza
dall'incarico, revoca e dispensa dal servizio», al comma 10,  lettera
a) del successivo art. 2 (Principi e criteri direttivi) - nel fissare
i principi e i criteri  direttivi  cui  il  legislatore  delegato  si
sarebbe dovuto attenere, stabilisce che «a tutti i magistrati onorari
si applichi la  disciplina  della  decadenza  e  della  dispensa  dal
servizio, prevista dall'articolo 9 della legge 21 novembre  1991,  n.
374 e successive modificazioni», disposizione che, a  sua  volta,  al
comma 2, recita, come precisato: «[i]l giudice di pace e' dispensato,
su sua domanda o d'ufficio, per  infermita'  che  impedisce  in  modo
definitivo l'esercizio delle funzioni  o  per  altri  impedimenti  di
durata superiore a sei mesi». 
    5.1.- Il giudice a quo, nel raffronto  tra  il  tenore  letterale
delle due disposizioni, apprezza pertanto l'esistenza di un contrasto
tra il criterio di  delega  e  l'applicazione  di  esso  nel  decreto
delegato. 
    Espone il rimettente che la legge n. 57 del  2016  definisce  con
precisione il contenuto del potere legislativo delegato attraverso il
«rinvio automatico e globale» all'art. 9 della legge n. 374 del 1991,
vincolando, in tal modo, l'esercizio  della  delega  alla  previsione
dell'applicazione a tutti i magistrati onorari  di  tale  disciplina,
secondo  la  quale  l'infermita'  e'  causa  di  dispensa  in  quanto
impedisca «in modo definitivo» l'esercizio delle funzioni, mentre  la
durata  massima  semestrale  e'  stabilita  solo   per   gli   «altri
impedimenti», diversi dall'infermita'. 
    Il decreto delegato ha invece previsto la dispensa per  qualsiasi
impedimento che si protragga oltre sei mesi, senza riportare la  piu'
favorevole regolamentazione prevista dalla legge n. 374 del 1991  per
le infermita' e senza effettuare alcuna distinzione tra i  vari  tipi
di impedimento. 
    5.2.- La  delega  sarebbe  stata  quindi  esercitata  in  termini
diversi da  quelli  stabiliti,  incidendo  sul  migliore  trattamento
previsto nella legge n. 57 del 2016 per la  malattia,  senza  che  il
Governo nella relazione illustrativa  di  presentazione  del  decreto
legislativo  al  Parlamento  e  al  CSM  -  nell'affermare   che   la
disposizione  sulla  dispensa  per  malattia  mutuava  la  disciplina
prevista dall'art. 9 della legge n. 374 del 1991  per  i  giudici  di
pace - avesse offerto  chiarimento  alcuno  in  ordine  alla  diversa
opzione adottata. 
    6.- Con atto depositato il 28 novembre 2022,  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,   che   ha   chiesto
dichiararsi la questione inammissibile o non fondata. 
    6.1.- Sotto il primo profilo, per la difesa erariale la questione
e' motivata in modo generico e comunque insufficiente in  riferimento
al  parametro  violato  ed  all'evocato  petitum  di   illegittimita'
costituzionale. 
    Il giudice a quo non avrebbe spiegato, in modo chiaro e  preciso,
quali siano le ragioni del contrasto con l'art. 76 Cost. e  quali  le
invocate modifiche della norma oggetto di dubbio. 
    6.2.- La  questione  sarebbe  inoltre  priva  di  rilevanza,  non
essendo  corretta  l'interpretazione  fornita  dal   rimettente   del
criterio della legge delega. 
    Ad avviso dell'interveniente, l'art. 9 della  legge  n.  374  del
1991 andrebbe inteso, infatti, «nel senso che il termine di sei  mesi
(c.d.  periodo  di  comporto)  [sia]   elemento   costitutivo   della
fattispecie della dispensa solo nell'ipotesi in cui non  vi  sia  una
infermita'  che  impedisca  in  via  definitiva   l'esercizio   delle
funzioni». 
    Pertanto, se la definitivita' dell'impedimento, quanto al profilo
medico-sanitario, rende inutile l'attesa del termine di sei  mesi  ai
fini della dispensabilita' di colui che risulti inabile al  servizio,
per ogni altro impedimento tendenzialmente non  definitivo,  compresa
l'infermita',    invece,    il    legislatore    richiederebbe    che
l'impossibilita' di prestare servizio  si  protragga  per  oltre  sei
mesi. 
    Il  pronome  «altri»  utilizzato  nell'ordito  della   norma   in
connessione agli impedimenti sarebbe  indicativo  di  una  diversita'
rispetto al  criterio  della  definitivita'  dell'impedimento  e  non
rispetto alla sua natura. 
    6.3.- La questione sarebbe comunque non  fondata,  rappresentando
la norma oggetto di dubbio una piu' favorevole disciplina, diretta  a
fissare per tutti i tipi di impedimento, e quindi anche  in  caso  di
infermita' definitiva, il termine semestrale prima non previsto. 
    7.- Con atto depositato il 10 novembre 2022, si e' costituito, in
proprio, C. I. che, dedotte l'ammissibilita' e  la  fondatezza  della
questione,  ha  concluso  per  la  declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale, in riferimento all'art. 76 Cost., dell'art. 21, comma
2, del d.lgs. n. 116 del 2017 per contrasto con il criterio di delega
stabilito dall'art. 2, comma 10, lettera a), della legge  n.  57  del
2016, la' dove rinvia all'art. 9 della legge n. 374 del 1991. 
    7.1.- In punto di rilevanza, deduce la  parte  che  la  normativa
censurata e' stata applicata  al  ricorrente  -  magistrato  onorario
dispensato dal servizio in seguito ad un'assenza superiore a sei mesi
- come previsto dal decreto delegato, in  via  generale  e  per  ogni
impedimento, senza alcuna indagine sul carattere definitivo, o  meno,
dell'incidenza  della  patologia  riscontrata  sull'esercizio   delle
funzioni. 
    Il criterio fissato nella legge delega avrebbe invece  comportato
un trattamento di maggior favore  della  fattispecie,  in  quanto  la
dispensa avrebbe dovuto essere adottata solo ove  l'infermita'  fosse
stata impeditiva, in modo definitivo, dell'esercizio delle  funzioni,
presupposto, in concreto, non esistente e, comunque, in  nessun  modo
accertato. 
    7.2.- In punto di non manifesta infondatezza,  espone  ancora  la
parte che la legge delega avrebbe  individuato  in  modo  preciso  il
contenuto  del  potere  legislativo  delegato  attraverso  il  rinvio
automatico, e per intero, all'art. 9 della legge n. 374 del 1991,  ed
avrebbe  vincolato,  in  tal  modo,  l'esercizio  della  delega  alla
previsione  dell'applicazione  di  tale  disciplina   per   tutti   i
magistrati onorari, stabilendo che l'infermita' e' causa di  dispensa
ove impedisca «in modo definitivo» l'esercizio delle funzioni, mentre
la durata  massima  semestrale  e'  stabilita  solo  per  gli  «altri
impedimenti» diversi dall'infermita'. 
    Viene  richiamato  l'indirizzo  interpretativo  di  questa  Corte
secondo il quale la discrezionalita' del Governo in attuazione  della
delega e', in via progressiva, ristretta in ragione di  una  maggiore
puntualizzazione, analiticita' e dettaglio  dei  principi  e  criteri
direttivi dettati dalla legge di  delega,  e  si  menzionano  diverse
sentenze (n. 84 del 2017, n. 153 e n. 132 del 2014, n. 184 del  2013,
n. 272 del 2012, n. 293 del 2010, n. 98 del 2008, n. 340 e n. 54  del
2007, n. 163 e n. 126 del 2000, n. 259 e n. 69 del 1991, n.  224  del
1990, n. 178 del 1984 e n. 226 del 1976) e ordinanze (n. 213 del 2005
e n. 490 del 2000) confermative dell'orientamento. 
    Nell'ipotesi di specie avrebbe potuto  leggersi  «quasi  un  caso
limite» in cui il «legislatore-Parlamento», con l'art. 9 della  legge
n. 374 del 1991 nel testo risultante  dall'art.  7,  comma  1,  della
legge 24 novembre 1999, n. 468  (Modifiche  alla  legge  21  novembre
1991, n. 374, recante istituzione del  giudice  di  pace.  Delega  al
Governo in materia  di  competenza  penale  del  giudice  di  pace  e
modifica dell'articolo 593 del codice  di  procedura  penale),  aveva
fissato, in modo preciso  ed  esauriente,  il  principio  e  criterio
direttivo in presenza di malattia, con determinazione per  relationem
(sono menzionate le sentenze n. 87 del 1989, n. 156 del 1987 e n.  72
del 1957), nell'intento di garantire «un obiettivo minimo di  tutela»
della salute  di  colui  che  si  trovi  a  prestare,  con  carattere
continuativo anche se non  stabile,  un'attivita'  onoraria  inserita
nell'esercizio di funzioni pubbliche giurisdizionali. 
    Il legislatore della delega,  attraverso  il  rinvio  alla  norma
preesistente, avrebbe voluto delimitare l'ipotesi della «dispensa per
"malattia"»  al  solo  caso  di   impedimento   per   patologia   non
reversibile,  come  pure  confermato  dal  sintagma  «o   per   altri
impedimenti di durata superiore a sei mesi»  contenuto  nell'art.  9,
comma 2,  della  legge  n.  374  del  1991  al  quale  non  puo'  che
riconoscersi,  nel  significato  suo  proprio,   secondo   la   parte
costituita, la volonta' del legislatore  di  evocare  un  impedimento
«differente o diverso» dalla malattia. 
    E, d'altro canto, la differenziazione di due ipotesi di malattia,
l'una da impedimento con effetti permanenti e definitivi, l'altra  di
durata ultrasemestrale,  avrebbe  finito  per  rendere  superflua  la
previsione della prima, che sarebbe comunque confluita nella seconda. 
    L'espresso  riferimento   ad   una   norma   chiara   e   precisa
escluderebbe, ad avviso della parte, quelle esigenze  di  particolare
riempimento che  abilitano  il  Governo,  nel  silenzio  serbato  dal
legislatore delegante, all'esercizio di una maggiore discrezionalita'
in attuazione della delega. 
    7.3.- A prescindere, poi, dal contrasto con la legge  di  delega,
la concreta applicazione che della disposizione  censurata  e'  stata
operata  negli  atti  impugnati  sarebbe  manifestamente  illogica  e
irragionevole, in quanto la natura  definitiva  dell'impedimento  per
malattia richiede, fino  alla  stabilizzazione  delle  condizioni  di
salute, il  decorso  di  un  periodo  di  cura  ed  osservazione  che
travalica, nella maggior parte dei  casi,  il  periodo  di  sei  mesi
previsto  in  modo  arbitrario  dal  legislatore  delegato  per  ogni
ipotesi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  TAR  Lazio,  sezione  prima,  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 21, comma 2, del d.lgs.  n.  116  del  2017,
nella  parte  in  cui  dispone  che  «[i]l  magistrato  onorario   e'
dispensato, anche d'ufficio, per impedimenti di  durata  superiore  a
sei mesi», in riferimento all'art. 76 Cost. 
    Secondo il rimettente, con la disciplina censurata il legislatore
delegato avrebbe violato i principi e criteri direttivi  dettati  dal
legislatore delegante che, all'art. 2, comma 10,  lettera  a),  della
legge n. 57 del 2016, aveva previsto che il  Governo,  nell'esercizio
della  delega,  provvedesse  a  regolamentare  i  casi  di  decadenza
dall'incarico, revoca e dispensa dal servizio (ai sensi dell'art.  1,
comma, 1 lettera i, della citata legge n. 57  del  2016),  stabilendo
che a tutti i magistrati onorari  si  applicasse  il  regime  di  cui
all'art. 9 della legge n. 374 del 1991,  istitutiva  del  giudice  di
pace, e successive modificazioni. 
    Tale disposizione, espressamente richiamata nella legge di delega
n. 57 del 2016, prevede, al comma 2, che: «[i]l giudice  di  pace  e'
dispensato, su sua domanda o d'ufficio, per infermita' che  impedisce
in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o per altri impedimenti
di durata superiore a sei mesi». 
    Dal differente tenore testuale delle due disposizioni a confronto
il rimettente deduce che il Governo avrebbe esercitato la  delega  in
modo costituzionalmente illegittimo. 
    Osserva al riguardo il giudice a quo che nel decreto delegato  e'
venuta meno, in spregio al criterio posto dalla legge di  delega,  la
distinzione tra la disciplina dell'infermita' - che,  secondo  l'art.
9, comma 2, della legge n. 374 del 1991, come sostituito dall'art. 7,
comma 1, della legge n.  468  del  1999,  comporta  la  dispensa  dal
servizio   solo   in   quanto   impeditiva,   in   modo   definitivo,
dell'esercizio delle funzioni del magistrato onorario - e  gli  altri
impedimenti, di diversa natura, rispetto  ai  quali  la  dispensa  e'
destinata ad operare solo in caso  di  durata  ultrasemestrale  degli
stessi. 
    2.- In via preliminare va esaminata l'eccezione, sollevata  dalla
difesa erariale, di inammissibilita'  della  questione  dedotta,  per
prospettata  genericita'  e  insufficienza   della   motivazione   in
riferimento al parametro violato e all'invocato petitum. 
    2.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    Nell'ordinanza  di  rimessione  il  giudice  a  quo  provvede   a
richiamare la disposizione delegata (l'art. 21, comma 2,  del  d.lgs.
n. 116 del 2017) e quella di delega (art. 2,  comma  10,  lettera  a,
della legge n. 57 del 2016) di cui coglie nel rinvio all'art. 9 della
legge n. 374 del 1991 il criterio applicativo per poi costruire - sul
disallineamento letterale delle due previsioni - con chiarezza  nelle
premesse logiche e nelle relative ricadute applicative,  il  sospetto
di illegittimita' costituzionale. 
    La  disposizione  delegata  -  sostiene  il   rimettente,   cosi'
precisando il suo pensiero e fugando  ogni  dubbio  di  inadeguatezza
della motivazione sulla ritenuta  non  manifesta  infondatezza  della
questione - viola il parametro di cui all'art. 76 Cost.  perche',  di
contro al principio e criterio fissato nella legge di delega, prevede
una sola indistinta causa  di  dispensa  del  magistrato  onorario  -
l'assenza dal servizio per oltre un semestre  -,  obliterando  quella
parte della norma  di  delega  che,  nel  richiamarlo  espressamente,
sottrae   invece   l'impedimento   di    salute    alla    disciplina
dell'ultrasemestralita'. 
    3.- Venendo al merito, la questione  e'  fondata,  nei  sensi  di
seguito precisati. 
    3.1.- Si rende necessaria  una  sia  pur  sintetica  ricognizione
delle coordinate delineate dalla giurisprudenza costituzionale  sulla
delega legislativa in relazione al suo concreto  esercizio  da  parte
del  Governo  ove,  come  nella  ipotesi  in  esame,  si  denunci  la
violazione dell'art. 76 Cost., nella dedotta  non  conformita'  della
disposizione delegata alla volonta' del legislatore. 
    Questa Corte  ha  costantemente  affermato  che  la  verifica  di
conformita' della norma  delegata  a  quella  delegante  richiede  lo
svolgimento di un  duplice  processo  ermeneutico  che,  condotto  in
parallelo,  tocca,  da  una  parte,  la  legge  di   delegazione   e,
dall'altra, le disposizioni stabilite dal  legislatore  delegato,  da
interpretare nel significato compatibile con la delega stessa. 
    In sintesi, per definire il contenuto di questa, si  deve  tenere
conto del complessivo contesto normativo in  cui  si  inseriscono  la
legge delega, i relativi principi e criteri direttivi e le  finalita'
che la ispirano, che rappresentano non solo la base e il limite delle
norme delegate, ma anche gli strumenti di interpretazione della  loro
portata (tra le tante, sentenze n. 133 del 2021, n. 84 del  2017,  n.
250 del 2016, n. 194 del 2015 e n. 153 del 2014). 
    La  legge  delega  e'  dunque  fondamento  e  limite  del  potere
legislativo delegato; essa, se, da  una  parte,  non  deve  contenere
enunciazioni troppo generali o comunque non  idonee  ad  indirizzarne
l'attivita', dall'altra, «puo' essere abbastanza ampia da  preservare
un margine di discrezionalita', e un corrispondente spazio  entro  il
quale il Governo possa agevolmente svolgere la propria  attivita'  di
"riempimento" normativo, la quale e' pur sempre esercizio delegato di
una funzione "legislativa"» essendo il legislatore delegato  chiamato
«a sviluppare, e non solo ad eseguire, le previsioni della  legge  di
delega» (sentenza n. 104 del 2017,  punto  3.1.  del  Considerato  in
diritto). 
    3.2.- Se la delega legislativa non esclude in capo al legislatore
delegato  ogni  discrezionalita',  tuttavia  la  maggiore  o   minore
ampiezza di quest'ultima va apprezzata e ritenuta  «in  relazione  al
grado di specificita' dei criteri fissati nella  legge  delega»,  nel
rilievo che «per  valutare  se  il  legislatore  abbia  ecceduto  [i]
margini di discrezionalita' occorre individuare la ratio della delega
per verificare se la norma delegata sia stata  con  questa  coerente»
(sentenza n. 153 del 2014  e,  nello  stesso  senso,  tra  le  altre,
sentenze n. 175 del 2022, n. 231 e n. 174 del 2021, n. 184 del  2013,
n. 272 del 2012, n. 230 del 2010). 
    3.3.- Cio' premesso, venendo al caso in esame, si rileva  che  la
legge n. 57 del 2016, dopo aver disposto,  al  comma  1  dell'art.  1
(rubricato «Contenuto della delega»), che «[i]l Governo  e'  delegato
ad adottare, entro un anno dalla data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge con l'osservanza dei principi e dei criteri  direttivi
di cui all'articolo 2, uno o piu' decreti legislativi diretti a  [per
quanto rileva]: i) regolamentare i casi di  decadenza  dall'incarico,
revoca e dispensa  dal  servizio»,  al  comma  10,  lettera  a),  del
successivo art. 2 (rubricato «Principi  e  criteri  direttivi»),  nel
fissare i principi ed i criteri direttivi cui il legislatore delegato
si sarebbe dovuto attenere, stabilisce  che  «a  tutti  i  magistrati
onorari si applichi la disciplina della decadenza  e  della  dispensa
dal servizio, prevista dall'articolo 9 della legge 21 novembre  1991,
n. 374 e successive modificazioni». 
    Detto art. 9, come sostituito dall'art. 7, comma 1,  della  legge
n. 468 del 1999, al comma 2, prevede che «[i]l  giudice  di  pace  e'
dispensato, su sua domanda o d'ufficio, per infermita' che  impedisce
in modo definitivo l'esercizio delle funzioni o per altri impedimenti
di durata superiore a sei mesi» 
    Per il riportato sistema di richiami  viene  definita  una  trama
normativa, inequivoca, in cui la disposizione della legge  di  delega
concorre a formare il parametro violato e l'art. 9,  comma  2,  della
legge n. 374 del 1991 - norma compiuta, integrativa non piu',  e  non
solo, di un principio o criterio direttivo, ma di una vera e  propria
regula  iuris  -  nella  sua  portata  vale  a   ridurre,   in   modo
corrispondente, i margini di discrezionalita' ed il cosiddetto potere
di riempimento del legislatore delegato. 
    3.4.- L'art. 21, comma 2, del d.lgs. delegato n.  116  del  2017,
la' dove stabilisce che  «[i]l  magistrato  onorario  e'  dispensato,
anche d'ufficio, per impedimenti di  durata  superiore  a  sei  mesi»
elimina uno dei sintagmi integrativi  dell'art.  9,  comma  2,  della
legge n. 374 del 1991. 
    Il raffronto tra le due  disposizioni  evidenzia  inequivocamente
come l'infermita' quale causa di  impedimento  venga  ignorata  nella
previsione delegata, che convoglia  nell'unica  indistinta  categoria
dell'impedimento ultrasemestrale ogni regolamentazione della dispensa
dal servizio del magistrato onorario,  discostandosi,  in  tal  modo,
dalla stessa disposizione delegante. 
    3.5.- Ne' l'indicata struttura dell'art.  21  citato  ed  i  suoi
rapporti con la legge di delega ed il parametro normativo  interposto
consentono una interpretazione conservativa che della  norma  oggetto
di  dubbio  preservi  la  portata,  in  quanto  espressiva   di   una
discrezionalita' guidata, nel suo esercizio, dai principi  e  criteri
della legge di  delega,  quale  mera  ragionevole  espansione  di  un
contenuto, nel resto mantenuto nel suo fondamento. 
    3.6.- La legge di delega  e  quella  delegata  delineano  infatti
disposizioni  completamente   differenti,   sostenute   da   distinte
rationes, ove si consideri che il frammento del disposto venuto  meno
nella norma delegata e' espressivo di una diversa causa  di  dispensa
meritevole, nella sua autonomia, di mantenere  menzione  anche  nella
stessa norma delegata. 
    Il riferimento all'infermita' che impedisce  in  modo  definitivo
l'esercizio delle funzioni vale, infatti, a  dare  contenuto  ad  una
distinta categoria, il cui richiamo si pone  in  funzione  di  limite
allo sviluppo dell'ulteriore  attivita'  legislativa  del  Governo  e
quale termine diretto a vincolare il  legislatore  delegato.  La  sua
eliminazione  nella  previsione  delegata  espunge  cosi'   uno   dei
contenuti precettivi della disposizione di delega. 
    La norma delegata non diviene in tal modo espressiva di una  mera
sintesi   semplificativa   del   sistema   rendendo   piu'    agevole
l'applicazione  della  dispensa  dal  servizio  nell'adottata   unica
prospettiva della durata ultrasemestrale dell'assenza del  magistrato
onorario, e non realizza una piu' agevole interpretazione della norma
delegante di cui provveda ad  eliminare  contraddizioni  e  contenuti
oscuri. 
    3.7.- Che la legge delegata non  sia  di  mero  completamento  di
quella di delega, nell'esercizio della  ragionevole  discrezionalita'
rispettosa  dei  principi  della  seconda,  e'  evidenza  che  riceve
conferma nell'art. 33 (rubricato «Abrogazioni») del d.lgs. n. 116 del
2017 che, al comma 1, dispone  che:  «[a]  decorrere  dalla  data  di
entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:  [...]  b)  gli
articoli [...] 9 [...] della legge 21 novembre 1991, n. 374»). 
    Ne' puo' ritenersi che, attraverso la operata abrogazione, si sia
inteso semplicemente soddisfare un'esigenza di maggiore  fluidita'  e
funzionalita' del meccanismo applicativo. La disposizione integrativa
del parametro violato cade, invero, qui,  per  mano  del  legislatore
delegato, il cui potere viene in conseguenza esercitato nella materia
della dispensa della magistratura onoraria non piu' entro  i  confini
della legge n. 57 del 2016, ma al di fuori di essa,  rivelando  della
previsione delegata la novita', per intervenuto  suo  svincolo  dalla
regola della legge di delega. 
    4.- Alla luce delle considerazioni che precedono, la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 2, del d.lgs. n.  116
del 2017, sollevata in riferimento all'art. 76  Cost.  e',  pertanto,
fondata. 
    5.- Va, qui, ulteriormente precisato che il criterio direttivo di
cui all'art. 2, comma 10, lettera a), della stessa legge  n.  57  del
2016 reca, come gia' chiarito,  una  vera  e  propria  regula  iuris,
compiuta nei suoi contenuti e portatrice di una diretta e  stringente
disciplina della fattispecie di cui si tratta, che non lascia margini
a scelte discrezionali del legislatore delegato, una volta esercitata
la delega. 
    E' necessario dunque ripristinare, con la presente pronuncia,  la
regola dettata dalla legge di delega. 
    6.-   Deve,   pertanto,   essere   dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 21, comma 2, del d.lgs.  n.  116  del  2017,
nella parte in cui prevede, al primo periodo,  che  «[i]l  magistrato
onorario e' dispensato, anche d'ufficio, per  impedimenti  di  durata
superiore  a  sei  mesi»  anziche'  «[i]l  magistrato   onorario   e'
dispensato, anche d'ufficio, per infermita'  che  impedisce  in  modo
definitivo l'esercizio delle funzioni  o  per  altri  impedimenti  di
durata superiore a sei mesi». 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 21,  comma  2,
del decreto legislativo 13 luglio  2017,  n.  116  (Riforma  organica
della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace,
nonche' disciplina transitoria  relativa  ai  magistrati  onorari  in
servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), nella parte  in
cui prevede, al primo  periodo,  che  «[i]l  magistrato  onorario  e'
dispensato, anche d'ufficio, per impedimenti di  durata  superiore  a
sei mesi» anziche' «[i]l magistrato  onorario  e'  dispensato,  anche
d'ufficio,  per  infermita'  che   impedisce   in   modo   definitivo
l'esercizio  delle  funzioni  o  per  altri  impedimenti  di   durata
superiore a sei mesi». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 maggio 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2023 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA